#che schifo la vita da adulti
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mi viene da piangere ma non ho tempo di farlo perché tra mezz'ora devo andare a lavoro
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È da tanto che non scrivo, è stato un periodo intenso, difficile, pieno di cambiamenti, e a me i cambiamenti hanno sempre fatto schifo, però questa volta è diverso, questa volta mi sento in pace con me stessa.
Quest'estate ho vissuto momenti indimenticabili, ho fatto un viaggio che mi ha cambiato la vita, davvero. Sono partita da sola e ho conosciuto delle persone stupende, 16 estranei che in dieci giorni sono diventati la mia famiglia.
Tra queste persone ho conosciuto anche lui, l'unico che è stato in grado di farmi battere il cuore dopo l'ultima delusione, l'unico che è stato capace a farmi rivivere un rapporto a distanza nonostante avessi detto che ci avrei messo una pietra sopra per sempre. Mi dà speranza, mi fa ricredere sul fatto che nel mondo non ci siano solo degli stronzi di merda pronti a spezzarti il cuore, ma non voglio dirlo troppo ad alta voce.
Ho surfato, e mi fa ancora strano dirlo, fino a un mese fa non sapevo neanche cosa fosse il surf. Adesso invece è diventata una fissazione. Giuro che stare su quella tavola, in mezzo al mare, alla natura, cercare di prendere le onde, cadere e poi rialzarsi, ridere, chiudere gli occhi e sentire solo il suono delle onde, giuro che è una delle sensazioni più belle che abbia mai provato in vita mia. Voglio fare questo per sempre. Surfare mi rende felice.
Mi sono trasferita di nuovo in Sicilia, a casa, dopo quattro anni fuori sono ritornata qui, questo è forse il cambiamento più tosto che io abbia dovuto affrontare finora. Mi piace avere la mia famiglia vicina, mi piace il mare e la pace che c'è qui, ma mi mancano i miei amici, la mia vita a Rimini, mi manca la mia vecchia routine. Ma dentro di me sentivo che quel capitolo fosse concluso, sentivo il bisogno di andare avanti, volevo tornare alle origini, ma non sono la stessa persona che quattro anni fa aveva preso quell'aereo.
Ho riniziato a guidare, domani inizierò a lavorare, sento di star crescendo, sento di star diventando adulta. Dio, che merda la vita da adulti.
Sto contando i giorni, non vedo l'ora che arrivi quel weekend di Ottobre. Non vedo l'ora di rivedere lui, di rivedere i miei compagni di viaggio, di fare surf, skate, di ridere e cantare davanti ad un falò come a Somo.
Sento di star prendendo la mia vita in mano, sento di essere per la prima volta la protagonista della mia vita e non uno spettatore in terza fila.
15/08/2024
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Tu vai avanti come niente fosse e io soffro come una disgraziata per essere stata mollata per telefono e aver visto che già mi hai sostituita. Parlavi di matrimonio, di futuro, persino di figli e sei sceso dalla tua famiglia con questa convinzione. Mi hai telefonato tre giorni dopo per mollarmi dicendo che ti rendevo troppo felice e hai paura della felicità. Dici che sei cresciuto con la paura di ciò che ti rende felice perché "la mia testa mi fa avere pensieri sbagliati".
Vuoi sapere cosa penso io? Che quel pezzo di merda di tuo padre fosse un uomo violento. L'hai sempre dipinto come un gigante buono, ma probabilmente la terapia ti ha fatto rendere conto che era un bastardo e l'hai idealizzato troppo. E vuoi sapere cosa penso della "punizione per la felicità"? Che ti menasse quando ti godevi la vita e che tua madre sia sempre rimasta solo a guardare. C'è un motivo se tua sorella non va mai a trovare la tua famiglia e se quando tuo padre è morto manco si è fatta viva. C'è un motivo se tua mamma vi tratta come due imbecilli e non da adulti: perché nella sua testa siete solo due pupazzi. Dovete scendere giù, sorridere e dire "Mammina bella quanto sei bella con questo maglioncinooo 😍😍" perché appena avete un problema serio vi lascia soli. Come temo vi abbia sempre lasciati soli con vostro padre, per dedicarsi alla sua carriera fuori casa. Temo che tu non glielo abbia mai perdonato, per questo sei tormentato dai tuoi pensieri e dalla tua testa: ti vergogni di ammettere che la tua famiglia fa schifo, perché Dio non voglia che tu disonori madre e padre. Ti vergogni di ammettere che quando dici "vorrei mio padre fosse fiero" in realtà non ti manca, ma ne hai paura.
Non ti dirò mai questo, perché non meriti di essere aiutato ad uscirne. Arrangiati e crepa da solo.
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I miei risultati non sono stati mai applauditi quanto l'aver avuto una vita difficile. Quest'ultima non è stata una mia scelta e non l'avrei voluta così, quindi mi fa sentire come se stessi mentendo nel pensare che è grazie a me che sono arrivata fino a questo punto. Una bimba di 5-6 anni non realizza ancora quanto sia doloroso l'abbandono del padre, una ragazza di 23 sì, gli adulti che le stanno intorno possono provarci e nel farlo compatiscono e rafforzano le motivazioni di quel problema senza soluzione.
Perché non avrei dovuto ricevere i miei riconoscimenti come solo miei? Perché sono sempre stati seguiti da ""nonostante la tua vita difficile"". Sembra quasi che il merito sia di mio padre per essersene andato, di mia madre per non essere riuscita a mantenermi economicamente, dei miei nonni per essere stati male, del resto della famiglia di non essere rimasta legata, di quel ragazzo che mi ha tradita e di quello che mi ha quasi violentata.
Tutto viene sempre ricondotto a quello per cui sono stata male e non quello che ho semplicemente fatto, per cui mi sono impegnata attivamente:
essere una brava persona
essere sempre gentile con gli altri
presente con le amiche
empatica con tutti
studiosa e appassionata
Invece mi sento un impostore, come se tutto non fosse merito mio, ma della mia condizione economica, familiare e sociale.
Se non avessi avuto tutti questi problemi, sarei diventata comunque questa persona?
Da tutto ciò ne deriva che non mi sento capace di affrontare qualcosa senza andare incontro ai problemi.
È il fulcro del mio autosabotaggio.
Per questo mi sento bene a stare nello schifo.
Perché senza di quello mi sento niente.
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tutto quello che ho subito durante il servizio civile, tutte le accuse... tutti gli insulti ricevuti... le urla addosso... tutte le molestie sessuali che ho ricevuto, mi fanno tutte schifo e chi di dovere la prende sul ridere facendomi sentire in colpa come se fossi io quella sbagliata
ed io in tutto questo non ho voce in capitolo, perché secondo il loro cervello da adulti che sono passati per la vita non mi credono poiché sono una ragazzina che ha ancora molto da imparare e tutto quello che ho subito è solo frutto della mia fantasia solo per attirare l'attenzione
sì, è tutto finito... ma i traumi rimarranno per sempre
P.S. ora ho solo voglia di mettermi in un angolino a piangere
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27/12/22
Oggi ho vissuto ANSIA - AGITAZIONE - FRUSTAZIONE - SENSO DI COLPA - VICTIM BLAMING - SOLITUDINE. Elaboriamo le cause e le conseguenze di ogni emozione. ANSIA e AGITAZIONE: insieme causate da una discussione. 1)Perché ho provato queste emozioni? 2) Cosa posso affermare di aver imparato? 3) Quali soluzioni posso trovare per migliorare questa situazione? 1) Ho provato queste emozioni perché una persona, per non fare nomi metterò le iniziali. D. mi ha urlato per vocali. 2) Ho imparato di aver bisogno di questo diario. 3) Ho iniziato il diario. FRUSTAZIONE perché ero in una situazione da cui volevo andarmene ma non potevo. 1) Perché volevo andarmene. 2) Devo imparare a dire "no". 3) Inventare una scusa e andarmene.
SENSO DI COLPA 1) perché non sono riuscita ad alzarmi presto. 2) Non ho imparato niente da ciò. 3) Devo trovare la forza.
SOLITUDINE 1) Ho allontanato le persone negative dalla mia vita. Penso a delle cose divertenti ma non so con chi condividerle. 2) Ho imparato che spesso la mia amica A. per scherzare prendeva in giro V. Penso che vi siano modi più costruttivi di fare dell'umorismo. 3) Per sentirmi meno sola mi amo di più, starò con me.
VICTIM BLAMING : Trovarmi a disagio nei paraggi di un uomo, il papà di A. e C. due 50enni viscidi. 1) Ho provato queste emozioni perché a) ho beccato questo soggetto C. a fissarmi mentre ero sovrappensiero b) Ha parlato di toccare seni e simulare lo stupro perché G. era interessata a fare autodifesa. c) Il giorno della Vigilia non so se fossero state le tre bottiglie di prosecco, anche se a me questo comportamento molesto etilico, per traumi infantili mi fa alquanto schifo, ma per farmi una canna devo nascondermi manco stessi ammazzando un cristiano. C. a na certa apre il profilo privato della sua nipotine appena 15enne in costume mostrando le foto ai commensali composti da adulti dicendo "non è bella? Proprio bona" Posso dire che schifo? Oltre ad essere una bambina è tua nipote!
2) Ho imparato ad allontanarmi come se avessero la peste.
3) Non andrò mai più in questi ambienti.
Non mi sento in colpa, se ciò si traduce in una rottura dei miei coglioni :))
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Sapete cosa mi distrugge di più ?
Il fatto che avevo sempre ragione sulle cose, e poi il mondo ha cercato di convincermi del contrario, e quando l’ho fatto e ho capito che faceva schifo ero tipo « io lo sapevo già » però a quanto pare non basta.
Io sapevo già che bisogna fare le cose con il proprio tempo, che bisogna ascoltare sè stessi, che siamo più importanti di chiunque altro, che abbiamo il nostro ritmo per fare le cose e se lo seguiamo andrà tutto meglio di quanto immaginiamo. Io lo sapevo già, a 5, 9, 15, 18, 19 anni. E poi arrivano i venti e improvvisamente sembra che nessuno sia d’accordo, che quello che fai è sbagliato. Incontri persone insoddisfatte che odiano il loro lavoro e credono di essere bloccate nella vita, e io non sono così vero? Non lo posso essere. Ma perché allora questi adulti vivono in maniera così misera? Io non voglio diventare come loro, ma non ti ascoltano. E poi provi a parlare coi tuoi coetanei e a volte nemmeno loro capiscono, o sono così oppressi da tutto questa fatica e sofferenza inutile che non sanno come reagire, bloccati. Sono a letto e mi chiedo come sia possibile stare così male quando non c’è nulla che possa giustificarlo abbastanza, come se soffrire potesse darmi un premio, come se qualcuno scendesse giù dal tetto solo per dirmi « ammiro la tua sofferenza per questo mondo terribile ». Ma non succede. E io mi chiedo come possono tutti sopportare così bene tutto questo, senza fiatare, perché a volte sembro l’unica a non riuscirci.
E magari sono io a prendermela facilmente e a restarci male, a essere troppo sensibile, o magari è il mondo e tutte le persone che lo abitano che si stanno abituando a un livello di sopportazione del dolore e dell’insofferenza che nessuno dovrebbe sviluppare.
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L'ospedalizzazione, in Italia, è raccapricciante; oltre al prete, e la suora, manca solo che arrivi in stanza il personaggio dei Monty Python, uscito da Il senso della vita, che dica al medico accanto al tuo letto: è arrivata la macchina che fa pin e il quadro è completo.
Entro in una stanza d'ospedale italiano, e mi trovo:
- il crocifisso appeso al muro
- i santini appesi dappertutto
- suore e preti in corsia, come se fosse una chiesa e non un luogo di scienza.
Come fai a sentirti al sicuro?
Un medico vero, che lavori per il bene altrui, non accetterebbe mai che davanti ad una persona che soffre, in un letto di ospedale, venisse appiccicata l'immagine d'un uomo crocifisso e squartato; è chiaro, quindi, che chi sia connivente a questo schifo, operi con superficialità.
Pure negli ospedali ti trovi la religione cattolica dentro coi suoi templi, gli sciamani e suore vestite con abiti religiosi, invece che infermieri, e dovrebbero essere proprio i medici stessi, gli infermieri stessi, che il metodo scientifico lo hanno studiato, a mandarli via.
È compito della scienza prendere una posizione netta verso tutto ciò che è disinformazione e irrazionalità pericolosa dei comportamenti - e non si è autorevoli finché si addita solo il medico ciarlatano, però si accoglie sorridenti la suora e il prete fra i letti di ospedale.
Uomini, che si professano medici, virologi, ricercatori, personalità della scienza italiane, ma che toccano la lingua per terra per porgere i loro saluti ad uno stregone della chiesa cattolica (il Papa): non mi stupisco che ci siano persone molto confuse da questo stupido atteggiamento.
Le divinità, per definizione e invenzione, sono onniscienti e onnipresenti, pertanto non hanno bisogno di una casa specifica dove risiedere (tempio, chiesa), e nemmeno di essere umani, mitologicamente inferiori alle divinità, che facciano da tramite.
Gente imbottita, fin da bambina, di corbellerie su resurrezione e vergini che rimangono incinte, che festeggiano il natale anche da adulti, mostrando di non capire la differenza fra reale e irreale: non c'è da stupirsi se poi ci siano persone che facciano scelte mediche strane.
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BENVENUTI A OLTREMOND
La “gestazione” di questo libro (nda: Ilaria ne parlava già circa due anni fa, consultate il seguente link:
https://bergamorisvegliata.tumblr.com/post/651241083171438592/una-donna-pugnace-seconda-parte
che avrebbe dovuto essere presentato nell'autunno del 2021, è stata decisamente lunga: cosa ha determinato questo slittamento? L'hai arricchito di ulteriori spunti oppure hai riscontrate difficoltà legate alla particolare situazione venutasi a creare in quel periodo?
-Siamo in effetti andati avanti con i tempi, l'ho dovuto approfondire molto e sono contenta di averlo pubblicato più tardi perchè avevo bisogno di comprendere che tutto ciò che è scritto e che svelo, sono tutte storie vere che vado poi a riesumare, essendo storie che sono state costruite sin dal 1.400 dopodichè la Chiesa ha pensato bene di asfaltare: e quindi arrivo io nel 2022 per -appunto- riesumarle e riportarle in vita, e sono i segreti dei trionfi come tappe di vita dell'anima verso Dio.
Personalmente ho trovato molti passaggi non privi di ironia e di auto-ironia: quanto ritieni sia importante affrontare le varie problematiche che la vita ci pone, con la giusta dose di -appunto- autoironia?
-E' importantissimo perchè con l'ironia puoi dire qualsiasi cosa senza offendere e soprattutto portare il lettore fuori dal mentale e quindi non farlo sprofondare verso una critica che ti fa sentire incolpevolizzato, mentre invece con l'ironia, come ad esempio nel “portale del non giudizio” come dice Scarlett che in realtà vorrebbe dire “quel piatto non mi piace”, ma un conto è dire “quel piatto mi fa schifo”, ed è un giudizio e offende la persona, mentre invece non si addice ad un'esperienza culinaria che allora appagherebbe e allora è una cosa un po' più informale e auto-ironica, che comunque porta a chi recepisce il messaggio a non sentirsi offeso e addirittura a farsi una risata ma comunque a percepire il messaggio che deve mandare.
Tutto il libro l'ho voluto scrivere appositamente in una maniera sciolta e comprensibile da tutti, sia giovani che adulti, apposta per far sì che tutte le persone che lo leggano possano comunque leggerlo senza troppo impegno e senza stancarsi.
Come è stato fatto notare nella retro-copertina da Emanuele Cangini (al quale Ilaria porge un sentito ringraziamento per essersi dimostrato una persona squisita, altre notazioni le troverete nei saluti) “lo si legge tutto d'un fiato come i migliori champagne”: leggero e “fluttuante”, in effetti lo è!
Le tematiche affrontate sono perlopiù “animistico-spirituali. I 12 portali quanto sono legati a queste tematiche? O comunque: cosa rappresentano?
-I 12 portali rappresentano i trionfi dal portale numero 10 alla carta numero 22, e sono meglio conosciuti come i trionfi, ossìa gli arcani maggiori che sarebbero appunto 22, ma in particolare dalla 10^ alla 22^ carta rappresentano i 7 della vita dell'uomo per congiungerlo nuovamente (o per la prima volta) a Dio per come ognuno lo possa rappresentare all'interno o all'esterno di sé. Quindi i 12 portali sono importantissimi perchè sono appunto le tappe che il protagonista affronta per potersi ricongiungere.
E' vero che la tua opera è in larga parte autobiografica: ma in te, quanto c'è di Scarlett, la protagonista del libro? O ancora meglio: qual'è il messaggio che tu -se fossi Scarlett- vorresti che venisse trasmesso a noi “comuni (im)-mortali”?
-Bella domanda! Il messaggio che voglio portare è quello di slegarsi dalle catene della dipendenza affettiva, dalle catene dell'impotenza appresa nel corso della propria vita e risvegliarsi un giorno e riscoprire che la vita è molto di più di quella che ci viene offerta su un piatto d'argento con il minimo sforzo, e scoprire che non c'è una massima resa, ma che una massima resa la possiamo ritrovare nel momento in cui noi scegliamo di rimboccarci le maniche e oltrepassare tutti questi 12 portali. Questo è il messaggio che voglio portare con il mio libro.
Prima dei saluti finali di Ilaria "Scarlett" (al link seguente):
Ilaria dedica un pensiero (come riportato qualche riga sopra) a Emanuele Cangini che si è occupato della stampa del libro grazie alla sua tipografia (la Stilgraf) e che con Marco (cognato di Emanuele, nda) si sono dimostrate persone di grande empatia e altruismo, coccolando l'autrice emergente che si sono trovati di fronte; Ilaria -inoltre- ha anche aperto un sito dedicato non solo al libro ma anche a un blog e al significato delle carte. Questo è il link:
Buona lettura e un grande ringraziamento a Ilaria, che "bergamorisvegliata" riaccoglie con molta gioia, e ovviamente: in bocca al lupo per il suo percorso letterario!
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Sono arrivata ad un importante punto della consapevolezza di me stessa, il fulcro di ogni problema: sono convinta di non essere capace in qualcosa se in quel momento della mia vita non sto male.
Sono sempre vissuta nei casini: situazione economica davvero disastrata, famiglia già divisa per interessi e malattia, bullismo e difficoltà nel relazionarmi coi miei coetanei. C'è sempre stato qualcosa che andava ad appesantire il tutto ed io da bimba non potevo capire quanto effettivamente fosse il peso di quelle cose che vedevo, sentivo e provavo; gli adulti al contrario potevano meglio immedesimarsi e non perdevano occasione nel compatirmi e farmi notare quanto tutto facesse schifo e quanto io fossi brava in questo schifo a sbocciare (nota bene: mai in modo eccellente, ma in modo discreto per una che viveva come me).
Quindi nella mia testa si è formato un pensiero: non è merito mio se riesco nelle cose, ma è merito di chi quei problemi me li ha trovati e mi ha dato la possibilità di migliorare. E così ogni volta che penso qualcosa di positivo sulla mia persona, il senso di colpa e il sentirmi una bugiarda si fa largo mascherato da umiltà.
E lì entra in gioco un altro cardine della mia personalità: l'autosabotaggio. Perché dovrei godermi quel periodo in cui tutto va liscio, se sono convinta che senza problemi non sono capace in niente? E allora via alle complicazioni.
Un esempio lampante è stato il covid. L'università era iniziata alla grande nonostante gravissimi disagi economici presentatisi di punto in bianco insieme alla morte della mia cagnolina con cui ero cresciuta per ben 19 anni e il rapido crollo e scomparsa di mio zio, dopo un mese accanto a lui ogni giorno dopo l'università. Eppure gli esami li ho dati, studiavo, ogni giorno ero lì e non crollavo. Andava perfettamente, nonostante le crisi di pianto e gli attacchi di panico per la pressione autoinflittami dell'essere un futuro medico, la salvezza per la mia famiglia, colei che innalzerà la classe sociale. E poi boom, covid, pandemia, lockdown: tutta l'università è stata in realtà facilitata da lezioni ed esami online. Non c'era più lo stress di dover svegliarsi prima per l'autobus, di uscire con la pioggia e arrivare fradici a lezione, di stare sempre concentrato senza distrarsi.. e allora cosa ho fatto? Ho approfittato della cosa per rimanere al pari? Ovviamente no. Tutto si è complicato nella mia testa iniziando a procrastinare e perdere interesse in tutto quello che prima facevo con facilità e soprattutto passione. La mia serenità scomparsa insieme allo studio. E qui iniziano i problemi. Inizia il rimandare gli esami, le giornate di studio perse, la paura di non memorizzare niente e gli attacchi d'ansia davanti ai professori.
Qui è avvenuto il declino, perché se io ho un periodo buono, devo farlo diventare cattivo e quando lo faccio, entro in un loop dove più mi autosaboto, più sto male e più non riesco a fare le cose. E qui arriva la depressione che mi attanaglia.
È uno schema, uno schema che ora ho abbastanza chiaro nella testa, ma che ancora non so come sbrogliare. Devo trovare un cavillo nella mia mente, tra i miei ricordi, parlare alla me bambina e falle capire che non ha bisogno di quel dolore per andare avanti, che quel dolore non la rende ciò che è e che vuole diventare. Il dolore è inevitabile, per tutti. La sofferenza è il motore alla base dell'evoluzione. Non è speciale soffrire, non è indispensabile alla propria realizzazione e non sempre è efficace.
E così concludo, perché non ho nient'altro da aggiungere. Così concludo con tanti dubbi e nessuna soluzione.
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Raga adesso lasciate che vi dica una cosa: tanto qualsiasi cosa maleducata possa uscire dalla vostra bocca non mi tange visto che sono passata indenne attraverso il fandom MetaMoro ma grazie per ricordarmi ogni giorno che le minacce di morte e le accuse più disparate possono essere elargite senza pensarci due volte e che bello non è vedervi la bocca piena di moralismo mentre vi ergete a difensori della pubblica decenza su TUMBLR e nel mentre avete il coraggio di dire a delle persone che le vorreste amma[censored] bravi bravissimi proprio il rispetto per gli altri non sapete manco cosa sia poi magari siete gli stessi che protestano perché i diritti delle persone (ma solo fintanto che fa comodo a voi vero? Tutti gli altri possono mo[censored] se dicono qualcosa che GASP vi offende) le ship tra persone reali sono sempre esistite e sempre esisteranno. Period. Se a voi la cosa NON PIACE è molto semplice: basta non interagire con quella ship. E questo vale sia per coppie di finzione che per coppie di finzione basate su persone reali. Fatevene una ragione. È inutile che pestate i piedini perché “fate schifo se shippate persone vere”. Ma a voi che fastidio vi da? Io andrò mai sotto casa di Riccardo per convincerlo che deve mettere tre metri di lingua in bocca a qualcuno? NO. Andrò mai a commentargli sotto i post facendogli domande riguardanti cose personali? NO. Cercherò mai di fargli leggere delle fanfiction? NO. E allora dove sta il vostro problema? Vi riempite tanto la bocca della parola “libertà di espressione” ma non riuscite a capire che questo significa che qualcuno può essere libero di esprimere anche qualcosa che NON VI PIACE. Incluse le ship tra persone reali. Voi forse pensate che fuori dalla scatolina di Tumblr/ao3 io non abbia una vita ma non è così. Io sono /estremamente consapevole/ di tutto quello che scrivo e se il mio piacere personale sta nello scrivere cosa x a voi non ve ne deve fregare niente. La mia libertà di autrice sta anche nel fatto che si, se lo desidero io posso scrivere un libro o una storia che tratta di qualsiasi argomento. Anche argomenti delicati (con la giusta attenzione). Ed è giusto così. Solo perché per voi è “disgustoso” non significa che io non possa farlo. E questo non fa di me una persona malata e disadattata socialmente. Voi pensate che una persona non sia in grado di capire il confine tra realtà e finzione, ma vi assicuro che a parte qualche caso eccezionale le persone sanno farlo. Anzi forse quelli che hanno bisogno di farsi un bagno di realtà siete proprio voi, che credete che ogni cavolata scritta qui sopra anche per semplice goliardia rappresenti che persona sono io nel complesso e quindi vi sentire in diritto, anzi, in dovere, di giudicarmi. Perché voi siete migliori di me, povera fessa che ha come hobby plottare qualcosa. Siete tanto migliori di questa povera co[censored] che nella vita quando ha finito di studiare e pulire e fare tutte le cose che fanno gli adulti, si siede al computer per digitare due cose che le fa piacere scrivere PER DIVERTIMENTO PERSONALE. Eppure questa deficiente qui quando vede qualcosa che non le piace è capace di a) avere una discussione pacifica o b) tirare avanti. Ma sapete quante volte nelle fanfiction trovo tag che non mi piacciono? O ship che mi fanno venire il latte alle ginocchia? E allora? Non mi faccio raddoppiare le dimensioni del fegato per questo. Mi fate veramente cascare anche le braccia suppletive che non ho con questi discorsi, e la cosa preoccupante è che pensate di avere così tanta ragione da potervi permettere di dire a qualcuno che vorreste amma[censored]. La vita vera è una cosa, la finzione è un’altra. E non sono io che le sto confondendo, mi spiace dirvelo. E lo dico da persona che in tutta la sua vita ha avuto UNA, una SINGOLA rpf.
#sanremo#sanremo 2022#sanremo shitposting#festival di sanremo#sanremo 22#sanremo 72#italian shitposting#sfogo#rpf#mahmood e blanco#blahmood#ne ho già pieni i tre quarti#Ma veramente fate?
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Ormai
Già, eccola la parola assassina: ormai. Lei non passa mai di moda, e ora come allora serve a non partire, non fare, non provare mai a cambiare le cose intorno a noi. È una parola corta, ma basta a riempire una vita di scontento, giorno dopo giorno fino all’ultimo, raccontandoci che per essere felici è troppo tardi, ormai. Quante volte ci lamentiamo del lavoro, delle scelte, di mariti e mogli, fidanzati o compagni e insomma della vita tutta intorno e addosso a noi. E diciamo scemenze tipo che l’infanzia era l’età più bella, la più libera e spensierata. Ma non è mica vero: come può essere libera, un’età in cui per fare qualsiasi cosa devi chiedere il permesso a genitori, familiari, maestri, catechisti e adulti in generale? È quando diventi grande che sei libero davvero, non devi obbedire a nessuno, e disegnare la tua vita spetta a te. Solo che ce la disegniamo da schifo. Da bambini abbiamo un sacco di sogni, ma ce li teniamo dentro perché è troppo presto, in attesa di diventare adulti e realizzarli. Poi però cresciamo, e decidiamo che i sogni sono roba da bambini, e al posto di quelli ci riempiamo i giorni di obblighi e doveri e altra roba che non ci piace e non ci fa felici, e vorremmo cambiare ma non cambiamo nulla di nulla, perché è troppo tardi, ormai. Troviamo un sacco di scuse: siamo troppo giovani o troppo vecchi, oppure siamo sfortunati, diversi, siamo nati nel posto sbagliato. O magari sono gli altri che sono cattivi, sono invidiosi, sono raccomandati, sono ... sono tutte scuse, che ci raccontiamo per non fare nulla. E io non ho niente contro le scuse, anzi, le amo. Sono preziose quando le usi con gli altri, per evitare cene noiose, ritrovi di parenti, riunioni di condominio e altri inaccettabili furti di vita. Ma che senso hanno le scuse, se le raccontiamo a noi stessi per non essere felici? Non lo so e non lo voglio sapere. Per stare meglio, a me basta sapere che sono negato a suonare il pianoforte. E sembra che non c’entri nulla, ma invece sì: fin da piccolo, quando alla tv c’era qualcuno che suonava il piano, io seguivo e annuivo, pensando che avrei saputo farlo anch’io. (...) Non ho quel talento, non ce l’ho per niente, però non ho nemmeno quel rimpianto dentro. Ci ho provato, e ho fallito enormemente, ma va bene così. Mi hanno detto che sono negato, che sono patologicamente negato, ma sono contento di non aver detto ormai. (Fabio Genovesi - “Il calamaro gigante”)
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Un amico mi ha mandato le storie di un ragazzo che deve fare l'elenco di tutte le vittime di odio transfobico.
Ha scritto di alcune di queste vittime.
Sto tremando e piangendo a vedere tutte le storie di queste persone, alcune piccolissime, avevano solo 15 anni, 15 anni non sono niente eppure loro sentivano già un carico enorme di dolore. Altri erano adulti, magari hanno passato una vita a nascondersi e solo dopo anni hanno avuto la forza di mostrarsi al mondo e come ringraziamento si ritrovano una società che li tratta come malati e non li accetta.
Queste persone hanno deciso di morire, si sono buttati da palazzi, bruciati vivi e lo hanno fatto perchè non ce la facevano più. Hanno sofferto tutta la vita senza trovare un attimo di serenità. In risposta a tutte queste vittime non si fa niente, anzi si continua cone se niente fosse e le vittime non fanno che aumentare.
Non ho mai conosciuto tutte queste persone, ma mi sento così in colpa perchè non si meritavano questo.
Ho la fortuna di avere una famiglia che non ha problemi su questo argomento e vorrei poter regalare i miei genitori a tutte quelle persone che trovano solo schifo negli altri, vorrei poter dare una gioia a tutte queste persone che soffrono. Non se lo meritano proprio.
E ho paura che un giorno qualche persona che conosco possa aggiungersi a quella lista, io non voglio questo, non voglio mai far sentire solo chi amo, voglio dare tutta me stessa perchè sia felice e segua qualsiasi strada lo faccia stare bene. Non voglio un nome in più in quella lista.
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“... eccola la parola assassina: ormai. Lei non passa mai di moda, e ora come allora serve a non partire, non fare, non provare mai a cambiare le cose intorno a noi. E’ una parola corta, ma basta a riempire una vita di scontento, giorno dopo giorno fino all’ultimo, raccontandoci che per essere felici è troppo tardi, ormai. Quante volte ci lamentiamo del lavoro, delle scelte, di mariti e mogli, fidanzati o compagni e insomma della vita tutta intorno e addosso a noi. E diciamo scemenze tipo che l’infanzia era l’età più bella, la più libera e spensierata. Ma non è mica vero: come può essere libera, un’età in cui per fare qualsiasi cosa devi chiedere il permesso a genitori, familiari, maestri, catechisti e adulti in generale? E’ quando diventi grande che sei libero davvero, non devi obbedire a nessuno, e disegnare la tua vita spetta a te. Solo che ce la disegniamo da schifo. Da bambini abbiamo un sacco di sogni, ma ce li teniamo dentro perchè è troppo presto, in attesa di diventare adulti e realizzarli. Poi però cresciamo, e decidiamo che i sogni sono roba da bambini, e al posto di quelli ci riempiamo i giorni di obblighi e doveri e altra roba che non ci piace e non ci fa felici, e vorremmo cambiare ma non cambiamo nulla di nulla, perchè è troppo tardi, ormai. La fregatura è proprio questa, che tra il troppo presto e il troppo tardi dovrebbe esserci un lungo tempo giusto, libero e luminoso per fare quello che vogliamo, però nessuno lo trova mai. Troviamo invece un sacco di scuse: siamo troppo giovani, o troppo vecchi, oppure siamo sfortunati, diversi, siamo nati nel posto sbagliato. O magari sono gli altri che sono cattivi, sono invidiosi, sono raccomandati, sono... sono tutte scuse, che ci raccontiamo per non fare nulla. E io non ho niente contro le scuse, anzi le amo. Sono preziose quando le usi con gli altri, per evitare cene noiose, ritrovi di parenti, riunioni di condominio e altri inaccettabili furti di vita. Ma che senso hanno le scuse, se le raccontiamo a noi stessi per non essere felici?”
— Fabio Genovesi, “Il calamaro gigante”.
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Il masochismo nel compiacere il nostro oppressore
Un tema ricorrente nelle categorie discriminate è: cosa pensa chi ci opprime del cattivo comportamento di una persona appartenente a un gruppo discriminato?
Purtroppo è anche un tema che imprigiona e ci fa vivere in funzione di chi ci opprime. Così, per fare due esempi:
alcune persone di origini del sud, trasferite nel nord italia, si sentono a disagio dai comportamenti sguaiati di altre persone del sud perché, a loro pensare, “noi del sud facciamo la figura dei maleducati” (di fronte ai razzisti ndr).
alcuni gay si sentono in imbarazzo dai comportamenti femminili di gay maschi effemminati perché, a loro dire, “mette in cattiva luce i gay “”normali”“ (di fonte agli occhi degli omofobi ndr) e certa gente non merita i diritti” .
Sono solo due esempi di come l’opinione dell’oppressore sia importante e limitante per le persone discriminate. Come se per vivere ci volesse il permesso e l’approvazione di chi non tollera anche solo la tua presenza su qesto mondo.
E’ un concetto subdolo che c’è stato insegnato sin da piccoli. Il compiacere, comportarsi bene per poter esistere, per poter dire di essere una brava persona e quindi meritare il diritto all’esistenza. Comportarsi bene per non perdere l’affetto dei genitori, ad esempio, come se l’accettazione in un contesto familiare sano derivasse da un buon voto o da una biricchinata andata male.
Tornando alla vita da adulti: agli oppressori non importa un fico secco se vi comportate bene, gli farete sempre schifo e sarete sempre il soggetto del loro disprezzo. Secondo te i politici razzisti lo sono perché non hanno mai incontrato una persona razzializzata che si comporta con educazione, onestà e civiltà? Ovvio che la risposta è NO.
Gli oppressori hanno il potere di fare il bello e cattivo tempo nella vita degli altri, senza alcun diritto o merito.
Questo tema mi è tornato in mente in questi giorni, a processo mediatico Depp contro Heard concluso.
Un processo che non ho seguito nei dettagli perché, a mio modesto parere, si tratta di una questione di relazione tossica e non ho alcuna voglia di entrarci. E anche se ci entrassi, non potremo mai avere tutte le informazioni reali senza manipolazione, ecc.
Parentesi chiusa, leggo di attiviste che scrivono che questa sentenza danneggerà le donne che vogliono denunciare una violenza. Alcune hanno inserito nel discorso le molestie degli alpini nel raduno di Rimini (mi ero già espresso a riguardo).
Dato per assodato che per una donna è difficile denunciare, non essere messa sotto accusa e colpevolizzata, sminuita e ridicolizzata, ecc ecc in che modo la colpevolezza di una donna tossica, in un contesto di processo mediatico statunitense, dovrebbe creare un precedente per le donne italiane che non possono denunciare già da adesso senza essere trattate da bugiarde?
“Perché, chi vorrà (l’oppressore misogino ndr) userà il processo per sminuire le donne che denunciano” è la risposta...
il problema è che già accade. Anche prima della sentenza Depp-Heard (vedi Rimini e tutte le altre donne zittite e sminuite negli altri raduni)
il problema è che anche le sentenza avesse avuto un altro esito non sarebbe cambiato nulla per le donne italiane dato che all’oppressore non frega nulla che non confermi le proprie idee.
il problema è sperare che una persona tossica vinca un processo per questioni di squadra, Un po’ come quando si proteggono altre donne tossiche e i loro comportamenti abusanti (l’equivalente del #notallman ma al femminile in chiave passiva).
Quindi no: una donna è responsabile delle sue azioni, anche quando è tossica, e se viene ritenuta colpevole non tocca, in alcun modo, le lotte femministe e i diritti violati di migliaia di donne. E comunque anche la donna tossica ha gli stessi diritti civili che le sono stati negati, nonostante non si comporti come una persona civile. Persino Meloni ha diritto agli stessi diritti civili che nega a migliaia di persone (tra soggetti razzialiazzati e lgbtqi+)
Non si compiace l’oppressore per convincerlo. Solo fin quando le sue parole avranno peso questo avrà potere sulle nostre vite
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