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Il cognome più diffuso in Italia: una tradizione che attraversa le generazioni
Scopriamo insieme quale sia il cognome più comune in Italia e come i cognomi riflettano l'identità e la storia del nostro Paese
Scopriamo insieme quale sia il cognome più comune in Italia e come i cognomi riflettano l’identità e la storia del nostro Paese In Italia, i cognomi non sono solo un modo per distinguere le famiglie, ma rappresentano anche radici storiche, geografiche e culturali. Ogni cognome porta con sé tracce del passato, indicando a volte il mestiere, il luogo di origine o tratti caratteriali degli…
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15 ott 2023 14:30
CALCIO MARCIO FOR EVER – ZAZZARONI METTE IN FILA TUTTE LE PORCHERIE DEL PALLONE ITALIANO DEGLI ULTIMI 2 ANNI, DAL CASO TAMPONI ALLO SCANDALO PLUSVALENZE, DAL DOPING FINO ALLE SCOMMESSE - QUANDO UN PRODOTTO COSÌ IMPORTANTE VIENE AGGREDITO PUNTUALMENTE DA SCANDALI DI OGNI GENERE DIVENTA NECESSARIO RICORRERE A SCELTE DRASTICHE (SPETTANO A GRAVINA)" – PS: "IL CASO SCOMMESSE STA DIVENTANDO UN ROZZO FESTIVAL DEL”FAKE”. CREDO CHE GLI INQUIRENTI DOVREBBERO…" -
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
E anche Italia-Malta è andata. Bonaventura, Berardi e Frattesi hanno segnato gol molto belli e martedì sera ci giochiamo la qualificazione diretta a Wembley. Durante la partita ho pensato spesso ad altro, lo ammetto.
A questo. Ieri sia un importante ex calciatore, sia un giornalista di Repubblica - e in seguito tanti altri - hanno ricevuto un documento, spacciato come proveniente dalla procura di Torino, che conteneva nomi e cognomi di calciatori sotto osservazione. Fatta una rapida verifica con un penalista e un collega della giudiziaria, si è rivelato un rozzo fake.
Ora, se oltre alle rivelazioni di Corona e alle decine di liste che stanno riempiendo cellulari e rete, siamo arrivati ai documenti falsi significa che la situazione non è più grave ma gravissima. Per questo credo che gli inquirenti dovrebbero metterci un punto di chiarezza.
Mamma mia che disastro gli ultimi due anni del calcio italiano. Quando ho mostrato l’elenco che sto per pubblicare a un allenatore, il suo commento è stato pieno di sarcasmo: «dopo il covid è tornata la vita». In tutte le accezioni e espressioni peggiori dal punto di vista sportivo e morale.
Ecco, infatti, in rapida sintesi, quello che il nostro calcio e gli appassionati hanno dovuto sopportare in poco più di ventiquattro mesi. Soprattutto per queste ragioni tanti l’hanno abbandonato. Da mesi i produttori dello spettacolo - i presidenti di serie A - stanno invece tentando di ottenere 900 milioni, 1 miliardo, dalle piattaforme tv per quel che resta di buono. Auguri.
L’ordine temporale è un dettaglio:
1) il Caso tamponi.
2) Lo scandalo plusvalenze in due atti.
3) Le manifestazioni di razzismo negli stadi (ricordo per tutte Juve-Inter, vittima Lukaku).
4) La curva nord di San Siro svuotata con la forza per l’omaggio al capo ultrà interista morto.
5) L’aumento del prezzo dei biglietti in Serie A con maggiorazioni superiori del 20%.
6) Il caso D’Onofrio e relativa decapitazione dei vertici arbitrali.
7) Il fallimento di alcune società e la mancata iscrizione delle stesse ai campionati di riferimento.
8) Il ritorno del doping (Pogba).
9) I calciatori scommettitori.
a decima voce potrebbe essere l’indecenza non solo sportiva della seconda esclusione di fila dai Mondiali.
Devo aver dimenticato qualcosa. Ma dieci punti possono bastare per pretendere che qualcosa di serio e definitivo venga fatto. Non ci si può rifugiare dietro lo scudo dell’ingestibilità di certi comportamenti. L’immagine nel calcio è anche sostanza e quando un prodotto così importante viene aggredito puntualmente da scandali di ogni genere diventa necessario ricorrere a scelte drastiche (spettano a Gravina).
Ho visto infatti nascere campagne moralistiche per eventi privi di sostanza - come dire - illecita come il mercato arabo, ovvero la distribuzione generosa di capitali dal mondo del petrolio a quello europeo, proprio come un tempo i club italiani più ricchi sorreggevano i club provinciali acquistandone a suon di milioni i giovani talentuosi, usanza - ahinoi - abolita spostando l’attenzione e gli investimenti verso i Paesi d’Africa, dove da anni il ruolo di generosi… petrolieri lo esercitiamo noi e i francesi. Fumo negli occhi, l’attentato arabo al nostro capitale tecnico spesso rappresentato da giocatori stranieri già coinvolti in un business planetario.
Il marcio - adesso lo vediamo - è altrove. Anche nello stesso mondo azzurro ex manciniano nel quale il primo scandalo fu perdere con la Macedonia mentre oggi si giudicano le perdite o i successi al banco delle scommesse. Con buona pace di chi predica - lo ha detto anche Baggio, ma lui può, facitore di vittorie - la religione della sconfitta.
PS. Nonostante casi, casini e scandali, a Bari i paganti erano 56mila e hanno tifato, si sono divertiti. La forza del calcio è anche la sua debolezza. E viceversa. La passione per il pallone ha un’impressionante resistenza alle sconcezze. La passione non si piega alle leggi della ragione - diceva il grande Sandor Marai - non si cura minimamente di quello che riceverà in cambio, vuole esprimersi fino in fondo, imporre la sua volontà.
Già, ma fino a quando?
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'L'Europa vuole farci mangiare vermi': ad 'Anni 20' di Rai 2 un servizio da propaganda nordcoreana L’unica, magra consolazione è che Anni 20, il nuovo programma di approfondimento di Rai 2 condotto da Francesca Parisella, non sta andando bene negli ascolti. E che dopo quanto avvenuto ieri, potrebbe essere definitivamente cancellato. L’Ad Rai Salini sarebbe ‘furioso’ per il servizio con toni da propaganda nordcoreana andato in onda ieri, un pastiche surreale di retorica anti-europea, anti-vaccini, anti-gay, anti-ecologia e anti-rom. Anti-tutto, insomma, una sintesi esaustiva dei programmi politici dell’estrema destra in Italia (e non è un caso che la voce che sta tuonando più forte di tutte in difesa del programma sia quella di Giorgia Meloni che - il colmo - usa lo stesso paragone con la Corea del Nord). Cercare un senso logico al servizio è davvero complesso: si parte da una inventata ‘imposizione’ dell’Europa, dipinta come origine di ogni male, che ci costringerà, nel prossimo futuro, a mangiare vermi e insetti e a bere vino annacquato. Mentre sullo sfondo passano animazioni di piatti di zuppe con vermi vivi, chi volesse davvero informarsi dovrebbe sapere che l’Ue ha dato via libera al consumo delle larve delle tarme della farina (Tenebrio molitor) in forme disidratate e intere - quindi non a zuppa, e sicuramente non obbligatoriamente - oppure come ingrediente per altri piatti, cosa peraltro che già avviene in diverse parti del mondo. Per quanto riguarda il vino annacquato, si fa riferimento alla proposta - ripetiamo, proposta, quindi ancora una mera ipotesi - di un vino a basso contenuto alcolico. Questi due elementi sono diventati, per il servizio di Anni 20, un attentato all’italica dieta mediterranea. ‘Ce lo chiede l’Europa’: il mantra dei sovranisti è il fil rouge che tenta - a fatica - di legare il delirio che segue. Dal presunto attentato alla buona, italica tavola, segue una filippica contro il piano Green, che ci costringerebbe a mangiare ‘cibo spazzatura’, per poi passare ai vaccini, un’altra cosa che ‘ci chiede l’Europa’. Un’altra imposizione, come anche - qui arriviamo nell’iperuranio del ridicolo - un ‘Ddl Zan continentale’. E dopo Europa, ecologia, complottismo e gay, nel calderone si gettano anche i rom, i cui campi e la relativa distruzione dovrebbero essere una priorità ma l’Europa dice un ‘chissenefrega’, con tanto di gesto dell’ombrello. Fa molto riflettere che, appena due settimane fa, la Rai negava con tutta la sua forza l’esistenza di un sistema, che volesse impedire a Fedez di fare nomi e cognomi dei leghisti omofobi sul palco del 1 maggio, ma non si fa nessuno scrupolo a mandare in onda, in una fascia molto privilegiata e sul suo secondo canale, un concentrato di fake news. Sempre perché viviamo in un paese dove, a detta di certuni, non si possa più dire nulla. Verrebbe da dire, ��magari fosse vero’. Magari non si dovesse assistere allo scempio che viene fatto del servizio pubblico. Una nota a margine: chissà se l’autore del servizio (Antonio Rapisardi, che nella sua carriera ha scritto per Panorama, Il Tempo, Il Giornale e Libero) abbia ricevuto una chiamata dai dirigenti di Rai 2 che gli facevano presente che un servizio del genere non può andare in onda senza un contraddittorio, senza qualcuno che spieghi come stanno le cose. Probabilmente no. Probabilmente, Rapisardi nel ‘sistema’ ci rientra perfettamente. Giuseppe Cassarà
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A cosa serve il Green Pass?
Penso che dal punto di vista sanitario abbia risposto molto bene a questa domanda Crisanti su LA7:
https://www.la7.it/in-onda/video/andrea-crisanti-e-una-bufala-pazzesca-dire-che-col-green-pass-creiamo-ambienti-sicuri-09-08-2021-392986
“Il green pass è uno strumento che incentiva la vaccinazione, ma non è una misura di sanità pubblica. Sento molti politici che sostengono che col green pass creiamo ambienti sicuri. Questo non è vero, perché le persone vaccinate si possono infettare e quelle che hanno ricevuto una sola dose possono anche stare male. Quindi, dire che il green pass aumenta la sicurezza nei ristoranti e nei cinema è una bufala pazzesca, ma indubbiamente serve a indurre le persone a vaccinarsi”.
Questo per quanto riguarda l'aspetto sanitario.
Per quanto invece riguarda l'aspetto economico e sociale ci sono ulteriori motivi. È un discorso un po' complicato che parte da lontano. È necessario comprendere nel segno di quali politiche è stata gestita la pandemia nel nostro paese.
Come il popolo italiano ormai sa molto bene abbiamo una classe politica che pur di tutelare gli interessi dell’1% più ricco è disposta senza rimpianti a sacrificare la felicità, il futuro e la salute dei cittadini.
Non è un caso se la disoccupazione italiana è sempre perfettamente in linea con quella indicata dagli infami indici NAWRU e NAIRU. La disoccupazione in Italia non è alta a causa del destino cinico e baro.
Cosa pensare dei tagli all'istruzione e alla sanità pubblica negli ultimi 40 anni? La svendita delle aziende pubbliche, gli attacchi ai salari e ai diritti dei lavoratori..
Se non ci fossero stati quei tagli, le privatizzazioni, le chiusure degli ospedali, la diminuzione di medici e infermieri, di posti letto e di terapie intensive…Pensate quante migliaia di vite si sarebbero potute salvare..
Dagli anni ottanta in poi c'è stato un cammino lento ma costante (SME, divorzio BdI/Tesoro, UE).. coerente nell'attuazione graduale di una agenda politica.
La nostra classe politica si è approfittata di questa emergenza nello stesso modo in cui si è servita di tutte le altre: per accelerare sull’agenda di spoliazione dei diritti e dei beni dei lavoratori.
Che le crisi vengano strumentalizzate dai politici non è più un segreto da molto tempo.
lo dicono gli stessi politici:
LORENZO BINI SMAGHI: “Necessità di forti shock globali dell’economia per creare consenso internazionale per le riforme.”
MARIO MONTI: “L’Europa ha bisogno di gravi crisi per fare passi avanti nella cessione di parti della sovranità nazionale.”
ROMANO PRODI: “Sono sicuro che un bel giorno ci sarà una crisi, e di fronte a quella, il popolo accetterà riforme altrimenti inaccettabili.”
In questo contesto il Green Pass deve essere interpretato come un fine coerente con la nostra storia recente.
Come ha ben sintetizzato Gilberto Trombetta in un suo articolo:
" Lungi dal risolvere i problemi legati alla diffusione del virus, serve invece ad ammazzare la domanda interna e a facilitare quel processo di distruzione creativa tanto caro a Mario Draghi.
Serve a tenere sotto controllo l’inflazione per far durare il più a lungo possibile il PEPP della BCE (altro che Recovery Fund).
Serve a criminalizzare qualsiasi forma di dissenso della gestione sanitaria, sociale e politica dell’ultimo anno e mezzo.
Serve a creare un nemico su cui far scaricare odio e frustrazioni a quella parte di popolazione che ha creduto che con la strategia messa in atto dal Governo saremmo usciti dallo stato emergenziale sconfiggendo definitivamente il virus.
Serve, come e meglio del Jobs Act, a consentire discriminazioni sul posto di lavoro e licenziamenti.
Serve a polarizzare come mai prima la società gettandola dolosamente in uno dei più violenti conflitti orizzontali dell’epoca recente"
Dove sono i nuovi ospedali, i nuovi posti letto, i nuovi medici e i nuovi infermieri di cui il nostro SSN avrebbe disperatamente bisogno dopo anni di tagli indiscriminati che ci sono costati un inaccettabile numero di morti durante l'ultimo anno?
Per evitare che il popolo accusi i veri colpevoli viene creato un conflitto orizzontale
Come tutti i conflitti orizzontali ha il solo scopo di mettere al riparo dai conflitti verticali coloro che da decenni si arricchiscono sulle nostre spalle.
Senza fargli sporcare le mani con la lotta di classe che ormai viene combattuta per procura attraverso la creazione di sempre nuovi conflitti orizzontali: giovani contro anziani, dipendenti pubblici contro lavoratori privati, nord contro sud, italiani contro stranieri.
Divide et impera
Ebbene si, ci siamo cascati un'altra volta. E intanto le piccole medie imprese falliscono e vengono sostituite da grandi corporation. Così come Draghi aveva scritto nero su bianco prima del suo insediamento nel famoso report del "Gruppo dei 30"
Non si tratta pertanto di una “dittatura sanitaria” bensì della solita banale dittatura oligarchica sotto mentite spoglie, che fingendo di avere a cuore la salute di molti risponde in realtà gli interessi di pochi.
In altre parole il nostro governo, e non solo il nostro, si sta approfittando di questa situazione emergenziale per consolidare dinamiche pre-esistenti ( e per intraprenderne di nuove)
Ultimamente si stanno facendo dei passi decisi verso la cancellazione della classe media e verso una società di individui atomizzati, privati del concetto di comunità e mutuo soccorso. La didattica a distanza, lo smartworking, l'idea di abolire il contante, vanno in direzione di una nuova società del controllo:
Un controllo a 360 gradi dei cittadini, sociale, economico, sanitario, così come anticipato dalle riflessioni esposte all'ultima edizione del Global Forum di Davos.
Se non credete all'esistenza dell'oligarchia, e vi chiedete scandalizzati, “ ma quale oligarchia?!”..
Bhe, ma perché non vi leggete qualche libro?
Habermas, Pabst, Bauman, Gallino, Beck, Piketty, Zubof, Klein, Vandana Shiva…
Vandana fa anche nomi e cognomi
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Immagine «Prigionia, tortura, omicidio, i campi fascisti furono 900» Italiani brava gente. Spesso ma non sempre. È di qualche giorno fa la notizia che nel virtuoso Nord alcuni coltivatori si sarebbero avvalsi di braccianti extracomunitari, con salari da fame e condizioni di lavoro degradanti. Sappiamo bene che al contributo di 600 euro per le partite IVA in difficoltà hanno avuto accesso centinaia di studi notarili e legali. E che dire della sempre più invasiva difficoltà a fare i conti con il passato fascista del paese? Con la tendenza via via più diffusa a derubricare la dittatura a una forma di autoritarismo all’acqua di rose? Chi non si è trovato coinvolto in discussioni da bar in cui sono affiorati commenti come, “Piove, governo ladro”, “Europa tiranna” e via dicendo? Oppure come “Il Duce ha fatto anche cose buone”? Peccato che, per farle, abbia portato distruzione e morte in Albania, Corno d’Africa, Libia, Slovenia e Croazia, abbia stroncato il dissenso, varato le leggi razziali, fatto piazza pulita di rom e omosessuali. E se tutto questo strepitare non fosse, in fondo, figlio del peccato originale italico, ovvero la mai completa accettazione di una semplice verità storica, l’assuefazione a un tipo di governo che ha sempre sbandierato efficienza e decisionismo, gettando fumo negli occhi di una popolazione alla disperata ricerca di parole tranquillizzanti, una popolazione a cui creava, non risolveva, problemi? Una guerra persa in partenza, l’alienazione dei favori di paesi leggermente più illuminati di noi, l’infamia dell’antisemitismo, l’autarchia fattasi miseria nazionale, la soppressione di qualsiasi forma di dissidenza e, in ultima analisi, della libertà? Ecco che la pubblicazione di un libro come Campi Fascisti – Una vergogna italiana... di Gino Marchitelli assume un valore prezioso, mettendo ordine tra le “cose buone” che il fascismo avrebbe fatto. ... raccontare la verità alle nuove generazioni e depotenziare l’infame politica sovranista e fascista che avanza nel paese per colpa dell’ignoranza dilagante. ... Un errore madornale della democrazia in capo a molti, al Pd in particolare, che con alcuni dirigenti, capi del governo e ministri ha sottovalutato il fatto innegabile che i fascisti “buoni” non esistono. Il fascismo è stragismo, è repressione, è tirannia, è braccio armato del padronato. Per questo motivo non mi sogno nemmeno per scherzo di diventare talmente “democratico” da confrontarmi con certe destre che raccontano un mucchio di balle (come la storia strumentalizzata delle foibe), che cercano continuamente di accusare l’antifascismo, negando perfino l’esistenza dei campi di sterminio ... Bisogna raccontare tutto, comprese le stragi, a partire da Portella della Ginestra fino a piazza Fontana, raccontare la verità su Pinelli, sull’Italicus, su Piazza della Loggia, sulla bomba alla stazione di Bologna. Occorre riportare i giovani a vedere non solo i campi di sterminio, cosa peraltro giusta e necessaria, ma pure i luoghi italiani in cui il fascismo ha esercitato la propria indole violenta e guerrafondaia. Oggi sappiamo che quei luoghi furono non 200 bensì 904. Abbiamo tutto: documenti, nomi, cognomi, luoghi, storie. Dobbiamo realizzare una memoria generale costruttiva che veda al centro i fari guida della Costituzione, della repubblica, della democrazia e della libertà, nati con l’antifascismo. ... diciamo la verità su Mussolini che ha utilizzato il potere personale per arricchirsi e arricchire chi gli stava vicino, che dietro al delitto Matteotti si nascondono documenti che comprovano una strana partecipazione azionaria di Mussolini in società che dovevano svendere le concessioni petrolifere nazionali e libiche ad altre nazioni, che i documenti riservati e il dossier che aveva Matteotti è scomparso, che Amerigo Dumini, capo del commando che sequestrò e uccise Matteotti, fu graziato e inviato in confino alle isole Tremiti perché “non parlasse”. Raccontiamo la prigionia, la tortura e l’assassinio dei confinati cinesi in Italia, la deportazione degli istriani e dalmati, le violenze delle camicie nere contro camere del lavoro e sindacalisti per aiutare i padroni contro le rivendicazioni sindacali. (intervista a Gino Marchitelli di Rock Reynolds) http://campifascisti.it/
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Qual è il tuo cognome ? Russo? allora il tuo cognome è quello più diffuso in Sicilia. Ti Chiami Messina ? allora forse sei di Trapani o Palermo. Se ti chiami Giorgianni sei di Messina o provincia mentre se ti chiami Saja probabilmente avevi un antenato ebreo, se invece ti chiami Maffei sei di origine greca ma se ti chiami Greco sei di Siracusa, mentre se sei Palizzi o Rao o Ruggeri sei di origine normanna, poi ci sono i cognomi di origine araba, albanese, tedesca o del nord Italia come Lombardo diffuso a Enna. Invece se ti chiami Di Dio vuol dire che discendi da un trovatello, mentre Mancuso indica che avevi un avo mancino come Pappalardo racconta di un avo goloso, mentre Impellizzeri ricorda un avo pellicciaio, o Vitale ricorda un tuo avo con lo stesso nome. Insomma Il tuo cognome in Sicilia dice chiaramente da dove vieni, quale è la tua storia e sapendolo, forse potrai capire la strada che il tuo sangue ha percorso per arrivare a quello che ora sei.
What is your last name? Russo? Then your last name is the most widespread in Sicily. Do you call Messina? Then maybe you're from Trapani or Palermo. If you call Giorgianni you are in Messina or province. If your name is Saja you probably had a Jewish ancestor, but if you call Maffei you are of Greek origin, while if your name is Greco you are from Syracuse, while if your last name is Palizzi or Rao or Ruggeri you are of Norman origin. Then there are the surnames of Arab, Albanian, German or Northern Italian origin as Lombardo diffused in Enna. Instead, if your name is Di Dio, it means you're the descendent of foundling, while Mancuso indicates that you avo was left-handed; if your name is Pappalardo it tells of a gluttonous avo, while Impellizzeri remembers an ancestor that worked as furrier, as Vitale remembers your ancestor with the same name. In short, your surname in Sicily clearly states where you come from, what your story is and knowing it, maybe you can understand the way your blood has gone to get what you are now.
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REGIONALI 2020 Tansi:“Nelle liste concorrenti vedo solo trasformismo e attaccamento alle poltrone”
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/regionali-2020-tansinelle-liste-concorrenti-vedo-solo-trasformismo-e-attaccamento-alle-poltrone/
REGIONALI 2020 Tansi:“Nelle liste concorrenti vedo solo trasformismo e attaccamento alle poltrone”
REGIONALI 2020 Tansi:“Nelle liste concorrenti vedo solo trasformismo e attaccamento alle poltrone”
REGIONALI 2020 Tansi:“Nelle liste concorrenti vedo solo trasformismo e attaccamento alle poltrone” Lente Locale
R. & P.
“Nell’apprendere i nomi dei candidati delle liste del centro-destra e del centro-sinistra ho riscontrato situazioni davvero allucinanti. Hanno già vinto il trasformismo e il tradizionale attaccamento alla poltrona. Candidati che erano consiglieri regionali vicini al presidente Oliverio, che si erano candidati con Oliverio, ora appoggiano la candidatura della Santelli. Sia a destra che a sinistra ci sono candidati impresentabili, responsabili del tracollo della nostra regione, con cognomi improponibili, che hanno ancora il coraggio di candidarsi. E poi ci sono i figli di papà e le mogli di chi non poteva candidarsi per problemi giudiziari. E poi ci sono candidati che risultano in intercettazioni imbarazzanti del procuratore Gratteri nell’ambito dell’inchiesta “Rinascita Scott” che rischiano l’arresto da un momento all’altro. E, dulcis in fundo, i candidati dei candidati, quelli che da 40 anni tengono le fila del nostro teatrino calabrese e che continuano a riproporsi con una faccia di bronzo.
Cari Calabresi, non da candidato ma, da uomo della strada, mi domando: come possiamo continuare a votare questa gente? Volete realmente cambiare la Calabria? Se lo volete dovete innanzitutto andare a votare, perché chi non vota fa il gioco della casta ‘ndranghetista. E poi dovete votare persone credibili. Nelle mie liste ho inserito persone lontane anni luce da questi partiti politici, persone che non hanno mai fatto politica. Troverete candidati con cariche di grande responsabilità, persone con grandi capacità tecniche amministrative e culturali come medici ospedalieri, liberi professionisti, docenti, presidenti di ordini professionali ma troverete anche persone semplici che rappresentano la maggior parte di quella società calabrese che merita di essere rappresentata in consiglio regionale – come una parrucchiera, un giovane disoccupato o imprenditori che, tra mille difficoltà e la criminalità organizzata alle costole, tentano di sbarcare il lunario.
Tra i miei candidati ci sono anche persone coraggiose che si battono per la legalità ogni giorno come, ad esempio, un imprenditore cosentino vittima del racket che ha denunciato i suoi aguzzini e li ha fatti arrestare, oppure un ingegnere di Crotone che è da decenni a capo di associazioni ambientaliste che difendono i diritti dei cittadini che abitano sui siti inquinati. Le candidature hanno ricoperto più o meno uniformemente tutti i territori della nostra regione e sono rappresentate, anche gli angoli più remoti. I nostri candidati provengono dai paesi più sperduti dalla Locride, al reggino, alla piana di Gioia Tauro, al catanzarese, al crotonese, al lametino, alla preSila cosentina e catanzarese, alla costa ionica e tirrenica del cosentino, rappresentata da Nord a Sud, in tutta la sua lunghezza, fino ai territori alle falde del Pollino.
Non vi resta che scegliere cari Calabresi. Prima di andare a votare, mettetevi una mano sulla coscienza e decidete se continuare con questo marcio, questo vecchio, questa casta oppure se votare il nuovo, il vero nuovo, il nuovo credibile, il nuovo che mi pregio, modestamente, di rappresentare insieme ai candidati che mi sostengono. Credetemi cambiare veramente la Calabria si può: ho dimostrato di avere avuto le capacità di distruggere un covo di malaffare, qual era la Protezione Civile Regionale, e di avere ricostruito una Protezione Civile diventata il fiore all��occhiello delle protezioni civili in Italia”.
REGIONALI 2020 Tansi:“Nelle liste concorrenti vedo solo trasformismo e attaccamento alle poltrone” Lente Locale
REGIONALI 2020 Tansi:“Nelle liste concorrenti vedo solo trasformismo e attaccamento alle poltrone” Lente Locale
R. & P. “Nell’apprendere i nomi dei candidati delle liste del centro-destra e del centro-sinistra ho riscontrato situazioni davvero allucinanti. Hanno già vinto il trasformismo e il tradizionale attaccamento alla poltrona. Candidati che erano consiglieri regionali vicini al presidente Oliverio, che si erano candidati con Oliverio, ora appoggiano la candidatura della Santelli. Sia a destra […]
REGIONALI 2020 Tansi:“Nelle liste concorrenti vedo solo trasformismo e attaccamento alle poltrone” Lente Locale
Francesca Cusumano
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Lettera scritta da Andrea Camilleri.
"Ciccio, ti scrivo a nome di tanti siciliani
e ti chiamo Ciccio perché anche tu sei siciliano essendo nato a Catania
Lo so che ti da fastidio, perché -avendo lavorato per 19 anni al Corriere della Sera e scrivendo da 10 anni per La Repubblica- probabilmente non ti piace essere chiamato “Ciccio”
Magari, dopo tanti anni al Corriere, parli pure milanese e Ciccio in milanese non suona bene
Ma io continuerò lo stesso a chiamarti Ciccio ok?
Dunque, Ciccio, voglio dirti che qui noi siamo indignati. Lo so che, proprio in questi ultimi tempi, è un termine inflazionato ma non ne trovo uno migliore per manifestarti il nostro sdegno per quello che hai detto nel tuo servizio sull’alluvione nel messinese
Qui l’acqua avrebbe portato via il “mattone selvaggio e l’accozzaglia di laterizi”, mentre…dalle tue parti la natura malvagia avrebbe distrutto “i centri storici, lo spazio pubblico celebrato, la bellezza di città che sono storicamente costruite per piacere, per aiutare l’uomo a vivere e non a sopravvivere”
Ciccio, ma che dici? La storia della tua terra (quella d’origine, intendo: la Sicilia) te la ricordi?
Ciccio, anche i nostri paesi hanno un centro storico: centri di antica tradizione, come Saponara: ti ricordi di Saponara, vero?
A Saponara l’acqua ha mandato giù un costone roccioso che ha sotterrato una casa, e -con la casa- ha sotterrato anche tre persone, e fra queste tre persone c’era un angioletto biondo di appena dieci anni
Ah…dimenticavo: quella casa non era abusiva: era una casa come la tua, forse meno ricca della tua, ma era comunque una casa
insomma una casa normale
non un’accozzaglia di laterizi
A proposito del nostro bimbo annegato nel fango…ecco, qui voglio ringraziarti per aver detto che “i bambini affogati sono uguali” Almeno questo ce lo hai riconosciuto, Ciccio…
i nostri non sono figli di un dio minore
almeno quando affogano nel fango
Grazie, grazie davvero
“La forza dell’acqua distrugge sviluppo e sottosviluppo”. Naturalmente, lo sviluppo sta al Nord e il sottosviluppo è il nostro.
Ciccio, vuoi che partiamo da lontano?
E allora, mi permetto di ricordarti che nell’anno
1100, mentre dalle tue parti si brancolava nel buio del Medioevo, i Siciliani avevano il primo Parlamento della storia, il primo parlamento d’Europa.
Facciamo un bel salto e arriviamo al 1861.
In quegli anni -esattamente nel 1856- in occasione dell’Esposizione Internazionale di Parigi, Il Regno delle Due Sicilie ricevette il Premio come terzo Paese più industrializzato del mondo, dopo Inghilterra e Francia.
Il Meridione possedeva una flotta mercantile pari ai 4/5 del naviglio italiano, una flotta che era la quarta del mondo. Il Sud era il primo produttore in Italia di materia prima e semi-lavorati per l'industria. Avevamo circa 100 industrie metal meccaniche che lavoravano a pieno regime (era attiva la più grande industria metalmeccanica d’Italia). Avevamo industrie tessili, manifatturiere, estrattive
Avevamo distillerie, cartiere. Avevamo la prima industria siderurgica d’Italia. Il primo mezzo navale a vapore del Mediterraneo (una goletta) fu costruito nelle Due Sicilie e fu anche il primo al mondo a navigare per mare. La prima nave italiana che arrivò nel 1854, dopo 26 giorni di navigazione, a New York, era meridionale, e si chiamava -guarda un po’!- “Sicilia”. La bilancia commerciale con gli Stati Uniti era fortemente in attivo e il volume degli scambi era quasi il quintuplo del Piemonte
Il cantiere di Castellammare di Stabia, con 1.800 operai, era il primo d’Italia per grandezza e importanza.
Ancora: il tasso di sconto praticato dalle banche era pari al 3%, il più basso della Penisola; una “fede di credito” rilasciata dal Banco di Napoli era valutata sui mercati internazionali fino a quattro volte il valore nominale. Il Regno Napoletano, fra tutti gli Stati italiani, vantava il sistema fiscale con il minor numero di tasse: ve ne erano soltanto cinque.
Tu, Ciccio, potresti dirmi: “acqua passata”. Potresti chiedermi come ci siamo ridotti così, oggi…sottosviluppati
Bene…ti spiego: fin dal primo anno di unificazione, il neonato Stato italiano introdusse ben 36 nuove imposte ed elevò quelle già esistenti.
In appena quattro anni, la pressione fiscale aumentò dell’87%, ed il costo della vita ebbe un incremento del 40% rispetto al 1860, i salari persero il 15% del potere d’acquisto.
Dopo l’unificazione d’Italia, l’industria meridionale e persino l’agricoltura furono letteralmente abbandonate e penalizzate con una politica economica che favorì il Nord a danno del Sud, come risulta da un’inchiesta sulla ripartizione territoriale delle entrate e delle spese dello Stato voluta da Francesco Saverio Nitti (non l’abbiamo pagato noi…giuro)
Per diversi decenni si verificò un continuo drenaggio di capitali dal meridione al Nord dovuto proprio ad una scelta di politica economica dello Stato, mentre sul piano delle imposte il Mezzogiorno e la Sicilia contribuivano in maniera di gran lunga superiore alle regioni del Nord
Non andò meglio per i lavori pubblici, in quanto gran parte delle spese furono fatte nell’Italia Settentrionale e Centrale.
In sostanza il bottino dei Savoia fu veramente enorme, se si considera che il danaro trafugato dalle casse del “Regno delle Due Sicilie” ammontava a 443 milioni di lire oro, vale a dire due volte superiore a quello di tutti (dico tutti) gli Stati preunitari della penisola messi insieme; lo Stato savoiardo ne possedeva solo 20 milioni.
Questa è storia Ciccio, dunque non volercene se una politica assassina ci ha ridotto come siamo adesso
Non dirci che siamo “sottosviluppati”, non ce lo meritiamo. Perché -vedi- la cultura siciliana non è da meno rispetto a quella dell’ormai “tuo” Nord
Anzi…a giudicare dal numero e dall’importanza dei cervelli che mandiamo a lavorare dalle tue parti, potrei osare di più, ma non mi va
L’acqua, qui, porta via centri storici e persone esattamente come a Genova e come nelle Cinque Terre.
E a Barcellona i torrenti sono “tombinati” esattamente come a Genova.
Sai, Ciccio, i giornali arrivano anche qui, e noi li leggiamo
E, se proprio la vogliamo dire tutta, anche a Genova c’erano case costruite nei greti dei torrenti: le abbiamo viste tutti in televisione: anche lì, dunque, “mattone selvaggio” e “accozzaglia di laterizi”?
Ascoltami, Ciccio: nella prossima estate, torna in Sicilia. Non ti chiedo di starci molto: quindici giorni a pensione completa
Fatti un giro, magari anche nella città che ti ha visto bimbo meridionale: Catania
Scoprirai cose nuove
Scoprirai che i siciliani non sono affatto rassegnati, sono incazzati neri
E’ diverso
Scoprirai che “le persone per bene” che pensano che il Sud sia solo violento-imprevedibile-inaffidabile-sprecone-confusionario-corrotto-mafioso-camorristico (come dici tu in una sorta di crescendo rossiniano), in realtà non sono persone per bene: sono degli idioti. Oppure dei delinquenti
E mi dispiace se fra loro dovessero esserci amici tuoi: sempre idioti restano o delinquenti che hanno interesse ad affossarci ancora di più
Perché -vedi- se qui i mafiosi portano ancora la coppola, mentre al Nord portano la cravatta e magari hanno l’auto blu e la scorta, per noi non fa molta differenza
Ripeto, i giornali li leggiamo anche qua
…E quella “pietà diversa” di cui parli, Ciccio: ma ti sei ascoltato?
“La disgrazia di Genova fece esplodere gli animi e mettere mano al portafoglio”, mentre qui le disgrazie sarebbero solo
“il prolungamento della normalità”
Qui è meglio “non dare perché elemosiniere ed elemosinato rischiano di fare la stessa fine”
E, quindi, “aiutare il Sud potrebbe risultare pericoloso, fortemente pericoloso”
No, Ciccio, ti sbagli
La nostra normalità non è questa che dici tu
La nostra “normalità” ci è stata tolta proprio da quelle “persone per bene” di cui parli
quelle stesse che oggi vorrebbero farci
“il ponte sullo Stretto” per finire di fregarci il poco che ci è rimasto
Noi non siamo affatto rassegnati, Ciccio, e vogliamo riprendercela la nostra normalità
La nostra normalità ha nome e cognome, anzi …nomi e cognomi, come Antonello da Messina, Vincenzo Bellini, Francesco Maurolico, Finocchiaro Aprile, Alessandro Scarlatti, Filippo Juvara, Luigi Pirandello, Giovanni Verga, Lucio Piccolo, Tommaso Cannizzaro, Bartolo Cattafi, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Renato Guttuso, Ettore Majorana, Vittorio Emanuele Orlando, Salvatore Quasimodo, Leonardo Sciascia, Vann'Antò'
La nostra normalità ha luoghi che si chiamano Mozia, Segesta, Selinunte, Piazza Armerina, Naxos, Siracusa, Monreale, Taormina, Erice, Agrigento, Noto: tutti con i loro “centri storici” come Messina, e -perché no- come Barcellona e come Saponara.
Noi conserviamo la cultura dei nostri padri
Noi conserviamo le tradizioni di questi luoghi
Non siamo rassegnati, siamo orgogliosi
(oltre che incazzati).
E se i nostri Gattopardi sono stati sbranati dalle iene e dagli sciacalli, come aveva previsto il Principe di Lampedusa in tempi non sospetti beh…verrà il momento del riscatto
Noi ci crediamo, dobbiamo crederci
E, per tornare alla tua “pietà diversa”, sappi che questo tipo di pietà non ci interessa
Noi vogliamo solo difendere i nostri diritti vogliamo solo il nostro, quello che ci spetta
Siamo noi che abbiamo pietà, pietà per gli oppressi, per i vinti, pietà per chiunque soffra
E siamo ancora noi che abbiamo, legittimamente, dei pregiudizi
Da oggi nutriamo pregiudizi anche nei tuoi confronti e nei confronti del tuo giornale
E se non riesci a fartene una ragione, se non riesci a pensare di dovere chiedere scusa
allora davvero hai voluto rinnegare le tue origini, le tue radici, la tua storia
Ciao "Ciccio"
Fate copia e incolla
(Lettera aperta al giornalista di LA REPUBBLICA Francesco Merlo, autore del video “Da Genova a Messina, le differenze di un’Italia flagellata")
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Islamofobia, il nuovo razzismo occidentale
di Enzo Traverso
Una nuova ondata di islamofobia si sta diffondendo in Occidente. Se eletto presidente, Donald Trump ha promesso di espellere tutti i musulmani dagli Stati Uniti e in tutta l’Unione europea le correnti conservatrici reclamano leggi contro l’Islam. L’Islam è percepito come una barbarie e una minaccia alla civiltà “giudeo-cristiana” occidentale, una tendenza che guadagna forza in Francia a seguito di una serie di attacchi terroristici. In questa cultura di estrema xenofobia e pregiudizio, l’idea che i cittadini musulmani siano costretti a indossare una stella gialla e mezzaluna sui loro vestiti, come gli ebrei durante la seconda guerra mondiale, non sembra più oltre i regni del possibile. Nella prima metà del XX secolo, l’antisemitismo era diffuso un po’ ovunque, dagli strati aristocratici e borghesi – dove stabilì i confini simbolici – all’intellighenzia: molti dei più importanti scrittori degli anni ’30 non nascondevano il loro odio per gli ebrei. Oggi, il razzismo ha cambiato le sue forme ed i suoi obiettivi: l’immigrato musulmano ha sostituito l’Ebreo. Il razzialismo – un discorso scientifico sulla base di teorie biologiche – ha ceduto il passo a un pregiudizio culturale che enfatizza una discrepanza antropologica radicale tra Europa ‘ebraico-cristiana’ e Islam. Il tradizionale antisemitismo, che per un secolo dette forma a tutti i nazionalismi europei, è diventato un fenomeno residuale. Con una sorta di inversione, le commemorazioni dell’Olocausto hanno costruito una sorta di ‘religione civile’ nell’Unione europea. Come in un sistema di vasi comunicanti, l’antisemitismo pre-bellico è diminuito e l’islamofobia è aumentata. La rappresentazione post-fascista del nemico riproduce il vecchio paradigma razziale e, come il precedente Bolscevico ebrao, il terrorista islamico è spesso raffigurato con tratti fisici sottolineando la sua alterità. Le ambizioni intellettuali del post-fascismo, tuttavia, sono notevolmente diminuite. Non vediamo alcun equivalente di Francia ebraica di Edouard Drumont o di Le fondamenta del XIX secolo di Houston Stewart Chamberlain nel nostro momento attuale, né i saggi di antropologia razziale di Hans Günther o André Siegfried. La nuova xenofobia non ha prodotto scrittori come Léon Bloy, Louis Ferdinand Céline e Pierre Drieu La Rochelle, per non parlare di filosofi come Martin Heidegger e Carl Schmitt. L’humus culturale del post-fascismo non si alimenta con creazione letteraria degna di nota – la sua espressione più significativa è un recente romanzo di Michel Houellebecq, Submission, che raffigura la Francia nel 2022 trasformata in una repubblica islamica – piuttosto con una massiccia campagna per conquistare l’attenzione dei media. Molte personalità politiche e intellettuali, i canali televisivi e le riviste popolari che certamente non potevano essere definite come fasciste, hanno contribuito immensamente alla costruzione di questo humus culturale. Potremmo ricordare la famosa dichiarazione di Jacques Chirac – pronunciata nel 1991 – sul ”rumore e l’odore’ degli edifici abitati da immigrati del Maghreb; la prosa infuocata di Oriana Fallaci dei musulmani che ‘si riproducono come topi’ e urinano contro i muri delle nostre cattedrali; la comparazione di ministri neri a scimmie sia in Francia che in Italia; e innumerevoli riferimenti spregiativi all’islam come ‘la religione più stupida’(la religion la plus con). George L. Mosse aveva rilevato che, nel fascismo classico, le parole dette erano più importanti dei testi scritti. In un’epoca in cui la ‘videosfera’ ha sostituito la ‘grafosfera’, non è sorprendente che il discorso post-fascista si diffonda prima di tutto attraverso i media , assegnando un posto secondario alle produzioni intellettuali (che diventano utili – come Submissionnella misura in cui si trasformano in eventi mediatici). Mi sembra che le somiglianze più significative tra l’islamofobia di oggi e il più vecchio antisemitismo evocano il Reich tedesco della fine del XIX secolo, piuttosto che la Terza Repubblica francese. Sin dall’epoca dell’Affare Dreyfus, l’antisemitismo francese stigmatizzava immigrati ebrei provenienti dalla Polonia e dalla Russia, ma il suo obiettivo principale erano gli alti funzionari (Juifs d’Etat) che, sotto la Terza Repubblica, occupavano posizioni molto importanti nella burocrazia, nell’esercito, nelle istituzioni accademiche e nel governo. Il capitano Dreyfus stesso era un simbolo di tale ascesa sociale. All’epoca del Fronte Popolare, il bersaglio dell’ antisemitismo fu Léon Blum, un dandy ebreo e omosessuale che incarnava l’immagine di una repubblica conquistata dall ‘Anti-Francia’. Gli ebrei erano indicati come ‘uno stato nello stato’, una posizione che certamente non corrisponde alla situazione attuale degli africani e delle minoranze musulmane arabe che rimangono ancora enormemente sottorappresentate all’interno delle istituzioni statali dei paesi europei. Così, sarebbe più pertinente il confronto con la Germania guglielmina, in cui gli ebrei furono accuratamente esclusi dalla macchina dello Stato, mentre i giornali mettevano in guardia contro un ‘invasione ebraica’ (Verjudung), che metteva in discussione la matrice etnica e religiosa del Reich. In questo caso, l’antisemitismo giocò il ruolo di un ‘codice culturale’ che ha permesso ai tedeschi di definire negativamente una coscienza nazionale, in un paese turbato dalla rapida modernizzazione e dalla concentrazione ebraica nelle grandi città, dove apparivano come il loro gruppo più dinamico . In altre parole, un tedesco era prima di tutto un nonebreo. In modo simile, oggi l’Islam sta diventando un codice culturale che permette di trovare, con una demarcazione negativa, una perduta ‘identità francese’, minacciata o inghiottita nel processo di globalizzazione. La paura del multiculturalismo e dell’ibridazione (métissage) aggiorna semplicemente la vecchia ansia per la ‘miscela di sangue’ (Blutvermischung). Oggi, il linguaggio è cambiato, ma la prosa di Alain Finkielkraut, che esprime la sua ‘identità infelice’ (identité malheureuse) di fronte a due calamità come il multiculturalismo e un ibridismo erroneamente idealizzato (il métissage di una Francia “BlackBlancBeur “), non si discosta molto da quello di Heinrich von Treitschke. Nel 1880, questo grande storico deplorò l’ ‘intrusione’ (Einbruch) degli ebrei nella società tedesca scrivendo che avevano sconvolto i costumi della Kultur e agito come una forza corruttrice. La conclusione disperata di Von Treitschke è diventata una sorta di slogan: ‘gli ebrei sono la nostra infelicità’ (die Juden sind unser Unglück). Anche se gran parte della transizione dal vecchio anti-semitismo alla presente islamofobia si gioca nei media francesi, essa trova espressione in una figura letteraria: Renaud Camus, uno scrittore che non nasconde i suoi legami con il Fronte Nazionale. Quindici anni fa, Camus si lamentava nel suo diario sulla presenza ebraica schiacciante nei mezzi di comunicazione culturale francese; negli anni successivi, tuttavia, ha spostato la sua attenzione sui musulmani, la cui immigrazione di massa ha prodotto un “ottimo rimpiazzo,” in altre parole, l’ “islamizzazione” della Francia. Appartenendo a una generazione più giovane, anche Michel Houellebecq, che vuole diventare il Céline degli inizi del XXI secolo, ha assunto l’ ‘ottimo rimpiazzo’ come punto di partenza di Sottomissione. E la stessa idea è il cuore di un saggio di successo – 500.000 copie vendute in sei mesi – di Eric Zemmour, Le suicide français, dedicato al declino francese dal 1970 al 2008. Più di recente, l’idea dell’ ‘ottimo rimpiazzo’ era difesa in alcuni degli editoriali di le Figaro. Questa è la modalità in cui post-fascismo sta costruendo la sua egemonia culturale, ben oltre i suoi exploit elettorali. Tuttavia, l’islamofobia non è un semplice surrogato del vecchio antisemitismo, le sue radici sono antiche e possiede una sua tradizione: il colonialismo. Le radici della islamofobia si trovano nella memoria del lungo passato coloniale dell’Europa e, in Francia, della guerra d’Algeria. Il colonialismo ha formato una antropologia politica basata sulla dicotomia tra cittadini e soggetti coloniali – citoyens e Indigènes – che fissava i confini sociali, spaziali, razziali e politici. Anche se questa scissione giuridica codificata sotto la Terza Repubblica era stata rotta, gli immigrati musulmani che sono diventati cittadini francesi continuano ad affrontare una reazione xenofoba, formata da questa antropologia politica, che li percepisce come un agente infettivo, come un ‘popolo all’interno del popolo’. La matrice coloniale dell’islamofobia spiega la sua virulenza e persistenza. Un modo per esaminare la realtà materiale di questi barriere spaziali, razziali e politiche è attraverso la dissoluzione naturale dei nomi di migranti italiani, polacchi e spagnoli in patronimici francesi, un processo che spesso si verifica dopo tre generazioni. Questa dissoluzione contrasta con la persistenza di nomi e cognomi africani e arabi , che rivelano immediatamente i loro titolari come appartenenti a una speciale categoria di secondo ordine; ‘Provenienti dall’immigrazione’ o figli di immigrati. La matrice coloniale dell’ islamofobia ci dà una chiave per comprendere le metamorfosi ideologiche del post-fascismo (molti movimenti di estrema destra, come il Fronte Nazionale in Francia, Lega Nord in Italia, Pegida in Germania e in altre correnti simili in altri paesi dell’UE) , che ha abbandonato le ambizioni imperiali e di conquista del fascismo classico al fine di adottare una posizione molto più conservatrice e difensiva. Esso non vuole conquistare, piuttosto espellere (anche criticando le guerre neo-imperiali svolte dall’inizio degli anni ’90 dagli Stati Uniti ed i loro alleati occidentali). Mentre il colonialismo ottocentesco desiderava compiere la sua ‘missione civilizzatrice’ attraverso le sue conquiste al di fuori dell’Europa, l’islamofobia postcoloniale combatte contro un nemico interno, in nome degli stessi valori. Il rifiuto ha sostituito la conquista, ma le motivazioni non cambiano: in passato, la conquista mirava a sottomettere e civilizzare i barbari; oggi, il rifiuto e l’espulsione hanno lo scopo di proteggere la nazione dalla loro influenza deleteria. Questo spiega i dibattiti ricorrenti sulla laicità e il velo islamico che porta alla legge islamofobica, promulgata in Francia dieci anni fa, che lo vieta in luoghi pubblici. Questo accordo consensuale su una concezione neocoloniale e discriminatoria del secolarismo ha contribuito in modo significativo a legittimare il post-fascismo. Questa ondata di islamofobia, che con la sua bellicosa retorica-‘Siamo in guerra contro il terrorismo’ – posiziona Islam come l’unico nemico legittimato dell’ordine occidentale, che in ultima analisi, alimenta il terrorismo .. I combattenti contro il “fascismo islamico” e i difensori dei ‘valori umani’ hanno anche raggiunto un risultato importante: rendere le vittime delle guerre occidentali in Iraq, Libia e Siria-largamente superiori in numero alle vittime del terrorismo islamico in Europa-in gran parte dimenticate ‘.
traduzione di Maurizio Acerbo
fonte: www.maurizioacerbo.it
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«Prigionia, tortura, omicidio, i campi fascisti furono 900» Italiani brava gente. Spesso ma non sempre. È di qualche giorno fa la notizia che nel virtuoso Nord alcuni coltivatori si sarebbero avvalsi di braccianti extracomunitari, con salari da fame e condizioni di lavoro degradanti. Sappiamo bene che al contributo di 600 euro per le partite IVA in difficoltà hanno avuto accesso centinaia di studi notarili e legali. E che dire della sempre più invasiva difficoltà a fare i conti con il passato fascista del paese? Con la tendenza via via più diffusa a derubricare la dittatura a una forma di autoritarismo all’acqua di rose? Chi non si è trovato coinvolto in discussioni da bar in cui sono affiorati commenti come, “Piove, governo ladro”, “Europa tiranna” e via dicendo? Oppure come “Il Duce ha fatto anche cose buone”? Peccato che, per farle, abbia portato distruzione e morte in Albania, Corno d’Africa, Libia, Slovenia e Croazia, abbia stroncato il dissenso, varato le leggi razziali, fatto piazza pulita di rom e omosessuali. E se tutto questo strepitare non fosse, in fondo, figlio del peccato originale italico, ovvero la mai completa accettazione di una semplice verità storica, l’assuefazione a un tipo di governo che ha sempre sbandierato efficienza e decisionismo, gettando fumo negli occhi di una popolazione alla disperata ricerca di parole tranquillizzanti, una popolazione a cui creava, non risolveva, problemi? Una guerra persa in partenza, l’alienazione dei favori di paesi leggermente più illuminati di noi, l’infamia dell’antisemitismo, l’autarchia fattasi miseria nazionale, la soppressione di qualsiasi forma di dissidenza e, in ultima analisi, della libertà? Ecco che la pubblicazione di un libro come Campi Fascisti – Una vergogna italiana... di Gino Marchitelli assume un valore prezioso, mettendo ordine tra le “cose buone” che il fascismo avrebbe fatto. ... raccontare la verità alle nuove generazioni e depotenziare l’infame politica sovranista e fascista che avanza nel paese per colpa dell’ignoranza dilagante. ... Un errore madornale della democrazia in capo a molti, al Pd in particolare, che con alcuni dirigenti, capi del governo e ministri ha sottovalutato il fatto innegabile che i fascisti “buoni” non esistono. Il fascismo è stragismo, è repressione, è tirannia, è braccio armato del padronato. Per questo motivo non mi sogno nemmeno per scherzo di diventare talmente “democratico” da confrontarmi con certe destre che raccontano un mucchio di balle (come la storia strumentalizzata delle foibe), che cercano continuamente di accusare l’antifascismo, negando perfino l’esistenza dei campi di sterminio ... Bisogna raccontare tutto, comprese le stragi, a partire da Portella della Ginestra fino a piazza Fontana, raccontare la verità su Pinelli, sull’Italicus, su Piazza della Loggia, sulla bomba alla stazione di Bologna. Occorre riportare i giovani a vedere non solo i campi di sterminio, cosa peraltro giusta e necessaria, ma pure i luoghi italiani in cui il fascismo ha esercitato la propria indole violenta e guerrafondaia. Oggi sappiamo che quei luoghi furono non 200 bensì 904. Abbiamo tutto: documenti, nomi, cognomi, luoghi, storie. Dobbiamo realizzare una memoria generale costruttiva che veda al centro i fari guida della Costituzione, della repubblica, della democrazia e della libertà, nati con l’antifascismo. ... diciamo la verità su Mussolini che ha utilizzato il potere personale per arricchirsi e arricchire chi gli stava vicino, che dietro al delitto Matteotti si nascondono documenti che comprovano una strana partecipazione azionaria di Mussolini in società che dovevano svendere le concessioni petrolifere nazionali e libiche ad altre nazioni, che i documenti riservati e il dossier che aveva Matteotti è scomparso, che Amerigo Dumini, capo del commando che sequestrò e uccise Matteotti, fu graziato e inviato in confino alle isole Tremiti perché “non parlasse”. Raccontiamo la prigionia, la tortura e l’assassinio dei confinati cinesi in Italia, la deportazione degli istriani e dalmati, le violenze delle camicie nere contro camere del lavoro e sindacalisti per aiutare i padroni contro le rivendicazioni sindacali. (intervista a Gino Marchitelli di Rock Reynolds) http://campifascisti.it/
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INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI I numeri delle scuole calabresi
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/integrazione-degli-studenti-stranieri-i-numeri-delle-scuole-calabresi/
INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI I numeri delle scuole calabresi
INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI I numeri delle scuole calabresi
INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI I numeri delle scuole calabresi Lente Locale
R. & P.
Anche il sistema scolastico calabrese ha un ruolo fondamentale nell’integrazione dei minori stranieri.I cognomi stranieri sui registri di classe sono sempre di più anche nella provincia di Reggio Calabria. Ci sono bambini nati qui inseriti dall’asilo e ragazzi arrivati in Italia già adolescenti, con il ricongiungimento delle famiglie.I dati sono in crescita di anno in anno in Calabria come nel resto dell’Italia. E il Rapporto annuale del Ministero del’Istruzione , diffuso in questi giorni, evidenzia come, per dimensioni assunte, costante crescita e diffusione sul territorio, la scuola multietnica sia divenuta ormai un elemento strutturale del nostro sistema scolastico.Infatti, le prime rilevazioni degli alunni non italiani nelle scuole solo nell’a.s.83/84 contavano 6.104 unità con incidenza irrisoria sulla popolazione scolastica (0,06%). In 35 anni gli alunni non italiani delle scuole statali e non sono aumentati passando a quasi 842.000. Nell’ultimo anno scolastico considerato (2017/18) si segnala, tuttavia, una crescita modesta rispetto all’anno precedente . Si tratta di un incremento di entità minima, successivo a un biennio di evidente rallentamento della crescita, al punto da far pensare che il livello raggiunto dalla presenza degli studenti stranieri sia ormai un dato pressoché stabile.Ritmi vertiginosi a partire dagli anni ‘90Nella prima metà degli anni ’90 il numero degli studenti stranieri cresce a ritmi di 5-6 mila unità l’anno arrivando a superare nel 1995/1996 le 50.000 unità. E’ tuttavia dalla seconda metà degli anni ’90 che l’afflusso degli studenti stranieri s’intensifica. L’esplosione della crisi nell’ex Iugoslavia e in Albania, la vicinanza dell’Italia alle aree di conflitto, l’espansionismo commerciale dell’est asiatico e la ricerca di condizioni di vita migliori per le popolazioni del Nord-Africa, provocano grandi ondate di arrivi di popolazione adulta in cerca di opportunità e, quindi, di bambini, adolescenti e giovani in età scolare. Contribuiscono a far lievitare in misura consistente il flusso migratorio da un lato con i ricongiungimenti familiari (particolarmente dopo le regolarizzazioni del 1998 e‘99), dall’altro la costante crescita delle nascite in Italia di figli d’immigrati.In questi anni l’Italia è la prima destinazione sia per i migranti che fuggono via mare da aree di crisi (Nigeria, Somalia, Eritrea, Libia) sia per i tanti provenienti dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Romania, che aumentano anche a seguito dell’adesione all’Unione Europea.Il Focus ministeriale evidenzia come gli alunni stranieri iscritti alle scuole primarie sono 307.818, nelle scuole dell’infanzia 165,115 , mentre gli studenti nella scuola secondaria di primo grado ammontano a 173.815 e nelle secondarie di secondo grado 194.171.Gli unici ordini con una crescita nelle iscrizioni sono la primaria e la secondaria di secondo grado.La Calabria al sedicesimo postoMa guardiamo più da vicino il fenomeno curiosando tra i dati che riferiscono anche della situazione in Calabria e nella provincia di Reggio Calabria in particolare.La Lombardia è la regione italiana che ospita il maggior numero di alunni immigrati 213.153, seguita da Emilia Romagna,Toscana e Piemonte. Al 16° posto la Calabria. Negli ultimi anni si può, dunque, rilevare come la crescita, da lenta e graduale, quale era stata per oltre un decennio, è stata velocissima, se non tumultuosa, anche per effetto dei provvedimenti di regolarizzazione.La scolarizzazione di stranieri tenderà a consolidarsi . Gli alunni non italiani ora alla scuola materna ed elementare- le nuove leve scolastiche – rappresentano quasi i due terzi del totale di alunni stranieri. Il futuro inter-etnico siede già sui banchi di scuola. Ed anche sui banchi delle scuole calabresi e reggine.La presenza degli alunni con cittadinanza non italiana in Calabria.Nelle scuole di ogni ordine e grado della regione calabrese, secondo l’ultimo report ministeriale 2017/2018, la presenza ammonta a 12.372 unità , di cui 2.160 nella scuola dell’infanzia, 3.827 nella scuola primaria, 2.550 nella scuola secondaria di I grado e 3.835 nella scuola secondaria superiore.La provincia di Reggio Calabria è tra le consorelle calabresi quella a maggior incidenza del fenomeno con 4.237 allievi,così distribuiti:773 nelle scuole d’infanzia,1.246 nella primaria,839 nella media,1.379 nelle superiori.Segue Cosenza con un totale di 4.063,di cui:652 infanzia,1.270 primaria,858 media e 1.283 superiori.Catanzaro con un totale di 2.215, di cui:407 infanzia,758 primaria,435 media e 615 superiori.Vibo Valentia con un totale di 952, di cui:163 infanzia,264 primaria, 193 media e 332 II grado.Infine Crotone con un totale di 915, di cui 165 infanzia, 289 primaria,225 media e 226 superiori.Tuttavia i valori attesi per l’anno in corso,rispetto al citato focus del Miur,danno un numero di presenza di minori stranieri nelle scuole della Calabria pari a 11.384,con una flessione di 988 unità.In Calabria è Reggio il comune più popolato scolasticamente da allievi stranieri che ammontano a 1.800 circa il 5,% sul totale della popolazione scolastica.In particolare nel Reggino, nell’anno scolastico 1998/99 , gli alunni stranieri erano 377; nel 1999/2000 : 486; nel 2001/2002 ,642; nel 2002/2003: 913; nel 2003/2004: 1.057; nel 2004/2005: 1.166; nel 2005/2006: 1.385 ; nel 2007/2008: 2.721; nel 2.009/2010: 3459; nel 2013/14: 4.158.Dunque, come si può ben vedere, un costante incremento.Gli studenti stranieri nella scuola secondaria.Interessante anche la fotografia relativa alla tipologia di iscrizioni dei minori stranieri nelle scuole superiori calabresi.Sul totale di 3.835 allievi,1.104 hanno scelto i licei, 1.501 i tecnici e 1.230 i professionali.Nella provincia di Reggio i 1.379 iscritti sono così distribuiti: 436 licei, 606 tecnici e 337 professionali.Dei 332 allievi di Vibo 110 sono nei licei, 102 nei tecnici ,120 professionali.A Catanzaro sul totale dei 615, 161 hanno scelto i licei, 264 i tecnici , 190 i professionali.Ed infine 1.283 di Cosenza si distribuiscono tra i licei con 344 unità, i tecnici con 4475 e 492 nei professionali.I percorsi scelti dagli studenti stranieri evidenziano, in modo netto, l’incanalamento verso gli istituti tecnici e professionali che si verifica sin dal passaggio da un grado all’altro di istruzione secondaria. Tra gli elementi che incidono su queste scelte, il risultato conseguito alla licenza media appare determinante.Il confronto tra studenti italiani e studenti stranieri evidenzia comunque che le distanze rimangono notevoli. A livello nazionale, gli studenti italiani in ritardo nella frequenza scolastica è di circa il 10,5% contro il 32,9% degli studenti stranieri. Nei singoli ordini di scuola, la distanza a sfavore degli studenti stranieri nella percentuale dei ritardi è di 11 punti percentuali nella scuola primaria ,di 29 punti percentuali nella secondaria di I grado e di ben 59 punti percentuali nella secondaria di II grado .Nell’ambito della secondaria il ritardo si accumula soprattutto negli istituti professionali e tecnici.Le nazioni più rappresentate.Sono quasi 200 le nazionalità diverse degli alunni presenti nelle scuole del Paese, una varietà di lingua, culture, etnie, razze.Lo stato estero più rappresentato in Italia è la Romania , seguito da Albania , Marocco , Repubblica popolare cinese, Filippine, India, Moldavia,Egitto,Ucraina, Pakistan e Tunisia.Sono in tutto 80 le cittadinanze rappresentate in Calabria. 6.846 allievi provengono dall’Europa, di cui UE 5.174. Dall’Africa 3414, dall’America 305, dall’Asia 1.798 , 9 dall’Oceania.Nel Reggino 2.044 Europa, di cui UE 1.575, Africa 1.244, America 78, 868 Asia, 3 Oceania. E così anche nelle rimanenti province la maggiore provenienza deriva dall’Europa e dall’Africa, tra queste primeggia quella romena e a seguire quella marocchina, filippina, moldava e indiana . L’incidenza dei nati in Italia tra gli alunni con cittadinanza non italiana.Il segmento degli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia registra un progressivo aumento. Questa tipologia di alunni è portatrice di storie e bisogni educativi diversi da coloro che sono appena arrivati in Italia. Sono “studenti in attesa” della legge sulla cittadinanza bloccata in Parlamento. Si attende una legge, magari frutto di molte mediazioni, che dovrebbe coniugare le proposte dello ius soli con quelle dello ius culturae. Bene, se dovesse andare in porto la riforma ci sarebbero in Italia poco più di 531.417 ragazzi e ragazze che avrebbero in poco tempo i requisiti per diventare cittadini italiani.Nell’ultimo anno , questi studenti sono cresciuti molto c’è stato un incremento dall’a.s.2013-2014 di quasi 116 mila unità (+ 28% circa).Il report ministeriale riferisce che del totale dei minori stranieri presenti in Calabria pari al 4,3%,l’1,4% corrisponde a quelli nati in Italia.Che sono in tutto 4.121, così distribuiti 1.341 nelle scuole dell’infanzia, 1.84 nella primaria, 622 nella scuola di primo grado, 354 nella scuola superiore.Nel Reggino si registra la presenza maggiore di minori stranieri nati in Italia : 1.475, seguono Cosenza con 1.144, Catanzaro con 897, Crotone con 330 e Vibo con 275.Problemi apertiAtteso che anche per i nati in Italia la scuola per l’infanzia è decisiva per una familiarizzazione con la lingua italiana parlata attraverso lo scambio continuativo fra pari e nell’ottica del conseguimento dell’obiettivo fissati dal Consiglio d’Europa di raggiungere entro il 2020 la partecipazione all’istruzione pre-primaria di almeno il 95% dei bambini fra i 4 anni e l’inizio dell’istruzione primaria obbligatoria, è necessario e urgente assicurare agli insegnanti del settore una apposita formazione in pedagogia e didattica della lingua parlata che tenga conto del multilinguismo presente nelle scuole e dell’importanza di uno sviluppo del bilinguismo. I due nodi principali da affrontare sono senza dubbio l’elevata incidenza nelle classi e i problemi linguistico – comunicativi. Ad un aumento del numero di stranieri nelle classi corrisponde una maggiore problematicità della gestione. Quasi il 62% degli insegnanti italiani chiede il potenziamento della lingua italiana e consiglia il ricorso ai mediatori culturali.Gli insegnanti, inoltre, non si sentono adeguatamente sostenuti dalle istituzioni nel lavoro che svolgono. Gran parte di loro si sente poco sostenuto dalle istituzioni scolastiche, sia a livello centrale sia a livello territoriale. Anche gli enti locali, come Comune e Provincia,non sono percepiti come sensibili alle difficoltà che gli insegnanti incontrano nella gestione delle classi con ragazzi stranieri. Necessitano i mediatori linguistici e culturali per le attività curriculari ed extrascolastiche.Resta il problema dei diritti di cittadinanza.La scuola deve essere il luogo in cui ciascun allievo abbia il diritto di sentirsi uguale agli altri e quello di trovarvi l’aiuto necessario a costruire la propria diversità. La non cittadinanza mina alla base il percorso educativo e noi crediamo sia giunto il momento che tutti gli scolari del nostro Paese abbiano gli stessi diritti e possano stare nelle nostre classi da uguali,in altre parole che lo ius soli e/o lo ius culturae trovino ascolto in questa legislatura.Reggio Calabria 29 aprile 2019 prof. Guido Leone già Ispettore tecnico USR Calabria
INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI I numeri delle scuole calabresi Lente Locale
INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI I numeri delle scuole calabresi Lente Locale
R. & P. Anche il sistema scolastico calabrese ha un ruolo fondamentale nell’integrazione dei minori stranieri.I cognomi stranieri sui registri di classe sono sempre di più anche nella provincia di Reggio Calabria. Ci sono bambini nati qui inseriti dall’asilo e ragazzi arrivati in Italia già adolescenti, con il ricongiungimento delle famiglie.I dati sono in crescita […]
INTEGRAZIONE DEGLI STUDENTI STRANIERI I numeri delle scuole calabresi Lente Locale
Gianluca Albanese
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28 dic 2018 11:11
IL CALCIO HA SBANDATO IN CURVA - 'NDRANGHETA, SPACCIO E CROCI NAZISTE, LE CURVE DELLE TIFOSERIE ITALIANE SONO DIVENTATE UNA TANA DELLA CRIMINALITÀ - L’IDEOLOGIA FASCISTA FA DA COLLANTE TRA GLI ULTRA’ DI INTER E LAZIO E TRA MILANISTI E SUPPORTER DEL PARTIZAN BELGRADO - L'ODIO PER I NAPOLETANI HA CEMENTATO IL LEGAME TRA INTERISTI E TIFOSI DEL NIZZA
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1 - 'NDRANGHETA, SPACCIO E CROCI NAZI LE CURVE CROCEVIA DELLA CRIMINALITÀ
Luca Fazzo per “il Giornale”
Giusto per fare un po' di nomi e cognomi. Gennaro De Tommaso detto «Genny a Carogna», capo dei Mastiffs del Napoli, l'anno scorso è stato arrestato per traffico di stupefacenti. Luca Lucci, l'ultrà del Milan divenuto famoso per i suoi selfie con il ministro Matteo Salvini, è amico di narcotrafficanti e assassini. Il suo capo Giancarlo «Sandokan» Lombardi, che da decenni detta legge sulla Sud di San Siro, è un pregiudicato e un fascista.
I fratelli Franco e Alessandro Todisco, figure fisse della Curva Nord dell'Inter, sono i fondatori di Cuore Nero, gruppo neonazista. Daniele De Santis, l'ultrà romanista che uccise il napoletano Ciro Esposito, faceva parte dei Boys, fondati da «Marione» Corsi, fascista e membro dei Nar. Il volto nuovo della curva della Juve, Rocco Dominello, è un affiliato alla 'ndrangheta, cosca Pesce-Bellocco di Rosarno.
Occorre andare avanti? Brandelli di biografe, stralci di schede segnaletiche che raccontano un trend ormai fuori controllo: la mutazione genetica delle curve degli stadi italiani, divenute ormai un crocevia di ideologia e di affari criminali dove il calcio entra veramente poco, e dove due passioni sovrastano tutte le altre: il desiderio di fare soldi e la voglia di menare le mani.
L'ideologia fascista conta più che altro come collante interno e per le alleanze nazionali e internazionali: la love story più solida nelle curve italiane, quella tra interisti e laziali, è saldata da svastiche e rune. E lo stesso vale per le alleanze continentali, come l'asse tra la curva del Verona e gli Ultras Sur del Real Madrid, che portano in dote bandiere naziste, o il patto di ferro tra la Sud del Milan e i Grobari («Becchini») del Partizan di Belgrado, nazionalisti e omofobi, già protagonisti dell'assalto al gay pride del 2010, e infiltrati in profondità da esponenti del narcotraffico.
La commistione tra curve e politica non è un fenomeno nuovo, nasce insieme ai primi gruppi ultrà negli anni Settanta. Nuova è la conquista delle curve dalla alleanza tra tifo, malavita e politica che poggia su due pilastri: un patto trasversale tra le tifoserie più importanti sancita a partire dal vertice del 3 settembre 2009; e la sudditanza da parte dei club.
L'esempio più eclatante, perché l'immagine ha fatto il giro del mondo, è la genuflessione del capitano del Napoli Marek Hamsik davanti a «Genny a' Carogna», il 3 maggio 2014 prima della finale di Coppa Italia. Ma che dire dell'Inter che permette agli ultras di salire sul pullman della squadra e minacciare i giocatori? O del Milan che subisce i ricatti a raffica dei capicurva, contro i quali si batte invano (e pagandone le conseguenze) Paolo Maldini? La vergognosa trattativa tra la Juventus e il clan Dominello è solo l'ultima puntata di un serial che si trascina da tempo.
Spaccio di droga, traffico di biglietti, ricatti alla società (e i cori razzisti di mercoledì a San Siro fanno parte di quest'ultima sotto-categoria): questo è il groviglio di interessi che i clan si spartiscono in curva, in un clima di impunità dove tutto diventa possibile, compreso l'assalto ad una caserma dei carabinieri, per «vendicare» il tifoso laziale Gabriele Sandri, compiuto dai tifosi interisti l'11 novembre 2007. In testa al gruppo i fratelli Todisco, quelli di Cuore Nero.
Ma nel corteo c'è anche Franco Caravita, il capo indiscusso della curva nerazzurra: interista duro e puro ma pronto a scendere a scendere a patti con i rivali di sempre in nome degli interessi comuni. C'è anche lui, all' incontro cruciale dei capicurva del 23 settembre 2009. E del suo omologo rossonero Giancarlo Capelli è anche socio in affari.
2 - ESTREMA DESTRA E ODIO CIECO PER I NAPOLETANI IL PATTO TRA CURVE
C.Giu. per il “Corriere della Sera”
Li dividono i colori, opposti e detestati. Ma a saldare i rossoneri del Nizza e i nerazzurri dell' Inter, ci sono affinità estranee allo stesso mondo del pallone. Che però, nella geografia delle curve, una geografia complessa e ormai quasi totalmente dominata dall'ultradestra, valgono più di qualsiasi altro legame. E sarebbe questo il collante che ha unito l' internazionale ultrà contro gli odiati nemici napoletani. Perché, così dicono le prime indagini, i soldati del blitz militare di Santo Stefano, prima che del mondo del tifo organizzato fanno parte dei gruppi dell' ultradestra neofascista.
Come i gemelli dei «Blood Honour» di Varese, vicini alla comunità dei «Dodici raggi», e come molti interisti accolti sotto l'ala del movimento «Lealtà Azione». Secondo gli inquirenti milanesi, per spiegare l'assalto ai tifosi napoletani bisogna analizzare la lunga catena di scontri e alleanze degli ultimi quindici anni. Ossia da quando nelle tifoserie di Inter e Varese i gruppi di estrema destra come «Viking», «Irriducibili» e «Blood Honour» hanno iniziato ad avere un peso notevole. E a stringere alleanze europee. Soprattutto con gli «Ultras populaire sud» del Nizza, ugualmente di estrema destra.
Nell'ottobre 2014, quando nel match di Europa League gli interisti «affrontarono» in scontri i tifosi francesi del Saint Etienne, insieme alla Curva Nord c'era anche i supporter del Nizza. Gli stessi che un anno più tardi «accoglieranno» i tifosi partenopei sotto una violenta sassaiola agostana. L'odio per i napoletani ha semmai cementato ancora di più il legame tra le due tifoserie.
«Solidarietà e pensieri ai nostri fratelli interisti e a tutti gli amici della Curva Nord. Rip Dede», hanno scritto ieri i francesi sulla loro pagina Facebook, francesi che non hanno perdonato, al termine di un'amichevole, la devastazione da parte dei napoletani di uno svincolo autostradale alle porte della città.
Per capire quanti dei violenti arrivati da Nizza abbiano partecipato all' assalto, bisognerà attendere l' analisi dei video in possesso della Digos. Ma si pensa ad almeno una ventina di elementi. Lo stesso per gli ultrà del Varese, di cui faceva parte Belardinelli. Anche i quattro napoletani feriti (Giovanni Stabile 43 anni, Angelo Iazzetta 39, Angelo Simone 37 e Luigi Corrente 40), militano in un gruppo organizzato: la Curva A del San Paolo.
Duri e puri, abituati agli scontri e agli agguati. Il gruppo dei 10-12 pullmini napoletani si era riunito alle porte di Milano per poi entrare in Tangenziale Ovest in modo compatto e dirigersi al Meazza attraverso il corridoio di via Novara. Forse aspettandosi un agguato degli interisti. Quando la polizia ha intercettato grazie alle telecamere la carovana di biancazzurri, è stata inviata la volante «Meazza 1» per scortare i tifosi fino al parcheggio ospiti. Ma l' agguato è avvenuto due chilometri prima, in un punto di «passaggio» dove non è prevista la presenza delle forze dell' ordine. Segno che la «regia» è stata nelle mani dei tifosi milanesi. Nonostante i capi storici della Curva Nord interista non abbiano preso parte all' assalto, ma anzi abbiano strategicamente mandato all' attacco volti meno «noti» dei loro.
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