#comincia il caldo
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È quel periodo dell’anno
È il periodo dell’anno in cui dopo essermi fatto una doccia me ne vorrei fare subito un’altra.
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LA LEGGENDA DI SAN MARTINO
Martino di Tours fu un vescovo cristiano che visse nel IV secolo d.C.
Era il giorno 11 Novembre,
il cielo era coperto, piovigginava e tirava un forte vento che penetrava nelle ossa. Martino, un giovane soldato di cavalleria della guardia imperiale, stava tornando a casa. Portava l’armatura, lo scudo, la spada e un mantello caldo e foderato di lana di pecora.
Ma ecco che lungo la strada, c’è un povero vecchietto coperto soltanto di pochi stracci che chiede l’elemosina, seduto per terra, tremante per il freddo.
Il cavaliere lo guarda e sente una stretta al cuore: “Poveretto, – pensa – morirà per il gelo!”
Impietosito, Martino scende dal cavallo e con un colpo secco di spada taglia in due il suo bel mantello e ne regala una parte al povero.
Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un vento rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere, il vento si calma. Di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno. Il cielo diventa sereno, l’aria si fa mite. Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. Ecco l’estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell’atto di carità. In effetti, ancora oggi, nella settimana che ricorre San Martino, spesso si assiste ad un breve periodo in cui il clima diventa più mite e si parla di “estate di San Martino.” Si dice:
“L’estate di San Martino…dura tre giorni e un pocolino”
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🔥È MORTO CHIUSO IN UN AUTO NELL'ESTATE ROVENTE🔥
❌❌❌#COLPO DI #CALORE NEL #CANE
Ecco cosa fare.
L’ipertermia è un termine che descrive un aumento eccessivo della temperatura corporea. Tale incremento si verifica in genere come risposta ad un’infiammazione nel corpo o ad un ambiente caldo. Quando un cane è esposto ad alte temperature, si può verificare un colpo di calore. Il colpo di calore è una condizione molto grave che richiede cure mediche immediate. Una volta che i sintomi del colpo di calore sono stati individuati, c’è davvero poco tempo per intervenire, minuti preziosi che possono evitare gravi conseguenze e addirittura la morte.
I cani non sudano attraverso la pelle come gli esseri umani, ma manifestano la sensazione di caldo principalmente ansimando e sudando dai piedi e dal naso. Se un cane non può espellere efficacemente il calore, la temperatura interna del corpo comincia a salire. Una volta che la temperatura del cane raggiunge il limite, i danni al sistema cellulare del corpo e agli organi possono diventare irreversibili. Purtroppo, troppi cani sono vittime di colpo di calore quando si sarebbe potuto evitare. Imparate a riconoscere i sintomi del colpo di calore e ad evitare che questo succeda al vostro cane.
Aumento della temperatura rettale.
Il cane ansima affannosamente.
Le gengive sono di un colore rosso scuro.
Le mucose di gola e bocca sono secche.
Il cane è in posizione supina e non vuole o non riesce ad alzarsi.
Il cane sviene e perde coscienza.
La saliva è densa.
Vertigini o disorientamento.
Cosa fare se si sospetta un colpo di calore.
Se avete anche il minimo sospetto che il vostro cane stia subendo un colpo di calore, è necessario intervenire immediatamente. In primo luogo, spostate il cane lontano da fonti di calore e al riparo dal sole immediatamente.
Iniziate il raffreddamento del corpo del vostro cane ponendo stracci bagnati freschi in particolare alle zampe e intorno alla testa.
Non usate mai ghiaccio o acqua molto fredda. Il freddo estremo può causare il restringimento dei vasi sanguigni e l’ipotermia.
Offrite al vostro cane acqua fresca, ma non forzate l’acqua nella bocca.
Telefonate o recatevi dal vostro veterinario subito, anche se il vostro cane sembra stia già meglio. I danni interni potrebbero non essere evidenti ad occhio nudo, quindi un esame completo è sempre necessario.
Ci sono molti modi per prevenire il colpo di calore:
Non lasciate mai il cane solo in macchina in una giornata calda, indipendentemente dal fatto che i finestrini siano aperti. Anche se la temperatura fuori non è molto alta, l’interno della vettura si comporta come un forno: la temperatura può salire a livelli pericolosamente alti in pochi minuti.
Evitate di fargli fare esercizio fisico intenso nei giorni caldi. Oppure, optate per zone d’ombra.
Mettete acqua fresca a disposizione del cane in ogni momento.
Alcuni tipi di cani sono più sensibili al calore, in particolare i cani obesi e le razze brachicefalo come i Bulldogs. Usate estrema cautela quando questi cani sono esposti al calore.
Alcuni cani possono riprendersi completamente dal colpo di calore, se viene trattato con sufficiente anticipo. Altri subiscono un danno permanente agli organi e richiedono trattamenti farmacologici per tutta la vita. Purtroppo, molti cani non sopravvivono al colpo di calore. La prevenzione è dunque la chiave per mantenere il vostro cane al sicuro durante la stagione torrida.
Gabriella Dimastrodonato
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Ellen
Chiamai Ellen per uno dei nostri soliti appuntamenti:
«Ciao, ti vengo a prendere verso le 20».
Non se lo fece ripetere due volte e rispose: «Ok, ti aspetto». Cenammo in un locale fronte mare. Due enormi scogli primeggiavano al largo, mentre la spiaggia era illuminata da candele di vario spessore. La serata era un invito a passeggiare al chiaro di luna, che splende più del solito, alta nel cielo, facendo brillare gli occhi di Ellen come fossero stelle. Poco più in là vidi un hotel. Guardai Ellen, splendida nel suo abito leggero a fiori che svolazzava sospinto dalla brezza. Lei aveva capito la mia intenzione e senza esitare annuì. «Una camera per due, grazie». Alla reception, una ragazza molto gentile porse la chiave, dimostrandosi discreta: «Camera 21, secondo piano».
Dallo specchio della hall notai che la ragazza finalmente ci guardava, incuriosita dalla differenza di età tra me ed Ellen, ma poco m’importava!La stanza era molto accogliente, decorata con un vaso e delle rose fresche dal gambo spinoso. Sui cuscini del letto vi erano posate due caramelline a forma di cuore, mentre la stanza da bagno conteneva una vasca idromassaggio. Tutto era perfetto! Ellen, senza parlare, si siede ai bordi del letto, mentre io accendo le candele profumate poste sopra un mobile, arricchito con un grande specchio, spegnendo le luci per creare un’atmosfera accogliente e romantica, dando vita a un contrasto tra buio e luce. Con quel fascio di luce in penombra, Ellen è stupenda, le labbra accentuate dal rossetto, lo sguardo magnetico, la rende attraente più del solito.
Nel osservarla ho un erezione improvvisa.
Sento il pene duro, gonfio, caldo, intrappolato ancora nei boxer, ma pronto a uscire.
Con un gesto di sfida Ellen divarica le gambe e lentamente alza il vestito scoprendo le sue gambe coperte dalle calze a rete autoreggenti, fermandosi poi fino alla sua intimità già nuda.
Quella visione celestiale mi provoca un gran desiderio di possederla.
Con passo deciso mi piazzo di fronte al suo viso e sfioro le sue labbra prima con la punta della lingua come a voler assaporare il rosso fuoco del rossetto. Mi occupo del labbro superiore, poi di quello inferiore, ancora qualche assaggio, poi passo il pollice per contornare quelle labbra carnose, fino a quando mi decido a infilare la lingua.
Iniziamo una guerra di lingue e morsi, di assaggio e desiderio, oramai privo di controllo, appoggio la mano sul suo capo spingendola verso di me il più possibile.
Volevo non finisse mai, quei travolgenti baci passionali, mi provocano una eccitazione irresistibile.
Mi allontano e in silenzio mi tolgo la cintura dei pantaloni, le sfilo le calze e con le stesse la bendo.
Ellen è in balia di ciò che desidero, così mi ritrovo nudo con il cazzo che scoppia dal desiderio.
«Ti prego, scopami la bocca».
La sua voce è un sussurro di piacere, le afferro i capelli, l’avvicino e lei di rimando spalanca le labbra accogliendomi.
“Fammi godere, troia”
Le infilo il membro senza pudore, quasi fino a soffocarla, a lei piace tanto, fino a che mi stringe i fianchi assecondando le spinte.
La sua bocca piena comincia a sbavare, e con decisione aiutandosi con la mano, aumenta il ritmo, lasciando esplodere schizzi caldi che ingoia con devozione.
Sfinito da quel gioco mi sposto e la sbatto sul letto, le spalanco le cosce senza esitare per ammirare la sua figa bagnata, pronta per accogliermi.
Le ordino di stare ferma non sa cosa l’aspetta! La faccio mettere a pancia in giù e comincio a sculacciare il culo dicendole:
"sei stata monella, non indossavi le mutandine "
E ancora giù uno schiaffo più forte:
"Sei una puttanella, lo sai che voglio che indossi le mutandine."
Giù un altro schiaffo.
I suoi gemiti, tra dolore e piacere, spezzavano il rumore degli i schiaffi sul culo arrossato, ma Ellen non si lamenta anzi mi prega di continuare:
"Siiii fammi male, ti prego! Sbattimi, sono la tua puttana”.
A quel punto, con la mano sotto il bacino le alzo il culetto, così da avere la sua fica all’ altezza del mio cazzo . La penetro lentamente, voglio sentire ogni minima contrazione , entro ed esco quasi al rallentatore, movimenti che fanno sentire gli spasmi della sua fica eccitata.
Ellen sibila gemiti a bocca chiusa, ma non mi fermo, anzi!
Affondo tutto dentro di lei, mi soffermo pochissimi attimi per sentire i battiti del cazzo nella sua carne.
Riprendo il ritmo aumentando sempre più veloce, affondo come un animale senza sosta, i suoi gemiti si fanno sempre più intensi, sentire quel suono alimenta sempre più il desiderio.
Il cazzo sembra impazzito, le mie gambe sbattono contro le sue cosce e le sue natiche arrossate, ho voglia di godere dentro ma resisto.
Esco, la lascio lì immobile sul letto in attesa.
Ellen cerca di immaginare la mia prossima mossa, l’incertezza la eccita tantissima.
Mi accingo a prendere una rosa dal vaso.
Il gambo ha tre spine, ma non le tolgo, anzi la faccio voltare con le gambe ben aperte.
Le verso dell’acqua fredda sul seno, i suoi capezzoli si irrigidiscono mentre lei ansima un lungo « mmmmmmm».
La scia dell’acqua scivola giù verso il ventre fino ad attraversare la sua fica già di per sé bagnata.
Ancora un respiro soffocato,
"mmmmmm siiiiiiiii "
A quel punto prendo la rosa e comincio a strusciare i petali sull’inguine mentre lecco i suoi irti capezzoli, fino a morderli.
Arrivo con la rosa fino al monte di venere, per poi scendere lungo le grandi labbra, su e giù con i petali.
Ellen non c'è la fa più, il piacere che si fonde con l’agonia di quel gioco la fa impazzire, con voce eccitata mi ordina,
"slegami e togli la benda, ti prego. Voglio vedere!"
l’accontento,
"Sei perverso!"
La guardo un attimo negli occhi, mentre con il gambo di spine attraverso la fessura delle labbra fino a strofinare sul clitoride che sporge evidente.
Ellen inarca la schiena, il culetto alzato è un invito per la spina verso quel buchetto.
Così attraverso la fica fino allo sfintere e la graffio leggermente, inevitabile il suo «hai», ma subito la ripago da quel piccolo dolorino, portando la bocca sul graffietto ricoprendola di baci soffici e peccaminosi.
Dal culetto alla fica il passo è breve.
D’improvviso le afferro le gambe, senza darle tregua, le posiziono sul mio collo, l’odore del suo sesso è inebriante, la mia lingua si posizione al centro delle sue labbra e comincio a leccare come se non ci fosse un domani.
Ellen ansima, è in estasi, le sue gambe tremano, mentre con le mani, mi accarezza i capelli e affonda il mio viso sulla sua figa strusciandosi il più possibile, In quell’attimo ebbe un orgasmo, scatenando la mia reazione: «non dovevi godere, sarai punita! Girati a pecora».
1,2,3,4,5,6,7,8,9,10... Cinghiate sul culo:
«sei proprio una puttanella monella».
Ellen è oramai priva di orgoglio e inibizioni tanto che urla:
«sìì, puniscimi! scopami!»
La sua schiena è molto sexy, i fianchi stretti e tra le chiappette sporge quel bocciolo luccicante di umori che mi invitava a scoparla.
Dio che spettacolo non resisto
Comincio a passare la cappella sulle labbra, su e giù, su e giù, poi continuo con tutta l’asta a strofinare, sono in delirio.
La sento pulsare, vogliosa di essere penetrata. Non voglio la fica, così senza lubrificare, le penetro il culo dicendo: «sono dentro, urla per me», lei in risposta afferra le lenzuola e miagola un; «haiiiiiiiii»
Il suo buco è stretto ma non desisto a continuare con colpi decisi, aumentando così il suo dolore che si fonde con il piacere.
A quel punto ero talmente eccitato da volerle venire dentro, ma la troia doveva essere umiliata come piace a lei…
La faccio mettere seduta sul divano e d’improvviso le metto il cazzo davanti alla bocca.
Lei comprende subito quello che le sto ordinando!
Inizia a succhiarlo, con una mano mi strizza i testicoli e continua a farlo scivolare tra le sue labbra:" Sto per venire mia piccola puttanella, continua!” veloce lei si scosta e si inginocchia sotto il cazzo in attesa della schizzata che arriva subito!
La guardo bere il mio sperma con avidità! Non rinuncia neanche a una goccia!
Con una mano sul suo mento le alzo il viso dicendo, «Sarò sempre dentro di te mia REGINA». Lei risponde sorridendo: «Anche tu sei dentro di me, in ogni pensiero, soprattutto quelli più proibiti mio Re»
Fine...
#erotico#raccontierotici#eros#sensualità#sesso #passione#orgasmi#erotic#lingeriesexy# erotismo#scritturaerotica#poesiaerotica
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L’appuntamento con Milou è una cosa bellissima, sia quando non c’è perché penso possa essere nel salotto della villa, al caldo, forse davanti al fuoco e quando c’è…beh, quando c’è e scorgo i suoi colori fra le fronde dell’albero, sul muretto, allora è proprio una festa. Milou, quando ti vede, si gira di scatto e ti fissa, con sguardo inquisitorio o meglio indagatore; sembra voglia capire, con l’istinto rapido del gatto, se hai intenzione di fermarti un po’ con lei o meno.
Con me non sbaglia mai, comprende che ho voglia di coccole quanto lei e in due tre balzi passa sul muretto di cinta e comincia a girare come un arrosticino. Le piace essere grattata sulla schiena e te lo fa capire grattandosela sulla pietra. Dopo un po’ di grattini sulla schiena si gira di scatto a pancia mezza in su e allora si prende tutte le carezze sul collo e dietro le orecchie. Fa le fusa, Milou, delle fusa profonde, chissà quanti anni ha. È morbidissima, dolce ma scattosa, all’inizio mi spaventavo ad ogni girata rapida ma ora ci ho fatto l’abitudine. “Milou, Mlou”, dico, “…pelosona, morbida Milou, ce le prendiamo tutte queste coccole? Tutte, tutte, tutte? Eh?”. Nel frattempo le auto passano, qualcuno saluta, i due cani nel giardino della villa si rincorrono e abbaiano.
Le faccio una foto, raccolgo la borsa della spesa e proseguo, dopo un intenso occhi negli occhi fra i suoi, ipertiroidei, e i miei ancora increduli ma felici di aver trovato, così avanti negli anni, un contatto con il mondo felino.
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Le Olimpiadi di cui nessuno può parlare male, se no arriva l’internazionale macroniana a spaccarti le palle e darti del putiniano.
È agosto, fa caldo, le redazioni sono piene di stagisti che fanno confusione sul sesso e gli opinionisti progressisti scrivono i loro articoli con le palle in acqua e un cocktail in mano. Solo così si spiega il delirio complottista di Repubblica & Co. di ieri, a cui degli sport olimpici frega tanto quanto a me frega del calcio femminile: la prima pagina di ieri era un’orgia di cazzate buone per una festa dell’Unità, anzi dell’Unit*: “il ko dei diritti” perché un’italiana abbandona un incontro contro un’intersex, i baci della judoka alla fidanza “davanti alla premier” come se fossero la risposta alle polemiche sulla pugile algerina, lo stop alla cannabis light.
Ma il capolavoro è dentro, roba da far impallidire terrapiattisti e seguaci di Qanon: “Dai russi a Elon Musk, la campagna organizzata dall’internazionale di destra per screditare i Giochi”. Ginori e Foschini parlano di “fasciosfera” e non gli scappa neppure da ridere. Il succo è che è vietato criticare le Olimpiadi organizzate dall’antifascista in chief Emmanuel Macron, che fa tutto benissimo, cambia il sesso degli atleti con la sola imposizione delle mani e ha ripulito la Senna pisciandoci dentro.
E se qualcuno critica è perché glielo hanno detto Putin, Musk e la Rowling (fossi in Aldo Cazzullo mi farei qualche domanda, a questo punto).
Io me ne sbatto allegramente i coglioni, penso a tenere in fresco la bionda e faccio il conto alla rovescia per l’inizio della Premier League: sabato prossimo c’è il Community Shield, e quello dopo comincia il campionato più bello del mondo. Anche se comunque il calcio non mi è mai piaciuto.
grande Jack O'Malley, via https://www.ilfoglio.it/sport/2024/08/03/news/ma-e-vietato-parlare-male-delle-olimpiadi-di-macron--6818518/
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La storia di me e i telefoni mentre sono in Giappone.
5 anni fa avevo un Samsung s7 comprato nuovo. Arrivo in Giappone e tempo qualche mese lo schermo comincia a fare delle schermate strane e cambiare colore... finché, ovviamente, lo schermo non si spegne completamente e mi dice addio. Corro urgentemente a comprare un nuovo telefono e dato che non voglio spendere troppo prendo un Huawei pezzotto di pochi soldi. Quel telefono era ancora in garanzia quindi lo feci portare in assistenza dopo che i miei mi vennero a trovare a Capodanno qui.
5 anni dopo, lo stesso telefono comincia di nuovo a darmi problemi di schermo. In particolare, se non lo "scaldavi" diventava nero. Quindi spesso lo tenevo in punti strani (in mezzo alla gambe, sotto al culo etc) per riuscire ad usarlo. Vengo in Giappone, tempo 2 giorni, cade a terra e bam, schermo nero sempre, pure se è caldo.
Fortunatamente poiché era sulla via del tracollo io previdente me ne sono comprata un altro prima di partire, Samsung A52. Bene. Ieri, questo figlio di puttana che ha preso 780 cadute e dopo che io lo LANCIO letteralmente quando sono in palestra, per una caduta di 10cm di altezza freeza e, di nuovo, SCHERMO NERO.
Ieri sono andata in un centro per sostituirlo e guess what? Lo schermo mi è costato esattamente quanto il telefono stesso. 😇
Quanto voglio morì da 1 a 1000000? 😇😇😇
#my life in tokyo#BESTEMMIE INTERIORI SENZA FINE#perchè TUTTI i miei telefoni fanno la stessa fine??#E perché MAI in Italia???#ECHEPPALLE
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Bisogna essere molto forti
per amare la solitudine; bisogna avere buone gambe
e una resistenza fuori dal comune; non si deve rischiare
raffreddore, influenza e mal di gola; non si devono temere
rapinatori o assassini; se tocca camminare
per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera
bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è;
specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata,
e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi;
non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio,
oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte
senza doveri o limiti di qualsiasi genere. Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri
– e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento, tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani,
essi sono molti – non sono che momenti della solitudine;
più caldo e vivo è il corpo gentile
che unge di seme e se ne va,
più freddo e mortale è intorno il diletto deserto;
è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso,
non il sorriso innocente, o la torbida prepotenza
di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza
enormemente giovane; e in questo è disumano,
perché non lascia tracce, o meglio, lascia solo una traccia
che è sempre la stessa in tutte le stagioni. Un ragazzo ai suoi primi amori
altro non è che la fecondità del mondo.
È il mondo così arriva con lui; appare e scompare,
come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose,
e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più; l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque la solitudine è ancora più grande se una folla intera
attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni –
l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente
come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte. Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire,
specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena,
e per te non è mutato niente: allora per un soffio non urli o piangi;
e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza,
e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire
che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe essere più soddisfatto
e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine
è la solitudine vera, quella che non puoi accettare?
Non c’é cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
Pierpaolo Pasolini
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La solitudine: bisogna essere molto fortiper amare la solitudine; bisogna avere buone gambe e una resistenza fuori del comune; non si deve rischiare raffreddore, influenza o mal di gola; non si devono temere rapinatori o assassini; se tocca camminare per tutto il pomeriggio o magari per tutta la sera bisogna saperlo fare senza accorgersene; da sedersi non c’è; specie d’inverno; col vento che tira sull’erba bagnata, e coi pietroni tra l’immondizia umidi e fangosi; non c’è proprio nessun conforto, su ciò non c’è dubbio, oltre a quello di avere davanti tutto un giorno e una notte senza doveri o limiti di qualsiasi genere. Il sesso è un pretesto. Per quanti siano gli incontri – e anche d’inverno, per le strade abbandonate al vento, tra le distese d’immondizia contro i palazzi lontani, essi sono molti – non sono che momenti della solitudine; più caldo e vivo è il corpo gentile che unge di seme e se ne va, più freddo e mortale è intorno il diletto deserto; è esso che riempie di gioia, come un vento miracoloso, non il sorriso innocente o la torbida prepotenza di chi poi se ne va; egli si porta dietro una giovinezza enormemente giovane; e in questo è disumano, perché non lascia tracce, o meglio, lascia una sola traccia che è sempre la stessa in tutte le stagioni. Un ragazzo ai suoi primi amori altro non è che la fecondità del mondo. È il mondo che così arriva con lui; appare e scompare, come una forma che muta. Restano intatte tutte le cose, e tu potrai percorrere mezza città, non lo ritroverai più; l’atto è compiuto, la sua ripetizione è un rito. Dunque la solitudine è ancora più grande se una folla intera attende il suo turno: cresce infatti il numero delle sparizioni – l’andarsene è fuggire – e il seguente incombe sul presente come un dovere, un sacrificio da compiere alla voglia di morte. Invecchiando, però, la stanchezza comincia a farsi sentire, specie nel momento in cui è appena passata l’ora di cena, e per te non è mutato niente; allora per un soffio non urli o piangi; e ciò sarebbe enorme se non fosse appunto solo stanchezza, e forse un po’ di fame. Enorme, perché vorrebbe dire che il tuo desiderio di solitudine non potrebbe esser più soddisfatto, e allora cosa ti aspetta, se ciò che non è considerato solitudine è la solitudine vera, quella che non puoi accettare? Non c’è cena o pranzo o soddisfazione del mondo, che valga una camminata senza fine per le strade povere, dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
Pier Paolo Pasolini
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𝗟𝗢 𝗦𝗧𝗔𝗗𝗜𝗢
- 𝙋𝙧𝙤𝙡𝙤𝙜𝙤
"Si certo, prendiamo l'autobus... che palle. Poi il treno, gli orari? Che palle... Si si, allora partiremo molto prima... che palle. Hai visto quale metro prendete? Due?! Che palle... Per il ritorno? Ah non può? Aspetta chiedo al mio...
Papà..."
"Dimmi Gabri"
"Martedì c'è la partita di Champion, vado a vederla con i miei amici. Per te sarebbe un problema venirci a prendere a Milano, quando sarà finita?"
Sono stato tifoso. Quando essere tifosi, della mia squadra, dava tante soddisfazioni. In quello stadio, chiamato anche "La Scala del calcio", ci andavo ogni domenica o mercoledì di coppe. Probabilmente li sfogavo, gioendo delle vittorie, l'amaro di una vita in cui dovevo accontentarmi. Credo.
Comunque, mi ero ripromesso che se Gabriele ci fosse voluto andare, lo avrei accompagnato io la prima volta. Dove io ho passato ore senza pensieri lì ci sarebbe entrato con me. Io, suo padre.
E così me ne esco con: "Vi porto io, così ritorno a San Siro".
Con tanto di dito alzato al cielo
- 𝙇'𝙖𝙧𝙧𝙞𝙫𝙤
Ci siamo, dopo un viaggio dove l'autostrada ha dato il peggio si se con forti rallentamenti, arriviamo in zona quando i cancelli dello stadio sono già aperti da mezz'ora.
Parcheggi completi ovunque. Rassegnato invito i ragazzi a scendere e dirigersi allo stadio a piedi, circa 25 minuti di camminata.
Nel frattempo troverò un posto dove lasciare l'auto. Lo trovo. Stessa posizione del concerto di Weeknd (chi ha letto il mio racconto "Weeknd con il morto"su quella sera sa).
Mi avvio verso lo stadio, che non ho la più pallida idea di dove sia. Seguo ragazzi e adulti che indossano le maglie con i nomi di oggi e di ieri dei giocatori.
Fa caldo, 30° e afa. Ho lasciato casa mia con un 24° gradi e la freschezza dell'autunno.
Cammino e rantolo, passo veloce. Siri l'assistente digitale del mio iPhone si attiva e urla in mezzo a tutti: "Sessione FitHard Core, Ottimo! La salvo nel tuo allenamento settimanale?"
Imbarazzato le dico, sussurrando: "No"
Siri: "Dai, lazzarone, che l'ultimo allenamento ancora avevo l'aggiornamento iOS 15 e siamo al 17!"
Io "No, fatti i fatti tuoi"
Seguendo le maglie e passando attraverso un parco alberato sbuco davanti a lui: lo stadio.
Sento l'urlo "The Chaaaaampions" di tutto lo stadio, dovrei essere lì con Gabriele, padre fallito che sono. Ma non ho tempo di questi rimproveri, ho davanti a me proprio il gate d'ingresso che devo prendere.
- 𝙇𝙤 𝙨𝙩𝙖𝙙𝙞𝙤
Arrivo al primo controllo, un tipo sulla sessantina mi fa cenno di andare da lui: "Meh, tien l'accendin tu?"
"No" gli rispondo
"Meh, non fumm"
"No, ho smesso"
"Brav da quant?"
"Aivògghiie"
"Meh, pugiese pur'ttu"
"No, parl a' muzze"
"Meh, Ce sì bevùte, u leàndre?"
Mi fa passare, passo anche i tornelli per la vidimazione del biglietto.
Entro...
Guardo il numero del settore, lo vedo e mi dirigo a passo deciso.
Mentre cammino vengo puntato a distanza da un omone alto, tipica persona anglosassone che mi si avvicina, porta un cartellino appeso al collo che lo rende ufficioso.
"Excuse me, he's a Newcastle fan?"
"No, thanks" - Con tutte le risposte possibili vado a dire no grazie?!
"Excuse me but the English support sector is here"
"Oh no, sorry. I'm not English, mi rend cont che my clothing is from Royal Ascot, ma belive me, sto sudand come a caiman. If io sapevo I was dressing da murator. The soul of my dead ancestors"
Questo steward inglese comprende l'italiano e comincia a ridere, "Ok, man... ok" mi dice lasciandosi andare da quella compostezza seria, di chi è li per evitare contatti tra le tifoserie, a quella più divertita.
Salgo.
Salgo.
Salgo. Le scale sembrano non terminare.
Poi penso ai miei coetanei che ammiro su Facebook che fanno ferrate in montagna a quote elevatissime, chi fa camminate o corse lungo i fiumi partendo dalla foce e arrivando alle sorgenti.
Chi dalla Calabria attraversa a nuoto lo Stretto di Messina, si mangia una granita con brioche con il tuppo, per poi ritornare a nuoto sulla sponda calabrese e far ruttino. Come se nulla fosse.
Resisto, i messaggi di Gabriele arrivano a raffica:
Dove sei
Oh, ti aspetto
Quanto manc
Cominc
Oh pa' ndo stai?
Che palle
Sbuco nello stadio, devo salire le gradinate, vedo mio figlio.
Sembro Gesù Cristo sul Monte Calvario, grondo sudore e non sangue. Per fortuna. Anche se un polmone mi sa che è collassato.
I gradini dello stadio non me li ricordavo così irti, li facevo due alla volta quando stavo in curva. Adesso mi ricordo di quando salii sulla piramide di Chichén Itzá.
Devo guardare davanti a me, mi ripeto, altrimenti perdo l'equilibrio.
Alzo lo sguardo e noto che davanti a me non sta salendo un sedere femminile palestratissimo e perfetto, inguainato in un fusò aderentissimo.
No.
Credo di averlo percepito come un sedere nudo con la pelle colorata da fusò.
Però la motivazione mi ha aiutato. Arrivo in cima all'anello. Sono vicino a mio figlio. Questo conta. Lo guardo, lo ammiro. Sono contento per lui ha gli occhi che brillano di bello, di gioia. Con i suoi amici, nello stadio della sua squadra del cuore. Il resto è calcio, che si vinca o che si perda. Pazienza.
- 𝙇𝙖 𝙁𝙞𝙣𝙚
Finita la partita. Un pareggio Gabriele e i suoi amici mi guardano. Hanno la faccia perplessa del pareggio.
Li guardo e dico loro: "Potrebbe esser peggio"
"E come, una sconfitta?"
"No, potrebbe piovere"
Mi guardano, li guardo, si guardano.
La mia battuta del film Frankenstein Junior evidentemente non la conoscono, nonostante la mia espressione da Igor.
Le basi della filmografia proprio, dovrò spiegargliela in auto.
Che palle!
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Tutta la notte ascolto il rumore dell’acqua piangendo. Tutta la notte faccio la notte dentro di me, faccio il giorno che comincia per colpa mia, che piange perché il giorno cade come l’acqua nella notte.
Tutta la notte ascolto la voce di qualcuno che mi cerca. Tutta la notte mi abbandoni lentamente come l’acqua che piange cadendo lentamente. Tutta la notte scrivo messaggi luminosi, messaggi di pioggia, tutta la notte qualcuno mi cerca e cerco qualcuno.
Il rumore dei passi nel vicino cerchio di luce collerica che nasce dalla mia insonnia. Dei passi di qualcuno che non mi scrive più, che non scrive più. Tutta la notte qualcuno si trattiene e percorre il cerchio della luce amara.
Tutta la notte affogo nei tuoi occhi che sono i miei occhi. Tutta la notte impazzisco cercando l’abitante del cerchio del mio silenzio. Tutta la notte vedo qualcosa crescere fino al mio sguardo, qualcosa d’una materia silenziosa e umida e che fa il rumore di qualcuno che piange.
L’assenza soffia grigia e la notte è densa. La notte ha il colore delle palpebre morte, la notte vischiosa, esalante olio nero che mi prende la testa e mi fa cercare un luogo vuoto senza caldo e senza freddo. Tutta la notte fuggo qualcuno. Conduco l’inseguimento e la fuga. Canto un canto di lutto. Uccelli neri su teli neri. Grido mentalmente. Il vento nega. Me ne vado dalla mano rigida e tesa, non voglio sapere altro se non questo gemito perpetuo, questo rumore nella notte, questa lentezza, questa infamia, questa ricerca, questa inesistenza.
Tutta la notte so che l’abbandono sono io. Che la sola voce piangente sono io. Si può cercare con delle lanterne, e percorrere le menzogne d’un ombra. Sentire che il cuore è nelle gambe e l’acqua nei luoghi antichi del cuore.
Tutta la notte ti chiedo perché. Tutta la notte mi dici di no.
Alejandra Pizarnik
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Mi dirigo alle poste per fare il reso di un pacco. Trovo tutto chiuso. Torno indietro tutta sconsolata e morente a causa del caldo (non so sinceramente come io non mi sia trasformata allo stato liquido) .
Nel tragitto, una macchina che proviene dalle mie spalle comincia a rallentare e io già penso “oilloc”, e già solo il fatto che io mi aspetti il catcalling fa schifo da sè.
La macchina si ferma. Ci sono questi due tizi, sulla cinquantina, dall’aspetto di un viscido che già solo alla loro vista ero disgustata. Il tipo alla guida si sporge verso il finestrino del lato del passeggero che nel frattempo mi fissava come una statua ed esclama “ue bella” pronunciandolo lentamente con tono serio e con la bavetta alla bocca.
Io ero pietrificata, disgustata, esclamo “che schifo”, e proseguo per la mia strada. Loro ripartono e vanno via, spero a fanculo.
Semplicemente il vomito.
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Il profumo della colazione aleggiava suadente già da ben prima che Gilbert completasse gli ultimi, sonnecchiosi, passi che lo portarono ad arrivare in sala da pranzo.
Sorrise, il primo sorriso della giornata. Senz'altro non sarebbe stato l'ultimo.
Per quanto fossero entrambi mattinieri, Mary Alice era estremamente premurosa nel congedarsi dal caldo delle coperte con un tenero bacio sulla guancia per permettergli di aggrapparsi qualche minuto di più a quel tepore a cui entrambi si erano stretti l'uno all'altra durante la notte. Fu così anche quella mattina e Gilbert si lasciò abbracciare dall'aroma invitante del piatto che lei aveva disposto con cura sulla tavola.
Il pane tostato era ancora fragrante e caldo, con una leggera spalmata di burro che andava lentamente sciogliendosi sulla superficie dorata. Le uova poi avevano un aspetto delizioso, al punto da percepire lo stomaco fremere d'impazienza e borbottare la sua approvazione.
"Wow" si lasciò sfuggire come dandogli voce nel prendere posto di fronte a lei, sorridente e bella quanto un angelo anche nell'aspetto ancora stropicciato della camicia da notte.
"Una buona giornata comincia da una buona, abbondante, colazione!" cinguettò Mary Alice, leggermente arrossita sulle guance per l'intensità ammirata dello sguardo che le stava rivolgendo.
"Pancia mia, fatti capanna" le fece eco, iniziando a servire i piatti di entrambi solo per il piacere di inspirare, insieme al profumo della colazione, quello della compagna. "avrò senz'altro energie fino a sera e..." una sniffata nell'aria anticipò di poco l'inarcarsi del sopracciglio nel lasciar indugiare l'attenzione sulle loro tazze, ora fumanti per la tisana che Mary Alice aveva già provveduto a riempire quando l'aveva sentito scendere pigramente le scale " …è forse profumo di miele quello che sento?"
Sapeva già la risposta, nonostante questo tuttavia si beò della soddisfazione con cui la propria adorata iniziò ad annuire "Una tisana al miele, il nostro miele" puntualizzò Mary Alice, con un moto d'orgoglio "Rahmi mi ha dato una ricetta per crearne una, spero di aver azzeccato bene il dosaggio perché lei ormai la fa a occhio e non ha saputo darmi le quantità precise"
Si imbronciò nel dire questo ed era comunque assolutamente adorabile nel farlo.
"Qualcosa di fatto con tanto amore non può che essere buono, non credi?" le disse, rassicurante, iniziando già a sollevare la tazza. Lo fecero in contemporanea.
"Ho pensato tanto a te, nel farla" rivelò lei, con il tono di voce che si fece soffice quanto una nuvola di zucchero filato "ti ho sentito tossire diverse volte, stanotte" e prima che potesse ribattere, proseguì a parlare "e non è la prima notte che ti succede. Ammiro la tua dedizione e so che sei contrario a imbottirti di farmaci". Mary Alice lo conosceva meglio di chiunque altro e aveva ragione: Gilbert aveva avuto a che fare fin troppe volte con persone che si erano trovate a fare i conti con l'eccessiva dipendenza dai rimedi farmaceutici per la qualunque, in qualunque momento. E ne era disgustato.
Nel suo nuovo stile di vita, anche se arduo, era stato chiaro che avrebbe preferito di gran lunga riscoprire i rimedi più naturali possibili per temprare la salute, quando necessario. E che lei ne stesse tenendo così da conto, quando Mary Alice per prima non brillava per essere particolarmente forte di costituzione, non poté che avvolgergli il cuore di amore e devozione incondizionati.
Fu proprio lei a distoglierlo da questi pensieri, riprendendo il discorso che aveva sospeso per permettersi di rimirare l'espressione assorta del compagno " A noi due. E alle nostre operose api" propose come brindisi scherzoso quando le labbra erano ancora a un filo dalla ceramica calda della tazza.
"A noi. E naturalmente anche a loro!" Gilbert accettò di buon grado di lasciarsi coinvolgere, attardarsi ancora a bere era una tortura che non era disposto a prolungare ulteriormente.
Ma la bevanda che profumava così suadente promettendo alle papille gustative di saggiare una dolcezza smisurata, tradì di fatto entrambi. Ci provò con tutto sé stesso a non lasciare emergere disgusto sul viso e forse ci sarebbe anche riuscito se, nell'andargli di traverso, la tisana non lo avesse costretto a battersi un paio di volte il petto per far cessare un eccesso di tosse. E Mary Alice fece altrettanto.
"Beh…" le disse, guardandola mortificarsi istantaneamente " sta tutto nel trovare il giusto equilibrio, in fondo. E se c'è qualcosa di cui sono certo, amore mio, è che non ti sei mai scoraggiata davanti a un inciampo. Non è mica colpa tua se non ti è stato dato il giusto dosaggio" le fece presente, volutamente rincuorante "non azzardarti a non farmela nuovamente, domani" terminò la sua arringa porgendole il più sincero dei suoi sorrisi, pur ancora finendo di stemperare i colpi di tosse "non sarebbe un buon giorno altrimenti"
E così sarebbe stato.
Così l'indomani e negli anni a venire.
Fu solo mesi dopo che Mary Alice riuscì a ricreare la tisana perfetta, al punto che fu Gilbert stesso a farsela insegnare. Un vero toccasana per la pancia ed i polmoni, messi alla prova dalle tante ore di lavoro all'aria aperta.
Ma fu quella mattina che venne sempre ricordata dalla coppia come l'inizio della loro colazione, in cui la tisana al miele divenne la regina della personale tradizione mattutina in casa Moon.
Anche quando imperfetta.
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Il pomo d’oro
Non so cucinare, le mie amiche sì, sono delle chef provette, Giulia fa la pizza? E boom, è la migliore del quartiere, Antonella fa un gateau di patate incredibile quasi miagola (ok, questo è il mio cervello che fa casino), Roberta poi con il suo rollè di tacchino va a toccare delle antiche corde dell’anima, un boccone assomiglia ad un caldo abbraccio di una madre, vogliamo parlare della parmigiana di Flo? No che non vogliamo...è sublime, ma lo sapete qual è il bello? È che non sono solamente specializzate in determinati piatti, sono brave in ogni piatto, io no, io non so cucinare, e avere delle amiche cosi che da un lato ti mettono all’ingrasso e dall’altro ti fanno salire il veleno, può essere destabilizzante, perché? perché in fondo è bello saper cucinare.
Le mie amiche sanno cucinare, ma lo sapete cosa proprio non sanno fare? Sopportare le critiche, perché quando ho detto che il gateau di Roberta era croccante a puntino, che la pizza di Flo era nettare che si scioglieva in bocca, che Giulia faceva un rollè che mi ricordava le coccole post sesso (ok è un po’ che non faccio sesso, e deve essere questo il motivo del gateau che miagola) e che Antonella faceva una parmigiana divina, le altre non la presero mica tanto bene, alla fine litigarono tra di loro, si accusarono di essersi rubate i quaderni delle ricette...ora non cucinano più, per essere precise non cucinano più a casa mia, e quindi ora mi ritrovo, solae affamata, il deliveroo è in ritardo e quella mela fredda in frigo comincia ad avere un aspetto invitante.
Morale della favola.
Se qualcuno ci riempie di cose buone e che ci piacciono, non facciamo troppo le puntigliose, stiamo zittine e godiamocela, che a rivalutare una scrausa e fredda mela è un attimo, si mela, non c’è nessuna cazzo di pesca nella mia vita.
P.S.
Il pomo d’oro del titolo richiama la mela della discordia, quella che fu lanciata da Eris al banchetto del matrimonio tra Peleo e Teti, una mela che tutte le dee volevano e dove nessuno voleva prendersi l’accollo di decidere a chi dovesse andare, Paride principe di Troia rimase con il cerino in mano e scelse Afrodite, sta cosa fece incazzare un po’ tutte e da li a poco Troia era in fiamme… quindi, lasciate perdere le mele e le pesche, che non è periodo di avere altri cazzi.
P.P.S
Se questa cosa la devo anche spiegare capite che la cosa diventa ancora più cringe?
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Se qualcuno mi chiedesse quale fosse il mio mese preferito, risponderei immediatamente "Ottobre".
So che sembra assurdo, ma non esiste regalo più grande di essere nata in un mondo nel quale esiste un mese così bello.
È il mese in cui comincia ad arrivare il vero freddo, ma non così freddo da far cadere la neve, quel che basta per vestirsi con delle maniche lunghe senza piumini pesanti che ti fanno sembrare un pinguino.
È quel mese dove c'è il sole che a volte ancora ti scalda il viso, ma dopo un po' piove e ti fa ricordare di quanto sia bello vedere un film sotto le coperte mentre senti il picchiettio dell'acqua oltre i vetri della finestra.
È il mese degli odori delicati, malinconici dell'infanzia, come quello del patricore ma anche dei té o delle prime cioccolate calde. Se ci penso, sa anche un po' di gomma come quella degli stivaletti colorati che i genitori ci facevano mettere per andare a scuola nell'intento di non farci inzuppare i pantaloni comprati da poco più di un mese.
Ottobre è così freddo eppure così caldo, tra i suoi colori e le risate dei ragazzi che escono da scuola.
Va verso la fine dell'anno eppure, per tutti, sa un po' più di inizio.
Sa un po' di pace, di quiete, eppur si muove.
Amo questo mondo che Ottobre.
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Siamo come un lago,
come l'ombra di un ramo
sulla terra, come un bicchiere,
come il dorso silenzioso
di una foglia,
fino a quando non arriva
uno sguardo
e comincia il gioco
dell'amore, fino a quando l'alba chiusa in un capotto frantuma
il buio
e cominciano a tremare le cose, esce la corriera, rincasano
le stelle, il vecchio
ritrova la sua vigna,
Il barista espone
i cornetti e ogni stanza
dove una donna dorme
è piena delle rose
dell'invisibile.
Noi dobbiamo crederci veramente
che il mondo
senza amore
è come una lampadina accesa
alle undici del mattino.
Io voglio giocarmi tutto, tutti possiamo giocarci tutto
senza indugi: amare
adesso la piega
del non dormire,
rinfraziare il fiato caldo che fiorisce
nella carne, aprire
la danza del giorno
con infinita gratitudine
perché c'è una strada,
perché i muri sono al loro posto
e da qualche parte c'è il fiume,
il mare, la tana
di un animale.
C'è tutto, non c'è nulla di meglio,
il bianco riposa
nei tuoi occhi
e si riaccende
al tuo risveglio.
Franco Arminio
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