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Come Comprare la Patente B Senza Esame in Italia: Una Guida Completa
Introduzione
In Italia, ottenere la patente di guida è un passo importante per la libertà e l’autonomia personale. Tuttavia, il processo per ottenere la patente B può essere lungo e complesso, spesso richiedendo la preparazione per esami teorici e pratici. Per chi cerca un’alternativa sicura e legale, è possibile comprare la patente B senza dover affrontare l’ansia degli esami. In questo articolo esploreremo come comprare la patente in modo legale e sicuro, grazie a servizi affidabili come quelli offerti da Patente di Guida.
Perché Comprare la Patente B?
Comprare la patente B può sembrare un’opzione insolita, ma per molti è una soluzione pratica e necessaria. Per coloro che trovano difficoltà nel superare gli esami di guida o che non hanno il tempo di frequentare corsi, come comprare la patente diventa un’alternativa semplice. Grazie ai servizi come Patente di Guida, si può ottenere una patente riconosciuta in tutta Italia senza dover passare attraverso i soliti esami.
I Vantaggi di Comprare la Patente Online
Grazie alla tecnologia, ora è possibile comprare la patente b online. Questa opzione offre diversi vantaggi, tra cui:
Comodità e Risparmio di Tempo: Puoi fare tutto dal tuo dispositivo, evitando lunghi tempi di attesa.
Sicurezza e Affidabilità: Patente di Guida garantisce che ogni patente rilasciata sia legale e registrata nelle banche dati italiane.
Supporto e Assistenza: Durante tutto il processo, il team di Patente di Guida è a disposizione per rispondere a domande e garantire un’esperienza senza stress.
Come Comprare la Patente: Una Guida Passo a Passo
Comprare la patente tramite Patente di Guida è semplice e sicuro. Di seguito trovi una guida passo a passo per ottenere la tua patente B:
Visita il Sito Web: Accedi al sito patente di guida per visualizzare tutte le opzioni disponibili.
Seleziona il Tipo di Patente: Scegli il tipo di patente che desideri acquistare, in questo caso, la patente B.
Compila i Moduli: Inserisci le tue informazioni personali nel modulo dedicato.
Completa il Pagamento: Utilizza un sistema di pagamento sicuro.
Conferma e Ricevi la Tua Patente: La patente ti sarà inviata direttamente, pronta per essere utilizzata in tutta Italia.
La Legittimità di Comprare la Patente
È normale chiedersi se comprare una patente sia davvero legale. Con Patente di Guida, ogni patente è completamente legale e registrata. Questo significa che puoi guidare in sicurezza, senza preoccuparti di eventuali problemi legali.
Perché Scegliere Patente di Guida?
Patente di Guida si distingue per la professionalità e l’impegno nel fornire un servizio trasparente e sicuro. La nostra esperienza e la soddisfazione dei clienti parlano per noi. Siamo al servizio di coloro che vogliono evitare i classici ostacoli burocratici e avere una patente pronta in tempi rapidi.
Conclusione
Se desideri ottenere la patente B senza passare per gli esami, Patente di Guida è la soluzione affidabile per te. Visita il nostro sito patente di guida o contattaci a [email protected] per avere ulteriori informazioni su come comprare la patente e iniziare il tuo percorso verso la libertà di guidare.
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Mi hanno detto che questo dolore me lo porterò dietro e dentro per sempre, fino al mio ultimo respiro. E allora io lo accolgo questo dolore, lo faccio accomodare, gli servo piatti caldi per quando fuori è freddo e piatti freddi per quando fuori si soffoca, un po' come soffoco io a tenermi in casa questo ospite indesiderato. Però lo tratto bene, gli do vestiti puliti e stirati, gli tengo gli asciugamani più morbidi in uno scaffale in alto cosicché possa usarli solo lui. Lo ascolto, mi parla, gli parlo. Lo vedo crescere, diplomarsi, prendere la patente e comprare la sua prima auto, lo vedo frequentare l'università, laurearsi, trovare il primo lavoro soddisfacente. Festeggio i suoi successi, sostengo i suoi fallimenti affinché non si senta mai solo. Lo vedo restare sempre lo stesso, mentre tutto intorno a noi cambia e muta nel più veloce dei modi, dei tempi. E passano i minuti, le ore, i giorni fermi nel vuoto ed ancora i mesi e gli anni, e lui sarà sempre lì. Ha il suo posto a tavola, lo spazzolino accanto al mio, la spazzola sul mio stesso ripiano e i suoi biscotti preferiti per la colazione. Mi hanno detto che questo dolore me lo porterò dietro e dentro per sempre, fino all'ultimo respiro. E so, che lui sarà come un sorvegliante sulla mia vita, che ad ogni sasso, ad ogni inciampo, ad ogni buca e ad ogni vittoria si assicurerà di rendere più forte un'assenza che è più presente che mai. E fino all'ultimo respiro, io desidererò che tu possa darmi anche solo un ultimo abbraccio.
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ultimamente penso spesso alla patente, il prossimo anno dovrò rinnovarla e non ho mai guidato.
ho voluto prenderla subito perché molte persone intorno a me non l’avevano presa e “dipendevano” da altri e io non volevo finire così, inoltre pensavo che potesse essere utile per l’università. il quinto anno delle superiori era stato molto impegnativo, ho anche investito parte dei miei risparmi per pagarmela, avevo litigato anche con mia madre perché lei non voleva che andassi in quella scuola guida ma me lo ha detto solo a posteriori e sono convinta che a lei facesse schifo il modo in cui guidavo solo perché non era di quella scuola che diceva lei, ho fatto tanti sacrifici per farcela e poi non ho potuto più guidare. i miei genitori non volevano farmi guidare e quel paio di volte in cui l’ho fatto insistendo mi hanno fatto stare male, mia madre soprattutto mi criticava soltanto, “mi correggeva” urlando, urlando e urlando, dicendo che guidavo da schifo perché ero andata alla scuola guida sbagliata, l’ultima volta che ho guidato (era ottobre/novembre e la patente l’avevo presa ad aprile di quello stesso anno) ho tirato male il freno a mano perché avevo panico tutto il tempo mentre guidavo e venivo criticata soltanto, ho finito così per danneggiare la macchina, dovevo andare da nonna e sono finita per scoppiare a piangere con mia madre che mi urlava e umiliava davanti a tutti. mio padre ha sempre detto che se dovevo guidare la macchina me la sarei dovuta comprare e mantenere di mio, avrei dovuto lavorare per la macchina e non mi sembrava sensato “lavorare per la macchina” dal momento che avrei potuto usarla pochissimo (e giá mi pago ogni cosa personale dall’università, ai libri, alle cose necessarie da quando ho 20 anni…). di recente a causa di un parente venuto a mancare abbiamo avuto una macchina extra, i miei non ci hanno nemmeno pensato a darmela o ad aiutarmi a riprendere a guidare, è un peso, la vogliono regalare per giunta ai miei cugini, miei coetanei, davanti a una riunione di parente sono stata umiliata dicendo che era colpa mia se non guidavo, che sono stata stupida, ma come facevo? nessuno mi dava la macchina e ora non so nemmeno più accenderla e ho un terrore enorme a guidarla. adesso se devo guidare nessuno mi aiuta e devo pagarmi le lezioni di guida che costano tanto e ora che non lavoro non posso permettermele e temo che se per qualche motivo non potessi avere la macchina o guidare dopo starei di nuovo nello stesso punto di ora, perché dei miei non mi riesco a fidare, mia madre dice che mi da lei i soldi ma non lo farà non mi ha mai ridato un centesimo di quelli promessi e mio padre è egoista e non gliene frega nulla. loro hanno entrambi avuto un aiuto dai genitori in questo campo, io invece non ho nulla. perché? che cosa ho sbagliato? perché non merito di guidare? perché? loro dicono che è colpa mia ma è davvero colpa mia soltanto? sono solo io a vedere queste cose? e ripenso alle frasi di mio padre quando sono stata male in cui diceva che io sono stupida e che non sono in grado di guidare o quelle di mia madre che voleva farmi togliere la “volontà” perché io non sono in grado nemmeno di vivere.
questa è una di quelle cose che mi fa sentire indietro rispetto ai miei coetanei, una “cretina” come dicono i miei, avrei voluto non prenderla risparmiando soldi, tempo, salute mentale e soprattutto non sviluppando la paura per guidare perché forse adesso o in un altro momento (successivo a quello in cui l’ho effettivamente presa) l’avrei presa e guidato senza fermarmi. Qui di nuovo invidio tanti dei miei coetanei che hanno ottenuto aiuto e a cui i genitori hanno comprato la macchina a 18 anni senza problemi o comunque non hanno remato contro.
appena avrò modo di lavorare anche saltuariamente e stabilizzarmi forse cercherò di reimparare a guidare perché lo desidero per me stessa, per sentirmi più indipendente, più forte, per fare viaggi on the road e andare lontano, e non appena sarà possibile vorrei prendere una macchina mia, perché probabilmente dai miei non riceverò mai nulla, ma sarà solo merito mio, se riuscirò, la mia rivalsa, a cui loro non importerà nulla e di cui non avranno alcun merito, ma sarebbe per me un grandissimo passo di autoaffermazione e di coraggio per andare contro a tutte le paure e quei blocchi che ho cumulato.
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Mi sono concentrata così tanto sul dover prendere la patente come "grande progetto" principale da non pensare quasi più a nient'altro. Ed ora che ce l'ho fatta, ho realizzato che i prossimi due passi saranno quelli di comprare una macchina e successivamente, trasferirmi🥹
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Memorias En El Humo
50.000 Gacus. Ese champagne cometario de Fomalhaut resultó buena inversión, al final.
Para un sedentario en un planeta cualquiera, 50 lucas sería suficiente para invertir en remodelar la casa, comprar un virteatro de primera, o capaz unas merecidas vacaciones en algún paraíso orbital. Y sí, incluso para mis estándares caprichosos, tengo que reconocer que fue una buena ganancia.
Pero todos sabemos como es… la Mastropiero se merecía un buen servicio y reparación… el condensador andaba quejandosé con un ruidazo que hasta a Suisni le asustaba. Ahí se me fueron 9 mil gacus. Después, por supuesto, combustible. Ya para asegurarme, tanque lleno, por lo menos para cinco o seis saltos. Ahí le dije chau a 4 mil más. Y no olvidemos que las naves no se manejan solas. 4 mil para Suisni, mi queridísimo y cactáceo ingeniero -Armstrong sabrá en que lo gasta- y 2 mil y algo para los "gastos personales" de Ragua, que técnicamente no tenía un puesto de tripulante pero me costaba plata igual. Por supuesto que había que pagar también el préstamo y las cuotas de la nave, y ni hablemos de como suben los intereses con la inflación. Usada me sal��a más barato, me dijeron, pero igual ahí se van 8 mil gacus, más o menos, todos los meses… Después la cuota de la Liga Astronáutica, impuestos, la patente, gastos varios, chicha, chicharrón y demases…
Me quedé con 5000 gacus, como mucho. La vida del astronauta será muchas cosas, pero lujosa no es.
Igual, un gustito hay que darse de vez en cuando. Y por más dolores de cabeza que me traiga, quería que Ragua me acompañe esta vez.
Todos los mundos con un espaciopuerto tienen la Calle Del Astronauta. Casi nunca se llama así tal cual (en aquel mundo se llamaba Avenue Gagarin), pero es la misma en todos los planetas. La calle que da directamente a la salida del espaciopuerto, la primera calle que ven los astronautas (y por lo general, la única), el lugar en donde por fin estirás las patas después de días remandolá en el éter.
La Calle Del Astronauta, sea donde sea, se llame como se llame, casi invariablemente es una desfile de bares, tiendas de repuestos, comida callejera, vendedores de naves usadas, hoteles, moteles y hospedajes de bajo presupuesto, bares, comedores, cafés, restaurantes, boliches, arcades, casinos, loterías, bares, tiendas de empeño, bares, masajistas, personas de compañía y otros eufemismos similares, bares, turbias bocas de lobos, bares, y por supuesto, tavernas, pulperías, cantinas, bodegones, osterías, pubs, clubs, y bares.
De todas formas, esas no son las partes realmente peligrosas. No, las partes peligrosas son las calles paralelas a la Calle Del Astronauta. Los Callejones. Si te metés ahí, es porque o no sabés lo que estás buscando, o lo sabés muy bien y estás dispuesto a arriesgarte.
Pero ahí está la mejor comida, también.
Aunque la verdad, de todos los lugares en los que nos habíamos metido, este era uno de los menos riesgosos, el escepticismo de Ragua era entendible. Su escualena cola se movía agitadamente, y sus ojos color noche, siempre alerta, observaban furtivamente las calles llenas de astronautas en varios estados de embriaguez.
-¿A donde me lleva, Capitán? - Me preguntó con ese tonito irónico que siempre le daba a mi rango.
-A comer, ya te dije. Te voy a mostrar lo que es carne de verdad.
-¿…perdón?
…
-Una parrilla. La mejor de esta constelación. - Presumí, pero con razón. -Estoy seguro que vos también estás podrida de las raciones de la nave.
-Bueno, creo que eso es su responsabilidad, Capitán. Usted es quién las compra. - Me contestó con su filosa sonrisa, aún tratandomé de "Usted, el Capitán". -De todas formas no voy a decir que no, si me invitan. ¿Y por qué no invitó a Suisni?
-Porque él no come. Hace fotosíntesis y nada más. Se pasa todos los aterrizajes en algún asoleadero.
-Suena bastante práctico, no tener que decidir que comer…
-No sé, él vive quejandosé de los espectros y esas cosas���. Pero vos… vos sí comés carne, ¿no? - Le pregunté. Como si esa dentadura suya hubiese evolucionado para abrir cocos.
-Así es. Soy una predadora confirmada. - Me sonrió, y casi me corto de solo ver sus dientes.
-Bien, muy bien. Por fin alguien que puede disfruta de un buen asado. - Suspiré, con una ilusión genuina. -Vení, es por acá. - La princesita me siguió, con entusiasmo. Y yo finalmente feliz de que por fin no iba a comer un asadito solo…
La verdad decir que todos los espaciopuertos son iguales es una sonzera mía, de querer hacerme el que se la sabe todas y vio todo. Pero no es así. Hay un mundo para cada estrella, o así dicen los refranes, y ninguno es igual al otro. Fraternité es un planeta en su mayoría tropical, cubierto de manglares que se funden con el mar, creando puentes naturales sobre los largos ríos dorados que serpentean sus continentes. Un astronauta nunca se apega a un planeta, por supuesto, pero este sí me recordaba a casa. El sol naranja, como en Aerolito, los atardeceres casi eternos, y esas nubes de tormentas en el horizonte que vienen y van, meciendo las palmeras de las avenidas a la costa del río.
Si tuviera que sentar cabeza, dejar atrás la vida del astronauta errante y quedarme bajo un mismo cielo… no sería este, pero sería uno muy parecido.
Los antiquísimos edificios de ladrillo cubiertos de helechos (después de todo, las colonias espaciales tienen que empezar desde cero, y el ladrillo siempre es buen material para empezar) eran solamente reconocibles si levantabas la mirada. Los manglares crecían en toda la ciudad como enredaderas, atajando con sus hojas al anaranjado sol tropical, sin duda cuidadosamente mantenidos por el municipio con ese propósito. Las calles estaban abarrotadas de puestos y mantas con comerciantes. Ropa y textiles de todo tipo y color, comida callejera de mil mundos, trajes espaciales en maniquíes posando heroicamente, diversos aparatos y electro-chucherías, sombreros y lentes para el calor y hasta trajes refrescadores automáticos para ciertas especies, artesanías, recuerditos y chiches "locales" (que la verdad, me di cuenta que son sospechosamente parecidos en todos los mundos, pero eso te permite encontrar lo verdaderamente auténtico más fácil). Acá en Fraternité, la especialidad eran las esculturas realizadas con las raíces de los manglares, retorcidas en formas que a mi no me interesaban, pero que Ragua miraba fascinada. Me pregunté si ella, en años pasados, también habrá visto esculturas como esas, capaz en algún mar muy lejano.
La pequeña -no en edad, sin duda, pero más petisa que yo- princesa de los mil mares parecía más interesada en todo el alboroto de una Calle Del Astronauta, no intimidada, pero sí más bien furtiva, curiosa. Como si nunca hubiese visto algo como esto. A mi parecer, un tanto agrandado por tanto viaje, eso era extraño. Leer de historia me había hecho pensar que calles como estas son eternas, no solamente en espacio sino en tiempo. Habrá habido puertos así cuando los trirremes surcaban el Mediterráneo, cuando los galeones navegaban el Caribe, y cuando los cohetes saltaban de asteroide en asteroide, y no solamente en la historia de la humanidad, sino en la historia de cientos de otras especies. Era inevitable. Si había viajeros, había un puerto, y había una calle como esta.
Pero Ragua venía de una época diferente, por supuesto. ¿Como habrán sido los espléndidos espaciopuertos de los Precursores, que recibían a esos navíos con velas solares doradas cargados de las riquezas del éter? Me costaba creer que no tenían, por lo menos, un puestito de choripanes.
Sea como sea, parecía que para ella era una experiencia nueva. Y sí. Vivió su vida encerrada entre simuladores y juegos, conociendo la galaxia de los antiguos por lo que le contaban por el intergaláctico. No había muchos años luz en su marcador.
¿Condescendiente de mi parte? Sí, capaz. Pero yo también estaba aprendiendo muchas cosas de ella. Por algo me agarró nostalgia por tiempos que nunca viví.
En la esquina de Gagarin y Montgolfier, con aquella réplica de la Torre Eiffel elevándose humilde y sucia por el hollín, se veía de lejos el humo de las parrillas. Distintas especies y sus infinitas culturas han interpretado el concepto de "asar comida" de incontables maneras. Los frutos azucarados de Beta Cancri parecían haber nacido para ser caramelizados, como golosinas que los betacancrianos no apreciaban, pero otros compraban como caramelos, recuerdo tan delicioso de mi niñez. También había un tanque de esos amonites (el nombre verdadero me es impronunciable) de Gamma Hydrae, que se tenían que reventar vivos y cocinar en el acto para que tuvieran el gusto correcto. A mí siempre me dieron cosa. Ragua los miraba fascinada, y hambrienta sin duda.
Siendo un mundo poblado por humanos, acá, sin embargo, nos destacábamos nosotros, de cierta manera. Puestos de medialunas (la especialidad de la zona), de kebab, de tacos, de hot dogs (todo el mundo me regañaba cuando les decía 'panchos'). Pero mi vista estaba fija en uno. Aquella parrilla humeante a un paso de la torre, sin ningún otro establecimiento más que sillas y mesas hechas de tanques de combustible rescatados y un holograma caricaturesco, bien nostálgico, de una vaca mordiendo un girasol. Y, por supuesto, una bandera rioplatense.
Ahí, ahí es.
-¡Fua, mirá! ¡Pero si es el Capitán Beto! - Genaro me saludó. Viejo de miércoles, grandote, con una tonadita francesa y una risa que se escuchaba a diez calles, pálido como astronauta jubilado, y por supuesto, con ropa sudada de tanto asar. Siempre tenía carne barata. Armstrong sabrá de donde la sacaba, o cuantas veces la bromatología de Fraternité le hizo controles (quiero creer que le hicieron uno o dos por lo menos). Pero era carne buena en fin, eso no había duda. ¡Y como desaprovechar un asadito a 100 gacus!. Siempre que aterrizaba acá, era una parada obligada.
-Genaro, chamigo. Menos mal que todavía no te cerraron. -Le cargué. -¿Hay mesa para dos?
-¡Más sí, Capitán! ¿Y quien le acompaña?
-Ragua. Un gusto. - Se presentó en esa voz tan elegante que me daba una cosquilla interna, conociendolá como era todos los días.
-Es una compañera de trabajo. - Aclaré. Los rumores entre los rioplatenses corren más rápidos que la luz, y no tenía ganas de andar explicando.
-Ah, 'tá bien. ¿De donde es usted, señorita? - Genaro la miró de cola a cabeza. Sin duda tratando de reconocer su especie. Había más o menos cuatro mil y algo especies inteligentes en el espacio conocido, así que conocer a una nueva no era sorpresa. Pero sí generaba curiosidad.
-De la constelación de Hydrus. - Ragua dio su respuesta ambigua y genérica, sin mencionar una estrella, mucho menos un planeta o similar.
-…Ah, ya veo. ¿Bueno, que les traigo? - Genaro sonrió amablemente y no hubo más preguntas.
No pareciera, pero era un tipo discreto. Cuando vivís cerca de un espaciopuerto, tenés que saber si algún viajero está escondiendo algo, y cuando no hay que preguntar de más. Para mi suerte, Genaro sabía de esas cosas. Seguro algún rumor iba a dar vueltas, pero detalles no, y eso era lo que me importaba.
No, la verdad lo que me importaba era lo que había en la parrilla.
-Traenos una bandeja, ¿Puede ser? Una tira, por supuesto. Algo de faldita, tripa… un par de chinchulines… ah, ¡un pedacito de riñón! ¡Hace mil que no como riñón!
Ragua me miró inclinando la cabeza, como si estuviese listando un montón de palabras inventadas. En fin, ¿que palabras no son inventadas?. Bueno… "riñón", esperaba que esa entendiera al menos.
-Perfecto, caballero. ¿Y para tomar? - Me preguntó Genaro. Acá no había menú ni nada. Era hablar directo con el parrillero. Mejor imposible.
-Un tinto, por supuesto. ¿Que tenés?
-¿Le traigo uno en caja, capitán? - Me probó. Viejo jodón…
-¡Pero, hombre! - Protesté con una sonrisa. - ¿No ve que me acompaña una dama? Traéme una buena botella. Un Malbec, ese el "Rigel", si lo tenés…
-¡Ajá, es una ocasión especial! ¿No quiere que le traiga uno de Mendoza, directo de la Madre Tierra?
-¡'jate de joder! ¡Mirá que soy de River, pero no soy millonario! - Me reí con él. Pero en serio: uno de esos vinos, acá en la Frontera, valía más que toda la hipoteca de la Mastropiero.
-Como usted diga, Capitán. Ya le traigo su pedido. - Genaro se despidió con una sonrisa, y se fue a atender a otros clientes. Que ganas de hacerme pasar vergüenza. Me senté a calcular, no la cuenta (eso me iba a salir barato), sino hasta donde iban a llegar los rumores de "el Capitán Beto anda con una alienígena media rara"…
Ragua, por supuesto, estaba entretenida con toda la situación.
-Tus conocidos son raros…
-Y sí, si te conozco a vos.
Parpadeó un par de veces con una sonrisa pícara. La cuestioné con los ojos.
-Te olvidaste de que no tomo alcohol…
Miré para arriba, con frustración exagerada.
-Será posible…
-No me molesta igual. Puedo pedir otra cosa. De todas formas, hoy no pago…
-No te hagás la viva…
Los dos nos reímos.
De fondo, bastante fuerte, sonaba un chamamé viejísimo, capaz milenario, de Taragüí, que no alcancé a reconocer. El virteatro pasaba un partido de las ligas zodiacales, mucho no me interesaba. Genaro seguía ocupado con otros clientes, muchos ya pasados de copas, así que esperamos nuestro turno con paciencia. Y el humo, el humo estaba en todos lados. Nada que ver con uno de esos restaurantes elegantes en las ecumenópolis de las capitales galácticas.
Miré a Ragua. "Furtiva", siempre describí así su mirada. ¿Porque me recordaba a un depredador de los mares? Millones de años de evolución paralela (sin duda, con algún toque extraño aquí y allá) hacían de nuestras mentes y nuestras expresiones bastantes similares. Al mismo tiempo, sabía bien de nuestras diferencias. La intriga de estar separados por milenios. Si los primeros viajeros casi enloquecieron al conocer almas separadas por el espacio, que quedaba para los pocos que conocíamos aquellas separadas por el tiempo, además…
-¿Y? ¿Que te parece? - Le pregunté. -Puede parecer un lugar barato, pero te juro, mejor carne no hay.
-Asumo que te refieres a carne, o sea… carne. Al menos que "faldita" y "chinchulines" sean código para otra cosa.
-Siempre asumiendo lo peor de mí. Filosa que sos. - Ahí iba mi otro adjetivo. Filosa. Tenía que desprenderme de ellos, pensé.
Pero a ella no parecía molestarle demasiado. Miró a su alrededor. El olor a carne asada nos envolvía, y el calor del verano (o mejor dicho, la estación seca) hacía sudar la camisa de algodón que reservaba para estas ocasiones.
-Esa torre… la vi en una película… - Me dijo, con curiosidad. Me pregunté cual de todas. Ragua vivía mirando películas antiguas.
-Ah. Es la Torre Eiffel. - Contesté. -Es una torre antigua, muy famosa. Bueno, esta es una réplica. La original está en la Tierra, en París.
-¿Es un lugar importante?
-¿París? Dicen qué.
-¿Lo conoces?
-No.
-Me dijiste que estuviste en la Tierra.
-Un par de veces, pero no llegué a ver todo. No porque sea humano sé todo sobre la Tierra.
-Bueno, tú asumes eso de mí. - Me sonrió, cortante.
"Precursores". La palabra acaparó mi mente. El nombre que le dábamos a aquella especie que alguna vez construyó las resplandecientes esferas dyson que hoy eran silenciosas ruinas orbitales, aquellos anónimos arquitectos que quizás, muy posiblemente, hayan tocado los genes de mis ancestros y de tantas otras especies. Leyendas, pero que sabíamos que alguna vez fueron. Ahora ya no existían más, los Precursores. Nadie sabía por qué, pero estaban todos extintos.
Y ahí estaba, una de ellos, en frente mío, a punto de comer un asadito.
Y en mi cabeza, memorias, capaz mías, capaz no, de los mares azules de la Tierra, sus verdes selvas y nubes algodonadas, las calles antiguas de Buenos Aires…
-En… en tu época… ¿Alguna vez visitaste algún mundo como la Tierra? - Le pregunté.
-Ves, lo estás haciendo de vuelta. - Me reprochó, y con toda la razón del mundo.
-Perdón, perdón.
Su mirada pícara se volvió plácida y nostálgica.
Me di cuenta que esos ojos habrán visto muchísimo más de lo que yo podré ver en una vida.
-Es posible. - Finalmente me contestó. -Pero no sabría decirte. No recuerdo mucho. Pasé tantos años dormida. - Su suspiro duró medio segundo, pero lo recuerdo hasta ahora. -¡Hey, no me explicaste! ¿Que son los chinchulines?
Me di cuenta lo rápido que cambió el tema. No fue para nada sutil.
Pero decidí no insistir. Después de todo, ¿Vos confiarías en contarle toda la historia de tu vida, no, de tu cultura y tu civilización, a alguien que conocés hace apenas 2 minutos? Si la memoria de aquellas eras doradas era suya, no se la iba a dar a cualquiera. Y, por más que me doliera, yo era un cualquiera.
Suspiré.
De todas formas, tenía ganas de explicar.
-A ver como te explico. Un chinchulín sería algo como…
…
Siempre fui carnívoro, no por obligación sino por gusto. La carne siempre ha sido una de las cosas más caras de conseguir en la vida del astronauta. Criar un animal para fanearlo es, por lo demás, una inversión grande de recursos, y mucho más si es una vaca, que necesitaba las extensas pampas que solo pocos mundos podían ofrecer. Y después transportar la carne a donde sea… eso sí era lujo. No por nada muchos astronautas eran vegetarianos. Pero yo no, no podía. Capaz por malcriado; en Aerolito, las tropas de ganado se podían ver desde órbita, pastando en los esteros bajo la suave luz de los anillos. Un asado los domingos no era tal lujo.
Pero otras especies eran carnívoras obligadas. Esas sí que la tenían difícil. Hacer sustitutos para los viajes espaciales era sencillo, pero todas las personas de esas especies con las que hablé estaban de acuerdo en una cosa: no era lo mismo. Los chistes de comida de perro, mejor dejarlos de lado.
Por eso capaz, asumiendo, como siempre, esperaba que Ragua lo esté disfrutando como yo.
Estaba comiendo, sin duda. Pero su mirada parecía distraída. Por lo menos estaba disfrutando del trago de agua salada con ron. Todo un éxito. Gracias, Genaro.
Finalmente me animé a preguntar.
-¿Te gusta?
-¿Que cosa?
-La comida.
-Está rica…
La pausa me dio para pensar.
-…Nunca había probado carne de… ¿como se llama? - Me preguntó.
-Vaca.
-Vaca, sí. No sé como decirlo. Me pareció un poco… ¿como se dice? …grasosa.
Mi orgullo rioplatense me hizo fruncir mi ceño un poco.
Ragua lo notó, sin duda.
-¡No es lo que tu piensas! La comida marina no tiene tanta grasa, es eso.
-Supongo que depende de que mares venga. - Contesté. Recordé una especie de bacalao aceitoso, que comí en una luna donde todos hablaban bengalí.
-No de los míos. En realidad… no es tanto eso. Es que la comida en mi época no era así.
-¿Así como?
-Así, ¿Cocinada? Era más bien… automática. Le decías a los Servidores que querías, y te lo preparaban.
Aquellos Servidores, autómatas enjoyados, eran una constante en las historias de Ragua. Pero yo nunca los vi en persona, ni ningún arqueólogo los mencionaba. A todos nos parecía raro.
-¿Pero, como sabías que era rico o no? - Le pregunté.
-No entiendo.
-Digo, si no sabías como cocinar… ¿Como sabías que te gustaba? - Por alguna razón, el concepto me parecía extraño. ¿Como podría vivir sin las empanadas de champiñones de mi Vieja, o los asados del Abuelo? De ellos aprendí lo que era rico.
-Bueno, es cierto que no sé cocinar… - Ella me dijo con un poquito de verguenza en la voz, quizás. Hice una nota mental de enseñarle a cocinar uno de estos días. No vaya a hacer que nos quedemos varados en algún mundo perdido. A Suisni no le confío con una fogata. - Pero, ¡oye! No hace falta que lo sepa. O sea… Ahora que lo recuerdo… Bueno, había esas personas conocidas en todas las estrellas, con escamas brillantes y esas sonrisas eh… ¿como te gusta decirlo? ¡Sonrisas de campeón, sí!, que promocionaban productos, tú me dijiste que aquí se llaman…
-Influencers…
-Sí, esas. Y ellas te contaban cuales eran las combinaciones más ricas.
Por mi cara, Ragua se dio cuenta que era un poco escéptico de ese sistema. Bueno, yo también, me crié comiendo asado tras asado en las bailantas asteroidales. Le decía a ella "princesita", pero capaz el malcriado era yo.
-¿Eran buenas? -Pregunté.
-¿Las comidas, o las influencers?
-Vos sabés de que estoy hablando. - Le reproché su sonrisa pícara.
-Sí que lo eran. Había unos bocaditos de un… - Me di cuenta que le costaba recordar la palabra exacta. - Creo que lo llamarías camarones… -Su tono de voz cambió de repente, como si estuviese esquivando chocar con algo... -…pero, la verdad… esto está muy rico. En serio... Y, tengo que admitir que esta parte me gusta…
Como demostración, tomó una costillita, ya pelada de carne. Con su típica sonrisa, la puso en su boca y la partió en dos con los dientes, triturandolá sin esfuerzo, para luego comerla con satisfacción.
No sabía bien si era para intimidarme, para impresionarme, o solamente porque así comía siempre. Posiblemente las tres. Pero lo interpreté como buena señal. Y como un recordatorio que, pese a su tamaño, podría hacerme pedazos cuando quiera.
Siempre es bueno recordar eso. Te mantiene humilde, viste. Los humanos a veces nos olvidamos que no estamos al tope de la cadena alimentaria.
-Mmmhmm. - Ragua murmuró con satisfacción, saboreando los pedacitos de hueso.
Le interrogué con la mirada.
-La verdad es que tiene un gusto… a algo, no lo sé… - Me dijo.
-¿Algo como qué? - Le pregunté.
-A humo…
-¿Me estás llamando vende humo? - Sonreí. Siempre amé el ida y vuelta.
Ragua saltó a defenderse.
-No, ¡no dije que sea algo malo! - Ella ya estaba acostumbrada a la jerga de los mercantes. Decirle vende-humo a alguien, sin amistad de por medio, es tremendo insulto entre nosotros -Es un gusto interesante. La verdad, creo que nunca he probado algo así.
-Supongo que sería difícil tener una parrilla bajo el mar.
-Shh. - Me mandó a callar la princesa, a mí, adelantado ignorante. -Deberías saber que no somos marinos, somos anfibios. Conocemos el fuego.
Luego de esa aclaración, vi que su cara se llenó de una melancolía como cuando la vida se pone en pausa y te da un respiro para recordar. Las branquias al costado de su pecho se mecían de una manera tranquila, como buscando aliento.
-Hace mucho que no comía nada cocinado al fuego. - Murmuró.
Dejó de mirarme, y sus ojos se perdieron en las brasas de la parrilla. Muy parecidos eran los dos.
Sabía que 'hace mucho' significaba 'hace milenios'.
Sabía que cuando decía 'no somos' significaba 'no soy'.
Hasta donde sabíamos, ella era la única, la última, de toda una civilización.
El piso tembló un poco mientras comíamos, interrumpiendo nuestro silencio. Otra nave despegando, uno de esos inmensos transgalácticos llenos de turistas, haciéndose un hilo plateado en el cielo.
-Espero que te haya gustado de todas formas. No te invité solamente para presumir la comida. Quería que la pases bien, además. - Le dije, bien sincero, como me enseñaron mis viejos.
Ragua sonrió.
-Por supuesto que la pasé bien. En verdad… gracias por invitarme. Sé que estás ocupado trabajando, y comer carne no es barato…
-Nah, ni te preocupes. Justamente vinimos acá porque es barato.
-Tacaño.
-Shh.
Nos reímos un poco.
-¿Acaso no eres tú el que siempre dice "cada minuto que la nave no vuela mi plata sí"? - La señorita me cuestionó.
Era cierto.
-Es cierto. Pero… 'cuchame. Esto es mi trabajo, pero… ¿Vos pensás que valdría la pena sí no parara a disfrutar los mundos que visito? Es lo más lindo de todo. Disfrutar la comida, los paisajes, hacer amigos, como el boludo de Genaro… - lo dije amistosamente, pero Ragua igual sonrió. -…eso es lo que vale la pena de todo este laburo.
La chica quedó en silencio un momento, creo yo, complacida.
-¿Siempre quisiste trabajar de esto?
Lo pensé.
-No sé. Desde chico que lo hago… es como que… es lo único que sé hacer. Pero… sí, lo disfruto. Yo creo que muchos le han perdido el gusto a viajar por el espacio. Es un trabajo más para ellos. Pero yo todavía lo veo un poco como cuando era chico y leía sobre los primeros astronautas. Es como que estoy haciendo el trabajo que siempre quise de chico. El capitán en su traje espacial, en la cabina, partiendo a descubrir nuevos mundos…
Ragua sonrió, seguramente encontrándolo tan infantil como la forma que lo dije. Sí. Me gusta ser "capitán", ¿y qué?
-Les tienes mucho aprecio, ¿No?
-No sé si aprecio, pero son nombres dignos de recordar. Gagarin, Armstrong, Xia, Hachimaki… Bueno, también está Laika…
-Ah, ¡a ella la conozco! - Nos reímos. Debe haber millones de perritas llamadas Laika a lo largo y ancho de la galaxia.
-Era tan linda. Y bueno, nosotros los rioplatenses lo tenemos a Martínez…
-¿El de la estampita en la cabina?
-Sí, pero no es un santo oficial. Le rezamos igual…
-Todavía no entiendo eso.
-No te preocupes. Pero… - Mi curiosidad no pudo más… -¿Ustedes no recuerdan a los suyos? ¿A sus primeros astronautas?
Ragua no se podía sonrojar en verdad, pero con el tiempo, aprendí a asociar ciertas caras de ellas con eso. Esta era una ocasión.
-Sí. O sea, sí, creo que aprendí de ellos cuando era pequeña. Creo. Pero… Nunca presté atención. - Hizo una pausa. - No… me acuerdo mucho de ellos.
Una melancolía indescriptible.
-Ojalá recordara.
Los borrachines en la parrilla gritaron un gol, que nosotros ignoramos. Quise decir algo, pero ella me interrumpió.
-Que tristeza, ¿No? Tú siempre me cuentas historias. Sabes tanto, has visto de todo, y… ¡te da tanto orgullo contarlas!. Y cuando es mi turno… no te puedo contar nada. No, no sé los nombres de los primeros astronautas… la verdad no me acuerdo. No me acuerdo nada de historia, de astrografía, de ciencia… Bueno, mejor lo dejo ahí…
-Pero sabés muchas otras cosas…
-Lore de videojuegos, supongo.
Bueno, sí.
-Bueno, sí, pero también otras cosas. Todo lo que sabés es importante. No sé si te das cuenta. Pero sos la última d-
-Sí. Me doy cuenta. - me interrumpió con una firmeza en su voz. -Por eso me gustaría recordar más.
Me miró con ojos amargos. Yo miré para otro lado, no pude aguantar.
Ragua tenía que cargar con todo eso sola.
Cuando contaba mis historias, hacía algún chiste, tarareaba una canción, en el mero acto de hablar mi idioma, estaba compartiendo algo que compartía con los millones de rioplatenses descendientes de la nave-civilización Esperanza que partió de la Madre Tierra hace siglos; pero no solo con ellos, sino también portaba dentro de mi alma milenios de historia humana, y ya no solamente humana, sino de las miles de especies que formaban la civilización galáctica actual.
Ragua estaba totalmente sola, desarraigada en una campo de estrellas irreconocibles. De quien sabe cuantos miles de millones de Precursores, de maravillosas y complejas civilizaciones y especies, ella era la última. Detrás de ella, ruinas y silencio.
-Sabés mucho más de lo que pensás. Viste cosas que yo ni imagino, conociste la galaxia en su esplendor. - Le dije.
-Digamos que sí.
-Pero lo que me contás es siempre impresionante. Hasta los pequeños detalles. Las canciones, las tramas de tus series, la ropa, todo, todo…
-No las siento así. Pero… gracias. - Dijo, con la boca casi cerrada.
Suspiré.
-Todo lo que sabes importa. A mí me interesa escucharlo. En serio. Y… no hace falta que me cuentes todo. Pero… aprecio que lo hagas.
Ragua asintió lentamente con la cabeza, como agradecimiento y miró al cielo, capaz tratando de encontrar el transgaláctico que ya se había perdido, dejando una estela plateada en la noche.
La capital de Fraternité no era muy grande, pero incluso en una ciudad así, con sus luces era difícil ver las estrellas. Tan solo algunas, las más brillantes, en constelaciones que no reconocía, se animaban a presentarse entre los faroles y anuncios de neón.
Creo que Ragua se dio cuenta que estaba mirándolas también.
-Una vez, Mamá me llevó a la casa de mis abuelos, cerca de un arrecife en medio de la nada. - Empezó a hablarme, su cola agitándose a medida que recordaba. - Ahí si se veían todas las estrellas, no como aquí. Y mis abuelos, bueno, ellos no tenían Servidores. No los soportaban. Ellos hacían todo… ¿como lo dirías?
-¿...Casero?
-Casero. - Sonrío. -Bonita palabra. Yo me aburría mucho en la casa de mis abuelos. No tenían ni conexión al intergaláctico. Pero… Había unas cositas redondas. Eran… sé que te puede parecer raro, pero pequeños huevos de coral. Había unos… camarones. Ellos tomaban esos huevitos y los escondían en una esponja, para alimentar a sus... ¿larvas, creo que es la palabra?. Y mis abuelos tenían un jardín de esas esponjas en su casa…
Me costaba imaginar lo que Ragua me estaba contando. Pero me di cuenta que a ella también le estaba costando encontrar las palabras en rioplatense.
-…Bueno. Mis abuelos cuidaban de esos camarones. Hasta le ponían nombres. Nunca supe el nombre de todos, porque eran demasiados. Pero cada uno tenía un color diferente, y hacían cosas distintas. Algo así como… ¿Como se llama eso? ¿Cuando hay criaturas que hacen cosas diferentes? -Me dijo de una forma vaga, pero sorprendentemente comprensible.
-Colmena…
-¡Colmena, sí! Pero no los comíamos. Comíamos los huevos que recolectaban. El abuelo me decía que mientras más felices eran, más huevos recolectaban para nosotros.
-¿Y como lo cocinabas?
-¡No, no los cocinaban! Los ponían en una especie de frasco, y los mezclaban con unas plantas que no recuerdo. Y los dejaban que.. ¿Como se dice?
-¿Fermenten? ¿Como el vino?
-Sí, supongo que sí. - Me dijo, más entusiasmada, como que ahora entendía lo que estaba hablando. -Y quedaba una cosa… rica. ¡Bien rica! ¿Y sabes lo que es lo más loco?
-¿Qué? - Le pregunté, entusiasmado.
-No tenía gusto salado.
Mi boca se abrió en sorpresa. Exagerada, capaz, pero con razón.
-O sea, ¡Todo en el mar tiene gusto salado! ¡Pero esto no! Es…-
Ragua pausó, su cola dejó de moverse, mientras pensaba.
-Una vez quisiste describirme lo que era dulce… - Me dijo, con brillo en sus ojos.
-…Pero me dijiste que no podías sentir ese gusto.
-Creo que esto sería lo más parecido. Arcorur. - Me dijo, finalmente en su lenguaje, un poco como un rugido, no con una 'r' humana, sino más gutural. -Lo ponías en otra comida, ¡y era como que… se pegaba al gusto de todo lo demás!
-Como la miel…
-¡Exacto! ¡Me recuerda a eso!
Ragua me siguió describiendo como pudo, mezclando el rioplatense con el estándar y con su propia lengua, un montón de comidas con arcorur. Y por un momento, por un ratito, en esa parrilla, entre el humo y el aire tropical de un mundo distante, su civilización revivió, y sus abuelos estaban comiendo acá con nosotros.
Sonreí.
Quería saber más.
Quería que me cuente como sentía vivir en su tiempo. Que me explique lo inexplicable.
Pero inevitablemente…
-Me gustaría poder contarte más. - Ragua cortó la conversación. - Pero… No hay forma de que los puedas probar. - Me dijo, cortando la conversación.
Comí otro pedazo de costilla, pensando en que responder.
-No necesariamente. Hay millones de mares entre las estrellas. Esos camarones pueden estar en alguno de ellos.
Ragua asintió con un suspiro. Como diciendo, "Sí, pero mis abuelos no."
Miré para otro lado.
-Hay muchas comidas para probar. -Traté de seguir la conversación. Creo que ella lo notó, y regresó su sonrisa.
-Sí vos pagás, por mí espectacular. - Ragua me contestó en un rioplatense perfecto.
-No. - Contesté con una seriedad exagerada.
Ragua se rió. Sus dientes brillaron bajo las guirnaldas de focos y las brasas de la parrilla.
-Bueno. Al fin tengo una compañera para los asados. Así que sí, capaz podemos darnos un gustito de vez en cuando… -Admití, siguiendo ese ida y vuelta que tanto me encantaba.
-No me convence demasiado. -Replicó.
-Todo depende de como salga el siguiente negocio.
-No empieces.
Por una vez, ese tambor que retumbaba constantemente en mi cabeza, de números en rojo y en negro, decidió obedecer y callarse. Hoy no, no iba a empezar. Hoy, por lo menos.
-Bueno, comé tranquila. Hoy festejamos. Mañana despegamos.
-¿Y esa coplita de donde la sacaste? - Me ironizó.
Me di cuenta, con una sonrisa, que poco a poco, se le iba pegando mi tonada.
Lo que no me daba cuenta en ese momento es que algo de ella también se me estaba pegando.
…
#espero que les guste hay un par de cosas que no me convencen demasiado pero ya quería publicarlo manden asks si les gustó!#muchas de las cosas son basadas en cosas que viví pero no voy a contar cuales... hay varias referencias que espero que les gusten también#cosas mias#mi escritura#castellano#ciencia ficción#más que nada la idea era hacer como una introducción al mundo y a los personajes como para que se puedan sumergir en algo un ratito#espero haberlo logrado
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Pesaro Urbino. Due episodi di furto ed indebito utilizzo di carta di credito
Pesaro Urbino. Due episodi di furto ed indebito utilizzo di carta di credito. Nell’ambito dell’attività di Polizia Giudiziaria svolta da personale della Segreteria dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria, a seguito di indagini scaturite da due denunce sporte presso questi uffici, due cittadini italiani, identificati come responsabili di reati contro il patrimonio. Nei fatti, venerdì 5 aprile un cittadino italiano, con invalidità permanente e in stato di palese difficoltà personale, denunciava l’indebito utilizzo della propria carta di credito. Verificando l’estratto conto della carta, personale dell’ufficio denunce effettuava verifiche presso l’esercizio commerciale ove erano state effettuate le indebite transazioni, acquisendo le immagini di sorveglianza del locale. La visione delle riprese permetteva di individuare il responsabile del fatto, un cittadino italiano 40enne, già denunciato per altri eventi delittuosi recenti. Personale della Squadra Volante lo rintracciava e messo di fronte all’evidenza dei fatti, l’uomo ammetteva di aver sottratto la tessera bancaria al compagno con cui condivide l’alloggio per acquistare dei gratta e vinci con la speranza di utilizzare i soldi della vincita per comprare dello stupefacente, essendo oltretutto anche tossicodipendente. Per tali fatti, l’uomo veniva deferito in stato di libertà per il reato di furto con destrezza e indebito utilizzo di carta di credito. Nei giorni immediatamente prima delle festività pasquali, in un supermercato cittadino, una donna, dopo aver fatto la spesa e pagato, inavvertitamente lasciava il portafoglio incustodito sulle casse automatiche. Tornata presso il supermercato, constatava che il portafoglio non c’era più. Una volta sporta la denuncia, personale dell’UPGSP acquisiva le immagini del supermercato che immortalavano l’atto del furto da parte di un uomo che, con una mossa repentina, occultava il portafoglio nel casco della moto, dopo aver anche lui pagato alla stessa cassa automatica della sventurata signora. I fotogrammi acquisiti e diffusi al personale in servizio alla questura permettevano ad un dipendente, libero dal servizio, che era andato a fare la spesa nello stesso supermercato, nella giornata dell'8 aprile 2024, di individuare in sosta nel parcheggio, nei pressi del motociclo usato dal ladro, uno con le stesse caratteristiche. Appostatosi in attesa dell’arrivo del conducente, alla sua vista, forte delle descrizioni desunte dai filmati, che combaciavano perfettamente a quelle dell’uomo che si stava per mettere alla guida, veniva bloccato, facendosi coadiuvare sul posto da un equipaggio della squadra volante, preallertata. L’uomo, un cittadino italiano 50enne con pregiudizi di polizia, dapprima negava ogni addebito in merito ai fatti contestatigli, ma le risultanze investigative non potevano far altro che indurlo ad ammettere e confessare. L’uomo veniva deferito all’Autorità Giudiziaria per il reato di furto aggravato. Purtroppo, il portafoglio non era più recuperabile in quanto il responsabile lo aveva buttato in un cassonetto, ma restava la gioia della donna che incidentalmente in questura, per il rilascio del duplicato della patente, si trovava testimone dell’attività svolta, ringraziando i poliziotti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Tommaso Zorzi senza flitri: "Stanzani? Ho sbagliato. Adesso ho un nuovo amore" In una lunga intervista a Vanity Fair, Tommaso Zorzi si è raccontato senza filtri dcome non faceva da tempo. L'influencer si è aperto completamente tra confessioni di un'anno difficile alle spalle, una nuova rinascita, il rapporto con i social, la fine della storia d'amore con Tommaso Stanzani e nuove opportunità lavorative. Tommaso Zorzi, il privilegiato: riceve i biglietti gratis per Taylor Swift e ironizza sul prezzo. È bufera Tommaso Zorzi su Tommaso Stanzani: "Non mi sono comportato bene" Durante l'intervista, l'influencer ha fatto riferimento al 2023 come un anno non facile sotto tutti i punti di vista, sia personale che lavorativo. Di fatti una volta uscito trionfante dal Grande Fratello si è trovato catapultato in un vortice che lo risucchiava e nell'anno passato ha incominciato a pensare più a se stesso; lui stesso infatti ha dichiarato che "dopo una tempesta c'è sempre il sereno". Il giovane 28enne, ha raccontato la sua "tempesta" così: Il 2023 è stato un anno di metamorfosi in cui ho imparato a concentrarmi su me stesso e a pensare a me. Ho preso la patente, ho iniziato ad allenarmi bene in palestra e ho lasciato andare delle situazioni lavorative che mi stavano strette. Ho sentito il bisogno di fermarmi per cercare di accogliere il progetto giusto, senza avere paura che la gente potesse pensare che non stessi facendo niente. Ha poi continuato: Da quando sono uscito dal Grande Fratello ho fatto tutta una cosa dopo l'altra, non ho mai avuto il tempo di fermarmi e di riflettere se facevo tutto questo per la fame di esserci o la voglia di provarci. Sono arrivato alla conclusione che ero più preoccupato di dimostrare qualcosa agli altri anziché a me stesso: quando l'ho capito mi sono fermato per capire dove stavo andando e cosa avrei voluto fare, cercando di costruirmi una credibilità che, per chi fa questo mestiere, è indispensabile Questa sua nuova rinascita e conseguente maturazione, sembra essere strettamente legata alla fine della relazione con il ballerino, nonché ex partecipante di Amici, Tommaso Stanzani: La fine del rapporto con lui ha segnato la fine di un'epoca legata a quella centrifuga di roba iniziata al GF. Quando è finita, è iniziato un percorso individuale che mi ha portato a interrogarmi su di me e a come sarei voluto apparire agli occhi della gente. Sono arrivato alla conclusione che mi piacerebbe essere ricordato come un ragazzo perbene e con i piedi per terra: è la cosa a cui terrei di più. Ha poi ammesso di essere stato lui stesso a chiudere la relazione con il ballerino: Non è successo un fatto eclatante, ma senz'altro non mi sono comportato bene con Tommaso perché ero completamente assorbito da me stesso. Dalle cose più stupide alla cose più grandi, tendevo a non interpellarlo e a prendere io le decisioni, che si andasse a Cortina nel weekend o che si cambiasse il divano in salotto. Ma dopo questo brutto temporale, c'è il sole che lo aspetta, infatti ha dichiarato di essere fidanzato con un ragazzo ma questa volta sta procedendo più cautamente e con lui sta comprendendo che si può essere in una relazione felici senza non dover convivere ne tantomeno comprare un cane il giorno dopo. Per ora Zorzi ha deciso di non pubblicizzare la storia su Instagram e non dire nomi riguardo il ragazzo misterioso con cui si sta frequentando. Sembra dunque che il periodo travagliato che ha passato, gli ha permesso oggi di essere una nuova versione di se stesso: "Sto imparando a dire la verità e a essere onesto, mettendo le cose chiaro al più presto. […] Vivere le cose un passo alla volta è più bello, e per me, che ho quasi 30 anni, è la prima volta", ha detto Drag Race Italia un ricordo passato, ora una nuova esperienza per Zorzi La rinascita di Tommaso Zorzi non si limita solo alla sfera personale ma anche a quella lavorativa; di fatti ha lasciato alle spalle il programma Drag Race Italia che lo vedeva come giudice, ma ora per lui c'è una nuova avventura su RealTime che lo aspetta. Bisogna infatti ricordare che Zorzi ha partecipato al reality su Discovery+ per le prime due edizioni ma poi nessuno gli ha chiesto di tornare anche per la successiva stagione, lui stesso ha ammesso di essere rimasto deluso: Sono rimasto un po' deluso dai modi con cui è successo. Nessuno mi ha chiamato, inclusi i colleghi. Capisco che c'erano delle dinamiche interne da rispettare - il fatto che il programma traslocasse su un'altra rete e io fossi su un'altra -, ma non posso negare che dal punto di vista umano ci sono rimasto un po' male Nonostante queste vicissitudini però, ora Zorzi farà parte dei giudici del programma Cortesie per gli ospiti; nel corso dell'intervista ha parlato di questa nuova esperienza che lo aveva già visto qualche anno fa come concorrente in due occasioni diverse, prima con la madre e poi con la sorella in alcune puntate "Vip": Stavo parlando con il direttore Gesualdo Vercio di tutt'altro fino a quando non mi ha detto che stava cercando una figura che ricordasse l'home style e mi sono lanciato subito: "L'hai trovata", gli ho detto. Sarò un giudice giusto che lascia la severità ai colleghi. Io non sono un esperto, ma un semplice appassionato di design che ha pensato di entrare molto educatamente all'interno del programma. Si è poi espresso sui colleghi che saranno al suo fianco durante questa nuova opportunità lavorativa: Csaba dalla Zorza e Roberto Valbuzzi: Da Csaba di tutto. Ormai faccio delle mise en place a casa che quasi mi scoccia mangiarci sopra, mentre purtroppo in cucina rimango un cane. So spiegare le preparazioni, ma mi fermo al discorso
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buon pomeriggio amichetti
sono le 16:16 del primo giorno dell'anno per me, essendo stato ieri il mio compleanno
ho compiuto diciotto anni e una mia amica mi ha regalato una borsetta color crema che è stupenda ve lo giuro la amo
ieri mattina con la mia carta d'identità da nuova maggiorenne ho avuto la brillante idea di comprare alle macchinette un pacchetto di winston blue e io manco fumo
l'ho fatto "just because I can" e adesso ho un pacchetto di sigarette con un'immagine terrificante di un piede tumefatto (?) nel cassetto del mio comodino
avrei voluto fumarne una ma avevo una paura che i miei ne sentissero l'odore su di me
beh vedremo come andrà
in tutto questo vi aggiorno sui miei obbiettivi attuali:
- conseguimento della patente
- perdita di peso
- maggiore consapevolezza spirituale (sì, sono il tipo di persona che fa yoga con l'incenso acceso)
e poi basta quando inizierà scuola sarà il quinto ergo saranno dolori ma fino a quel momento parteciperò al maggior numero di festini possibili e mi divertirò
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Eccomi dopo tanti mesi anzi anni…la mia vita beh come ho 25 anni senza una macchina senza la patente e senza un futuro …ormai tutti i sogni che ho nel cassetto non credo che riesco ad andare avanti purtroppo vivo in un posto l’opportunità di lavoro e di comprare una casa in questi giorni cerco di essere più presente
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Altro titolo ad effetto che ottiene il risultato di avere più click e più incassi pubblicitari sulla pagina. Poi leggi l'articolo e scopri che si tratta solo dei neopatentati...
Certo, fa male pensare a quanto lo Stato tratti i giovani come dei delinquenti, spingendoli a diventarlo solo per il gusto del proibito, mentre negli USA puoi prendere la patente a 16 anni!
Da noi puoi prendere la patente alla stessa età in cui puoi comprare l'alcool, e poi si lamentano degli incidenti. Come se gli adulti non guidassero ubriachi, fra l'altro...
Insomma, i cittadini europei sono dei bambini che hanno bisogno delle regole dettate da mamma Ue e papà Stato, ma che non diventeranno mai adulti perché non saranno mai lasciati soli dai genitori.
Ci sono brutte notizie per gli automobilisti europei: ben presto potrebbe essere vietato circolare di notte, ecco il perché di questa scelta / giornalemotori.it
Il Codice della strada sta cambiando e diventando sempre più severo e tra poco vieteranno di girare di notte: si tratta di una decisione dell’Unione Europea che sta già facendo discutere l’opinione pubblica tra chi è contrario e chi invece si trova a favore. E ben presto questo divieto potrebbe entrare in vigore cambiando per sempre le nostre vite.
Stanno per entrare in vigore misure ancora più severe: il Codice della strada italiano sta per cambiare e il decreto che lo modificherà dovrebbe essere approvato, secondo le stime del governo, pochi giorni dopo Natale. Si tratta di una misura drastica presa dal nostro governo per intensificare la sicurezza stradale, un tema su cui c’è ancora molto da lavorare.
Sono ancora troppi gli incidenti che avvengono nel nostro paese: l’esecutivo questo lo sa bene, visto le drastiche decisioni che ora si trova a prendere e che cambieranno per sempre la vita degli automobilisti italiani ed europei. I numeri sono ancora più drammatici quando si parla di feriti e di morti, che purtroppo in larga parte sono rappresentati dai più giovani.
Ecco la nuova decisione dell’Unione Europea, cosa prevede e quando potrebbe entrare in vigore.
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chi l'ha detto che ci vogliono ammazzare tutti?
questi ci vogliono vivi e vegeti, ma per poterci torturare meglio, altrimenti non si spiega...;-)
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UNO SCRITTO DELL’AVV. FRANCESCO RUSSO CHE CONDIVIDO IN TOTO
SIVAX con Juicio
Non sono e non mi sento un NOVAX e quando lo penso lo dico anche e invito tutti a vaccinarsi, ora, però, bisogna smetterla con questa pagliacciata dei vaccini uber alles e soprattutto della mascherina, strumento di tortura e gogna contemporaneamente. Non sono e non mi sento un NOVAX perché mi sono vaccinato e sono in possesso del GreenPass che ritengo sia un marchio di ignominia ed assolva soltanto al controllo poliziesco della Popolazione. Il Vaccino non evita il contagio, lo dice la scienza e lo dicono i soloni che si avvicendano in TV per sgraffignare un gettone di presenza o per tentare di diventare famosi. Il Vaccino, quindi, soprattutto non evita che chi sia vaccinato e chi sia fornito del Green Pass non possa contagiare se è portatore di Covid a sua insaputa, ergo il Green Pass non serve. Il Vaccino, attutisce la ferocia del Covid , ma è anche un affare per le Case farmaceutiche che finanziano, evidentemente l’OMS ,la quale dopo aver dichiarato che si tratta di Pandemia e quindi “un male mondiale” avrebbe dovuto stabilire che sui Vaccini non si potesse mantenere il brevetto e che quindi la produzione sarebbe dovuta restare libera. Il Vaccino è un affare per la Case Farmaceutiche, tant’è che Astra Zeneca è stata scartata come casa fornitrice perché il Vaccino costava poco e “pe’ ghionta ‘e ruotolo” come si dice a Napoli, non creava problemi dopo la somministrazione, mentre Moderna e Pfizer ne creano, eccome e costano tantissimo. Non parliamo di quello dello Shampoo per i bambini che serve tanto poco quanto niente, ma essendo americano l’Italia lo ha dovuto comprare, ma poi lo ha dovuto abolire. Il Vaccino serve a non morire, a non affollare le rianimazioni, ma tutto questo lo si può ottenere , nella generalità dei casi e specialmente per i contagiati vaccinati, con le cure domiciliari, antibiotico e cortisone che rispondono perfettamente alla bisogna. C’è Da dire inoltre che dopo Capodanno, non si sa perché, dopo e non prima, arriva una pillola che risolve la situazione e cura il Covid. Abbiamo sopportato Arcuri che ha fatto depredare le casse dello Stato di diversi milioni di euro, abbiamo sopportato qualche imbecille che prima di fare il Ministro faceva il giostraio, il quale ha preteso che i banchi per le scuole fossero muniti di rotelle per poterli spostare facilmente e stabilire la distanza di sicurezza, ovvero distanza sociale, tra gli studenti. Abbiamo sopportato che ci raccontassero fole, fanfaluche, quisquilie e pinzallacchere e le abbiamo ascoltate pazientemente, perché gli italiani hanno pazienza, abbiamo letto giornali scritti da mentitori autorizzati, con la patente di bugiardi che ci raccontavano cose inenarrabili sui contagi, sull’affollamento delle Rianimazioni, sui morti, bugie plateali smentite nello stesso telegionale da “lettori” diversi, in somma, abbiamo sopportato di tutto, ogni privazione di libertà, anche rendendoci ridicoli quando le forze dell’Ordine inseguivano qualche solitario frequentatore di spiagge deserte, a volte inseguimenti con l’elicottero, ci siamo dunque resi ultraridicoli, specialmente quando qualche autorevole politico, nelle occasioni speciali dimenticava di indossare la mascherina. Ma ora basta, certo che se basta lo dica io non serve a nulla, ma vorrei che lo dicesse qualcuno che si occupi seriamente di politica per smascherare le esagerazioni che ci sono in tutto questo svolgersi dei fatti, perché queste esagerazioni a me pare che fruttino tanti soldini a qualcuno. E Per finire: la terza dose è la riprova che il Vaccino serve poco, alla salute, ma molto serve alla tasca. Vuoi vedere che hanno trovato un altro sistema per finanziare la politica? Alla fine: Usque tandem…! Francesco Russo
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SOLO UN'EMOZIONE
Per comprare una macchina (iniziare una relazione) c'è bisogno dei soldi (l'amore), ma poi dobbiamo pagare il bollo (l'impegno), l'assicurazione (la fiducia) e la benzina (il dialogo). È la benzina che manderà avanti la macchina e che gli farà percorrere la strada, più benzina = più strada. Ma abbiamo bisogno anche della patente (la consapevolezza) per sapere come si guida!
Se abbiamo solo i soldi per comprare la macchina, ci ritroveremo con un pezzo di ferro che non possiamo neanche tenere per strada perché senza bollo e assicurazione. Se non abbiamo la benzina, resterà parcheggiata senza andare da nessuna parte. Ma anche avendo tutto il resto, senza patente non potremo guidarla.
Una relazione funziona quando ci sono consapevolezza, impegno, fiducia e dialogo. Senza queste cose, l'amore è solo un'emozione...
@clacclo
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L’apologia dell’automobilista
Guidare in tangenziale o in autostrada è come correre in un sentiero di guerra. Gli automobilisti nel traffico si attaccano ai veicoli che li precedono, al confine tra il tamponamento e la distanza millimetrica, disposti ad accelerare bruscamente e rischiare un incidente pur di non cedere la propria posizione. Tagliano le strade senza guardare in alcuna direzione, attraversano corsie in spazi strettissimi, a volte addirittura invertono la direzione o camminano in retromarcia. Tutto questo è dovuto ad un circolo vizioso: lo stress incita la cattiveria, la cattiveria alimenta la pressione, la pressione si trasforma in stress. Tutti devono correre, ma nessuno ha lo spazio per farlo. E il tempo scorre, intanto. Quasi viene da giustificare un uomo che si alza alle sei per accompagnare i propri figli a scuola e arrivare sul posto di lavoro dopo tre ore, di cui più di una passata tra traffico e ricerca del parcheggio, se urla e sbraita contro le macchine che vede ferme davanti ai suoi occhi, ignorando che davanti a sé ha una donna che ha dormito meno di lui perché dopo aver fatto la spesa ed essere andata a prendere i propri figli dai rispettivi centri sportivi o musicali, è tornata a casa esausta, ha preparato da mangiare, rassettato le varie stanze e ora ha i nervi a fior di pelle e i riflessi deboli. Allora questo atteggiamento, poi, resta dentro. E succede che anche se lo stesso automobilista sta guidando in un orario stranamente desolato e qualcun altro fa una minima cosa fuori posto, parte in quarta e sfoga a vetri chiusi tutta la sua rabbia e frustrazione, insultando l’incapace che si è permesso di svoltare senza usare le frecce e chi gli ha concesso la patente. Perché non è facile smaltire tutta l’angoscia, il logorio del traffico mattutino. Non basta il weekend di fine settimana. Soprattutto se si passa dal traffico del lavoro a quello del centro commerciale: primi metri lisci, poi ci si avvicina all’imbocco della strada per i grandi magazzini - l’unica, probabilmente; almeno la più conosciuta da gran parte della popolazione - e si consuma una nuova tragedia. Quaranta minuti a passo d’uomo per percorrere sì e no cinque chilometri. Finalmente, dopo una lunga agonia, si arriva ai parcheggi. Tutto strapieno. E se c’è un posto libero, qualcun altro l’ha già adocchiato e per evitare scene nefaste è meglio cedere, da galantuomini, il posto a chi sembra meno arrabbiato con la vita. Se c’è qualcuno che sembra stia andando via, magari dopo averlo aspettato a macchina spenta mentre caricava il bagagliaio con buste di vestiti acquistati in saldi, non si può calare un attimo l’attenzione: giusto il tempo di fare retromarcia per lasciare uscire il salvatore del sabato mattina, compare dal nulla, nel senso di marcia opposto, il furbo, che si infila nel tanto anelato posto libero. E lì, l’automobilista medio, quello che maledice ogni giorno il momento in cui ha deciso di comprare un veicolo a quattro ruote, scende dalla macchina con fare minaccioso. Urlare nell’abitacolo non basta più, non importa se dentro l’altra vettura c’è un judoka o un culturista o un nazista armato: bisogna dire a quel pezzo di merda che è più di un’ora che non c’è un posto libero e non può arrivare lui, così, tanto bravo, e mettersi lì, dopo che qualcun altro gli ha tenuto in caldo la poltrona. Migliore delle ipotesi: dopo aver fatto il finto tonto, il furbetto si sente seriamente intimorito e minacciato e decide, per la pace sua e di chi lo accompagna, di rinunciare al parcheggio in cambio delle sue gambe. Peggiore delle ipotesi: si scatena una rissa, mentre i bambini attorno piangono e le donne urlano di smettere - il tutto rigorosamente filmato da molti telefonini e nessuno che, distratto dalla scena o forse semplicemente ignavo, si prenda la briga di chiamare aiuto. Si stima che ogni sabato e domenica accadano otto ipotesi migliori e dodici peggiori in ogni centro commerciale dei capoluoghi italiani, spesso anche a distanza di poche file le une dalle altre. Qualcuno, tra i liberi pensatori, suppone che l’aumento dei carburanti e la volontà di mantenere le accise da parte del governo per così tanti anni sia una strategia politica per tentare di mantenere la pace nelle gallerie commerciali. In tutta onestà, io sono d’accordo con questa visione: se la benzina non costasse così tanto, ci sarebbero ancora più automobilisti, ancora più incazzati e ancora più feriti.
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