#come studiare bene
Explore tagged Tumblr posts
Text
Discorso tenuto da Daniele Leppe davanti al papa nella Basilica San Giovanni in Laterano, in data 25 ottobre 2024.
Ringrazio Sua Santità e ringrazio il Vicariato di Roma per questa opportunità unica. Nel ringraziarLa Le rappresento una realtà invisibile, quella di una trincea dove anche Dio ha abbandonato tutti.
Credo di essere la persona meno adatta a raccontare il disagio che vivono le nostre periferie.
Nella vita di tutti i giorni faccio l’avvocato. Sono nato in un quartiere popolare di Roma, figlio di un impiegato e di una casalinga, una famiglia semplice che mi ha dato la possibilità, con molto sacrificio, di studiare. Per questo ho deciso di restituire ai quartieri dove sono nato e cresciuto un po’ della fortuna che ho avuto. Ho messo a disposizione la mia professionalità per aiutare le persone più semplici, gli ultimi quei dannati che non sanno di esserlo, gli abitanti dei quartieri popolari di questa città, troppo spesso dimenticati, che troppo spesso tornano ad essere cittadini come gli altri solo in occasione delle campagne elettorali.
Al di fuori della mia attività lavorativa, esercito il mio volontariato professionale in due quartieri difficili di Roma: Tor bella monaca e il Quarticciolo.
Il primo, nato nei primi anni ‘80, rappresenta l’ultimo intervento di edilizia pubblica fatto nella capitale, che doveva essere un quartiere modello e che, invece, è diventato il terzo carcere a cielo aperto della capitale: ci vivono ben 800 persone agli arresti domiciliari.
Il secondo, il Quarticciolo, anch’esso ultimo quartiere popolare edificato, ma questa volta durante il fascismo, negli anni 40, che è rimasto tale e quale a 80 anni fa.
A Tor bella monaca collaboro con l’associazione Tor Più Bella di Tiziana Ronzio; una donna che da sola combatte una lotta senza sconti, e per questo paga lo scotto dell’isolamento umano, contro gli spacciatori, che dispensano la vita e la morte in quel quartiere. Tiziana è riuscita, da sola, a liberare dal controllo della criminalità organizzata il suo palazzo, in via santa Rita da Cascia, con un effetto domino su tutto il comprensorio di case che costeggiano la via.
Ha lottato per i suoi figli e per le persone che vivono nel suo palazzo, e per questo paga un prezzo altissimo.
Vive sotto scorta ogni ora della sua giornata perché la sua vita è in pericolo. Non può uscire da sola nel quartiere. Riceve continue minacce da parte della criminalità organizzata mentre le Istituzioni non riescono ad andare al di là di una solidarietà formale.
Non sappiamo nemmeno quante persone abitino in quel quartiere.
Le statistiche parlano di 28000 persone, ma poiché molti degli immobili pubblici sono occupati, i dati non corrispondono alla situazione reale. Nel quartiere ci sono 14 piazze di spaccio. Gli spacciatori, il primo datore di lavoro del quartiere, pagano le vedette, i pusher; le famiglie che nascondono la droga nel proprio appartamento, corrompono l’anima dei giovani e privano le persone di un futuro dignitoso.
C’è una presenza altissima di ragazze madri con figli nati da relazioni diverse, con mariti ristretti in carcere. Di anziani disabili. Di povertà, educativa e alimentare. Accanto a un tessuto sociale straordinario colpisce, nell’anno giubilare, l’assenza delle Istituzioni, che intervengono nel quartiere solo come forza repressiva e per questo sono viste come nemiche, incapaci di comprendere il disagio e le difficoltà di chi vive nella povertà.
Sembra di assistere ad una sorta di tacito patto sociale in questa città.
Nei quartieri poveri della capitale viene lasciata vita facile alla criminalità organizzata più invadente, per consentire agli abitanti della Roma bene di vivere in tranquillità.
La mia attività, in realtà, non è tanto giuridica: il più delle volte mi occupo di collegare i fili immaginari fra i poveri diseredati e le Istituzioni, per risolvere problemi che altrove sarebbero semplici, ma che in condizioni di povertà diventano insormontabili.
Le condizioni di degrado umano, abiezione, povertà, sono indicibili.
Donne che vendono il proprio corpo per comprare la droga, genitori in mano ad usurai per pagare i debiti contratti dai figli, bambini che crescono con i nonni, famiglie distrutte dalla droga e dalla povertà.
Quattro mesi fa ho partecipato ad una messa tenutasi in ricordo di un bimbo morto nel quartiere a causa dei ritardi nei soccorsi provocati dalla rottura di un ascensore e di una ragazza morta investita lungo via di Torbellamonaca.
La messa si teneva di domenica mattina, dietro la famigerata R5, un complesso popolare situato in via dell’Archeologia attualmente in ristrutturazione. Per entrare nel complesso ho contato 4 ingressi. Ognuno di questi ingressi era presidiato da spacciatori che, come in una sorta di confine immaginario, segnano l’ingresso fra il dentro e il fuori. Questo accadeva in pieno giorno, senza alcun imbarazzo, a pochi chilometri da qui.
Quando iniziai a lavorare nel quartiere ho conosciuto una donna che viveva prigioniera degli spacciatori. Il figlio aveva contratto un debito con uno di essi. Non riuscendo a pagarlo, è fuggito. Alla madre hanno bruciato l’attività imprenditoriale per vendetta. Non sa dove è andato a vivere il figlio e non vuole saperlo. Lo fa per proteggerlo. Lo sente solo con telefoni usa e getta. Lei continua a vivere nello stesso quartiere dove è cresciuto il figlio e dove riceve le minacce dei criminali per il debito contratto del figlio. Sembra un altro mondo. Siamo a 10 km da San Giovanni. Non sembra di essere in un paese ricco, in una democrazia liberale.
Il Quarticciolo, invece, è l’esempio dell’abbandono pubblico - né più né meno come Tor bella monaca - e della capacità delle persone di reagire, costruendo una speranza concreta per i più poveri.
Li collaboro con un’associazione; Quarticciolo ribelle, composta da ragazzi e ragazze che, finita l’università, hanno deciso di andare a vivere in quel quartiere, cui si dedicano giorno e notte.
Anche il Quarticciolo è una nota piazza di spaccio di Roma.
Come tutti i quartieri di edilizia popolare, la povertà economica e sociale e l’abbandono del patrimonio pubblico da parte delle Istituzioni costituiscono l’humus ideale per la proliferazione della criminalità.
In quel quartiere gli spacciatori smerciano la loro roba seduti su comode sedie agli angoli delle strade, in particolare vendono crack, che trasforma i ragazzi che ne fanno uso, in zombie che girano come morti per il quartiere. È un quartiere dove la polizia di Roma capitale ha paura ad entrare e ha bisogno di un parcheggio privato per i propri poliziotti per evitare che le macchine siano vandalizzate, dove gli spacciatori minacciano gli operai delle ditte dell’Ater in occasione dei interventi per la manutenzione degli stabili, e tanto altro ancora.
I ragazzi di Quarticciolo Ribelle costruiscono, invece, giorno per giorno, un’alternativa possibile, con il loro esempio e con le loro attività.
Nel quartiere hanno realizzato una palestra popolare dove i bambini e le bambine sono seguiti, direi accuditi, e tenuti fuori da ambienti malsani.
I familiari i che non possono permetterselo, non pagano rette. Questi ragazzi, che come detto si sono soprannominati Quarticciolo Ribelle, hanno organizzato il doposcuola per i bambini.
Hanno creato, nel deserto, un ambulatorio sociale che interviene laddove lo Stato arretra.
Cercano di creare lavori, fornendo un’alternativa concreta, con un birrificio, una stamperia.
Come dicono loro, dove tutto chiude, noi apriamo.
Supportano le famiglie nei colloqui con i servizi sociali e nei colloqui scolastici.
Collaborano con l’università nell’immaginare un possibile alternativa.
Coprono buchi.
Danno ovviamente fastidio. Innanzitutto alla criminalità, che prospera laddove è maggiore il bisogno. Ma anche alle Istituzioni. Sono sentinelle attive che denunciano, senza sconti, le loro mancanze, le loro lacune.
Raccontano di come i prezzi delle case, sempre più insostenibili, allontano i poveri dalla loro città, trasformata in una Disneyland per ricchi e turisti.
Collaboro con associazioni scomode con problematiche insostenibili.
Perché la povertà e l’abbandono sono scomode.
È più facile costruire una cancellata, un recinto, un ghetto, per occultare la realtà che dare risposte concrete ai bisogni dei poveri.
Con tristezza infinita sono costretto a constatare che gran parte degli interventi pubblici delle Istituzioni per onorare il giubileo, nato anche per la promozione della dignità di ogni persona e per il rispetto del creato, non siano stati investiti e utilizzati per dare dignità agli abitanti più sfortunati della nostra città ma per rendere più comodi, belli e sicuri i quartieri bene della Città Santa che santa non può essere se non apre gli occhi sulle povertà diffuse che la popolano.
#roma
#giubileo
#periferie
#realtà_vs_belleparole
49 notes
·
View notes
Text
Per diventare una vera volpe devi studiare bene come l'uva diventa vino!!!
dal web
Buona serata
23 notes
·
View notes
Text
Non resisto, ma... dovrei?
Ti desidero. Lo confesso solo a me stessa, perché nessuno approverebbe. Posso solo scriverlo sul mio diario. Sei il fidanzato di mia figlia, che è la mia unica ragione di vita. L'ho avuta a sedici anni e da ragazza madre, senza un uomo vicino, aiutata solo dai miei, ho fatto i salti mortali, per darle tutto quello che una ragazza deve avere, per farla studiare e laurearsi. Tuttora lavoro sodo e grazie a Dio il mio piccolo laboratorio orafo da qualche anno rende bene.
Da un anno, Lara, che ha ventisei anni, finalmente lavora ed è autonoma economicamente. È una ragazza stupenda: bruna con occhi azzurri che sembrano due fari. Intelligentissima e con un corpo da urlo. Parte il lunedì per Roma e il venerdì sera torna a casa. All'improvviso, ecco che tre mesi fa ti ha portato a casa: sei bellissimo, Manuel. Hai dieci anni più di lei, quindi come età sei più vicino a me che a mia figlia. Sei maturo, riflessivo, calmo e determinato. Un uomo forte e dallo sguardo che trafigge.
Quando mi fissi, non posso fare a meno di diventare rossa come un peperone. E mi osservi spesso. Anzi: sempre, quando Lara non guarda o non c'è. Mi fai la tac, di continuo. Sono diventata molto sensibile, al tuo indiscutibile fascino maschile. E io sono ancora una bellissima donna. Per non crearle problemi però, da quando lei è nata non ho più avuto un uomo. Non ci ho mai neanche pensato veramente. Fino a che non sei arrivato tu. Dio mio!
Per te cerco di fingere un totale disinteresse; ma poi quando so che vieni a cena da noi mi faccio bellissima. Mia figlia è decisamente contenta, perché tiene molto a che io mi curi e non mi lasci andare. Ti amo. L'ho capito da poco. Meglio: mi sono arresa da poco a questa realtà che non osavo ammettere neppure a me stessa. Non avrei voluto, ma purtroppo non c'è nulla da fare: mi sono presa proprio una bella cotta per te. L'amore non lo domi.
Non posso averti mio. Però posso darmi piacere da sola, pensando a te. Poco fa poi, mentre facevo la doccia, mi hai mandato un cazzo di messaggio che mi ha fatto rimescolare il sangue:
“Grazie per la cena di ieri, Rosaria. Era ottima: come tutto ciò che passa per le tue mani. Spero proprio che tu abbia apprezzato il mio modesto pensiero di compleanno per te. Sai: ho dovuto pensarti molto, per scegliere bene... Se non ti piacesse, puoi cambiarlo. A proposito: ieri sera eri bellissima, una donna da urlo! Sai che lo dico veramente, no?”
A fianco del messaggio hai piazzato l'emoticon del bacio ripetuta tre volte. Non ragiono più. Non ragiono piùùù. Calma… Calmaaaa… Signore: toglimi dalla tentazione. Ti scongiuro, mi tremano le gambe. Ti devo rispondere: che cosa ti scriverò? So di storie clandestine iniziate con scambi di messaggi inizialmente scherzosi, innocenti; ma via via diventate tresche torbide e immorali. Irresistibili.
Mia risposta diplomatica. “Sei troppo gentile, però la cena in realtà... dai: non era niente di eccezionale. Invece il top trasparente in georgette color malva che mi hai regalato è semplicemente perfetto, per me! Mi piace moltissimo. Sono sorpresa dal tuo buongusto e da come hai azzeccato la mia taglia. Ma… quindi mi hai preso le misure a lungo e con gli occhi? Sono lusingata, dalle tue attenzioni per una vecchietta come me...”
Emoticon sorridente… invia. Oddio… ma che cazzo ho fatto… ma che sono veramente scema?!?… decisamente troppo confidenziale… Plin plon…
“Ah, ah: scoperto! Beh... confesso che tu, per dirla veramente tutta e sperando di non imbarazzarti, sei una delle pochissime donne che conosco che mi fanno sangue. Tanto: quando sei davanti a me non posso fare a meno di guardarti, bellissima come sei. E tu apprezzi, lo so: non mentire a te stessa…”
Ecco: lo sapevo! Scommetto che fra un po’ mi chiederai di vederci domani pomeriggio qui a casa, magari per un caffè, io e te. Così, per fare due chiacchiere. Tanto domani è martedì. E Lara torna solo venerdì. Be': in fondo che sarà mai; un caffè è una cosa innocente… due chiacchiere non possono far male a nessuno… meglio però se resterai a cena, no? Oh, Signore: mi mordo le labbra dalla voglia che ho di te…
Plin plon… oddio, quanto mi piaci… Cazzooooo: mi vuoi vedere già stasera… vuoi portarmi a casa i fiori che non avevi trovato domenica… demonio di un playboy. Non perdi tempo, maledetto uomo. Ti conosco, sei uno determinato. E comunque, detto francamente, me l'aspettavo. Me lo sentivo dentro: era solo questione di tempo, prima che sferrassi l'attacco letale. Che faccio? Mi struggo di desiderio e di senso di colpa preventivo… Mia figlia...
Magari se facciamo le cose per bene, con estrema discrezione… e poi meglio con me che con un'altra, no? Tutto fatto sempre in gran segreto, in famiglia: soli io e te. Non lo saprà mai nessuno… si: ti devo proprio avere… ti amo, ti desidero, ti voglio. Cazzo: dopo tanti sacrifici me lo merito anch'io uno spicchio di gioia. Ho ragione o no? Lara ti si godrà per tutta la vita. Io mi accontenterò di beccare le briciole preziose del vostro amore… di nascosto, come farebbe una gazza ladra…
RDA
16 notes
·
View notes
Text
AUTONOMIA DIFFERENZIATA spiegata in parole povere (parte II)
Passata in Parlamento la legge per l'autonomia differenziata. 23 materie che passeranno dallo Stato alle Regioni. Saranno le Regioni a gestire i servizi, i contratti di lavoro dei dipendenti, le assunzioni. Quindi: la morte dei contratti di lavoro nazionali, dei requisiti, titoli e di ogni forma sindacale che abbia un peso. 20 retribuzioni diverse, forse anche 20 orari di lavoro diversi. Mancano i medici o gli insegnanti in Veneto? Bene! Stabilisco contratti di lavoro regionale, dove un insegnante avra' una retribuzione di 5mila euro e un medico 10mila euro. Visto che la regione Calabria potrebbe pagare i suoi medici non piu' di 5mila euro e un insegnante 2mila euro, cosa pensate possa succedere? Forse, in Calabria niente ospedali o solo con medici Congolesi con contratti a termine, visto che i medici calabresi potrebbero migrare dove vengono pagati di piu' idem per le scuole. Insomma, con le buone (oggi) o con le cattive (ieri, ai tempi di Bossi), la. secessione e' stata avviata e alcune regioni, oltre al problema di mangiare, avranno anche il problema di come curarsi e dove studiare. @ilpianistasultetto
40 notes
·
View notes
Text
Storia Di Musica #347 - Sonny Rollins, Tenor Madness, 1956
Le Storie Di Musica toccheranno il traguardo delle 350 puntate questo mese. Come ormai da prassi, il numero tondo è dedicato ad un disco di Miles Davis. E questa volta, in ossequio al filo rosso degli album legati tra loro, ho deciso di raccontare il rapporto tra Davis e una grande etichetta discografica, la Prestige Records. La Prestige fu fondata da Bob Weinstock nel 1949: appassionato di musica jazz, vendeva dei dischi per corrispondenza in maniera così incisiva che ben presto affittò un locale e lo trasformò in un grande negozio di dischi, il Jazz Record Center, sulla quarantasettesima strada di New York. Frequentando i locali jazz che lì vicino iniziavano a diventare famosi, legò con molti musicisti fino a fondare prima la New Jazz Records che dopo pochi mesi diventa la Prestige Records. Weinstock è stato un personaggio leggendario, dalle mille manie, alcune delle quali racconterò in questi appuntamenti novembrini, ed è stato negli anni '50 uno dei fari della musica jazz mondiale con la sua etichetta indipendente, insieme alla Blue Note, alla Riverside, alla Impulse! prima che anche i grandi gruppi discografici entrassero nel jazz in maniera decisa.
Weinstock era oltre che un appassionato un grande uomo d'affari, capace di intuire le potenzialità degli artisti e di essere per loro trampolino di lancio e di ottimizzare tempi e costi delle produzioni: pochissime prove per le registrazioni, e leggenda vuole che si registrasse due volte sui nastri di alcune take per risparmiare, leggenda nata dal fatto che per quanto la produzione Prestige fosse numericamente grandiosa, esistono pochissime alternative takes dei loro lavori. Nonostante come ingegnere del suono ci fosse una leggenda: Rudy Van Gelder, che non lavorava solo per lui ma anche per la Blue Note, famoso per la sua accuratezza e maniacalità. Le prime registrazioni avvenivano nel garage della casa di famiglia di Hackensack, nel New Jersey, luogo che divenne mitico tanto che Thelonious Monk dedicò al grande ingegnere un brano, Hackensack, per poi spostarsi di qualche km a Englewood Cliffs, sempre nel New Jersey.
In quello studio a Hackensack Sonny Rollins registra il 24 Maggio del 1956 il disco di oggi. Rollins all'epoca è già riconosciuto un gigante del sassofono, tanto che è famosa il commento di Max Gordon, leggendario proprietario del jazz club più famoso del mondo, Il Village Vanguard, che sosteneva: I critici e gli appassionati hanno pareri molto discordi sulla bravura di alcuni musicisti jazz, ma non su Sonny Rollins. Lui è il più grande, il più grande sax della sua generazione. Theodore Walter Rollins nasce a New York nel 1930 da una famiglia di origini caraibiche, i cui "suoni" influenzeranno la sua carriera futura. Fa un apprendistato breve ma intensissimo, suonando con i più grandi: J.J Johnson, Monk, Bud Powell, Max Roach e soprattutto Miles Davis e Charlie Parker. È il primo che trasporta la rivoluzione del bop sul sax tenore. Con Davis dimostra anche le sue già ottime capacità compositive scrivendo pezzi diventati famosi, come Airgin e Oleo. Però ha un difetto: ad un certo punto sparisce, per i motivi più strani. Nel 1954 si ritira a Chicago, per non cadere in tentazione tra soldi e droga, per continuare a studiare facendo lavori manuali. Quando ritorna a New York, suona per la Prestige in uno dei primi 33 giri del jazz, Dig. Nel 1955, tornato nel gruppo di Davis, poco prima di un'importante serie di concerti al Teatro Bohemia, sparisce di nuovo, stavolta per disintossicarsi. Ritorna nel 1956, quando sempre l'amico Roach lo scrittura per un disco portentoso: Sonny Rollins Plus 4 è all'apice della creatività, tanto che ancora come innovatore impone nel jazz il tempo in tre quarti (la storica Valse Hot). Nel frattempo però il suo posto nel gruppo di Davis è preso da un giovane che di lì a poco diventerà un gigante, John Coltrane, ma Davis gli vuole bene e per delle registrazioni del 1956 per la Prestige gli offre la sua sezione ritmica, che nel jazz è ricordata come "The rhythm section" per quanto iconica e grande è stata, e con questa registra il disco di oggi. Rollins è insieme a Red Garland al pianoforte, Paul Chambers al contrabbasso e Philly Joe Jones alla batteria quando inizia a suonare Tenor Madness, che contiene nella title track un incontro unico ed eccezionale. Essendo lì per una sessione con il quintetto di Davis, in quello che diventerà il più famoso chase della storia del jazz, John Coltrane si unisce a Rollins in quel brano, da allora uno dei capisaldi del jazz. Cos'è però un chase? è un incontro dove due strumentisti colloquiano con lo stesso strumento su un dato canovaccio, una sorta di dialogo musicale dove si fronteggiano a suon di assoli. Tenor Madness è un piccolo blues, che si rifà a Royal Roost di Kenny Clarke and His 52nd Street Boys, registrato nel 1946, ma qui diviene il brano che mette insieme i due più grandi e influenti sassofonisti della storia del jazz, con il timbro squillante e luminoso del primo Coltrane (che debutterà come solista solo l'anno successivo nel 1957) e il suono più cupo e leggero di Rollins, che all'epoca aveva già più esperienza. Il resto di Tenor Madness è altrettanto iconico: When Your Lover Has Gone, classico di Einar Aaron Swan, divenuto famosissimo per la sua apparizione nel film La Bionda E L'Avventuriero del 1931 di Roy Del Ruth e interpretato da James Cagney e Joan Blondell, che solo nel 1956 ebbe una ventina di incisioni; Paul's Pal è un omaggio di Rollins a Paul Chambers, uno dei più geniali bassisti di tutti tempi, uno che ha suonato in almeno 100 capolavori del jazz; My Reverie è la ripresa dell'arrangiamento che nel 1938 Larry Clinton fece si un brano di Claude Debussy, Rêverie, del 1890; chiude il disco una cover spettacolare di The Most Beautiful Girl In The World, opera del magico duo Rodgers and Hart e presente nel musical Jumbo, che trasformava un teatro di Broadway in un mega circo con acrobati, trapezisti e giocolieri durante lo spettacolo. Il disco, un capolavoro, ne anticipa un altro, Saxophone Colossus, dello stesso anno, uno degli apici creativi di quegli anni incredibili e altro gioiello della collezione Prestige.
Rollins fu attivo per la lotta dei diritti civili e politici degli afroamericani, tanco che nel 1958 firma in trio con Oscar Pettiford e Max Roach, il disco The Freedom Suite, uno dei primi album-manifesto sulle discriminazioni razziali del jazz, e continuò ad avere costanti le sparizioni dalle scene. Sempre dovute alle sue dipendenze dalle droghe, la più famosa riguarda un suo disco, il suo maggior successo commerciale, The Bridge del 1962: ancora insoddisfatto della sua musica, decide si andare a suonare sotto il ponte Williamsburg, quello che divide Manhattan da Brooklyn, provando per 12-13 ore al giorno, in tutte le stagioni.
Scontroso (si dice che abbia licenziato il maggior numero di colleghi, più di Mingus), dalla personalità labirintica, non seguì le rivoluzioni degli anni '60 e '70, scriverà ancora grandi album (What's New con Jim Hall, un altro gioiello) e parteciperà con attenzione anche a contaminazioni con altri generi, e famosissimo è il suo assolo per i Rolling Stones in Waitin' On a Friend, da Tattoo You del 1981. È l'ultimo dei grandi a sopravvivere, ritiratosi nel 2012 dalle scene, un gigante che ha segnato un periodo irripetibile della musica.
14 notes
·
View notes
Text
ESAME
Buongiorno
Lo sai vero che tutti noi siamo nati con una missione da compiere e da portare a termine?
E che viviamo esperienze/studio che sono come righe di libri da studiare, come fanno gli studenti che devono superare un esame per andare avanti?
Possiamo poi presentarci all’esame o meno, essere preparati o meno.
Promossi o no,
comunque possiamo scegliere
Esiste infatti il libero arbitrio
Uno studente usa il suo libero arbitrio e può decidere se studiare e quindi essere preparato all’esame. O fregarmene e stare a vedere Netflix
Nessuno lo costringe.
Poi se passa l’esame bene, se non lo passa lo ripeterà fino a che non sarà riuscito a superarlo.
Con l’unica differenza che quando non studi per un esame potresti sentirti in colpa. E dico potresti. E poi rimani indietro…
Quando fai una scelta della vita che non è quella dell’anima, quando prendi una strada che non è la tua reale strada frutto dei tuoi desideri, ma è la strada che vogliono per te gli altri, quando sei mosso soltanto dalla testa e non dal cuore, ti accorgi da subito, appena la imbocchi, che stai facendo una forzatura. Una cazzaxta
Quello è il tuo essere ammesso all’esame
E La vita che stai forzando te lo dirà a più riprese, farà più sessioni.
E ti renderà tutto, tutto, molto faticoso
E anche se tu pensi di aver fatto la scelta migliore per il tuo bene e quello degli altri difficilmente sarai davvero felice.
Anzi.
E sarà anche il tuo corpo a dirtelo, inizierà con un piccolo dolore da una parte. Il tuo punto debole. Poi sempre peggio. È tutto perfetto tranne te e che per tenere tutto in modo così perfetto ti costa immane fatica
Cosa puoi fare se ti trovi in questa condizione?
Osservati e ascolta.
Non te la raccontare
Sei ancora in tempo. Anzi ti dirò Se accade ora è perché è ora che doveva accadere.
È ora che dovevi comprendere.
Quindi se ti accorgi che tutto è dannatamente faticoso e il corpo fa male, allora sei nel tuo momento giusto di rottura.
Fermati adesso, un attimo e ascoltati
Sei felice?
Se la risposta è No
Spostati da lì
Fallo per te e per nessun altro.
Nessuno può imparare al posto tuo
Nessuno può studiare al posto tuo
Nessuno può amarti al posto tuo.
Inizia ora: amati. Prenditi cura di te
Ascoltati.
C’è un esame da dare oggi.
Alessandro Catanzaro
10 notes
·
View notes
Text
È molto strano perché mi piace tanto inserire foto e ovviamente l'editing è tremendo, ma non riesco più a farne tante con disinvoltura e non so perché.
Comunque: oggi ho sentito la psicologa e lei è molto contenta di rivederci e anche io e mi ha detto di fare un diario e direi che su quello ci siamo, poi sicuramente dovremmo stabilire un'ordine di priorità sulle cose da affrontare perché c'è tanto di cui parlare
In queste settimane ho fatto tanti dolci e i miei rotolini alla cannella non hanno lievitato perché il lievito fresco ha fatto i capricci e ci ho sofferto un po'
È molto molto molto difficile studiare e avere una routine, ma vorrei dormire più presto e riuscire ad aggiustare qualcosa in questa routine. La prossima settimana verrà la mia famiglia e verranno tutti che è un grande stress e mi chiedo come facciano a non capirlo. Ho anche un progetto di laboratorio da fare in quei giorni e sarà un casino
Una mia amica storica ha trovato casa e sono così contenta per lei anche perché è in un quartiere a cui vogliamo bene e iniziare in nuovo capitolo della nostra vita insieme riempie il cuore. Ho visto la sua famiglia e abbiamo parlato e forse un po' mi sono sentita socialmente accettabile.
Ho imparato da lei a indossare i turbanti ed è benissimooo ora i miei capelli sono salvi dall'essere toccati dalle mie mani ossessive stressate
Sto leggendo e ho riorganizzato la libreria e il comodino perché con la mia famiglia arriveranno delle nuove cose di casa, soprattutto libri. Sto finendo gita al faro ed è proprio bellissimo e ne avrò nostalgia quando sarà finito, qui una citazione essenziale
12 notes
·
View notes
Note
il lavoro è una condanna? Per carità a nessuno piace eh però cristo santissimo se è una condanna e dovete andare di psicofarmaci ragazzi datevi alla macchia.
1. Non posso dormire delle ore per me salutari e spesso mi si chiudono gli occhi davanti allo schermo
2. Devo stare in un treno pieno zeppo di persone per 3h al giorno e spesso senza nemmeno sedermi
3. Devo rinunciare a un giorno del mio weekend per prepararmi da mangiare qualcosa di sano durante la settimana e tentare di essere in salute, almeno fisica
Dimmi, come la vuoi chiamare questa? Felicità?
Io la chiamo tortura perché è quello che è. E non mi venire a dire che devo cambiare qualcosa perché sto mandando cv e facendo colloqui continuamente nella speranza di uscire fuori da questo inferno (ed entrarne in un altro, ma vabbe) e se non sta succedendo niente non è certo colpa mia.
Se a te sta bene lavorare/il tuo lavoro ben venga, a me fa schifo e preferirei spendere il mio tempo per studiare, andare ai musei, leggere libri etc etc. Peccato che queste belle cose non mi paghino l'affitto.
25 notes
·
View notes
Text
2 agosto 1980 ore 9,00
«Forza Carmelo! È ora di alzarsi, bisogna correre in stazione, c’è il treno che ci porterà da papà!»
«Uffa, va bene, mi alzo» Il piccolo Carmelo ancora frastornato per la giornata precedente dove aveva mangiato un buonissimo gelato e corso per le vie di Bologna come un giovane esploratore in una terra sconosciuta. Osservava tutto. Carmelo era alto, non dimostrava la sua giovane età e con quel bellissimo binocolo che gli aveva regalato suo zio e i pantaloncini corti era perfetto come ricognitore dell’ignoto. Aveva gli occhi azzurri, la mamma per scherzare diceva sempre che era figlio di qualche Dio dell’Olimpo greco; nessuno in famiglia aveva gli occhi azzurri. Da grande voleva studiare gli animali e girare il mondo alla scoperta di nuovi territori. Era un esploratore ancora prima di esserlo davvero.
Una semplice ma abbondante colazione e poi un bacio forte a Tobia, il cane. La strada è breve fino ai treni ma quella mattina i parenti devono portare la macchina dal meccanico, una vecchia fiat 127 ormai al termine. La decisione è presto fatta, si va in stazione a piedi, tanto il treno è alle 11, c’è tempo...
Carmelo è contento, ha visto una grande città del nord, piena di gente che corre, non ha capito il motivo ma si diverte a vederli indaffarati, al suo paese sono molto più tranquilli. Poi, finalmente, vede i treni. Che amore che ha per i treni! Ogni domenica il suo papà lo porta alla piccola stazione del paesello a vedere i treni che partono, ora anche lui potrà salire su quelle macchine meravigliose fatte di ferro e legno per ben la seconda volta nella sua vita.
10,20
«Mamma!, mamma mi piacerebbe tanto avere un amico cane, ma tanto tanto!»
«Va bene piccolo, vedremo, quanto torniamo a casa ne parliamo con papà e se lui è d’accordo andiamo al canile»
«Che bello!, che bello!, sono sicuro che il papà sarà d’accor……»
BUUUMMM!?!
«Mamma, mammaa, aiuto! Dove sei? Ho paura! è tutto buio, mamma aiuto è tutto buio..»
Suoni, strani suoni di ferro caldo. Un caldo feroce; gemiti che provengono dal treno di fronte ai binari, gemiti sempre più profondi e poi...urla disperate. Chi cerca la mamma, chi il fratello chi l’amico, la compagna, il figlio. Ma loro non sono più in stazione, sono stati sbalzati a 100 metri di distanza per l’onda d’urto. Come delle foglie strappate ai rami di un albero autunnale.
Poi il fumo si dirada e s’intravede il disastro.
«Mammaa!, dove sei? Dove sei?» Carmelo sembra un minatore appena uscito dalla galleria; la galleria più profonda del suo piccolo paese.
«Vieni piccolino, vieni in braccio, ti aiuto io!» Un ragazzo di 20 anni, una divisa da vigile del fuoco. Il ragazzo è nero come Carmelo, zoppica, ma continua a togliere pezzi di cemento dal piccolo corpo del bimbo. Solleva calcinacci pesanti e taglienti, rossi dal caldo; le sue mani ustionate, ma continua a spostarli. Alcuni giorni dopo venne ricoverato in ospedale per le ustioni. Perse tre dita di una mano.
«Chi sei? Dov’è la mia mamma?» Carmelo è sepolto da una montagna nata dalla violenza.
«Sono un amico della mamma… stai tranquillo»
«Ma cos’è successo?» La sua voce non è più quella di un giovane esploratore, ora è rauca, piena di polvere e distruzione.
«Niente, non è successo niente. Piccolo…non è successo niente»
Fine
In Italia non succede mai niente.
La Rosa dei venti, Il golpe borghese, piazza Fontana, Gioia Tauro, Reggio Emilia, Brescia, l’Italicus, Genova, Il rapido 904, Bologna, Ustica, Firenze, Milano; non sono niente. Non è successo niente. Non è STATO nessuno. In fondo qualche pezzente, qualche moglie di pezzente, qualche figlio di pezzente cosa volete che sia, incidenti di percorso; incidenti per una democrazia migliore, più libera, più ricca. In Italia non è mai STATO nessuno, una cena tra poteri, un brindisi e poi le direttive agli organi di informazione:
“Dovete dire questo, dovete dire quello, dovete dire che non è successo niente; arriva l’estate mandiamoli in vacanza tranquilli, poi, quando tornano, avranno dimenticato tutto”
Ma non avete preso in considerazione una cosa: voi! infami manovratori dietro le quinte, migliaia di occhi hanno visto, sentito, sanguinano ancora. Loro lo sanno chi è STATO. Potete manipolare tutto, cancellare tutto ma dietro il vostro secchio di vernice bianca democratica ci sono pareti rosse di sangue pulito.
Quelle non potrete mai più cancellarle.
-A Carmelo e a tutti i morti e feriti di quella mattina spensierata di un agosto solare-
(Breve parte dal racconto "Piccolo esploratore" contenuto nel libro "Stelle cannibali" ED. Il Foglio 2022)
75 notes
·
View notes
Text
Oggi non è andato bene il mio esame. Dopo un mese di studio e una mattinata in università ad aspettare il mio turno, mi sono sentita un po' un fallimento. Parecchie materie ancora da dare e speravo che questa l'avrei superata.
Meno male che la prof è stata tanto gentile da offrirmi il suo aiuto se avessi bisogno di una mano su come studiare meglio la sua materia. Non è da tutti preoccuparsi pure di questo dettaglio, di solito se ne fregano. Questo mi ha aiutato tanto a darmi speranza per rifare l'esame in maniera diversa e superarlo brillantemente!
Inoltre ringrazio Dio che i miei genitori non sono i tipi da farmelo pesare. Anzi mi hanno detto che non fa nulla ma che andrà meglio la prossima volta! Posso sempre riprovarci, non è finito il mondo. Non sono quel tipo di genitori che se un figlio fallisce un esame lo fanno sentire un fallimento e questa non è una cosa scontata. Forse sono più io il genitore severo di me stessa che loro!
Ricordiamoci sempre di incoraggiare gli altri perché anche una sola parola può salvare vite e menti umane. L'università gioca tanto sulla salute mentale su tutti i punti di vista e basta un pensiero sbagliato e si può entrare in un tunnel di depressione. Laurearsi dovrebbe essere un obbiettivo per sé stessi e non una gara. Un pessimo voto non deve definire chi siamo, può succedere di sbagliare. L'importante è non arrendersi!
Detto questo, mi sento un pochino triste perché sento un senso di incompiutezza ma avere attorno chi non te lo fa pesare mi ha aiutato tanto a non sentirmi una schifezza. So che andrà meglio la prossima volta!
Adesso mi concedo relax mentale con qualche bella serie tv 🤍
8 notes
·
View notes
Text
“Quanti anni hai?”
La domanda che ciclicamente mi viene rivolta, qui e su altre piattaforme virtuali, è sempre la stessa: “Quanti anni hai?”. Da una parte la comprendo: la curiosità è donna, pertanto è normale che una donna sia portata a chiedermi quanti anni ho. Peraltro non è mica un segreto, eh, se una mi scrive in privato glielo dico. Ma non è questo il punto: quello su cui voglio soffermarmi è il ben poco significato di questo quesito. Peggio: la superficialità che ne permea la richiesta. Io negli anni mi sono confrontato con tante ragazze su Internet. Non centinaia, ma comunque parecchie. L’ho fatto perché mi piace studiare la psiche umana, mi piace conoscere, approfondire, ragionare, far lavorare la mente. La richiesta dell’età anagrafica è quasi sempre avvenuta, da parte di ambo le parti, in una fase successiva. Prima s’è iniziato a parlare, a confrontarsi, a raccontarsi. E poi tutto il resto. Cosa voglio dire? A volte sembra di stare su Tinder (che io non ho e non voglio avere). Purtroppo il pensiero che trasmettete, di solito, è: “Cerco un compagno e voglio vedere quanti anni ha, così se ne ha troppi o troppo pochi passo direttamente oltre”. È un po’ squallido come ragionamento, se posso. Lecito, ma squallido. Alla fine dipende tutto dalle intenzioni. Ma io l’ho detto subito, però: prendete questo blog come un libro, anche se dietro c’è una persona, in carne e ossa. Mi si dovrebbe contattare per uno scambio di opinioni, non per cercare la storia d’amore della vita. Anche perché io, all’amore, nemmeno ci credo più come prima. Vi interessa approfondire un concetto? Va benissimo, eccomi. Volete fare una critica? Vi ascolto. Ma chiedermi a caso quanti anni ho, alla ricerca di chissà cosa, è molto sciocco. Non mi offendo, ci mancherebbe. Dico solo che si potrebbero porre domande più interessanti, secondo me. Credo che l’obiettivo primario debba essere quello di trovare una forma di comunicabilità rispettosa e matura. E questo lo si può fare a qualsiasi età. Qualche anno fa parlavo amabilmente con una ragazza, andò avanti per un po’ di tempo. Poi, una volta scoperto che ero più grande di lei, scappò via. Ammetto che ci rimasi male. E vi giuro che non c’era reale motivo. Non v’erano scambi di foto e cose strane, ma discorsi molto normali, puliti. Eppure, nulla. Cerco sempre di comprendere tutto, ma l’amaro in bocca rimase per del tempo. Ecco, oramai io invito a priori le ragazze a non contattarmi, se tanto poi deve andare a finire così. Non mi piace essere abbandonato (a chi piace?), specialmente se mi comporto molto bene. Probabilmente l’opzione per porre domande in anonimato, qui, l’ho attivata proprio per questo: per mettervi più a vostro agio, per consentirvi di scrivere e chiedere qualsiasi cosa senza portare il peso dello svelamento, e quindi l’imbarazzo che può derivarne. È un blog particolare il mio, dedicato a un pubblico adulto pur non essendoci traccia di foto o video pornografici. Ma così, diciamo che avete mano libera. E io la libertà la amo sempre.
20 notes
·
View notes
Text
Chi si è fatto il mazzo per uscire da situazioni schifose e ha dovuto lottare contro la sua pigrizia, affrontare tutte le sue giustificazioni, vedere le sue mancanze, i suoi disequilibri, la sua melma interiore, rendersi conto delle sue maschere, dei suoi schemi, del suo putridume, di quanto se la raccontava e di cosa ci fosse realmente sotto, non ha più pazienza di ascoltare le stronzate degli altri, nè la vuole trovare, perché è ben consapevole che il 90% delle volte sono soltanto discolpe, deboli volontà e scarsa pazienza.
Una persona simile non si autorizza più a perdere tempo con chi non vuole davvero uscire dal suo torpore, non può più farlo, proprio perché ha attraversato l'inferno e conosce molto bene i suoi trucchi.
Ti aiuta al meglio delle sue possibilità a capire in che razza di fogna ti trovi, ma non starà più a sopportare, né ad ascoltare scusanti. Ti lascerà al destino che ti sei scelto, nonostante il più delle volte dirai che non avevi scelta.
La società è piena di spiritualoidi che ti nutrono di bugie e di belle favolette, non vi servono a evolvere perché costoro servono l'illusione.
Se proprio vuoi avere una mano smettila di considerare l'evoluzione come una disciplina da studiare e rivolgiti a chi ti prende generosamente a schiaffi, a chi ti scuote, a chi ti dice quello che non ti piace. Alle persone non serve essere coccolate, anche se soltanto quello cercano, serve la capacità di ri-conoscere se stesse.
E questo non accade se aggiungi cavolate sopra quella su cui sei praticamente nato.
La Verità vuole coraggiosi, non è uno stecco di zucchero filato, è un Superiore che con tutta la bontà del mondo, ti prende anche a calci in culo.
.
Linktr.ee
#zombie#società#società malata#svegliatevi#aprite gli occhi#sistema#manipolazioni#verità#schiavi#calci in culo#mondo marcio#consapevolezza#conosci te stesso#disciplina#lavoro su di sè#se o sè#crescita personale#crescita spirituale#discernimento#responsabilità#evoluzione#matrix#illusioni#catene
17 notes
·
View notes
Text
Il mestiere più antico
Si: vendo il mio corpo per vivere, hai indovinato. E guarda: ci vuole pochissimo. Non giudicare. Perché tu non hai idea di come sia facile finire a vendere ogni giorno ciò che hai di più prezioso. Basta un marito che scappa in Costarica con una ventenne scellerata e tutti i pochi risparmi di famiglia, lasciandoti letteralmente in mezzo a una strada. Senza soldi, senza un lavoro e con un bimbo piccolo. Man mano, la solidarietà e la comprensione di chi avresti pensato vicino a te per sempre si raffredda. Se mai c'è stata veramente: "qualsiasi cosa, io ci sono" ma intorno a te la notte resta a farti compagnia solo l'eco impercettibile del tuo pianto sommesso.
Emozioni soffocate per non far sentire la tua disperazione a quell'anima ancora innocente. S'allontanano. Tutti: senza eccezione. Non reggono l'imbarazzo. Esorcizzano questo spettro pensando che in fondo forse me lo sono anche meritato, che è probabilmente colpa mia... eh, e che cavolo! Chissà se magari anch'io non sia una storta dentro. Nell'intimo ognuno dice a sé stesso: "a me non capiterà mai di cadere così in basso. Comunque affari suoi: che c'è per cena, stasera?" E allora il primo che ti offre dei soldi per aiutarti in modo apparentemente disinteressato riesce a strapparti finalmente un sorriso. Hai bisogno di credere che ci sia ancora qualcuno buono, al mondo. Si chiama istinto di autoconservazione. O più prosaicamente bisogno di mangiare.
Ti calmi, si sblocca la contrattura allo stomaco, le mani smettono di tremare. Perciò ti viene naturale aprirti, con lui. Per cercare anche tu un po' d'affetto, di comprensione. E inizi a fidarti, a farci finalmente l'amore. A respirare nuovamente. A vedere una lucina. D'improvviso poi ti presenta un amico. E duecento euro. Tu devi fare la spesa, le bollette si sono accumulate, il padrone di casa non è più gentile come sempre, anzi: prepara le carte per buttarti fuori. Allora tu chiudi gli occhi e apri le gambe anche a lui, di nascosto dalla moglie. Tanto, ormai: che vuoi che sia! E inizia anche così. Ormai ci ho fatto il callo. Sai: ho dovuto fare di necessità virtù! E passano gli anni.
Ho imparato man mano a dirigere io il gioco del desiderio, con gli uomini. E anche a godere; addirittura a farmi pagare di più per certi extra che non tutte fanno. Io invece non ho più scrupoli. Vado come un treno. Faccio di tutto, perché il treno deve correre più veloce delle rughe, della pancia e delle tette che cedono. Guadagno il necessario per mangiare e pagarmi un tetto. E scendendo dall'autobus o dalla macchina di un cliente, se incontro gli "amici" di un tempo, li guardo fissa negli occhi. Li devono abbassare. Devono scappare. Loro e i parenti, quelli che "io ci sono". Quelli che incontrandomi oggi cambiano rapidamente marciapiede. Ma tu non giudicare, ricorda. Domani anche tu potresti cercare una puttana. O trovarti a terra, come è successo a me. Si: so bene di essere più o meno all'ultimo gradino della scala sociale e mio figlio adolescente si vergogna.
Mi condanna, mi urla contro. Però deve mangiare, studiare e vestirsi anche lui. Io mi sento colpevole e faccio di tutto per vederlo soffrire un po' meno. Per farlo star bene. Ma ricordatevi tutti che le puttane, gli ubriaconi, i derelitti, i senzatetto, sono i primi agli occhi di Dio. Io lo so, ne sono fermamente convinta. Tanto, la rigogliosa e sensuale primavera di una donna dura poco. Devo prepararmi per l'inverno. E sarà durissimo, già ne sono cosciente. Perciò per favore: non fatemi mai soffrire più del necessario. Quindi, usatemi, sfruttatemi, godetemi, pagatemi guardandomi con un po’ di imbarazzo. Ma non derubatemi, non umiliatemi, non fatemi vigliaccamente del male fisico. Perché io sono vostra sorella, vostra madre, vostra figlia. E infine sono una donna anche io: da qualche parte ricordo di avere un cuore e un'anima. Posso ancora accarezzare un uomo e dargli un po' di calore. Quello che nessuno gli regala più. Quando capita, se sento forte il bisogno anche io, accarezzandolo faccio un gioco innocente: chiudo gli occhi e m'illudo che mi ami.
RDA
7 notes
·
View notes
Text
è passato così tanto tempo dall'ultima volta che presi i miei spazi, è da un po' che non scrivo di me.
ma partiamo dall'inizio o dalla fine.
21 luglio 2023
un giorno d'estate come tanti, ancora inconsapevole dei molteplici cambiamenti che sarebbero avvenuti da lì ai mesi successivi.
rapporti d'amicizia chiusi.
rapporto chiuso con quel ragazzo che non sai nemmeno come definire il rapporto, in cui si è sempre disposti a fare funzionare le cose, e poi non funzionano, prendendocela con noi stesse, quando alla fin fine, nessuno ha colpe, semplicemente non è quella persona per cui ne vale la pena davvero dedicare il nostro tempo.
aver ripreso un rapporto d'amicizia con una ragazza d'infanzia, l'unica amica che ho tutt'ora.
aver deciso di non uscire più, solo il minimo indispensabile, come andare al lavoro, all'università e a fare spesa.
aver deciso di non postare più nulla sui social, tranne su tumblr, l'unico social diverso, lo sappiamo tutti.
aver deciso di chiudermi nella mia zona confort, che equivale ad alternare studio e lettura, tutto accompagnato da una buona tazza di thè caldo prima di andare a letto.
aver deciso di non intraprendere più nuove conoscenze.
aver deciso di dedicare tutta la mia pazienza e sforzi nel lavoro.
aver deciso di mettere al primo posto mia mamma e mio fratello.
aver deciso di non commettere gli stessi errori, per poi essere di nuovo punto e a capo.
tutto un “aver deciso di” e giustamente la prima domanda che una persona si pone è il fatidico “perché? perché queste scelte? sei così giovane”
non sono solita a criticare o giudicare certi stili di vita, eppure ogni volta che mi si pone questa domanda, la mia risposta è sempre la stessa “non voglio perdere tempo a divertirmi, voglio perderlo per costruirmi un futuro ed essere indipendente”
è così sbagliato?
è così sbagliato lavorare nel settore che più ti piace anche se la paga non è granché?
è così sbagliato lavorare per non avere quel macigno nel petto che porta il nome di “le mie spese sono tutte alle spalle dei miei genitori” ?
è così sbagliato studiare per avere un titolo che mi permetta di lavorare sempre nel settore che mi piace, ma allo stesso tempo avere uno stile di vita più appagato e un buon stipendio?
è così sbagliato essere selettivi con le persone, per il semplice fatto di non volermi circondare di nuovo da persone meschine, egoiste e false?
è così sbagliato mettere al primo posto la propria famiglia perché vuoi che stiano bene?
è così sbagliato voler rimanere a casa il venerdì sera o il sabato sera, anziché andare a ballare e ubriacarmi, solo per il pensiero di risparmiare soldi?
ripeto, non giudico certi stili di vita, ma perché giudicare la mia?
è così sbagliato tutto questo? porsi degli obbiettivi, fare progetti, è sbagliato?
siamo arrivati ad oggi, 4 marzo 2024.
in cui ho capito che stare da soli fa bene, ma starci per troppo tempo fa alquanto male.
in cui ho capito che avere soltanto due amici in croce è meglio che averne dieci di cui non puoi fidarti.
in cui ho capito che se voglio una cosa, la ottengo, con pazienza, determinazione e dedizione, ma la ottengo.
in cui ho capito che se una cosa non la faccio oggi, ma il giorno dopo, non succede nulla, basta farla, ovviamente dipendentemente dalle circostanze.
e siamo attivati ad oggi, 4 marzo 2024, in cui ho capito di stare finalmente bene dopo tanto tempo, così bene che ogni tanto durante la giornata mi chiedo “dov'è la fregatura?”
perché si sa, ogni momento di quiete prima o poi verrà spazzato via dalla tempesta.
21 notes
·
View notes
Text
Un gioco….cominciato per caso….diventato quasi come una droga…..
La prima volta mi ero addormentata davvero sulla chaise longue del salone. Uno di quei sonni leggeri che ti prendono a volte al pomeriggio.
Da quando mi sono fatta sposare dal mio ricco ex principale le mie giornate sono diventate quelle, noiose, delle signore bene dell’alta borghesia. Non ne ero dispiaciuta, ma un po’ annoiata, si, e soprattutto sessualmente: la ricchezza raramente si associa alla giovinezza e alla virilità che servirebbe a una donna com e me…
Fui svegliata, quella volta, da un rumore leggero. Feci in tempo a scorgere una sagoma che si allontanava. Impossibile, in casa, in quel momento, eravamo solo io e il mio figliastro. Davide, un adolescente foruncoloso e complessato, del quale non capivo che sentimenti provasse per me, visto che a malapena da quando avevo sposato suo padre mi rivolgeva la parola e ancor meno lo sguardo, nemmeno parlarne poi di chiamarmi mamma come suo padre gli aveva chiesto.
Il pomeriggio successivo, di dormire feci solo finta. E anziché nella sua stanza a studiare, vidi entrare Davide nel salone dove fingevo di essere di nuovo assopita, lo vidi avvicinarsi e..osservarmi….fino a quando non diedi segni di svegliarmi.
Fu così che cominciò quel gioco….io che fingevo di assoprimi al pomeriggio, e lui che furtivamente veniva a guardarmi, dapprima lontano, poi più vicino, poi….
Poi il gioco lo trasformai in qualcosa di più morboso: mi muovevo, lasciavo che la gonna salisse sulle gambe, lasciavo i bottoni della camicetta slacciati….e lui mi fissava e…a un certo punto cominciò ad accarezzarsi la patta dei pantaloni. Lo osservavo tra le palpebre socchiuse….stava qualche secondo a toccarsi attraverso i pantaloni….poi andava via….a finire di masturbarsi in camera sua….
L’idea mi piaceva …e cominciava a piacermi lui….e pensavo sempre più spesso a quanto grosso fosse ciò che Davide nascondeva nei pantaloni e che diventava duro quando mi osservava.
Divenni sempre più provocante …fino a quel pomeriggio. La scelta dell’abito, le calze, il reggicalze, il languido distendermi sulla chaise longue: tutto era voluto per farlo impazzire.
Non fallii: a un certo punto non si trattenne, lo vidi, tra le palpebre socchiuse, abbassare la zip, slacciare i pantaloni, scoprirlo e …cominciare a toccarselo…proprio lì, a pochi centimetri dal corpo della sua matrigna.
Stavolta non finsi di risvegliarmi lentamente. Aprii gli occhi di colpo e fui lesta ad afferrarlo per un braccio prima che riuscisse a scappare.
Lo stesi sulla chaise longue e gli montai di sopra….
I suoi occhi mi guardavano terrorizzati… non aveva ancora capito…
- ti prego …non dire niente a papà, mormorò con un filo di voce.
Gli sorrisi perfida, mentre gli afferravo il cazzo duro e scostavo le mutandine. - non dire tu niente di quel che ora ti faccio, se vuoi che ti scopi ancora……, gli dissi decisa, mentre lo guidavo dentro di me.
- e da oggi in poi mi chiamerai mamma…., aggiunsi bloccando ogni suo tentativo di rispondere infilandogli la mia lingua in bocca…..
30 notes
·
View notes
Note
Qual è il tuo rimedio alla tristezza?
Ciao!
Mi fai una domanda bella e anche importante alla quale non so se esiste risposta, perché non so se c'é un rimedio alla tristezza o se bisogna solamente viverla.
È un periodo in cui, anche se sono una persona solare e positiva, di tristezza ce n'è tanta dentro di me e attorno a me e all'inizio era davvero difficile scrollarsela di dosso. Il mio rimedio era riempire la mia giornata di cose da fare, giri da fare, persone con cui parlare, per non lasciare che i miei pensieri si facessero bui. Volevo sfuggirle in ogni modo, ascoltavo musica, guardavo dei film, provavo a studiare, scrivevo sempre con qualcuno.
Poi quando mi fermavo lei era lì e mi faceva quasi paura, poi ho capito che la grande tristezza bisogna solo accoglierla, come tutte le emozioni che abbiamo dentro. Te la devi vivere, devi sentirla sulla pelle e farla scivolare piano piano fuori.
Allora va bene provare a fuggire dai momenti brutti per un po', cercare leggerezza, cantare, mangiare fuori, perdere tempo su tiktok... però poi serve anche camminare dentro ai momenti brutti. Piangere, gridare al cielo, dare un pugno a qualche cuscino e poi piangere ancora. E lavare con le lacrime la nostra anima pesante. E poi, anche se sembra impossibile, credere che troveremo un nuovo equilibrio.
Ci vuole tempo, ci vuole tanto tempo soprattutto certe volte per dei dolori forti, ma va bene così. Impareremo. E sarà come avere quelle scarpe preferite che avevi da tutta la vita e che ti piacciono da morire, ma che sono state rattoppate troppe volte e ora sono proprio rotte e le dobbiamo lasciare andare. Impareremo a usare nuove scarpe per camminare nel mondo e sarà una camminata diversa, ma ci porterà lo stesso verso una strada colorata e piena di vita.
E le nostre meravigliose scarpe vecchie? No, non le abbiamo buttate via. Le abbiamo tenute, riposte nella loro bella scatola e resteranno con noi. E quando vorremo, potremo ancora guardarle e ricordarci di quanto è stato bello averle.
9 notes
·
View notes