#carenze amministrative
Explore tagged Tumblr posts
Text
Alessandria: La Lega boccia il DUP e l'operato della Giunta Abonante. Critiche al Documento Unico di Programmazione 2025-2027 e mancanza di progettualità
ALESSANDRIA – La Lega ha espresso una dura critica nei confronti del Documento Unico di Programmazione (DUP) 2025-2027, recentemente approvato dal Consiglio Comunale
ALESSANDRIA – La Lega ha espresso una dura critica nei confronti del Documento Unico di Programmazione (DUP) 2025-2027, recentemente approvato dal Consiglio Comunale. Mattia Roggero, capogruppo della Lega a Palazzo Rosso, ha definito il documento “fumoso” e privo di risposte concrete alle esigenze della cittadinanza, accusando la Giunta Abonante di mancanza di visione e progettualità…
#Alessandria#Alessandria today#Alessandro Rolando#Amministrazione comunale#amministrazione Cuttica#associazioni locali#attività produttive#carenze amministrative#case avanzate biciclette#ciclabilità Alessandria#Cimiteri comunali#Commercio Locale#Critica costruttiva#critica DUP#declino amministrativo#Decoro Urbano#DUP 2025-2027#futuro Alessandria#gestione urbana#Giunta Abonante#Google News#Gruppo Amag#Infrastrutture Alessandria#italianewsmedia.com#Lega#mancanza progettualità#Mattia Roggero#opere pubbliche Alessandria#partecipazione civica#Pier Carlo Lava
0 notes
Text
Un’operazione condotta nei giorni scorsi dalla questura di Catania ha portato alla scoperta di gravi violazioni igieniche, amministrative e di sicurezza sul lavoro in un bar-ristorante situato lungo via Etnea, il cui nome non è stato divulgato. L’intervento, avviato nelle prime ore della mattina, ha coinvolto una task force composta da polizia, ispettorato del lavoro, Asp, polizia locale, corpo forestale della Regione Sicilia e vigili del fuoco. Durante i controlli, sono state identificate 30 persone, alcune delle quali con precedenti penali. Secondo quanto riportato dalla questura, sono stati sequestrati 33 chili di alimenti privi di tracciabilità e non idonei al consumo umano. Le autorità sanitarie hanno inoltre riscontrato irregolarità nell’etichettatura degli oli utilizzati e nella mancata indicazione degli ingredienti nei menù, emettendo sanzioni amministrative per un totale di 5.500 euro. La polizia locale ha invece rilevato numerose infrazioni amministrative, tra cui l’assenza della relazione d’impatto acustico, l’uso non conforme della licenza per occupazione del suolo pubblico e la mancata esposizione di cartelli obbligatori, come gli orari di apertura e il divieto di fumo. Queste violazioni hanno comportato ulteriori multe per un totale di 1.741 euro. Le verifiche sulla sicurezza hanno evidenziato gravi carenze: mancava la segnaletica d’emergenza, i corridoi risultavano troppo stretti e un’impastatrice era priva dei necessari sistemi di protezione. Per queste mancanze, il servizio di prevenzione ha emesso sanzioni per circa 6000 euro. Inoltre, l’ispettorato del lavoro ha scoperto la presenza di un dipendente non regolare, imponendo multe per 4.450 euro e richiedendo l’immediata regolarizzazione per evitare la chiusura dell’attività. A seguito delle pessime condizioni igienico-sanitarie del laboratorio alimentare, l’Asp ha disposto la sospensione dell’area destinata alla preparazione degli alimenti fino al ripristino delle condizioni di conformità. Nel frattempo, l’attività potrà proseguire limitandosi alla somministrazione di bevande. Read the full article
0 notes
Text
Angri (SA), controlli del territorio: sospeso un ristorante per lavoro in nero e violazione della sicurezza alimentare
Angri (Salerno), controlli del territorio: sospeso un ristorante per lavoro in nero e violazione della sicurezza alimentare Nella giornata del 23 maggio, ad Angri (SA), i Carabinieri del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore (SA) hanno svolto un servizio straordinario di controllo dinamico del territorio finalizzato alla prevenzione e repressione dei reati in genere, con particolare attenzione ai delitti contro il patrimonio in relazione ai furti in abitazione e nelle attività commerciali ed allo spaccio di sostanze stupefacenti. Il controllo dei Carabinieri, che ha visto l’impiego anche di personale delle tre Tenenze del Reparto, della Sezione Radiomobile e di quella Operativa del Norm di Nocera Inferiore, nonché l’ausilio di altri reparti contermini, è stato esteso anche alla verifica del rispetto delle norme del Codice della Strada. Nel corso dell’operazione, disposta dal Comando Provinciale Carabinieri di Salerno, che ha impiegato un dispositivo composto complessivamente da 14 pattuglie e 40 militari, sono stati controllati 90 veicoli, identificate 130 persone e comminate 10 sanzioni per violazioni al Codice della Strada. In particolare, in tema di sicurezza della circolazione stradale, i Carabinieri hanno proceduto al controllo ai sensi dell’art. 50 del codice della strada dei c.d. “velocipedi”, ovvero biciclette a pedalata assistita (che per la particolare tipologia di alimentazione sono mezzi privi di targa e con conducenti senza obbligo di casco), dotate di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 KW la cui alimentazione è progressivamente ridotta ed infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare. I velocipedi a pedalata assistita possono essere dotati di un pulsante che permetta di attivare il motore anche a pedali fermi, purché con questa modalità il veicolo non superi i 6 km/h. La norma precisa però che i velocipedi a pedalata assistita non rispondenti ad una o più delle caratteristiche o prescrizioni indicate nel comma 1 sono considerati ciclomotori. Pertanto, nel corso dei controlli stradali i Carabinieri hanno sottoposto a sequestro, per la successiva confisca, cinque velocipedi risultati essere privi delle caratteriste previste dal Codice della Strada in quanto trasformati in veri e propri ciclomotori, sanzionando i conducenti per guida senza patente, guida senza indossare il casco protettivo e circolazione con veicolo privo di copertura assicurativa. Nell’ambito della vigilanza straordinaria dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, i Carabinieri del Nucleo Ispettorato di Salerno hanno sanzionato il proprietario di una attività imprenditoriale dell’Agro Nocerino-Sarnese per “impiego di manodopera priva di regolare contratto di assunzione”, contestando inoltre violazioni del Testo Unico sulla sicurezza e tutela salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro, tra le quali l’omessa vigilanza sanitaria, l’assenza del Documento di Valutazione dei Rischi, l’assenza del piano antincendio, applicando anche la sospensione per “lavoro a nero” ed elevando sanzioni amministrative per un importo complessivo di circa 40.000,00 euro. Infine, i Carabinieri del N.A.S. di Salerno hanno sottoposto a sequestro oltre quaranta kg di alimenti per “mancato rispetto della tracciabilità alimentare” rilevando inoltre diverse carenze igienico sanitarie ed elevando sanzioni amministrative per un importo di circa 2.000,00 euro. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
Chiusi dai Nas 20 stabilimenti balneari, il 31% irregolari
Strutture abusive, carenze igieniche, cibi scaduti o privi di tracciabilità. E’ quanto hanno accertato i carabinieri dei Nas durante 883 controlli compiuti in tutta Italia negli stabilimenti balneari e nei villaggi turistici. Ne sono risultati irregolari 257, pari al 31% di quelli ispezionati. Sono state contestate 415 sanzioni penali e amministrative per oltre 290mila euro. Sono stati inoltre…
View On WordPress
0 notes
Text
Digitalizzare la Pubblica Amministrazione...
Sappiamo benissimo come il processo di digitalizzazione negli ultimi anni abbia subito una forte accelerazione, in maniera evidentissima nella Pubblica Amministrazione.
Come sempre avviene, ogni cambiamento radicale, come la scelta di digitalizzare il lavoro, porta con sé aspetti positivi e negativi, a questi, si aggiungono carenze notevoli a cui occorre necessariamente porre rimedio, se il nostro paese non vuole indietreggiare…
Il presente articolo a firma di Mauro Nicastri, Presidente della Fondazione AIDR, non solo ci illustra la situazione attuale, fornendoci una riflessione ad ampio spettro, ma fornisce possibili soluzioni adottabili. Una fondazione per la digital revolution indipendente da interessi politici ed economici, per digitalizzare, e quindi snellire e semplificare le procedure amministrative e concretamente più vicina ai giovani *di Mauro Nicastri Sin dal 2001, con il primo Piano Nazionale di e-government del Governo Berlusconi, digitalizzare le attività ha rappresentato e rappresenta ancora una grande opportunità per l’Italia, ma per coglierla appieno è necessario affrontare alcune sfide cruciali. La frammentazione delle responsabilità e delle competenze sull’innovazione italiana è uno dei principali ostacoli che rallentano questo processo di trasformazione digitale. Attualmente, si discute molto in ambienti pubblici e privati, in Italia e in Europa, su diverse questioni che riguardano l’intelligenza artificiale, la cybersecurity, l’identità digitale e altre tecnologie abilitanti come la blockchain, il metaverso e la realtà virtuale, settori cruciali per lo sviluppo economico e sociale. Una fondazione dedicata potrebbe concentrarsi su questi ed altri ambiti del digitale, promuovendo la ricerca, lo sviluppo e l’adozione di soluzioni innovative. Tuttavia, queste deleghe sono affidate a vari enti pubblici, che creano da oltre 20 anni una dispersione di risorse e una mancanza di coordinamento che non possiamo più permetterci. Come Fondazione Aidr (www.aidr.it) abbiamo sempre sostenuto che è necessario un approccio più integrato, allo scopo di “governare” i vari effetti sull'economia e la società italiana, della scelta di digitalizzare il lavoro, le imprese, la Pubblica Amministrazione, e per anticipare e gestire i cambiamenti in atto. La creazione di una fondazione per l’innovazione potrebbe essere la soluzione per superare questa frammentazione, snellire e semplificare le procedure amministrative e promuovere una digital revolution più efficace e vicina ai cittadini. Secondo il rapporto DESI (Indice europeo dell’economia e della società digitali) l’Italia si posiziona al quartultimo posto a livello europeo per diffusione di competenze digitali e nonostante il nostro Paese parta da una posizione di svantaggio le nuove tecnologie sono comunque entrate repentinamente in tutti i settori pubblici e privati e nessuno potrà esimersi dall’utilizzo di tecnologie abilitanti. In tale contesto la nascente fondazione dovrebbe avere il compito principale di fare sistema per coordinare gli sforzi e le risorse, lavorando in sinergia con tutti gli enti pubblici e i loro enti strumentali, per promuovere e diffondere la cultura e l’economia digitale in settori chiave come la sanità, la giustizia, l’istruzione, la mobilità, l’ambiente, etc. Inoltre, una fondazione indipendente da interessi politici ed economici sarebbe in grado di prendere decisioni basate sull'interesse pubblico e sulle necessità dell’innovazione italiana. Questo garantirebbe una maggiore agilità e flessibilità nel promuovere l’adozione delle tecnologie digitali e nell’affrontare le sfide emergenti. La recente edizione dell’Eurobarometro ha rilevato che sette cittadini europei su dieci considerano l’Unione europea un luogo di stabilità in un mondo in difficoltà. Le elezioni europee dell’8 e 9 giugno saranno un momento importante per il futuro della nostra Nazione e per la buona riuscita dei progetti ancora in corso come l’attuazione del programma Next generation Eu, di cui il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) italiano fa parte. L’attuale legislatura Europea lascia a quella di prossima elezione alcuni successi ma anche nuove sfide, alcune delle quali decisive. L’evoluzione della tecnologia è continua e il nostro augurio è che la nascita della fondazione per la digital revolution possa avvenire prima dell’insediamento del nuovo Parlamento e della Commissione europea per contribuire, finalmente e in modo significativo, a superare la frammentazione della digitalizzazione tra i vari poteri dello Stato e sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie digitali per il progresso della Nazione, con il contributo concreto delle cosiddette generazioni Z. *Presidente Fondazione AIDR (www.aidr.it) Per conoscere altri approfondimenti vi rimandiamo alla nostra rubrica AIDR Foto: AIDR Read the full article
0 notes
Text
DECRETO NATALE/ Come mai Governo e Cts “ignorano” la nostra Caporetto economica?Pubblicazione: 20.12.2020 -
ECONOMIA E FINANZA
Federico Pirro
Dopo giorni di discussioni interne, il Governo ha varato nuove restrizioni per il periodo natalizio che hanno pesanti ripercussioni economiche
Lapresse
La linea e le scelte dall’Esecutivo per il nuovo lockdown previsto per le festività natalizie non ci persuadono mentre – come ormai denunciato dalle associazioni di categoria più numerose – risultano purtroppo insoddisfacenti e rischiano di essere tardivi i ristori per quelle attività che hanno già sofferto e dovranno subire ancor più duramente nelle prossime settimane gli effetti delle misure governative.
Premesso che si è ovviamente tutti d’accordo sulla necessità di fermare drasticamente la diffusione dei contagi, e che deve essere universale la riconoscenza da portarsi al personale medico e paramedico impegnato (sino allo stremo) negli ospedali, la domanda che ci si pone è la seguente: ma possono essere assunte misure destinate ancora una volta a incidere pesantemente oltre che sulle libertà individuali, anche sulla tenuta economica e sociale di grandi aree urbane dell’intero Paese, solo in relazione al numero di posti letto disponibili nelle terapie intensive e più in generale in rapporto alla “pressione” che la pandemia finisce con l’esercitare sulle strutture sanitarie del Paese ? La risposta, non solo dello scrivente, ma di tante autorevoli personalità, è decisamente no.
No, per varie ragioni: la prima rimanda al quesito se sinora siano state fatte rispettare (rigorosamente) in ogni zona del Paese tutte le misure disposte a suo tempo e sempre riconfermate per ridurre i contagi, dall’uso sistematico delle mascherine al divieto di assembramenti là dove più evidenti o più probabili, sino ai divieti di spostamenti quando stabiliti. Inoltre, le Usca – Unità sanitarie di continuità assistenziale preposte all’assistenza domiciliare dei contagiati, la cui stragrande maggioranza è fortunatamente asintomatica o paucisintomatica – in quali regioni e in che numero sono state costituite e sono realmente ed efficacemente operative? Da quanto riportato da autorevoli quotidiani sembrerebbe che la loro copertura del territorio nazionale sia stata sinora molto lacunosa. Ma il ministro “rigorista” della Salute Roberto Speranza è in grado di accertarlo con assoluta chiarezza mediante report periodici da richiedersi e farsi inviare (perentoriamente) dagli Assessorati regionali alla sanità? Assessorati i cui comportamenti su questo e altri aspetti del loro operato per il contrasto alla pandemia sarebbero verificabili, oltre che dai rispettivi consigli regionali, anche (se del caso) mediante l’invio di Ispettori dal Ministero.
E un protocollo terapeutico nazionale anti-Covid in uso da parte dei medici di famiglia per i pazienti che sono in isolamento domiciliare fiduciario – se pure come ci è stato comunicato risulta essere stato (tardivamente) definito – è poi realmente applicato nelle sue prescrizioni? E ne è compiuta una verifica di efficacia, quando ogni giorno ci si comunica il numero dei guariti? E con l’uso di quali terapie e in quanto tempo lo sono diventati? O ai primi sintomi non gravi molti contagiati vanno in ospedale solo perché i medici di famiglia non riescono a contattarli neppure per telefono?
E di tutti coloro che, invece, scompaiono fra la costernazione condivisibile e lo strazio inconsolabile dei loro cari si riesce a sapere con sistematicità se il Covid si è aggiunto con effetti infausti a gravi morbilità pregresse? L’Istituto Superiore di Sanità con l’ausilio dell’Istat esamina sempre tutte le cartelle cliniche dei deceduti? In realtà, il numero delle vittime comunicatoci ogni giorno, che pure ci lascia sgomenti, non ci dice molto se non accompagnato da una periodica rilevazione scientifica delle cause e concause dei decessi.
Tralasciamo ora di commentare il bailamme cui per settimane abbiamo assistito sulle varie tipologie di tamponi e la loro maggiore o minore efficacia diagnostica, e sulle strutture pubbliche, private, ospedaliere, militari, preposte a eseguirli e sugli assembramenti verificatisi in alcune aree del Paese per i necessari prelievi. Così come ignoriamo volutamente per un attimo la violenta querelle accesasi sino al 20 settembre e tuttora in corso sull’apertura o meno delle scuole e sui banchi monoposto e a rotelle necessari per consentirla in sicurezza: banchi peraltro che in 4 milioni di pezzi sono stati costruiti dalle ditte chiamate a realizzarli, con una spesa elevata per lo Stato committente. Così come tralasciamo di commentare – commentandosi in realtà da sole perché non di rado in contrasto fra di loro – le quasi quotidiane apparizioni in tv e le dichiarazioni alla stampa di intere legioni di virologi, epidemiologi e infettivologi, in alcuni casi visibilmente affetti da compiaciuto narcisismo verbalmente incontinente, e concentriamoci ora sugli effetti socioeconomici della strategia (parola grossa) anti-pandemia messa in campo dal Governo che, com’è stato più volte sottolineato, oltre a non utilizzare sinora le risorse del Mes – a proposito è colpa di bar e ristoranti se ciò non è avvenuto? – è sembrata più volta a inseguire gli eventi che non a prevenirli il più possibile, con comportamenti ondivaghi e contraddittori e decisioni che potrebbero rivelarsi dall’esito economicamente e socialmente catastrofico.
Mentre fra febbraio e aprile il Paese si è trovato di fronte a un evento ritenuto imprevedibile – anche se poi si sta verificando nelle sedi competenti se, come e quando sia stato effettivamente aggiornato il vecchio piano anti-pandemia del ministero della Salute – e la strategia dei bonus a pioggia ha cercato di tamponare con progressivi scostamenti di bilancio una situazione imprevedibilmente drammatica, da ottobre in poi – rileggendo con un minimo di distanziamento temporale le disposizioni via via assunte dal Governo – è netta l’impressione di trovarsi di fronte a improvvisazioni continue, cui peraltro sin dal maggio scorso aveva cercato di porre un qualche argine il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che, sempre più preoccupato dell’andamento del debito pubblico, dapprima ha cercato – silenziosamente, per intuibili ragioni legate all’andamento dello spread e delle aste sui titoli di Stato, sia pur con acquisti assicurati dalla Bce – di porre un qualche argine con una serie di misure specifiche per il rilancio economico fatte approvare in consiglio dei Ministri e poi incoraggiando con insistenza il sistema produttivo nazionale nella forte ripresa del terzo trimestre dell’anno.
Oggi, però, e per i prossimi mesi, la situazione della finanza pubblica italiana – è inutile nasconderselo – non consentirebbe ulteriori interventi di ristoro a chicchessia, anche perché, come sanno gli osservatori più attenti, è nascosta una bomba a orologeria sotto la montagna del debito costituita dal rischio che i prestiti ottenuti da larga parte delle imprese italiane nei mesi da marzo a giugno, e garantiti totalmente o largamente dallo Stato, non vengano più restituiti neppure a medio termine da aziende ancora in difficoltà costringendo così il Mef a ristorarli alle banche con un ulteriore, spaventoso e forse insostenibile incremento dell’indebitamento.
Allora, sono consapevoli i Ministri rigoristi – soprattutto i due del Pd (Boccia e Franceschini) che (inspiegabilmente per chi scrive) sembrano fare a gara a chi più sollecita e annuncia misure di lockdown duro (definite da qualcuno da “aguzzini di governo”) – che la situazione economica ci sta portando come ha detto Mario Draghi, riferendosi peraltro all’economia di tanti altri Paesi, sull’orlo del precipizio? E non dice proprio nulla ai Ministri rigoristi e al Cts che li consiglia il dramma di centinaia di migliaia di persone che hanno già perduto il lavoro – spesso precario e in nero, certo, ma comunque pur sufficiente per tirare a campare – e che oggi sono assistiti da Milano alla Sicilia dal grande cuore materno della Caritas e di altre Associazioni religiose cui non saremo mai abbastanza grati per come stanno assistendo i nuovi disperati del nostro Paese?
E voi, amici lettori, avete mai ascoltato almeno una parola di comprensione per il cupo dramma occupazionale e sociale in corso in Italia, nelle dichiarazioni dei professori (ben retribuiti) del Comitato tecnico scientifico, dei componenti dell’Istituto superiore di sanità o del Consiglio superiore di sanità, tutti ben remunerati e supergarantiti di Stato? Ma saranno forse loro a rispondere, anche in termini elettorali, dei provvedimenti restrittivi consigliati già a partire dalle prossime elezioni amministrative che, salvo rinvii, si svolgeranno nella prossima primavera a Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli? Rinnovi di Sindaci e di consigli comunali, nelle cui campagne elettorali è presumibile che possa rivelarsi quasi proibitivo per i partiti oggi al governo andare a chiedere il voto a chi sta subendo sulla propria pelle e nelle proprie aziende danni devastanti e forse irreversibili.
Insomma, mentre partiti ed esponenti di Governo litigano sugli obiettivi ancora indefiniti e le modalità di gestione delle risorse del Recovery fund, e mentre si stanno rivelando tutte le carenze del Sistema sanitario nazionale – in cui pure non mancano tante eccellenze strutturali e professionali – interi settori dell’economia italiana già duramente provati dal primo lockdown, e che non sono certo responsabili di quanto richiamato in precedenza, con le ultime misure governative per le festività natalizie rischieranno di essere mandati al massacro economico che non potrà certo essere lenito in misura significativa da alcun ristoro.
Qualche esperto di storia tardorisorgimentale italiana ha ricordato le decisioni del generale Cadorna che nella Prima guerra mondiale mandava a morire migliaia e migliaia di soldati nelle sanguinose battaglie dell’Isonzo che si concludevano sempre con perdite spaventose e senza o con irrisorie conquiste territoriali. Ma dopo Caporetto Cadorna venne rimosso dal comando supremo dell’Esercito italiano. Certo, questo paragone fra Cadorna e gli attuali “strateghi anti-pandemia” ci sembra decisamente forzato, lo riconosciamo, ma a prima vista non è privo di una sua sinistra suggestione.
0 notes
Text
Lavorare. Agilmente è meglio
Il lavoro ai tempi del contagio potrebbe vivere una totale rivoluzione.
Se il confinamento domestico e la distanza sociale ‘per decreto’ continueranno ancora per un bel po’ (sicuramente verrà prorogato oltre il 3 aprile) tutto il sistema produttivo e quello amministrativo pubblico verranno messi alla prova e posti davanti ad un auspicabile cambiamento, anzi stravolgimento che magari comprenda pure il taglio drastico alla burocrazia.
Grazie all’imposizione dello smart working come ordinarietà, attraverso la digitalizzazione completa delle procedure (specialmente nella Pubblica Amministrazione) il Paese avrà l’opportunità di snellire con la pialla la burocrazia cartacea, oltre ad attivare una migliore protezione dei procedimenti dagli errori, riducendo sensibilmente la discrezionalità e quindi la corruzione.
Le tre declinazioni di un lavoro 4.0, attualmente, sono le seguenti: il telelavoro, lo smart working e il co-working (utilizzo in comune di spazi attrezzati, un co-housing ma di scopo).
Di telelavoro se ne parla da decenni. Funziona che si lavora da casa. Molti call centerhanno postazioni casalinghe. In realtà, come lo smart working, è stato finora poco utilizzato, per colpa del digital divide che rende disomogenea e lacunosa la rete dati italiana, ma non solo per questo grave gap geo-tecnologico.
Se ci pensate, anche il vecchio cottimo manifatturiero si reggeva sul telelavoro: mi installavo il telaio/la macchina per cucire/la macchina per maglieria/la overlock a casa e producevo anche più che in fabbrica.
Lo smart working è l’ultima figata. Si tratta di una sorta di telelavoro, ma molto più chic. Si lavora - se organizzato bene - quantitativamente in misura maggiore, raggiungendo finanche migliori risultati a prescindere dal tempo dedicato. Ovviamente, meglio utilizzi il tempo, più ne liberi per te, sei più contento e diventi anche più creativo, in un circolo virtuoso che farebbe bene agli individui e alle aziende/amministrazioni: dipendenti più sereni, contesto lavorativo migliore, oltre alla maggiore produttività e alla migliore qualità, come già detto.
È un modo per voler bene al proprio lavoro. Ovviamente, non tutti i lavori sono adatti allo smart working, ma buona parte sì.
Nella P.A., l’introduzione - pressoché teorica - dello SW risale all’aprile 2015, col Governo Renzi, di cui era Ministro alla Funzione Pubblica Marianna Madia.
Il ‘lavoro agile’ (tradotto in italiano) che fu immaginato cinque anni fa per la pubblica amministrazione italica sarebbe stato suddiviso tra tempo in-house (aziendale) e tempo da lavorare altrove, non importa dove. Le ore totali lavorate devono comunque essere quelle contrattuali (36 per la maggior parte del pubblico impiego). Non si può fare straordinario e non si ha diritto al buono pasto, ma solo nei giorni in SW.
Sarebbe, nei fatti, un grande aiuto per dipendenti con carichi famigliari e di accudimento notevoli, in particolare per le donne (sulle quali da decenni lo smantellamento del welfare state ha caricato il fardello dell’assistenza e della cura), oltre che la miglior forma di distanziamento sociale negli ambienti di lavoro, in questi tempi bui da contagio pandemico per COVID-19. Inoltre, roba non da poco, le amministrazioni risparmiano: pulizia, elettricità, buoni pasto, spazio, liti&conflitti (il che non è davvero da sottovalutare!), sovraffollamento, chiacchiere, pettegolezzi.
Grazie ai decreti d’emergenza varati agli inizi di questo mese, lo smart working - particolarmente per la P.A. - è la regola, come ha dichiarato il Premier Conte. Okay, siamo partiti, con grande handicap indubbiamente, ma abbiamo attivato l’ingranaggio. Manteniamolo in funzione.
Finora, il ‘lavoro agile’ non ha avuto grandi fortune principalmente per via della smania del controllo (come ha anche confermato Milena Gabanelli in un suo recente DataRoom), della coercizione e del taylorismo/fordismo da parte dei capi/dirigenti, attitudini inestirpabili da tutti i nostri luoghi di lavoro, pubblici e privati. Il problema risiede ovviamente in chi organizza il lavoro, perché ci sono tutti gli strumenti da remoto per far ben operare tutti: dal desktop virtuale alle videochiamate anche di gruppo, dai dispositivi a ’uomo morto’, firma digitale, webinar, classi virtuali. Potremmo condire il tutto con qualche incentivo sulla qualità/quantità di lavoro portato a termine et voila la revolution!
Il mancato decollo dello SW - oltre alle carenze strumentali ed infrastrutturali - è dovuto alle inestirpabili cattive attitudini della dirigenza - pubblica e privata - incompatibili con l’auspicabile rivoluzione organizzativa: tutte le difficoltà tecnologiche sono superabili, ma la cazzimma (talvolta la perfidia, ahimè) dei capi, quella no.
Ho letto una cosa molto intelligente di Roberto Cotroneo, il quale, tra le altre riflessioni, ha dedicato (come pure il sociologo De Masi) speranzose parole alla questione: “Per una ossessione del controllo idiota abbiamo dissuaso ogni forma di smartworking. Più della metà dei lavori che si fanno in azienda possono diventare telelavoro. Devono. Anche per la nostra salute. L’unico piccolissimo vantaggio di questo disastro è che l’aria è più pulita. Lo smartworking deve essere obbligatorio. A cominciare dal settore pubblico. Se qualcuno non ha voglia di produrre non lo farà né in un ufficio e neppure a casa sua. Ma a casa sua si noterà di più. Per questo si deve stare in Parlamento. Perché queste sono leggi urgenti. E c’è bisogno di cominciare a lavorare.”
Ben venga lo smart working, anzi “Viva lo smart working!, tuttavia tantissimi dirigenti vogliono rimanere spocchiosi e comandosi a tutte le latitudini. Lessi tempo fa un editoriale sul Time, a firma di Kristin Van Ogtrop (direttrice di Real Simple, periodico dello stesso gruppo editoriale), nel quale ella si ostinava a ribadire che al lavoro i dirigenti devono fare i dirigenti e i sottoposti devono stare zitti e muti: nessuna confidenza, nessuna parità, collaborazione sì ma sempre e solo nell’ambito della piramide gerarchica. Di seguaci di tale orientamento ne son piene le aziende e le amministrazioni pubbliche, borboniche, papaline, sabaude o teresiane (le macro regioni di humus organizzativo del lavoro in Italia) che siano.
In Italia persiste una classe dirigente vanesia e arrogante, nonché spessissimo inesorabilmente raccomandata, circostanza che non rileverebbe se i raccomandati fossero bravi. (Diciamocela tutta, in Italia anche i bravi necessitano di essere raccomandati, perché non se li fila nessuno. Questo è uno dei motivi della fuga dei cervelli all’Estero.)
(Ma una volta non esisteva il sindacato? Già, una volta. Per mille e mille motivi esogeni ed endogeni - o meglio per motivi endogeni che hanno scatenato reazioni esogene - il sindacato italiano è depotenziato. Sono, tuttavia, molto contenta che la saggia decisione di avviare fattualmente lo SW sia stata governativa. Il decreto ’Cura Italia’ predispone fondi per l’ammodernamento telematico della P.A.)
L’unica regola che emerge dalla lettura delle esperienze aziendali non high-tech e di quelle amministrative sullo smart working è l’obbligo del buon senso (da parte dei lavoratori) e fiducia (da parte del management), di cui certamente non bisogna approfittare. È una questione di coscienza individuale, che, però, si può educare, ovvero convogliare sui giusti binari.
Personalmente, lavoro sempre in modalità smart da quando faccio la giornalista. Da pochissimo - e grazie ai DPCM per l’emergenza - ho iniziato lo smart working anche per la mia fondamentalissima attività ordinaria di pubblico dipendente e devo onestamente ammettere che mi si è aperto un mondo.
A cominciare dal fatto che la mia postazione domestica è molto più ergonomica e ho a disposizione tutto il caffè che mi serve per carburare. Mentre mi dedico, posso ascoltare musica, nonché attuare le prescritte pause da videoterminale attenuando lo stress, ciò non di meno mi sono scoperta eccessivamente rigorosa e professionale, a causa della maggiore responsabilità individuale di ciò che faccio. Cloud, teamviever, instant-messaging, firma digitale, video-chiamate: tutte risorse formidabili per un ponderoso switch procedurale nella pubblica amministrazione. Si può fare.
0 notes
Link
Viaggio nella città toscana dove la lista della tartaruga frecciata ha conquistato l'8 per cento, portando un suo rappresentante in consiglio comunale. Riempiendo i vuoti lasciati dai partiti tradizionali
«Certo che li ho votati! No, macché, non sono fascista, io, ci mancherebbe! Ma quei ragazzi sono stati gli unici a darsi da fare. Qui al Piaggione il sindaco Pd non l’abbiamo visto neanche una volta in tutto il suo mandato. Guardi quell’avvallamento, sta lì da tre anni, fa tremare le case ogni volta che passa un camion, un giorno o l’altro le farà crollare, ma decine di lettere del comitato paesano non hanno avuto risposta. CasaPound, invece...». Anni 56, operaio in cartiera, alle scorse politiche un voto di protesta ai Cinquestelle, Francesco Novelli te lo spiega in due parole come hanno fatto i “fascisti del terzo millennio”, col loro simbolo della tartaruga nera in campo rosso e una lista collegata, a prendere a Lucca quasi l’8 per cento alle comunali di giugno e a portare in Consiglio il loro leader Fabio Barsanti, terzo per voti dopo il sindaco e l’avversario di centrodestra e prima del sindacalista candidato dai Cinquestelle. Case history, Lucca, ma lo stesso schema ha funzionato l’altr’anno a Bolzano e in questa tornata di amministrative a Todi, all’Aquila e in altri centri minori, con e senza apparentamenti col centrodestra, percentuali fra il 2 e il 5. Come ha raccontato a caldo Marco Damilano sull’Espresso dei tre omini neri col fez in copertina, per ballerina che sia la legge elettorale quella al momento in vigore alla Camera contempla una soglia del 3 per cento: non facile da raggiungere ma neanche impossibile. È in atto a quanto pare un cambio di strategia di CasaPound in vista delle politiche: dall’entrismo nel centrodestra (anche Barsanti alle comunali 2012 si era presentato, senza successo, con il Pdl) a liste autonome. Sulla scia greca di Alba Dorata. Il Piaggione, dunque, è l’ultima frazione del Comune di Lucca verso la Garfagnana, sorta intorno a un cotonificio oggi chiuso, duecento abitanti, dodici chilometri dalle mura, due file di vecchie case e in mezzo uno stradone. «La vuole sapere l’ultima beffa?», attacca Novelli. Ti conduce al vialetto alberato che porta alla stazione, abbandonata, e alla passerella sul fiume Serchio, sbarrata da un muro di cemento perché nessuno l’ha più riparata, e lui, che alla cartiera ci arrivava a piedi in dieci minuti, adesso deve prendere l’auto e fare il giro da sotto: «Tempo fa, sette o otto ragazzi di CasaPound sono venuti qua rimboccandosi le maniche a ripulire il viale dove i bambini giocano e le anziane signore fanno salotto sulle panchine. Sotto elezioni mettono un cartello per dire che tornano il sabato, e che fa il sindaco? Manda gli operai comunali alle 6 di mattina per far prima di loro!». Sbottano Alma e Rita, due delle signore in panchina: «Cosa credono, quelli, di cambiare la storia perché levano quattro frasche?» Ma quando al Circolino è venuto a parlare Barsanti la sala era piena, con gli altri quasi vuota. E il candidato di qua di CasaPound ha preso da solo 90 e passa voti. Chi sono, innanzitutto, i militanti? Venti o trenta, anche ragazze. Composti, ben vestiti, niente ostentazione, zero rappresaglie quando un collettivo di sinistra gli rovesciò palate di letame davanti alla sede. Attentissimi a non tracimare nell’iconografia del fascista violento e sprezzante. Determinati ma rassicuranti, dev’essere l’ordine di scuderia. La sede l’hanno in centro in un’ex-gioielleria con porta protetta, via Michele Rosi a cento metri dalla Casa della Carità dove suor Rosa delle Scalabriniane distribuisce una quarantina di pasti a migranti e, la sera, anche a italiani, ormai un terzo dei senzapane. Dentro la sede, tricolore, tartaruga, articoli di giornale, niente ammennicoli mussoliniani in vista, una tenda a dividere la zona club e bancone bar, riservata. Abili anche nella comunicazione, ribaltano pro domo loro gli svarioni altrui: la notte della risicata vittoria, il Pd in piazza a cantare Bella ciao, al sindaco scappa detto che con lui ha vinto «la Lucca bella e buona», loro gli sparano contro l’hashtag #Luccacattiva, come dire il 78 per cento che non l’ha votato, a Tambellini tocca scusarsi. Il loro capo è Fabio Barsanti, 36 anni, laurea triennale in Scienze giuridiche, anni fa lavori occasionali come cameriere e falegname, rappresentante di fiori essiccati e addobbi per vetrine e cerimonie, coordinatore di CasaPound prima in Toscana e ora nel lucchese. Un fumetto sulla pagina facebook sotto lo slogan “Difendere Lucca” lo raffigura con scudo e corazza da guerriero, nella destra una grande matita o paletto appuntito, difficile dire, sorridente. «Sempre con il sorriso sulle labbra» è la chiusa di alcuni suoi post. Però è sotto processo a Lecce per rissa aggravata, scontri con antagonisti nel settembre 2015; a chi glielo ricordava ha risposto di ritenere «anormale un uomo che non ha fatto a cazzotti»; e il suo film preferito è “Fight club”, combattimenti clandestini, bombe, banche che saltano per aria, anche se a lui ciò che piace del film è «la sfida, la realtà, il tempo». Toni pacati sempre, nei confronti pubblici e nei comportamenti privati, non come il candidato CasaPound di Ostia che prometteva in Consiglio di «far volare sedie e rovesciare banchi». Gentile e corretto, il Barsanti, anche quando ti dà buca. Arrivano in due, lui e un altro militante, bella moto Bmw del 2001, maglietta polo d’ordinanza, barba ben curata. Due ore prima dell’incontro concordato, un pomeriggio in giro tra sede e quartieri dove hanno fatto man bassa di voti, è arrivato il diktat del vertice romano di CasaPound: cancellare, niente interviste con L’Espresso. Non sono piaciuti i pezzi su Carminati. Sì, lui, “er cecato”, il neofascista dei Nar e della banda della Magliana, lo scassinatore di caveau, in galera per Mafia Capitale. Abbastanza stupefacente, ma così è. D’altronde, un minimo di gerarchia... «Un massimo di gerarchia!». Giusto. “Del terzo millennio” ma pur sempre fascisti si dichiarano e sono. “Gerarchia” era la rivista ufficiale del regime, anche se i loro riferimenti sono il fascismo rivoluzionario delle origini e quello repubblicano di Salò. Gerarchia resta per loro un valore imprescindibile. E gerarchia è «responsabilità, doveri, disciplina» (Mussolini 1922), «rapporto di subordinazione e supremazia» (Treccani 1932): chi sta sopra comanda, chi sta sotto ubbidisce. Anche se è uno come Fabio Barsanti, nel 2008 a Roma tra i fondatori nazionali di CasaPound Italia, oggi l’artefice dell’encomiabile risultato di Lucca. Vari fattori hanno concorso al loro successo in questa città un tempo feudo democristiano nella Toscana rossa. L’incrocio con la tifoseria estrema della locale squadra di calcio, la Lucchese, come raccontiamo a pagina 34 . L’attivismo del Blocco studentesco, loro filiazione, negli istituti cittadini, tre rappresentanti all’agrario, al turistico, al tecnico-commerciale e uno nella Consulta provinciale. Poi, certo, i 273 migranti sistemati in una tendopoli alle Tagliate gestita dalla Croce Rossa, il vicino campo rom semi-istituzionalizzato, e tutto l’armamentario cui attingono loro e altri qua e altrove: i barconi, l’invasione, i furti, la sicurezza, lo spauracchio del gender. Eccoli infatti proclamare che loro azzererebbero i costi per l’accoglienza girando i 500 euro al mese a ogni nuovo nato lucchese, o appendere davanti a una scuola d’infanzia cartelli con maschio e femmina stilizzati e accanto la X rossa sopra due omini maschi. Ma l’elemento decisivo che ha portato voti e consensi, è stato il lavoro capillare sul territorio. Ciò che un tempo svolgevano da dio il Pci e la Dc. Da tre anni almeno, non solo sotto elezioni, Barsanti e i suoi camerati di CasaPound girano, ascoltano, danno voce alla protesta di ogni singolo attore, comitato, gruppo: dai residenti di Antraccoli che si oppongono alla costruzione di un nuovo centro polivalente fino ai volontari del canile comunale di Montetetto, assieme ai quali si mettono a fare la sgambatura, l’ora d’aria degli animali, resa difficile dai nuovi regolamenti e dalla carenza di stanziamenti. Un attivismo quotidiano. Supplenza alle carenze delle istituzioni: a Nave han messo in sicurezza coi mezzi che avevano una piscina chiusa dove i bambini vanno comunque a giocare. Assistenza legale gratuita: la campagna “Nemica banca” contro gli illeciti degli istituti di credito. Volontariato: c’è il terremoto ad Amatrice, loro raccolgono e mandano abiti, soldi, cibo. Microwelfare: come una San Vincenzo nera, fanno la spesa all’invalido, organizzano mensilmente una raccolta alimentare, ritiro anche a domicilio, distribuzione alle famiglie bisognose, rigorosamente italiane. Su chi fanno presa, come allargano l’area di consenso, come arruolano nuovi militanti? Detto altrimenti: come si diventa fascisti nel 2017? Te lo racconta un uomo di sinistra, Simone Cavazzoli, presidente della Cooperativa sociale NoEmarginazione, agricoltura biologica e lavoro a disabili: «In questa città i mestieri altolocati sono appannaggio degli stessi cognomi da seicento anni e, caso unico, sulla carta d’identità ti scrivono “Lucca centro”: fuori le mura sei già un foresto. Alle periferie, alla pensilina che manca o al fiume che puzza non ci pensa nessuno. Loro sì. Ed è così che crescono: il ventenne vuol vedere un buco la mattina e la sera un mattone che lo chiude, ha bisogno di riscontri immediati di ciò che fa e di esserne soddisfatto. Hanno intercettato un bisogno di inclusione e riconoscimento di sé. Ne conosco un paio, ragazzi a posto, e madri contente della “buona compagnia” dei figli». È quasi un refrain: «Hanno lavorato bene, ci sono, li vedi, gli altri no»: così da chi li ha votati e da chi mai nella vita. Al Montuolo, altro quartiere dove sono volati nelle urne, villette, giardini, tre blocchi di case popolari e l’antica torre campanaria, Luca operaio elettrico, che stava con Bertinotti e leggeva il manifesto, ora vota CasaPound «contro il sindaco e contro una sinistra diventata liberista e preoccupata solo di immigrati e matrimoni gay». Lasci i dimenticati fuori le mura per il centro storico pieno di turisti americani che sciamano tra le cento osterie dal Duomo alla Casa del Boia per vie che si chiamano del Bastardo, dei Bacchettoni o della Felicità: e scopri che anche qui CasaPound ha rastrellato 334 voti, pari all’11 per cento. Perché «la sinistra ha aperto sei micromarket e una grande bisteccheria Eataly disintegrando il piccolo commercio e tutti i lunedì pomeriggio la Caritas distribuisce i panni agli immigrati tra i turisti basiti dallo spettacolo», si sfoga Partemio Moroni il pasticcere, disilluso pure dal centrodestra. Perfino il sindaco Pd Alessandro Tambellini, rieletto per il rotto della cuffia al ballottaggio con 361 voti di scarto, che con loro s’è preso a pesci in faccia prima e dopo le elezioni, ti dice che «hanno sensori sui territori, svolgono servizi nelle zone di maggior disagio, han censito gli edifici abbandonati che sono o possono diventare luoghi di spaccio». Gli chiedi perché non provvede il Comune. «Era tutto da rifare, a cominciare dai trasporti. S’incassavano 13 milioni l’anno di oneri di urbanizzazione, ora siamo a 1,6. Non arriviamo a tutto». I giovani e i militanti del Pd, allora? Circolo centro storico in piazza San Francesco, compagni e compagne seduti fuori a cerchio come un tempo nell’aia delle cascine, Sonia Bernicchi è la presidente del Comitato San Francesco, qua ospitato: «Ma anche noi facciamo tanto! Paghiamo bollette alla povera gente, italiani, sì, feste per i bimbi, ogni martedì andiamo nelle frazioni a prendere gli anziani per farli giocare a tombola da noi, e la domenica mattina è un viavai di gente che viene a prendere un litro di latte o un pacco di pasta, quasi più italiani che migranti. Il fatto è che non pubblicizziamo abbastanza ciò che facciamo...» Ecco, ci mancava, difetto di comunicazione, figuriamoci. C’è davvero da stupirsi se per un ragazzo è come una boccata d’aria fresca aggiustare un muretto in gruppo, perché no di camerati, anziché infervorarsi su come arare il campo di Pisapia o su dove s’è spostata oggi la tenda di Prodi? http://espresso.repubblica.it/palazzo/2017/08/31/news/come-hanno-fatto-i-neofascisti-di-casapound-a-prendere-l-8-per-cento-a-lucca-1.307061 Lucca, tutti i collegamenti tra i fascisti e gli ultras Alcuni gruppi organizzati della squadra locale, la Lucchese, sono una diretta emanazione di CasaPound. E negli anni scorsi il leader di una di queste associazioni è andato a combattere per la secessione del Donbass Non che Lucca sia nuova a storie d’estrema destra. Negli anni Settanta Ordine Nuovo (era di qua Marco Affatigato, ora in galera per truffa e bancarotta) e il Fronte Nazionale Rivoluzionario (grazie a una rete di complici, vi rimase nascosto per mesi Mario Tuti, condannato per due omicidi e ricostituzione del partito fascista), più di recente Forza Nuova, per un breve periodo. Il quinquennio peggiore s’apre nel 2004, e ruota intorno alla tifoseria della squadra di calcio, la Lucchese. In quell’anno nascono i Bulldog, che dalla curva ovest dello stadio Porta Elisa cacciano a sprangate la tifoseria di sinistra dei Fedayn e dei Tori flesciati e imperversano per le strade della città con pestaggi, aggressioni, accoltellamenti, caccia al rosso, un ragazzo ci rimette anche un occhio. Finalmente l’Ucigos si muove: retata nel 2009, condanna di 14 di loro dai 2 ai 5 anni
e mezzo per associazione a delinquere e una sfilza d’altri reati, tutto prescritto
in Cassazione giusto il 18 luglio. Intanto il loro capo, Andrea Palmeri, detto
il Generalissimo, è fuggito in Donbass, dove combatte coi filorussi contro gli ucraini:
«Un vero fascista italiano si è unito alla nostra milizia», esulta Pavel Gubarev,
ex governatore dell’autoproclamata repubblica popolare del Donetsk. Tre o quattro candidati di CasaPound sono tifosi storici anche in epoca Bulldog, ma non risultano coinvolti negli scontri. La Lucchese fallisce due volte in 33 mesi, ricomincia dal Campionato d’eccellenza, sale in serie D. Anche la tifoseria nera si rinnova, e ora due gruppi dominano la curva ovest: la Banda Thevenot (la bomba a mano degli Arditi nella prima guerra mondiale), diretta espressione di CasaPound, e La meglio gioventù, comunque amici. E giocano un ruolo chiave nella campagna elettorale. In casa, Barsanti e i suoi non si perdono una partita, animano il tifo, fanno nuovi proseliti. In trasferta non ci vanno per protesta e rifiuto della “tessera del tifoso”. Neppure a giugno, quando la squadra gioca i playoff per tornare in C, ma perde la sfida decisiva contro il Parma. Lui, in compenso, segna in città un 8 per cento che vale assai più della serie C. http://m.espresso.repubblica.it/attualita/2017/08/31/news/lucca-tutti-i-collegamenti-tra-i-fascisti-e-gli-ultras-1.307066?ref=twhe&twitter_card=20170831092632 iniziative_fasciste
2 notes
·
View notes
Link
0 notes
Text
LOCRI ON ICE Nota critica del movimento “Scelgo Locri”: “Sicurezza e trasparenza, queste sconosciute”
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/locri-on-ice-nota-critica-del-movimento-scelgo-locri-sicurezza-e-trasparenza-queste-sconosciute/
LOCRI ON ICE Nota critica del movimento “Scelgo Locri”: “Sicurezza e trasparenza, queste sconosciute”
LOCRI ON ICE Nota critica del movimento “Scelgo Locri”: “Sicurezza e trasparenza, queste sconosciute”
LOCRI ON ICE Nota critica del movimento “Scelgo Locri”: “Sicurezza e trasparenza, queste sconosciute” Lente Locale
R. & P.
Nella nostra città pare sia diventato ormai normale soprassedere ad ogni comune pratica di buon senso oltre che di semplice legalità e di corretta e trasparente amministrazione. Ne abbiamo avuto ancora una volta, osservando la superficialità con cui l’amministrazione Calabrese organizza (o lascia organizzare) l’evento pubblico denominato “Locri on Ice”.
Lo scorso anno i consiglieri di opposizione, hanno presentato una richiesta di accesso agli atti, una semplicissima azione di controllo con l’obiettivo di meglio comprendere l’iter organizzativo ed offrire dei suggerimenti per tutelare sia la sicurezza dei giovani frequentatori dell’evento che il resto dei cittadini locresi.
Al Sindaco ed alla Giunta é stato specificatamente chiesto di conoscere il nominativo del soggetto che paga la fornitura di energia elettrica e di quella idrica a servizio di tutte le installazioni presenti sulla pubblica piazza; se le strutture allocate sono state concesse a terzi a titolo a gratuito o dietro versamento di corrispettivo, ed in questo caso quale sia l’importo di tale corrispettivo e chi incassa le somme; se esiste una polizza assicurativa per i rischi a terzi; la scia sanitaria per l’esercizio delle attività di somministrazione alimenti e bevande; il bando predisposto dall’ente per l’assegnazione e concessione degli spazi di vendita/esposizione; il verbale rilasciato della commissione pubblici spettacoli previsto dal TULPS; la documentazione di impatto acustico considerato che, con ordinanza del sindaco, viene per oltre venti giorni permessa la deroga alle emissioni sonore notturne; le relazioni di servizio dei vigili urbani che hanno effettuato servizio straordinario con eventuali risultanze di controlli e verifiche della sussistenza dei requisiti; le modalità di smaltimento delle acque reflue e la relativa concessione di scarico; l’elenco delle ditte commerciali e il nominativo del preposto alla vendita; il parere dei vigili del fuoco previsto dalla normativa di settore.
Nella risposta formale, a firma del sindaco Giovanni Calabrese pervenuta il 7 febbraio 2019, però è stato consegnato uno solo dei documenti di cui era stata fatta richiesta, una semplice lettera ad un privato, rappresentante di una associazione cittadina denominata “Locri eventi” (nota n. 24791/2018), tramite la quale si autorizzava la manifestazione, con il solo patrocinio morale dell’ente. Dunque, si apprende che non c’è nessun atto deliberativo che, come previsto dalla legge, norma e regola l’evento al fine di tutelare l’interesse pubblico. Per il resto il Sindaco scrive che “si trova impossibilitato ad evadere le ulteriori richieste in quanto agli atti d’ufficio NON ESISTONO tali documenti”.
Il fatto è molto grave poiché si tratta di documenti fondamentali per garantire che la manifestazione si svolga nella massima sicurezza e nella piena trasparenza e, con nostro grande stupore, dalla risposta del sindaco pare emergere che nessun adempimento è stato eseguito!
Ci chiediamo con quale leggerezza e irresponsabilità ci si possa rivolgere alla popolazione, in particolare ai giovani ed ai giovanissimi della Locride, pur essendo consapevoli di tali carenze, cosi come ci chiediamo come si possa mettere in discussione l’alto valore del simbolo del nostro Comune, concedendo il patrocinio morale, senza alcuna garanzia di sicurezza e legalità per chiunque frequenti la pur apprezzabile manifestazione.
Sulle questioni di merito, l’unica risposta ottenuta, invece, é stata la certificazione che, mentre ci sono delle attività commerciali private che offrono servizi a pagamento durante lo svolgersi degli eventi, a farsi carico delle spese vive della manifestazione sono le casse comunali. La cosa non ci consola perché, se a pagare per Locri on Ice sono i cittadini locresi che vivono in un comune in dissesto finanziario, gli stessi dovrebbero poter godere della massima trasparenza sui fatti e sugli atti della manifestazione oltre che sulle conseguenze della stessa, la più evidente delle quali è l’impatto acustico nelle ore notturne.
Locri on ice è un appuntamento diventato per molti atteso e popolare, giunto alla sua settima edizione che impiega notevoli risorse finanziarie e strumentali, e per tanto non comprendiamo perché non venga seguito il corretto iter amministrativo, osservando le regole e le procedure amministrative. Un’amministrazione comunale ha il compito primario di essere da esempio per i suoi cittadini, il messaggio che ci aspettiamo venga veicolato, soprattutto alle nostre latitudini, è che anche la più scontata delle norme debba essere rispettata e che ogni cosa debba svolgersi nella completa trasparenza. Per questo, i consiglieri del movimento hanno protocollato il 12 dicembre (prot.30226), una nuova istanza in cui pongono le medesime richieste di un anno fa, con la speranza che la risposta sia questa volta differente, in nome della legalità, della trasparenza e del buon senso che stanno alla base del vivere comune e nel rispetto di tutti.
Infine, ci permettiamo di sollecitare questa maggioranza consiliare ad un minimo impegno per le decorazioni natalizie della città. Il calore di questa festa passa anche dall’accoglienza offerta ai cittadini ed ai visitatori in queste settimane. La nostra piazza principale è occupata da un enorme capannone bianco che nasconde l’allestimento interno, tolte le apprezzabili iniziative delle singole attività commerciali private non esistono luminarie natalizie lungo le vie e la scelta di appendere delle piante ai lampioni del corso principale si è immediatamente rivelata in tutta la sua inadeguatezza. Non un presepe, non un albero di Natale, non una sola luminaria per ricordare ai tutti noi che oltre alla dance ed ai cocktail sotto il tendone, esiste un Natale fatto di tradizioni e di simboli irrinunciabili. Siamo entusiasti del ruolo che Locri ha durante le feste natalizie per l’offerta di svago, ma non possiamo non dirci che rimane un’iniziativa commerciale, la realizzazione della quale non dovrebbe fagocitare le altrettanto importanti attese tradizionali. Siamo ancora in tempo a porre rimedio, offrendo anche ai locresi un poco di atmosfera natalizia.
Coordinamento Movimento Politico Scelgo Locri
LOCRI ON ICE Nota critica del movimento “Scelgo Locri”: “Sicurezza e trasparenza, queste sconosciute” Lente Locale
LOCRI ON ICE Nota critica del movimento “Scelgo Locri”: “Sicurezza e trasparenza, queste sconosciute” Lente Locale
R. & P. Nella nostra città pare sia diventato ormai normale soprassedere ad ogni comune pratica di buon senso oltre che di semplice legalità e di corretta e trasparente amministrazione. Ne abbiamo avuto ancora una volta, osservando la superficialità con cui l’amministrazione Calabrese organizza (o lascia organizzare) l’evento pubblico denominato “Locri on Ice”. Lo scorso […]
LOCRI ON ICE Nota critica del movimento “Scelgo Locri”: “Sicurezza e trasparenza, queste sconosciute” Lente Locale
Gianluca Albanese
0 notes
Text
Carabinieri, mega operazione Nas in tutt'Italia, tante le irregolarità riscontrate e denunciate
Negli ultimi giorni, i militari del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute sono stati impegnati in una serie di controlli finalizzati a garantire la salubrità degli alimenti destinati a finire sulle tavole degli italiani. Il NAS di Pescara, che ha effettuato un’ispezione presso un laboratorio artigianale dedito alla produzione di pasta all’uovo, ha segnalato una persona all’Autorità Amministrativa per avere: - attivato un deposito imballaggi e prodotti finiti senza aver effettuato la registrazione presso l’autorità competente; - mantenuto il deposito degli alimenti e il laboratorio di produzione della pasta in condizioni igieniche carenti. Il personale del Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione dell’A.S.L. di Teramo, intervenuto sul posto su segnalazione dei Carabinieri, ha disposto l’immediata sospensione delle attività effettuate nel deposito, il sequestro di 6 bancali di imballaggi in quanto contaminati, e la distruzione di 2 quintali di pasta detenuta in carenti condizioni igieniche. Il NAS di Bologna ha concentrato le sue attività sul settore vitivinicolo accertando, presso due diverse aziende agricole: - l’omessa notifica ai fini della registrazione di un deposito utilizzato per la conservazione promiscua di diversi alimenti; - il mancato aggiornamento degli atti autorizzativi per la variazione del legale rappresentante; - l’esercizio abusivo dell’attività di ristorazione esercitata in locali non notificati; - la detenzione in cantina di prodotti vietati (zucchero e distillato alcolico); In tale ambito, i militari, oltre a procedere al sequestro dei locali abusivi, hanno posto i sigilli su: - 59.247 litri di vino; - 584 kg di alimenti vari e zucchero; - 15.376 bottiglie da 0,75 lt. di vini di diverse tipologie. Il valore complessivo dei provvedimenti adottati è di oltre mezzo milione di euro, mentre quello delle sanzioni amministrative elevate è di circa 13.000 euro. Il NAS di Roma ha effettuato degli accertamenti su alcuni dei depositi di acqua e bibite presenti nella capitale e i suoi dintorni. Al termine delle verifiche i militari hanno segnalato all’Autorità Amministrativa i legali responsabili di due diversi depositi per alimenti. Entrambe le persone, hanno violato la normativa di settore commercializzando acqua minerale in bottiglia recante etichettatura irregolare. In uno dei casi gli Ispettori del NAS hanno notato che la merce riportava diciture e/o affermazioni riferite a un prodotto della stessa marca, ma di consistenza diversa. Nell’altro, invece, i Carabinieri hanno rilevato delle diciture aventi scopo pubblicitario proibite dalla vigente normativa. Nel corso dei loro accertamenti i militari hanno proceduto al sequestro amministrativo di oltre circa 85.000 bottiglie d’acqua, ed elevato sanzioni amministrative per un valore complessivo di 60.000 euro. Gli uomini del NAS della Capitale, unitamente al personale dell’ASL Roma/2, hanno inoltre posto i sigilli su una macelleria gestita da un cittadino extra-comunitario. Il provvedimento di chiusura, dal valore di 250.000 euro circa, è stato adottato in quanto i locali dell’attività versavano in gravi carenze igienico sanitarie e strutturali. Il NAS di Firenze ha invece effettuato un’attività ispettiva presso una rosticceria toscana. Nel corso del controllo, i Carabinieri hanno proceduto al sequestro sanitario di: - circa una tonnellata di alimenti vari (in prevalenza colli di prosciutto crudo, salumi e formaggi) in quanto privi di etichettatura e documentazione che ne attestasse la tracciabilità o allo stato fisico congelato con scadenza superata; - quasi 300 panini, farciti con gli alimenti su menzionati, e destinati ad essere commercializzati agli studenti delle scuole del circondario, per le quali l’esercizio rappresenta un punto di riferimento per la vendita di prodotti gastronomici durante la pausa di ricreazione. Nel corso del medesimo controllo, inoltre, i militari fiorentini, al fine di verificare la posizione lavorativa del personale impiegato presso l’attività commerciale, hanno richiesto il supporto dei colleghi del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro i quali hanno scoperto irregolarità relative a 6 dei 14 lavoratori impiegati, e l’installazione non autorizzata di un impianto audiovisivo. Il personale dell’Azienda USL competente per territorio, intervenuta sul posto su segnalazione dei militari, ha disposto l’immediata sospensione dell’attività di gastronomia/rosticceria sino alla regolarizzazione delle non conformità riscontrate. Il valore commerciale delle strutture inibite è stimato in circa 800.000, mentre quello delle sanzioni amministrative elevate è di oltre 28.000 euro. Il NAS di Treviso, al termine di un accertamento eseguito presso un esercizio commerciale per la vendita di prodotti alimentari, ha deferito una persona all’Autorità Giudiziaria. L’indagato, responsabile legale dell’attività, è accusato di tentata frode in commercio per aver posto in vendita dei prodotti alimentari decorsi di validità, dei quali aveva fraudolentemente alterato l’etichetta al fine di continuarne la commercializzazione. In un’altra ispezione, invece, gli uomini del NAS di Treviso hanno controllato una cantina, all’interno della quale hanno proceduto al sequestro di tre vasi vinari contenenti 170 hl di vino. Il provvedimento, dal valore di 85.000 euro, è stato adottato in quanto i registri di cantina non erano stati aggiornati. Anche il NAS di Lecce ha eseguito dei controlli nel settore vinicolo. A seguito di un accertamento eseguito presso un’azienda leccese, i militari del NAS pugliese hanno sequestrato 34 hl di prodotto vinoso privo di indicazioni relative alla tracciabilità. Il NAS di Milano, infine, ha proceduto alla chiusura immediata di un ristorante pizzeria per gravi carenze igienico sanitarie dovute ad un’infestazione di insetti (blatte e scarafaggi) nonché a problematiche gestionali. Read the full article
0 notes
Text
Mense scolastiche, 3 aziende sospese tra Palermo e Agrigento
I carabinieri del Nas di Palermo hanno accertato irregolarità in 11 aziende delle 34 controllate che si occupano di servizi di ristorazione e imprese di catering che gestiscono mense negli istituti scolastici nelle province di Palermo, Agrigento e Trapani. Nel corso delle ispezioni oltre alle irregolarità sono state segnalate 12 persone alle autorità amministrative e sono state elevate 21 sanzioni per 8 mila e 500 euro. Lo riporta oggi l'Ansa. Sono stati sequestrato oltre 210 chilogrammi di alimenti non tracciati per un valore di 5.000 euro. Secondo Ansa sono state sospese le attività in tre aziende nella provincia di Agrigento e Palermo. La maggioranza delle infrazioni ha riguardato le carenze strutturali e impiantistiche dei locali e delle attrezzature destinati alla preparazione dei pasti, la mancata attuazione delle procedure di autocontrollo, l'assenza di tracciabilità degli alimenti con uso di materie prime di cui non era possibile identificare l'origine. Read the full article
0 notes
Text
Castiglione delle Stiviere: i Carabinieri sanzionano per 5000 € una palestra
Castiglione delle Stiviere: i Carabinieri sanzionano per 5000 € una palestra Nel pomeriggio del 3 maggio nel corso di controlli finalizzati al rispetto della normativa della sicurezza sui luoghi di lavoro i Carabinieri di Castiglione delle Stiviere e quelli di Volta Mantovana coadiuvati dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro e dal Nucleo Carabinieri Antisofisticazioni e Sanità di Cremona, hanno controllato una palestra di Castiglione delle Stiviere ed i suoi 13 dipendenti, riscontrando e contestato due violazioni amministrative per l’ammontare complessivo di circa 5.000 euro, intimando contestualmente al titolare di regolarizzare quanto prima le carenze evidenziate durante i controlli, pena la chiusura dell’attività.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
Controlli a Torino su 268 persone, sospeso ristorante in centro
Un totale di 268 persone controllate, quattro esercizi pubblici, con cinque sanzioni amministrative per carenze igieniche per 4.250 euro totali, il sequestro di 11 grammi di eroina, la contestazione di cinque illeciti amministrativi per possesso di sostanza stupefacente, l’arresto di una persona indiziata di spaccio di sostanza stupefacente e la denuncia in stato di libertà di due…
View On WordPress
0 notes
Text
Giulianova, sequestro di stupefacenti in discoteca: rilevate anche irregolarità amministrative e carenze igienico-sanitarie
GIULIANOVA – Prosegue l’attività del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Teramo, nel periodo ferragostano, a tutela della sicurezza dei cittadini e turisti presenti sul litorale.
La notte di ferragosto, militari della Compagnia di Giulianova, nell’ambito dei servizi finalizzati al contrasto ed alla repressione dei traffici illeciti ed in particolare allo spaccio di sostanze…
View On WordPress
0 notes
Text
Quando il lavoro non è passione, ma solo fortuna
L’Italia è in deflazione e i media ci hanno spiegato che non è una buona cosa. Praticamente, come rapporto prezzi/redditi stiamo al 1959. «L’Espresso» di questa settimana ci ha svelato che noi Italiani siamo intrisi di nostalgia, dopo le batoste del nuovismo a tutti i costi (di cui Renzi era il volto solo più presentabile e nulla più), e cita la ‘retrotopia’ di Baumann.
Aver cambiato, rottamato, riformato, creato nuovi partiti e movimenti non ci ha giovato, in quanto alla fine si è trattato di un cambiamento per il cambiamento stesso. Significa che abbiamo solo modificato il colore alla carta da parati, nel tentativo di togliere la muffa dalle pareti.
Mettiamola così, i nostri nuovi politici sono delle mezze calzette, che non sanno neanche frodare bene, né con stile: si fanno vanto della loro grossolanità (la quale per costoro è solo una forzata traduzione di naïveté), imposta quale sintomo di schiettezza e quindi traslatamente di onestà, nonché avidi (di potere, di soldi). (Poletti, per esempio, non ha pensato minimamente a dimettersi.) Tra loro ed i media, inoltre, si è innescata una battaglia tattica preventiva, del tipo ‘noi politici avvertiamo adesso la popolazione che voi giornalisti siete dei creatori di bufale, così quando fra poco scoppieranno i bubboni la gente penserà che è un vostro complotto’. Livelli infimi, cioè.
Questo 2017 non inizia bene. (Poi, mentre scrivo, nevica pure e per la nostra indifesa Città è un guaio.) Più in generale, la nostra vita di cittadini occidentali non sarà più la stessa di vent’anni fa. i livelli di benessere si abbasseranno ancora, in questo nostro Paese in cui le disuguaglianze sono sempre più stridenti. (Infatti, siamo appena diventati i primi per il più rapido allargamento della forbice tra chi ha e chi non ha, misurato col Coefficiente Gini, superando pure gli USA ed il Regno Unito.)
Rileggo sconsolata un vecchio editoriale della buonanima di Giorgio Bocca, che descrive le due Italie, quella delle caste e delle cricche (ladroni e cortigiani compresi) e quella dei poveracci, come me e come Voi, separate (già allora) da un ipotetico Coefficiente Gini del ladrocinio. Caste e cricche, composte della stessa tipologia di gente cazzista che ha svenato la banca più antica del mondo, il Montepaschi, guardandosi bene dal restituire gli ingenti prestiti. Insomma, grandi nomi dell’imprenditoria, politici e VIP hanno accumulato il settanta percento delle insolvenze per prestiti superiori a 500mila euro e più del trentadue percento di questi aveva contratto prestiti (mai soluti) superiori ai tre milioni di euro. Con l’avallo dei partiti ed anche di alte cariche politiche, amministrative, governative ed economiche.
Se anche negli USA si lamentano dell’indebolimento della meritocrazia, a favore del potere trasmesso per caste e famiglie, da lobbies e cordate, noi Italia rimarremo condannati a questo inferno di corruzione endemica, spacciata per decisionismo o imposta da ragioni imprenditoriali, che di coraggioso, competente o valido non hanno nulla: è solo cartapesta.
Noi miseri, possiamo solo sognare e quindi ci diamo al gioco, alle lotterie, ai gratta&vinci, sperperando 95 miliardi di euro che lo Stato manco sa ben utilizzare, considerato che il salvataggio di MPS costerà circa 250 euro ad ogni cittadino italiano.
Licenziando gli operai (adesso è ammesso anche la giustifica per mancato introito) non risolveremo la crisi, né aumenteremo la produttività nel Paese, ovvero la sua competitività (che non si può reggere sui bassi salari, bensì sulla qualità, sull’innovazione e sulla ricerca): la realtà è che stiamo preventivamente licenziando le prossime generazioni dalle anagrafi patrie.
Welfare smantellato, aumento della depressione sociale, preannunci di prossime incriminazioni tra amministratori pubblici e politici. Sì, voglio tornare indietro in un’orgia di retrotopia, che punirà ogni altra emergente individualità politica spacciatrice di riforme, nuovismi e/o rottamazioni.
Leggo ideologici proclami sul coraggio d’investire, ma i giovani italiani hanno paura. Uno il coraggio d’investire non se lo può dare, considerato che in Italia pare non attecchisca più nulla, neanche la speranza.
Ho letto (TED Ideas, aprile 2016) del diagramma di Venn applicato al lavoro ideale, in cui chiamano utopisticamente ‘passione’ il lavoro che è più consono alla personalità di ciascuno, e questa passione/lavoro-ideale ricopre l’area che incrocia tre aspetti: fare qualcosa in cui si è bravi; sentirsi apprezzati; credere che il proprio lavoro apporti benefici agli altri. Ovviamente, la base è ‘essere pagati per lavorare’. Faccio questa precisazione perché non pochi sono gli Italiani a trovarsi nell’intersezione dei tre insiemi (me compresa, ma solo quando scrivo articoli e libri) privi del fondamentale: un corrispettivo economico congruo.
Prendete gli infermieri: fanno un lavoro essenziale, spessissimo sono anche apprezzati ma ripagati con una pacca sulla spalla (hanno i contratti bloccati, oppure sono interinali, o cooperanti ad un terzo della paga-base, oppure fanno più turni del consentito per coprire le carenze di organico), senza doversi (o potersi?) mai chiedere se sia davvero il lavoro che avrebbero voluto fare nella vita (succede anche agli insegnanti) perché in Italia qualunque lavoro è una fortuna, non un diritto, non la base dell’indipendenza e della libertà.
2 notes
·
View notes