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BUONGIORNO TUMBLERINI ☀️
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La foce del Pescara
Immagine 1: “La Foce del Fiume Pescara” – Paolo De Cecco.
Dei tanti artisti che fecero la storia del rinascimento abruzzese di fine ‘800, Paolo De Cecco fu senz’altro uno dei piu’ talentuosi, anche se tra i meno conosciuti. Nato nel 1843 a Città Sant’Angelo, Paolo trascorse gli anni della gioventù a Napoli, ove frequentò il locale Istituto di Belle Arti e conobbe il collega F. P. Michetti. Nel 1880, assieme a G. d’Annunzio, F. P. Tosti, C. Barbella e lo stesso Michetti, fu tra i fondatori del “Cenacolo Michettiano”, la più prolifica collaborazione di intellettuali che l’Abruzzo abbia mai visto. Le opere di De Cecco, sconosciute alla maggioranza dei pescaresi, sono oggi ammirate in numerosi musei / collezioni private in Spagna, Germania, Regno Unito e nella stessa Pescara. Ed è proprio la nostra città la protagonista nell’opera più famosa dell’artista: “La Foce del Fiume Pescara”. Come una macchina del tempo, questo capolavoro ci apre uno scorcio sulla bellezza malinconica e sfuggente della Pescara di 115 anni fa. Al centro della tela ammiriamo le coloratissime vele latine issate dai pescatori di ritorno verso casa. Sulla parte destra, contempliamo la natura selvaggia ed intatta della sponda sud, mentre uomini, donne e bambini riparano le reti nella luce del tardo pomeriggio (una scena che a volte capita di vedere ancora oggi). A sinistra, infine, si staglia la mole di un edificio di proprietà dei baroni de Riseis, produttori di vino, la cui grande villa andò distrutta nella catastrofe del 1943. Certo, il confronto con la visuale presente è sorprendente, difficile negarlo. La guerra e l’avidità umana hanno cancellato quasi ogni traccia della poesia, natura e colori del luogo. Eppure non tutto è andato perduto: le tradizioni marinare sono dure a morire, i lupi di mare pescaresi conservano ancora l’identità fiera, l’amore per il loro mestiere. Le loro barche solcano ancora, notte e giorno, gli stessi flutti di allora. E infine ci siamo noi. Ancora qui, ad ammirare Pescara come era, come è, e ad immaginare come sarà. Per recuperare la nostra identità, rimediare agli errori del passato e renderla ancor più bella di prima.
Immagine 2: veduta odierna.
(Pescara Segreta su Facebook).
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Cena narrata - il Cenacolo michettiano
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Ortona
Una città “dalle sere dolci e profumate come quelle d’Oriente”
(Gabriele D’Annunzio)
Questa città ha una storia tutta da scoprire, dove leggende tramandate nel tempo si mescolano alla vita di tutti i giorni e sanguinose battaglie e saccheggi distrussero tanto davvero troppo tra le vie di questa cittadina.
In passato la città era completamente circondata da una cinta muraria trecentesca e al suo interno era suddivisa tra Terra Vecchia, ovvero la zona dove abitavano i pescatori e i marinai e dove si svolse la terribile Battaglia del dicembre 1943, e Terra Nuova, una zona costituita per lo più da orti e campi. Parlando di Terra Vecchia bisogna considerare un aspetto molto singolare che i pescatori avessero lì le loro casette colorate tra quelle viuzze strette nella parte alta della città e non sulla costa vicino al porto e che per raggiungere le loro imbarcazioni percorressero degli scalini che collegano ancora oggi queste due zone; inoltre bisogna dire che il porto un tempo non era situato dove lo troviamo oggi ma si trovava più vicino al Castello Aragonese quindi sotto la cosiddetta Pizzuta.
Proprio dietro al faro dell'attuale porto, dove si trova anche una statua di San Tommaso che accoglie i marinai, c'è una piccola spiaggetta di pietre nominata la spiaggetta della Ritorna perché con l'avvicinarsi del maltempo le mogli dei pescatori (ed anche secondo un'altra leggenda una principessa) urlavano e pregavano «ritorna» ai loro amati.
Percorrendo le viuzze di Terra Vecchia possiamo notare un arco in pietra tufacea, il materiale di cui sono costutuite le scogliere, una casa lasciata così com'era di cui si può scorgere il colore originale attorno alla finestra e una casa che venne distrutta dalle bombe che si trova (ironia della sorte) nella piazzetta dedicata alla convivialità nominata dell'Allegria.
Per quanto riguarda il commercio bisogna dire che Ortona aveva un commercio comune con Venezia di stoccafisso e baccalà, che un tempo era il pesce dei poveri e dei contadini.
Terra Vecchia ha termine dove è situato Palazzo Farnese, costruito nel 1584 venne comprato dalla Madama (Margherita d'Austria) insieme a tutto il feudo di Ortona e le vennero affidati anche i restanti feudi abruzzesi che amministrò con grande maestria.
Tra i personaggi illustri di Ortona che possiamo nominare ci sono due membri del Cenacolo Michettiano: Basilio Cascella (seppur nato a Pescara) e il compositore Francesco Paolo Tosti.
Pertanto a fine 800 Ortona vive di riflesso del Cenacolo Michettiano e vengono costruite case in stile liberty.
Proprio a Ortona è stato composto il nostro "inno" abruzzese per la gioventù "Vola Vola Vola " a cui a Porta Caldari è dedicata una fontana.
Vulesse fa' r'venì pe' n'ora sole
Lu tempe belle de la cuntentezze
Quande pazzijavame a vola vola
E te cupria de vasce e di carezze
E, e vola, vola, vola, vola, vola E vola lu pavone Si tiè lu core bbone Mo' fammece arrepruvà
...
Percorrendo la passeggiata orientale che costeggia la costa e qualche viuzza raggiungiamo affacciato sul mare il Castello Aragonese che esternamente si presenta intatto ma all'interno possiamo notare essere rimaste in piedi solo alcune mura e torrette. La sua storia è un continuo trasformarsi: da alcuni resti romani venne costruita poi una fortezza che in seguito venne utilizzata per scopi militari, per poi venire acquistata facendola diventare un palazzo signorile con all'interno un meraviglioso giardino all'inglese.
È arrivato il momento di fare una visita al museo dedicato alla Battaglia di Ortona tra civili e soldati canadesi contro le truppe tedesche, ma intanto possiamo già rinvenire delle tracce di questo sanguinoso scontro in un vicolo della città dove possiamo ancora leggere una scritta che indicava il coprifuoco: "il coprifuoco per tutte le truppe alleate è alle 21:00" e affianco possiamo notare dei fori nel muro causati dalle schegge delle granate esplose e dai proiettili.
Il Museo della Battaglia conserva oggetti e foto che testimoniano i giorni del violento scontro urbano del dicembre 1943, ciò che caratterizza questa guerra è essere stata principalmente una guerra di "propaganda" e poco utile invece a fini strategici, anche se comunque molto sanguinosa essendosi svolta casa per casa.
I civili vennero fatti sfollare dalle truppe tedesche ma non tutti fuggirono decidendo di nascondersi nelle cantine delle loro case ma perdendo così la vita.
Ortona ha ottenuto la medaglia d'oro al valore civile perché durante il conflitto ci si è aiutati l'un l'altro civili e soldati canadesi.
I tedeschi tra le altre cose distrussero anche la torre dell'orologio, una delle due torri della Cattedrale di San Tommaso, per evitare fosse un punto di avvistamento.
Ma perché proprio a Ortona?! Semplice, perché è qui che il Re Vittorio Emanuele III di Savoia fuggì durante la seconda guerra mondiale imbarcandosi appunto al porto di Ortona verso Brindisi; ed è qui che si trovava la Linea Gustav.
Tra gli oggetti presenti nel museo possiamo soffermarci su tre in particolare:
I papaveri ricamati sulle vesti dei soldati canadesi e delle crocerossine, che indicavano la loro morte in battaglia essendo i papaveri rossi come il sangue;
Varie radioline e giradischi militari con cassa perché anche i soldati avevano bisogno di qualche momento di svago;
Una foto particolarissima, una foto di un banchetto di natale realizzato durante la guerra per i soldati circondato da firme, firme dei soldati sopravvissuti sia canadesi che tedeschi come inno alla pace, a testimoniare che fare la guerra non conviene.
Ora è sufficiente uscire dal museo e svoltare verso la costa per raggiungere la Cappella del Crocifisso Miracoloso. Un tempo chiamato monastero di Sant'Anna questo luogo è testimone di antiche storie di fede, mare, corsari saraceni e leggende anche culinarie.
Era il luogo di fede in cui vivevano e pregavano del monache di clausura. Si narra che un giorno mentre pregavano l'affresco del crocifisso iniziò a gettare sangue dal costato, questo venne considerato un miracolo ma anche simbolo di presagio di un'imminente tragedia. Il sangue miracoloso venne raccolto in due ampolline, di cui una si trova a Venezia e l'altra è rimasta in questa Cappella ad Ortona rinchiusa in una teca (che viene messa in mostra il secondo venerdì del mese).
Il presagio era reale infatti dalla costa arrivarono le vele dell'ammiraglio della flotta ottomanna Piyale Paşa che iniziarono a distruggere tutto. Gli abitanti di Ortona fuggirono nelle campagne ma le monache di clausura non poterono abbandonare il monastero e restarono a pregare, le loro preghiere forse le salvarono perché Ortona viene nuovamente distrutta ma i nemici non riuscirono nemmeno ad avvicinarsi al monastero e alle suore di clausura perché una fitta nebbia ricoprì questo luogo come a renderlo invisibile e inesistente.
A questo luogo e alle monache di clausura sono legate anche altre due leggende di cui una è solamente la visione della realtà in chiave magica e fantasy poiché le monache di notte per lavare i panni si recavano alla fonte vicina facendosi luce nel buio e da allora quella fonte venne chiamata la fonte delle fate. Mentre l'altra è legata alla nascita del dolce tipico di Ortona: le nevole (da non confondere con le neole o ferratelle abruzzesi), dolce che appunto secondo questa leggenda è stato creato dalle monache di clausura che un giorno avendo finito le ostie presero gli ingredienti che avevano e unendoli e cuocendoli con il ferro per le ostie diedero vita alle nevole, la cui ricetta prevede solamente mosto cotto, arancio autoctono dal sapore dolceamaro e olio d'oliva (alcuni pasticceri del posto aggiungono anche della cannella).
La Cattedrale di San Tommaso, un tempo Cattedrale di Santa Maria Vergine, custodisce le reliquie dell’apostolo San Tommaso e la sua pietra tombale dove viene ritratto l'apostolo e che presenta due fori uno per inserirvi un bastoncino di incenso e l'altro per inserirci degli oggetti che successivamente venivano recuperati intrisi dell'energia sacra per poter ottenere cure miracolose, infatti sia la pietra tombale che le reliquie stesse dell'apostolo sono importanti non per il loro aspetto fisico materiale ma per l'energia fortissima dell'anima che emana il corpo del santo apostolo, un'anima che è stata così vicina a Cristo nei suoi giorni in Palestina.
Spero questo riassunto vi abbia fatti viaggiare insieme a me alla scoperta di questa città abruzzese e ringrazio per la visita guidata i Compagni d'Avventura e Ortona Welcome
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I Palazzi del potere di Pescara :
Provincia e Comune
I Palazzi del potere sorsero sul fiume Pescara ma sulle sponde di Castellammare.
Nel 1927 nacque la Provincia Pescara il nome venne dato da Gabriele D'Annunzio al posto di Castellamare.
Il Palazzo della Provincia o Palazzo del Governo è di epoca fascista infatti molti sono i rimandi al Fascismo a partire dalla pianta stessa dell'edificio a forma di M (Mussolini), ma anche al suo interno troviamo alcuni riferimenti come l'aquila nella Sala dei Marmi.
Sulla facciaccia bianca del Palazzo del Governo vi sono 4 bassorilievi che rappresentano le risorse del territorio pescarese: la miniera, l'agricoltura, il mare e il fiume.
Palazzi del potere vennero riempiti di opere d'arte tra cui le opere del Cenacolo Michettiano
Nell’atrio della Sala dei Marmi è conservata una scultura di Costantino Barbella intitolata “il canto d’Amore” che raffigura tre fanciulle abruzzesi, in abiti tradizionali con indosso gioielli tipici come la presentosa degli innamorati, che rientrano dalla campagna e cantano la loro giovinezza guardando il sole al tramonto.
Lungo le pareti laterali prima di varcare la porta d'ingresso della Sala dei Marmi su delle formelle in ceramica a rilievo sono raffigurati gli stemmi dei comuni della provincia di Pescara.
Su un'altra parete vi è lo stemma dorato col motto provinciale "SIBI VALET ET VIVIT"
All’interno del salone del Consiglio del Palazzo del Governo è conservato il noto dipinto di Francesco Paolo Michetti “la figlia di Iorio” .
L'ispirazione di Michetti per realizzare questo dipinto deriva da un viaggio dello stesso con l'amico D'Annunzio a Tocco da Casauria quando videro una scena di molestia ad una ragazza (bisogna tener presente che in quell'epoca molestare le ragazze era vista quasi come un'usanza).
Del dipinto Michetti fece tre edizioni
"La figlia di Jorio" invece è un'opera teatrale tragica scritta da Gabriele D'Annunzio basandosi sullo stesso ricordo del viaggio fatto con Michetti che ha ispirato il dipinto.
Descrizione del dipinto:
Bisogna premettere che Michetti era appassionato di fotografia tanto da farla diventare una forma d'arte infatti al posto dei bozzetti o schizzi lui per realizzare quest'opera utilizzò delle fotografie da lui stesso scattate e questo è un aspetto molto importante e innovativo del dipinto "la figlia di Iorio".
Infatti il quadro si presenta come una composizione di storia vissuta e reale, quindi una rappresentazione iperrealistica.
Prima di tutto la figura principale (la ragazza) non è al centro della scena proprio come se fosse una foto scattata mentre ella camminava.
Inoltre proprio come in una foto in cui non si può mettere a fuoco tutta la scena è rappresentata una figura mozza di capo (era il massaro o padrone) e un'altra al suo fianco di cui si vede solo metà corpo come se non entrasse nell'inquadratura della fotocamera.
Passando sullo sfondo che è il vero padrone della scena imponendosi sulle figure umane rendendole piccole (come metafora della vita e dei problemi degli uomini rispetto all'imponenza della natura) viene rappresentata la Majella in primavera vista da Orsogna.
La descrizione della scena:
Viene rappresentata quella scena di molestia a cui Michetti aveva assistito tempo prima con D'Annunzio a Tocco da Casauria infatti ci sono degli uomini che sono intenti a deridere e beffeggiare questa ragazza che scappa a passo svelto e prende il mantello per coprirsi.
Osservando meglio queste figure maschili scopriamo esserci due anziani che raffigurano entrambi la stessa persona ( Paolo de Cecco) e tre giovani.
Il primo anziano più vicino alla figura della ragazza è quello che sembra deriderla di più mentre il secondo anziano (la figura al centro) sembra fare con la mano il gesto di smetterla, mentre i giovani sembrano avere uno sguardo rapito dalla bellezza della ragazza continuando comunque a deriderla.
La musa ispiratrice della figura femminile:
La figlia di Iorio (diminutivo in dialetto di Gregorio) è ispirata da una bambina di Orsogna di nome Giuditta Saraceni.
I colori:
Un colore che risalta è sicuramente quello dell'abito della ragazza. Il colore rosso del mantello simboleggia le donne sposate (il che è ben diverso rispetto all'età della musa ispiratrice Giuditta Saraceni).
Inoltre il colore rosso dà l'idea di un'aria torbida.
Ma in origine quando venne dipinto questo quadro i colori erano vivacissimi e nuovi infatti Michetti stesso li aveva creati, purtroppo però questo esperimento ha comportato che con il tempo sono diventati opachi.
Inoltre la tecnica di pittura è a rilievo ma questo ha comportato che con il tempo le pennellate si sono sgranate.
Oggi a seguito di interventi di restauro con le nuove tecnologie si è riusciti a fissare il più possibile la pittura alla tela.
Sala dei Marmi:
All'interno della Sale dei Marmi vi sono due dipinti che rappresentano uno la fortezza di Pescara e la nascita della Provincia e l'altro l'arte della Provincia.
Inoltre nella stanza sono presenti diversi busti tra cui uno raffigurante il primo Presidente della Provincia di Pescara leninista e altri che ritraggono D'Annunzio, Michetti, Tarantino e Vincenzo Montale
Ora usciamo dal Palazzo del Governo ed entriamo nel Palazzo del Comune di Pescara
Entrando nella Sala consiliare, che è la stanza più importante della città di Pescara, si possono ammirare un busto di D'Annunzio e una scultura che ritrae una figura molto particolare di Pescara, si tratta di Grazia Masciarelli detta la marinara o anche la maschia femmn. Questo soggetto era propietario di uno dei primi stabilimenti balneari di Pescara ed era un uomo in tutto e per tutto ma iniziò durante la Seconda Guerra Mondiale per poter fuggire e poi continuò per tutta la vita ad assumere comportamenti affemminati.
L'aspetto che deve far riflettere, ed è per questo che viene esposto il suo ritratto sottoforma di scultura nella sala consiliare del Comune, è che un soggetto così particolare e diverso veniva considerato da tutta la città come un vanto di cui andarne orgogliosi, infatti non era discriminato dalla società.
Se invece spostiamo lo sguardo all'insù possiamo notare un ciclo pittorico quasi inquietante dipinto da Luigi Baldacci.
- La nascita di Pescara
- San Cetteo che viene buttato nel fiume
- Lo Sforza che cade nel fiume
- I martiri dell'indipendenza
- Lo stemma di Pescara come da lui rivisitato - - D'Annunzio
- La distruzione della guerra
- Il futuro Pescara domani
C'è una legenda legata a questi dipinti : c'è uno spirito benevole (che protegge Pescara) racchiuso all'interno dei dipinti ma non a patto che i dipinti non vengano tolti dalla sala consiliare altrimenti lo spirito diventa malvagio e vendicativo e questo è ciò che è accaduto realmente come testimoniò lo stesso pittore Baldacci.
Prima di percorrere la scalinata per uscire dal comune possiamo ammirare il bozzetto della Nave di Cascella che è una fontana
Caratteristiche dell'opera sono la rappresentazione dell'abbrivo delle onde della barca che arriva
Infatti viene appresentata una nave che sta arrivando e che porta dei simboli che rappresentano le arti e le scienze. E in effetti l'idea sottostante all'opera è considerare Pescara una città che accoglie i giovani che portano ognuno il proprio talento.
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