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'Caravaggio e il Novecento. Roberto Longhi, Anna Banti' a Villa Bardini a Firenze
“Caravaggio e il Novecento. Roberto Longhi, Anna Banti” è il percorso espositivo che aprirà al pubblico dal 27 marzo al 20 luglio a Villa Bardini a Firenze. La mostra, curata da Cristina Acidini e Claudio Paolini, è una sorta di viaggio che porta alla riscoperta di una coppia, lui storico dell’arte, lei scrittrice e traduttrice, che riunì un cenacolo di artisti e intellettuali che hanno plasmato…
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Canti Orfici
Ieri @vivenda, a commento del post su Orfeo ed Euridice, si è ricordata dell'opera di Christoph Willibald Gluck, a lei molto cara, Orfeo ed Euridice (1762), che ha rivoluzionato l'opera musicale, introducendo tutta una seria di innovazioni che saranno fondamentali nel corso della storia della musica. Del mito, composero e musicarono anche Jacopo Peri, addirittura nel Sedicesimo Secolo, Claudio Monteverdi nel Diciasettesimo, poi Haydn, Liszt e più recentemente Stravinsky, in un balletto in 3 atti.
Quel commento mi ha spinto a pensare della musica più vicina ai miei gusti, quella rock, e a chi si è ispirato al Mito del cantore e della splendida ninfa.
Il primo riferimento che mi viene in mente è un brano dei The Herd che fu il primo gruppo di Peter Frampton, che nel 1967 pubblicano il singolo From The Underworld, che arriva in classifica nella top ten inglese.
C'è un sanguinoso Nick Cave che in Abattoir Blues/The Lyre of Orpheus, doppio album del 2004, canta dello strumento caro al leggendario musico, la lira nell'omonima The Lyre Of Orpheus.
Hozier nel suo ultimo disco, Wasteland, Baby! del 2019, canta in Talk così:
I'd be the voice that urged Orpheus When her body was found (hey ya) I'd be the choiceless hope in grief That drove him underground (hey ya) I'd be the dreadful need in the devotee That made him turn around (hey ya) And I'd be the immediate forgiveness In Eurydice Imagine being loved by me!
Gli Arcade Fire dedicarono un intero disco al mito, Reflektor del 2013, tanto che in copertina c'è un capolavoro dello scultore Auguste Rodin, che si intitola Orfeo ed Euridice. In particolare, ci sono due brani, Awful Sound (Oh Eurydice) e It's Never Over (Oh Orpheus) meravigliosi, specialmente il secondo che ha un groove indimenticabile, che addirittura ha un video musicale con le immagini di Black Orpheus, film di Marcel Camus tratto da Orfeu da Conceição, pièce teatrale di Vinícius de Moraes, vincitore della Palma d'Oro 1959 me dell'Oscar 1960 come miglior film in lingua non inglese in rappresentanza della Francia benché girato in portoghese.
Salman Rushdie fece una delle sue prime apparizioni pubbliche dopo la fatwa per i Versetti Satanici nel 1993 sul palco dello Zoo Tv Tour degli U2, a Wembley. Divennero molto amici lo scrittore e la band, tanto che Rushdie mandò a Bono qualche anno dopo una bozza del suo romanzo, che riprende il mito di Orfeo ed Euridice. Quel romanzo, La Terra Sotto I Suoi Piedi, narra la storia d'amore tra due stelle internazionali della musica leggera, Ormus e Vina, che vivono una storia d'amore simile a quella di Orfeo ed Euridice. Ad un certo punto, dopo la morte di Vina, Ormus scrive una canzone, il cui testo Rushdie lascia nel libro. A Bono venne l'idea di musicarla, e a oggi The Ground Beneath Her Feet è l'unico brano ufficiale della discografia della band con un testo non autografo.
All my life, I worshipped her Her golden voice, her beauty's beat How she made us feel How she made me real And the ground beneath her feet And the ground beneath her feet
And now I can't be sure of anything Black is white, and cold is heat For what I worshipped stole my love away It was the ground beneath her feet It was the ground beneath her feet
Go lightly down your darkened way Go lightly underground I'll be down there in another day I won't rest until you're found
Let me love you, let me rescue you Let me bring you where two roads meet Oh, come back above Where there is only love Only love
Sentitevi liberi di aggiungere tutte le altre canzoni che parlano di questo Mito, così intenso, suggestivo e potente.
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February 1983 U2's 3rd album "War" is released, a masterpiece that prepares the ground for the worldwide success of the 80s with the subsequent works. The song New Year's Day is one of the 4 tracks that introduce the group's political and social commitment, beautiful, a milestone of rock music. Febbraio 1983 viene pubblicato il 3 album degli U2 "War", un capolavoro che prepara il terreno al successo mondiale degli anni 80 con i successivi lavori. Il brano New Year's Day è una delle 4 tracce che introducono l'impegno politico e sociale del gruppo, bellissimo, una pietra miliare della musica rock. . . 💎 . . #shake #sway #rock #music #guitar #rocknroll #musica #rockmusic #hardrock #pop #punk #band #love #musician #rockandroll #guitarist #livemusic #singer #alternative #live #art #blues #concert #rockband #drums (presso Ascoli, Marche, Italy) https://www.instagram.com/p/CqSSRNbotls/?igshid=NGJjMDIxMWI=
#shake#sway#rock#music#guitar#rocknroll#musica#rockmusic#hardrock#pop#punk#band#love#musician#rockandroll#guitarist#livemusic#singer#alternative#live#art#blues#concert#rockband#drums
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Ma gli occhi riescono a contenere così tanta bellezza? ✨ Quella che vedi è la Loggia Valmarana, un'opera in stile palladiano che si trova all'interno dei Giardini Salvi di Vicenza. Un capolavoro cinquecentesco che dal 1994 è Patrimonio dell'Umanità #UNESCO 🏛️ Merita una visita!
Can eyes hold so much beauty, though? ✨ What you see is the Valmarana Loggia, a Palladian-style work located inside the Salvi Gardens in Vicenza. A 16th-century masterpiece that has been a UNESCO World Heritage Site since 1994 🏛️
By IG @ lucapascucci9
📍Giardini Salvi | Vicenza
#visitveneto
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Il Bacio Sulla Bocca capolavoro del Maestro Ivano Fossati Lampo Viaggiat...
"Il Bacio Sulla Bocca" è una delle canzoni più famose di Ivano Fossati ed è stata molto apprezzata sia dai fan che dalla critica. È una ballata romantica con sonorità delicate e un testo intenso che parla dell'emozione e dell'intimità di un bacio. Dal punto di vista musicale, la canzone presenta un arrangiamento raffinato e curato, con strumenti come chitarre acustiche, tastiere e archi che contribuiscono a creare un'atmosfera suggestiva. La voce di Fossati è espressiva e coinvolgente, trasmettendo con grande intensità il messaggio emotivo della canzone. Dal punto di vista dei testi, "Il Bacio Sulla Bocca" è poetico e romantico. Le parole di Fossati evocano immagini e sensazioni legate all'amore e all'intimità, creando un'atmosfera intima e coinvolgente per l'ascoltatore. Complessivamente, "Il Bacio Sulla Bocca" è una canzone di grande bellezza e profondità, che mostra la maestria di Ivano Fossati come cantautore. È un brano che ha saputo conquistare il pubblico con la sua melodia accattivante e le sue liriche suggestive. Il bacio è un tema frequente nelle arti visive e ha ispirato numerosi artisti nel corso dei secoli. Rappresenta spesso un momento di intimità, passione, amore o desiderio, e la sua rappresentazione può variare a seconda dell'epoca, dello stile artistico e dell'interprete. Uno degli esempi più celebri di rappresentazione del bacio nelle arti visive è "Il bacio" di Gustav Klimt, un dipinto realizzato nel 1907-1908. In quest'opera, due figure avvolte in abiti decorati si abbracciano e si baciano appassionatamente, mentre sono circondate da un'atmosfera dorata e ornamentale. Il dipinto è considerato un'icona dell'Art Nouveau e trasmette un senso di sensualità e spiritualità. Altri artisti hanno interpretato il tema del bacio in modi diversi. Ad esempio, Auguste Rodin ha creato una scultura intitolata "Il bacio" nel 1889, che raffigura una coppia abbracciata e in un bacio appassionato. La scultura di Rodin cattura il movimento e l'intensità dell'atto del baciarsi in un modo tridimensionale. Oltre alle rappresentazioni figurative, il bacio è stato anche oggetto di interesse per i fotografi. Un esempio notevole è la fotografia di Alfred Eisenstaedt intitolata "Il bacio di Times Square", scattata il 14 agosto 1945. Questa immagine iconica mostra un marinaio che bacia una giovane infermiera nella folla di Times Square durante i festeggiamenti per la fine della Seconda Guerra Mondiale . La foto cattura un momento di gioia e di celebrazione collettiva. Il bacio come tema artistico può essere interpretato in molti modi diversi, a seconda delle intenzioni dell'artista e del contesto storico e culturale. Può rappresentare l'amore romantico, la passione, la lussuria, l'affetto, la tenerezza o anche il tradimento, a seconda del contesto e delle emozioni che l'artista desidera comunicare. Indipendentemente dalla forma artistica prescelta, il bacio rimane un argomento attraente e universale che continua a ispirare gli artisti contemporanei. #music #love #instagood #party #photooftheday #picoftheday #photography #photo #italy #night #instagram #like #friends #art #smile #summer #nature #fun #me #travel #style #dance #dj #happy #fashion #life #follow #musica #beautiful #live #arte #art #italy #italia #artist #photography #artwork #painting #instaart #instagood #travel #love #design #photooftheday #picoftheday #artecontemporanea #roma #architecture #sanmarino #artgallery #artlovers #photo #artistic #contemporaryart #sculpture #artsy #milano #modernart #artists #instaartist
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Il Talento di Ripley: Un Viaggio Tra Bellezza e Brividi The Talent of Ripley: A Journey Through Beauty and Thrills Un classico senza tempo: dall’Amalfi Coast ai canali di VeneziaA Timeless Classic: From the Amalfi Coast to Venice’s Canals Il film del 1999, con Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow e Cate Blanchett, è un capolavoro visivo. Le sue ambientazioni italiane – dalle acque cristalline della Costiera Amalfitana ai canali di Venezia, passando per le rovine di Roma e i vivaci locali di Napoli – lo rendono straordinariamente affascinante. Gli scorci mozzafiato dell’Italia, accompagnati da dialoghi in italiano, sono parte del suo irresistibile charme.The 1999 film, starring Matt Damon, Jude Law, Gwyneth Paltrow, and Cate Blanchett, is a visual masterpiece. Its Italian settings—from the crystal-clear waters of the Amalfi Coast to Venice’s canals, via the ruins of Rome and Naples’ vibrant nightclubs—make it extraordinarily captivating. The stunning vistas of Italy, paired with Italian dialogue, are part of its irresistible charm. Scene from Netflix Ripley Attenta, Italia! C'è un nuovo Ripley in città!Look out Italy! There’s a new Ripley in town! Netflix presenta una nuova versione della storia di Ripley, questa volta in una serie in bianco e nero che cattura con eleganza l’essenza del libro originale Il Talento di Mr. Ripley di Patricia Highsmith. Con un approccio stilistico unico e una cura straordinaria per i dettagli visivi, la serie non solo rimane fedele alla trama originale, ma eleva l’atmosfera del racconto, trasformandolo in un’esperienza cinematografica sofisticata e avvincente.Netflix brings a fresh take on the story of Ripley with a new black-and-white series that elegantly captures the essence of Patricia Highsmith’s original novel The Talented Mr. Ripley. With a unique stylistic approach and extraordinary attention to visual detail, the series not only stays true to the original plot but also heightens the story’s atmosphere, turning it into a sophisticated and gripping cinematic experience. La nuova serie del 2024 cattura l’essenza artistica dell’Italia con una cinematografia elegante. Ogni inquadratura è una celebrazione visiva, trasformando ogni episodio in un’opera d’arte. Con una tensione psicologica palpabile e una trama intricata, Ripley ti terrà incollato allo schermo e sul bordo della tua poltrona!The new 2024 series also captures Italy’s artistic essence with elegant cinematography. Every shot is a visual celebration, turning each episode into a work of art. With palpable psychological tension and an intricate plot, Ripley will keep you glued to the screen and the edge of your easy chair. La Sinossi di Il Talento di Mr. Ripley / RipleyThe Synopsis of The Talented Mr. Ripley / Ripley Tom Ripley, interpretato da Matt Damon nel film del 1999 e da Andrew Scott nella serie del 2024, è un giovane in difficoltà, alla disperata ricerca di compagnia e di una vita più affascinante. Quando il magnate della navigazione Mr. Greenleaf gli affida l'incarico di recarsi in Italia per convincere suo figlio, Dickie Greenleaf — un milionario spensierato e amante delle feste (interpretato da Jude Law nella versione originale e da Johnny Flynn nell'ultima) — a tornare a New York, Tom coglie l'opportunità al volo.Tom Ripley, portrayed by Matt Damon in the 1999 film and Andrew Scott in the 2024 series, is a struggling young man desperate for companionship and a more glamorous life. When shipping magnate Mr. Greenleaf tasks him with traveling to Italy to persuade his son, Dickie Greenleaf—a carefree, millionaire playboy (played by Jude Law in the original and Johnny Flynn in the latest adaptation)—to return to New York, Tom seizes the opportunity. Un vero maestro del camuffamento, Tom è abile nell'imitare accenti, falsificare firme e assumere nuove identità con estrema facilità. Arrivato in Italia, rimane subito affascinato da Dickie, sviluppando un'ossessione inquietante. La sua infatuazione alimenta la tensione della storia, così come la sua capacità di adattarsi all'ambiente, imparando rapidamente l'italiano e parlandolo fluentemente nel giro di poche settimane. Il fascino oscuro e l’astuzia di Ripley lo rendono sia affascinante che profondamente inquietante, trascinando gli spettatori in una rete di intrighi e inganni, ambientata sullo splendido sfondo dell’Italia.A master chameleon, Tom is skilled at mimicking accents, forging signatures, and seamlessly adopting new identities. Upon arriving in Italy, he quickly becomes captivated by Dickie, developing an unsettling obsession. His infatuation drives the tension of the story, as does his ability to adapt to his surroundings, including learning Italian remarkably fast—conversing fluently within weeks. Ripley’s dark charm and cunning make him both fascinating and deeply unsettling, pulling viewers into a web of intrigue and deception set against the breathtaking backdrop of Italy. Un viaggio in Italia attraverso la suspenseA Journey Through Italy and Suspense Andrew Scott porta in vita un Tom Ripley enigmatico e complesso, fedele alla descrizione originale di Patricia Highsmith. Il suo Ripley è un personaggio affascinante e moralmente ambiguo che riesce a conquistare lo spettatore nonostante la sua natura manipolatrice.Andrew Scott brings to life an enigmatic and complex Tom Ripley, faithful to Patricia Highsmith’s original description. His Ripley is a fascinating, morally ambiguous character who manages to captivate the audience despite his manipulative nature. Dove Guardare e Leggere Il Talento di Mr. Ripley / RipleyWhere to Watch and Read The Talented Mr. Ripley / Ripley Il film del 1999 Il Talento di Mr. Ripley è disponibile in streaming su Amazon Movies. Puoi anche acquistare il romanzo originale di Patricia Highsmith su Amazon. Per quanto riguarda l'ultima adattazione, la serie limitata del 2024 Ripley, con Andrew Scott, tutti gli otto episodi sono disponibili in streaming esclusivamente su Netflix. (netflix.com) The 1999 film The Talented Mr. Ripley is available for streaming on Amazon Movies. You can also purchase Patricia Highsmith's original novel on Amazon. For the latest adaptation, the 2024 limited series Ripley starring Andrew Scott, all eight episodes are streaming exclusively on Netflix. Trailer for Ripley — 2024 Netflix Mini Series https://www.youtube.com/watch?v=0ri2biYLeaI&t=1s&ab_channel=Netflix Trailer for Talented Mr. Ripley — 1999 Film https://youtu.be/qPYWmyJ_gcc Talented Mr. Ripley — Book by Patricia Highsmith Fiorello, Matt Damon & Jue Law sing Tu vo'fa' l'Americanofrom 1999 Film https://youtu.be/MXtxR1gHZIk Read the full article
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Butterfly wings are not only wonderful but hide a true engineering masterpiece.
In fact, recently, scholars have noticed that although to the naked eye the wings of this insect appear smooth, the surface is actually covered with tiny overlapping scales, a bit like the tiles on a roof.
On these scales there are microscopic parallel grooves that allow dirt and water to slide off easily.
Engineers who are experts in biomimicry are trying to replicate the extraordinary structure of butterfly wings to create high-tech self-cleaning coatings that could find applications in the industrial and medical fields.
We can say that everything around us, from the micro to the macro, reveals the work of a superior Mind with unimaginable abilities but which used its power with love and only for the good of every living being.
How we admire it!
And how grateful we are for so much love and beauty!
(Revelation 4:11)
📚🔍For further information see:
"The wings of the butterfly: the result of a project?"
Published by jw.org
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/g201404/ali-della-farfalla/
Le ali delle farfalle non sono solo meravigliose ma nascondono un vero e proprio capolavoro di ingegneria.
Infatti recentemente, gli studiosi hanno notato che sebbene a occhio nudo le ali di questo insetto appaiano lisce, la superficie è in realtà ricoperta di minuscole scaglie sovrapposte, un po’ come le tegole di un tetto.
Su queste scaglie si trovano microscopiche scanalature parallele che permettono a sporco e acqua di scivolare via facilmente.
Gli ingegneri esperti di bio mimesi, stanno cercando di replicare la straordinaria struttura delle ali della farfalla per realizzare rivestimenti autopulenti ad alta tecnologia che potrebbero trovare applicazioni in campo industriale e medico.
Possiamo dire che tutto intorno a noi, dal micro al macro, rivela l'opera di una Mente superiore con capacità inimmaginabili ma che ha usato la sua potenza con amore e solo per il bene di ogni essere vivente.
Quanto l'ammiriamo! E quanto gli siamo grati di tanto amore e bellezza!
(Apocalisse 4:11)
📚🔍Per approfondire vedi:
"Le ali della farfalla: frutto di un progetto?"
Edito da jw.org
📌
https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/riviste/g201404/ali-della-farfalla/
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A makeup inspired by Eric ♥️ The mythical character of the Crow straight out of a comic book and embodied in the perfect interpretation of the unforgettable Brandon Lee ... a cult movie with a dark atmosphere that is intertwined with a love story broken only in part by the tragic end of the protagonists, beautiful and exciting movie
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Quote from by Sarah's the movie The Crow :
…”If the people we love are taken away from us to keep living, we must never stop loving them. Houses burn, people die, but true love is forever” ♥️
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1° dicembre 1455: nasce Falconet a Parigi
Il primo dicembre del 1716 nacque a Parigi quello che sarebbe divenuto un grande scultore: Etienne Maurice Falconet. Fu uno degli allievi più promettenti di Lemoyne ed ebbe modo di lavorare e studiare nel suo laboratorio per circa dieci anni, fino almeno al 1745. Falconet amava l’arte del Barocco e soprattutto era interessato alla produzione artistica di Bernini. Solo più tardi, ultimato…
#accadde oggi#art#artblogger#arte#artinfluencer#bellezza#capolavoro beauty#life#masterpiece#storytelling
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Sei un capolavoro non apprezzato.
#art#frasi#pensieri#quotes#music#bullet journal#animals#beauty#design#home & lifestyle#makeup#movies#io#te#lui#amare#amore#arte#capolavoro
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Vederti ridere è un capolavoro.
Claver Gold - Capolavoro.
#claver gold#capolavoro#rap#rap italiano#smile#ridere#laugh#sorridere#perfect#beautiful#amazing#love#you are beautiful#love u#mannaggia la madonna
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Pink is the color of Manierismo Renaissance #capolavoro #masterpiece #palazzostrozzi #firenze #beautiful #artist #art #painting #jesuslovesme #jesuslovesyou #jesuschrist #godisgood #renaissance #pink
#jesuslovesme#artist#pink#beautiful#renaissance#masterpiece#palazzostrozzi#painting#art#firenze#capolavoro#jesuschrist#jesuslovesyou#godisgood
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Benvenuto nell'incantevole mondo di Villa Pisani: oltre 100 stanze si aprono dinanzi a te, pronte a svelare segreti e splendori di un'epoca passata.
Ma il vero cuore pulsante di Villa Pisani risiede nelle sue affascinanti opere d'arte, autentiche gemme del Settecento e Ottocento. E fra tutte, c'è un capolavoro da non perdere: è un affresco di Gianbattista Tiepolo ed è dedicato alla Gloria della famiglia Pisani. Quest'opera straordinaria, affrescata con maestria sulla volta della sontuosa Sala da Ballo, rapisce lo sguardo e commuove l'anima con la sua bellezza senza tempo. ���🎨
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Welcome to the enchanting world of Villa Pisani: more than 100 rooms open before you, ready to reveal secrets and splendors of a bygone era.
But the real beating heart of Villa Pisani lies in its fascinating works of art, authentic gems of the 18th and 19th centuries. And among them all, there is a masterpiece not to be missed: it is a fresco by Gianbattista Tiepolo and it is dedicated to the Glory of the Pisani family. This extraordinary work, masterfully frescoed on the vault of the sumptuous Ballroom, catches the eye and moves the soul with its timeless beauty. ✨🎨
📸 By IG @yoda.forever
📍 Stra - Riviera del Brenta | Venezia
#VisitVeneto
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CHANEL - CUIR DE RUSSIE - Les Exclusifs de Chanel - Eau de Parfum -
No one can judge me. I’m history. But here and now I’m in glory.Time and space are blurred. Do not assume you’re wearing this fragrance. Cuir de Russie wears you. According to Chanel grandniece Gabrielle Palasse-Labrunie, Coco favorites fragrance were N.5 and Cuir de Russie.Well, how to blame her?
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CUIRS | CAPITOLO V
Chanel. Cuir de Russie. Il sublime reso fragranza.Poche parole per definire questo capolavoro. Nessun giudizio, solo la storia che lo accompagna e un invito a voi che leggete. Fatelo vostro.È arte. È storia. È il migliore investimento che possiate fare per compiacervi e sentire l’emozione in un respiro. Cuir de Russie vide la luce nel 1927, creato da Ernest Beaux dopo il mitico 5 del 1921, il 22, Gardenia e a seguire Bois des Iles. All’epoca Coco frequentava una ristretta cerchia di amici russi, da Diaghilev a Stravinsky e fu il granduca Dimitri Pavlovich, cugino dello Zar Nicola II, a presentarle Beaux nell’estate del 1920 in Costa Azzurra. Incontro fatale che segnerà la storia della Profumeria. Per Cuir de Russie immaginò l’estasi amorosa di Coco e Dimitri, i loro incontri passionali, le lenzuola profumate col 5 e gli stivali di cuoio di lui lustri di catrame di betulla con il loro aroma penetrante. Come in un turbinio osmotico di pelle e sensi le aldeidi bucavano l’aria scintillando su fiori vellutati sottilmente indolici, l’iris trapelava nostalgico, la nota cuoio morbida balsamica ambrata schiudeva orizzonti infiniti, tabacco e resine definivano l’allure animalica, provocante, calda e sensuale ma al contempo di rara raffinatezza. Jacques Polge ha attualizzato la composizione nel 1983, rimanendo fedele alla partitura di Beaux, precise e splendenti le aldeidi nel bouquet di fiori bianchi soavemente carnali, più tono all’iris dall’aura maliziosa e romantica. Appare chiarissima e nobile l’eleganza del cuoio, scuro morbido tattile, una nappa extrafine che pare spalmata sulla pelle mentre, nel sontuoso finale, dove legni, tabacco e resine odorano di mistero e voluttà, ci si perde per incantamento. Toccante e suggestiva, sa di crepuscolo, di cieli ambrati dove far galoppare i pensieri, racconta passioni ancora vive e promesse che sono state mantenute. Da brivido caldo. Come tutte le fragranze della collezione Les Exclusifs de Chanel, Cuir de Russie è disponibile nel formato 75ml e 200ml presso le Fragrance & Beauty Boutique Chanel e online
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Il Cuoio di Russia, perchè è così pregiato?
il mitico cuoio russo, cuoio imperiale amato dagli zar e dalla nobiltà europea, veniva, come si evince dal nome, prodotto in Russia nei territori di Kazan e Astrakan. Le pelli bovine erano sottoposte ad una concia vegetale a base di tannini e cortecce (quercia, betulla e altre specie endemiche) che rilasciava un odore pungente molto caratteristico, dovuto alle essenze contenute nella corteccia di betulla e all'utilizzo di catrami vegetali. Il cuoio di russia richiede lunghi tempi di lavorazione, anche oltre l'anno, viene sottoposto a maturazione in fossa per circa sei mesi in un'infusione alcolica con betulla, salice e quercia da cui si ottiene un pellame unico e inimitabile. Robusto, durevole nel tempo, flessibile, resistente, idrorepellente, antimuffa e anti-insetti, questo nobile cuoio fu impiegato per molteplici usi, dagli interni delle carrozze, alla valigeria e persino per accessori e stivali dell'esercito russo.Spazzato via dalla Rivoluzione Russa e industriale (1917), è ancora oggi ritenuto un pellame di assoluto pregio, inconfondibile per la solidità, la trama robusta e il suo aroma sottilmente catramoso. Pelle da intenditori.
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©thebeautycove
#chanel#chanel beauty#chanel parfums#cuir de russie#7cuirsbythebeautycove#perfume#niche perfumes#livelovesmell#thebeautycove
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Bicycle scene in Arezzo, La vita è bella (Roberto Benigni, 1997) La Vita è Bella: Una Favola di Amore e Resilienza Life is Beautiful: A Fable of Love and Resilience “La Vita è Bella��: Un Capolavoro Indimenticabile“Life is Beautiful”: An Unforgettable Masterpiece “La Vita è Bella”, il capolavoro vincitore dell’Oscar con Roberto Benigni e Nicoletta Braschi, è uno di quei rari film che riesce a ispirare e sollevare l’animo, pur affrontando temi estremamente difficili come la Seconda Guerra Mondiale, la persecuzione degli ebrei e la vita nei campi di concentramento. Questo film ha affascinato il pubblico di tutto il mondo con la sua profondità emotiva e umanità, lasciando un segno indelebile nella storia del cinema.“Life is Beautiful,” the Oscar-winning masterpiece starring Roberto Benigni and Nicoletta Braschi, is one of those rare films that manages to both inspire and uplift, even while tackling profoundly difficult subjects such as World War II, the persecution of Jews, and life in concentration camps. This film captivated audiences worldwide with its emotional depth and humanity, leaving an indelible mark on cinema history. Un messaggio senza tempoA timeless message Per me, il film rimane un’opera potente con un messaggio universale sull’amore e la resilienza. È uno dei miei preferiti e ogni visione lo rende ancora più significativo.For me, the film remains a powerful work with a universal message about love and resilience. It’s one of my favorites, and each viewing makes it even more meaningful. Guardarlo in Italiano: Un’Esperienza AutenticaWatch it in Italian: An Authentic Experience Per vivere un’esperienza autentica, consiglio vivamente di guardarlo in lingua originale. Anche se la consegna fulminea delle battute di Benigni può sembrare inizialmente impegnativa, sentirlo recitare nella sua lingua madre è assolutamente essenziale. La sua energia dinamica, il ritmo veloce e l’espressione unica donano al ruolo una profondità e un’autenticità che una versione doppiata non potrebbe mai replicare.For an authentic experience, I highly recommend watching it in its original Italian. While Benigni’s rapid-fire delivery might seem daunting at first, hearing him perform in his native language is absolutely essential. His unique, dynamic energy and fast-paced expression bring a depth and authenticity to the role that a dubbed version simply cannot replicate. La magia di Arezzo nel cinema e nella vita realeThe magic of Arezzo in film and real life La prima parte del film è una celebrazione della vita e dei sorrisi, mentre la seconda esplora il sacrificio e la forza d’animo. Ambientato ad Arezzo, “La Vita è Bella” non solo racconta una storia d’amore e guerra, ma mette in risalto la bellezza della città e del paesaggio toscano circostante. È un luogo perfetto per ambientare questa favola senza tempo.The first part of the film celebrates life and smiles, while the second explores sacrifice and resilience. Set in Arezzo, “Life is Beautiful” not only tells a story of love and war but also highlights the beauty of the city and the surrounding Tuscan countryside. It’s a perfect backdrop for this timeless fable. Alla scoperta di ArezzoExploring Arezzo Arezzo offre molti luoghi straordinari da visitare. Il più impressionante è la Piazza Grande, conosciuta anche come Piazza Giorgio Vasari. Qui si possono ammirare palazzi storici come il Palazzo del Tribunale, il Palazzo della Fraternità dei Laici e il Palazzo della Loggia, progettato da Giorgio Vasari. Non lontano si trovano il Palazzo Pretorio e, presumibilmente, la casa natale di Petrarca. Artisti celebri come Cimabue, Piero della Francesca e Andrea della Robbia hanno lasciato la loro impronta in questa città.Arezzo offers many extraordinary places to visit. The most impressive is Piazza Grande, also known as Piazza Giorgio Vasari. Here you can admire historic buildings like the Palazzo del Tribunale, Palazzo della Fraternità dei Laici, and the Palazzo della Loggia, designed by Giorgio Vasari. Nearby, you’ll find Palazzo Pretorio and the supposed birthplace of Petrarch. Renowned artists like Cimabue, Piero della Francesca, and Andrea della Robbia have left their mark on this city. Immergersi nella cultura e vita bella con La Studentessa MattaImmerse yourself in culture and "la vita bella” with La Studentessa Matta Oggi, Arezzo non è solo uno scenario cinematografico, ma anche il luogo ideale per imparare l’italiano. Durante i programmi di immersione linguistica organizzati da La Studentessa Matta, in collaborazione con Paola Testi direttrice di Cultura Italiana avrete l’opportunità di esplorare i luoghi iconici del film e vivere la magia di questa città storica.Today, Arezzo isn’t just a film set—it’s the perfect place to learn Italian. During the language immersion programs organized by La Studentessa Matta in collaboration with Paola Testi director of Cultura Italiana Arezzo, you’ll have the chance to explore iconic film locations and experience the magic of this historic city. Arezzo è la mia casa.Arezzo is my home Ormai, Arezzo è la mia casa lontano da casa, un luogo a cui torno anno dopo anno con immutato affetto. Amo il popolo di Arezzo: la loro calda accoglienza, generosità e l’orgoglio profondo che nutrono per la loro splendida città. Nel corso degli anni, il film “La Vita è Bella” mi ha ispirato profondamente, spingendomi a creare una vita in Italia, imparare la lingua e persino scrivere un romanzo ambientato in questa incantevole città durante gli anni della guerra. Sia il film che la città stessa svolgono ruoli fondamentali come "protagonisti" nella mia storia.Arezzo is my home away from home, a place I return to year after year with unwavering affection. I love the people of Arezzo—their warmth, generosity, and deep pride in their beautiful city. Over the years, the film “La Vita è Bella” has profoundly inspired me, shaping my journey to create a life in Italy, learn the language, and even write a novel set in this enchanting town during the war years. Both the movie and the town itself play pivotal roles as "protagonists" in my story. Grazie, Arezzo, per tutto ciò che mi hai dato. Non vedo l’ora di tornarci e continuare l’avventura! Grazie, Arezzo, for all that you have given me. I can’t wait to return and continue the adventure! Film clips — La Vita È Bella Featuring Arezzo https://youtu.be/ao71lV1NJsc https://youtu.be/ASIFD-wG7OU https://youtu.be/Z29WEI7Vrbw https://youtu.be/ge_xNhmugfI Read the full article
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THAT’S ALL FOLK(LORE)
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Che cos’è il genio? �� fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione. E folklore, l’ottavo album a sorpresa di Taylor Swift, è esattamente questo. È anche un capolavoro, forse IL capolavoro, ma è, prima di tutto e soprattutto, il colpo di genio teorizzato dal Perozzi di Amici miei.
Tuttavia quella definizione, declinata al 2020, è monca: bisogna per forza aggiungervi anche “noia”.
Perché più che il contratto poté la quarantena.
Mentre noi ci parcheggiavamo davanti alla tv per vedere Giuseppe Conte fare nomi e cognomi, o per cercare di carpire da Benedetta Rossi il segreto del pane fatto in casa, e poi litigavamo sulla portata del termine “congiunti”, Taylor Swift si metteva di buzzo buono e scriveva un disco. Così, ex nihilo.
Immagino sia questa la differenza che corre tra un’Artista col pedigree e noialtri comuni mortali, svaccatori seriali, rassegnati all’idea che “tanto moriremo tutti”, come ci insegnava vent’anni fa Wilhelmina Packard, e allora che senso ha sbattersi?
Deve essere bello riuscire a vedere un’opportunità in ogni difficoltà, anziché una difficoltà in ogni opportunità come invece faccio io (ma questo solo se ho gli occhiali: senza non vedo né l’una né l’altra, e allora forse non è poi tanto male).
Perché le cose sarebbero potute andare diversamente. Anche Taylor avrebbe potuto passare tuttu lu jornu a fa’ lu pà e a fettà lu ciauscolo, indossando lo zinale invece del cardigan, e con in mano lo ramarolo invece della chitarra. Meno dea dal multiforme ingegno e più vardascia. Una di noi, insomma. Ma si può accettare di buon grado un divario siffatto; si può rinunciare a una certa dose di identificabilità, se poi noi (svaccatori seriali ma col pane fresco) ne guadagniamo un disco come folklore.
Che è tutto, e pure di più.
Il 23 luglio, quando, all’improvviso, Taylor ha annunciato con un tweet che di lì a poche ore sarebbe uscito TS8, album su cui ancora non avevamo nemmeno iniziato a fantasticare, a meno di un anno dall’uscita di Lover, io ero (svaccata, cvd) sul divano a guardare i Simpson. La mia timeline, me compresa, è andata da 0 a 100 in due decimi di secondo: gente che urlava, gente che si chiedeva se fosse uno scherzo, gente che chiamava il cardiologo perché temeva di infartare, altra gente che invece chiamava il proprio ministro di culto per fare ammenda dei propri peccati perché sì, insomma, Taylor Swift che annuncia un album dal nulla, senza proclami, bandi, gride manzoniane, conti alla rovescia, indizi, senza niente di niente, è il segnale più incontrovertibile che l’apocalisse è prossima. Ancor più di una pandemia, diciamocelo, è Taylor Swift che sposta gli equilibri globali.
Già nell’agosto 2017 aveva modificato lo status Qui Quo Qua di tutto il mondo mondiale pubblicando quella misteriosa clip di un serpente per annunciare l’arrivo di reputation, ma l’agitazione provocata da folklore è di tutt’altra natura; intanto perché relativa a qualcosa di totalmente inaspettato: nemmeno nei nostri wildest dreams potevamo immaginare che in quest’anno di tribolazione e miseria avremmo avuto un regalo simile. Una cosa buona nel 2020, vien quasi da chiedersi cosa ci sia sotto.
Allo stato di febbrile eccitazione senza precedenti ha poi contribuito il cambio di genere, con una virata inaspettata dal pop all’indie folk, e il colpo di grazia l’hanno dato le otto differenti copertine dell’edizione deluxe, che è un po’ come trovarsi in pizzeria e andare nel panico perché si deve ordinare un solo piatto e non tutto il menu.
Ora, non è la prima volta che Taylor si avventura nel folk, ma la splendida Safe & Sound, scritta (e interpretata) per il film Hunger Games insieme al duo The Civil Wars, è stata fino a oggi l’unica incursione nel genere che fosse possibile portare a esempio, e sembrava destinata a restare tale per sempre. A onor del vero, già It’s Nice To Have A Friend aveva un gusto alternativo, e forse avrebbe trovato collocazione più adatta proprio in folklore che non in Lover (se non fosse che, all’epoca, folklore non esisteva nemmeno, quindi quella canzone è destinata a pagare lo scotto della sua ricercatezza con uno snobbamento generale. Chissà che ora le cose non cambino…).
Se vogliamo, un assaggio di come potrebbero apparire i testi di Taylor ammantati di sonorità diverse dalle sue tradizionali (cioè il country e il pop) ce l’ha dato Ryan Adams con il suo cover-album di 1989. Anche se l’idea di base è interessante, non si può, tuttavia, dire che l’esperimento sia riuscito. Se alcune reinterpretazioni in chiave alternative-rock dei brani di Taylor hanno funzionato abbastanza (penso a Welcome To New York, Bad Blood), altre invece ne hanno stravolto completamente la natura e il senso (Blank Space, Shake It Off), risultando banali e noiose, e comunque tutte uguali, tanto che si riesce a distinguerle l’una dall’altra solo perché si conoscono i testi. Quel che mancava a quel progetto era, tra le altre cose, il cuore: è abbastanza ambizioso prendere le canzoni di qualcuno come Taylor, che ha fatto delle emozioni (sue e, in una sorta di rapporto empatico, di chi ascolta) il proprio cavallo di battaglia, e pretendere di riuscire ad avere lo stesso impatto emotivo.
E proprio perché Taylor è una cantautrice di razza, per lei vale per forza l’espressione “se vuoi che le cose vengano bene devi fartele da solo”. O, comunque, con l’aiuto di poca gente che si sa fidata o dalla maestria indiscussa (penso a Andrew Lloyd Webber con cui Taylor ha scritto Beautiful Ghosts, che è tanto meravigliosa quanto il film cui è stata destinata, Cats, è abominevole). Ecco allora, per esempio, che tra i co-autori qui compare di nuovo Jack Antonoff, che ha collaborato con Taylor alla scrittura di alcuni suoi pezzi più belli (per citarne solo un po’: The Archer, Death By A Thousand Cuts, Getaway Car).
E il risultato, ma non c’è bisogno che ve lo dica io che sono di parte (però ve lo dico lo stesso), è fenomenale.
Ora, direi che è inutile dilungarsi ulteriormente, e andiamo al sugo di tutta la storia. Ladies and gentlemen, cari amici vicini e lontani, vardasce di ogni ordine e grado, ecco a voi
il Tomone 5.0™ . THERE GOES THE LOUDEST WOMAN THIS TOWN HAS EVER SEEN the 1
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
La prima canzone dell’album segna un po’ il passo per tutto il resto, dando un assaggio della malinconia che, dove più e dove meno, lo pervade.
In particolare, qui si guarda al passato e ci si ferma a pensare a come diversamente sarebbero potute andare le cose (“If one thing had been different / would everything be different today?”). E sebbene c’è sì una punta di mestizia, tuttavia non c’è quel rimpianto duro e puro che si può individuare in altri brani come Last Kiss, Back To December, I Almost Do o Sad Beautiful Tragic.
Intanto, in the 1 si riflette da un punto di vista di conquistata serenità (“I’m doing good, I’m on some new shit”; “And it’s alright now”), e immagino che sia proprio per questo che non fa tanto male cercare di capire come sarebbe il presente se si fossero prese decisioni diverse. Infatti si dice che sarebbe stato “piacevole” se l’altra persona si fosse rivelata quella giusta (“But it would’ve been fun / If you would’ve been the one”), e non che la propria esistenza avrebbe svoltato definitivamente e ora non c’è proprio più alcuna possibilità che migliori e tanto la vita è miseria e poi si muore. Non è andata, pazienza. È bello da ricordare, ma nulla per cui serva a qualcosa dolersene ora.
#AlcoholicCount: 1 (rosé)
#CurseWordsCount: 2 (shit)
#FavLyrics: “But we were something, don’t you think so? / Roaring twenties, tossing pennies in the pool” cardigan
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
cardigan è il primo singolo estratto, con tanto di video musicale girato e prodotto durante la quarantena. Non si il tormentone estivo, è semplicemente una canzone che crea l’atmosfera confortevole e rassicurante dell’abbraccio di un caldo cardigan. Checcefrega del cileno e checcefrega se è luglio. Cardigan sia.
(vorrei che sia messo a verbale che, mentre scrivo queste righe, mio fratello gira per casa gridando “Cardigaaaan, cardigaaan” sulla melodia di Sandokan)
La particolarità di questa canzone è il far parte di un trittico, insieme ad august e betty. Come Taylor stessa ha dichiarato, nei tre brani viene raccontato di un triangolo adolescenziale, di un amore giovane e immaturo destinato a disintegrarsi (“You drew stars around my scars / but now I’m bleeding”). Il triangolo è narrato da altrettanti punti di vista. In particolare, cardigan dovrebbe essere il punto di vista di quella che poi sarà individuata come Betty, che scopriremo essere stata tradita da James. Proprio qui si fa riferimento all’inseguire due ragazze e perdere quella giusta (ovviamente la diretta interessata si ritiene tale): “Chase two girls, lose the one”.
Non solo, ma c’è anche un riferimento che ricorre, qui e in betty, cioè l’immaturità giovanile: “When you are young, they assume you know nothing” e “I’m only seventeen / I don’t know anything […]”. Immaturità, dei due, che però caratterizza soltanto James: “‘cause I knew everything when I was young” sono infatti le parole di Betty. La ragazza, proprio in quanto meno scema, ha anche provato a cambiare il finale della loro storia, probabilmente perché aveva intuito che era destinato a essere — e in effetti è stato — come quello di Peter Pan (“Tried to change the ending / Peter losing Wendy”): Peter, che si rifiutava di crescere, ha dovuto dire addio a Wendy che, di ritorno dall’Isola che non c’è, è andata avanti con la sua vita.
(e comunque Peter Pan era un cagacazzo, ma chi te vòle aho #TeamUncino4Evah)
Anche il riferimento ai sampietrini (cobblestone) ricorre in entrambi i brani. Qui mi sembra quasi come se il rumore dei tacchi sui ciottoli (che si sente anche nella canzone) funzioni come una sorta di trigger, ed è per questo che Betty si trova a fantasticare su un amore perduto ma mai dimenticato (“But I knew you’d linger like a tattoo kiss / I knew you’d haunt all of my what-ifs / the smell of smoke would hang around this long”).
Quanto al video, anche questo diretto da Taylor come già quello di The Man, ha trovato l’approvazione di mio fratello (sì, quello di prima, quindi non so quanto valga ‘sta cosa). Io ho trovato di particolare impatto la scena del pianoforte quale àncora di salvezza in un mare in tempesta: mi ha fatto venire in mente la frase “People haven’t always been there for me, but music always has”.
In effetti, il video stesso potrebbe far pensare a una metafora ben più ampia: si parte da una stanzetta piccola, circoscritta e protetta (Taylor che fa musica per il gusto di farlo), poi ci si addentra — letteralmente — nel pianoforte e ci si ritrova in un ambiente più vasto e molto diverso, una foresta magica e rigogliosa (una carriera ormai avviata, il successo, sperimentazione di nuovi generi). Quello che colpisce però è la solitudine, l’unica compagnia è sempre quella del pianoforte (è una sorta di sineddoche: la parte per il tutto, in questo caso lo strumento per la musica). Tant’è che nel testo si dice chiaramente “A friend to all is a friend to none” (inutile circondarsi di tanta gente, le squad che tanto facevano parlare i media, che poi alla fine di vero non c’è nulla). Poi la tempesta colpisce, la stessa tempesta che ha portato a reputation, e infine si ritorna alle origini, si ritorna alla stanzetta, alla musica per amore della musica. E in effetti folklore, nato in un periodo sui generis come il lockdown dovuto a una pandemia, è proprio l’esempio perfetto di arte per arte. Un album nato per l’umanissima esigenza di esprimersi liberamente, e non per rispettare i termini di un contratto.
#AlcoholicCount: 1 (drunk)
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “Tried to change the ending / Peter losing Wendy” the last great american dynasty
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
La mia canzone preferita di tutto l’album. Anche se epiphany e seven (e forse anche mad woman) (e forse anche betty) (e forse anche my tears ricochet) (ochèi, sono un tantino in difficoltà) le contendono da molto vicino la posizione più alta del podio, per ora questa persists and resists.
Il brano ha un po’ il sapore di Starlight, in quanto anche qui si raccontano le vicende di persone realmente esistite. Se là protagonisti erano Ethel e Bobby Kennedy (anche loro una dinastia americana), qui è Rebekah Harkness (con una breve menzione al secondo marito William).
Rebekah Harkness, detta Betty (ma non la stessa Betty), è stata una compositrice, scultrice e filantropa statunitense. Con immagini un po’ gatsbyane, Taylor ci accompagna attraverso un matrimonio incantevole e tuttavia pacchiano, feste eleganti e tuttavia rumorose, e poi, dopo la prematura morte di Bill, attraverso una girandola di situazioni che tradiscono lo spirito evidentemente moderno, e il temperamento estroso, della vedova (“Filled the pool with champagne and swam with the big names / and blew through the money on the boys and the ballet / and losing on card game bets with Dalí”; “And in a feud with her neighbor / she stole his dog and dyed it key lime green”). Tra l’altro, nel corso della canzone, ci si riferisce a lei con i superlativi “maddest” (la più pazza) e “most shameless” (la più senza vergogna), probabilmente giudizi che la comunità riservava a chi non viveva seguendo determinate convenzioni (una donna, per di più! Orrore e raccapriccio!).
Interessante è il riferimento a Salvador Dalì, non un semplice tocco di colore: le ceneri della Harkness, infatti, riposano in un’urna progettata dall’artista, dal valore di 250.000 dollari. Can’t relate: la mia urna potrà al massimo essere una scatola da scarpe.
Quel che mi piace della canzone è anche il legame tra la protagonista e Taylor stessa: quest’ultima, infatti, ha acquistato la casa di Rhode Island, la “Holiday House” che qui si menziona, in precedenza appartenuta a Rebekah. Un passaggio di testimone. Mi ha fatto venire in mente la serie antologica Why Women Kill, in cui la medesima abitazione fa da sfondo alle vicende dei personaggi nelle varie epoche in cui l’hanno rispettivamente abitata (1963, 1984 e 2019).
#AlcoholicCount: 1 (champagne)
#CurseWordsCount: 1 (bitch)
#FavLyrics: “They say she was seen on occasion / pacing the rocks staring out at the midnight sea / and in a feud with her neighbor / she stole his dog and dyed it key lime green” exile (feat. Bon Iver)
[Taylor Swift, Justin Vernon, William Bowery]
Non si faceva un tale parlare di “esilio” dai tempi di Ugo Foscolo, il quale si esiliava da solo ogni trenta secondi (e se ne lamentava pure), perché probabilmente non aveva di meglio da fare. Aprite infatti un social a caso, e ci sarà uno swiftie che starà struggendosi ascoltando exile. E a ragione, perché è un pezzo splendido.
Si tratta di una collaborazione con il gruppo indie folk Bon Iver. È da The Last Time, con Gary Lightbody degli Snow Patrol, che non si aveva un duetto tanto bello. Per fortuna, l’esecranda e improvvida versione di Lover con l’altrettanto esecrando Shawn Mendes è stata ben presto derubricata ad “allucinazione collettiva” ed è come se non fosse mai esistita.
La voce di Justin Vernon, frontman dei Bon Iver, bassa e vibrante, contrasta con quella delicata di Taylor, in piacevole gioco di chiaroscuri, per fondersi meravigliosamente sul finale.
Il contrasto, tuttavia, non è solo sonoro, ma anche concettuale. La canzone, infatti, offre i punti di vista di entrambe le persone coinvolte nella relazione naufragata. Da un lato, c’è chi soffre nel vedere quanto velocemente (“And it took you five whole minutes / to pack us up and leave me with it”, dove quel “five whole minutes” è ironico) l’altra persona si sia dimostrata capace di voltare pagina (“I can see you standin’, honey / with his arms around your body); dall’altro c’è chi si era resa conto che la relazione era sempre stata precaria (“Balancin’ on breaking branches”; “We always walked a very thin line”).
È un continuo rimarcare due posizioni ormai non più conciliabili: “You never gave a warning sign (I gave so many signs)”. In realtà, c’è una cosa su cui sono concordi entrambi: che la storia ormai è finita. Il ritornello, infatti, seppur con minime differenze, è lo stesso per entrambi, e viene cantato dapprima singolarmente e poi insieme.
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “You’re not my homeland anymore / so what am I defending now? / You were my town / now I’m in exile seein’ you out” my tears ricochet
[Taylor Swift]
Il punto di vista di questa canzone è peculiare a dir poco: è quello di una persona trapassata e remota, insomma, morta hai presente la tua maestra la signorina Brenda è morta sparita per sempre morta di una morte orrenda e super dolorosa andata andata andata come il tuo cane il mio cane è morto l’ho messo sotto con la macchina quando sono arrivato tutti quelli che ami intorno a te stanno morendo. L’ambientazione, infatti è una veglia funebre, con tanto di frase cerimoniale di circostanza (“We gather here”).
Solo su questa canzone si può scrivere una tesi di laurea. Taylor ha dichiarato che il pezzo racconta di un “tormentatore incattivito” che si presenta al funerale del defunto oggetto della sua ossessione. Intanto, è curioso l’uso del termine “tormentor”. Non un amante, non una persona cara (sarebbe stata una canzone anche romantica, se così fosse stato), ma un “tormentatore”, una figura negativa: un oppressore, insomma.
Non è un caso che, stando alla teoria che va per la maggiore nel fandom, la canzone riguardi la vicenda Big Machine e le ribalderie messe in atto da quei tangheri ciurmatori di Scott Borchetta e Scooter Braun.
È indubbio che, per molto tempo, il rapporto tra Taylor e la sua prima etichetta fosse stato buono (“Crossing out the good years”), tanto che è stato un fulmine a ciel sereno vedere come sono andate a finire le cose (“Did I deserve, babe / all the hell you gave me? / ‘cause I loved you / I swear I loved you”).
Tutta la questione dei master mai restituiti (“You wear the same jewels / that I gave you / as you bury me”; “You hear my stolen lullabies”) è stato un vero picco di meschinità da parte dei pitocchi di cui sopra, e Taylor non ha potuto far altro che rendere la cosa pubblica, sollevando un polverone (“I didn’t have it in myself to go with grace”), a cui i due pisquani hanno risposto che “noooo, ma figurati se non vogliamo restituirle i master, certo che glieli restituiamo, le diamo un album vecchio per ogni album nuovo che lei butta fuori, una roba super ragionevole, quasi beneficenza, eh, in dodici, toh, massimo quindici anni è di nuovo tutto suo, che occasione ghiotta, e anzi ci feriscono molto queste accuse, è quasi come se ci volesse far passare per mentecatti, cioè, dai, non è proprio possibile, noi, mentecatti, eeeeeh” (“And you’re the hero flying around saving face” — perché, sì, ci hanno provato a salvare la faccia, più o meno nei termini esposti sopra).
Così Taylor è stata costretta a mollare baracca e burattini, a lasciare quella che è stata la sua casa fin dall’esordio, e trovare ospitalità presso un’altra etichetta. (“And I can go anywhere I want / anywhere I want / just not home”). Nel mentre, la Big Machine si è trovata economicamente con l’acqua alla gola (“And if I'm on fire / you'll be made of ashes, too”; “You had to kill me, but it killed you just the same”), avendo perso la gallina dalle uova d’oro e potendo ora contare solo sui diritti delle vecchie canzoni (“And if I’m dead to you why are you at the wake?”). Ci credo sì, che avrebbero desiderato che fosse rimasta e che ora ne sentano la mancanza (“Wishing I stayed”; “but you would still miss me in your bones”). E adesso, be’, ai due crotali tremebondi non resta che piangere la sorte abietta che si sono chiamati addosso da soli. Il verso “looking at how my tears ricochet”, infatti, io lo interpreto nel senso di un karmico rimbalzo. È una ruota che gira, le lacrime di una ora sono diventate le lacrime di quegli altri.
Come Miss American & The Heartbreak Prince è un’unica, grande metafora (il liceo per la politica), così my tears ricochet: grattando appena la superficie del letterale si apre un altro mondo. Analizzare i testi di Taylor è come cadere nella tana del bianconiglio. E come “Alice si era talmente abituata ad aspettarsi solo cose straordinarie” così a noi, dopo un ascolto di folklore, sembra “quasi noioso e stupido che la vita continu[i] sempre allo stesso modo” [Alice nel paese delle meraviglie, Newton Compton Editori, trad. Adriana Valori-Piperno].
#AlcoholicCount: 1 (drunk)
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “We gather stones / never knowing what they’ll mean / some to throw / some to make a diamond ring” mirrorball
[Taylor Swift, Jack Antonoff]
Quando uno pensa a una palla da discoteca, pensa agli anni ’70, ai luccichii, ai lustrini, ai pantaloni a zampa, alla febbre del sabato sera, alla disco music (e, se siete fan dei Simpson, anche a Disco Stu). Insomma, a roba psichedelica e spensierata. Poi è arrivata Taylor che ha detto: “Senti, cocco, reggimi un attimo la strobosfera che ne parliamo”.
Il pezzo è una ballad malinconica in cui ci si paragona a una palla da discoteca, osservata da tutti: ed è proprio per questo che l’unica preoccupazione è quella di compiacere gli altri, anche a costo di rinunciare alla propria individualità (“I can change everything about me to fit it in”; “Shining just for you”).
E il bridge è esplicativo di una vita vissuta solo per gli occhi degli altri: “I’m still on that tightrope / I’m still trying everything to get you laughing at me”; “I’m still on that trapeze / I’m still trying everything to keep you looking at me”.
#AlcoholicCount: 1 (drunk)
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “And they called off the circus / burned the disco down / when they sent home the horses / and the rodeo clowns” seven
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
In un commento su YouTube, sotto al lyric video di seven, qualcuno ha scritto che non è che gli altri artisti non siano bravi, è solo che Taylor Swift è differente. Onestamente non avrei saputo dirlo meglio. E questa canzone — sebbene in quest’album sia difficile decidere quale brano, a livello di testo, spicchi di più — è forse la cartina al tornasole delle sue capacità di autrice.
Qui Taylor richiama alla memoria un’amica di infanzia. Il riverbero nella voce contribuisce a creare una certa lontananza temporale. Addirittura, Taylor non è nemmeno in grado di ricordare il viso della sua compagna di giochi (“And though I can’t recall your face”) tanto è il tempo trascorso (ventitré anni almeno).
La canzone è pervasa da una certa dose di levità, acuita anche da questa immagine di Taylor da bambina sull’altalena, così in alto da avere la Pennsylvania sotto di lei. Quel che più colpisce, però, è il contrasto tra contenente e contenuto. La piccola amica, infatti, vive a casa una situazione tutt’altro che leggera, tutt’altro che serena, fatta probabilmente di rabbia e di litigi. Si fa riferimento a un padre sempre arrabbiato, ai pianti e al nascondersi, forse per evitare di assistere all’ennesima lite tra i genitori. Non si faccia, tuttavia, l’errore di credere che l’evidente leggerezza della melodia e della voce di Taylor sia un segno di superficialità. È, piuttosto, il modo migliore per rendere la purezza e l’innocenza dei bambini, anche di fronte a situazioni ben più grandi di loro. Così, cosa c’è di più ovvio e di più facile, agli occhi di una bambina di sette anni, per salvare l’amica dalla sofferenza, se non proporle di diventare delle piratesse? Dopotutto, chi hai mai visto un pirata piangere o nascondersi nell’armadio? Il “then” nel verso“then you won’t have to cry” ha infatti qui un valore consequenziale.
La parte più bella e più esplicativa di questo punto di vista di infantile innocenza è tuttavia data dai versi “I think your house is haunted / Your dad is always mad and that must be why”. Il rasoio di Occam vuole che “a parità di fattori la spiegazione più semplice è da preferire”. Agli occhi di una bambina di sette anni, ignara e inconsapevole delle dinamiche che governano gli adulti, specie quelli arrabbiati come il padre dell’amica, è ovvio che la causa di quel livore non può che trovarsi nell’infestazione di fantasmi della casa in cui vivono. Insomma, che altro mai potrebbe essere? È un verso davvero semplicissimo, ma di un’efficacia incredibile.
Ora, la tematica della canzone me ne ha fatta venire in mente un’altra che mi piace parecchio, Little Toy Guns di Carrie Underwood. Anche lì c’è una bambina che è costretta a nascondersi nell’armadio, tra i cappotti, per non assistere alla scena dei suoi genitori che litigano furiosamente (“In between the coats in the closet she held on to that heart shaped locket”; “Mom and daddy just wouldn’t stop it fighting at the drop of a faucet”; “Puts her hands over her ears / starts talking through her tears”). La canzone è di certo accattivante per l’energia e la potenza della voce della Underwood, ma a livello di testo non ci sono guizzi, è tutto letterale. Taylor, invece, con molte meno parole ma accuratamente selezionate, dipinge un quadro tanto vivido quanto evocativo.
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: Before I learned civility / I used to scream / ferociously august
[Taylor Swift, Jack Antonoff]
august è la parte centrale del trittico composto da cardigan e betty. La narrazione qui è affidata all’altra ragazza, ovvero l’avventura estiva di James (quella “summer thing” che si menzionerà in betty).
La loro storia è volata via come è volato via agosto: era impossibile costruire qualcosa perché, nonostante le rassicurazioni (“saying ‘Us’”), James non era mai stato suo (“you weren’t mine to lose”).
Il collegamento con betty è evidente: “Remember when I pulled up / and said ‘Get in the car’” e “She said ‘James, get in, let’s drive’”.
La canzone mi piace ma, come agosto scivola via dal calendario, così questa mi scivola via dalla testa e, per quanto mi riguarda, fatico a ritenerla memorabile (a parte il bridge).
#AlcoholicCount: 3 (wine)
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “Back when we were still changing for the better / wanting was enough /for me, it was enough / To live for the hope of it all / cancel plans just in case you’d call” this is me trying
[Taylor Swift, Jack Antonoff]
Questa canzone mi devasta fin nei più oscuri recessi della mia anima, perché per certi aspetti (molti aspetti) sembra che mi stia descrivendo. E se da un lato è bello vedere messe nero su bianco certe sensazioni (con più eloquenza di quanto potrei fare io stessa), dall’altro mi ci fa rimuginare e quindi niente, soffroh. Perché a una che, ogni mattina, si alza e pensa che non si tratta altro che di un nuovo giorno di un’esistenza sprecata, sentire “I had the shiniest wheels, now they’re rusting” e “They told me all of my cages were mental / so I got wasted like all my potential” fa un certo effetto. E non fatemi nemmeno iniziare a parlare di “I have a lot of regrets about that”.
Particolarmente interessante è il verso “I was so ahead of the curve, the curve became a sphere”. Credo significhi che Taylor fosse così avanti agli altri che a un certo punto si è trovata a dover competere costantemente con se stessa: rectius, l’hanno costretta a competere con se stessa, e un album in meno venduto, e un biglietto in meno staccato erano prova incontrovertibile che ormai fosse finita, kaputt, ciaone (mi ricordo quell’articolo di Forbes, datato 4 gennaio 2018, che titolava “Taylor Swift Ss No Longer Relatable, And Her Ticket Sales Prove It”; ma mi ricordo anche l’articolo del primo agosto seguente, del medesimo autore, che titolava, chissà se con una punta di rammarico, “Taylor Swit’s Reputation Tour Is A Massive Success: Looks Like She’s Relatable After All”). Questo anche quando, a confronto con qualsiasi altro artista, il peggior risultato di Taylor equivale al loro migliore.
#AlcoholicCount: 1 (whiskey). E quanto a me, da astemia che sono, questa canzone mi fa venir voglia di iniziare.
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “I’ve been having a hard time adjusting / I had the shiniest wheels, now they’re rusting” illicit affairs
[Taylor Swift, Jack Antonoff]
Da vera donna del Rinascimento qual è, Taylor non si accontenta di dedicarsi al mero cantautorato poetico e fa una breve incursione nella manualistica, come già a suo tempo con How You Get The Girl. Stavolta, oggetto della trattazione sono le tresche, le relazioni clandestine e, appunto, “illecite”, per la buona riuscita delle quali si danno consigli di comportamento (come fingere di andare a correre, così che il rossore sulle guance sia attribuito all’attività fisica e non all’incontro con l’altra persona — o comunque, a un’attività fisica di altra natura, if you know what I mean).
Ma vabbè, facezie a parte. Non è la prima volta che Taylor parla di tradimenti; è un tema che ricorre: Should’ve Said No, Girl At Home, Babe (canzone poi passata agli Sugarland ma in cui Taylor canta dei versi), Getaway Car.
A differenza delle altre, però, questa canzone è di una tristezza infinita. La prima strofa ha riguardo al fatto che si è costretti a vivere di menzogne, e qualcosa che in condizioni normali sarebbe bella (il rossore sulle guance dovuto a una piacevole emozione) in questo caso non sarebbe altro che un simbolo di infamia, e come tale deve essere nascosto, o giustificato con una squallida balla.
La relazione clandestina, poi, è in qualche misura paragonata alla droga: si è consapevoli che ci sta facendo del male, ma non ci si riesce a fermare (nonostante quello che uno si ripete: “Tell yourself you can always stop”). E se mai un effetto benefico c’è stato, ormai è svanito da un pezzo (“A drug that only worked / The first few hundred times”).
Nella seconda strofa c’è un altro consiglio che si aggiunge a quelli della prima: “Leave the perfume on the shelf”, così che non si lascino tracce. Apoteosi dell’annullamento di se stessi (peggio che in mirrorball): “like you don’t even exist”.
Nel bridge c’è però un colpo di coda, arrabbiato, in cui volano parole dure, durissime parole taglienti (o di certo lo sono per lo standard di Kent Brockman di Canale 6: “Look at this godforsaken mess that you made me”; “Look at this idiotic fool that you made me”) ma alla fine si torna sempre al punto di partenza: “And you know damn well / for you I would ruin myself / …a million little times”.
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “And you wanna scream / Don’t call me kid / Don’t call me baby / Look at this godforsaken mess that you made me” invisible strings
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
Questo brano mi fa pensare alla leggenda orientale del filo rosso del destino, secondo cui esiste un filo invisibile e indistruttibile che lega una persona alla sua anima gemella.
(una specie di filo di Schrödinger, in effetti, visto che è rosso e invisibile allo stesso tempo)
(*tap tap* è acceso questo coso?)
Qui, però, il filo è dorato. L’oro, d’altronde, è un colore più adatto a rappresentare ciò che Taylor ci sta raccontando. Se è vero che il rosso è tipicamente associato all’amore, alla passione (ma anche alle intemperanze emotive — non è certo un caso, per esempio, che la Regina di Cuori del Paese delle meraviglie sia contraddistinta dal rosso), l’oro, per parte sua, richiama il sole, la luce, in generale sensazioni positive. È anche un colore prezioso, come prezioso è il legame che condividono i due innamorati.
È evidentemente una canzone molto intima e molto personale, con certi dettagli che fanno pensare a Taylor stessa (“Bad was the blood of the song in the cab on your first trip to LA”; “she said I looked like an American singer”) e non a personaggi fittizi come in altri brani dell’album.
In questa canzone il passato non si guarda con amarezza (“Time / mystical time / cutting me open, then healing me fine”; “Cold was the steel of my axe to grind for the boys who broke my heart / now I send their babies presents”) perché tutto è servito per arrivare alla serenità attuale (“Hell was the journey but it brought me heaven”).
Ora che mi ci fa pensare, anche io credo di avere un filo invisibile che mi lega a qualcosa, e quel qualcosa sono le patatine San Carlo lime e pepe rosa.
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “Time / mystical time / Cutting me open, then healing me fine” mad woman
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
Questa è, per me, una punta di diamante in un disco che non è certo composto da zirconi.
Quello che amo di questo brano è come un’incazzatura viscerale e profonda sia stata camuffata con una melodia delicata. Urlare e sbraitare rischia di passare per un semplice bluff, un gatto che si gonfia per sembrare più grande e più pericoloso, e una rabbia espressa con calma e lucidità è molto più temibile. Allora, è interessante il contrasto che si crea tra la pacatezza con cui si pronunciano i versi “Now I breathe flames each time I talk / my cannons all firing at your yacht” e l’immagine che quegli stessi versi veicolano.
Anche la prima strofa è notevole. Non ci si gira troppo intorno, si va dritti al punto: “What did you think I’d say to that?”, come pensi che avrei reagito (al torto che mi hai fatto)? È ovvio che non me ne sarei restata zitta e buona, lascia intendere Taylor. Povero ingenuo figlio dell’estate, hai presente de chi stamo a parlà? Come uno scorpione che, provocato, punge per uccidere, lei uguale. Metaforicamente parlando, s’intende (be’, più che altro si spera).
Tematicamente, trovo che vi sia similitudine con il primo, epicissimo singolo di reputation: “Look what you made me do” da una parte e “No one likes a mad woman / You made her like that”. Poi, ovviamente, le situazioni sono diverse. Se il brano precedente credo riguardasse i tentativi meschini e truffaldini di quei due peracottari di Kanye West e Kim Kardashian di affossare reputazione e carriera di Taylor, qui mi viene da pensare che riguardi invece la vicenda Big Machine, la questione dei master mai restituiti (“‘cause you took everything from me) e la tirannica condizione di un album vecchio per ogni album nuovo pubblicato, ciò che da noi si dice “contratto capestro”. Il capestro non è altro che un cappio, in inglese — wait for it — “noose” (“and you find something to wrap your noose around”). Anche se la coincidenza linguistica (qui nel senso di “identità, sovrapposizione di concetti”) è del tutto fortuita, ciò non toglie che, quale che sia il termine in uso in inglese per quella situazione, le condizioni imposte dall’etichetta precedente non avessero nulla di diverso da un cappio al collo.
Poi in realtà la canzone — ed è qui la bravura di Taylor — può adattarsi a numerose altre situazioni (come già my tears ricochet), per esempio un tradimento non professionale ma sentimentale (“She should be mad / Should be scathing like me”, perché entrambe le donne sono state raggirate dal medesimo “master of spin”). Insomma, ognuno può leggerci quel che vuole, perché i testi di Taylor, pieni di metafore, allusioni, sottostesti sono, come la creta, modellabili a seconda di ciò che, chi ascolta, ha bisogno di sentirsi dire.
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 1 (fuck)
#FavLyrics: “What did you think I’d say to that? / Does a scorpion sting when fighting back?” epiphany
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
Inutile girarci intorno: ne abbiamo fin sopra i capelli della retorica, abbastanza stucchevole, che paragona la COVID-19 alla guerra. È da febbraio che osserviamo giornalisti, giornalai e finanche pennivendoli (il confine tra le categorie è molto labile) usare (più che altro abusare) un linguaggio bellico, fatto di termini come “battaglia”, “fronte”, “prima linea”, “trincea”, “eroi”, che non sai più se stai guardando il tg della sera o un documentario sull’offensiva della Mosa-Argonne.
Taylor, in questa canzone, utilizza il medesimo espediente narrativo: anche lei mette a confronto il virus e la guerra. Con la differenza, però, che lei ne ha tirato fuori un piccolo gioiellino.
(dite la verità, vi avevo spaventati, eh?)
Ha detto di aver preso spunto dalle vicende del nonno a Guadalcanal nel 1942, ma le sue parole nelle prime due strofe evocano immagini universali, non legate a un singolo episodio.
Dopo il primo ritornello, altre due strofe ci dipingono uno scenario differente, non più bellico ma ospedaliero. Qui, tuttavia, anche se resta ugualmente vaga, con i versi “Something med school / did not cover” Taylor richiama alla mente una situazione ben più specifica, quale l’emergenza sanitaria globale del 2020. Emergenza che, infatti, ha colto il mondo alla sprovvista, e ha evidenziato le carenze di chi ha dovuto affrontarla, qualcosa per cui, appunto, l’università non li aveva preparati.
È interessante notare come, al sesto verso della seconda strofa e, parallelamente, al sesto della quarta, Taylor ponga in posizione enfatica, perché all’inizio della frase, i termini “Sir” e “Doc”: questi, da un lato, servono a delineare con maggior chiarezza il contesto (un campo di battaglia e un ospedale), dall’altro rafforzano la metafora, l’accostamento delle due situazioni. In entrambi i casi c’è una autorità superiore cui appellarsi (tant’è che si tratta di un complemento di vocazione), che sia il comandante più alto in grado o il medico.
Nel brano viene anche fatto uso dell’anafora, figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio di versi successivi (“Keep your” / “keep your” ; “With you I” / “with you I”; “Watch you” / “watch you”; “Someone’s” / “someone’s”), con la funzione di sottolineare un concetto. Qui, le parole ripetute (e quindi enfatizzate) richiamano un’idea di tenacia (“keep”), di solidarietà (“with you”), di presenza verso l’altro, anche se magari non si può essere materialmente d’aiuto (“watch you”), del fatto che questi eventi coinvolgono persone che sono qualcosa per qualcuno (“someone’s” — “daughter” o “mother” che sia) e non semplici numeri snocciolati aridamente in un bollettino della protezione civile.
Infine, la strofa “Only twenty minutes to sleep / but you dream of some epiphany / just one single glimpse of relief / to make some sense of what you’ve seen” è comune a entrambe le situazioni, la guerra e la pandemia, in cui si cerca di dare un senso a quello a cui si è assistito.
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “Keep your helmet / keep your life, son / just a flesh wound / here’s your rifle” betty
[Taylor Swift, William Bowery]
L’intro di questo brano, con l’armonica a bocca tipica del folk, mi rimanda direttamente a Bob Dylan, e allora è anche legittimo chiedersi se le risposte alle domande che pone James — il personaggio che qui parla, la canzone è dal suo punto di vista — non stiano soffiando nel vento.
Questa canzone è l’ultimo pezzo del trittico di cui fanno parte anche cardigan (che viene esplicitamente nominato) e august (e infatti si fanno riferimenti all’estate). Delle tre, è quella che di gran lunga preferisco.
James, il traditore, cerca di riconquistare Betty ammettendo sì i suoi sbagli (“The worst thing that I ever did / was what I did to you”), ma giustificandoli con l’immaturità, già accennata in cardigan, dei suoi diciassette anni (“I’m only seventeen / I don’t know anything but I know I miss you”). Ma che, davero?
(e presumo che Betty sia una sua coetanea, però non è tonta come un banchetto quanto lui) (scusa, James, ma sappi che anche se sei un cretino mi ispiri simpatia)
Di nuovo ricorrono i sampietrini, che però qui sono rotti (broken): non perché siamo a Roma sotto l’amministrazione Raggi, ma perché a essere a pezzi è lo stesso James, evidentemente pentito di essere motivo del dolore di Betty. Ma è anche vero che chi è causa del suo mal…
Un altro legame con cardigan è il portico. Betty immaginava infatti che avrebbe trovato lì il fedifrago, una volta raffreddata l’eccitazione della tresca (“I knew you’d miss me once the thrill expired / and you’d be standing in my front porch light”) ed è infatti proprio lì che James progetta di recarsi (“Will you kiss me on the porch in front of all your stupid friends?), una volta arrivato alla sua festa (ed è più di quanto abbia fatto Jake Gyllenhaal, quindi un punto per James). Comunque non credo che poi Betty se lo sia ripreso, perché la canzone finisce con “you know I miss you”, al tempo presente. Se fossero tornati insieme, immagino che James avrebbe detto “missed”.
Ora, questo mini trittico è la cosa più vicina a un concept album che abbiamo mai avuto, ossia un disco in cui si racconta una storia precisa, dove ogni canzone è un capitolo della vicenda narrata. È una tipologia di album molto in voga nel metal (penso ai Rhapsody of Fire, che nei loro dischi portano avanti intere saghe fantasy, o agli Avantasia), e mi piacerebbe davvero tantissimo averne uno di Taylor: sarebbe un esperimento interessantissimo dove lei potrà dare libero sfogo alla fantasia e noi potremo tentare di capire i contorti e insondabili meccanismi che muovono il suo cervello.
#AlcoholicCount: zero, ma tanto al party di Betty non avranno mica servito solo Crodino.
#CurseWordsCount: 1 (fuck)
#FavLyrics: “You heard the rumors from Inez / You can’t believe a word she says / Most times, but this time it was true / The worst thing that I ever did / Was what I did to you” peace
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
Non credo che ascolterò molto spesso questa canzone in un futuro più o meno prossimo o più o meno remoto o comunque più o meno ricompreso nella vasta gamma di possibilità contemplate dalla grammatica italiana. Che in effetti sono ben poche. In realtà non so nemmeno perché non mi piaccia più di tanto, so solo che c’è qualcosa che non mi aggancia. Che ce devo fa, de gustibus.
Se, perlomeno, mi piace parecchio la parte strumentale dell’intro, tutto il resto mi suona come una nenia (parole dure di una blogger davvero strana, direbbe il già citato Kent Brockman), che mi si riprende un po’ solo nel bridge, con alcuni versi cantati abbastanza veloci come fossero uno scioglilingua (“Give you the silence that only comes when two people understand each other / family that I chose now that I see your brother as my brother”).
Questa canzone, più che malinconica, è granitica nel suo disfattismo: “No, I could never give you peace”, dove quel “No” suona come un’affermazione incontrovertibile; “But the rain is always gonna come / if you’re standing with me”.
Per altri aspetti, al contrario, Taylor sembra essere più conciliante con se stessa: “But I’m a fire and I’ll keep your brittle heart warm”. A causa delle circostanze, l’unica cosa che non si può offrire, o garantire, è la pace. Ma, forse, non potrebbe essere già sufficiente tutto il resto?
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 1 (shit)
#FavLyrics: “Swing with you for the fences / sit with you in the trenches” hoax
[Taylor Swift, Aaron Dessner]
Nella canzone si respira un generale senso di resa (“My eclipsed sun”; “My winless fight”; “I am ash from your fire”; “You knew the hero died, so what’s the movie for?”; “You knew you won, so what’s the point of keeping score?”; “My kingdom come undone / my broken drum / you have beaten my heart”), e ciò è innegabile. Quel che però non mi è chiarissimo è in che termini vada interpretato il brano nel suo complesso: in senso negativo o in senso positivo?
Per quanto riguarda il senso negativo, è presto detto: si canta di una relazione ormai finita che ha portato solo dolore, ma che forse non si riesce a lasciar andar del tutto (“You knew it still hurts underneath my scars / from when they pulled me apart”).
Per quanto riguarda il senso positivo (e in tutta onestà questa interpretazione mi piace di più, perlomeno è così che l’ho intesa fin da subito): c’è stata sofferenza, sì (“You knew it still hurts underneath my scars / From when they pulled me apart”), ed è per questo che Taylor non progettava di innamorarsi di nuovo, dopo le delusioni, ma è successo lo stesso, senza che potesse evitarlo. Ecco allora il significato di quel “But what you did was just as dark / darling, this was just as hard”: l’altra persona ha fatto qualcosa di altrettanto terribile di chi l’ha distrutta: ne ha rimesso insieme i pezzi (col rischio, allora, di mandarla in frantumi di nuovo: l’amore, infatti, è ancora visto come un imbroglio).
La melodia è caratterizzata da un pianoforte che ricorda un po’ una dolce ninna nanna: a maggior ragione questo mi fa pensare a un generale senso positivo del brano.
#AlcoholicCount: 0
#CurseWordsCount: 0
#FavLyrics: “You knew the hero died, so what’s the movie for” (SPOILEEEER) the lakes
[Taylor Swift … ]
La misteriosa bonus track dell’edizione deluxe che ancora non ha ascoltato nessuno.
#AlcoholicCount: ?
#CurseWordsCount: ?
#FavLyrics: ? PASSED DOWN LIKE FOLK SONGS THE LOVE LASTS SO LONG Da swiftie anziana quale sono, in circolazione dal lontano autunno del 2009 (sì, poco dopo il famoso incidente degli MTV Video Music Awards), non ricordo di aver mai visto un album che mettesse d’accordo — così tanto d’accordo — sia fan che critica. O forse è proprio perché sono anziana che non me lo ricordo, tutto può essere.
Certo, c’è sempre lo zoccolo duro dei detrattori per partito preso, quelli che preferirebbero affrontare il supplizio del toro di Falaride anziché ammettere che Taylor Swift è brava, ma a parte questa schiera di malmostosi, folklore ha riscosso un plauso trasversale.
In questo disco — nato nelle circostanze peculiari di un 2020 ammorbato — c’è tutta l’essenza di Taylor: di una persona, cioè, che ha sempre creato musica per il solo gusto di farlo. Forse è proprio questo il vero punto di forza di folklore: evidenzia come, per qualcuno, creare sia tanto necessario quanto è, per qualcun altro, fruire quella creazione. Questa seconda cosa, la quarantena ce l’ha dimostrata ampiamente: in un mondo per lo più fermo, costretti a una stasi innaturale sia mentale sia fisica e a un’incertezza paralizzante, noi tutti ci siamo rivolti ai creatori di contenuti e alle loro opere: libri, film, telefilm, musica, fumetti, videogiochi. Nei loro mondi di finzione abbiamo cercato non tanto un modo per combattere la noia imperante, quanto, piuttosto, un modo per non… qual è il termine… ah, sì, sbroccare del tutto. Quello, insomma, che si dice nella scena famosa del film L’attimo fuggente, solo che lì lo dicono meglio. Io, da parte mia, ho letto un sacco, più di quanto riesca a fare in condizioni normali, e quelli in compagnia dei libri sono stati momenti di pace di cui avevo un disperato bisogno (ecco perché dicevo che per me la quarantena è stata un’opportunità).
Ed è stato anche un modo per stabilire un’umana connessione, per quanto filtrata dalla pagina del libro, dallo schermo del computer o dalle cuffiette del nostro lettore musicale, impossibilitati com’eravamo a trovarla al di fuori delle mura di casa. Quella connessione virtuale che ha il suo tramite nell’arte, non solo durante i lockdown, è tanto più potente quanto più c’è una vocazione in chi quell’arte la realizza. In piena pandemia Taylor poteva mettersi a guardare video di gatti e a fare la pizza, e invece ha fatto folklore: non tanto per dovere o per contratto, ma per essenza ontologica. Taylor è una cantautrice, non fa la cantautrice. E credo che quest’album ne sia la prova definitiva.
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