#che tanto non farò mai
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nessuno su twitter mi ha chiesto che tatuaggi vorrei farmi QUINDI eccoli qua:
un drago che parte dalla mano e mi gira intorno all'avambracccio
un ouroboros intorno al collo tipo chocker
delle ali sulla schiena a coprire tutta la parte alta (di questo ne avevo già parlato)
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L'adorata umiliazione (1 di 2) Lo stallone
Non aspetti altro che io torni dal lavoro. Hai fatto del tutto per poter essere qui a casa mia alle cinque del pomeriggio. Pronta per me, come ogni giovedì. Chissà quale scusa avrai inventato col cornuto, stavolta. Troppo ti piace prostrarti alla mia volontà, inginocchiarti davanti a me. Prepari tutto come sai, per aspettare che arrivi il signore dei tuoi sensi, la vera fonte del tuo piacere, della tua voluttà di schiava. Sei già quasi tutta nuda, come ti preferisco. Adori sottometterti a me. Vuoi essere umiliata, degradata, comandata. Sei stata anche oggi una bambina molto cattiva, lo sai.
Hai detto nuovamente una grossa bugia a tuo marito, stai per macchiarti ancora di adulterio e ne sei ben cosciente. Però è più forte di te, il gusto dolcissimo di questo tuo segreto peccato, del proibito. Ti senti sporca. Ti dispiace un po’ tradirlo, ma non puoi fare a meno della mia medicina. Io in fondo non vorrei, ma devo proprio punirti, bambina bricconcella. Per farti capire prima di tutto che non si dicono le bugie: non si fa. Poi che comunque sia, tra noi due comando io. Devo umiliarti anche per educarti, renderti mansueta, obbediente, sempre più devota e psicologicamente sottomessa a me, che pure sono la ragione prima del tuo tradimento osceno e terribile. Devi essere solo un puro strumento di godimento, per me. E ti piace esserlo.
Costituisco infatti per te, me l’hai confessato tra le lacrime e i rimorsi, l'ossessione più assoluta. Siamo attori di una recita moralmente riprovevole, messa in scena solo per soddisfare la tua libidine di femmina poco più che quarantenne, calda e vogliosa di sesso. Per la brama insaziabile che hai del mio corpo e della mia mascolinità, cosa a cui non riesci a resistere. Adori il mio cazzo. Lo veneri. Lo cerchi. La tua personalità di donna risoluta e forte con me è totalmente azzerata. L’idea che hai di me è qualcosa che tiene prigioniera la tua mente. Per un po’ quando vieni a casa e io non ci sono ancora, cerchi i miei indumenti: li annusi e li stringi a te. Quando arrivo poi mi getti le braccia al collo, mi ti adagi sopra, mi ti strusci addosso, come una vera cagna in calore. Non hai più alcuna vergogna o remora, come invece all’inizio della nostra relazione.
Cerchi di rendermi mansueto, di blandirmi. Mi aduli, vorresti subito il mio sesso. Ma non puoi averlo ancora. Comando io e farai ciò che ti dico. Ti farò quello che voglio. Decido io, con te. Allora per iniziare, quando sono comodo ti somministro una sonora, dolcissima, lenta, sensualissima e intima sculacciata. Rito a cui ti sottoponi opponendoti flebilmente. Infatti, mentre sei ancora mezzo vestita, io ti rimprovero, elenco le tue manchevolezze e tu ti lamenti un po’. Ma comunque scendi rapida le mutandine, ponendoti docile nella giusta posizione, a me la più comoda per arrossare il tuo culo bellissimo di sposa. Mentre schiaffeggio le tue chiappe di donna di un altro uomo ignaro di tutto, tu inizi a godere del tuo essere vera troia, libera ma sottomessa.
Il tuo adesso è soltanto un culo rosso, un capolavoro di pudore azzerato. Non hai più difesa né vergogna: sei totalmente sfrenata e non ti lamenti, soffrendo e godendo in balia di un uomo che ti plasma a suo piacimento. E che possiede il tuo cuore e il tuo desiderio più profondo. Ogni tanto ti apro le natiche e infilo un dito nell’ano, gioco con la tua parte più inviolabile. Spesso uso un plug o un fallo di gomma. Mi diverto, a vedere come gemi e godi, vera puttana che altro non sei. Tu allora stringi sempre lo sfintere, a trattenere dentro qualsiasi cosa io ti ci infili. Sei senza più alcuna vergogna, nell’arrenderti: mi concedi tutto, ormai. E pensare che con tuo marito fai la pudìca, non gli permetteresti mai ciò che consenti a me.
Ogni giorno reciti perfettamente la parte della moglie seria e composta, anche e soprattutto nei rapporti coniugali intimi. Zero fantasia: assoluta ripetitività. Sempre di sabato sera, rapporti canonici e soprattutto rapidi: sbrighiamo ‘sta pratica e via dormire. Niente variazioni. Lui vorrebbe, probabilmente, ma tu non glielo permetti. La tua bocca e il tuo culo se li può solo sognare. Io invece ne faccio quello che voglio. E’ stupefacente il numero di mogli che praticano e concedono con grande esperienza all’amante segreto cose oscene ed estreme che invece condannano severamente in pubblico. Ne ho avute molte. No, non puoi essere gelosa: tu sei solo una schiava per il mio piacere. Stai zitta: ricordalo sempre e fai solo ciò che ti dico.
Ma confesso comunque che a te in qualche modo tengo. Molto. Non permetterei a nessuno di torcerti un capello. Evidentemente mi sto affezionando. Invecchio anch’io. Per cui, finita la punizione, verrà inevitabile il momento della dolcezza tra noi. Ti farò alzare dal letto e ti accarezzerò a lungo. Poi ti cospargerò di crema, massaggiandoti il corpo e accarezzando moltissimo le bellissime natiche, insistendo sull'ano adorato. Lenirò così anche la tua anima, umiliata ma segretamente felice e anelante. Ammirerò la perfezione delle tue forme, unirò delicatamente e con morbido velluto elastico i tuoi polsi tra loro: è il legame simbolico tra noi due. Ti ricorda che il tuo corpo è di mia proprietà. Anche se sei sua moglie. Infine ti ordinerò di aspettarmi in camera da letto, mentre intanto farò una doccia.
Finito di lavarmi, mi metterò comodo sul letto. Forse parlerò un po' con te; ti chiederò dei figli, del lavoro, di ciò che ti piace fare. Magari leggerò un po’ le news sul tablet, oppure semplicemente ti guarderò a lungo mentre sei lì immobile, bellissima, impaziente e ti prepari a godere, da brava bambola passiva. Volontà azzerata, ma grande voglia che io mi decida a possederti, violandoti dove più mi andrà. Infine, arriverà il momento che hai aspettato tutta la settimana. Ti prenderò, ti farò mia in modo brutale, senza troppi riguardi: ami essere fottuta con la forza, lo so. Vieni solo così, ormai. Normalmente, già da me preparato in precedenza, mi piace infilare subito il tuo bel culo sodo e sfondato di moglie e madre. Per poi starti a lungo dentro e infine riempirti di crema d'uomo.
Tu ti inarchi, allarghi al massimo le natiche e mi agevoli. Ti riempio letteralmente di sborra. Eiaculo molto: è tutto in relazione alla mia stazza, alle dimensioni del mio uccello e dei miei coglioni. Godi come una pazza, nell’accogliere il mio seme. Poi magari ti scoperò in modo tradizionale, se mi andrà. Quindi, come sempre ti ordinerò di finire il lavoro: dovrai svuotarmi tutto completamente. Dovrò essere soddisfatto di te. Non dovrai far cadere neppure una goccia. Poi dovrai pulirmi per bene con la tua bocca, espertissima ormai. Sai già ciò che mi piace e come farmi godere, mia dolcissima puttana. Muoverai la lingua sapientemente attorno al mio glande, mentre inghiotti. Ti è concesso gemere di piacere, mentre mi bevi.
Dopodiché, tra un po’ ti lascerò libera di tornare a essere il centro della vita della tua preziosa famigliola, la moglie adorata di un brav'uomo innamorato e fedelissimo. Sarai nuovamente la mamma perfetta, insospettabile, rispettata e irreprensibile. L’esempio di virtù e correttezza per i tuoi figli adolescenti, per i tuoi colleghi dell'agenzia in cui lavori e per chiunque ti conosca pubblicamente. Prima di andare via però, ti piace sempre restare ancora un po’ qui a casa mia. Nuda in cucina, ben felice di essere stata ancora una volta umiliata e usata da me. Resti a sorbire il caffè gustoso e forte che ti preparo con amore. Quelli sono una manciata di minuti sacri, che ti servono per decomprimerti e tornare a vestire i panni della donna tranquilla. Magari un po’ timida, sottotono ma serena, affidabile e leale.
Quella che siederà stasera a fianco del proprio marito e scherzerà con lui. Perché per lui sei una donna intelligente, morigerata, di sani valori e princìpi. È un uomo ben felice di averti sposata e assolutamente certo dell'unione salda e inscalfibile che ha con te, nonché fiero dell'amore unico che vi lega. Nessuno potrebbe mettersi tra di voi. Un matrimonio solidissimo, il vostro. A prova di playboy. Quanti ne ho vissuti, da terzo elemento segreto! Comunque, tu stasera tornerai a casa soddisfatta. Quando avrete cenato, chiacchierato e messo a letto i figli, tu stagli un po’ vicino. Lo dico anche egoisticamente, perché la vostra pace coniugale resti uguale e io possa quindi continuare ad arrossare e romperti il culo! Seriamente: fagli sentire un po’ di calore muliebre.
E fagli l’amore. Non essere sempre dura e distaccata, insofferente alle sue carezze come tuo solito. Ricordati che un tempo l’hai amato. Lui continua a sbavare, per te. Ti adora e ti è fedele. Poi, francamente parlando, se lo merita: ti coccola, ti vizia e ti adora. È il padre dei tuoi figli, un marito molto affettuoso e generoso, con te. Provvede alle riparazioni in casa, a pagare il mutuo, a portare gran parte del vostro reddito in famiglia. Cambia l’olio alla tua macchina e ti fa il pieno, cosa a cui tu non pensi mai, sventatella! Spesso poi a sorpresa ti porta dei fiori o del gelato fresco, pur di vederti sorridere. Faglielo appassionatamente, fallo godere di te. Sii la generosa padrona del suo cuore. Tranquilla, che a metterti in riga poi penserò al solito io giovedì prossimo, non ti preoccupare.
RDA
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LA LETTERA DEL TRADIMENTO
Mi è difficile scrivere questo post, a dirla tutta non so neanche perché rendo pubblico questo mio sentimento, cosi grave e profondo che sto provando.
Forse una sorta di liberazione personale, di qualcosa che ho dentro e che fa tanto male. Un qualcosa che farà sicuramente sorridere con perfidia alcune persone che mi sono consanguinee. Se mi leggeranno, dai loro profili blindati e privatissimi.
Oggi sono passato da mia madre, semplicemente per scrivere la lista della spesa da farle domani. Quella settimanale del sabato a cui lei ci tiene tanto ancora. Oltre a sistemarle le medicine nei porta pillole.
Il taccuino su cui scrivevo, per poi strappare il foglio e mettermelo in tasca, è finito. Cerco nello scrittoio e trovo un quadernetto di quelli tascabili. Si la lista della spesa l'ho scritta, ma tra quello che mi sono messo in tasca con un cura, c'era anche una paginetta scritta. Tempo fa.
"Settembre 2015", così inizia la paginetta. La calligrafia è quella di mia madre, non ci si può sbagliare. Il tratto della penna più fluido e deciso, non tremante e pieno di pause come quando scrive oggi.
Sono passati nove anni da quella confessione scritta su quella paginetta. Uno sfogo che mia madre ha scritto, nello sconforto e nell'incredulità più totale. Un dolore, il suo, che penso sia riuscito a sconfiggere la sua resistenza mentale un anno fa. Facendola precipitare in un declino cerebrale senza ritorno.
Ho letto poche righe per capire il contenuto, l'ho messo in tasca e poi con calma me lo sono letto a casa. Il tradimento.
L'essere traditi porta a una condizione interiore di crollo delle tue certezze, un punto fermo e d'appoggio che viene a mancare. All'improvviso. La certezza dell'incertezza, comprendere che chiunque faccia parte della tua vita può farti volutamente del male.
Questo sentimento diventa devastante quando a tradirti, a pugnalarti alle spalle, è un figlio. Un essere umano che hai voluto, accudito e protetto. Ma che al momento di diventare un uomo ti violenta il cuore, depreda di tutto materialmente e sentimentalmente. Lasciandoti solo e completamente privo di ogni certezza, con la consapevolezza di quanto spietato possa diventare un essere umano.
Le sue parole lette tutte d'un fiato con il cuore in gola mi hanno lasciato una devastazione interiore, alzando lo sguardo dal foglio ho guardato i miei figli. Ho provato a immaginare se uno di loro, in futuro, si comportasse come mio fratello ha fatto con mia madre. E ancor prima con me.
Chi conosce la mia famiglia sa. Alcuni nonostante sentenze e giudizi definitivi ha scelto di seguirlo, di appoggiarlo, altri di trovare soddisfazione personale per quanto successo. Attestati di solidarietà, di conforto mai pervenuti. Un senso di pietà per le loro anime aride lo provo comunque, anche se da anni ho cercato di alzare muri a protezione. Per non sentire, per non vedere.
Faccio del mio meglio per far ricredere mia madre sul fatto che un figlio sa anche essere parte e sostegno, della vita di un genitore, fino alla fine. Lo farò anche quando la sua ragione, oramai compromessa, non ricorderà più neanche chi sarò io.
Oggi era felice che gli facessi la spesa, oggi aveva tanta voglia di dettarmi la lista della spesa, contenta di essersi ricordata tutto. Senza dovermi dire "c'era ancora qualcosa ma non me lo ricordo".
Se devi dimenticare qualcosa, madre, dimentica il dolore che ti ha provocato. Dimentica lui e continua serena con me.
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Non so perdonare. Né dimenticare.
Lettera scritta in risposta ad Alberto Jacoviello, inviato di «la Repubblica» e «L'Unità», che si scusava per averla offesa in passato.
Caro Jacoviello,
....chiedere scusa, come tu hai fatto, quando si ha torto, è sempre nobile. E non molti ne sono capaci, non molti ne hanno il coraggio. Però devo dirti ciò che dirò e, se non lo facessi, mentirei non solo a te ma a me stessa.
....Io non so perdonare. Né perdonare né dimenticare. È uno dei miei più grandi limiti forse, e il più lugubre. E meno che mai so perdonare quando una ferita mi è stata inferta da persone dalle quali mi aspettavo affetto, tenerezza, o sulle quali mi facevo illusioni positive. Ciò non significa, naturalmente, ch'io dichiari guerra o resti in guerra con coloro che mi hanno ferito, offeso. Significa che quelle persone le liquido. Le cancello dai miei pensieri, dalla mia vita. Se le incontro per strada le saluto, in alcuni casi ci scambio una parola, ma dentro di me è come se mi rivolgessi a un'ombra. Esse non esistono più.
.....In questi ultimi due anni, cioè da quando la morte e il dolore si sono abbattuti su di me indurendomi, ho liquidato più persone che in tutta la mia vita. Non v'è uomo o donna colpevole verso di me che non sia finito nella Siberia dei miei sentimenti.
Hai perfettamente ragione a chiudere la tua lettera dicendo che chi non sa perdonare condanna sé stesso alla solitudine. Però hai torto a ritenere che tale «condanna» sia per tutti insopportabile. E dimentichi il proverbio che dice: «Meglio soli che male accompagnati». Non sempre la solitudine è una prigione. A volte, per alcuni, è una conquista che difende da ulteriori ferite ed offese. Solo i deboli e i poveri di spirito hanno paura della solitudine e si annoiano a stare soli. Io non sono debole. Sono molto forte, e durissima ormai. Non sono neanche povera di spirito. Quindi non ho paura della solitudine.
Tutte le volte che ti ho visto mi hai raccontato antichi insulti scritti i pensati. E tutte le volte che ti ho visto è stato come ricevere una coltellata nel cuore. Mi ha colto una nausea che solo la mia capacità di controllo è riuscita a nascondere o a vestire con gli abiti dell'indignazione. È probabile che la tua coscienza si senta lavata dal fatto di avermi confessato quegli antichi insulti scritti o pensati. Ma io non credo che confessare un peccato equivalga a cancellare il peccato. Quel concetto cattolico, anzi cristiano, mi ha sempre inorridito. I peccati commessi restano peccati commessi e niente può cancellarli: né Dio, né il diavolo, né gli uomini, né una sfilata di pater e di ave-maria detti per penitenza. Ciò vale per me, per te, per l'umanità intera presente e passata. Ecco perché non riesco a perdonare. Non voglio.
Ciò è spietato? Sono tanto spietata con me stessa che non vedo perché dovrei essere dolce con gli altri. Il massimo ch'io possa consentirmi è rispondere in modo esteso a chi mi ha scritto in modo esteso. Spiegarmi a chi mi ha spiegato. Ed è molto. Tu sei l'unica persona fra le decine che ho liquidato, esiliato nella Siberia dei sentimenti, cui abbia detto no con una lettera e non col silenzio. Di solito oppongo un silenzio di pietra. Quello che seguirà a questa lettera.
E così farò, sempre, in tutte le circostanze della vita, con tutti coloro che tentano di impormi una prepotenza. E non cederò, mai. Mai. E guai a chi si permette o si è permesso o si permetterà di mettere in dubbio la mia onestà professionale e personale: che poi sono, ovvio, la medesima cosa.
Ora mi è più facile dirti addio.
Peccato. Ma addio.
Oriana Fallaci
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@blackmammaaa nel nostro lavoro se non si cerca di alleggerire un po' il carico emotivo e mentale, si esplode. Ci si brucia. A me è successo, quindi so di cosa parlo e non è affatto bello crollare in quel modo. Per cui ben venga sdrammatizzare, sfogarsi, fare quello che si può (sempre nell' ambito del lecito e del consono, del buonsenso e di tutto il resto) per alleggerire il peso che questo lavoro comporta. Ho una paziente completamente allettata, chiusa su se stessa a libretto da un sacco di tempo e regredita all' età di una bambina di pochi mesi. Quando entro in camera sua, oltre a chiacchierare con lei, la saluto sempre "Ciao piccolo mostro!" e lei sorride. Ovviamente il "mostro" è in senso affettuoso. E così tutti i nomignoli affettuosi che ai miei pazienti piacciono: principessa fragolina di bosco, ad esempio. Bella bionda. Signora Felicità. Perché è il mio modo di coccolarli. Oppure fermarsi a fare quattro chiacchiere con uno dei pochi che ancora ci stanno con la testa. La nostra è una resistenza, giorno dopo giorno. Contro la malattia, contro la solitudine, contro il degrado, contro il dolore. Tante volte contro l' abbandono. E a quelli che mi dicono "Oddio, ma quel lavoro fai??? Ma possibile che non hai trovato niente di meglio???" Vorrei tanto rispondere (e magari prima o poi lo farò!) "Vienici tu a fare il lavoro mio. Vogliamo vedere quanto resisti?". Se fai il tuo lavoro in scienza e coscienza, nessuno e dico NESSUNO deve permettersi di metterci bocca. MAI.
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Io non so esattamente se potrò mai provare una cosa così, non so nemmeno se tu hai provato più una cosa così.
Ora sembrerò melodrammatica, una che non supera le cose e tutte le critiche che le persone con razionalità incredibile avranno in serbo per me.
Penso di non aver mai più riso così, non aver mai più avuto questi occhi, non aver mai più amato così maledettamente forte.
Molto probabilmente tutto ciò è dettato dal mio problema e dal fatto che abbiamo vissuto una storia da montagne russe, ma ciò non toglie che ci siamo amati da morire, nel vero senso della parola.
Ci siamo prosciugati di amore fino ad uscirne completamente folli entrambi.
Io, ogni volta che sento il tuo nome, sento un buco nello stomaco, più grande del vuoto che mi perseguita.
Io, ogni volta che si parla di amore, penso a te e tutto ciò che hai fatto per me.
Perché Io, non dimentico nulla di ciò che è stato e che consapevolmente e forse felicemente non sarà più.
Perché, sai ti ho amato talmente tanto, da capire che io non facevo per te, che non eri adatto agli amori da morire, che eri fatto per la spensieratezza.
Quindi ho lasciato andare, abbiamo lasciato andare, anche se in fondo al cuore rimangono le nostre briciole, tutte le nostre pizze, le torte salate e tutto quel cibo che amavamo mangiare, e questo secondo me lo sappiamo bene entrambi.
Siamo stati errore, in ogni equazione logica di questa vita, ma come dice Bukowski, sai se mi chiedessero di parlare di Amore, probabilmente farò un altro nome, ma se mi chiedessero di parlare dell’amore della mia vita, io farei ancora il tuo nome.
#amore#frasi belle#frasi tumblr#dolore#amore folle#amor#amore non corrisposto#frasi amore#be kind#amore tumblr#tumblr#amore finito#amore vero#amore triste#amoreterno
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Stamattina, in fila al gate, osservavo una donna con i suoi genitori. Avrà avuto la mia età. Teneva la madre per mano e le sistemava i capelli, come fosse la sua bambina. La madre poneva domande e lei la tranquillizzava.
Ero ipnotizzata dalla loro interazione, li ho seguiti tutti e tre, finché non mi sono ritrovata a parlare con loro. La donna aveva uno zaino in cui teneva uno sgabellino per la madre, che ha paura di non riuscire a salire sui pullman.
Me ne cado, mi ha detto con inequivocabile accento calabrese.
Ma a salire su questa navetta, ha detto il marito indicandola oltre il vetro, ce la fai.
Mi piace tanto viaggiare, mi ha detto la madre con gli occhi sgranati, quasi fosse una dichiarazione inconfessabile. Erano chiarissimi, quegli occhi.
La figlia aveva preso i suoi genitori in Calabria, lei che vive a Milano, e li stava portando in crociera.
E la crociera parte da Genova?, ho chiesto.
No, da Atene.
Così ho capito che ero in fila al gate sbagliato e sono corsa via.
Mi è rimasta la sensazione di non averli salutati.
Ho invidiato quella figlia che può portare in viaggio i suoi genitori, perché loro hanno voglia di viaggiare: i miei non hanno fatto una vacanza in tutta la loro vita. Ho invidiato la dolcezza di quella donna, la sua pazienza. Ho invidiato quella madre che si affidava, che si faceva prendere per mano, che si lasciava rassicurare.
Ci sono cose che non ho mai fatto e che, ora lo so, non farò più. Il tempo finisce, a un certo punto.
Ma si può provare tenerezza per gli altri. Pensarli, ore dopo, mentre girano con uno sgabello nello zaino. I ruoli invertiti, com’è giusto, com’è naturale che sia.
Pensarli, in questa giornata di saluti. In questa giornata di padri che se ne vanno per sempre e di figli che dall’altare li salutano, in una chiesa piena, in una giornata di sole - che luce. C’è il mare, là dietro. Un figlio racconta un episodio dell’infanzia, buffo, intimo: riguarda suo padre. È con quel racconto che ci spacca il cuore.
Rosella Postorino
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Essere me significa vivere ogni singola emozione come se fosse l'unica cosa che conta. Non ci sono vie di mezzo, non ci sono sfumature che mi permettano di galleggiare in superficie. Mi immergo completamente, che si tratti di rabbia, gioia o dolore. Ogni emozione mi travolge, mi attraversa fino al midollo, e questo mi rende incredibilmente vulnerabile.
Mi arrabbio tanto, forse troppo, e piango ancora di più. Sono quelle piccole cose che gli altri nemmeno notano, quei gesti o parole dette senza pensare, che mi fanno più male. Non serve una grande offesa per ferirmi, basta una parola fuori posto, un'espressione che sa di indifferenza, per farmi sentire piccola, trasparente. E l'indifferenza... quella mi pesa sul cuore come una pietra. È come se il silenzio delle persone mi urlasse che non importa, che non sono abbastanza. E questo mi ferisce nel profondo.
Non ti farò mai del male, però. Anche quando sarò io a soffrire, anche quando sarò io a sentirmi trascurata o respinta. Potresti ferirmi mille volte, allontanarti, ignorarmi come se non fossi nulla, e io resterei lì, apparentemente forte. Sembrerò imperturbabile, come se niente riuscisse a toccarmi davvero. Ma dentro… dentro sto crollando. E tu non te ne accorgerai mai. Forse perché non voglio che tu lo sappia, forse perché il mio silenzio è l'unica cosa che so usare per proteggermi. Nascondo tutto, soffoco il dolore in un angolo del mio cuore, lo tengo lì finché non diventa parte di me.
E poi c'è l'affetto. Quando mi affeziono, lo faccio completamente, senza mezzi termini. Non esiste un "poco" per me. Ti dono tutto quello che ho, ti lascio entrare nelle parti più nascoste di me, quelle che nessuno vede. E lo faccio sapendo che potresti spezzarmi. È il rischio che corro, lo so. Ma non posso essere diversa. Amare con riserve non mi appartiene. Vivere ogni emozione fino in fondo è il mio modo di esistere, anche quando so che mi farà male. È un dolore che conosco bene, eppure continuo a ripetere lo stesso ciclo, perché non so essere diversamente.
A volte mi chiedo se questo mio modo di sentire le cose mi renda più forte o più debole. Vivo ogni cosa con tale intensità che mi sembra di bruciare dall'interno, ma forse è proprio questo il problema: brucio troppo in fretta. Mi esaurisco. E mentre gli altri riescono a distaccarsi, a proteggersi, io resto lì, con il cuore in mano, vulnerabile. Non so se un giorno cambierò, se imparerò a mettere un freno, a proteggermi meglio. Ma per ora, questo è ciò che sono.
Vivo, sento, amo. Anche quando mi spezza, anche quando mi distrugge. E lo faccio senza riserve, senza chiedere nulla in cambio, tranne forse una cosa: che qualcuno, un giorno, riesca a vedere oltre il mio silenzio e a capire che dietro quella forza apparente c'è una fragilità che non ho mai imparato a mostrare davvero.
-Anonimo🖤
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La nuova poesia a cui stavo lavorando da qualche giorno l'ho appena finita di scrivere, ma non ha la minima idea che parli proprio di lei. Ebbene sì, mi ha ispirato dopo averla vista piangere, però onestamente non so se mai gliela farò leggere. Mi piacerebbe davvero tanto sapere un suo parere, ma sono un po' frenato perché ogni volta che faccio leggere una poesia ad una ragazza con cui sto cercando di creare un legame, questo per magia si spezza e non vorrei accadesse anche con lei.
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Concentrato (come il succo di frutta) e distratto
Non sono mai stato bravo a rimanere concentrato a lungo. Se volessi cercare una scusa per questa mia lacuna potrei dire che sono un creativo e quindi seguo il flusso dell’ispirazione, ma so che è una cazzata. Magari ho una ADHD o come si chiama ma non me l’hanno nI diagnosticata e certo non farò come certi personaggi famosi che se la auto diagnosticano: è un argomento troppo serio per parlarne con leggerezza.
Non riesco a lavorare con la musica, semplicemente mi distrae e crea confusione nella mia testa. Mi succede non solo se sto studiando o leggendo una cosa complicata da capire ma mi accade anche se sto disegnando.
Ho bisogno di silenzio perché probabilmente sono troppo sensibile agli stimoli esterni, mi basta pochissimo per dimenticare ciò che sto facendo e iniziare a fare quelli che potremmo definire voli pindarici. Non so se sia un bene o un male essere così, forse ciò potrebbe portarmi a sviluppare di più la mia fantasia, chi lo sa. Va detto anche che ci sono momenti in cui sono particolarmente ispirato e non mi distrae nulla neppure il bisogno di dormire o di mangiare. Di fare la pipì no, quella mi viene sempre e non mi sottraggo neppure nei momenti di massima ispirazione.
Più semplicemente credo di essere fondamentalmente pigro e ciò porta a una serie di altre considerazioni come la necessità di disciplina. Ci pensavo pochi giorni fa quando ho dovuto scrivere una dedica sul libro che regalerò a una mia carissima amica. Ho preso diversi fogli da riciclo che ho usato per scrivere la “brutta copia” della dedica perché non volevo sporcarle il libro con cancellature e scarabocchi.
Ho scritto non meno di dieci versioni della dedica, dopo diversi tentativi avevo la scrivania sommersa di questi fogli usati sul cui retro avevo scritto decine di frasi che mi sembravano o troppi banali o troppe o inconcludenti come questo post.
Una volta trovata la formula giusta ho copiato il testo scritto su una pagina all’inizio del libro cercando di non sbagliare perché stavolta avevo la penna e non la matita.
Sono riuscito a restare concentrato, questa volta, ma mi è costata fatica e ho dovuto aspettare le tenebre e il loro silenzio per farlo.
Ecco a ben vedere la notte è il momento ideale per me per lavorare non fosse per Morfeo che a una cert’ora mi reclama per sé.
Vedo queste stesse difficoltà in mio figlio e mi viene un po’ un senso di colpa quasi gli abbia trasmesso anche questo difetto come i capelli scuri.
Tuttavia sta poco al telefonino, non vede molta Tv, giusto la sera dopo cena ma poi preferisce giocare o scorrazzare per casa e legge, legge tanto specie ora che può farlo da solo senza l’ausilio di un adulto che legga per lui.
Lo vedo anche ora steso sul letto e uno dei libri sulle gambe che sfoglia con attenzione insospettabile cura per un bimbo di 7 anni.
Magari, come esortavano i greci, diventerà un uomo migliore di suo padre.
Come al solito, quando scrivo così tanto, mi chiedo chi mai tra i miei followers avrà il coraggio di leggere fino a qui questo lunghissimo post.
A chiunque lo faccia dico solo: grazie.
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Ciao nonna,
Tutto questo non me lo aspettavo proprio, non ora. Io non ero pronta. Non lo si è mai, certo, ma io pensavo che mia nonna avrebbe vissuto altri 50 anni.
Scusa nonna, perché alla fine non mi hai mai insegnato a fare i tuoi ravioli di patate o i cian. E scusa per tutte le volte che mi facevi trovare il budino o la ciambella sapendo che mi piacevano e io non li mangiavo perché in fissa con il mio peso. Lo so che tu nel modo più dolce ci hai sempre provato.
Grazie nonna per tutte le volte che mi portavi su dalle vigne e mi facevi scegliere un coniglietto tra quelli piccini da poter coccolare per tutto il tempo che restavamo lì. E grazie per tutti i racconti di quando eri bambina che ci riportavi la sera prima che io e F dormissimo.
Grazie nonna, perché fino all'ultimo la tua preoccupazione è stata "ma Federica sta uscendo?" no nonna, non sto uscendo, ma posso prometterti che farò del mio meglio per cercare di uscire di più. Scusa, perché a volte quando son venuta a trovarti ero triste e non riuscivo a trasmetterti il bene che ti voglio. Ma io spero che tu lo sappia. Vorrei potertelo dire un'ultima volta perché non trovo giusto non aver avuto la possibilità di salutarti, di dirti quanto tu sia stata speciale come nonna.
Ora mi fa tutto un po' paura, oltre alla tua perdita immagino che ci sarà un momento in cui entrerò in quella casa e sarà l'ultima volta che la vedrò senza saperlo. Non so cosa ne sarà della casa, del paese, niente. Quella parte delle nostre origini?
Però una cosa lo so. Io sarò sempre la tua bina, la tua ninina.
E ti voglio bene nonna
Tanto
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Ossessivo desiderio di femmina
"Ehiiii: che c'è, Ida? Ti conosco abbastanza da sapere che è da un po’ di tempo che sei inquieta…"
"si, hai ragione Lucio. È che la cosa mi imbarazza. Certo, so che posso essere assolutamente sincera, con te. Ci mancherebbe! Sono anni che siamo colleghi e di me sai tutto, misure di scarpe e del reggiseno incluse! E tu quindi puoi aiutarmi."
"dai, scema: spara, che oggi pomeriggio qui in ufficio non abbiamo più niente da fare e abbiamo tempo e quiete fino alla chiusura. Per fortuna…"
"ecco… è che da quando mi sono separata, sono tre anni ormai, io non ho più… capisci? E non ce la faccio più…"
"be’ direi che la cosa è molto seria, accidenti. Ma io… con tutta l'umana comprensione, per carità, cosa posso fare per te?"
"questo è il punto: io non voglio più alcuna relazione. Sto bene così, grazie. Almeno per ora; quindi se sei d'accordo e mooolto ma mooolto discretamente, io e te potremmo fare… diciamo, della 'ginnastica', sempre che ti vada? Sperando che tu non abbia troppi scrupoli morali nei confronti di tua moglie… una cosa leggera. Così: con dedizione ma senza coinvolgimento emotivo. Solo ogni tanto… anche visto che lei è all'ottavo mese e quindi la lasciamo in pace, poverina… ecco perché mi sono permessa, perché m'è venuto in testa…"
"devo dire che mi lasci basito: sarebbe uno sconvolgimento della mia vita totalmente inaspettato per me, questo… non è che non avrebbe impatto…"
"vabbe’ lasciamo stare, scusami. Non avrei dovuto. Ho proprio passato la linea, con te! Perdonami, ma almeno mi sono sfogata. Ecco: adesso divento rossa… Puoi dimenticare, per favore?"
"nooo: che dici! Sono d'accordo: si fa. E poi… il ferro va battuto finché è caldo, no? Telefono a casa per dire che farò un po’ tardi, stasera. Aaah.. ecco che vedo tornare il sorriso sul tuo bellissimo volto, finalmente! Confidenza per confidenza: stai tranquilla. Assolutamente. Perché io per te ho un debole. Ti… d-e-s-i-d-e-r-o da morire! Da sempre sei la mia maggior fonte di distrazione, qui al lavoro. Ti adoro letteralmente. E adesso che sei arrossita ti voglio ancora di più. Mi sto già legando a te, che tu lo voglia o no. Altro che senza coinvolgimento.”
"si, anch'io - detto con estrema franchezza - ti trovo profondamente maschio e molto attraente. Ti ringrazio della confidenza intima: è molto gradita. Sai, solo al pensiero di dovermi impegnare in un nuovo, faticoso rapporto con qualcuno… invece tu mi conosci, con te sono a mio agio. E sei un bel manzo giovane. Mi fido di te ciecamente per tutto, ma lo sai no? Anzi, già che ci siamo, ti confesso che c'è un'altra piccola cosa…"
"mi vuoi far impazzire, oggi? Già avrei bisogno di una doccia fredda… ma dimmi…"
"ecco: con mio marito non l'ho mai fatto. Mi vergognavo! Ma c'è una cosa che proprio…"
"dai: parla. Sai che puoi dirmi e chiedermi tutto, no? Sii sincera, sciolta e apriti fino in fondo…"
"allora: io vorrei tanto prenderlo in bocca, sentire i gemiti dell'uomo e l'urgenza maschile di venirmi dentro che lo spinge ad affondare nella mia gola. Vorrei sentire che mi prendi per la nuca, così che io non scappi e bramo sentirmi tua schiava dentro. Da te sottomessa con forza, fino a che non sarai soddisfatto! Desidero ingoiare il tuo seme, sentirti pulsare e percepirti fremere per me, godere. Ti lavorerei l'asta con giochi di lingua sapienti, mentre mantengo il contatto visivo. Così capiresti che ti sto adorando… Ho provato con degli ortaggi, ma non è la stessa cosa! Ecco: l'ho detto. È proprio una cosa che desidero fortemente. Con mio marito mi sono sempre vergognata di prendere l'iniziativa, non volevo che pensasse che sono una poco di buono, una porca. E poi lui non me l'ha mai chiesto. Idiota! Ma comunque questo è da sempre un mio grandissimo desiderio…"
"basta: adesso mi stai proprio facendo morire dalla voglia di averti. Tranquilla che oggi potrai fare con me tutto ciò che vuoi, giuro. Anzi, ti dico solo due parole, per prepararti psicologicamente: lato B!"
"oddio che bello! Ma… mi farai molto male? Comunque… si, confesso che anche questa è una cosa che desidero da tempo. Voglio assolutamente anche che tu mi rompa il culo. Si: mi dovrà far male. Sai: devo fare con te tutto quello che non ho mai fatto prima. Proprio come una squillo di lusso, che ne prende magari solo uno o due al giorno. Ma che lavora come si deve, con impegno e ogni sua sessione dura a lungo. Ok, allora: tra mezz'ora stacchiamo. Usciamo separati. Non voglio pettegolezzi. Ci vediamo a casa mia, tra un'oretta. Dammi il tempo di preparare l'atmosfera e me stessa: devo farmi stupenda solo per te. Non vedo l'ora di averti dentro. Intanto, adesso in silenzio e rapido, per favore vieni qui: ti concedo l'anticipo di un bacio… Dai: non farti pregare, figo della Madonna…"
RDA
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INTERSTELLAR
- Buongiorno papà, questa sera andrò al cinema a vedere Interstellar, per il suo 10° anniversario - così questa mattina mentre tentavo un approccio a una tazza di caffè bollente, con delle labbra poco convinte, ho ricevuto il buongiorno da figlio 1. L'Edward Cullen di famiglia che adora i film di Christopher Nolan.
Interstellar. Già... l'ultima volta che ho visto quel film ho lacrimato anche l'ultima goccia di liquido amniotico presente in me.
Si tratta di uno di quei film che ho salvato nella memoria esterna, un disco rigido, dove ho raccolto pellicole di vario genere.
Uno di quei film dove, per guardarlo, devo armarmi di coraggio e solitudine. 2 ore e 49 minuti di pathos, accidenti.
Credo che un viaggio incredibile, intrOstellare, lo stia facendo anche io. Come il personaggio di Joseph Cooper ho sentito l'impulso di intraprendere un viaggio alla ricerca di qualcosa di più grande. Che sta in me.
Mio padre quando se ne andò non mi promise di tornare, anche se nei sogni lo ha fatto spesso. E come nel film anche lui non è mai invecchiato ai miei occhi. Chissà come reagirebbe davanti a un figlio che ha quasi la sua stessa età, quella di quando lui partì.
Una cosa che accomuna i due protagonisti di Interstellar e IntrOstellar è il senso di responsabilità verso i propri figli. Sono loro gli obiettivi, spesso dimenticandoci dei nostri, di quello che ci farebbe stare meglio. Ho sacrificato il mio cuore sull'altare di un'anima meravigliosa lungo il mio cammino.
Esiste un diverso scorrere del tempo tra il mio corpo e la mia mente, più rapido per il primo e molto più lento per la seconda.
Mai come in questo periodo la dicotomia tra di essi è così marcata.
Vorrei un giorno tornare al me stesso di molti anni fa, avendo a disposizione giusto il tempo per spiegare alcuni modi di interpretare la vita con l'esperienza acquisita. Così da lasciare un giovane me con le giuste capacità per non incorrere in gravi errori. Spesso questi errori, come per molti di voi, hanno un nome e un cognome oltre a quelli realmente commessi con nostri ragionamenti sbagliati.
Lo sto facendo con Edward Cullen, figlio 1, e con Eric Draven, figlio 2, nei tempi e nei modi che mi concedono. Rispettando chi sono e come ragionano. Credo che mi vedano come Beetlejuice, con poteri risolutivi ma tanto goffo e pasticcione.
Ho compreso che in IntrOstellar la forza motrice di tutto è la costante ricerca dell'amore, inteso come un'indagine di un sentimento da parte di chi è cresciuto in un mondo anafettivo.
Un insegnamento condiviso con Interstellar c'è l'ho: quello di mantenere viva ogni speranza anche davanti a difficoltà insormontabili. Perché il segreto sta nel comprendere che nulla è insormontabile, ma bisogna crederci.
Se ci sarà un nuovo inizio ve lo farò... no, non lo dirò a nessuno. Se ne accorgeranno solo le persone che a me tengono davvero. Il resto può solo trasformarsi in invidia, meglio evitare che ne ho subita abbastanza.
Chiudo dicendovi "Ad astra"... ah no, questo è un altro film. L'avventura di Roy McBride è un'altra mia storia simile. A presto.
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oggi è stata una giornata pesantuccia, abbiamo un sacco di cose da tenere a mente e un sacco di cose da fare, scadenze da rispettare e orari da organizzare. so che ce la faremo, ormai ce la faremo, ovviamente, ma sento molto la stanchezza, la mia mente non si riposa mai, neanche quando dormo. oggi sul bus ho iniziato heart of darkness per il corso sul modernismo, ho preso un tè con un gruppetto che mi è stato assegnato prima della partenza dall'università, ho chiacchierato con la prima amica, anche lei erasmus, che ho trovato qui, ho continuato a mandare email e aspettare email di risposta e ho seguito la prima vera lezione di folklore irlandese. mi sono rilassata quasi completamente per quasi due ore stasera, invece, facendo braccialetti durante il primo incontro della società a cui mi sono iscritta. ho chiacchierato molto e fatto tre braccialetti: uno per me, uno per orazio e uno per la mia compagna di avventure qui. la prossima volta ne farò qualche altro per altre personcine che mi piacciono, non vedo l'ora. e non vedo l'ora di essere anche un po' più spensierata, forse sarà meglio quando dovrò pensare "solo" a studiare invece che a tutte queste cose burocratiche o come si chiamano. stasera mi sarei dovuta mettere a letto prima ma ho parlato per quasi altre due ore, credo, con una mia cara collega e amica con cui condivido tanto. mi mancavano le nostre discussioni interminabili sui nostri argomenti preferiti. forse ho un po' di nostalgia anch'io
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Non ti azzardare ad insegnare a mia figlia ad avere paura del bosco.
In questo modo è stato creato il timore della ricerca interiore.
Non voglio che mia figlia limiti il suo viaggio a luoghi aperti, luminosi, luoghi che sono facili da toccare e vedere.
Perché ho imparato che a volte la verità di ciò che siamo sta nelle ombre e in luoghi umidi in cui i funghi crescono e le piante crescono lateralmente e verso il basso e in nuovi modi, a casaccio alla ricerca di sole.
Il mio viaggio mi ha insegnato questo, che le donne entrano in questo mondo con una foresta – antica, frastagliata e saggia – una foresta annidata dentro la loro anima.
Così sì...puoi provare a spaventare mia figlia perchè rimanga fuori dalla foresta, ma ho l’intenzione di raccontarle la sua capacità di mettere radici e di rispettare le radici degli altri. Che queste sono le vene, il suo collegamento all’amore, al Divino, le radici dietro a se stessa.
Ho intenzione di insegnarle che le sue radici del cuore la ancorano, che il verde è il colore dell’amore.
Mia figlia saprà che le cose possono nascere e crescere selvagge dentro la sua anima-foresta: idee, pensieri, segreti, intuizioni, ma che esse possono morire in inverno, quando sono state rese libere e hanno avuto il loro tempo al sole.
Lei capirà che l’anima-foresta ha molti sentieri ombreggiati su cui la luce può scintillare e giocare brutti scherzi, ma che fare l’esperienza di andare nella direzione sbagliata una volta ogni tanto non è che un breve momento una volta che si è avviati sulla strada giusta.
Io insegnerò a mia figlia che la sua anima-foresta è lì per lei, per ritirarcisi, così che lei possa trovare la vera abbondanza, il vero nutrimento e la vera pace, che contiene il mistero per il senso della vita.
Le ombre sono lì per rendere ancora più emozionante il viaggio per scoprire il mistero.
Se mai arriverà un momento in cui mia figlia si sentirà abbattuta, io le farò vedere che nell’anima-foresta c’è sempre vita brulicante sotto la superficie. Come una civetta che insegue un topo al chiaro di luna, una parte di lei da qualche parte è sempre sveglia e vivace pacificamente nel silenzio; all’erta, che osserva, in attesa.
Quindi, non ti azzardare a insegnare a mia figlia a temere la foresta.
Sai quelle storie che parlano del lupo nel bosco? Io insegnerò a mia figlia che lei è il lupo – libera, primordiale e collegata alla luna.
Farò in modo che mia figlia sappia che lei è la donna saggia che vive nella sua stessa anima-foresta. Le dirò che la saggia è la vegliarda, la sua antenata, la sua saggezza, la luna nera in tutta la sua gloria.
Non vi è alcun mistero oscuro che può spaventare mia figlia perché ho intenzione di insegnarle che lei è al centro di quel mistero, che il suo potere divino femminile è il più grande mistero per tutti coloro che non lo comprendono. Quindi non ti azzardare ad insegnare alle nostre figlie a temere il bosco. Non piú.”
🪶 Ty Chambers
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Ho passato la maggior parte della mia vita di giovane adulta a scuola e poi ancora all'università.
Ci ho passato così tanti giorni lì dentro ad apprendere e così tante ore a casa sui libri a studiare che non riesco neanche a contarle.
Ed ho imparato tante cose sai, mi hanno insegnato l'italiano, la matematica, la geografia, la storia.
Mi hanno insegnato a usare riga e squadre, i pennelli, il flauto, il goniometro, la calcolatrice, il dizionario.
Da piu grande ho imparato qualcosa di più difficile e mi hanno insegnato i pensieri dei grandi filosofi, le equazioni di Maxwell, i poemi degli artisti, il calcolo degli integrali.
E poi indovina? All'università altro ancora e così mi hanno parlato degli stadi di Piaget, la teoria della Gestalt, il pensiero di Rousseau, la teoria ecologica di Bronfenbrenner e interi manuali di altre cose.
Davvero eh, ci ho passato così tanto tempo ad imparare che credevo di essere quasi pronta, ma mi sono accorta che nessuno mi ha mai insegnato la cosa più importante.
Nessuno mi ha mai insegnato a vivere senza averti accanto. E io non so come si fa.
Come si fa, papà?
Per ora so solamente che mi manchi da fermare il respiro e da trasformare le lacrime in scroscianti ruscelli.
Per ora non so altro e credo che dovrò imparare da sola, ma probabilmente non mi basterà una vita per farlo.
Ce la farò papà?
Non penso sai, mi manchi troppo.
Non mi abituerò mai alla tua assenza.
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