#carceri Alessandria
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Alessandria: “Adottiamo le carceri cittadine” – Un appello per migliorare le condizioni detentive.
Un appello per il cambiamento: l'Associazione radicale Adelaide Aglietta scrive al Sindaco di Alessandria.
Un appello per il cambiamento: l’Associazione radicale Adelaide Aglietta scrive al Sindaco di Alessandria.Sabato 25 gennaio, una delegazione dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta ha visitato i due istituti penitenziari di Alessandria, la Casa circondariale “Cantiello e Gaeta” e la Casa di reclusione “San Michele”. Durante queste visite ispettive, sono emerse criticità significative, tra…
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osappleobeneduci · 6 months ago
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Alessandria: Operazione Antidroga alla Casa di Reclusione San Michele, Arrestato Cinquantenne e Sequestrati Telefoni e Droga
Colpo significativo inferto dalla Polizia Penitenziaria alla Casa di Reclusione San Michele di Alessandria. Durante un’operazione di controllo e contrasto all’introduzione di sostanze stupefacenti nell’istituto, il Reparto Cinofili ha portato a termine un’azione di successo grazie all’infallibile fiuto di “Shining”, un Pastore belga malinois. L’operazione, condotta dal Personale di Polizia…
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corallorosso · 5 years ago
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LE SQUADRACCE FASCISTE DEL CAIRO. "Baltagiya" in arabo significa teppista. Negli ultimi anni il termine viene usato per indicare i componenti di una banda criminale dedita ad atti di violenza contro cose e persone I Baltagiya sono gruppi di individui reclutati dalla Polizia egiziana nelle carceri. Prostitute, ladri, violenti di ogni risma. Addestrati nelle stesse prigioni e poi lasciati liberi per esercitare il lavoro "sporco" fatto di violenza, con il consenso della Polizia. Il regime, l'altro giorno, ha liberato oltre 500 prigionieri. Molti di loro sono finiti nelle bande al soldo del Potere, sono diventati appunto baltagiya, protetti oltre misura per tutti i crimini che commetteranno. Squadracce fasciste che hanno creato in Egitto una rete di potere occulto, il cui fine é snidare ogni pensiero diverso, ogni parola sbagliata contro il regime e distruggerlo. Leila Seif e le due figlie, Mona e Sanaa, sono state aggredite davanti alla prigione di Tora, dove il figlio e fratello, Alaa Abdel Fattah, è recluso dal 29 settembre scorso per aver espresso il proprio dissenso. Un gruppo di baltagiya formato da donne, le ha circondate e picchiate sotto l'occhio indifferente dei soldati. Le hanno lasciate a terra, coperte di sangue e lividi. Sempre al Cairo, un ragazzo di 19 anni, ritenuto incline all'omosessualità, é stato rapito, violentato per ore da un gruppo di baltagiya e abbandonato in un campo. Ritrovato dai parenti, si trova ora in fin di vita all' ospedale. Nessuna inchiesta é stata aperta. I baltagiya ascoltano, riferiscono, accusano, eliminano per conto del dittatore. Sono pagati per questo. Tutti voi ricorderete che, pochi giorni dopo l'omicidio di Giulio Regeni, la Polizia fece irruzione in una casa e a colpi di mitra uccise 5 uomini, ritenuti responsabili del sequestro e dell'omicidio di Giulio. Erano baltagiya, criminali al soldo della stessa Polizia. Eliminati perché sapevano troppo oppure perché non sapevano nulla. In ogni caso, "capri espiatori" del crimine. Delinquenti pagati dai Servizi egiziani i cui capi sono tuttora introvabili e di cui la Magistratura italiana chiede invano l'arresto. Tre giorni fa, ad Alessandria d'Egitto, un uomo al mercato della frutta si lamentava del prezzo di mele e pomodori. Sosteneva che il Governo doveva fare qualcosa per aiutare il Popolo a sopravvivere perché perfino la verdura ha raggiunto costi che i poveri (la maggioranza) non si potevano permettere. Quattro uomini lo hanno circondato e trascinato via di peso. A casa aspettano ancora i pomodori. Claudio Khaled Ser
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paoloxl · 5 years ago
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Sono passate quasi 48 ore dalla rivolta messa in atto da parte dei detenuti del carcere Sant’Anna di Modena e il bilancio somiglia sempre più a un bollettino di guerra.
Sette morti. La strage al carcere di Sant’Anna, 48 ore dopo
Sette, in totale, i detenuti morti. Tre sono stati rinvenuti all’interno della struttura modenese. Per gli altri quattro, invece, l’agonia si è prolungata per lunghe ore dato che sono morti al loro arrivo nelle carceri di Parma, Verona, Alessandria e Marino del Tronto (Ascoli Piceno).
Per quest’ultimo caso, si legge, “già al suo arrivo nella struttura ascolana le condizioni erano parse subito gravissime”. 18 i detenuti feriti di cui 6 ricoverati in terapia intensiva (2 al Policlinico di Modena, 3 all’ospedale di Baggiovara e 1 a Carpi).
A scatenare la rivolta è stata la notizia di detenuto risultato positivo al coronavirus e sembra che anche che la notizia fosse nota già dallo scorso fine settimana. All’interno del carcere modenese sono presenti ancora alcuni detenuti. 16 pare siano stati trasferiti a Parma e 15 a Sassari.
Queste le informazioni che trapelano dai giornali che sono gli unici, al momento, a fornire qualche dato. Le famiglie dei detenuti, infatti, dopo quasi 48 ore dall’inizio della rivolta, non sanno ancora dove siano stati trasferiti i propri cari e quali siano le loro condizioni di salute. Le informazioni che ora dopo ora stanno venendo fuori, inoltre, smentiscono tutto quello che era stato riferito loro domenica sera. I familiari, infatti, erano stati rassicurati sull’assenza di casi di contagio da coronavirus all’interno della struttura carceria. Oggi, in realtà, sappiamo che un primo detenuto contagiato era già stato individuato tra venerdì e sabato. “Perché, prima della cancellazione dei colloqui, a noi familiari è stato imposto di mantenere il metro di distanza durante gli incontri con i detenuti e il personale penitenziario invece non è stato dotato di alcun mezzo protettivo? Il corona virus poteva entrare nel carcere anche attraverso un poliziotto, non solo attraverso noi familiari”.
Eppure era la stessa Ausl di Modena a confermare le voci di uno dei detenuti trovati positivi al coronavirus. (Info da Modenatoday)
È stato questo, con buona probabilità, l’ultimo fatto che si è rivelato decisivo per l’inizio della rivolta dei detenuti che altro non chiedevano se non maggiori garanzie contro il contagio, soluzioni alternative per mantenere i contatti con i propri familiari e seri provvedimenti contro il sovraffollamento. Rimangono, ad oggi, due dati che vanno dunque sottolineati: da 48 ore i familiari non hanno alcuna notizia dei propri cari. Non sanno né dove si trovino adesso né in che condizioni siano. I detenuti stessi non hanno ancora avuto modo confrontarsi con i propri legali i quali, anche loro, aspettano notizie. Un vero e proprio limbo, insomma.
Nel mentre, anche i sindacati degli agenti della polizia penitenziaria del carceri di Marino del Tronto si dicono “preoccupatissimi e ritengono gravissimo che il Dipartimento abbia preso questa decisione senza avvertire” e anche al carcere di Sassari, dove sarebbero in arrivo 15 detenuti provenienti da Modena, non sembrerebbero averla presa affatto bene, come riportato qua.
“Se l’Amministrazione non blocca immediatamente questi trasferimenti scellerati, e prosegue con queste scelte scellerate, ci ritroveremo il contagio negli istituti penitenziari sardi. Il Ministro e il capo del Dap non fanno altro che prendere decisioni sbagliate. E’ gente che si deve dimettere subito perché stanno mettendo in grave pericolo tutto il sistema penitenziario. I fatti di Modena, con sei morti, ne sono l’espressione eloquente”, afferma Villa. Il segretario della Fns Cisl sarda afferma “che il Ministro e il Dap devono fermare immediatamente le traduzioni”. Chiaro che il rischio c’è, ed è concreto: “Se arriva un detenuto asintomatico dalla ‘zona rossa’ e dopo il periodo di incubazione invece risulta malato, contagia nel frattempo tutta la popolazione carceraria, compresi gli Agenti. L’unitarietà che stiamo mostrando qui in Sardegna tra Provveditorato, comandanti e sindacati – prosegue Villa -, devono dimostrarla a Roma, a livello centrale. Invece siamo in mano a gente che sta prendendo decisioni folli, in barba al Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dove sono citate più volte gli inviti a diminuire le movimentazioni da una regione all’altra. Negli Istituti stanno entrando persone senza controlli, altro che triage”.
L’ultimo dato invece, quello più grave, riguarda i sette detenuti morti. La Procura di Modena, infatti, ha avviato le indagini per i tre deceduti nella carcere di Sant’Anna. Per gli altri quattro, invece, viene meno la competenza territoriale e dunque sarà compito delle procure di Alessandria, Verona, Ascoli Piceno e Parma fare luce su quanto accaduto e soprattutto sulle responsabilità di chi ha permesso lo spostamento di queste persone senza verificarne lo stato di salute.
Misura che, con buona probabilità, avrebbe risparmiato loro la vita.
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comunicatistampablog · 5 years ago
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Carcere senza stress, la meditazione entra nelle carceri italiane
Carcere senza stress, la meditazione entra nelle carceri italiane
Alessandria, 15 ottobre 2019 –  Nella Casa di Reclusione San Michele, ad Alessandria, è stato presentato il progetto “Carcere senza stress”, che prevede l’utilizzo del programma di Meditazione Trascendentale per ridurre lo stress, promuovere il benessere psicofisico e una migliore qualità di vita per detenuti, agenti e operatori penitenziari.
Il progetto, della durata di un anno, è iniziato a…
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italianartsociety · 6 years ago
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By Jennifer D. Webb
Benedetto Innocente Alfieri died in Turin on December 9th, 1767. The architect, best known for his innovative design for the Church of SS. Giovanni and Remigo in Carignano, initially trained as a lawyer at the Collegio dei Nobili in Turin. Even after embarking on his building career, Alfieri continued to draw upon his legal experience and also served as mayor of both Asti and Turin.
Although born in Rome, Alfieri’s family came from Asti in the Piedmont where he spent most of his life. It was for friends and relatives that Alfieri first worked as an architect. In 1730, his uncle provided him with the opportunity to build a family palace in Alessandria; it was while working on this project that Alfieri first met Filippo Juvarra who he succeeded in the post of First Architect to the King. Over the course of the 1740s and 1750s, Alfieri frequently expanded upon or continued projects begun by Juvarra.
In his approach to design, Alfieri drew from a number of traditions in order to create buildings that best suited the functional needs as well as met the interests of the patron. For example, in his design for the Teatro Regio in Turin (1738-40), Alfieri considered the connection between the theater and the Palazzo Reale. Addressing convenience for the royal family did not mean a sacrifice for the rest of the theater-goers; Alfieri also prioritized their viewing angles, comfort, and acoustical experience . It was in this theater that Alfieri introduced a horseshoe-plan with distributed boxes which became the standard. His interest in the viewer experience is also evident in the unique design of SS. Giovanni and Remigo. The semi-circular plan, which replaced a narrower, longitudinal church, features seven  different views “as controlled as grooves of a seashell” according to Richard Pommer.
In addition to these projects, Alfieri also executed the Segretaria di Stato (1739-67) and the Carceri Senatoriali in Turin. These two buildings, according to Peter Stein “anticipate” the “purpose-built functional architecture of the 20th century.”
References: Peter Stein. “Alfieri, Benedetto Innocente.” Grove Art Online. Oxford Art Online. Oxford University Press. https://doi.org/10.1093/gao/9781884446054.article.T001752; Richard Pommer. Eighteenth-Century Architecture in Piedmont. New York: New York University, 1967.
SS Remigio e Giovanni (1757-67), Carignano (Italy). Source: Wikipedia Commons.
Pietro Domenico Oliviero, Interior of Teatro Regio (c.1752) Source: Wikipedia Commons.
Further reading: Myers, Mary L. Architectural and Ornament Drawing: Juvarra, Vanvitelli, and Bibiena Family, and Other Italian Draughtsmen. New York: Metropolitan Museum of Art, 2013; Millon, Henry A. Triumph of the Baroque: Architecture in Europe, 1600-1750. New York: Rizzoli, 1999.
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pangeanews · 5 years ago
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“Una pedagogia dell’avventura, una specie di Mille e una notte occidentale”. In viaggio con Nerval (dialogo con Bruno Nacci)
Oriente è lo spioncino da cui Occidente rivela la propria spaziale nudità, è lo specchio che deve essere infranto, il ritorno alle origini, il rito sarcastico del giudizio e del vuoto. Il gioco, semmai, è capire come Occidente abbia fabbricato Oriente – l’incomprensibile – a suo modo, tramite operazione chirurgica, estetica. Tra il laccato Egitto di Jean-Léon Gérôme – Napoleone Bonaparte, nuovo Alessandro, che contempla l’enigma della Sfinge, rovinata, che ne profetizza la prediletta rovina –, l’odalisca botticelliana di Ingres, la tigre che s’impenna di Delacroix e quella ricreata nella selva onirica da Henri Rousseu il viaggio pare a contrario, artefatto, difforme. Nerval – che ha già attraversato molteplici orienti letterari prima di questo – parte da Parigi il 22 dicembre del 1842, passa per Malta, le Cicladi, Alessandria, Costantinopoli, Cipro… ma poco importa la tratta, non occorre trattare Nerval come il prototipo di un Bruce Chatwin, “l’Oriente sognato e il sogno d’Oriente combaciano perfettamente, perché in entrambi si opera quella attenuazione del reale che, in Nerval, sembra essere la premessa per ogni forma di poesia e di verità” (Bruno Nacci). Il Voyage en Orient esce in volume nel 1851, per Charpentier, pensato, scritto, masticato nell’arco di otto anni: coincide con la fase di maggior creatività del grande poeta, edotto alla malattia e alla malasorte. In una lettera al dottor Émile Blanche, nel 1853 dice di essere stato iniziato ai misteri dei drusi, in Siria, “mi sono sentito pagano in Grecia, musulmano in Egitto, panteista tra i drusi e sui mari, devoto degli astri divinità dei caldei”, scrive nel suo caleidoscopico libro. Quando si ammazza, in una gelida notte parigina di fine gennaio, è il 1855, appeso a un cancello, chiede perdono alla Vergine e forse cerca di raggiungere il suo Oriente – aveva affetto verso la versatilità dei dervisci. Il Voyage, libro d’inclassificabile bellezza (“Era arrivata la notte, ma le notti siriane non sono che un giorno azzurrognolo; stavano tutti a prendere il fresco sulle terrazze, e la città, mano a mano che la guardavo risalendo la cinta delle colline, ostentava un aspetto babilonese”), che svasa i generi nell’alveo della pura meraviglia, è la mappa celeste del poeta di Aurélia, l’Apocalisse e la Gerusalemme sulle nuvole. Il libro, memorabile, viene tradotto integralmente da Bruno Nacci (che qui interpello) nel 1997 per ‘I millenni’ Einaudi; ora viene ripreso dalle Edizioni Ares con un “invito alla lettura” di Giuseppe Conte, ed è un piccolo, grande evento. A me pare, quello di Nerval, infine, infinito viaggio nell’ugola di Dio – l’Oriente resta una lebbra, un nodo, una superba malattia. (d.b.)
Cosa va a fare Nerval in Oriente? E che Oriente trova? O meglio, fino a che punto l’Oriente immaginato da Nerval, dell’immaginario, corrisponde a quello reale?
Nel Viaggio in Oriente confluiscono temi ed esperienze diverse, in tempi diversi. Sotto questo profilo si tratta di uno zibaldone, non certo di un mémoir come quelli di tanti viaggiatori tra Sette e Ottocento, a sfondo etnografico, che culmineranno nel più complesso Viaggio in Italia di un viaggiatore di eccellenza: Goethe. Né il libro assomiglia minimamente all’Itinerario da Parigi a Gerusalemme di Chateaubriand (ma Chateaubriand viaggia in Oriente come aveva viaggiato in America) che pure detterà per decenni il paradigma di ogni viaggio in Oriente, con un puntuale repertorio delle cose da vedere, gli errori da non ripetere! Nella prima parte del Voyage, è presente il ricordo di due viaggi fatti da Nerval in Germania, il primo nel 1837 per raggiungere Dumas, e il secondo pochi mesi dopo con scopi giornalistici. Ma la frequenza della Germania nel suo frenetico spostarsi non ha solo motivazioni concrete e occasionali, cela, ecco uno dei motori occulti della sua ispirazione, il ricordo doloroso di una perdita: quella della madre, che non aveva conosciuto, morta in Germania nel 1810, due anni dopo che Nerval era nato, accompagnando il marito al seguito dell’armata napoleonica. Il viaggio in Oriente vero e proprio durerà dal dicembre del 1842 fino a poco dopo il Natale del 1843, e la pubblicazione a puntate inizierà sulla «Revue de deux mondes» il 10 maggio del 1846. Mentre nel libro il viaggio prende l’avvio dalla Svizzera e dalla Germania, nella realtà Nerval si imbarca da Marsiglia per Malta per poi raggiungere Alessandria. Non vedrà tutti i luoghi che descrive, e non descriverà tutti quelli che ha visto. La memoria per lui non ha senso se non è filtrata dal ricordo, e nel ricordo confluiscono le letture, il sogno, il mito, e la recente, prima grande crisi a seguito della malattia mentale di cui il Viaggio è al tempo stesso medicina e sintomo. Può sembrare un paradosso, ma Nerval viaggia verso l’Oriente per ricordare e dimenticare, mosso dai suoi fantasmi interiori e da un barlume di speranza («E vidi un cielo nuovo e una terra nuova» Ap, 21,1)
Gérard de Nerval (1808-1855) secondo Nadar
Mi pare che l’Oriente e il suo Viaggio sia per Nerval una specie di scelta estetica, di poetica: penso agli inserti puramente narrativi, come la “Storia della Regina del mattino e di Solimano principe dei geni”. È così?
Quello che è uno dei più bei libri dell’Ottocento, non va certo preso come un Baedeker o una guida Touring. Non è, meglio chiarirlo subito, un resoconto di viaggio in cui sono inserite pagine di invenzione letteraria. Se è vero che da un punto di vista strutturale il Voyage si compone in gran parte di due lunghi racconti (quello del califfo El-Hakim e quello della Regina del mattino) e di tre narrazioni più brevi e altre quattro brevissime, sarebbe un errore grave ricondurre tutto il resto a una semplice cornice. Non siamo in presenza di un centonovelle come il Decameron! I fili che attraversano le narrazioni più estese legano tra loro le varie fasi del viaggio non meno di quanto intrattengano legami con opere del passato, ad esempio il primo racconto, quello dello sceicco Hakim, contiene riferimenti espliciti alla Hypnerotomachia di Francesco Colonna (1499) e al racconto di Nodier Franciscus Columna  (1844). Ma qui dovremmo parlare del particolare intreccio dei temi tipici, e in alcuni casi ossessivi, di Nerval: il teatro, il sogno, il doppio. Su tutto spicca quello che si potrebbe chiamare l’asse portante della sua narrativa: la contaminazione, tra passato e presente, tra onirico e reale, tra cultura pagana e cristianesimo, tra mito e storia ecc. Anzi, uno dei caratteri salienti della scrittura di Nerval consiste proprio nel “confondere” le diverse stratificazioni, amalgamandole in una prosa scorrevole, apparentemente semplice, una tela di ragno perfettamente tessuta da cui il lettore si lascia avvolgere con una sensazione di piacere e di abbandono totali.
In cosa credeva Nerval, se credeva? Racconta di dervisci, di pope, di pascià… forse, su tutto, vi è una fede nell’insolito, nell’esotico?
Difficile rispondere, forse impossibile. Figlio dell’Illuminismo e della Rivoluzione, si era formato alla scuola di uno zio convinto del nuovo paganesimo di stato, ma per indole e istinto diffidava della mitologia scientifica (avrebbe sottoscritto quello che scriveranno un secolo dopo Horkheimer e Adorno: «L’Illuminismo prova un orrore mitico per il mito»), e prese le distanze da un cristianesimo che aveva abbracciato il razionalismo borghese. Un tragitto non lontano da quello di tanti spiriti perspicaci e quasi profetici dell’epoca, che si è soliti classificare come “reazionari”, Lamennais, De Bonald, De Maistre, Baudelaire… Confondendo lo schieramento politico con un’attitudine spirituale. Borges a chi lo accusava di essere un conservatore, replicava che ci vuole un bel fegato a voler conservare le cose come sono, e preferiva essere considerato un reazionario. Per inquadrare meglio questo concetto, più di tanti ottimi saggi in materia (tra cui di Zev Sternhell, Contro l’illuminismo, che sfata certe idee distorte sul concetto di “reazione”) ma ardui da leggere, preferisco riportare uno scambio di biglietti tra due detenuti nelle terribili carceri della Francia di Luigi XVIII, conservati agli Archives Nationales: uno di loro era quello che per semplicità potremmo dire un uomo di sinistra, comunque un rivoluzionario vicino alle idee del socialismo utopistico e anarchico, l’altro appunto un reazionario, ugualmente avversato dal regime borghese di Luigi Filippo. Uno dei due scrive: noi abbiamo idee opposte su come dovrebbe essere il paradiso, ma condividiamo lo stesso inferno! Prospettando così un’opposizione dialettica tra le loro convinzioni. Ecco, Nerval cercò per tutta la vita una via di fuga dalla nuova mitologia borghese, dalle sue convenzioni, dall’impero del denaro (“Tutto si vende e tutto si compra”, aveva scritto Lamennais), dalla sua etica, dalla massificazione. La cercò nell’occultismo, nella massoneria, nell’alchimia, nella astrologia, fin nella cabala e nell’aritmosofia. Ma soprattutto nel sincretismo religioso, cercando di porgere ascolto agli antichi dèi, affascinato dai riti di iniziazione, dall’archetipo femminile che rimanda al culto di Iside… Prima di morire suicida, impiccato a un lampione in una gelida sera parigina, solo e povero, parlerà con qualche amico di sé come Cristo, e invocherà il perdono e la Vergine Maria.
Quanto l’Oriente di Nerval influenzerà i successivi letterati europei in cerca di assoluto, verso Est?
Non sono uno studioso e neppure un lettore di questo genere e dunque non saprei rispondere con conoscenza di causa. Se penso a Moravia, Gozzano, o a Flaubert e Gide, ho l’impressione che si tratti di una classica letteratura odeporica, di viaggio, alla ricerca di documentazione e suggestioni esotiche. Sull’Orientalismo, vivo anche in pittura nell’Ottocento, riverbera il dilagante colonialismo, a cui Nerval fu del tutto estraneo e non mi pare, ma posso sbagliare, che in un libro di viaggio verso Oriente dopo il Voyage, escludendo la triste e spesso grottesca mania del turismo (sposini e pensionati che si fanno fotografare davanti alle piramidi o accanto a un malconcio cammello), si siano più ricongiunti la passione, la febbre, il sogno, l’utopia di poter rivivere in un passato che ci porta alle radici di ciò che siamo e forse potremmo essere.
Come leggere oggi Nerval? Che cosa ci dice di profondamente potente?
Per molto tempo si sono pubblicati i “grandi racconti” estrapolati dal libro, che ho citato, come se fossero opere autonome. Errore ingenuo e fuorviante. Il lettore oggi ha a disposizione il testo integrale e può ritrovarvi, oltre agli elementi fiabeschi di questa specie di Mille e una notte occidentale, il fondo oscuro e meravigliato di un’anima che cerca disperatamente nella realtà storica odierna, di ieri come di oggi, un antidoto alla mortificante vita a cui ci siamo costretti senza altri orizzonti che non siano quelli di una quotidianità da cui abbiamo espunto ogni forma di grandezza. Potrei dire che il Voyage è una specie di antipedagogia, che al posto delle pedanti e insulse tabelle di marcia per convogliare le generazioni a una obbediente e rassegnata forma di militarismo senza divisa, elabora una pedagogia dell’avventura. Ma vorrei dire ai lettori che conoscono il Nerval di Pandora, Sylvie e Aurélia, che in questo libro troveranno un Nerval diverso, più disteso, pacificato, sereno, che trasporta e si lascia trasportare dal racconto. Per intenderci, un po’ come accade con America di Kafka, il meno letto dei suoi lavori, il meno kafkiano e più divertente.
L’edizione Ares del Viaggio in Oriente riprende quella edita da Einaudi nel 1997? Ha apportato dei cambiamenti alla traduzione?
L’edizione einaudiana, con il bel apparato iconografico, non era più in commercio da anni, e la nuova direzione editoriale non aveva alcun interesse per un’opera che pure era andata esaurita. Le Edizioni Ares hanno osato riproporla, scommettendo sulla sua assoluta e genuina freschezza. Io ho rivisto il testo, ma, a parte qualche refuso, non ho trovato niente da cambiare. È vero che le traduzioni invecchiano, per il momento però non ho trovato rughe e doppi menti e dunque niente chirurgia estetica.
Su quale autore, oggi, vorrebbe lavorare, chi vorrebbe tradurre, e perché?
Da anni non traduco più, scrivo racconti e romanzi, la traduzione è stata una grande scuola e non la rinnego certamente. Il prossimo anno Ares pubblicherà il Diario di Catherine Pozzi, poetessa, saggista, figura appartata ma non di minore peso della letteratura francese della prima metà del Novecento, che per alcuni anni ebbe una relazione con Paul Valéry. Io curerò il libro, lasciando però la traduzione a una traduttrice d’eccezione, Laura Bosio. Dopo Pascal, Chamfort, Laclos, Chateaubriand, Balzac, Hugo, Nerval, Flaubert e Baudelaire, credo di aver dato abbastanza. Se volessi tradurre ancora, e se ne avessi la capacità, mi piacerebbe ritradurre tutto Kafka, le cui versioni oggi, secondo me, mostrano la corda e sono figlie di criteri che ritengo superati e in alcuni casi poco attendibili. Un altro autore che richiederebbe una mano en artiste, quella di un traduttore attento alle sue straordinarie finezze stilistiche, è Chesterton, di cui si continuano a riproporre vecchie traduzioni poco attendibili.
*In copertina: Eugène Delacroix, “Cucciolo di tigre gioca con la madre”, 1830
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secondopianonews · 5 years ago
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Detenuti in rivolta per la psicosi del coronavirus
La rivolta nel carcere di Foggia (Ansa)
E’ rivolta nelle carceri italiane dopo le drastiche misure disposte dal governo che limitano, fra l’altro, colloqui e contatti dei detenuti con i familiari: gli incontri si possono fare solo attraverso dei vetri parlando per telefono, niente abbracci né baci.
Le proteste sono iniziate ieri in due penitenziari e il dissenso, anche violento, ha contagiato altre centinaia di detenuti che stanno mettendo a dura prova il sistema di vigilanza carcerario. Al momento il bilancio è di 6 morti e diversi feriti. Evasi a decine.
Secondo una prima stima, una ventina di detenuti sarebbe evasa dal carcere di Foggia nel corso della rivolta di questa mattina, scrive l’Ansa citando fonti investigative. Nel corso della protesta, circa cinquanta detenuti sono riusciti a scappare dal carcere ma una trentina di loro è stata bloccata nelle immediate vicinanze dalle forze di polizia. I commercianti che si trovano nelle vicinanze della casa circondariale sono stati invitati dalle forze dell’ordine a chiudere i locali.
Da questa mattina è caos in 27 carceri dove si stanno svolgendo proteste da parte dei detenuti, alcuni dei quali chiedono l’amnistia a causa dell’emergenza. Gravi disordini si registrano nei carceri di San Vittore a Milano e di Rebibbia a Roma, dove – oltre a bruciare diversi materassi – alcuni reclusi avrebbero assaltato le infermerie, riferisce il Sindacato di polizia penitenziaria.
Oltre a Foggia, proteste sono in corso anche a Salerno, poi Modena, Napoli e Frosinone, ma pure a Vercelli e Alessandria.
A quanto si apprende i detenuti hanno divelto un cancello della ‘block house’, la zona che li separa dalla strada. Molti detenuti si stanno arrampicando sui cancelli del perimetro del carcere. Sul posto polizia, carabinieri e militari dell’esercito. Al carcere di San Vittore alcuni detenuti sono saliti sul tetto della casa circondariale.
“Sei detenuti morti” Sarebbero complessivamente sei i detenuti morti nel carcere di Modena. Tre nello stesso penitenziario modenese ed altri tre dopo i trasferimenti in altre strutture carcerarie: a Parma, Alessandria e Verona.
Le tre morti a Modena non sarebbero direttamente riconducibili alla rivolta nel carcere, precisano le fonti citate dall’Ansa, anche se gli accertamenti sono appena cominciati e sono tuttora in corso. Anche per quanto riguarda le cause dei decessi, le verifiche sono in fase preliminare ed avrebbero evidenziato che uno dei tre è morto per abuso di sostanze oppioidi, l’altro di benzodiazepine, mentre il terzo è stato rinvenuto cianotico, ma non si conosce il motivo di questo stato.
E sono rientrati nelle celle i detenuti del carcere di Pavia: la protesta, nata sull’onda dello stop ai colloqui ‘a vista’ per il coronavirus, riguarda lamentele su “questioni che riguardano il trattamento carcerario”. Sarà l’inchiesta della Procura a far luce sulla dinamica della sommossa.
La sospensione dei colloqui, prevista dalle misure anti-coronavirus, è alla base della protesta anche nel carcere napoletano di Poggioreale, dove alcuni detenuti sarebbero saliti sui muri del cosiddetto ‘passeggio’, nella zona interna del penitenziario. Parallelamente, al di fuori del carcere, c’è stata la protesta dei parenti dei carcerati, anche loro per lo stesso motivo. Indulto, amnistia o arresti domiciliari ciò che hanno chiesto per i loro familiari reclusi, bloccando anche il passaggio dei tram. La protesta è rientrata nel tardo pomeriggio. Le misure sui colloqui previste dal dpcm anti-coronavirus (vanno usate modalità telefoniche o video) sono state la scintilla che ha fatto sollevare anche i detenuti di Frosinone: un centinaio si sono barricati all’interno della seconda sezione, da cui è stato visto provenire fumo.
Il Panico da coronavirus contagia le carceri italiane. E' rivolta: morti ed evasi. E' rivolta nelle carceri italiane dopo le drastiche misure disposte dal governo che limitano, fra l'altro, colloqui e contatti dei detenuti con i familiari: gli incontri si possono fare solo attraverso dei vetri parlando per telefono, niente abbracci né baci.
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Carceri di Alessandria: delegazione Radicale in visita e punto stampa
Sabato 25 gennaio, un confronto diretto sulle condizioni delle strutture penitenziarie di San Michele e Cantiello e Gaeta.
Sabato 25 gennaio, un confronto diretto sulle condizioni delle strutture penitenziarie di San Michele e Cantiello e Gaeta. Una visita per la trasparenza e il rispetto dei diritti umani.Domani, sabato 25 gennaio, una delegazione composta dai coordinatori dell’Associazione Radicale Adelaide Aglietta, Enea Lombardozzi e Giovanni Oteri, dal coordinatore di Europa Radicale Igor Boni, e dai militanti…
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osappleobeneduci · 10 months ago
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Carcere "Cantiello e Gaeta" Alessandria: detenuto con problemi psichiatrici aggredisce violentemente tre Poliziotti
Nell’evento critico accaduto ieri, 2 maggio 2024, presso la Casa Circondariale Alessandria “Cantiello e Gaeta”, un detenuto italiano con problemi psichiatrici ha perpetrato una violenta aggressione contro tre Agenti di Polizia Penitenziaria in servizio nel reparto detentivo, di cui uno ricopriva il ruolo di “Capoposto”. L’attacco è avvenuto improvvisamente e senza alcun motivo apparente, mettendo…
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Visita alla Casa di reclusione San Michele e alla Casa Circondariale “Cantiello e Gaeta”
Domenico Ravetti (Pd): “ Un impegno per risolvere i problemi dei due istituti penitenziari”
23 aprile 2018 – “Questa mattina ho visitato la Casa di reclusione San Michele e la Casa Circondariale “Cantiello e Gaeta” (conosciuta come “Don Soria”) di Alessandria, carceri che ospitano circa 300 detenuti l’uno e circa 180 agenti penitenziari ciascuno, per rendermi conto dei problemi che li interessano e ascoltare le esigenze e le richieste dei lavoratori” ha spiegato il Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale Domenico Ravetti.
“Al San Michele – ha proseguito il Presidente Ravetti – ho incontrato una delegazione sindacale dei lavoratori che mi ha ribadito come la carenza di personale continui a determinare insicurezze che sfociano, purtroppo, anche in episodi di aggressione ai danni degli agenti penitenziari, come quelli verificatisi recentemente, riportati dagli organi di informazione. Inoltre gli educatori, figure fondamentali nelle carceri, risultano insufficenti per rispondere alle esigenze della comunità dei reclusi”.
“Anche per il “Don Soria” – ha affermato Domenico Ravetti – esistono parecchie criticità a partire dall’edificio che ospita la casa penitenziaria, una struttura “medievale”, collocata vicino all’Ospedale”.
“Al termine delle visite – ha concluso il Presidente Ravetti – ho sentito il Prefetto di Alessandria, Romilda Tafuri, che si è impegnata, dopo il 3 maggio, a convocare i lavoratori per affrontare con loro i problemi, dimostrando ancora una volta la vicinanza e l’attenzione alle esigenze della comunità. Per quanto riguarda il “Contiello e Gaeta” invito l’Amministrazione comunale di Alessandria a farsi carico dell’apertura di un dibattito serio, e non soltanto limitato ai convegni, per valutarne e concretizzarne lo spostamento in zona San Michele, dal momento che la direzione dei due istituti è la stessa, garantendo così la sicurezza e la contiguità dei lavoratori. Per l’area lasciata libera, per la sua vicinanza all’Ospedale, si potrebbe non escludere in futuro una riorganizzazione finalizzata a migliorare i servizi sociosanitari a favore dei cittadini”.
  Barbara Castellaro – Ufficio stampa Gruppo Pd
ALESSANDRIA. DOMENICO RAVETI IN VISITA AL CARCERE “CANTIELLO E GAETA” DI SAN MICHELE. Visita alla Casa di reclusione San Michele e alla Casa Circondariale “Cantiello e Gaeta” Domenico Ravetti (Pd): “ Un impegno per risolvere i problemi dei due istituti penitenziari”
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Operazione Bad Guys: 15 persone nei guai per diversi reati tra cui estorsione, incendio e violenza privata
Alle prime ore dell’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Alessandria - 80 i militari impiegati, con copertura aerea assicurata da velivolo del 1° Nucleo Elicotteri Carabinieri di Volpiano (TO) - hanno dato esecuzione all’Ordinanza di applicazione di misure cautelari coercitive emessa dal G.I.P. del Tribunale Alessandrino nei confronti di 15 persone – 12 di nazionalità italiana e 3 straniere – tra le quali 3 donne, tutte residenti e/o domiciliate in provincia di Alessandria. 8 quelle associate nelle carceri di Alessandria, Asti, Vercelli e Torino; 7 quelle finite agli arresti domiciliari, in forma aggravata. Diversi i reati contestati, che vanno dall’estorsione all’incendio, dalla violenza privata al falso ideologico commesso sia dal pubblico ufficiale che dal privato in atti pubblici; dall’intestazione fittizia di beni/trasferimento fraudolento di valori al favoreggiamento della permanenza illegale del cittadino extracomunitario nel territorio dello Stato, tutti in forma aggravata. Le indagini, convenzionalmente denominate “Operazione Bad Guys”, condotte dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Alessandria e coordinate dalla locale Procura della Repubblica, avviate sin dal mese di febbraio dello scorso anno, a seguito dell’arresto di 4 persone autrici di alcune estorsioni ai danni di operatori economici alessandrini, hanno consentito di individuare l’esistenza di un gruppo variamente articolato di soggetti, operanti stabilmente tra l’alessandrino e il novese, che vede tra le figure di spicco quella di C. F., pluripregiudicato di origini siciliane, già assurto alla ribalta delle cronache nel 2012, in quanto citato tra le carte dell’inchiesta condotta all’epoca dalla procura di Cremona sul “calcioscommesse”. Tra i fatti in contestazione emerge come il predetto, già avvisato orale, per tutelare il suo “investimento” in un ristorante di Novi Ligure - in seguito ceduto ma al momento in cui era sottoposto ad indagini “strategicamente” intestato ad alcuni prestanome (la moglie ed un amico, anch’essi oggetto del provvedimento restrittivo odierno), in modo da eludere l’eventuale applicazione di misure di prevenzione patrimoniali a suo carico - cercava di costringere, mediante minacce di gravi ripercussioni fisiche, due PP. UU. a cancellare/distruggere degli atti da essi redatti a suo carico e afferenti un controllo al citato esercizio da lui “gestito”. Controllo, peraltro, che i PP.UU. in realtà non avevano mai effettuato, ma ne avevano attestato falsamente l’esecuzione proprio per favorire C., oggetto di lamentele da parte degli abitanti degli edifici adiacenti il ristorante, esasperati dalle emissioni sonore provenienti dal locale in occasione degli intrattenimenti per i clienti organizzati dall’uomo. Per tale condotta, i due PP. UU. sono anch’essi tra i soggetti colpiti dall’ordinanza restrittiva eseguita oggi. Fra le altre condotte addebitate a C., in concorso con altri tra i quali L. G., anche l’incendio appiccato ad un cassonetto della nettezza urbana posto in prossimità delle abitazioni confinanti con il suo ristorante allo scopo di intimidirne i condomini, che avevano osato lamentarsi del volume eccessivo della musica proveniente dal locale, lamentele che avevano portato all’emissione di un provvedimento comunale di divieto di diffusione della musica all’interno dell’esercizio. Atto intimidatorio deciso e posto in essere allorquando C. era venuto ufficiosamente a conoscenza del provvedimento comunale. Al soggetto è inoltre contestata una grave intimidazione nei confronti di un imprenditore di Novi Ligure, a sua volta “colpevole” di non volergli affittare gratuitamente un appartamento. Il diniego ricevuto mandava su tutte le furie C. che contattava un collaboratore dell’imprenditore ingiungendogli di riferire al datore di lavoro che, se entro il pomeriggio non fosse avvenuta la consegna delle chiavi dell’appartamento scelto, al suo rientro dalla Sicilia lo avrebbe picchiato fino a “stenderlo”. La minaccia, in seguito reiterata e accompagnata anche dall’assoluta indifferenza rispetto ad un eventuale intervento delle FF.OO, sortiva l’effetto voluto, poiché l’imprenditore alla fine “decideva” di “lasciargli” trattare l’affitto dell’appartamento direttamente e personalmente con il proprietario dello stesso, “rinunciando” quindi al compenso che gli sarebbe stato dovuto per la sua intermediazione. Nell’ambito delle indagini sono poi emersi autonomi profili di responsabilità a carico di altri soggetti, legati da rapporti di assidua frequentazione con C.. Significativo un episodio di grave intimidazione nei confronti di un imprenditore alessandrino ad opera di F. D., I. A., L. I. D., avvenuto nel Febbraio 2016. I tre figuri, recatisi nel locale notturno gestito dall’uomo, alternando gravi minacce a pseudo “consigli” lo costringevano a tollerare la presenza nel locale del parente di uno dei tre, nonostante quest’ultimo si fosse reso in precedenza protagonista di una violenta aggressione nei confronti di un altro cliente causando la chiusura temporanea dell’esercizio, tentando altresì di farsi affidare il servizio di sicurezza all’interno del locale. In diverso contesto, si sono poi ricostruite le responsabilità di cinque soggetti, tutti gravati da pregiudizi di polizia, e precisamente F. D. (quale mandante), L. G. e C. E. (quali organizzatori), B. K. (quale “vedetta/palo”) e M. F. (esecutore materiale), che in concorso tra loro, nel mese di luglio 2016, appiccavano il fuoco, distruggendola, all’autovettura di un imprenditore alessandrino parcheggiata a ridosso di abitazioni “colpevole” di aver redatto una lettera di richiamo nei confronti della moglie di uno dei cinque, sua dipendente. Inoltre, gli stessi L. G. e C. E., unitamente a L. S. ed altri tra i quali A.M., marocchino trentaduenne e C.S., italiano trentaseienne, avevano avviato una ormai consolidata attività volta a favorire, dietro pagamento di somme in denaro, la permanenza illegale sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari attraverso matrimoni fittizi tra cittadine italiane e questi ultimi. Al riguardo, almeno 2 i matrimoni fittizi conclamati, celebrati presso il comune di Alessandria tra il mese di maggio e quello di ottobre dello scorso anno. In occasione dell’esecuzione delle predette misure, gli operanti traevano in arresto, in flagranza del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, il summenzionato C. S., nella cantina della cui abitazione veniva rinvenuta una piantagione di marjiuana costituita da oltre una trentina di piante di 30 piante coltivate in vaso, poste sotto sequestro unitamente a tutta l’attrezzatura (lampade alogene etc.) necessaria per farle crescere al chiuso, essicarne le foglie e confezionarla in dosi. Nel corso delle perquisizioni sono stati altresì rinvenuti, nella disponibilità di: L. G., denaro falso per l’ammontare di circa 600 euro in banconote da 50,00; I. A., documentazione di vario genere, tra l’altro, verosimilmente attestante l’esistenza di falsi rapporti di lavoro in favore di cittadini extracomunitari. http://dlvr.it/PtVMJh
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allnews24 · 8 years ago
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Carceri, Capece: "Evasioni conseguenza falla sicurezza"
Carceri, Capece: "Evasioni conseguenza falla sicurezza"
A meno di 24 ore dall’evasione di un detenuto dalla Casa di Reclusione di Alessandria, nella notte si e’ verificata un’altra fuga di detenuti da un carcere italiano. “A Frosinone e’ evaso un detenuto ristretto ad Alta Sicurezza, quindi pericoloso, mentre un altro che era con lui e’ caduto dal muro di cinta ed e’ grave in ospedale”. Lo denuncia Donato Capece, segretario generale del Sindacato…
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paoloxl · 5 years ago
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Il compagno Martino Zicchitella nacque a Marsala il 26-4-1936 ma fin da piccolo ha vissuto a Torino, la città della borghesia savoiarda, degli ex-repubblichini, la citta dei Valletta, la città in cui la sperequazione capitalistica è più evidente e più umiliante. La città metropoli in cui, già negli anni del boom, la vita sociale è pianificata, controllata e manipolata; dove ogni attività è finalizzata alla produzione di plusvalore e consenso, attraverso l’utilizzazione dei più rudimentali mass-media del tardo capitalismo.
Dai casermoni di Via Verdi ai portici di Via Roma lastricati di marmo, alla Barriera di Milano, alla Crocetta, i salariati di Torino si battono tra centinaia di contraddizioni giornaliere, simili a quelle di qualsiasi altro paese capitalista, ma tutte riconducibili a una sola: quella della propria appartenenza di classe, del proprio potere di acquisto dal quale dipende la gradazione della propria identità umana e sociale. Qui l’acquisizione e l’interiorizzazione dei valori legati all’ideologia borghese non sono scelta, sono induzione violenta, costante, asfissiante." style="max-width: 100%; display: block !important;">
Martino sceglie la strada dell’appropriazione violenta ed individuale del benessere padronale: quella della rapina, per cui viene arrestato nel ’66.
Durante l’alluvione di Firenze, Martino evade, vive ancora contraddittoriamente la sua realtà di proletario detenuto; salverà invece alcuni giovani dalla melma dell’Arno.
Il carcere e lo scontro che in esso si vive collettivamente gli fanno acquisire i primi elementi di coscienza rivoluzionaria e lo portano nel ’68 alla testa, come direzione ed avanguardia riconosciuta, delle prime dimostrazioni pacifiche nelle carceri “Nuove” di Torino, alle quali il potere risponde brutalmente, come sempre.
Nel ’70 Martino ha pienamente chiarificato la sua identità, ha identificato lo Stato anche nelle sue appendici carcerarie e riesce ad evadere da Alessandria.
Rimane fuori poche ore con le gambe spezzate per il salto dal muro di cinta. Ripreso viene massacrato dalle guardie e rimarrà claudicante.
Nel ’71 è alla testa della rivolta delle “Nuove”. Con lui altri compagni che in quelle lotte e da quelle lotte hanno con sequenzialmente maturato la scelta della lotta armata; all’interno della quale rappresentano le avanguardie più alte e più coscienti del proletariato detenuto, al quale la loro prassi fornisce le più chiare indicazioni: l’evasione e l’organizzazione combattente.
Il ’71 è l’anno di Attica per i proletari che si ribellano in USA; quello di Porto Azzurro per i compagni come Martino. Le successive rivolte ad Alghero, Noto, Enna, lo vedono farsi carico, nella gestione delle lotte, degli interessi di sopravvivenza dei proletari prigionieri, della loro necessità di organizzarsi e combattere.
Nel ’74 a Viterbo inizia un confronto con altre avanguardie espresse dalle lotte dei detenuti sulla costituzione in organizzazione politico-militare all’esterno di alcune avanguardie rivoluzionarie.
Con la presenza a Viterbo di un militante dei NAP, il confronto prosegue e si sviluppa interno-esterno, sul piano politico quanto su quello organizzativo-militare.
Partecipa così alla costruzione e alla realizzazione della operazione coordinata con l’attacco armato interno-esterno del maggio ’75 che vede al primo posto la parola d’ordine della liberazione dei combattenti comunisti prigionieri.
L’attacco interno non coglie l’obiettivo della liberazione ma, per effetto dell’attacco esterno che vede imprigionato il boia Di Gennaro, è comunque un momento di enorme crescita politico-militare che Martino fa suo patrimonio all’interno dell’organizzazione dei NAP.
Trasferito a Lecce per rappresaglia subisce per mesi torture fisiche e psicologiche ma non cessa di porsi come direzione dello scontro organizzando e realizzando con un altro militante dei NAP l’azione armata dell’agosto ’76 che porta alla liberazione di 11 prigionieri.
La sua morte nello scontro di Roma caratterizza e definisce la sua vita e la sua coerenza di combattente comunista
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aletheiaonline · 8 years ago
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Allarme evasioni. Fuggiti dalle Carceri di Torino e Lazio
Allarme evasioni. Fuggiti dalle Carceri di Torino e Lazio
Due evasioni nell’arco di 24 ore, in Piemonte e in Lazio. La prima fuga ieri dal carcere di san Michele (Alessandria), l’altra la scorsa notte dal carcere ad alta sicurezza di Frosinone. Il Sappe accusa: ‘Ogni giorno gravi eventi critici nelle carceri italiane, episodi che vengono incomprensibilmente sottovalutati dall’amministrazione penitenziaria’.
Un detenuto è evaso la scorsa notte dalla…
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pier-carlo-universe · 30 days ago
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SERGIO MATTARELLA PREMIA L'ECCELLENZA: L'ONORIFICENZA AL MERITO A CARMINE FALANGA, PRESIDENTE DELLA COOPERATIVA SOCIALE IDEE IN FUGA PER L'IMPEGNO NELLE DUE CARCERI DI ALESSANDRIA
Un onore che attraversa le mura del carcere per raggiungere il cuore di un impegno sociale straordinario. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito motu proprio l’Onorificenza di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Itali
Un onore che attraversa le mura del carcere per raggiungere il cuore di un impegno sociale straordinario. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito motu proprio l’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana a Carmine Falanga, presidente della cooperativa sociale Idee in Fuga, per la sua attività volta a creare un collegamento tra le mura del…
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