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tempi-dispari · 25 days ago
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È Elio e le Storie Tese: il Frank Zappa italiano?
Frank Zappa un mito della musica, Elio e le storie tese, una band che crea musica demenziale. Perché questa differenza? Eppure i due hanno molto, moltissimo in comune. Tuttavia l’Elio nazionale è troppo spesso relegato al ruolo di giullare. Dal mio punto di vista è un errore. Zappa è sempre stato visto come un dissacratore, un elemento di rottura verso il mercato musicale. Una scelta che non gli ha impedito di diventare una vera propria star. Elio e le storie tese non sono da meno. Il problema sta forse nella percezione che si ha dei due gruppi. O, probabilmente, nel fatto che i testi di Zappa non vengono colti perché in inglese risultando più ‘intellettuali’. D’altra parte quelli di EELST, essendo in italiano, sono immediatamente fruibili anche se ciò che rimane impresso è l’aspetto più superficiale. Da tenere bene in considerazione, poi, un altro aspetto. La preparazione dei musicisti. Zappa era un maestro non solo della chitarra ma della composizione. Elio, sul secondo aspetto, non essendo un chitarrista, non è da meno. Quindi resta la domanda: perché non è considerato allo stesso modo di Zappa?
Entrambe sono accomunati da una incredibile capacità di mescolare generi, linguaggi e ironia in maniera dissacrante e geniale. Ma cosa rende davvero questo confronto pertinente?
Questa l’ide di Elio:
‘Quel che è certo è che non ho mai detto che siamo discepoli di Zappa, come si legge da qualche parte. Di espressamente zappiano nel nostro repertorio non c’è molto se non, volendo, lo spirito: certe robe complicate che facevamo all’inizio, con storie che non avevano senso come Cateto o Piattaforma. Di Zappa ho casomai cercato di fare mie alcune lezioni, la principale delle quali potrebbe essere sintetizzata in un principio: il massimo impegno per fare delle cose inutili”.
Un eclettismo musicale senza confini
Frank Zappa è noto per la sua abilità nel fondere rock, jazz, blues, classica e avanguardia, creando opere dal sapore unico e spesso spiazzante. Allo stesso modo, Elio e le Storie Tese (EELST) hanno costruito una carriera decennale mescolando pop, prog, funky, e perfino sigle televisive, senza mai perdere la loro vena ironica e surreale. Basti pensare a brani come La terra dei cachi, che passa con disinvoltura da melodie pop orecchiabili a virtuosismi strumentali degni dei migliori musicisti prog.
Zappa e Elio condividono anche un’attitudine sperimentale che li ha portati a non avere mai paura di osare. Se Zappa poteva passare da un’orchestra sinfonica a una band di rock psichedelico, EELST hanno saputo esplorare territori musicali sempre nuovi, dal rock di Servi della gleba al jazz swing inframezzato al prog di Il vitello dai piedi di balsa.
Ironia e satira: l’arte del dissacrante
Un altro elemento fondamentale che li accomuna è la satira pungente e l’ironia dissacrante. Zappa, attraverso testi spesso grotteschi e provocatori, ha messo alla berlina il sistema americano, il perbenismo e i cliché della società. Elio e le Storie Tese hanno fatto lo stesso in Italia, affrontando temi come il conformismo, la politica e le ipocrisie della cultura popolare.
Brani come Parco Sempione e Complesso del primo maggio sono esempi lampanti di come EELST abbiano saputo usare la musica per riflettere, sempre con il sorriso sulle labbra, su problematiche sociali e culturali. Anche l’utilizzo del dialetto e di giochi di parole è un elemento che li avvicina a Zappa, noto per i suoi testi pieni di riferimenti criptici e doppi sensi.
Il rapporto con il pubblico: tra culto e nicchia
Sia Zappa che EELST hanno sempre goduto di una fama particolare: da un lato, artisti di culto per un pubblico appassionato e fedele; dall’altro, figure difficili da incasellare nei circuiti mainstream. Nonostante il successo commerciale di alcuni brani, come La terra dei cachi al Festival di Sanremo del 1996, EELST sono rimasti fedeli a un’attitudine “indipendente”, molto simile a quella di Zappa, che non ha mai cercato il compromesso con il mercato discografico.
L’importanza dei musicisti: tecnica e virtuosismo
Un’altra analogia significativa riguarda la qualità tecnica dei musicisti. Zappa ha sempre lavorato con artisti di altissimo livello, richiedendo loro una precisione e una versatilità eccezionali. Allo stesso modo, Elio e le Storie Tese sono composti da musicisti straordinari, come Rocco Tanica alle tastiere e Faso al basso, capaci di eseguire brani complessi e pieni di cambi di tempo, di stile e di atmosfera.
Quindi esiste un’eredità condivisa
In definitiva, definire Elio e le Storie Tese come i “Frank Zappa italiani” non è solo una questione di provocazione, ma un riconoscimento di come entrambe le realtà abbiano saputo trasformare la musica in qualcosa di più di un semplice intrattenimento. Hanno creato un mondo sonoro unico, dove l’intelligenza e l’ironia convivono con la tecnica e la creatività più sfrenata.
Se Zappa ha lasciato un segno indelebile nella cultura musicale americana e mondiale, Elio e le Storie Tese hanno fatto lo stesso in Italia, dimostrando che anche la musica “leggera” può essere profonda, intelligente e soprattutto libera.
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londranotizie24 · 3 months ago
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newsnoshonline · 7 months ago
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la vita sociale dei primati monitorata con la registrazione neuronale wireless Monitoraggio della vita sociale dei primati tramite registrazione neuronale wireless I primati hanno una complessa vita sociale regolata da intricati circuiti cerebrali, ancora non del tutto compresi a causa della mancanza di studi condotti in condizioni naturali. Recentemente, l’introduzione di una tecnologia wireless per la registrazione dell’attività neuronale in scimmie libere ha permesso di analizzare più approfonditamente il modo in cui i neuroni rispondono alle interazioni sociali naturali, inclusi comportamenti come la reciprocità e il supporto sociale verso un partner. Approfondimento sullo studio delle interazioni sociali dei primati La sperimentazione delle attività neuronali in primati liberi rappresenta un’importante evoluzione nella
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cinquecolonnemagazine · 7 months ago
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Napoli Città della Musica – Live Festival 2024
L’Amministrazione comunale, grazie alla forte centralità raggiunta da Napoli in questi ultimi anni per i circuiti di musica dal vivo, lancia “Napoli Città della Musica – Live Festival 2024”, ideato in attuazione e coerenza con il progetto “Napoli Città della Musica”, facendo sì che i grandi eventi dal vivo diano valore al nostro territorio. Napoli Città della Musica – Live Festival 2024, gli artisti Il Festival si dislocherà tra Piazza del Plebiscito e lo Stadio Diego Armando Maradona e vedrà numerosi artisti nazionali a vario titolo impegnati con e per la Città della Musica per valorizzare anche le risorse artistiche e professionali della nostra music industry e per attività di inclusione, formazione e lotta alla povertà educativa, attraverso la musica quale strumento di sviluppo e crescita economica e sociale nonché culturale. L’Amministrazione infatti - nell’ottica della strategia di più ampio respiro per la promozione dell’immagine della Città ed anche al fine di incentivare il turismo attraverso sistemi integrati di promozione per rendere Napoli sempre di più una destinazione di riferimento nel mondo - programma e realizza eventi per l’intero anno, anche di rilevanza nazionale e internazionale e d’altronde nel 2023 a Napoli, con l’assessore al Turismo, è stata posta la prima pietra del protocollo delle città della musica italiane per promuovere il “turismo musicale”. Sono altresì state avviate attività volte all’attuazione di una politica per la cultura, intesa quale motore trainante dello sviluppo socio-economico del territorio, con l’obiettivo di sostenere e valorizzare le attività del comparto cultura e, nello specifico, della musica, anche favorendo la nascita e il consolidamento di sinergie e reti di operatori e professionisti, attive a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Music city L’obiettivo è collocare Napoli sulla scena internazionale, trasformandola sempre di più in una Music City, ovvero un luogo con una vivace economia musicale che offre vantaggi economici, occupazionali, culturali e sociali. Non esiste un modello unico per definire una Music City, ma ci sono molti elementi comuni; ed è certo che da un territorio forte di un “sistema musica”, nascono e si realizzano ottimi risultati fra cui: i) impatto economico positivo; ii) turismo musicale; iii) diffusione del brand della città e del territorio; iv) sviluppo culturale ed artistico e, dunque, sociale ed economico; v) attrattiva per investimenti; vi) sviluppo dei settori di indotto (es. ristorazione, alloggi, forniture varie, etc.). Il “Napoli Città della Musica – Live Festival 2024” rappresenta una delle tante attuazioni di questa politica in cui per la prima volta tanti artisti “big” del panorama nazionale ed internazionale non solo si esibiscono, ma partecipano attivamente allo sviluppo della comunità locale e donano ad essa qualcosa. Il dettaglio dei live: STADIO DIEGO ARMANDO MARADONA Il 31 maggio, sarà Gianni Fiorellino ad inaugurare la stagione dei concerti allo stadio, con la proiezione di un docufilm e a seguire il suo live. A giugno, sarà la volta di Ultimo, con due date l’8 e il 9. Il 15 giugno, a salire sul palco dello stadio Maradona saranno invece i Negramaro. Geolier si esibirà in tre date, il 21, 22 e 23 giugno. Chiude la serie di concerti al Maradona, Nino D'Angelo, con il suo live del 29 giugno. PIAZZA DEL PLEBISCITO I 14 concerti previsti in Piazza del Plebiscito sono organizzati in sinergia con la Sovrintendenza ai Beni culturali. Gigi D'Alessio darà il via alla stagione con 8 concerti a giugno (7, 8, 9, 11, 12, 14, 15, 16). Attesissimo il ritorno di Renato Zero a Napoli, che si esibirà in invece in doppia data, con due concerti in piazza il 21 e 22 giugno. La festa della musica continua poi con un grande concerto evento gratuito: il 27 giugno, per la prima volta a Napoli, si terrà Radio Italia Live – Il Concerto in piazza del Plebiscito, realizzato in collaborazione con il Comune di Napoli. Il giorno successivo, il 28 giugno, sarà il turno del cantautore partenopeo Tropico. Nella programmazione di settembre invece è previsto un doppio appuntamento, il 17 ed il 18, con la reunion dei Co’Sang. Read the full article
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lamilanomagazine · 7 months ago
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Napoli, via alla lunga estate musicale della città: "Napoli Città della Musica - Live Festival 2024"
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Napoli, via alla lunga estate musicale della città : "Napoli Città della Musica - Live Festival 2024" L'Amministrazione comunale, grazie alla forte centralità raggiunta da Napoli in questi ultimi anni per i circuiti di musica dal vivo, lancia "Napoli Città della Musica – Live Festival 2024", ideato in attuazione e coerenza con il progetto "Napoli Città della Musica", facendo sì che i grandi eventi dal vivo diano valore al nostro territorio. Il Festival si dislocherà tra Piazza del Plebiscito e lo Stadio Diego Armando Maradona e vedrà numerosi artisti nazionali a vario titolo impegnati con e per la Città della Musica per valorizzare anche le risorse artistiche e professionali della nostra music industry e per attività di inclusione, formazione e lotta alla povertà educativa, attraverso la musica quale strumento di sviluppo e crescita economica e sociale nonché culturale. L'Amministrazione infatti nell'ottica della strategia di più ampio respiro per la promozione dell'immagine della Città ed anche al fine di incentivare il turismo attraverso sistemi integrati di promozione per rendere Napoli sempre di più una destinazione di riferimento nel mondo - programma e realizza eventi per l'intero anno, anche di rilevanza nazionale e internazionale e d'altronde nel 2023 a Napoli, con l'assessore al Turismo, è stata posta la prima pietra del protocollo delle città della musica italiane per promuovere il "turismo musicale". Sono altresì state avviate attività volte all'attuazione di una politica per la cultura, intesa quale motore trainante dello sviluppo socio-economico del territorio, con l'obiettivo di sostenere e valorizzare le attività del comparto cultura e, nello specifico, della musica, anche favorendo la nascita e il consolidamento di sinergie e reti di operatori e professionisti, attive a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. L'obiettivo è collocare Napoli sulla scena internazionale, trasformandola sempre di più in una Music City, ovvero un luogo con una vivace economia musicale che offre vantaggi economici, occupazionali, culturali e sociali. Non esiste un modello unico per definire una Music City, ma ci sono molti elementi comuni; ed è certo che da un territorio forte di un "sistema musica", nascono e si realizzano ottimi risultati fra cui: 1) impatto economico positivo; 2) turismo musicale; 3) diffusione del brand della città e del territorio; 4) sviluppo culturale ed artistico e, dunque, sociale ed economico; 5) attrattiva per investimenti; 6) sviluppo dei settori di indotto (es. ristorazione, alloggi, forniture varie, etc.). Il "Napoli Città della Musica – Live Festival 2024" rappresenta una delle tante attuazioni di questa politica in cui per la prima volta tanti artisti "big" del panorama nazionale ed internazionale non solo si esibiscono, ma partecipano attivamente allo sviluppo della comunità locale e donano ad essa qualcosa. Il dettaglio dei live: STADIO DIEGO ARMANDO MARADONA: Il 31 maggio, sarà Gianni Fiorellino ad inaugurare la stagione dei concerti allo stadio, con la proiezione di un docufilm e a seguire il suo live. A giugno, sarà la volta di Ultimo, con due date l'8 e il 9. Il 15 giugno, a salire sul palco dello stadio Maradona saranno invece i Negramaro. Geolier si esibirà in tre date, il 21, 22 e 23 giugno. Chiude la serie di concerti al Maradona, Nino D'Angelo, con il suo live del 29 giugno. PIAZZA DEL PLEBISCITO: I 14 concerti previsti in Piazza del Plebiscito sono stati organizzati in sinergia con la Sovrintendenza ai Beni culturali. Gigi D'Alessio darà il via alla stagione con 8 concerti a giugno (7, 8, 9, 11, 12, 14, 15, 16). Attesissimo il ritorno di Renato Zero a Napoli, che si esibirà in invece in doppia data, con due concerti in piazza il 21 e 22 giugno. La festa della musica continua poi con un grande concerto evento gratuito: il 27 giugno, per la prima volta a Napoli, si terrà Radio Italia Live – Il Concerto in piazza del Plebiscito, realizzato in collaborazione con il Comune di Napoli. Il giorno successivo, il 28 giugno, sarà il turno del cantautore partenopeo Tropico. Nella programmazione di settembre invece è previsto un doppio appuntamento, il 17 ed il 18, con la reunion dei Co'Sang. PROGETTI SOLIDALI: Napoli Città della Musica - Live Festival 2024 non è soltanto spettacoli e live, ma anche tanto cuore e solidarietà, inclusione ed attenzione ai giovani: ogni artista che si esibirà nell'ambito del Festival ha deciso infatti di supportare un progetto solidale a sostegno delle Fondazioni e Associazioni di questa terra aggiungendo ulteriore valore ad una rassegna già ricca di musica e divertimento per la valorizzazione del territorio e delle professionalità dell'intero comparto così come sul sociale ed i giovani. Gianni Fiorellino incontrerà, per masterclass di formazione, i ragazzi della Fondazione Famiglia di Maria, che opera in favore dei minori e delle famiglie che presentano disagi socio-economici. La Fondazione promuove la valorizzazione delle capacità relazionali e la solidarietà, l'amicizia ed il reciproco rispetto tra i bambini, e tra questi e l'ambiente in cui vivono, ispirandosi all'osservanza dei principi di legalità e di non violenza. Gigi D'Alessio sarà per il terzo anno consecutivo al fianco della Fondazione Santobono Pausilipon Onlus e dell'Ospedale pediatrico, a sostegno della raccolta fondi per il progetto "Curare a casa", finalizzato all'acquisto di un camper dotato di tutta l'attrezzatura medica d'avanguardia, per garantire l'assistenza domiciliare ai piccoli pazienti pediatrici. L'artista romano Ultimo ha invece sviluppato uno speciale progetto con Fondazione Foqus, riservando a 100 ragazzi della Fondazione la partecipazione ai suoi concerti al Maradona. Un progetto che rinnova la collaborazione dello scorso anno, quando, in occasione della presentazione del suo brano 'Occhi lucidi', ha donato alla Fondazione l'installazione delle luci natalizie ed un quadro realizzato dallo stesso cantante. I Negramaro supportano il progetto della Fondazione Pino Daniele, "I suoni delle emozioni" che, grazie alla collaborazione con il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e con la Fondazione Foqus, garantirà un percorso esperienziale sonoro-musicale ai ragazzi dei Quartieri Spagnoli, e permetterà di mettere in atto iniziative e attività laboratoriali legate alla musica, a contrasto del fenomeno della dispersione scolastica. Renato Zero, dopo i suoi live in piazza del Plebiscito, celebra l'atteso ritorno a Napoli incontrando il suo pubblico il 24 giugno, con un talk che si terrà negli spazi della Fondazione Foqus, nei Quartieri Spagnoli. In quell'occasione, l'artista consegnerà le nuove divise di gioco in regalo ai piccoli atleti della squadra di calcio 'Spartak San Gennaro'. Geolier abbraccia un progetto a contrasto della dispersione scolastica nel quartiere di Scampia. Il rapper sosterrà infatti, attraverso la Fondazione Città Nuova, la Sartoria sociale che ha creato il marchio fatto@scampia, un laboratorio nato da un bene confiscato alla camorra e pensato per le ragazze e i ragazzi del quartiere a rischio marginalità dopo l'abbandono degli studi. Il laboratorio sartoriale ha avviato, sin dalla sua nascita, corsi di formazione per operatore dell'abbigliamento, offrendo una formazione tout court dal fashion design alla modellistica, fino alla sartoria e divenendo oggi operativo anche sul mercato. Radio Italia Live – Il Concerto, per la prima volta a Napoli, sostiene il progetto della Fondazione Santobono Pausilipon e dell'Ospedale pediatrico, promuovendo il numero solidale per la raccolta fondi a favore del progetto "Curare a casa" nei giorni a ridosso dell'evento e in occasione della trasmissione del concerto su tutti i mezzi del gruppo Radio Italia, Sky Uno, TV8 e NOW. La campagna sarà inoltre amplificata sui canali social e web dell'emittente, godendo di una visibilità di impatto nazionale anche nei giorni successivi al concerto. Davide Petrella in arte "Tropico", da sempre attento all'arte e alla bellezza in tutte le sue forme, per promuovere e sensibilizzare il recupero del patrimonio artistico della città di Napoli, ha deciso di devolvere una quota dell'incasso del concerto a favore di una delle operazioni di restauro e recupero dei siti d'arte della città, tramite il progetto "adotta una statua" dell'associazione "Friends of Naples", mettendo in atto, dunque, un'operazione di valorizzazione dei beni culturali attraverso la musica. Nino D'Angelo è da sempre impegnato per il suo quartiere di origine San Pietro a Patierno, dove, anche in questa occasione, porterà un progetto a supporto di una causa solidale. Benché la musica sia fenomeno trasversale e informi, soprattutto a Napoli, le attività di tutto l'anno, certamente giugno è diventato simbolicamente il mese della musica! Dopo che due anni fa, per la prima volta, Napoli fu città Capofila a livello nazionale della Festa della Musica, il percorso è continuato in un crescendo, ed anche per il 2024 il Comune di Napoli ha scelto di aderire alle celebrazioni della "Festa della Musica", che in Italia è promossa dal Ministero della Cultura, dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea e dal Dipartimento per le Politiche giovanili della Presidenza del Consiglio dei Ministri e coordinata dalla AIPFM – Associazione Italiana per la Promozione della Festa della Musica. Giunta alla 30° edizione, la manifestazione si svolgerà il 21 giugno, giorno del solstizio d'estate, e sarà dedicata al tema "La prima orchestra siamo noi". A Napoli, in occasione della Festa della Musica 2024, vie e piazze della città accoglieranno palchi e pedane dove potranno liberamente esibirsi artisti locali e non (con prenotazione sul portale festadellamusicaitalia.it). Alle performance del 21 giugno si aggiungerà un incontro di approfondimento dedicato al ruolo delle orchestre e delle bande musicali, tema chiave dell'edizione 2024, in programma giovedì 20 giugno presso Palazzo Cavalcanti, sede dell'Ufficio Musica del Comune di Napoli. "Il calendario dei grandi concerti dal vivo è il risultato di una programmazione lunga, avviata dall'Amministrazione due anni fa e frutto di un intenso lavoro legato al progetto Napoli Città della Musica. Napoli si conferma al centro dell'industria musicale, ribadendo una credibilità già raggiunta lo scorso anno, quando i Coldplay, una band internazionale, scelsero proprio lo Stadio Maradona per una tappa del loro tour mondiale a 30 anni di distanza dagli U2. Quest'anno Napoli Città della Musica continua nel segno dei grandi artisti, con un cartellone ricco di concerti, in grado di offrire una programmazione variegata per tutte le generazioni. Gli appuntamenti al Plebiscito e allo stadio ci restituiscono numeri da vera Music City, con diverse date che hanno registrato subito il sold out. Gli artisti non si limiteranno alla musica, ma lasceranno sul territorio iniziative dalla forte ricaduta sociale per i giovani e le fasce deboli, elemento che rende il Napoli Città della Musica - Live Festival 2024 ancora più unico nel panorama nazionale" così il Sindaco di Napoli. "Napoli Città della Musica è un progetto fortemente voluto dal Sindaco che in due anni ha prodotto ottimi risultati, fra le altre invertendo concretamente gli orientamenti della music industry e dei live in favore di Napoli che finalmente è al centro della musica nazionale ed internazionale! Sono molto soddisfatto che i grandi players nazionali della musica abbiano scelto Napoli e abbiano voluto esser parte del progetto della città della musica soprattutto declinandolo per i giovani, la formazione ed il sociale e l'inclusione perché musica è business ma anche sviluppo e crescita culturale e sociale, anche questa è industria culturale! Avere degli artisti di questo calibro che si esibiscono in città e che lasciano qualcosa alla città è un unicum di cui Napoli deve andare fiera", così il Delegato del Sindaco per l'industria musicale e dell'audiovisivo.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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edwin--artifex · 11 months ago
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Il Gemellaggio Roma-Parigi e la creazione de La Nuite Blanche / La Notte Bianca (2003)
eventi in simultanea
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<<La città di Roma sarà protagonista de La Notte Bianca, un'iniziativa senza precedenti in Italia. Il Sindaco di Roma, in collaborazione con il Presidente della Camera di Commercio di Roma ed il Sindaco di Parigi hanno deciso di 'aprire' per tutta la notte del 27/28 settembre le loro città dalle ore 20.00 alle ore 8.00 a cittadini e visitatori, per sottolineare il gemellaggio tra Roma e Parigi. Roma sarà una città aperta tutta la notte, dal centro alla periferia, in un'atmosfera inconsueta, diventando teatro di numerosissimi eventi di spettacolo e iniziative di solidarietà (arti visive, musica, danza teatro, sfilate di moda, incontri e dibattiti su temi sociali) che animeranno i principali luoghi della città, dai più tradizionali ai più insoliti: musei, biblioteche, università, centri sportivi, esercizi commerciali, librerie, stazioni ferroviarie, luoghi di ristoro e sedi di istituzioni, dove tutti i cittadini ed i turisti sono invitati a partecipare. Sarà un'esperienza per vivere Roma con uno sguardo diverso, proposta a chi ha il piacere di mettersi alla ricerca di qualcosa di straordinario e la voglia di essere per una notte viaggiatore nella propria città; un'iniziativa di forte richiamo turistico che intende manifestare tutta la vitalità artistica, culturale, economica e organizzativa della capitale; un evento internazionale, che consentirà un dialogo in diretta tra le due città gemellate favorendo l'incontro con altare comunità, lingue e culture; un innovativo progetto, all'insegna dell'interdisciplinarietà. Roma si trasformerà in una città in cui il tempo è sospeso e la percezione dei luoghi consueti si attenua per dare spazio a nuove prospettive e scoperte; una città solidale, che intende richiamare con decisione l'attenzione dei suoi abitanti sui temi sociali, attraverso una notte di incontri, convegni e attività di volontariato. La Notte Bianca è una notte speciale che si svolge al di fuori dei circuiti tradizionali di luoghi e di pubblico, inventando nuovi percorsi, che intersechino divertimento e riflessione, cultura e sport, ascolto e condivisione. Le proposte interdisciplinari (arti visive, musica, ma anche danza, teatro, installazioni) saranno all'insegna della contemporaneità e del multiculturalismo; la programmazione delle iniziative sarà aperta e nascerà sia dal pensiero e dalla creatività di alcuni artisti e operatori, sia dall'adesione spontanea di artigiani, esercenti, cittadini, istituzioni pubbliche e private che vorranno interpretare il senso de La Notte Bianca; le proposte culturali troveranno spazio all'interno di percorsi cittadini privilegiati, che sono gli 'epicentri' di questo grande evento. Con un'offerta di circa 70 appuntamenti in tutta la città, La Notte Bianca coinvolge i maggiori enti e le più importanti istituzioni culturali pubbliche e private, con l'adesione della maggioranza degli esercenti dei luoghi di pubblico spettacolo e di un numero significativo di negozi e luoghi di ristoro aperti. >>
(cit. Wikipedia) La prima notte bianca in Italia fu organizzata a Roma tra il 27 e il 28 settembre 2003. Essa rimase nella storia e nel ricordo collettivo poiché coincise con il maggior black out elettrico mai registrato nel Paese: a causa di un danno accidentale ad una linea elettrica tra Italia e Svizzera, l'intero territorio nazionale italiano si ritrovò senza elettricità per diverse ore e nella Capitale numerose persone partecipanti alla manifestazione restarono bloccate nelle strade e nella metropolitana.
:-) Rome by (black out) night ->
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** in collaborazione con l'Associazione degli Francesi in Italia a Roma, l'Istituto Francese e l'Ambasciata di Francia, nell'ambito del gemellaggio Roma-Parigi, furono prodotte vari eventi per La Notte Bianca/La Nuite Blanche.
Edwin Alexander Francis ha curato l'eccezionale performance del gruppo Les Plasticiens Volants a l'EUR
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guida-ai · 1 year ago
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Il matrimonio tra Intelligenza Artificiale e Nanotecnologia: Le nuove frontiere delle applicazioni
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Il matrimonio tra Intelligenza Artificiale (IA) e Nanotecnologia sta aprendo nuove e promettenti frontiere nell'ambito delle applicazioni tecnologiche. Mentre l'IA si occupa di sviluppare sistemi in grado di apprendere e adattarsi autonomamente, la Nanotecnologia si occupa della manipolazione della materia su scale nanometriche. Unendo queste due potenti discipline, siamo in procinto di assistere a risultati straordinari in campi come la medicina, l'elettronica, l'energia e molto altro.
Applicazioni in Medicina
Nel campo della medicina, l'unione tra IA e Nanotecnologia ha il potenziale per rivoluzionare il trattamento delle malattie. Ad esempio, la Nanotecnologia può essere impiegata per progettare nanorobot in grado di consegnare farmaci in modo mirato e preciso all'interno del corpo umano. L'IA può essere utilizzata per sviluppare algoritmi in grado di analizzare in tempo reale i dati provenienti dai nanorobot e regolare la somministrazione del farmaco in base alle necessità del paziente. Questo approccio promette di rendere i trattamenti più efficaci e con meno effetti collaterali.
Applicazioni in Elettronica
Nel settore dell'elettronica, l'integrazione tra IA e Nanotecnologia sta conducendo allo sviluppo di dispositivi più potenti e intelligenti. I circuiti integrati a livello nanometrico, resi possibili dalla Nanotecnologia, consentono la realizzazione di dispositivi più piccoli e efficienti. L'IA può essere utilizzata per ottimizzare il funzionamento di questi dispositivi, adattandoli in tempo reale alle esigenze dell'utente e aprendo la strada a nuove applicazioni nell'Internet delle Cose e nei settori dell'automazione e della robotica.
Applicazioni nell'Energia
Nel settore dell'energia, l'unione tra IA e Nanotecnologia presenta opportunità per rendere più efficienti e sostenibili le fonti di energia. Grazie alla Nanotecnologia, è possibile progettare materiali nanostrutturati in grado di catturare e immagazzinare l'energia in modo più efficiente. L'IA può essere impiegata per monitorare e ottimizzare i processi di produzione e utilizzo dell'energia, riducendo gli sprechi e massimizzando l'efficienza complessiva dei sistemi energetici.
Sfide ed Etica
Pur presentando enormi potenzialità, il matrimonio tra Intelligenza Artificiale e Nanotecnologia solleva anche importanti sfide ed implicazioni etiche. Ad esempio, l'uso di nanorobot in campo medico solleva questioni riguardanti la privacy e la sicurezza dei dati del paziente. Inoltre, l'impiego dell'IA per prendere decisioni cruciali in diversi settori richiede un'attenta valutazione degli impatti sulla società e sull'occupazione umana. È pertanto fondamentale affrontare queste sfide in modo responsabile e sostenibile, adottando politiche e regolamentazioni adeguate per garantire un utilizzo sicuro ed equo di queste tecnologie.
Conclusioni
Il matrimonio tra Intelligenza Artificiale e Nanotecnologia si profila come una delle più grandi opportunità per l'innovazione tecnologica nei prossimi decenni. Le applicazioni potenziali in medicina, elettronica, energia e altri settori promettono di trasformare radicalmente le nostre vite, migliorando la salute, l'efficienza e la sostenibilità. Tuttavia, è essenziale affrontare le sfide etiche e sociali associate a queste tecnologie, per assicurare che il loro impatto sulla società sia positivo e inclusivo. Con l'approccio giusto, il matrimonio tra IA e Nanotecnologia potrebbe rivoluzionare il mondo in modi che fino ad ora sono stati solo oggetto di fantascienza. Read the full article
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corpuscolo · 2 years ago
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In La télécratie contre la démocratie, Stiegler evidenzia come, a partire dalla seconda metà del secolo scorso, la televisione si sia dimostrata il più forte processo di individuazione psichica e collettiva di referenza, gettando le basi per quella forma di potere che, in Italia, si è conclamata appunto come “telecrazia”. Il problema sul quale Stiegler ci invita a riflettere riguarda il fatto che, «precisamente nel momento in cui la televisione è diventata il referente di tutti i processi di individuazione, si è rivelata costituire un fattore di dis-individuazione: un sistema per produrre delle identificazioni regressive, corto-circuitando i circuiti lunghi della trans-individuazione, e in particolare i circuiti politici che fondano la democrazia rappresentativa».
(...)
Prima ancora di essere mediatico, come è stato battezzato qui in Italia, il populismo, in quanto corto-circuitamento della democrazia e veicolazione di pulsioni, poggerebbe su di una logica industriale tipicamente novecentesca. Nell’ottica stiegleriana, infatti, il senso politico di ciò che è industriale – sia esso la società nel suo insieme, oppure i dispositivi tecnologici o le industrie di servizi – va ritrovato, in ultima analisi, nel modello della divisione sociale di separazione della produzione dalla consumazione. Ed è questa separazione, che ritaglia ogni esistenza, la radice della proletarizzazione del XXI secolo, quella che colpisce, sul piano dei saperi – teorici, pratici ed etici – tanto i produttori quanto i consumatori. In questo senso, la perdita di individuazione, causata in larga misura dalla telecrazia, incrocia il fenomeno di de-politicizzazione, inteso come venir meno dei legami sociali che spingono alla partecipazione ai problemi della polis, e quello dell’ignoranza, se con essa ci riferiamo innanzitutto a un insieme di povertà – espressive, simboliche, culturali – che limitano l’accesso dei soggetti alla condivisione dei saperi. Tali povertà, socialmente prodotte attraverso l’ipertrofia delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sarebbero l’esito di quello che Stiegler ha definito il capitalismo pulsionale (lato oscuro del capitalismo di servizi), che «consiste prima di tutto nel deviare verso la televisione il processo d’identificazione primaria attraverso il quale i bambini ereditano dai loro genitori le capacità di diventare ciò che sono, ossia di regolare le loro identificazioni secondarie», in vista della costruzione della propria soggettività e della rete di relazioni che possono determinare la loro esistenza all’interno di una collettività.
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Ida Cox
https://www.unadonnalgiorno.it/ida-cox/
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You never get nothing by being an angel child You better change your ways and get real wild I wanna tell you something, I wouldn’t tell you a lie Wild women are the only kind that really get by ‎’Cause wild women don’t worry, wild women don’t have their blues.
Ida Cox è stata la regina senza corona del blues.
Ha sempre avuto uno spirito indipendente che ha governato la vita e la carriera. Capace donna d’affari, ha creato e gestito la propria compagnia, Raisin ‘Cain, per oltre un decennio.
In un’epoca di maschilismo imperante ha infranto molte barriere, nessuna donna nera, negli anni ’20 e ’30, possedeva e gestiva le proprie attività.
Forse la prima cantautrice femminista della storia, ha scritto e cantato testi sulla sua condizione di donna nera. Con lirismo crudo e tagliente, ha parlato di indipendenza delle donne, liberazione sessuale e delle lotte sociali e politiche della popolazione nera dalla  suaprospettiva femminile, diventata un marchio di fabbrica.
Ampiamente sottovalutata dalla critica moderna, mai alla ricerca del successo e schiva nei riguardi del suo triste privato, è stata molto amata dalla gente semplice, senza distinzioni di razza.
Nata col cognome Prather a Toccoa, in Georgia, il 25 febbraio 1896, anche se alcune fonti fanno risalire la sua nascita al 1888, in una famiglia povera che lavorava in una piantagione. Da bambina non scolarizzata, faceva la corista in chiesa, a soli quattordici anni andò via di casa per seguire una compagnia itinerante di spettacoli vaudeville con cui si è esibita per molti anni conducendo una vita nomade e sacrificata. I lunghi viaggi attraverso il paese su palcoscenici improvvisati le diedero modo di sviluppare la sua presenza scenica e la vena comica.
Il cognome Cox l’ha preso dal suo primo marito, trombettista di una band con cui fece un breve tour e che venne ucciso durante la prima guerra mondiale. Dal 1915 cominciò a dedicarsi al blues e esibirsi in vari circuiti teatrali. All’inizio degli anni ’20 sposò Eugene Williams e diede alla luce una figlia, Helen, ma divorziò dopo poco.Nell’epoca aurea delle voci blues femminili, la sua fama accrebbe. In un periodo in cui incidere era un sogno, firmò un contratto di sei anni con la Paramount con cui ha registrato ben settantotto brani. Essendo riuscita a contrattare la non esclusività, nello stesso periodo ha inciso, con vari pseudonimi, anche con altre etichette.
Il suo brano più famoso, poi rifatto da altre musiciste Wild Women Don’t Have the Blues, è considerato uno dei primi inni femministi. Da ricordare anche Last Mile Blues, sulla pena di morte e Pink Slip Blues che parlava del problema della disoccupazione.
Nonostante successo e popolarità, non ha mai ambito alla gloria a tutti i costi, la musica, il palco, erano la sua ancora di salvezza, tanto che la stessa Paramount le diede l’appellativo di Uncrowned Queen of the Blues.
Aveva una voce meno potente e ruvida delle sue contemporanee ma riusciva a incantare il  pubblico con le sue focose interpretazioni. Il canto era solo una parte delle sue esibizioni.
I suoi spettacoli, quasi circensi, estremamente stravaganti e colorati, rimasero impressi a lungo nell’immaginario collettivo e fecero scuola. In un periodo in cui l’America era impegnata con la guerra e gli artisti costretti ad abbracciare generi musicali diversi per sopravvivere, ha gestito da sola un’orchestra jazz itinerante con più di 25 componenti ed è stata la prima artista a mischiare blues, spirituals e swing, mantenendo per tutta la vita la propria indipendenza artistica.
Ha continuato a esibirsi in giro per gli Stati Uniti fino al 1945, quando sul palco, ebbe un forte ictus che la costrinse a ritirarsi dalle scene.
Per più di un decennio lasciò da parte la propria carriera, esibendosi sporadicamente solo come cantante in chiesa. Nel 1961 ha registrato il suo ultimo album, Blues for Rampart Street, che definì la sua dichiarazione finale.
È morta di tumore il 10 novembre 1967 a Knoxville, Tennessee, dove viveva con sua figlia Helen.
Interprete profonda degli aspetti più dolorosi della musica afroamericana, ha dato voce alla tragicità della condizione di chi viveva nei ghetti e nelle periferie. È stata espressione dei sentimenti profondi della sua gente. La sua Death letter blues è rimasta nella storia come una sorta di tragico rituale di dolore e di pena che più di tante parole riassume il lungo calvario dei neri d’America. Nei suoi brani parlava di se stessa, delle difficili condizioni di un’infanzia e adolescenza dolorose e di come avesse spesso pensato di farla finita. Il contrasto tra lo sfavillare delle luci dei grandi locali alla moda e la sua esperienza precedente, l’ha spesso portata ad avere crisi di rigetto. Nelle sue canzoni parlava con la morte, vista come una presenza liberatoria e tutt’altro che tragica.
Una straordinaria interprete, autrice e attivista a cui la storia non ha riservato i giusti onori tanto che non è possibile trovare una raccolta completa delle sue incisioni del suo periodo migliore, 1920-1930. Ciò che rimane appartiene alla Black Swan e giace in parte dimenticato.
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monicadeola · 4 years ago
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Se ricostruiamo il contesto ambientale dei primi uomini sapiens la loro sopravvivenza e la loro affermazione evoluzionistica era legata alla speciale ipersocialità che li caratterizzava, come ci ha spiegato lo psicobiologo Michael Tomasello. Infatti quando gli uomini si avventuravano nella savana erano in grado di coordinare i loro sforzi e addirittura di cacciare prede molto più grandi e pericolose con una strategia di gruppo, comunicando soprattutto con le espressioni del viso e coi gesti, molto più rapidi ed efficaci del linguaggio.
Questo contesto comunicativo si è venuto modificando negli ultimi anni con le tecnologie digitali e ancora di più con le restrizioni legate al Covid 19, che hanno amplificato gli scambi on line attraverso le chat, Skype o Zoom. Si tratta di comunicazioni che potremmo definire disincarnate, in cui la fisicità espressiva del corpo viene sostituita da forme digitali di relazione. Non a caso gli emoticon usati nei messaggi e nelle chat semplificano le emozioni, venendo meno i coinvolgimenti e le risonanze personali, espresse nel viso, nelle posture e nelle sensazioni corporee. E queste forme digitali di comunicazione stanno prendendo il sopravvento, dal momento che le relazioni quotidiane si stanno trasformando, distanze di sicurezza e mancanza di vicinanza fisica, come sta succedendo nella vita sociale, ma anche a scuola e nei posti di lavoro. Quando si incontra una persona non ci si dà più la mano, non si abbraccia più l’amico quasi il corpo sia diventato un compagno imbarazzante, che deve essere tenuto a freno e addirittura relegato a un ruolo marginale.
Anche la stessa grammatica degli scambi visivi si sta trasformando,nonostante il contatto occhio ad occhio sia fondamentale nella crescita umana, i lattanti infatti si rivolgono al volto della madre per stabilire la vicinanza affettiva con lei. Ma anche negli anni successivi ogni volta che si incontra una persona si guarda negli occhi per capire le sue intenzioni. E questo scambio visivo rispetta alcune regole, ci si può avvicinare al volto dell’altro ma senza entrare nel suo spazio personale.
E che succede nello scambio digitale? Gli scambi attraverso lo schermo inevitabilmente provocano distorsioni e ritardi nella percezione proprio perché la stessa codifica digitale comporta alterazioni, adattamenti e sintetizzazioni complesse che creano artificiosità relazionali. Congelamenti delle immagini, nebulosità, blocchi e scatti, ridotta sincronia fra video e audio sono fenomeni più che frequenti che generano confusioni nella percezione e negli stessi codici sociali.
Per non parlare dell’inquadramento del viso e degli occhi nello schermo, a volte a una distanza troppo ravvicinata o troppo lontana, oppure una visione parziale o di profilo, che creano difficoltà di concentrazione e scarti percettivi che lasciano un senso perlopiù inconsapevole di insoddisfazione e di disagio.
Anche il cervello deve cercare di elaborare questi stimoli contrastanti che non corrispondono ai circuiti sociali che si sono selezionati nel corso dei secoli che ci hanno aiutato e ci aiutano ad entrare in relazione con gli altri, a provare empatia e a comprendere gli stati mentali degli altri.
Probabilmente queste forme di comunicazione digitale creano un distacco emotivo perché vengono meno le trame relazionali della vita quotidiana, ma anche le narrazioni del cinema e del teatro che risuonano col nostro cervello. Ne soffre soprattutto la nostra capacità di identificarci cogli altri, di sentirli emotivamente vicini e di provare empatia.
Ci si può chiedere perché siano aumentati a dismisura gli episodi di cyberbullismo e le fake news che inondano i social network. Non dipende forse dal fatto che con i social network le altre persone perdono la fisionomia e la stessa carnalità umana divenendo immagini spersonalizzate, che si possono insultare e attaccare perché non si prova nessuna commiserazione e nessun coinvolgimento emotivo nei loro confronti. In altri termini quando l’empatia viene meno l’aggressività e la violenza possono prendere il sopravvento!
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spiritismo-italiano · 4 years ago
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OBIETIVO UOMO:I SEGRETI DEL CERVELLO
VITA NUOVA , OBIETTIVO UOMO:
I SEGRETI DEL CERVELLO
Farmaci, molecole fantastiche, stimolazioni elettriche e psicologia spiritica ...
verso nuove scoperte sui meccanismi e le potenzialità del cervello.
“Gli studi dimostrano che il nostro corpo produce sostanze come le "endorfine". Queste molecole fantastiche sono in grado di sopprimere il dolore, generare euforia, modificare gli stati d'animo e il tono dell'umore.”
Il cervello, questo pianeta in gran parte inesplorato, costituito da circa venti miliardi di neuroni, decine di miliardi di cellule gliali con un numero astronomico di connessioni e capacità di reazione dell'ordine di millesimi di secondo, possiede facoltà effettive e potenziali in gran parte sconosciute e forse nemmeno supposte.
La neurobiologia afferma che il cervello è utilizzato dall'uomo in misura insufficiente e in modo irrazionale. Ai neurobiologi capita spesso di rimanere sorpresi dalle enormi potenzialità del sistema nervoso e la loro attenzione per questa struttura così importante dimostra quanto sia necessario conoscerne e identificarne i meccanismi fondamentali che determinano il passaggio e la trasmissione delle informazioni al cervello.
Le informazioni, sotto forma di impulsi elettrici, captati e trasmessi dagli organi di senso, viaggiando attraverso la rete nervosa giungono al cervello per essere elaborati e analizzati. Il loro significato è valutato mediante un confronto con le esperienze precedenti e i propri programmi genetici; il risultato di questa analisi si traduce in una reazione che vede tutto l'insieme uomo (spirito, psiche e soma) impegnato ad "agire" sull'ambiente.
Questa "azione" è il meccanismo innato dell'apprendimento, dell'adattamento e dell'evoluzione che si esplica grazie al sistema nervoso. La sopravvivenza dell'uomo e della specie è garantita da questa funzione e dal successivo sforzo di "agire", plasmando e adattando tutto l'organismo alle continue e differenti situazioni. Ma l'organismo, per poter sopravvivere, deve saper resistere e fronteggiare le frequenti sollecitazioni, istante per istante; le sue strutture (sistema nervoso, sistema endocrino, sistema immunitario e cervello) devono essere sane e pronte per garantire e preservare l'equilibrio interno (l'omeostasi) di fronte a questi continui cambiamenti.
Per l'uomo, gli stimoli psicosociali, frutto dell'interscambio e della convivenza con altri individui, con il gruppo o con le strutture sociali a cui appartiene, costituiscono i fattori più importanti nel modificare e alterare l'equilibrio.
La reazione emozionale diviene quindi il mediatore tra stimoli psicosociali e l’uomo nella sua interezza, ponendosi come causa evidente delle reazioni di adattamento al proprio ambiente sociale.
Negli articoli precedenti, abbiamo esaminato alcune cause e le relative conseguenze sull'organismo, provocate dal disordine e dallo squilibrio del sistema nervoso, il peso determinante della psiche sul soma e la necessità immediata di utilizzare tecniche precise di riequilibrio psicofisico ed energetico per ripristinare l'omeostasi dell'organismo.
Queste tecniche sfruttano le capacità stesse dell'uomo e, con l'ausilio della "volontà", possono intervenire ripristinando quel naturale equilibrio, già patrimonio dell'uomo. Abbiamo introdotto il concetto di malattia o meglio di squilibrio, dovuto in gran parte allo stress, a tensioni accumulate e mai scaricate, a blocchi energetici che interessano punti precisi, i plessi somatici responsabili del corretto fluire e dell'apporto di energia agli organi. Molto spesso le basi delle malattie sono poste dall'incapacità dell'individuo a gestire in maniera adeguata e bilanciata l'emotività.
Non sono gli eventi o i problemi della vita che favoriscono l'insorgere di malattie, ma il modo di viverli e di reagire ad essi.
In questo articolo tratteremo invece alcune malattie, comunemente classificate come psichiche, in cui l'adattamento e l'interazione tra il cervello e l'ambiente sono più continui e sottili, gli sforzi attuali della neurobiologia e della psichiatria per la cura di questi disturbi e i risultati che Vita Nuova ha finora ottenuto con l'ausilio delle tecniche di riequilibrio psico-fisico ed energetico.
Tali disturbi mentali comprendono le nevrosi (come l'ansia, la depressione, l'isterismo, in cui l'individuo è in relazione con il "mondo reale" come l'individuo normale, ma non riesce ad "agire" efficacemente su di esso) e le psicosi (fra le quali la schizofrenia è l'esempio più marcato).
Nelle psicosi il mondo dell'individuo cessa di essere quello normale, almeno per periodi di tempo assai lunghi; esso è costituito da un altro mondo in cui molti elementi sono stati creati dal soggetto stesso, composti da frammenti del "mondo reale" visti attraverso uno specchio deformante a molte facce, che appaiono all'osservatore esperto sotto forma di allucinazioni o illusioni.
Lo studioso che entra in questo tenebroso territorio si trova svantaggiato, poiché comunemente la psicologia e la psichiatria studiano un uomo senza corpo, vale a dire si preoccupano, per tutti gli aspetti del comportamento, di mettere in relazione uno stato "mentale" con uno stato "cerebrale", tralasciando le interazioni con il soma. Non considerano i molteplici segnali che il soma rilancia continuamente alla psiche, generando nuove reazioni, non posseggono ancora gli strumenti per studiare nuove soluzioni e ottenere migliori risultati.
Certamente, l'effetto di alcuni farmaci sul comportamento degli animali di laboratorio sono importanti e devono essere tenuti in seria considerazione, come i trattamenti fisici e chimici che hanno lo scopo dichiarato di "alleviare o curare" certi disturbi mentali specifici, ma la gamma dei disturbi mentali dell'uomo è incomparabilmente più ricca e complessa. Comunque, la documentazione di questi trattamenti, in gran parte messi a punto in questi ultimi decenni e somministrati anche all'uomo, non è certamente un elenco di notevoli successi, benché la farmacoterapia abbia rivoluzionato grandi settori della psichiatria.
Oggi, per fortuna, sono largamente screditate quelle tecniche che consistono nel sezionare le vie che uniscono i lobi prefrontali del cervello al resto del cervello (leucotomia) o nell'asportare ampie aree della corteccia frontale (lobotomia).
La tecnica della leucotomia è stata messa a punto negli anni trenta in ,Portogallo da E. Moniz e largamente adottata in Gran Bretagna e negli U.S.A. per tutti gli anni quaranta e cinquanta.
Nel 1949 in Inghilterra e nel Galles erano stati leucotomizzati fino a 1200 pazienti e nel 1959 il numero sfiorava ancora i 400 l'anno. Nelle indagini e dai controlli che furono eseguiti per parecchi anni, non si riscontrarono significativi miglioramenti rispetto ai pazienti non sottoposti a leucotomia. Inoltre, la perdita di una regione del cervello così importante tende a provocare un ritardo emotivo e intellettivo, diminuita creatività, egoismo, grettezza e una serie infinita di altri effetti indubbiamente dannosi.
Si tentarono nuove soluzioni e l'elettroshock resta ancora oggi il trattamento standard di alcune forme di depressione, specialmente quelle che non rispondono rapidamente alla farmacoterapia. Ma applicare un simile trattamento è come tentare di aggiustare una radio che non funziona prendendola a calci, o un calcolatore guasto escludendo alcuni dei suoi circuiti. Anche se molti accettano il valore terapeutico dell'elettroshock, altri sono dell'opinione che un trattamento così violento e grossolano, diretto a modificare le strutture cerebrali, non sia in grado di direi molto sulle basi neurobiologiche dei disturbi mentali che dovrebbe guarire.
Poi è arrivato il grande boom degli psicofarmaci che possono essere divisi in quattro grandi classi: sedativi, tranquillanti, antidepressivi e psicomimetici.I sedativi somministrati a forti dosi sono ipnotici (cioè inducono il sonno) ea dosi minori vengono usati per attenuare lo stato di agitazione, di irrequietezza e di sovraeccitazione. Con i barbiturici si entra nel regno di farmaci che possono creare assuefazione fisiologica, cioè il loro uso può alterare la biochimica del corpo e del cervello a tal punto che per il suo normale funzionamento il sistema diventa dipendente dal farmaco. Si sa che l'azione biochimica dei barbiturici interviene sul sistema ossidativo che genera l'energia cellulare e deprime sia l'attività elettrica della formazione reti colare che partecipa al ciclo veglia-sonno, sia la corteccia cerebrale.
I tranquillanti, a differenza dei sedativi, esercitano un effetto calmante, attenuando l'ansia e la tensione, senza ridurre il livello di consapevolezza, anzi alcuni possono aumentare il senso di vigilanza.
Come i barbiturici, essi sono usati in grandi quantità e sembra che sopprimano l'attività elettrica a livello dell'ipotalamo e del sistema limbico, riducono la trasmissione sinaptica del sistema nervoso autonomo e abbassano la temperatura corporea. Fra le categorie di farmaci che più hanno colpito l'immaginazione popolare e che hanno raggiunto un alto grado di diffusione, troviamo le amfetamine. Esse agiscono sulla formazione reticolare ed esplicano effetti che riproducono l'azione del sistema nervoso simpatico, accelerando il battito cardiaco e provocando una sensazione di nervosismo. Moltissimi, ne fanno un uso sproporzionato: per affrontare una cattiva giornata, per sostenere un esame, per vincere una gara sportiva o recarsi ad una festa che duri tutta la notte. Le amfetamine sembrano agire più da stimolanti che da antidepressivi; esse creano un senso di vivacità, combattendo la fatica e la sonnolenza, aumentando la sicurezza di sé e la capacità di decisione.
Pare che l'entusiasmo dei medici sul loro uso si sia in questi ultimi tempi raffreddato.
I rischi potenziali della psicofarmacologia sono notevoli perché l'uso di questi proiettili chimici per modificare l'umore, il comportamento, indurre il sonno o uno stato di euforia, provocano dipendenza, tossicità, il totale annullamento della volontà, la soppressione elettrica di alcuni importanti apparati del cervello. I sistemi naturali di riequilibri o vengono alterati, a volte annullati o compressi a tal punto che l'individuo stesso diviene indifferente allo sforzo e così, inibito ad "agire", reprime quella funzione di adattamento, apprendimento, sviluppo ed evoluzione che dovrebbe essergli propria. Purtroppo il quadro dell'attuale situazione non offre soluzioni confortanti e immediate e anche l'ambito della psicologia, cosiddetta scienza dell'anima, è diviso e frammentato in scuole diverse in disaccordo fra di loro sulle cause, i metodi e le terapie per la cura dei disturbi mentali.
Ma c'è un nuovo spiraglio, una ritrovata speranza grazie alla Psiconeuroimmunologia, una nuova scienza medica che studiando le interazioni tra psiche e soma ha fatto delle interessanti scoperte.
La personalità è costituita dall' intelligenza, dalla memoria, dalla capacità creativa e genera il comportamento, anzi quest'ultimo è la personalità in "azione", la personalità che si realizza, che fronteggia la vita.
Sarà un comportamento equo, equilibrato, capace di affrontare gli stress, le ambiguità, le sventure, se la personalità è forte, incisiva, colta, capace di fare buon uso dei problemi della vita, di ricaricarsi, di auto criticarsi, di rivedere i propri programmi, desideri, traguardi. La reazione alle situazioni della vita può essere di due tipi: la prima è caratterizzata da sconforto, da pena, da malessere ed è contrassegnata da un aumento dell'ormone ACTH che a sua volta fa aumentare il cortisone; la seconda è caratterizzata da una pronta risposta operativa, di autocritica, di rivalutazione delle cause ambientali e personali che hanno determinato l'evento stressante. In tal caso aumenta un ormone, "l'endorfina", che dà sicurezza, stima di sé, ottimismo, voglia di vivere.
Se l'uomo imparerà a far buon uso dello stress, sarà meno soggetto a malattie psicosomatiche, avrà meno paure, meno nevrosi, meno aggressività e violenza. Gli studi dimostrano che il nostro corpo produce sostanze come le endorfine solo se il comportamento è equilibrato e in "azione", permettendo a queste molecole fantastiche di circolare nel nostro cervello, nel midollo spinale e nel sangue. Esse sono in grado di sopprimere il dolore intervenendo sul sistema nervoso centrale e periferico, nella digestione, sul sistema endocrino e sull'apparato riproduttivo, generano euforia, modificano gli stati d'animo e il tono dell'umore.
Fra le numerose ricerche sul cervello, probabilmente le più interessanti sono quelle sulle stimolazioni elettriche cerebrali. In una serie di brillanti ricerche sperimentali, che nel 1949 gli valsero il premio Nobel, Hess dimostrò che la stimolazione elettrica di specifiche strutture nervose nel gatto è in grado di influire sulle funzioni autonome, posizione, equilibrio, movimenti, sonno, re, rabbia, mettendo per la prima volta in luce la possibilità di indurre in questo modo manifestazioni psichiche come l'aggressività.
Tecniche più sofisticate hanno dimostrato scientificamente che se inviamo impulsi elettrici nel cervello di un animale, non solo siamo in grado di influire sulla motilità degli arti, sulle funzioni degli organi interni, su tatto, vista, olfatto, ma possiamo anche modificare l'umore, provocando sensazioni di ira, paura, piacere. José Delgado, che ha fatto largo uso di questo metodo, ritiene che le ricerche correnti portino alla conclusione che i movimenti, le emozioni e il comportamento di un animale e probabilmente di un uomo possano essere comandati mediante energia elettrica.
Alcune tecniche impiegate sugli animali sono state riportate sull'uomo a scopo terapeutico. Attualmente la microchirurgia è in grado, con l'ausilio di particolari attrezzature di raggiungere senza alcun danno per il paziente, qualsiasi area cerebrale con sottili elettrodi e lasciarveli per giorni e settimane. Questo procedimento non solo consente di localizzare la sede da cui si dipartono alcuni
disturbi causati da malattie del sistema nervoso, ma anche di influire favorevolmente su alcune malattie organiche e psichiche ribelli ad ogni altro trattamento quali, ad esempio, alcune forme di epilessia, alcune forme spastiche, alcuni disturbi del comportamento. A questo proposito è utile ricordare che su una rivista americana (Psychology Today) di qualche tempo fa è apparsa una notizia sensazionale che riguarda proprio la stimolazione elettrica di un centro di controllo del dolore in un'area minuscola in mezzo al cervello.
Anche se i ricercatori non hanno ancora capito fino in fondo come agisca questo centro, i medici sono in grado di stimolarlo con scariche elettriche facendogli liberare "endorfine", alleviando così i dolori cronici.
E ciò è proprio quello che è successo a Dennis Hough, infermiere nel reparto psichiatrico di un ospedale americano: nel 1976 fu colpito alla schiena da un paziente con tale violenza da ritrovarsi con tre dischi vertebrali fratturati. Cinque anni più tardi, dopo due operazioni fallite, Hough era costretto a letto, con dolori lancinanti e continui alle gambe, alla schiena e alle spalle, e soffriva di una depressione che l'aveva spinto sull'orlo del suicidio. Proprio allora i medici stavano sperimentando per la prima volta una tecnica di impianto di elettrodi nel cervello; Hough si sottopose all'impianto e mediante un segnale radio da una trasmittente collocata nella cintura, egli può ora stimolare quattro volte al giorno la produzione di endorfine. Molti sono gli esempi di strumentazione elettronica che consentono di mantenere in funzione alcuni meccanismi fisiologici essenziali come i pacemaker e gli organi artificiali che sfruttano proprio le leggi dell'elettricità e del magnetismo alle quali sottostà anche il nostro corpo.
Ricordiamo ai nostri lettori che una ampia trattazione in materia è stata pubblicati nei numeri 57 e 58 della rivista e che la Psicobiofisica ha già approfondito e sperimentato da tempo ciò che la microchirurgia e la neurobiologia stanno ora incominciando a scoprire. Le sue ricerche provano che la rete del nostro sistema nervoso è percorsa da correnti elettriche, che in obbedienza alle leggi di Ampère, producono campi magnetici circolari e concatenati. Tali campi magnetici oltrepassano la frontiera esterna dell'epidermide e investono anche i circuiti nervosi degli altri individui.
Se si vuole quindi attribuire la giusta causa fisica alle forze che scaturiscono dall'interno dell'uomo, come esige il rigore scientifico, bisogna anche considerare queste radiazioni elettromagnetiche che sono ormai una realtà comprovata.
L'intero sistema nervoso si dirama in ogni parte del corpo e innerva tutti gli organi di senso, di moto, vegetativi centrali e periferici azionandoli e regolandoli con correnti elettriche. Da ciò si deduce che la malattia implica una disfunzione elettrica e che si possono ristabilire le normali funzioni, cioè la salute, in due modi diversi: assumendo dei farmaci oppure facendo variare le correnti elettriche nervose che vanno ad eccitare le ghiandole periferiche, in modo da accelerare o ritardare la secrezione chimica di ormoni, vitamine, anticorpi, atomi o· molecole diverse. l nostri medici spirituali sostengono che il rimedio sta dunque nell'agire sul legame psiche-fisico che racchiude e invia, se sollecitato nel modo giusto, la sostanza adatta nel momento adatto.
"Non è al di fuori dell'uomo, ma nell'uomo e nella natura che lo circonda e di cui fa parte, che si possono reperire le migliori medicine. Medicine di natura bioplasmatica quando occorre agire soltanto sui plessi e gli organi fisici non sono stati ancora intaccati o logorati; medicine di origine vegetale o animale quando occorre mettere la classica "pezza"! Sempre che non sia troppo tardi. Questo per puntualizzare, se fosse necessario, che gli interventi dei medici spirituali non saranno mai miracolosi, ma risulteranno "correzioni" di certi processi naturali male incanalati. Ciò in special modo per quanto riguarda la "psicologia spiritica" che tenderà ad indirizzare le forze del paziente, traendole da canali sbagliati e incanalandole nel giusto modo; sostituendosi per il tempo necessario a forze affievolite e logorate da modi di pensare e agire errati, lo psichiatra spirituale non farà che istruire, quasi addestrare, affinché almeno certi comportamenti errati basilari vengano corretti.
Le conoscenze a disposizione dei medici spirituali non sono che il risultato di una più approfondita conoscenza delle leggi che regolano la natura e su queste si basano.
Il sistema nervoso dell'uomo, in special modo quello che regola i movimenti e i processi involontari, il sistema simpatico, è il perno sul quale i medici spirituali possono agire sia come mezzo di interscambio sia come canale energetico
attraverso il quale indirizzare certe forze".
Alle tecniche di riequilibrio psicofisico ed energetico che si studiano e si praticano a Vita Nuova, si aggiunge il trattamento con "passi energetici" che l'operatore esperto applica sostituendosi per un momento alla volontà debole o bloccata del soggetto accelerando i naturali processi di scarico alterati da un eccesso di tensioni, scaricando l'accumulo di corrente della rete e dei plessi somatici per garantire e ripristinare il normale scorrimento dell'energia agli organi. Per naturali processi di scarico si intendono quei meccanismi che consentono, attraverso il riposo, il sonno, il rilassamento di scaricare con un atto della volontà naturale, i conflitti psichici razionali e irrazionali.
l farmaci, inibendo l'attività del sistema nervoso e comprimendo il soma con processi innaturali, alterano il delicato equilibrio di questo meccanismo agendo sulla volontà nel modo opposto, cioè escludendola e bloccando le energie nei canali energetici principali dato che calmano, quasi addormentano la mente o meglio la parte del sistema nervoso che ne regola i meccanismi.
Quale rimedio-prevenzione invece suggerisce la psicologia spiritica sulla base delle conoscenze e delle esperienze fin qui raggiunte? Favorire i naturali processi di scarico orientando il pensiero in modo da affrontare con la dovuta calma mentale ogni problema si presenti e controllando il più possibile le proprie emozioni, non soffocandole, ma impedendo che coinvolgano con le loro scariche energetiche il fisico.
Attuare quelle tecniche di respirazione e rilassamento che aiutano a mantenere percorribile la rete nervosa. Educare e orientare la volontà ad esprimersi, in modo che la mente, invece di seguire schemi, di rielaborare dati visti in modo unilaterale, si apra al confronto e lasci alla volontà, attributo della personalità spirituale, spazio sufficiente per giungere veramente a mettere in atto il libero arbitrio.
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paoloxl · 4 years ago
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Alta sicurezza e processi sulle rivolte. Le vite sospese dei detenuti
Mario S. sta scontando un ergastolo dal 1983, quando è entrato in prigione venticinquenne. Quattro anni prima suo padre era stato ucciso in Calabria per una vendetta trasversale. Mario aveva quindi lasciato il suo lavoro e aveva iniziato la caccia agli assassini, che ha poi a sua volta ucciso in meno di due anni. In quello stesso periodo è diventato un uomo importante tra i clan del Tirreno cosentino, finché non è stato arrestato, processato e condannato.
Venticinque anni dopo, alla soglia dei cinquanta, Mario si era guadagnato la semilibertà per poter lavorare all’esterno del carcere, dove ritornava solo per la notte. Sei anni dopo la misura gli è stata revocata: Mario era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver ricostruito il vecchio clan calabrese. In seguito al procedimento è stato recluso in regime di alta sorveglianza nel carcere di Parma.
Nel 2017 Mario è stato assolto in appello con formula piena. I pm non hanno fatto ricorso. A questo punto i legali hanno chiesto al Tribunale di sorveglianza di ripristinare i benefici che si era guadagnato, ma il giudice, pur prendendo atto dell’assoluzione, ha respinto la richiesta perché il detenuto avrebbe dovuto ricominciare un percorso per dimostrare la sua affidabilità. Le relazioni redatte dal carcere parlano di un “comportamento corretto, assenza di sanzioni, manifesta cortesia, disponibilità e interesse, relazioni rispettose, rapporti assidui con i tre figli, due dei quali affetti da handicap”. Eppure Mario, che oggi ha quasi settant’anni, ha passato tutta la sua vita in galera e si trova in una sezione di alta sicurezza per un reato dal quale è stato assolto.
I circuiti di alta sicurezza nascono all’inizio degli anni Novanta, quando il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria  comincia la progettazione dei cosiddetti “binari differenziati” – ancora oggi l’unico orizzonte del potere penitenziario –, stabiliti a seconda del reato per cui l’imputato è giudicato o condannato, e della sua pericolosità. L’architettura è semplice da escogitare, non bisogna far altro che raccogliere l’esperienza di campo della repressione dell’eversione rossa (i “circuiti dei camosci”, così venivano chiamate le prigioni speciali dei sovversivi): in accordo con i meccanismi di premialità che reggono la “rinegoziazione” dei benefici, quei gironi infernali – diversificati in As1, As2, As3, regime 41-bis op. – rappresentano infatti la massima espressione dell’internamento.
La corsa per i benefici, in questo scenario, diventa una perdita di tempo, dal momento che, come nel caso di Mario, sembra mancare sempre qualcosa per ottenerli. Fa parte del gioco, non è una disfunzione burocratica, perché l’obiettivo non dichiarato del “controllo premiale” è quello di prendere tempo (tra équipe di valutazione, osservazioni della personalità, visite psichiatriche, indagini familiari, udienze nei tribunali, ecc.) costruendo una dimensione astratta di attesa e desiderio in cui il soggetto si disgrega, ricomponendo e decomponendo le proprie speranze.
I PROCESSI DOPO LE RIVOLTE
L’inferno di prove da superare, interrogatori, attese, provocazioni e minacce – orizzonte comune e quotidiano per tanti ristretti – è il vortice in cui si muovono da mesi anche i ventidue detenuti che dal 18 gennaio cominceranno le udienze del processo per la rivolta al carcere di Milano Opera dello scorso 8 marzo. Le accuse ai loro danni sono incendio, danneggiamenti, resistenza a pubblico ufficiale, con aggravanti che potrebbero portare a pene fino ai quindici anni. Le accuse, in alcuni casi, sono però fondate solo su una “auto-denuncia” attraverso cui molti detenuti ammisero, nelle ore successive alle sommosse, di aver partecipato ai fatti. Nel corso dei mesi i familiari hanno riferito che su molti accusati furono fatte forti pressioni dalle autorità penitenziarie per indurli a firmare il documento.
Se la storia processuale di quei giorni è ancora tutta da scrivere, l’impressione è che gli eventi che si sono susseguiti prima, durante e dopo le rivolte, in decine di carceri in tutta Italia, avranno un destino molto diverso gli uni dagli altri, e i procedimenti si trasformeranno in processi in tempi più o meno lunghi, a seconda del lavoro e delle letture da parte delle procure e dei pubblici ministeri. Accanto ai processi nei confronti dei detenuti, ci sono infatti anche quelli ai danni degli agenti di polizia (non solo penitenziaria) che entrarono nei reparti di diverse carceri compiendo blitz punitivi, pestaggi, violenze ai danni dei detenuti.
Un elaborato percorso di indagini ha avuto come oggetto in questi nove mesi una tra le più volente irruzioni di poliziotti nelle celle, la “mattanza” del carcere campano di Santa Maria Capua Vetere. Le accuse della procura non sono ancora note perché le indagini non sono chiuse, ma le ipotesi di reato denunciate dall’associazione Antigone sono pesanti: tortura, omissioni di referto, falsificazione delle cartelle cliniche, abuso di autorità.
Per quanto riguarda le altre inchieste, non si riescono ad avere notizie precise su quanto accade a Milano e Modena, dove si sono registrati nove dei tredici decessi. Da mesi si parla di due inchieste di cui però non hanno notizie neppure gli avvocati di fiducia dei detenuti che hanno presentato gli esposti. Quello scritto dai cinque trasferiti da Modena ad Ascoli Piceno racconta nel dettaglio le violenze subite al termine della rivolta, durante il trasferimento, e una volta giunti nel nuovo penitenziario, quando il loro compagno Salvatore Piscicelli trovò la morte in cella, dopo essere stato a lungo percosso e visitato solo sommariamente in infermeria.
Una situazione simile riguarda anche il carcere di Foggia, all’interno del quale si sono verificati eventi che ricordano in maniera inquietante quelli di Santa Maria Capua Vetere: violenze e pestaggi a freddo, a rivolte ampiamente terminate, denunciate dai detenuti solo una volta liberati, tramite un esposto presentato con il supporto dell’associazione Yairaiha.
Da questo punto di vista è molto importante mantenere alta l’attenzione, perché le valutazioni degli inquirenti (numero di indagati e reati contestati) oltre a marcare una linea politica, saranno fondamentali per misurare la concretezza degli eventuali processi.
I SILENZI DEL MINISTRO
Alcuni dei detenuti coinvolti nelle rivolte furono trasferiti con grande fretta, subito dopo i fatti, nel carcere di Vigevano, un penitenziario che difficilmente raggiunge gli onori delle cronache, anche a causa della presenza di molti detenuti di origine straniera, i cui familiari fanno ancora più fatica a trovare voce. Le denunce raccolte da Napoli Monitor raccontano però di rapporti molto tesi tra detenuti e personale penitenziario, di casi di Covid che la direzione avrebbe provato a occultare, di ritorsioni rispetto alle proteste dei detenuti. La scorsa settimana un giovane tunisino ha tentato di impiccarsi; un grave atto di auto-lesionismo, in segno di protesta per la gestione quotidiana del carcere, è stato denunciato dai familiari di un altro ristretto; a fine novembre una prigioniera, che qualche giorno prima aveva incendiato il materasso della propria cella, ha avuto una “colluttazione” (così viene definita nelle veline) con un gruppo di agenti, successivamente a una visita in infermeria e alla somministrazione di psicofarmaci.
Mentre i sindacati di polizia, però, si esprimono su eventi e situazioni come queste solo per chiedere un aumento delle misure repressive nei penitenziari (nei loro comunicati è una costante la domanda d’uso delle pistole elettriche), il ministro della giustizia Bonafede continua a evitare di esprimersi sulle condizioni strutturali e sulla gestione autoritaria del quotidiano detentivo. Il 31 dicembre scorso il ministro ha visitato il carcere di Poggioreale, con un’inutile passerella che ha lasciato alla popolazione carceraria e agli operatori penitenziari solo un vuoto retorico. Sebbene l’istituto napoletano sia l’emblema dei fallimenti degli ultimi quarant’anni anni, Bonafede non ha ritenuto opportuno spendere nemmeno una parola sul contesto normativo, profittando del fatto che le richieste di modifica del sistema si perdono allo stato in inutili tecnicismi, nella riproduzione ideologica di vecchie battaglie, nelle futili istanze etico-religiose. Tutti tentativi che difficilmente si radicano negli strati sociali e che non trovano forza in un movimento generale di trasformazione, assente da tempo.
Quello che abbiamo davanti è insomma un quadro poco rassicurante, tanto più se si considera che l’insieme dei procedimenti a carico della polizia penitenziaria, il numero raddoppiato dei suicidi nel 2020, le morti e le brutalità nella gestione di episodi come quelli di marzo, restituiscono l’immagine di un sistema punitivo attraversato da enormi conflitti. Gli apparati istituzionali sono ormai privi di strumenti di assorbimento, perché le strutture disciplinanti previste dalla riforma del 1975 di fatto non servono più a nulla. Serve ossigeno. (luigi romano / riccardo rosa)
Da napolimonitor
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theinnovationquest · 5 years ago
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Per non essere dimenticati
Nell’ultimo decennio c’è un argomento che ha di fatto monopolizzato le varie discussioni nel settore informatico: l’intelligenza artificiale. Non sarò qui a tediarvi con un’ulteriore possibile applicazione della suddetta tecnologia, che sicuramente non scarseggia.
Bensì vorrei portare alla luce un pattern che ho notato nelle discussioni sull’AI o più specificatamente di una AGI (Artificial General Intelligence).
Ovvero un fallimento di intuizione, una mancata risposta emotiva rispetto ad un particolare tipo di pericolo. Probabilmente dovuto ad una sorta di selection shadow, una capacità che l’evoluzione non ci ha potuto dare. Infatti, tra le più svariate reazioni manca la paura.
 Ma partiamo dal principio, senza entrare troppo nei dettagli. Cos’è l’intelligenza artificiale? Secondo la definizione dell’ingegnere Marco Somalvico sono “[le metodologie e tecniche] che consentono la progettazione di sistemi hardware e sistemi di programmi software capaci di fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.”
Quindi ci troviamo di fronte ad uno strumento il quale, nel presente o nel prossimo futuro, possiede delle abilità che per tutta la storia umana sono state considerate come esclusive alla nostra specie. Dall’intuizione, riconoscimento di pattern e consequenzialmente immagini, passando per l’apprendimento.
L’utilizzo attuale di questa tecnologia è abbastanza eterogeneo, si parte da macchine a guida automatica, domotica, riconoscimento vocale, fino ad argomenti controversi come l’associare ad una persona un “livello di rischio” sul quale basare la pena oppure se concedere o negare la libertà vigilata, ignorando volutamente o meno i bias del database su cui si è allenata l’AI. 
 Adesso che sappiamo grossolanamente cosa sia un’intelligenza artificiale, posso trattare il perché dell’atteggiamento apparentemente allarmistico e pessimistico.
In questo preciso momento storico ci troviamo di fronte a due scelte, entrambe egualmente terrificanti:
1. L’innovazione si ferma.
Trovare un motivo sul perché un progresso tecnologico di qualunque tipo possa fermarsi è davvero arduo. Infatti, anche durante un conflitto mondiale, l’innovazione è sempre aumentata, soprattutto se quest’ultima può essere impiegata in uno scontro, cosa che l’AI sicuramente può.
La seconda obiezione che ci tengo a muovere è la seguente: ci troviamo in un sistema mondiale molto competitivo, impedire l’innovazione in un dato campo in una specifica nazione, o addirittura in un continente, non impedirà a quella tecnologia di espandersi ma implicherà soltanto che quei succitati stati rimarranno indietro.
Mi sento, quindi, abbastanza fiducioso da bollare questo scenario come il meno probabile.
 2. Si ha una “esplosione di intelligenza”
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Fonte: wikimedia
Si parla dello scenario più pessimistico e probabile, due terminologie che non dovrebbero mai viaggiare nella stessa locuzione. Parliamo di una sorta di technological singularity. Ci tengo a precisare che non stiamo parlando di un’utopia, di una rivoluzione delle macchine contro la razza umana, bensì di un livello di un’intelligenza così avanzata (cosciente o meno) che una minima dissonanza tra i suoi obbiettivi e i nostri possa portare alla distruzione della nostra specie. La suddetta non deve avvenire poiché questa (creatura?) è intrinsecamente malevola, ma semplicemente poiché ha un livello di capacità ‘celebrale’ così avanzata che potrebbe avere la stessa considerazione di noi come abbiamo rispetto ad un gruppo di formiche.
Mi rendo conto come possa sembrare assurdo uno scenario di questo tipo, ma se lo si considerasse tale allora dovreste obbiettare con almeno una delle seguenti assunzioni proposte da Sam Harris:
1.      L’intelligenza è il prodotto dell’elaborazione delle informazioni.
a.      Questa è un po’ di più di un’assunzione, prima di tutto perché abbiamo già costruito programmi che superano l’intelligenza umana su temi specifici. Seconda osservazione è che abbiamo un esempio tangibile di come un sistema fisico materiale possa sviluppare un’intelligenza generale: il cervello umano.
2.      Continueremo a migliorare le nostre macchine intelligenti.
3.      Non siamo vicini ad una possibile vetta di intelligenza. 
a.      La succitata vetta è un certo limite fisico che non permette, per qualche motivo, il superamento di una certa soglia di intelligenza. Però c’è da notare che il livello di intelligenza, essendo elaborazione di informazione, dipende anche dalla velocità. I circuiti elettronici funzionano circa un milione di volte più velocemente rispetto a quelli biochimici. Consequenzialmente anche consideriamo un’intelligenza artificiale che non superi l’arguzia della persona media essa è capace di fare ventiduemila anni di progresso umano in una sola settimana.
Sempre seguendo la linea di pensiero proposta da Harris, consideriamo (per assurdo) che riuscissimo a contenere questa AGI, quali sarebbero le implicazioni sociopolitiche di possedere uno strumento, o essere se mai dovesse diventare cosciente, con le capacità di un dio?
Partendo da quelle sociali vedremmo un incremento di inegualità mai visto fino ad ora, si dovranno gestire una “useless class of humans’, una classe di umani che non potrà contribuire in nessun modo alla società, senza pensare alle ripercussioni psicologiche.
Avremmo invece conseguenze decisamente più tragiche per quando riguarda una reazione politica: quale sarebbe l’azione più sensata per il governo Russo oppure Cinese, dopo che arriva la notizia che una qualche azienda della Silicon Valley ha creato un dio capace di ottenere tutto nelle limitazioni della fisica? Questo è un ‘winner-take-all scenario’ una simile notizia implicherebbe che le succitate potenze si troverebbero difronte alla loro dipartita. Non trovo improbabile quindi che una simile innovazione potrebbe scatenare un conflitto in larga scala.
 Una questione di tempo
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Foto di Samer Daboul da Pexels
Anche se posso aver convinto alcuni dei mei lettori del pericolo dietro l’intelligenza artificiale, altrettanti staranno pensando che sto dipingendo uno scenario che non si realizzerà nell’immediato futuro e quindi non c’è fretta.
Nonostante le stime ci dicano che uno scenario del genere potrebbe presentarsi negli anni 40-50 del ventunesimo secolo, la verità è che non abbiamo nessuna idea di quanto tempo ci voglia in modo da creare le condizioni per gestire una super-intelligenza in modo sicuro.
Proprio qui ricade la mancata risposta emotiva di cui parlavo all’inizio. Non siamo pronti e non sentiamo la necessità di prepararci, io stesso non sento questa viscerale risposta di cui tanto millanto.
La luce in fondo al tunnel
Il metodo più “sicuro” di implementare una super-intelligenza è probabilmente crearla in simbiosi con il nostro organismo, progetti tipo neuralink. Questa tipo di tecnologia ha anch’essa i suoi inconvenienti, il più ovvio è la possibilità di creare una piccola cerchia di umani i quali possono avere accesso alla succitata, creando un livello di inegualità assimilabile a quello tra Inner Party e Prolet.
Per giunta questo tipo di implementazione è per sua stessa natura più prolissa e complessa, e quindi meno appetibili per gli stati che si sentono inseriti in una corsa agli armamenti.
 Non ho la verità in tasca, non ho una soluzione, l’unica cosa che posso fare è cercare di portare consapevolezza sull’argomento e sul futuro che ci troviamo dinanzi.
   - Nicola Crisci
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diceriadelluntore · 6 years ago
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Il Rock è Morto? Breve risposta ad un’idea
Il 23 Novembre del 2018, uno dei più grandi critici musicali italiani, Gino Castaldo, su la Repubblica pubblica un articolo dal titolo: In Morte del rock, la rivoluzione è finita. Nell'articolo Castaldo parte da un fatto curioso: Kaney West ha proposto per i Grammy Award edizione 61 che si terranno a Febbraio, un suo pezzo Freeee (Ghost town Part 2) nella sezione miglior canzone rock e miglior perfomance rock (che però i Grammy hanno rifiutato). Per Castaldo questo è un ennesimo smacco al genere soppiantato dalla potenza mediatica dei nuovi re del pop, in pratica rapper e simili. Il rock, secondo la sua disamina, non solo ormai è relegato nei numeri ad un ruolo di comprimario, ma è soprattutto dal punto di vista simbolico che ha perso la forza e la vitalità che lo ha sempre contraddistinto: Forse a uccidere il rock è proprio il peso dello stereotipo. Se diciamo rock oggi pensiamo a un cliché: quattro accordi sparati, chitarre elettriche, batteria in quattro con cassa e rullante in evidenza, un cantante che strilla. Ma il rock non è nato per essere questo. Era la musica più varia e fantasiosa mai apparsa sul pianeta.  E per questo forse è morto. In realtà si è reincarnato e oggi vive in tutte le altre musiche. Basta non chiamarlo rock.
Nel 1988, Simon Frith in quello che è uno dei suoi saggi più belli sulla musica (e uno dei migliori in assoluto sull’argomento), Music For Pleausure, scrive: Sono ormai convinto che l’epoca del rock sia conclusa. Senza dubbio la gente continuerà a suonare ed apprezzare la musica rock, naturalmente (sebbene la definizione sia sempre più incerta), ma il business musicale non è più organizzato sul rock, sulla vendita ai giovani di dischi di uno specifico genere musicale.
Sembra una profezia, acclarata anche dalle considerazioni di Castaldo. Il quale però in un passaggio ricorda come molte altre volte il rock sia stato dato per morto: quando Elvis parte per il servizio militare, quando Buddy Holly, Ritchie Valens e altri perirono in un tragico incidente aereo (the day the music died, come canta dell’accaduto Don McLean nella sua storica American Pie), quando Miles Davis intrecciò jazz e rock in Bitches Brew, uccidendo anche il jazz da perfetto killer. E poi il punk, la musica elettronica. Persino Eno che in anticipo di trent’anni predisse il destino della musica come mero riempimento di spazio (secondo alcuni ne fu addirittura il mandante) sono tutti conclamati artefici di assassini musicali. 
Eppure, per fare un esempio, nelle classifiche dei concerti più visti ci sono tutti i grandi “dinosauri” del rock, con poche eccezioni, tipo Ed Sheeran. Springsteen aveva organizzato solo 9 concerti al Walter Kerr Theathre di Broadway, per poi continuare per altri 227 serate, sempre tutto esaurito. E avrebbe potuto continuare per altrettante serate vista la richiesta. Che in certi casi assume proporzioni epiche: tutti gli ultimi 5 tour degli U2, in totale 541 concerti, sono stati completamente sold out, per un totale di 18 milioni di spettatori. Quando nel 2007, per i 30 anni dalla fondazione, i Led Zeppelin superstiti decisero di suonare per un’unica volta, le richieste in pochi giorni toccarono la fantasmagorica cifra di 20 milioni, tanto che la band decise di estrarre a sorteggio le poche migliaia di posti disponibili nella O2 Arena di Londra.
Se anche fosse il rock stereotipato, non vedo come possa uscire dallo stereotipo il rap, o la black music imperante: figure spesso uguali nei gesti, nello stile e soprattutto nella musica, sovente indistinguibile. Come successe anche per il rock, essa adesso trasmette una sensazione di “verità” e “ribellione” che esula dalla realtà, travalica le difficoltà linguistiche dello slang in cui spesso si rappa, e soprattutto unifica in realtà sociali e comportamentali in maniera del tutto trasversale. Se a questo aggiungiamo la novità più forte, e cioè il successo che si crea attraverso la condivisione, e non più tramite l’acquisto, posso tranquillamente dire che è quindi la capacità espositiva ad essere micidiale e vincente. Che è poi non è affatto una novità: Philip Norman, il biografo dei Beatles, sostenne sempre nei suoi libri che il vero successo della Beatlesmania, soprattutto agli inizi, abitava a Fleet Street, la storica strada dei giornali londinesi. Che ogni giorno se ne inventavano una: clamoroso fu un sondaggio del Melody Maker che vide Lennon e McCartney essere votati i compositori più grandi di ogni tempo davanti a Mozart e Beethoven.
Castaldo parla anche della rinata serie di “cloni”, citando tra gli esempi i Greta Van Fleet, che suonano e cantano in pieno stile Led Zeppelin, e persino i Maneskin, trionfatori di X Factor (che in quanto “talent show” mi permetto di indicare come una causa dell’impoverimento del panorama musicale). Sono più o meno le stesse cose che si dicevano di Oasis e Blur nella prima metà degli anni ‘90, agli albori del brit pop, in quel caso richiamandosi ai grandi gruppi inglesi degli anni ‘60. 
Ripercorrendo il suggestivo e utile punto di Castaldo, mi viene da dire in maniera simpatica che è tutto sotto controllo. Che la musica pop, intesa come popolare in senso culturale, attraversa ciclicamente dei momenti di evoluzione, anche di regressione, solidale in questo con le dimensioni socio-culturali che la circondano. Rimane però un fatto che voglio evidenziare: è diminuito il senso di l’autenticità di qualsiasi cosa, e come autentico mi rifaccio alla stessa definizione del citato Frith: cercare di definire se stessi contro la logica corporativa, un linguaggio con cui esprimere speranze e paure quotidiane. O per dirla con altre parole significative sulla questione: qualcosa che resta senza farsi assorbire completamente dai circuiti autoreferenziali del commercio. Tra la certezza del denaro e l’incertezza storico-culturale si apre un intervallo, una spaccatura con cui nascono proposte che possono irritare, interrogare e interpretare lo stato attuale delle cose (I.Chambers, Ritmi Urbani. Pop Music e Cultura di Massa, Arcana, 2003)
Non ci resta, e lo dico da e per gli appassionati, che ritrovare serenità nelle cose che abbiamo. Come la nostra collezione di dischi. Perchè è perfettamente chiaro ciò che Paul Du Noyer, grande critico musicale e direttore di riviste come Q e Mojo scrive nella prefazione del primo libro che ho mai comprato all’estero (per i curiosi, Enclyclopedia Of Albums, Dempey Parr, Bristol, 1998): Cambiamo casa. Perdiamo libri. Cambiamo il guardaroba quando la moda ce lo impone. Fidanzate, fidanzati, mariti e mogli, sono in qualche modo non le istituzioni che erano una volta. I tempi cambiano e le persone vanno avanti. Ma ecco la magia. Se c’è un punto fermo, una sola costante nel flusso delle nostre vite, è spesso la nostra prediletta collezione di dischi.
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lamilanomagazine · 10 months ago
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Pavia, contrasto alle frodi in pregiudizio degli Enti previdenziali ed assistenziali. Anomalie nell'erogazione dell'assegno sociale e verifiche da parte dei Carabinieri
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Pavia, contrasto alle frodi in pregiudizio degli Enti previdenziali ed assistenziali. Anomalie nell'erogazione dell'assegno sociale e verifiche da parte dei Carabinieri. Nel mese di maggio 2022 il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Pavia ed il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Pavia, nel perseguire l'obiettivo di contrastare le frodi in pregiudizio degli Enti previdenziali ed assistenziali, hanno avviato una complessa ed articolata attività di indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Pavia, nell'ambito dell'erogazione dell'Assegno Sociale da parte dell'INPS. L’attività investigativa ha riguardato l’esame di circa 500 posizioni di soggetti, percettori di origine straniera, residenti nella provincia di Pavia, che presentavano diverse anomalie, quali ad esempio iscrizioni di irreperibilità all’anagrafe comunale, mancata scelta del medico curante, mancata sottoposizione al vaccino obbligatorio durante il periodo pandemico. Nei casi sospetti attenzionati i Carabinieri hanno effettuato anche verifiche direttamente sul luogo di residenza, presso gli studi dei medici di base anche attivando i canali di cooperazione internazionale di Interpol per la localizzazione all’estero dei soggetti interessati ovvero per l’accertamento dell’avvenuto decesso. Il fenomeno investigato ha riguardato principalmente alcune casistiche: - percettori che hanno lasciato definitivamente il territorio nazionale senza effettuare la dovuta comunicazione all’ente previdenziale continuando a prelevare (mediante circuiti ATM ovvero con emissione di assegni bancari) dal proprio paese di origine il denaro accreditato su conto corrente italiano; - percettori che, approfittando di brevi periodi lavorativi come badanti, dichiaravano la residenza presso il luogo lavorativo salvo poi rientrare presso il paese di origine una volta ottenuto il beneficio dell’assegno sociale; - percettori deceduti i cui parenti prossimi approfittando della mancata comunicazione all’ente previdenziale dell’evento, prelevavano le somme accreditate ogni mese dall’INPS. I risultati di una prima fase dell'indagine sono stati significativi ed hanno consentito di deferire, in stato di libertà per il reato di Indebita percezione di erogazioni pubbliche, nr. 17 soggetti (2 russi, 1 sudafricano, 6 albanesi, 1 indiano, 4 ucraini, 1 peruviano, 1 uruguaiano ed 1 rumeno) tra i quali una donna, di origine albanese ma radicata nel territorio dell’Oltrepò pavese, che approfittando della mancata comunicazione all’ente previdenziale della morte della suocera percettrice dell’assegno sociale, ha continuato a prelevare le somme accreditate ogni mese dall’INPS fino a quando la carta postamat, associata la conto postale della suocera, non è scaduta. In data odierna, pertanto, i Carabinieri hanno eseguito, a carico dei sopraindicati un Ordine di misura Cautelare Reale emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Pavia, per complessivi € 569.932 con sequestri preventivi e per equivalente delle somme di denaro esistenti sui conti correnti degli indebiti fruitori. L’indagine sviluppata dai Comandi suddetti, per la sua natura innovativa e peculiare, ha dato spunto ad un’articolata manovra investigativa del Comando Carabinieri per Tutela Lavoro che, sulla base di un modello investigativo approntato, ha esteso la vigilanza sull'erogazione delle prestazioni sociali su tutto il territorio nazionale, garantendo la tutela degli aventi diritto e la corretta gestione delle risorse pubbliche. Si segnala a tal proposito la recente operazione dei militari del Nucleo Operativo del Comando Gruppo per la Tutela Lavoro di Milano che ad inizio febbraio 2024 hanno deferito nr. 6 soggetti stranieri per analoghi reati e scoperto un danno alla Casse dello Stato per oltre 800.000 €. Si evidenzia che i procedimenti penali si trovano nella fase delle indagini preliminari e che le responsabilità in merito saranno definitivamente accertate solo ove intervenga una sentenza irrevocabile di condanna.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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historycar119-blog · 6 years ago
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HISTORICAR119
IL PRIMO CONVEGNO DI STORIA DELL’AUTOMOBILISMO
Il terzo millennio ha messo in discussione il motorismo, cominciando una vera e propria rivoluzione automobilistica.
Con la nascita dell’automobile alla fine dell’ottocento e la sua progressiva evoluzione nel novecento, venne rinnovato l’intero stile di vita dell’uomo moderno, trasformando radicalmente le città, facendo diventare l’automobile uno dei metri di misura della città moderna.
Le innovazioni in merito alla tecnologia e l’industria, oltre che alla produzione in serie, furono merito anche dei piloti sportivi, portando le automobili al loro limite meccanico, cosicché la loro attività fu decisiva per lo sviluppo delle macchine. Le industrie furono grate alle generazioni di uomini e donne che trasformarono l’auto in uno strumento di divertimento sportivo e di business e grazie ai successi sportivi le industrie ottennero quella pubblicità epica di cui l’auto aveva bisogno per farsi strada nell’immaginario sociale del tempo.
Oggi con la progressiva perdita del valore motoristico dell’auto, decretata dalla propulsione elettrica, è giunto il tempo di fare le considerazioni su un secolo di motorismo che ha avuto nello sport una leva potente ed efficace.
In quest’ottica il Convegno HISTORYCAR119 nasce per cominciare un cammino di studi sull’automobilismo e poter delineare i tratti salienti e le peculiarità di un movimento che è in continua evoluzione.
Carattere del Convegno
HISTORYCAR119 è un convegno a carattere aperto a ricercatori nazionali e internazionali e racchiude nel suo titolo il termine “history” e “car”, perché si occuperà essenzialmente della storia dell’automobile. Il “119” corrisponde al numero dell’edizione del convegno, cioè la prima e l’anno di edizione, il 2019, poiché le automobili in gara hanno sempre un numero e l’automobile quasi da subito è stata identificata da un numero, o una sigla, cioè la targa, così anche il convegno ha il suo numero “automobilistico”. L’obiettivo è di replicare il convegno con cadenza biennale.
Temi del convegno. Le categorie del convegno sulle quali i relatori potranno discutere saranno le seguenti:
1. Industrie e Sport
2. Campioni e scuderie
3. Aspetti sociali
In merito all’ultimo punto i relatori potranno esporre le loro ricerche su:
Architettura, Urbanistica, Design, Diritto stradale; Tipologie di competizioni (stradali, salite, endurance, rallyes, circuiti, sfide, records); il business legato all’automobilismo sportivo; il cinema sull’automobilismo; epica e letteratura automobilistica (nascita di giornali, riviste, libri a tema motoristico).
Calendario e atti del convegno
A tutti quelli che parteciperanno mandando la scheda di adesione con il loro abstract, sarà inviata in risposta una bozza degli atti formato pdf, che conterrà tre saggi introduttivi per le tre sezioni del convegno, con delle indicazioni generali, sui quali potranno modellare il proprio lavoro di ricerca.
1) Consegna Abstract:                            fine aprile 2019
2) Consegna Saggio:                               fine luglio 2019
3) Pubblicazione Atti del convegno:       settembre 2019
4) Sede del convegno Sala Isabella d’Este, Via Giulio Romano MANTOVA 14 settembre 2019
Comitato Scientifico: Francesco Bonini (LUMSA), Fabrizio Orsini (SISS), Gianni Cancellieri.
Comitato Organizzatore: Fabrizio Orsini, Lorenzo Montagner, Christiane Bürklein.
Per inviare il tuo Abstract e la scheda di adesione, o per avere informazioni sul convegno scrivi a:
Gli atti saranno curati da Fabrizio Orsini e pubblicati con Amazon.
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