#concerti jazz
Explore tagged Tumblr posts
Text
Il MonJF celebra il successo del 2024 con un momento conviviale e un prestigioso riconoscimento
Una serata speciale per festeggiare i traguardi del Festival e guardare al futuro del jazz italiano
Una serata speciale per festeggiare i traguardi del Festival e guardare al futuro del jazz italiano Alessandria, 3 febbraio 2025 – Sabato 25 gennaio, presso l’agriturismo Cascina Trapella a Roncaglia, la direzione artistica del MonJF – Monfrà Jazz Festival ha organizzato un momento conviviale per tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione dell’edizione 2024 del Festival. Un’occasione…
#Alessandria today#artisti emergenti#Artisti Italiani#artisti jazz italiani#Cascina Trapella#concerti jazz#cultura e spettacolo#Cultura Musicale#Eventi Alessandria#Eventi culturali#Eventi Musicali#evoluzione del jazz#Federazione Nazionale Il Jazz Italiano#festival emergenti#festival indipendenti#festival jazz#Google News#Ima Ganora#Italian Jazz Conference#italianewsmedia.com#Jazz Contemporaneo#jazz d’autore#jazz e tradizione#jazz festival Piemonte#jazz internazionale#jazz italiano#Monfrà Jazz festival#Monica Massa#MonJF#MonJF 2024
0 notes
Text
Bill Frisell, “Four”. Teatro dell’Arte Milano, JazzMi, novembre 2024
3 notes
·
View notes
Text
Napoli e Jazz
Peppe Servillo e Danilo Rea sono i protagonisti del primo appuntamento del Ravello concerti d’inverno con Napoli e Jazz RAVELLO (SA) – All’Auditorium Oscar Niemeyer sabato 28 dicembre alle ore 19 due grandi artisti come il cantante e attore Peppe Servillo e il pianista e compositore jazz Danilo Rea sono i protagonisti di Napoli e Jazz del primo appuntamento di Ravello concerti d’inverno, rassegna…
#Auditorium Oscar Niemeyer#Danilo Rea#Napoli e Jazz#Peppe Servillo#Ravello#Ravello concerti d’inverno
0 notes
Text
#the silk road#flute#flauto#firenze#florence#cristinaitaliani#duohayet#world music#fluteplayer#improvvisazione#creativita#cristinaitalianimusic#free improv#jazz music#concerto#concerti#concerts#lisbona#lisbon#livemusic
1 note
·
View note
Link
#jazz#toscana#concerti#concertitoscana#siena#concertisiena#eventisiena#montalcinojazz#montalcino#jazzandwines
0 notes
Text
Storia Di Musica #347 - Sonny Rollins, Tenor Madness, 1956
Le Storie Di Musica toccheranno il traguardo delle 350 puntate questo mese. Come ormai da prassi, il numero tondo è dedicato ad un disco di Miles Davis. E questa volta, in ossequio al filo rosso degli album legati tra loro, ho deciso di raccontare il rapporto tra Davis e una grande etichetta discografica, la Prestige Records. La Prestige fu fondata da Bob Weinstock nel 1949: appassionato di musica jazz, vendeva dei dischi per corrispondenza in maniera così incisiva che ben presto affittò un locale e lo trasformò in un grande negozio di dischi, il Jazz Record Center, sulla quarantasettesima strada di New York. Frequentando i locali jazz che lì vicino iniziavano a diventare famosi, legò con molti musicisti fino a fondare prima la New Jazz Records che dopo pochi mesi diventa la Prestige Records. Weinstock è stato un personaggio leggendario, dalle mille manie, alcune delle quali racconterò in questi appuntamenti novembrini, ed è stato negli anni '50 uno dei fari della musica jazz mondiale con la sua etichetta indipendente, insieme alla Blue Note, alla Riverside, alla Impulse! prima che anche i grandi gruppi discografici entrassero nel jazz in maniera decisa.
Weinstock era oltre che un appassionato un grande uomo d'affari, capace di intuire le potenzialità degli artisti e di essere per loro trampolino di lancio e di ottimizzare tempi e costi delle produzioni: pochissime prove per le registrazioni, e leggenda vuole che si registrasse due volte sui nastri di alcune take per risparmiare, leggenda nata dal fatto che per quanto la produzione Prestige fosse numericamente grandiosa, esistono pochissime alternative takes dei loro lavori. Nonostante come ingegnere del suono ci fosse una leggenda: Rudy Van Gelder, che non lavorava solo per lui ma anche per la Blue Note, famoso per la sua accuratezza e maniacalità. Le prime registrazioni avvenivano nel garage della casa di famiglia di Hackensack, nel New Jersey, luogo che divenne mitico tanto che Thelonious Monk dedicò al grande ingegnere un brano, Hackensack, per poi spostarsi di qualche km a Englewood Cliffs, sempre nel New Jersey.
In quello studio a Hackensack Sonny Rollins registra il 24 Maggio del 1956 il disco di oggi. Rollins all'epoca è già riconosciuto un gigante del sassofono, tanto che è famosa il commento di Max Gordon, leggendario proprietario del jazz club più famoso del mondo, Il Village Vanguard, che sosteneva: I critici e gli appassionati hanno pareri molto discordi sulla bravura di alcuni musicisti jazz, ma non su Sonny Rollins. Lui è il più grande, il più grande sax della sua generazione. Theodore Walter Rollins nasce a New York nel 1930 da una famiglia di origini caraibiche, i cui "suoni" influenzeranno la sua carriera futura. Fa un apprendistato breve ma intensissimo, suonando con i più grandi: J.J Johnson, Monk, Bud Powell, Max Roach e soprattutto Miles Davis e Charlie Parker. È il primo che trasporta la rivoluzione del bop sul sax tenore. Con Davis dimostra anche le sue già ottime capacità compositive scrivendo pezzi diventati famosi, come Airgin e Oleo. Però ha un difetto: ad un certo punto sparisce, per i motivi più strani. Nel 1954 si ritira a Chicago, per non cadere in tentazione tra soldi e droga, per continuare a studiare facendo lavori manuali. Quando ritorna a New York, suona per la Prestige in uno dei primi 33 giri del jazz, Dig. Nel 1955, tornato nel gruppo di Davis, poco prima di un'importante serie di concerti al Teatro Bohemia, sparisce di nuovo, stavolta per disintossicarsi. Ritorna nel 1956, quando sempre l'amico Roach lo scrittura per un disco portentoso: Sonny Rollins Plus 4 è all'apice della creatività, tanto che ancora come innovatore impone nel jazz il tempo in tre quarti (la storica Valse Hot). Nel frattempo però il suo posto nel gruppo di Davis è preso da un giovane che di lì a poco diventerà un gigante, John Coltrane, ma Davis gli vuole bene e per delle registrazioni del 1956 per la Prestige gli offre la sua sezione ritmica, che nel jazz è ricordata come "The rhythm section" per quanto iconica e grande è stata, e con questa registra il disco di oggi. Rollins è insieme a Red Garland al pianoforte, Paul Chambers al contrabbasso e Philly Joe Jones alla batteria quando inizia a suonare Tenor Madness, che contiene nella title track un incontro unico ed eccezionale. Essendo lì per una sessione con il quintetto di Davis, in quello che diventerà il più famoso chase della storia del jazz, John Coltrane si unisce a Rollins in quel brano, da allora uno dei capisaldi del jazz. Cos'è però un chase? è un incontro dove due strumentisti colloquiano con lo stesso strumento su un dato canovaccio, una sorta di dialogo musicale dove si fronteggiano a suon di assoli. Tenor Madness è un piccolo blues, che si rifà a Royal Roost di Kenny Clarke and His 52nd Street Boys, registrato nel 1946, ma qui diviene il brano che mette insieme i due più grandi e influenti sassofonisti della storia del jazz, con il timbro squillante e luminoso del primo Coltrane (che debutterà come solista solo l'anno successivo nel 1957) e il suono più cupo e leggero di Rollins, che all'epoca aveva già più esperienza. Il resto di Tenor Madness è altrettanto iconico: When Your Lover Has Gone, classico di Einar Aaron Swan, divenuto famosissimo per la sua apparizione nel film La Bionda E L'Avventuriero del 1931 di Roy Del Ruth e interpretato da James Cagney e Joan Blondell, che solo nel 1956 ebbe una ventina di incisioni; Paul's Pal è un omaggio di Rollins a Paul Chambers, uno dei più geniali bassisti di tutti tempi, uno che ha suonato in almeno 100 capolavori del jazz; My Reverie è la ripresa dell'arrangiamento che nel 1938 Larry Clinton fece si un brano di Claude Debussy, Rêverie, del 1890; chiude il disco una cover spettacolare di The Most Beautiful Girl In The World, opera del magico duo Rodgers and Hart e presente nel musical Jumbo, che trasformava un teatro di Broadway in un mega circo con acrobati, trapezisti e giocolieri durante lo spettacolo. Il disco, un capolavoro, ne anticipa un altro, Saxophone Colossus, dello stesso anno, uno degli apici creativi di quegli anni incredibili e altro gioiello della collezione Prestige.
Rollins fu attivo per la lotta dei diritti civili e politici degli afroamericani, tanco che nel 1958 firma in trio con Oscar Pettiford e Max Roach, il disco The Freedom Suite, uno dei primi album-manifesto sulle discriminazioni razziali del jazz, e continuò ad avere costanti le sparizioni dalle scene. Sempre dovute alle sue dipendenze dalle droghe, la più famosa riguarda un suo disco, il suo maggior successo commerciale, The Bridge del 1962: ancora insoddisfatto della sua musica, decide si andare a suonare sotto il ponte Williamsburg, quello che divide Manhattan da Brooklyn, provando per 12-13 ore al giorno, in tutte le stagioni.
Scontroso (si dice che abbia licenziato il maggior numero di colleghi, più di Mingus), dalla personalità labirintica, non seguì le rivoluzioni degli anni '60 e '70, scriverà ancora grandi album (What's New con Jim Hall, un altro gioiello) e parteciperà con attenzione anche a contaminazioni con altri generi, e famosissimo è il suo assolo per i Rolling Stones in Waitin' On a Friend, da Tattoo You del 1981. È l'ultimo dei grandi a sopravvivere, ritiratosi nel 2012 dalle scene, un gigante che ha segnato un periodo irripetibile della musica.
15 notes
·
View notes
Text
CHARLIE PARKER, DIZZY GILLESPIE & JOHN COLTRANE (young).
(English / Español / Italiano)
Charlie Parker asked Dizzy Gillespie one day why are you always on time for your shows/concerts?
Gillespie replied:
Because they (referring to the white-skinned businessmen who hired him), they don't expect that from me, they think that because I'm a black-skinned musician I'm going to be late, stoned, drunk or just not show up and "I'm not going to give them the reason."
Charlie Parker was often late, drunk, high, or simply didn't show up for his performances or concerts.
----------------------------------------------------------------------------
Charlie Parker le preguntó un día a Dizzy Gillespie ¿por qué siempre llegas a tiempo a tus presentaciones/conciertos?
Gillespie le respondió:
Porque ellos (refiriéndose a los empresarios de piel blanca que lo contrataban), no esperan eso de mí, piensan que por que soy un músico de piel negra voy a llegar tarde, drogado, borracho o simplemente no voy a llegar y "No les voy a dar la razón".
Charlie Parker frecuentemente llegaba tarde, borracho, drogado o simplemente no llegaba a sus presentaciones o conciertos.
-----------------------------------------------------------------------------
Charlie Parker chiese un giorno a Dizzy Gillespie: "Perché sei sempre puntuale ai tuoi spettacoli/concerti?".
Gillespie ha risposto:
Perché loro (riferendosi agli uomini d'affari di pelle bianca che lo hanno ingaggiato), non si aspettano questo da me, pensano che siccome sono un musicista nero sarò in ritardo, drogato, ubriaco o semplicemente non mi presenterò e "non sarò d'accordo con loro".
Charlie Parker era spesso in ritardo, ubriaco, strafatto o semplicemente non si presentava ai suoi spettacoli o concerti.
Fuente: Pasión por el Jazz y Blues
12 notes
·
View notes
Text
dato che @anonpeggioredelmondo ha detto che potevamo sentirci liberi di autotaggarci, io lo faccio, tze
1. Are you named after anyone?
Il mio nome è la classica "pezza a colori" come si suol dire dalle mie parti. Nessuno in particolare a cui riferirsi ma in famiglia tra zii, bisnonni e cugini ce ne sono almeno tre o quattro. Il Maria poi ha dato un tocco esotico, che mi ha creato non pochi problemi ma mi ha salvato da un inverecondo Annino, perchè nato il giorno di Sant'Anna
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Non mi vergogno a dire che di tanto in tanto piango. E' liberatorio. Ed il fine 2022, inizi 2023 mi ha dato tanti spunti seri per farlo
3. Hai figli?
Una. Il mio "tesssoroooo"
4. Fai largo uso del sarcasmo?
Sarcasmo, ironia conditi da espressioni dialettali a me care ma che non tutti afferrano
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
A livello agonistico? divano estremo. Nella mia mente, sarei un ottimo runner e da ragazzino avrei voluto eccellere nel baseball (mai giocato) e nella palla a mano (praticata ai giochi della gioventù delle medie)
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Gli occhi e mani e soprattutto espressioni. Poi se è donna, anche il resto ma solo dopo, giuro. Gli occhi e le mani dicono tutto
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Castano scuro
8. Scary movies o happy endings?
Tragedia greca ehehe... No, Commedy romantiche... in fondo, ma molto in fondo, sono zuccheroso a rischio diabete
9. Qualche talento particolare?
Avere il dono di non essere capito... sicuramente ho difficoltà a trasmettere cosa voglio dire o penso realmente. Grosso limite e grandi fraintendimenti e incazzature
10. Dove sei nato?
Avellino
11. Quali sono i tuoi hobby?
Cinema, musica, letteratura e (ultimamente) concerti jazz. Prima cucinavo (ed anche bene, dicevano, ma non avendo per chi esibirmi ho smesso)
12. Hai animali domestici?
me stesso? Ho un geco che mi fa compagnia fissa da 3 anni sul mio balcone. Appare puntualmente a giugno per sparire a fine settembre. Una rondine che ha deciso di nidificare da 4 anni sul mio box auto, un merlo cacacazzo e scacazzone che viene a mettermi sottosopra i gerani e poi ogni tanto appaiono in casa dei "simpaticissimi e affettuosissimi e schifosissimi" animaletti con le antenne, che, nonostante la guerra batteriologica messa in atto da me da anni, se ne infischiano e ogni tanto mi fanno venire lo "spannico" (la paura)
13. Quanto sei alto?
176 cm... anche se il dietologo mi ha detto che mi sono accorciato di 2 cm
14. Materia preferita a scuola?
Disegno tecnico, italiano e geografia astronomica
15. Dream job?
Vincere un terno secco, sulla ruota di Napoli, una settimana si ed una no (cit.)
taggo: @finestradifronte,, @vivenda, @guelfoalexander, @2delia e @laperlla
27 notes
·
View notes
Text
Cattura l’occhio l’esterno della facciata posta al 42 di Wellington Quay. ‘Ha’ penny Bridge Inn’, posto a pochi passi dal celebre ponte di Dublino, è un pub che vale la pena visitare. Le sue origini partono da lontano, precisamente dal 1816. Inizialmente chiamato ‘Iron Bridge’, assunse l’attuale denominazione in onore di quel ponte posto a pochi metri che obbligava il pagamento di mezzo penny per poter arrivare all’altra sponda del fiume. È uno dei pochi pub rimasti a conduzione famigliare nei pressi di Temple Bar, riuscendo a mantenere il suo carattere prettamente tradizionale. Oltre all’affezionata clientela fedele nei secoli dei secoli, non mancano turisti e occasionali avventori pronti a mandare giù pinte su pinte e a godere dell’intrattenimento in programma quasi tutti i giorni della settimana: il programma prevede session di musica tradizionale, concerti di musica folk, country, jazz e serate di stand-up comedy utili per alleggerire le serate alcoliche. In una zona ormai quasi prettamente turistica e commerciale, ‘Ha’ penny Bridge Inn’ è un pub tuttora ancorato alla tradizione. Per fortuna. 🇮🇪 🍻 🥃 🎻
© Irish tales from Rome
3 notes
·
View notes
Text
Artemusica XXVI edizione: Parole, Suoni, Colori celebra l'arte con la mostra "Humanity".
Una rassegna che unisce fotografia, musica e cultura ad Alessandria. Il 25 gennaio 2025, alle ore 17:30, prende il via la XXVI edizione della rassegna "Parole, Suoni, Colori", organizzata dall’Associazione Culturale Musicale Artemusica presso l’AL51.Lab i
Una rassegna che unisce fotografia, musica e cultura ad Alessandria.Il 25 gennaio 2025, alle ore 17:30, prende il via la XXVI edizione della rassegna “Parole, Suoni, Colori”, organizzata dall’Associazione Culturale Musicale Artemusica presso l’AL51.Lab in via Trotti 53 ad Alessandria. Questo attesissimo evento culturale, che si protrarrà fino al 15 febbraio, si apre con l’inaugurazione della…
#AL51.Lab#Alessandria#Alessandria today#Arte contemporanea#arte e bellezza#Arte e Cultura#arte e società#arte fotografica#arte in Piemonte#arte visiva#ArteMusica#artisti emergenti#Concerti#concerti jazz#Cultura italiana#Cultura Locale#Esposizione#eventi 2025.#Eventi Alessandria#Eventi Gratuiti#Fotografia#Fotografia urbana#Google News#humanity#identità#italianewsmedia.com#Ivana Zincone#Jazz#Maurizio Di Fulvio Trio#Memoria
0 notes
Text
MARC RIBOT-THE JAZZ BINS
Ci sono delle leggende nel rock, nel blues e anche nel jazz che raccontano di concerti favolosi, storici o tutte e due le cose, dove per assistervi gli spettatori (il popolo del rock e anche quello del jazz) hanno dovuto sopportare improbe fatiche. A Woodstock si è dovuto soggiornare nel fango mangiando solo muesli, a Venezia per sentire i Pink Floyd ci si è dovuti arrostire sotto il sole e via di questo passo, come per la famosa edizione di Umbria Jazz che si è tenuta sotto una pioggia battente. Ognuno di noi si ricorda di un concerto in cui ha dovuto sopportare il caldo, la sete, la calca o la pioggia…Ecco, in scala ridotta, annovero tra questi anche il concerto di Marc Ribot E “The Jazz Bins” per Nj Weekender Spring Edition che si è tenuto sabato scorso presso Nòva a Novara. Ne è valsa la pena? Decisamente sì, naturalmente, anche se lo spazio Nòva forse non era il luogo più adatto per un pezzo da novanta come Ribot. Ma la “policy” degli organizzatori è questa e tanto vale dimenticarsi la schiena a pezzi e parlare di musica. Ma anche parlare della musica di Marc Ribot è una fatica improba, poiché le parole non riescono a supplire minimamente a ciò che le corde della sua chitarra trasmettono e si finirebbe per ricorre e fantasiose immagini mentali, a metafore, sineddoche, ellissi, insomma figure retoriche che poi lasciano sempre il lettore insoddisfatto. Ma certo non sarebbe sufficiente dire che il concerto-monster di questa edizione di Novara Jazz Weekender Spring Edition sia stato bellissimo senza aggiungere altro. E allora diciamo che Marc Ribot, assediato da centinaia di fans nella sala di Nòva e con lui Greg Lewis al sontuoso Hammond e Joe Dyson alla (esplosiva) batteria hanno incantato il pubblico. Proprio inutile cercare di definire il repertorio di Ribot che, ricordiamolo fece parte, negli anni Ottanta, dei “Lounge Lizards” di John Lurie che suonavano un jazz che sembrava punk o forse un punk che sembrava jazz. Ma Marc Ribot, oltre ad avere suonato, ha anche composto per artisti e chitarristi da storia della musica, come Wilson Pickett, David Sylvian, Tom Waits, Caetano Veloso, John Zorn, Elvis Costello, Robert Plant, Elton John, Diana Krall, Marianne Faithfull, tanto per buttare lì qualche nome, ed è proprio dovuta a questa diversità di approcci e di suggestioni musicali, la musica affascinante che Ribot propone. Sale sul piccolo palco di Nòva e, senza esitazione alcuna, attacca a suonare con piglio secco, deciso. Niente parole inutili, solo musica, di quella che è impossibile dimenticare. Cavalcate intense, variate all’infinito, “riff” possenti che inglobano tutto, free jazz, rock, groove, una potente e accurata centrifuga di generi che sembra produrne uno del tutto nuovo ed inimitabile che è poi la cifra stilistica propria di Marc Ribot. Che musica faceva Jimi Hendrix? Il rock? Il blues? È più facile rispondere che faceva la musica di Hendrix. Succede solo per i grandissimi che si chiamino Pink Floyd o che si chiami Bob Dylan. Lo stesso è per Marc Ribot che con quella chitarra in mano, che diventa una specie di bacchetta magica, è in grado di confonderci beneficamente le idee e il nostro razionale, ma spesso sterile, desiderio di catalogare tutto. Questo unico concerto italiano di Ribot è un altro gran colpo della premiata Ditta Novara Jazz che sembra ormai essere andata molto oltre, il pur prezioso festival di inizio estate, ed aver intrapreso una attività più complessa che copre tutto l’anno, con produzioni discografiche, iniziative ed eventi di più grande respiro. Però, la prossima volta, per raggiunti limiti di età, vorrei stare seduto in una confortevole poltrona o anche più semplicemente su una sedia…
2 notes
·
View notes
Text
GUERRIGLIERI E DISCOTECHE
La Casa del Popolo di San Martino in Strada (Forlì) fu fondata nel 1949 dai socialisti e comunisti del paese per avere un luogo di svago e attività politica. Negli anni ’50 nacque il Giardino d’estate, uno spazio per le feste da ballo e le proiezioni cinematografiche che negli anni ’60, coperto da una cupola, diventò Giardino d’Inverno. Negli anni ’70 fu allestito un palcoscenico per spettacoli teatrali di carattere nazionale, tra i quali quelli di Dario Fo e Franca Rame e fu restaurata l’area dedicata al cinema: quello che era Cinema Lux diventò Cinema Neva, ispirandosi al fiume russo. Il nome fu scelto da un gruppo di amici durante un viaggio in Unione Sovietica, tra i quali mio padre. Dal '93 la gestione del cinema passò a Nanni Moretti e la sala fu da lui rinominata Nuovo Cinema Sacher. Io ero piccolo ma ricordo bene l'insegna. All’inaugurazione, il regista fu accolto da applausi e fette di torta al cioccolato. Intanto, anche il Giardino d’inverno aveva cambiato nome ed era diventato il Ciaika, altro nome russo come si usava ai tempi, diventando uno dei locali più grandi della Romagna. Vi suonarono Dalla, De André, Venditti, Vasco Rossi e ci furono spettacoli di Walter Chiari e Benigni. Nacque una biblioteca per i ragazzi del quartiere e un laboratorio di sperimentazione educativa centrato su tematiche politiche e sociali. E poi i congressi del PC, le Feste dell’Unità, fino alla visita di una delegazione di guerriglieri e politici del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam davanti a 2.000 persone. Negli anni ’80 iniziò la collaborazione con il Naima Club e iniziarono i concerti jazz con l’obiettivo di rendere accessibile un genere musicale elitario. Chet Baker ci suonò nel 1984 tra l'entusiasmo del pubblico. Alla fine degli anni '80, divenuti insostenibili i costi di gestione, il Ciaka fu ceduto a una società privata e nacque la discoteca Empyre, chiusa nel 2012. Nel ’97 anche l’area bar era stata affittata a privati che avevano ridisegnato la struttura in chiave moderna, ponendo fine al modello popolare e aggregativo del circolo. Oggi non esiste più nulla della struttura originale né delle iniziative a esse legate. Al suo posto ci sono appartamenti e negozi.
(nelle foto: la facciata esterna, De Andrè il 26 dicembre 1975, Chet Baker nel 1984, l'interno del Ciaka, i Giovani Comunisti del paese accolgono i guerriglieri vietnamiti)
11 notes
·
View notes
Text
Il Köln Concert di Keith Jarrett, tenutosi il 24 gennaio 1975 al Teatro dell'Opera di Colonia
Il Köln Concert di Keith Jarrett, tenutosi il 24 gennaio 1975 al Teatro dell’Opera di Colonia, è considerato uno dei concerti più significativi nella storia del jazz. Questo evento straordinario è nato da una serie di circostanze inaspettate che hanno quasi portato alla sua cancellazione. Contesto e Preparazione Keith Jarrett, reduce da un’esibizione a Zurigo, si trovava in una situazione…
0 notes
Text
Cedric Shannon Rives Gospel in concerto a Caprrola
CEDRIC SHANNO RIVES GOSPEL CHOIR A CAPRAROLA CHIUDONO IL TUSCIA IN JAZZ FOR SLA 2024. Tuscia in Jazz for SLA dopo il successo dei concerti a Ronciglione, si trasferisce a Caprarola per il gran finale, con un grande concerto gospel all’insegna della ricerca contro la SLA. Ospite del festival un famoso coro gospel americano Cedric Shannon Rives Gospel. Il concerto si terrà presso il Teatro Don…
0 notes
Link
1 note
·
View note
Text
Storia Di Musica #332 - Area, Crac!, 1975
Le storie dei dischi dello scatolone del mese di Giugno hanno avuto un grande riscontro, e ne sono particolarmente felice. E per quelle di Luglio vorrei ripartire da quello scatolone, perché conteneva un altro disco, che però rispetto ai 5 scelti avevo già comprato da me. L’ho scelto per tre motivi: perché è l’occasione di parlare di un grande personaggio, che ho citato di striscio nelle storie del mese scorso; perché questo lavoro è un formidabile esempio della grandezza e delle capacità di uno dei gruppi italiani più grandiosi di sempre; perchè il suo titolo mi ha sedotto a trovare altri dischi che hanno nel titolo lo stesso simbolo grafico, il punto esclamativo. Gli Area, che avevano nel nome di gruppo una dicitura chiarissima, International POPular Group, sono stati una delle punte di diamante della musica europea degli anni ’70. Nascono a Milano nel 1972 quando musicisti provenienti da esperienze molto diverse mettono su un gruppo. Il primo nucleo comprendeva il tastierista Patrizio Fariselli, Giulio Capiozzo alla batteria, Johnny Lambizzi alla chitarra, sostituito subito da Paolo Tofani, Patrick Dijvas al basso e Victor Busnello al sassofono, con in più uno studente di architettura di origini greche, alla voce, Demetrio Stratos (psudonimo di Efstràtios Dimitrìou). Convergono nel gruppo esperienze diversissime: Fariselli è diplomato al Conservatorio di Pesaro, Capiozzo ha suonato per anni all’Hotel Hilton de Il Cairo e fu prolifico sessionman per la Numero Uno di Mogol e Battisti, Tofani suonava la musica beat con i Califfi, Stratos aveva avuto un certo successo negli anni precedenti, avendo cantato il brano Pugni Chiusi dei Ribelli, che entrò in classifica nel 1967.
Ma qui è tutta un’altra storia: scelgono una musica totale e creativa, ricchissima di suggestioni, puntando anche sulla “complessità musicale”. Quest’ultimo punto li vide clamorosamente osteggiati durante il loro primo tour a supporto di grandi nomi come Rod Steward e i mitici Gentle Giant, accusati dal pubblico di essere troppo ostici. Poco dopo l’incontro che cambia la loro storia (e in parte anche quella della musica italiana). Gianni Sassi è un fotografo, scrittore, artista bolognese che fonderà una etichetta, la Cramps, che scompaginerà il panorama musicale del tempo. Li mette sotto contratto, dà loro libertà creeativa ma si mette a scrivere i testi, con lo pseudonimo di Frankenstein. Il debutto è leggendario: nel 1973, Arbeit Macht Frei, la beffarda e drammatica scritta che accoglieva i deportati nei lager nazisti, già dalla copertina è un colpo alla coscienza, con un pupazzo mascherato e con un lucchetto, imprigionato tra totalitarismo e sistema del Capitale. La musica è altrettanto dirompente: un jazz rock teso, di caratura internazionale, ma che profuma di mediterraneo, vedasi il suono balcanico del primo pezzo culto, Luglio, Agosto, Settembre (Nero), netta presa di posizione a favore dei palestinesi, e che spesso vira all’avanguardia (L’Abbattimento Dello Zeppelin). Tra tutto, spicca la voce, prodigiosa, di Stratos, non solo per l’estensione o la duttilità, ma per il ruolo che gioca nelle canzoni, e per le straordinarie capacità tecniche (studierà le diplofonie, facendo della sua voce uno strumento aggiunto e inimitabile, arrivando a produrre contemporaneamente fino a 4 note diverse). Busnello e Dijvas lasciano il gruppo, quest’ultimo andrà alla PFM, e entra in formazione Ares Tavolazzi al basso. Nel 1974 arriva Caution Radiation Area (in copertina il simbolo del pericolo radioattivo) e radioattiva è la musica, che abbandona la forma canzone (tranne Cometa Rossa, che sfoggia ancora suggestioni mediterranee) e vira decisamente sull’avanguardia e la sperimentazione. Il pubblico non gradisce, ma dal vivo la band macina concerti su concerti, ad un ritmo forsennato (oltre 200 l’anno) è spesso invitata in contesti internazionali, e chi li ha visti dal vivo assicura che erano straordinari. Dopo aver registrato una versione strumentale de L’Internazionale (con lato b Citazione Da George J. Jackson, con Stratos che recita un famoso discorso del leader delle Pantere Nere) per la liberazione dell’anarchico Giovanni Marini, all’epoca detenuto in carcere per l’omicidio del vicepresidente del FUAN, Carlo Falvella, avvenuto a Salerno nel 1972, nel 1975 arriva l’atteso nuovo disco.
Crac! è un disco che media tra il primo e il secondo. L’immediatezza di alcuni brani, che furono tacciati di frivolezza (storica la stroncatura di Riccardo Bertoncelli e la contro risposta di Stratos sulla rivista Gong) ma che invece sono una lucida organizzazione del solito alto livello musicale, un formidabile jazz rock al massimo livello, a cui per una volta si aggiunge un giocoso approccio. Crac! si apre con L’Elefante Bianco, che diventerà brano culto, una cavalcata rock con i fiocchi e prosegue con La Mela di Odessa: Stratos che qui fa davvero capire che voce incredibile è stata, è anche famoso perché durante i live Demetrio raccontava la storia che la ispirò. Secondo lui infatti, il testo si baserebbe su un fatto realmente avvenuto nel 1920, e che potrebbe essere uno dei primi dirottamenti marini della storia. Un pittore dadaista tedesco, tale Apple, che intendeva assistere ad una mostra d'arte a Odessa, vi dirottò una nave passeggeri con l'intenzione di regalarla ai russi che avevano da poco fatto la rivoluzione. Una volta a Odessa, Apple venne salutato con feste enormi, che comportarono anche far saltare in aria la nave con tutti i suoi passeggeri tedeschi. Della storia non c’è traccia in nessuna fonte storica e ormai è chiaro che fosse stata inventata per rendere ancora più potente le metafore che il testo sprigiona in un brano “enciclopedia” per la commistione di generi, stili, suoni, un capolavoro assoluto. Megalopoli e Nervi Scoperti spiegano la vita mediterranea al jazz rock. Nel disco c’è anche il brano più famoso degli Area, Gioia E Rivoluzione, che dice “Canto per te che mi vieni a sentire\Suono per te che non mi vuoi capire\Rido per te che non sai sognare\Suono per te che non mi vuoi capire", e che verrà ripresa decenni dopo con successo dagli Afterhours; l’elettro-psichedelia retta dal basso di Implosion e la sperimentazione vocale di Area 5 chiudono l’LP. Il successivo tour verrà ricordato con un live, Are(A)zione, con tre brani noti dai Festival a cui parteciparono, e una nuova suite, omonima al titolo del disco.
La band durerà altri due anni: divisi dal sentirsi alfiere dell’avanguardia musicale, con scelte a volte del tutto incomprensibili, come Event del 1976, una lunga suite sconclusionata, faticosissimo tentativo di cavalcare la tigre del suono, progetti solisti che crearono tensioni, il passaggio dalla Cramps alla CGD di Caterina Caselli, che nel 1978 pubblica Gli Dei Se Ne Vanno, Gli Arrabbiati Restano, che esce pochi mesi prima che Demetrio Stratos muoia di leucemia fulminante. “Stratos è stato senza dubbio il personaggio più originale e importante nella musica italiana di ricerca degli anni Settanta, proprio per il suo voler sfuggire alle definizioni, per aver saputo, con coerenza e intelligenza, mettere in comune mondi apparentemente lontanissimi.” (Ernesto Assante).
25 notes
·
View notes