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#colore nel cinema
diananortoncoleman · 1 year
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Il colore
Ah, che spettacolo! Il colore... un mondo nuovo rispetto alle mille sfumature di grigio. Ma quando esattamente sono stati utilizzati i colori? “Dopo al sonoro ovviamente!” … E invece, miei cari, anche prima! In questo episodio ciaccolerò appunto dell' utilizzo del colore nei film delle prime proiezioni. Giusto per sfizio vi informo che la tv a colori arrivò negli Stati Uniti nel 1954, Francia, Gran Bretagna e Germania nel 1967 e in Italia nel 1977.
Curiosità sul bianco e nero:
Nei film non a colori i vestiti venivano scelti appositamente per far risaltare i contrasti tra le vesti e i chiaro- scuro. Ora ovviamente i film vengono girati a colori ma esistono oltre a 279 film che anche dagli anni '70 vengono girati (anche parzialmente)i n bianco e nero per motivi artistici. Basti pensare al film “Il ragazzo selvaggio” del 1970, “Frankeinstein Jr.” del 1974, oppure a “The Elephant Man” del 1980, del 1993 c'è il famoso “Schindler's list”, oppure ancora e più vicino a noi “The Atist” del 2011. Insomma, malgrado quel che si possa pensare, il B/N non è passato di moda e rimarrà sempre un' ispirazione per i registi. (Scena dal film “Casablanca”- 1942) (Scena dal film “Frankenstein Junior”- 1974)
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Il colore:
Le pellicole cinematografiche a colori arrivarono ufficialmente negli anni '30, anche se nel 1908 fu girato il primo documentario che mostrasse questa novità.I l cortometraggio durava 8 minuti e si intitolava “A visit to the seaside” (Una visita alla spiaggia); questo era stato girato con la tecnica di colorazione del Kinemacolor, utilizzato dal 1908 al 1914. Questa invenzione di George Albert Smith permise una colorazione della pellicola con dei toni (attraverso a dei filtri) solamente rosso ed azzurro.
Nel 1910 venne distribuito il primo film drammatico “Checkmated” (Scacco matto), al quale seguì l' anno successivo nu documentario sull' incoronazione del re Giorgio V d' Inghilterra in India.
Due cortometraggi furono pubblicati del 1914, ultime opere girate con il Kinemacolor. Anche se l' apparecchio aveva prodotto oltre a 50 film più 4 documentari, non fu mai un totale successo, in quanto il costo di installazione degli speciali proiettori nelle sale cinematografiche era alquanto elevato. Inoltre le visioni erano meno nitide perché subivano l' influenza degli aloni dei filtri colorati.
Colorazione a mano:
I primi studio sulle pellicole a colori furono fatte da Thomas Edison (inventore del Kinetoscopio) nel 1895 con il film “Annabelle's Dance”, dove la pellicola venne dipinta a mano, fotogramma per fotogramma.
Anche George Méliès (inventore del montaggio) produceva copie dipinte a mano delle proprie pellicole. Il film infatti “Viaggio nella Luna” del 1902 fu rifatto a colori a breve distanza dalla sua pubblicazione.
Anche Charles Pathé con il Pathé Color/ Pathéchrome intraprese questa nuova moda del colore che, dal 1910, assicurò l' efficacia della colorazione anche attraverso a maschere (una mascherina incorporata al negativo che serve a rendere il colore più nitido, rendendo la stampa/visione dell' immagine positiva migliore). Il Pathéchrome continuò la produzione sino agli anni '30.
Altri esperimenti furono fatti nei 10 successivi, sino a riuscire a cambiare solo alcune cromature dei colori: il nero infatti assumeva un colore blu scuro, dei quali i primi esempi furono”Giovanna D'Arco” del 1916 ed “Il fantasfa dell' opera” del 1925 .
La Eastman Kosak introdusse il proprio sistema di pellicole in bianco e nero pre-colorate chiamato Sonochrome nel 1929 (inproduzione sino agli anni 60!), il quale raggiungeva un numero di 17 colori.
Tra gli anni 1930-40 alcuni film furono tratti in una soluzione che virava al seppia, per evocare la sensazione delle vecchie fotografie: primo film girato con questa tecnica innovativa furono alcuni film western, e nel 1951 “Il continente perduto” di Sam Newfield.
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Le Tinte Esposte di Luca Venzi. Studi sul colore nel cinema.
DISCLAIMER: Questo elaborato è stato realizzato da me per dei crediti universitari. Quando ho cercato informazioni sul questo titolo ho trovato ben poco online, se ti serve aiuto ti chiedo di non copiarlo spudoratamente ma puoi citare questa analisi senza problemi inserendo questa frase in piè di pagina e nella sitografia: (created 2021, online since JUNE 2024) Romeo Isabella Le Tinte Esposte di Luca Venzi: https://opulenzacinematografica.tumblr.com/post/753265199335833600/tinte-esposte-di-luca-venzi
INTRODUZIONE
Nella storia del cinema l’introduzione del technicolor ha avuto un impatto fortissimo a livello di creazione, di visione e soprattutto di fruizione. I colori che prima erano una scala cromatica monocolore potevano finalmente rivelare le tinte appartenenti allo spettro cromatico.
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Luca Venzi nel suo Tinte Esposte approfondisce il tema sull’utilizzo del colore come strumento della formatività cinematografica. Il colore agisce all’interno del film come un elemento espressivo in un arco di modalità molto vasto che può andare dalla pura e semplice presentazione, alla partecipazione e, a volte, alla regolamentazione delle più diverse strategie di costruzione del senso. [1]
Lo studio sul colore, infatti, ha permesso con il tempo di introdurre nuovi studi nel cinema, studi in grado di determinare il legame tra la composizione dell’immagine e ciò che riusciva a comunicare agli spettatori. Il colore ha un forte potere psicologico sul pubblico ed è in grado di scaturirne le emozioni e alterarne quindi lo stato d’animo. Tinte Esposte segue una serie di percorsi e traiettorie dentro e attraverso l’immagine che non è mai una sola ma si veste di svariati significati voluti dal regista che tramite i colori vuole mandare un messaggio o comunicare un certo stato d’animo.
Infatti, il colore è un elemento autonomo all’interno della scena, è trascendente al resto e deve vedersi come per ciò che è. L’audience deve essere in grado di riconoscere un colore nella sua totalità della scena, non solo per qualche elemento che ne fa parte.
L'ANALISI
Il percorso che segue Venzi è attraverso generi e registi, partendo dal musical che è uno dei generi più importanti per l’espressione del colore, d’altronde l’uso del technicolor in bicromia si deve soprattutto ai film musicali prodotti nel lasso di tempo che va dal 1929 al 1930, anche se in questo periodo il colore serve solamente a intensificare la scena e l’orizzonte dell’esibizione. Il boom del colore si avrà però con la tricomia che riuscirà a dimostrare la potenzialità di un elemento che sino ad ora non aveva alcuno ruolo fenomenico. L’uso del colore in maniera narrativa espressiva-simbolica viene promossa da Natalie Kalmus nel suo Color Consciousness [2] dove il colore viene visto come elemento attrattivo ed è proprio grazie a questa sua capacità che le grandi case di distribuzione approveranno l’uso accentuato dei colori nelle esibizioni nei musical. Il colore ha due modalità di espressione:
l’insorgenza, dove il colore attraversa l’immagine ed è la prima cosa che si nota, capace di un’identità d’attrazione
ricorrenza, la ripetizione del colore nel testo che si fa notare attraverso elementi appartenenti allo stesso croma
In Funny Face (Stanley Donen, 1957) di abbiamo un uso del colore che rispetta perfettamente queste due modalità di espressione. La gamma dei colori presenti all’interno del film viene quasi ostentata da Donen che riesce a rendere il cromatismo parte integrante della scena quasi a delinearne le azioni. I colori usati riescono ad essere un legante perfetto in relazione al musical, all’alta moda presente nel film e alle fotografie presenti di Richard Avedon.
Il colore investe lo spazio scenico rendendolo spettacolare. I colori scena dopo scena sembra quasi si vogliano contraddire, si passa dallo slogan “Think Pink” in cui tutta il colore si palesa con insorgenza (la scena con il lungo velo rosa, fig. 1)) e ricorrenza (la scena dove ballano, fig. 2) al colore brillante dei taxi che si perdono per le vie di Parigi e al giallo del cappello indossato da Audrey Hepburn nella scena nella libreria.
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L’oscurità della biblioteca, il senso di grande spazio vuoto viene riempito da tinte chiare e brillanti che si adattano perfettamente allo stato d’animo della protagonista. Questo insieme di colori rende questo musical elegante e coinvolgente e perfettamente adatto per spiegare gli elementi di sviluppo del colore.
È interessante come Venzi ritenga che il colore in quanto tale possa essere esibito come testo filmico dalle diversificate funzioni e da svariati significati in grado di alterare la narrazione e le codificazioni extratestuali e non. Tra i coloristi del cinema è impossibile non citare Godard, il suo modo di utilizzare i colori (tre prevalentemente: blu, rosso e bianco/giallo) è parte integrante della produzione dei suoi film che hanno visto un interesse periodico nell’uso di questo elemento. I colori che appaiono più frequentemente in A Woman is a Woman sono il rosso e il blu e la ricorrenza di queste scelte cromatiche sembra quasi avere valenza sulle scelte dei temi affrontati nei film. Ed è proprio in questo film che sempre aver compreso quanto l’elemento del colore fosse importante a livello tematico, tanto che se avesse potuto avrebbe allungato la durata delle singole inquadrature, rallentando i movimenti di macchina per permettere allo spettatore di concentrarsi e cogliere la composizione dei colori costruita in scena. Ma AWIAW è un film veloce e molto vario nelle location e i colori sono in relazione alla caratterizzazione e allo sviluppo narrativo. Angela è il personaggio che motiva l’azione del film, appare per la prima volta in un nightclub dove il colore predominante è il rosso, le sue palpebre sono truccate di azzurro/blu, viene poi mostrata con il suo cappotto bianco e vive in un appartamento dalle pareti chiare. I colori su cui il regista vuole sperimentare si ripetono continuamente e sono sempre presenti per tutto il film.
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E qui i colori hanno anche una forte valenza psicologica, Godard vuole far comprendere allo spettatore le vere intenzioni dei personaggi e il loro stato d’animo attraverso i colori a loro accostati.
Emile che è più con i piedi per terra e non vuole avere figli indossa abiti prevalentemente freddi sul blu, l’appartamento che è zona neutrale invece contiene oggetti rossi e blu. Angela che durante tutto il film è accompagnata da una forte indecisione indossa spesso il rosso e il blu insieme, questo denota quanto per il regista fosse fondamentale utilizzare il colore come forma di linguaggio. La tricromia presente nel film può considerarsi quasi come un leitmotiv di accompagnamento al tema narrativo. Ogni scelta cromatica, infatti, ne prevede una successiva opposta, ed è proprio questo che dà ritmo al film e ne scandisce le scene. La tricromia è uno degli schemi di colore meno comuni nei film ma che se saputo usare, riesce ad essere sorprendente e vibrante alla stessa maniera.
Il colore ha quindi una capacità performativa in grado di rappresentare un preciso affetto, una certa sensazione, e di conseguenza, uno stato d’animo, sta quindi al film esporre la connessione tra contenuto e senso. Godard riesce a modellare ciò che si trova tra il dato e il senso, nonostante questi due fattori siano indefiniti ed astratti e lo dimostra in maniera differente in ogni sua opera a colori.
Molto interessante è anche come viene usato il colore nel cinema italiano, all’interno di Tinte Esposte viene affrontato l’uso di questo elemento nel cinema di Carmelo Bene e in quello di Dario Argento.  Nel cinema di Bene il colore ha una potenza visuale che riguarda una performance puramente attrazionale e trasfigurante in quello di Dario Argento invece il colore ha un ruolo determinante, quasi come se avesse un ruolo all’interno della trama dei suoi film.
Il cinema di Argento è pervaso dal rosso, il colore saturo del sangue porta lo spettatore a sentire il colore, l’uso infatti dei colori saturi in contrasto l’uno con l’altro, riesce a dare al film un aspetto quasi allucinatorio.
Suspiria (1977) è costruito tutto attorno alla presenza invasiva e divorante del colore, ciò viene accompagnato perfettamente dalla fotografia di Luciano Tovoli che sembra voler alterare il colore della pelle dei personaggi inquadrati.
La fotografia sembra modificare anche il colore della pelle, rendendola più calda, quasi tendente all'arancione. Ciò contribuisce a far risaltare diversi particolari e le scenografie particolarmente dettagliate (per esempio i dettagli geometrici sulle mura dell’accademia che sembrano quasi emergere su tutto). Interessante è sicuramente il colore del sangue utilizzato da Argento, un sangue che si vede essere finto, un’intensità di rosso totalmente diversa da quella delle pareti della struttura dove si sviluppa la storyline del film, quasi a voler evidenziare che è il luogo il posto reale e demoniaco. Il sangue sgorga all’interno delle pareti creando una sorta di dimensione infernale dove è impossibile rilassarsi. Eppure, il salone d’ingresso con le sue pareti blu e e gli ornamenti dorati con le vetrate gialla dona un aspetto quasi rassicurante allo spettatore, come se niente di brutto potesse accadere all’interno di quella struttura.
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Molto interessante è l’utilizzo della tricromia per Argento, usa i tre colori primari (blu, rosso e giallo) in una maniera totalmente diversa rispetto a Godard. Questo proprio perché il colore come elemento cinematografico è soggetto al regista.
Il blu in A Woman is a Woman, veste perfettamente la personalità di Emile che è disposto a far andare a letto un altro uomo con Angela per cogliere la sua provocazione e Angela è rappresentata con il rosso, come la passione e il forte desiderio di diventare madre. Certo con Argento abbiamo un film con tematiche e appartenente a un genere totalmente differente ma questo paragone permette di comprendere quanto il colore sia soggetto al volere del regista e della macchina da presa.
Argento conscio di questo suo potere sull’opera sembra quasi giocare con lo spettatore, quasi a volergli lanciare un messaggio e lo vediamo quando cambia la luce improvvisamente in camera di Susy, oppure semplicemente verso la fine del film quando i colori dal rosso e verde passano a una serie di sfumature più tenue che portano lo spettatore a sciogliere la tensione avuta sino a quel momento, quasi come se quelle tonalità scacciassero gli incubi avuti sino a quel momento.
Per Dario Argento il colore è materia, è pura vibrazione e insieme alla fotografia sono in grado di provocare una specie di dinamicità emotiva, Suspiria può per questo motivo, definirsi un film d’autore perché è il regista a decidere come alternare le tonalità dei colori primari.
Sicuramente l’opera di Venzi affronta ampiamente l’importanza del colore come elemento all’interno del cinema e riesce perfettamente a spiegare come in passato, l’avvento del technicolor, abbia e governi tutt’ora l’immagine raccogliendo sulla sua prestazione visuale l’attenzione dello spettatore.
Un esempio calzante è Marnie (1964) di Alfred Hitchcock, il colore viene utilizzato come una sorta di rivelatore della verità, ogni colore che accompagna un oggetto ha un significato ricorrente all’interno del film.
Il giallo è uno dei primi colori che vediamo e viene associato all’utilizzo del denaro per acquisirne benefici emotivi e non. La borsa che Marnie indossa nella prima inquadratura è gialla e al suo interno nasconde del denaro rubato, il padre di Mark invece viene introdotto mentre indossa un gilet dorato.
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Ma il rosso è forse il colore che si comporta in maniera più differente e possiede un significato psicologico legato direttamente al passato della protagonista.
Il colore è inizialmente posto in oggetti come i fiori, come dell’inchiostro versato su una camicia o sulla giacca da fantino, è un colore d’accompagnamento che viene minuziosamente posizionato all’interno del film. Quando la protagonista incontra il rosso la natura dell’oggetto passa in secondo piano perché è proprio il colore a turbarla, rendendo così per l’attenzione dello spettatore il colore primario e l’oggetto secondario, invertendo così la normale relazione tra attributo e oggetto.
I fiori rossi rappresentano per Marnie la perdita dell’amore di sua madre e risvegliano il senso di rivalità gelosa incarnata dal marinaio che era quindi suo rivale per ottenere l’amore della madre.
Quindi si può dire che l’utilizzo del colore per Hitchcock abbia un significato primario rispetto all’oggetto che decora, le relazioni con gli oggetti non sono specificate, e solo seguendo il colore si può arrivare al trauma che la protagonista ha avuto in giovane età e ai conseguenti problemi psicologici.
La presenza del rosso nel film funziona come esternazioni dello stato psicologico interiore di Marnie e quindi sono oggettivazioni del suo trauma, di un’esperienza che è stata repressa. Il rosso nel corso del film diventa un oggetto in sé con una propria personalità, un proprio modo di esprimersi ma è bloccato, si sblocca solamente alla presenza di Marnie e della sua visione rendendo quindi lo spettatore partecipe di questa rivelazione che per la protagonista non è chiara.
Ma non è solo il rosso a sbloccare il trauma di Marnie ma anche le tempeste e gli incubi ricorrenti che ha la donna che rielaborano gli elementi cruciali della sua esperienza traumatica infantile.
 La sequenza finale del flashback che rivela l’origine del trauma di Marnie è girata magistralmente in quanto i colori che vediamo sono opachi, sbiaditi, come se fossero invecchiati, desaturati. Evocano un passato che non c’è più, passato che però arriva prepotentemente nel presente quando il sangue del marinaio è rosso brillante, saturo, proprio per scuotere il pubblico proprio come lo è Marnie che ha ricordato ogni cosa.
Hitchcock riesce a dare mistero a un colore che non ha niente di misterioso dato che il rosso viene sempre associato al sangue, eppure facendolo diventare un elemento/oggetto di scena riesce a far domandare allo spettatore cosa ci sia davvero dietro quella sfumatura. La verità però è nota a tutti, il rosso ha effettivamente il significato che notoriamente ha e il regista ha voluto giocare dandogli una storia, un passato che nessuno si aspettava e che era stato represso dallo spettatore.
Infatti, la lenta rivelazione del significato del rosso, coinvolge lo spettatore quasi in un processo psicoanalitico, il colore non è solo sangue ma è tutto ciò che riguarda il personaggio principale, la sua storia e le sue relazioni.
In conclusione, possiamo dire che nel cinema hollywoodiano i colori con le loro trasparenze sono in grado di scaturire sensazioni ed emozioni nel pubblico, così come la trama e la descrizione dei personaggi, il colore è un elemento che può alterare lo stato psicologico della fruizione. Ogni regista però riesce a dargli una propria connotazione, il colore può dare profondità ma può anche toglierla ed il pubblico è soggetto all’espressione di questo elemento.
[1] VENZI Luca (2018). Tinte Esposte. Studi sul colore nel Cinema. Cosenza: Pellegrini Editore, p. 12 [2] Natalie Kalmus, 'Color consciousness', Journal of the. Society of Motion Picture. Engineers, August 1935, reprinted in Dalle Vacche and Price (eds)
FILMOGRAFIA
Funny Face (ita. Cenerentola a Parigi), Stanley Donen, Stati Uniti d’America (1957)
Une femme est une femme (ita. La donna è donna) Jean-Luc Godard, Francia (1961)
Suspiria (ita. Suspiria), Dario Argento, Italia (1977)
Marnie (ita. Marnie), Alfred Hitchcock, Stati Uniti (1964)
(CREATED 2021, ONLINE JUNE 2024) Romeo Isabella Le Tinte Esposte di Luca Venzi: https://opulenzacinematografica.tumblr.com/post/753265199335833600/tinte-esposte-di-luca-venzi
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tqngled · 10 months
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Domande.
Come ti chiami
Percentuale batteria del telefono?
Ti piace leggere?
Ti piace scrivere?
Cosa che tutti amano fare ma a te non piace?
Cosa tutti odiano fare ma tu ami?
Hai amicizie a distanza?
Hai tanti amici?
Hai mai letto libri in inglese?
Guardi mai film in inglese?
Pratichi qualche sport?
Se no, che sport ti piacerebbe?
A casa hai il calendario dell'avvento?
Ami fare le foto?
Ami farti le foto?
Hai tanti amici, o sei più una persona solitaria?
Ti piace cucinare?
Sei ordinat* o meno?
Che cellulare hai?
Hai mai scritto una lettera?
Pregi e difetti del posto in cui vivi?
Vivi lì da tutta la vita?
Che lavoro fai?
Ti piace il tuo lavoro?
Se non ti piace, quale vorresti fare?
Frequenti l'università?
Se studi all'università cosa studi?
Hai conoscenti all'estero?
Hai mai pensato di lasciare il tuo paese/città?
Cosa ne pensi della frase "gli amici sono una seconda famiglia?"
Che rapporto hai con la tua famiglia?
Guardi mai film in streaming?
Ti reputi una persona tecnologica?
Preferisci thè o caffè
Preferisci dolce o salato?
Preferisci fare allenamenti a casa o in palestra?
Stagione preferita?
Cosa diresti a te stess* di 10 anni fa?
Vai spesso in discoteca?
Ti hanno mai ricoverato in ospedale?
Descrivi il tuo stile d'abbigliamento abituale.
Colore preferito?
Di che colore è la tua camera da letto?
Descrivi la tua camera da letto
Parli ancora con le stesse persone che hai conosciuto 5 anni fa?
Perché hai deciso di aprire un blog di Tumblr?
Da quanto tempo hai Tumblr?
Come sei venut* a conoscenza di questo social?
Ti reputi una persona molto social?
Sei fidanzat*
Se non sei fidanzat* quali caratteristiche la tua persona del cuore dovrebbe assolutamente avere?
Film Disney preferito?
Preferisci comprare online o in negozio?
Quale regalo di Natale vorresti ricevere?
Sei molto unit* alla tua famiglia?
Vivi nella regione in cui sei nat*
Cosa ami di più delle festività natalizie?
Cosa odi di più delle festività natalizie?
Cibo che tutti amano, ma tu odi?
Cibo che tutti odiano ma tu ami?
Vorresti dei figli?
Se si, che nomi daresti a loro?
Hai animali?
Se si, come si chiamano?
Se non possiedi animali, li vorresti?
Numero fortunato?
Hai qualche brutto vizio?
Cosa ami di te stess*
Cosa odi di te stess*
Programma preferito?
Serie TV preferita?
Hai un paese/nazione nel cuore?
Intraprenderesti mai un viaggio da sol*?
Un gioco che hai sempre voluto da piccol* e che poi è finalmente arrivato?
C'è una lingua straniera che vorresti assolutamente imparare?
Ascolti molto i consigli degli altri?
Ti piacciono i giochi da tavolo?
Come trascorri la giornata di natale?
Vivi da sol*
Sito che visiti più spesso durante la giornata.
Che effetto ha su di te il giudizio altrui?
Hai degli hobby?
Esci tutti i sabati sera?
Ultimo posto in cui sei andat* in vacanza?
Ultima volta che sei andat* al cinema? Che film hai visto?
Pesce o carne?
Segui una dieta particolare?
Senti di avere difetti particolari?
Fai amicizia subito con le persone?
Ti piacciono le leggende?
Paese che hai sempre voluto vedere?
Hai i buchi alle orecchie?
Hai tatuaggi?
Se si, hai in programma di farne altri?
Canzone preferita?
Consiglia 4 canzoni
Consiglia 4 film
Consiglia 4 serie TV
Dove pensi incontrerai l'amore della tua vita?
Sei sposat*
Sei mai stat* in campeggio?
Film che tutti amano ma tu non capisci perché?
Film che tutti odiano e ma tu non capisci perché?
Hai mai fatto un falò?
Festeggerai Capodanno?
Hai dei buoni propositi per il nuovo anno?
Hai mai inviato un SMS alla persona sbagliata?
Sei brav* a dare consigli?
Sai dipingere?
Qualcosa che hai sempre voluto fare, ma che non hai mai fatto per paura?
La tua più grande paura?
La tua più grande passione?
Porti gli occhiali o le lenti a contatto?
Porti l'apparecchio ai denti?
Descrivi la tua casa dei sogni
Hai mai pensato di aprire un canale YouTube?
Oggetto che ti ricorda la tua infanzia?
Cibo che ti ricorda la tua infanzia?
Ultimo messaggio inviato?
Ultimo messaggio ricevuto?
Cosa stai facendo adesso?
Cosa stai aspettando adesso?
Ti piace il sushi?
Un piatto tipico della tua regione?
Che ore sono adesso?
Vivi in una regione dove c'è il mare?
La tua colazione tipo?
Ti piace stare in pigiama a casa?
Usi pantofole o calzini a casa?
Hai un animo infantile?
Ti senti soddisfatt* di ciò che hai ottenuto dalla vita fino a ora?
Che cosa cambieresti della tua vita ora?
Che cosa diresti al te adolescente?
@tqngled (Mar 12.12.23 h 01:00)
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pensieri-inlacrime · 2 months
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1. Nome e cognome?
2. Quanti anni hai?
3. Dove vivi?
4. Single?
5. Com'è la tua famiglia?
6. La stanza preferita di casa tua?
7. Ti senti sicuro a casa tua?
8. Vivi nella stessa casa in cui hai passato l'infanzia?
9. Quali nomi daresti ai tuoi figli?
10. Ti piacciono i bambini?
11. Ti piacciono gli animali?
12. Top 3 animali che preferisci?
13. Quale animale ti rappresenta meglio?
14. Quale animale ti spaventa di più?
15. Quali sono le tue paure più grandi?
16. Hai mai superato una tua paura nella vita?
17. Qual è la cosa più folle che hai fatto per amore?
18. Ti vorresti sposare?
19. Meglio lasciare o essere lasciati?
20. Meglio amare o essere amati?
21. Nel sesso, meglio dare o ricevere?
22. Qual è l'ingrediente segrete per del buon sesso secondo te?
23. Il posto ideale per fare l'amore?
24. Mai provato attrazione per qualcuno del tuo stesso sesso?
25. Mai provato attrazione per qualcuno del sesso opposto al tuo?
26. Lingerie o nudità?
27. Pagheresti mai per fare sesso?
28. Legalizzeresti droghe e prostituzione?
29. Ti trasferiresti in un'altra nazione se ne avessi la possibilità?
30. Se ti costringessero a lasciare l'Italia, in quale Paese andresti?
31. Cosa ne pensi della politica?
32. Qual è l'ingiustizia più grande del mondo secondo te?
33. Le guerre sono sempre sbagliate secondo te?
34. Quale sarebbe la tua reazione se una persona ti dicesse che è vittima di violenza in famiglia?
35. Cosa pensi dei bulli?
36. Ricordi con piacere i tuoi anni scolastici?
37. Qual era la tua materia preferita a scuola?
38. Avevi un buon rapporto con i professori?
39. Quali tecniche usavi per saltare le interrogazioni?
40. Come si chiamavano i tuoi compagni di banco?
41. Maglio scuola o lavoro?
42. Che lavoro fai?
43. Che lavoro vorresti fare?
44. Sei un procrastinatore seriale?
45. Lavori meglio da solo o in team?
46. Come hai vissuto il periodo della pandemia?
47. Come te la cavi in cucina?
48. Dolce o salato?
49. Quale tipo di pasta preferisci?
50. Frutta o verdura?
51. Quale panino ordini più spesso al McDonald's?
52. Sei vegetariano o vegano?
53. Sei astemio?
54. Il tuo drink preferito?
55. Meglio vino o birra?
56. L'ultima cosa che hai mangiato?
57. Ti va di descriverti fisicamente?
58. Ti va di descriverti caratterialmente?
59. Vai in terapia?
60. Credi che la terapia di coppia sia utile?
61. Ti fidi dei medici?
62. Hai mai messo i punti per qualche ferita?
63. Cosa credi che succeda dopo la morte?
64. C'è qualche caro morto che vorresti riabbracciare?
65. Con quale personaggio storico vorresti passare 24h per conoscerlo meglio?
66. Consigliami tre film
67. Consigliami tre serie TV
68. Consigliami tre videogiochi
69. Consigliamo tre giochi in scatola
70. Il tuo personaggio preferito del signore degli anelli?
71. Il tuo personaggio preferito della Marvel?
72. Il tuo personaggio preferito Harry Potter?
73. Hai mai fatto teatro/cinema?
74. Hai qualche talento nascosto?
75. Meglio lodare o essere lodati?
76. Che modello di telefono hai?
77. A quanto sta la tua batteria?
78. Quale invenzione già esistente avresti voluto inventare tu?
79. Collezioni qualcosa?
80. Hai una morning routine?
81. Sei una persona disordinata od ordinata?
82. Quale lingua vorresti saper parlare?
83. Quale laurea vorresti avere?
84. Di quale sport vorresti essere campione del mondo?
85. Ti piacciono le persone muscolose?
86. Ti piacciono le persone alte?
87. Ti piacciono le persone in carne?
88. Il tuo orientamento religioso?
89. Che ruolo ha Dio nella tua vita?
90. Qual è un difetto che non sopporti negli altri?
91. Qual è un pregio che apprezzi sempre negli altri?
92. Meglio parlare od ascoltare?
93. Quale social usi di più?
94. C'è qualcuno che ti manca?
95. C'è qualcuno che vorresti ti lasciasse in pace per sempre?
96. Cosa diresti al te di dieci anni fa?
97. Quale stagione preferisci?
98. Qual è il tuo colore preferito?
99. Qual è un cartone della tua infanzia?
100. Dimmi a quale domanda vorresti rispondere così te la faccio
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ilgiardinodivagante · 25 days
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Cos'è davvero l'uguaglianza? È come una chimera, un ideale che sfugge, un concetto che ognuno interpreta a modo suo. Da una parte, c'è chi grida al merito, alla gerarchia, a una sorta di legge della giungla dove vince il più forte. Ma il merito è davvero così oggettivo? Non è che spesso è il frutto di un gioco di carte truccato, dove alcuni nascono già con un asso nella manica? E poi, c'è chi, all'opposto, sostiene che siamo tutti uguali, punto e basta. Ma se siamo tutti uguali, che senso ha valorizzare le differenze? È come dire che un Picasso e un bambino di tre anni che scarabocchia un foglio sono sullo stesso piano.
Io credo che l'uguaglianza sia il fondamento di una società sana, ma non nell'accezione di un livellamento che annulla le individualità. È il diritto di ogni essere umano a partire da una linea di partenza equa, a poter sviluppare i propri talenti, a non essere giudicato per l'origine, il colore della pelle o le preferenze sessuali. Ma questo non significa che tutti debbano fare lo stesso lavoro o raggiungere gli stessi traguardi. Un medico e un poeta hanno ruoli diversi, ma entrambi sono essenziali per la nostra società.
Il problema nasce quando confondiamo l'uguaglianza con l'uniformità. È come se volessimo tutti indossare la stessa taglia di scarpe, senza renderci conto che ognuno ha un piede diverso. Certo, possiamo creare delle scarpe standard, ma poi ci saranno sempre quelli a cui stringono e quelli a cui sono larghe.
La meritocrazia, se intesa nel modo giusto, può essere un motore di crescita. Ma deve essere una meritocrazia inclusiva, che non lasci indietro nessuno. È illogico pensare che un bambino cresciuto in un ambiente privo delle risorse fondamentali possa, senza alcun supporto, raggiungere gli stessi risultati di un suo coetaneo cresciuto in un contesto privilegiato. Dobbiamo creare delle reti di sostegno, delle rampe di lancio per chi parte svantaggiato.
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E poi c'è la questione della libertà di espressione. Certo, ognuno ha diritto a dire la sua, ma non tutte le opinioni hanno lo stesso valore. Un'idea ben argomentata, frutto di una profonda riflessione, è diversa da un'opinione buttata lì tanto per dire. E non dimentichiamo che la libertà di espressione ha dei limiti. Non possiamo gridare al fuoco in un cinema, né diffondere notizie false che possano danneggiare gli altri.
Per costruire una società più giusta ed equa, dobbiamo prima di tutto affrontare le contraddizioni e le sfide che ci troviamo ad affrontare. Come possiamo conciliare il principio di uguaglianza con quello di meritocrazia? Viviamo in un'epoca contraddittoria, dove si invocano i valori di pace e fratellanza, ma si perpetuano le disuguaglianze. Più parliamo di uguaglianza, più il divario tra ricchi e poveri sembra allargarsi.
Ci chiediamo allora: vogliamo davvero una società più equa? E se sì, perché le nostre azioni non corrispondono a questo desiderio? Siamo disposti a mettere in discussione i nostri privilegi per costruire un futuro più giusto? Le risposte a queste domande sono fondamentali per definire le azioni concrete che dobbiamo intraprendere.
Insomma, la strada verso l'uguaglianza è lunga e tortuosa. È un percorso che richiede impegno, dialogo e soprattutto onestà intellettuale. Dobbiamo essere disposti a mettere in discussione le nostre convinzioni, a uscire dalla nostra comfort zone e ad ascoltare le ragioni degli altri. Solo così potremo costruire una società più giusta e più equa, dove ognuno possa realizzarsi e trovare il proprio posto.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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telefonamitra20anni · 6 months
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Linguaggio Mastrojanni.
Linguaggio : comunicazione, estensione in espansione di uno stato emotivo, di un pensiero.
Ma la questione è ben più semplice, Marcello, senza tecnicismi è stato inconsapevole comunicatore di espressività eterogenea. Il suo linguaggio era fruitore emotivo universale, senza distinzione di genere. Lui si adoperava nella vita come nel cinema a comunicare. Lo faceva legato ad un filo di un telefono, tra le strade stanche di un quotidiano, spinto, da quell'urgenza gentile e dalla sua stessa vena di sola malinconia. Quel linguaggio, Il suo mestiere lo ha estremizzato, adoperato, spiegato. La sua espressività non canonica, così realistica ha svelato ogni colore possibile, celato nelle parole pronunciate durante le interviste, o in mezzo un tempo attoriale in una scena da "ciack azione". Un linguaggio complice, misurato, diretto, fisico, gesticolato, controllato, ma spontaneo. Un linguaggio coscienza, democratico, proiettato, congruo con il suo modo di essere e di voler dire, e poter avere quell' estensione spontanea e coinvolgente. Marcello era fruitore di un linguaggio che aveva il suo modo di fare linguaggio: indolente, gentile, attrattivo, seducente, eroticamente involontario, capace di sostenere un conscio pensiero che non fosse banalmente lasciato al caso. Tutto questo accadeva in semplicità, naturalezza in afferenza.
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
ARTE STORIA DELLO STILE
Roberto Longhi, piemontese di Alba, classe 1890, è stato uno dei più pregevoli critici d'arte italiani.
Per alcuni, il maggiore.
Non faccio classifiche.
Ricordo solamente il suo concetto del fare artistico:
«[...] l'arte non è imitazione della realtà, ma interpretazione individuale di essa [...] Mentre il poeta trasfigura per via di linguaggio l'essenza psicologica della realtà, il pittore ne trasfigura l'essenza visiva: il sentire per l'artista figurativo non è altro che il vedere e il suo stile, cioè l'arte sua, si costruisce tutto quanto sugli elementi lirici della sua visione.»
Così affermava nella sua "Breve ma veridica storia della pittura italiana", effetto di un compendio proposto da Longhi, tra il 1913 e il 1914, per i maturandi dei licei romani "Tasso" e "Visconti".
Era un giovane laureato.
Ma tenne quell'impostazione per tutta la vita: l'arte nasce dall'arte.
Ed è dunque storia dello stile, o meglio degli stili.
Difficile tenere quel modello concettuale entro solidi margini nella creatività caotica dell'arte contemporanea.
A maggior ragione per chi come me sostiene che l'atto lirico non sia individuale e originale libertà ma il riflesso di una cultura che fa traccia nel tempo facendo del corpo dell'artista il suo strumento espressivo.
Eppure, quando osservo i cosiddetti "illustratori", tra XIX e XX secolo (tra i quali è annoverato Toulouse-Lautrec) che per me sono artisti senza alcuna limitazione, mi sento additato dalle parole di Longhi come in un invalicabile atto d'accusa.
René Gruau, al secolo Renato Zavagli Ricciardelli delle Caminate, riminese dalla nascita avvenuta nel 1909, è tra quelli che più di altri mi mettono in crisi.
Ma che, paradossalmente, concorre a salvare la mia tesi.
Infatti, mentre la sorprendente sintesi stilistica dell'artista italiano attraversa il '900 in un raffinato allungarsi e diffondersi di figure dalla strepitosa e diafana eleganza, corroborando la sentenza longhiana sulla traccia lirica come epicentro dell'arte, quelle apparizioni affascinanti altro non sono che l'espressione dell'estetica del secolo, punto di convergenza delle necessarie concatenazioni causali capaci di rendere riconoscibile il gusto per modelli rappresentativi inequivocabili: rammentano la stampa quotidiana e periodica, la pubblicità, il cinema, la moda di quegli anni ruggenti e tragici, disseminati di straripante follia ed estro creativo.
L'arte emerge dalla vita concreta delle società e dalla grafia delle loro visioni culturali.
Nondimeno, sono un tuffo nel passato recente, con una proiezione nel presente e nel futuro: la linea di Longhi mai spezzata nel suo farsi storico.
Dal fondo, emerge l'essere umano, illuso della libertà e immemore del destino di finitezza assegnata ai confini invalicabili di tempo e di spazio.
Che costui disegna nel colore di un'agognata dimenticanza.
- Le immagini sono un'antologia di espressioni figurative di René Gruau sparse lungo tutto il XX secolo.
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vecchiodimerda · 11 months
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Montecarlo, una tarda mattina di un caldo autunno. Pontello sta facendo colazione seduto al tavolino all'esterno di uno dei più famosi Hotel Monegaschi, quando una fiammante e rombante Biemmevè, facendo stridere i freni, si ferma poco distante.
Pontello con il suo Super Radar rileva che si tratta di una Biemmevè del 2001, almeno quattromila di cilindrata, con 264848 chilometri sulla gobba.
Subito il suo cervello telepatico si collega con il cervellone della motorizzazione che gli rivela vita morte e miracoli dell'attuale proprietario, di cui per tutelare la privacy, forniremo solo le iniziali, il Sig. VdM.
Dalla Biemmevè scendono quattro deliziose Signorine, ovvero la Signorina @2delia la Signorina @finestradifronte la Signorina @agirlinamber e la Signorina @blackmammaaa che Pontello esamina minuziosamente con la Super Vista a Raggi Ics, rilevando identità, indirizzo e colore delle mutande.
La profonda analisi gli conferma quello che aveva sospettato, le quattro Signorine non sono armate e quindi pericolose se si fa eccezione per quella che sembra la più decisa del gruppo, la Signorina @2delia che mostra la grinta di qualcuno che pare pronto a invadere la Polonia da un momento all'altro.
Le quattro graziose Signorine gli passano a fianco, dirette verso la caffetteria, quando una di loro, la Signorina @finestradifronte si ferma improvvisamente e gli punta il dito indice contro, pronunciando le fatidiche parole: lei è quello !
Alle quali fa seguito la Signorina @blackmammaaa : si, è Pontello (il grande attore).
La Signorina @finestradifronte appare particolarmente elettrizzata dalla sua presenza e insiste con le amiche per fermarsi di fronte a quella eccellenza del Cinema (e dello Spionaggio) Francese.
Pontello allora, da gentleman quale è, invita le quattro Signorine a sedersi al tavolino e richiama Gaston, il cameriere, che viene a prendere le ordinazioni da mettere sul suo conto, che poi è quello del governo Francese da quando è stato costretto dallo stesso governo ad andare in pensione.
Aspettando che Gaston torni con quattro Spritz alla Francese, quelli con dentro il Brie e accompagnati da crostini con le rane fritte, le Signorine Italiane riempiono di domande il buon Pontello che volentieri risponde alla loro curiosità, tranne la Signorina @agirlinamber che sentendo la Signorina @blackmammaaa affermare che Pontello era un grande attore di "Cinema di Nicchia", la corregge dicendo che si trattava di "Cinema di Nerchia", raccogliendo l'approvazione delle altre due Signorine.
Dopo lo Spritz le quattro Signorine Italiane hanno quasi esaurito la loro curiosità ma soprattutto nel frattempo è tornato il Sig. VdM con la rombante Biemmevè.
È l'ora del commiato. Pontello si alza in piedi e la Signorina @finestradifronte gli domanda se prima di andar via è possibile sentirlo pronunciare la famosa parola magica: IfxTcenTcen.
Purtroppo Pontello, scuotendo il capo, è costretto a negare. Troppo pericoloso, almeno li all'aperto e di fronte a troppa gente. E poi aggiunge, sorridendo (e mentendo), che si tratta di una leggenda metropolitana e di essere ormai soltanto un vecchio pensionato per meriti speciali della Repubblica Francese.
Dopo un quadruplo baciamano, Pontello congeda le quattro ammiratrici che tornano verso la Biemmevè su cui salgono per rientrare nella derelitta Italia ma non prima che la Signorina @2delia gli abbia chiesto se necessiti di una ottima commercialista.
Domanda alla quale Pontello risponde rimandando la Signorina @2delia al governo del Presidant Macaron che è quello che gli paga i servizi fiscali.
Pontello osserva il Biemmevè partire sgommando e sospira, in altri tempi e in altri momenti non si sarebbe negato ma avrebbe fatto salire le quattro Signorine nella sua Suite e avrebbe pronunciato quella parola fatidica dalle sicure conseguenze amorose.
Ma non oggi, non nel Duemilaventitre, alle ore Undici e Trentasette Aemme, con quasi Quindici Centigradi e una lieve brezza marina che non disturba assolutamente. Prezzi dei carburanti in leggero calo anche nel Principato Monegasco.
Oggi Pontello resta solo, con un caffè quasi freddo e piuttosto triste.
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fee-ling · 7 months
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Reblogga e ricevi domande 🙈🙉🙊😏
DOMANDE FONDAMENTALI
1. Qual è il tuo nome?
2. Qual è la tua conoscenza?
3. Qual è il tuo colore preferito?
4. Qual è il tuo film preferito?
5. Ti piace leggere?
6. Qual è il tuo libro preferito?
7. Ho guardato il film troppo spesso?
8 Sei andato al cinema?
9. Di che colore sono i tuoi capelli?
10. Dimmi di che colore sono i tuoi occhi?
11. Quanto tempo arrivo e i tuoi capelli?
12. Indossi anelli, collane o orecchini?
13. Hai dei tunnel carnali?
14. Hai dei piercing?
15. Ho usato extension per capelli?
16. Ho usato gli occhi della luna?
17. Ho usato il contatto lento?
18. C'è un partner?
19. Hai avuto il tuo primo bacio.
20. Qual è la tua serie animata preferita?
21. Qual è la tua serie preferita con veri attori?
22. Cos'è la cotta?
23. Chi è la tua cotta?
24. Cosa odi di te?
25. Cosa odi degli altri?
26. Qual è il tuo cibo preferito?
27. Qual è la tua bevanda preferita?
28. Quale cibo non ti piace?
29. Social network preferito?
30. Social network che uso meno?
31. Qual è l'applicazione che non può essere utilizzata sul tuo cellulare o computer?
32. Qual è la tua età?
33. In che anno sei nato?
34. Qual è la tua nazionalità?
35. Qual è il genere di film che hai accanto?
36. Qual è il gene cinematografico che desideri?
37. Fumi? Oppure hai fumato?
38. Bevi? Oppure l'hai prigioniero?
39. Ti sei ubriacato?
40. Qual è la tua canzone preferita?
41. Qual è il tuo genere di canzoni preferito?
42. Posso trovare le canzoni? (dire qualsiasi generato)
43. Quali canzoni ricordi della tua infanzia?
44. Giochi a qualche videogioco? Che cosa?
45. Soffri molto il solletico?
46. Quanto sei alto?
47. Studio o lavoro?
48. Com'è tuo corpo?
49. Quale frase hai sempre in mente?
50. Usimeme?
51. Ti piace cantore?
52. Canti bene?
53. Ti piace ballare?
54. Balli bene?
55. Ti piace camminare?
56. Ti piace correre?
57. Pratichi qualche sport?
58. Tè o caffè?
59. Giorno o notte?
60. Brodo o freddo?
61. Collezioni qualcosa?
62. Ti piace scrivere?
63. Ti piace cucinare?
64. Mangi molto?
65. Di cosa hai paura?
66. Cani o gatti?
67. Qual è il tuo animale preferito?
68. Li conosci i testi delle canzone?
69. In che lingua ascolti la tua musica?
70. Qual è l'intenzione di capelli e capelli?
71. Vivi da solo o in compagnia?
72. Ti sei trasferito?
73. Hai tatuaggi?
74. Puoi mostrarmi le foto dei tuoi tatuaggi?
75. Posta una tua foto?
76. Sei coraggioso nel recitare?
77. Hai mai recitato?
78. Cosa ti piacerebbe fare da grande.
79. Che tipo di battute/scherzi ti piacciono?
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spettriedemoni · 1 year
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Domande a cui rispondere
Ringrazio @pianetatschai che mi tagga in questa simpatica catena.
1. Are you named after anyone?
Mi chiamo come mio nonno paterno, Vincenzo. Non vi dico le volte che mi hanno fatto la battuta di Miseria e Nobiltà con Totò "Vincenzo m'è padre a me". Io rispondevo che a me era nonno.
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Quando è morto mio padre, ormai due anni fa.
3. Hai figli?
Ho un figlio maschio che chiamo Tigrotto.
4. Fai largo uso del sarcasmo?
Solo perché l'omicidio è illegale.
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
Ho giocato a calcio ma a livello amatoriale dilettantistico e in squadre da 5 o 8 non certo a 11. Però ho fatto l'arbitro, vale? Ho praticato tennis con scarsi risultati.
Ora faccio camminate. Cioè non ora ora perché fa troppo caldo. Se ne riparlerà a settembre. Nell'attesa farò nuoto al mare.
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Fisicamente devono colpirmi gli occhi. Mi piacciono le persone intelligenti, non invadenti e generalmente ho scoperto di preferire persone riservate.
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Castano scuro. Una volta mi dissero che sono "profondi"... non ho mai ben capito cosa significhi.
8. Scary movies o happy endings?
Mi piacciono i film di spavento anche se finiscono male. Va pur detto che se almeno al cinema non c’è l’happy ending ci resto male, un po’ come nel primo Nightmare che finisce… no vabbè dai niente spoiler.
9. Qualche talento particolare?
A parte disegnare, conosco a memoria i nomi e numeri di maglia della nazionale italiana campione del mondo 1982. Pure quella del 2006. Anche quella dell’Argentina 1986. Sono campione mondiale di procrastinazione e faccio pure una discreta pizza.
10. Dove sei nata?
Nella città di Gabriele D’Annunzio e di Ennio Flaiano, nella terra famosa più per gli arrosticini che per le sue montagne. Benché molti credano che Pescara sia nelle Marche sono nato in Abruzzo. A Pescara, per l’appunto.
11. Quali sono i tuoi hobby?
Modellismo ferroviario (che però non pratico non avendo sufficiente spazio e soldi), disegnare, leggere.
12. Hai animali domestici?
No nessun animale domestico. In generale pur amando molto gli animali preferisco non tenerli in casa perché mi sembrerebbe di tenerli sempre un po’ prigionieri.
13. Quanto sei alto?
Circa 1.77 m da disteso.
14. Materia preferita a scuola?
Disegno, italiano e storia. Ma alla fine molto poco italiano e storia e molto disegno. Ho imbrattato tutti i libri nelle seconde e terze di copertina con i miei disegni. Pure i libri di italiano e storia, ovviamente.
15. Dream job?
Disegnatore di fumetti.
A questo punto dovrei taggare qualcuno e scelgo @mybittersweet @crisigenerica @surfer-osa @labluesky e chiunque si senta di farlo.
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unfilodaria · 1 year
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dato che @anonpeggioredelmondo ha detto che potevamo sentirci liberi di autotaggarci, io lo faccio, tze
1. Are you named after anyone?
Il mio nome è la classica "pezza a colori" come si suol dire dalle mie parti. Nessuno in particolare a cui riferirsi ma in famiglia tra zii, bisnonni e cugini ce ne sono almeno tre o quattro. Il Maria poi ha dato un tocco esotico, che mi ha creato non pochi problemi ma mi ha salvato da un inverecondo Annino, perchè nato il giorno di Sant'Anna
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto?
Non mi vergogno a dire che di tanto in tanto piango. E' liberatorio. Ed il fine 2022, inizi 2023 mi ha dato tanti spunti seri per farlo
3. Hai figli?
Una. Il mio "tesssoroooo"
4. Fai largo uso del sarcasmo?
Sarcasmo, ironia conditi da espressioni dialettali a me care ma che non tutti afferrano
5. Quali sport pratichi o hai praticato?
A livello agonistico? divano estremo. Nella mia mente, sarei un ottimo runner e da ragazzino avrei voluto eccellere nel baseball (mai giocato) e nella palla a mano (praticata ai giochi della gioventù delle medie)
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona?
Gli occhi e mani e soprattutto espressioni. Poi se è donna, anche il resto ma solo dopo, giuro. Gli occhi e le mani dicono tutto
7. Qual è il colore dei tuoi occhi?
Castano scuro
8. Scary movies o happy endings?
Tragedia greca ehehe... No, Commedy romantiche... in fondo, ma molto in fondo, sono zuccheroso a rischio diabete
9. Qualche talento particolare?
Avere il dono di non essere capito... sicuramente ho difficoltà a trasmettere cosa voglio dire o penso realmente. Grosso limite e grandi fraintendimenti e incazzature
10. Dove sei nato?
Avellino
11. Quali sono i tuoi hobby?
Cinema, musica, letteratura e (ultimamente) concerti jazz. Prima cucinavo (ed anche bene, dicevano, ma non avendo per chi esibirmi ho smesso)
12. Hai animali domestici?
me stesso? Ho un geco che mi fa compagnia fissa da 3 anni sul mio balcone. Appare puntualmente a giugno per sparire a fine settembre. Una rondine che ha deciso di nidificare da 4 anni sul mio box auto, un merlo cacacazzo e scacazzone che viene a mettermi sottosopra i gerani e poi ogni tanto appaiono in casa dei "simpaticissimi e affettuosissimi e schifosissimi" animaletti con le antenne, che, nonostante la guerra batteriologica messa in atto da me da anni, se ne infischiano e ogni tanto mi fanno venire lo "spannico" (la paura)
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13. Quanto sei alto?
176 cm... anche se il dietologo mi ha detto che mi sono accorciato di 2 cm
14. Materia preferita a scuola?
Disegno tecnico, italiano e geografia astronomica
15. Dream job?
Vincere un terno secco, sulla ruota di Napoli, una settimana si ed una no (cit.)
taggo: @finestradifronte,, @vivenda, @guelfoalexander, @2delia e @laperlla
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moonyvali · 2 years
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IL CITTADINO PERFETTO.
Uriel Crua
Mi sveglio ogni mattina e contribuisco all'armonia di questo mondo, un mondo perfetto. Subaffitto il mio corpo, le mie percezioni, i miei pensieri – in una parola, la mia vita – dieci ore al giorno, in cambio di denaro.
Con quel denaro uso il car-sharing per andare a lavoro, quando non sono in smart-working, o l'abbonamento al mezzo pubblico, o il monopattino elettrico in condivisione, così non inquino e proteggo i più deboli dalle mie odiose scorie. Ci vado al cinema, con quel denaro, a guardare film che mi lasciano apprezzare il progresso di questo nuovo mondo coraggioso; ci guardo le serie su Netflix: adoro il coraggio di sceneggiatori che con fierezza e contro ogni dogma espongono i drammi dei reietti genderfluid. Ci compro gli album dei gruppi alternativi e controcorrente, senza peli sulla lingua: Maneskin in testa. Contro la Russia, contro i fascisti no-vax. Nuovi eroi dei nostri Tempi benedetti.
I miei figli, già da quando erano in fasce, sono protetti da tutte le malattie: perché io ho fede nella scienza e ci tengo ai fragili. Io sono anche la mia collettività, e la mia collettività viene al primo posto. Per questo motivo ieri ho comprato il mio primo chilogrammo di farina di grillo a impatto zero e zero emissioni, e non vedo l'ora di prepararci degli ottimi biscotti insieme ai miei bimbi. Li mangeremo a merenda, mentre si rilassano davanti a un bel cartone progressista della Disney. Oppure – se proprio vogliamo esagerare – una buona ciotola di snack di cavallette croccanti: ma con poco sale, ché non è etico.
Io ci tengo alla famiglia: li proteggo dagli oscurantismi delle tradizioni religiose; giochiamo a Minecraft in rete con amici e parenti. Non appena avrò la possibilità, acquisterò il visore per entrare nel metaverso, in modo tale da godere della compagnia dei miei affetti senza rischiare di trasmetterci patologie, e di inquinare con inutili spostamenti. La mia ex-moglie – che a breve sarà il mio ex-marito, per sua scelta (che io rispetto tantissimo) - è d'accordo con me su tutta la linea. Siamo rimasti amici, anzi amicissimi. Io e lei, insieme alla sua nuova “persona umana compagn*”, spesso ceniamo insieme: i bambini ne sono entusiasti, o almeno così mi pare. Parlano poco, certe volte non parlano affatto. Hanno occhiaie ed emettono strani grugniti, ma è l'età. Lo dicono tutti, anche alla TV. Per esempio il piccolo Walter, dopo l'ultima pericardite causata da una pizza mangiata d'inverno al freddo (così assicurano i dottori), parla a scatti e ha gli occhi color liquore. Ma con la quinta dose dovrebbe – dicono – andare a posto.
Amo questo tempo anche perché ci offre sempre una soluzione collaudata, sperimentata, sensata e ragionevole.
Sono fiero di vivere in questi tempi luminosi.
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carmenvicinanza · 5 months
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Laura Betti
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«Sono comunque un’attrice ed ho una necessità fisica di perdermi nel profondo degli intricati corridoi dove si inciampa tra le bave depositate da alieni, tele di ragno luminose e mani, mani che ti spingono verso i buchi neri screziati da lampi di colore, infiniti, dove sbattono qua e là le mie pulsioni forse dimenticate da sempre oppure taciute… per poi ritrovare l’odore della superficie e rituffarmi nel sole dei proiettori, nuova, altra».
Laura Betti è stata un’attrice talentuosa, vivace e intensa. La cattiva per antonomasia delle grandi dive del cinema italiano.
Ha recitato in circa settanta film, diretta dai più grandi registi e registe del Novecento come Federico Fellini, Roberto Rossellini, Mario Monicelli, Bernardo Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Gianni Amelio, Francesca Archibugi, i fratelli Taviani, in capolavori come La dolce vita, Teorema, Sbatti il mostro in prima pagina, Nel nome del padre, Il grande cocomero e molti altri ancora.
Tra le interpretazioni più memorabili c’è sicuramente quella in Novecento di Bertolucci (1976) in cui ha interpretato Regina, personaggio dall’aria sinistra, quasi stregonesca, amante del fascista Attila, interpretato da Donald Sutherland.
Sul suo modo di esprimersi con le parole, il linguaggio, la voce roca e impastata, la fisicità, ci sono stati anche diversi studi accademici.
Artista a tutto tondo, ha recitato a teatro, cinema, televisione e lavorato a lungo come doppiatrice.
Soprannominata giaguara per la sua vitalità aggressiva e incontenibile associata a un passo felpato, quello con cui entrava in un film con un ruolo non da protagonista, per poi rubare la scena a tutti gli altri.
Nata col nome di Laura Trombetti a Casalecchio di Reno, Bologna, il 1º maggio 1927, ha esordito come cantante jazz, per poi passare al cabaret con Walter Chiari ne I saltimbachi. 
Nel 1955 ha debuttato in teatro ne Il crogiuolo di Arthur Miller, con la regia di Luchino Visconti, seguito poi da spettacoli storici come il Cid di Corneille, in coppia con Enrico Maria Salerno e I sette peccati capitali di Brecht e Weill.
Il recital Giro a vuoto, del 1960, realizzato in collaborazione dei più grandi talenti letterari dell’epoca che amavano riunirsi nella sua casa romana, a Parigi venne recensito positivamente dal fondatore del movimento del surrealismo, André Breton.
Al cinema ha esordito nel 1956, in Noi siamo le colonne di Luigi Filippo D’Amico. Le prime parti importanti sono state in Labbra rosse di Giuseppe Bennati, Era notte a Roma di Roberto Rossellini, e soprattutto ne La dolce vita di Federico Fellini, dove interpretava una giovane saccente che nella scena finale della festa si vede rovesciare un bicchiere d’acqua in faccia da Marcello Mastroianni.
Fondamentale è stato il sodalizio con Pier Paolo Pasolini, che l’ha diretta in diverse opere teatrali e cinematografiche, tra cui svetta Teorema, che le è valso la Coppa Volpi come miglior attrice al Festival del Cinema di Venezia. 
È stata la sua musa, definita da lui “una tragica Marlene Dietrich, una vera Greta Garbo che si è messa sul volto una maschera inalterabile di pupattola bionda”. Meglio di chiunque, è riuscito a sfruttare la sua capacità di caratterizzare i personaggi con la sua fisicità intensa, il forte segno caratteriale, spesso aspro, e la sua voce dal timbro pastoso.
A partire dagli anni ’70 ha cominciato a interpretare soprattutto ruoli da cattiva, scomodi e sgradevoli che, seppur secondari, restavano impressi nella memoria del pubblico.
Dopo la morte di Pasolini, nel 1975, ha tentato in tutti i modi di fare giustizia all’amico, sporse anche denuncia contro la magistratura per come erano state svolte le indagini sull’omicidio, le cui cause ancora oggi, restano oscure.
Ha continuato a farlo vivere, ricordandolo, scrivendone, dirigendo documentari su di lui.
Con Giovanni Raboni, ha pubblicato, nel 1977 Pasolini cronaca giudiziaria, persecuzione, morte seguito, due anni dopo, dal romanzo Teta Veleta il cui titolo è un riferimento a uno scritto giovanile del grande intellettuale.
Nel 1983 ha ideato e diretto il Fondo Pier Paolo Pasolini che per oltre vent’anni ha avuto la sede a Roma, poi spostato a Bologna, quando, nel 2003, ha creato il Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini, con oltre mille volumi e altro materiale relativo alle opere dello scrittore e regista.
Nel 2001, con Paolo Costella, ha diretto il documentario Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno.
È stata anche la protagonista del libro di Emanuele Trevi Qualcosa di scritto, che evidenzia come lei sia stata la vera erede spirituale di Pasolini e incontrarla è come incontrare lo scrittore, perché rimasta plasmata e posseduta dalla sua vivida presenza.
In Francia, paese che l’ha adorata e riverita molto più dell’Italia, nel 1984 è stata nominata Commandeur des Arts et Lettres.
Laura Betti si è spenta a Roma il 31 luglio 2004.
Dopo la sua morte, il fratello, ha donato al Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini anche tutti i documenti personali della carriera della sorella, raccolti sotto il nome Fondo Laura Betti, inoltre la sua città di origine, Casalecchio di Reno, nel 2015, le ha intitolato il Teatro Comunale.
Del 2011 è il documentario La passione di Laura, diretto da Paolo Petrucci, in cui viene ripercorsa la carriera dell’attrice raccogliendo anche le testimonianze di registi e intellettuali come Bernardo Bertolucci, Francesca Archibugi, Giacomo Marramao e Jack Lang. Il film è stato candidato ai Nastri d’Argento del 2012 tra i migliori documentari.
Laura Betti ha concentrato la sua esistenza nella ricerca della verità. Nell’arte, nella vita, tra la poesia che ha frequentato, nella sua recitazione.
Aveva carisma e fascino, sapeva sperimentare e aveva uno straordinario dinamismo dell’intelletto. 
Ha avuto ruoli fuori dai canoni e per questo è stata difficilmente inquadrabile.
Ha saputo intrecciare linguaggi differenti come il cabaret, la canzone, il teatro, il cinema, la rivista.
Dipinta con tratti alterni, di sicuro ha saputo lasciare la sua impronta decisa e precisa nella storia della cultura italiana.
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fashionbooksmilano · 9 months
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Rituali Olivo Barbieri
Art& Arti Grafiche Friulane , Udine 1997, 72 pagine, 41 fotografie a colori, 19x24cm, ISBN 88-86550-30-8
euro 35,00
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Catalogo di mostra, Reggio Emilia, sale espositive dei Chiostri di San Domenico, 1-30 marzo 1997. Con 41 fotografie a colori di Olivo Barbieri. Il viaggio a colori del maestro emiliano nelle comunita' ghanesi e nigeriane in Emilia Romagna.
Alcuni momenti fondamentali della socialità e della religiosità di questi uomini, donne, bambini che da poco vivono nel nostro paese sono osservati dal fotografo da vicino e studiati all'interno di un linguaggio che non è quello del reportage sociale classico. La novità del lavoro di Barbieri sta proprio nel fatto che egli organizza le figure umane dentro l'ambiente secondo modalità narrative che tengono conto delle colorate finzioni linguistiche del cinema e della televisione. E' proprio la nascente società multietnica a sollecitare la ricerca fotografica e a far nascere linguaggi nuovi attenti allo svolgersi della vita.
29/12/23
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WONKA Un film di Paul King
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:: Trama Wonka ::
Il giovane Willy Wonka arriva in città con pochi denari e una tavoletta di cioccolata nel cilindro. Il suo sogno è aprire una grande cioccolateria nella piazza in cui però coesistono già tre mastri cioccolatai che fanno cartello fra di loro e non ammettono un nuovo concorrente. Willy soggiorna presso una locanda la cui proprietaria gli fa firmare un contratto pieno di clausole, dove soggiornano anche altri malcapitati ingannati allo stesso modo in epoche diverse. Al gruppetto non resta che unire le forze e tenersi stretti i propri sogni, sperando un giorno di realizzarli tutti. Timothée Chalamet, nei panni di Willy, salta e balla come un pupazzetto da teatrino vittoriano, e canta canzoni scritte apposta per quello che è a tutti gli effetti un musical. E a proposito di ooompa loompa, qui ce n'è uno solo ma vale per cento, perché ha l'umorismo e l'autoironia di Hugh Grant. Il film di King irriterà il pubblico o lo incanterà a seconda di quale punto di vista sceglierà di assumere: quello purista e filologico, che vorrebbe riconosciuta l'originalità e la capacità sovversiva (e liberatoria) di Dahl, o quello disposto a farsi intrattenere da due ore di magia, colore, scenografie mirabolanti e (è il caso di dirlo) zuccherose, più ambiziosi numeri musicali. Di certo in entrambi i casi si uscirà di sala canticchiando "oompa, loompa, doompety doo", incapaci di togliersi dal cervello quel motivetto demenziale.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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C'è ancora domani 1° in classifica al Box Office
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:: Trama C'è ancora domani ::
Delia è "una brava donna di casa" nella Roma del dopoguerra: tiene il suo sottoscala pulito, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli, accudisce il suocero scorbutico e guadagna qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio. Secondo il suocero però "ha il difetto che risponde", in un'epoca in cui alle donne toccava tenere la bocca ben chiusa. E Ivano ritiene sacrosanto riempirla di botte e umiliarla per ogni sua "mancanza". La figlia Marcella sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, il che le darebbe la possibilità di migliorare il suo status e allontanarsi dalla condizione arretrata in cui vive la sua famiglia, nonché da quella madre sempre in grembiule e sempre soggetta alle angherie del marito. Per fortuna fuori casa Delia ha qualche alleato: un meccanico che le vuole bene, un'amica spiritosa che la incoraggia, un soldato afroamericano che vorrebbe darle una mano. E soprattutto, ha un sogno nel cassetto, sbocciato da una lettera ricevuta a sorpresa.
C'è ancora domani è l'esordio alla regia di Paola Cortellesi, ed è una pura emanazione della sua persona.
Il tono è divulgativo, pensato per raggiungere il più ampio pubblico possibile, ma questo non va a scapito della sua vocazione autoriale, che è manifesta in scelte molto precise di colore (il film è girato nel bianco e nero della cinematografia d'epoca con grande attenzione filologica del direttore della fotografia Davide Leone), di formato (che cambia lungo il corso della narrazione), di commento musicale (che in aggiunta alle composizioni originali di Lele Marchitelli alterna brani retrò di Fiorella Bini e Achille Togliani con titoli italiani molto più recenti - di Dalla, Nada, Silvestri, Concato -- e innesti internazionali di hip hop, elettronica e rock alternativo, in maniera non dissimile da quanto fa nel suo cinema Susanna Nicchiarelli).
La sceneggiatura, della stessa Cortellesi insieme ai sodali Giulia Calenda e Furio Andreotti, è intenzionalmente didascalica nell'obiettivo esplicito di parlare al grande pubblico, soprattutto - ma non solo - femminile, e concentra nei personaggi di Ivano e Delia l'ingiustizia di un sistema patriarcale di cui anche Ivano è in qualche modo vittima (oltre che perpetuatore), e Valerio Mastandrea riesce a inserire nella sua caratterizzazione quel tanto di umano e di fragile da non farcelo liquidare completamente come un orco d'antan (ma non abbastanza da farcelo perdonare).
Tuttavia la sceneggiatura è astuta nel distribuire anche a tutti gli altri personaggi una misura dello stesso veleno culturale, e dunque le donne di ogni condizione (tranne la venditrice al mercato interpretata da Emanuela Fanelli) vengono messe a tacere dai loro mariti, e anche gli uomini più gentili possono (devono?) cadere preda del loro imprinting socialmente approvato.
Le botte di Ivano inferte a tempo di musica in una danza macabra e un paso doble del terrore (intuizione cinematografica straziante ed efficacissima) non hanno nulla a che vedere con quelle testosteroniche importate nel cinema da Martin Scorsese, e molto con quelle inferte da Zampanò a Gelsomina, così come la preparazione della famiglia nelle scene iniziali di C'è ancora domani deve tutto all'incipt di Una giornata particolare.
Un film (in Italiano anche pellicola) è una serie di immagini che, dopo essere state registrate su uno o più supporti cinematografici e una volta proiettate su uno schermo, creano l'illusione di un'immagine in movimento.[1] Questa illusione ottica permette a colui che guarda lo schermo, nonostante siano diverse immagini che scorrono in rapida successione, di percepire un movimento continuo.
Il processo di produzione cinematografica viene considerato ad oggi sia come arte che come un settore industriale. Un film viene materialmente creato in diversi metodi: riprendendo una scena con una macchina da presa, oppure fotografando diversi disegni o modelli in miniatura utilizzando le tecniche tradizionali dell'animazione, oppure ancora utilizzando tecnologie moderne come la CGI e l'animazione al computer, o infine grazie ad una combinazione di queste tecniche.
L'immagine in movimento può eventualmente essere accompagnata dal suono. In tale caso il suono può essere registrato sul supporto cinematografico, assieme all'immagine, oppure può essere registrato, separatamente dall'immagine, su uno o più supporti fonografici.
Con la parola cinema (abbreviazione del termine inglese cinematography, "cinematografia") ci si è spesso normalmente riferiti all'attività di produzione dei film o all'arte a cui si riferisce. Ad oggi con questo termine si definisce l'arte di stimolare delle esperienze per comunicare idee, storie, percezioni, sensazioni, il bello o l'atmosfera attraverso la registrazione o il movimento programmato di immagini insieme ad altre stimolazioni sensoriali.[2]
In origine i film venivano registrati su pellicole di materiale plastico attraverso un processo fotochimico che poi, grazie ad un proiettore, si rendevano visibili su un grande schermo. Attualmente i film sono spesso concepiti in formato digitale attraverso tutto l'intero processo di produzione, distribuzione e proiezione.
Il film è un artefatto culturale creato da una specifica cultura, riflettendola e, al tempo stesso, influenzandola. È per questo motivo che il film viene considerato come un'importante forma d'arte, una fonte di intrattenimento popolare ed un potente mezzo per educare (o indottrinare) la popolazione. Il fatto che sia fruibile attraverso la vista rende questa forma d'arte una potente forma di comunicazione universale. Alcuni film sono diventati popolari in tutto il mondo grazie all'uso del doppiaggio o dei sottotitoli per tradurre i dialoghi del film stesso in lingue diverse da quella (o quelle) utilizzata nella sua produzione.
Le singole immagini che formano il film sono chiamate "fotogrammi". Durante la proiezione delle tradizionali pellicole di celluloide, un otturatore rotante muove la pellicola per posizionare ogni fotogramma nella posizione giusta per essere proiettato. Durante il processo, fra un frammento e l'altro vengono creati degli intervalli scuri, di cui però lo spettatore non nota la loro presenza per via del cosiddetto effetto della persistenza della visione: per un breve periodo di tempo l'immagine permane a livello della retina. La percezione del movimento è dovuta ad un effetto psicologico definito come "fenomeno Phi".
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