#cammino di perfezione
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Santa Teresa d'Avila: il Protestantesimo malaugurata setta preda del demonio
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lunamagicablu · 5 months ago
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Nel nostro cammino non possiamo che liberarci dei pesi che ci rallentano, dei condizionamenti non nostri e semplicemente abbandonarci alla nuda verità della nostra perfezione, restare in ascolto delle supreme bellezze del creato, attendere il ricordo compiuto del nostro Essere e permanere nello spazio sacro all’interno di noi, facendo della nostra vita un miracolo di condivisione, servizio, testimonianza. Gabriele Policardo art by SlizkoAi *********************** On our journey we can only free ourselves from the burdens that slow us down, from the conditionings that are not ours and simply abandon ourselves to the naked truth of our perfection, remain listening to the supreme beauties of creation, await the complete memory of our Being and remain in the sacred space within us, making our life a miracle of sharing, service, testimony. Gabriele Policardo art by SlizkoAi 
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lumioluna · 2 months ago
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crescere e superare un momento negativo a volte sembra impossibile perchè ci aspettiamo di arrivare a quel punto in cui saremo sempre felici e non avremo mai problemi. ma in questo falliamo nel capire che non esiste (per nessuno) una vita priva di problemi, perchè allora sarebbe una vita priva di complessità, non esiste una vita priva di dolore, perchè sarebbe una vita priva di intensità, non esiste una vita che non richieda ogni giorno lo sforzo attivo (e quindi la scelta consapevole) di viverla, perchè sarebbe una vita priva di significato e di libertà.
l'obbiettivo non è vivere ogni giorno una felicità cristallizzata e placida. l'obbiettivo è acquisire gli strumenti che ti consentano di navigare le complessità dell'esistenza senza perdere il timone di te stesso, è fare in modo che sia tu a gestire i tuoi problemi e non i tuoi problemi a gestire la tua vita e a definire la tua identità.
maturare oltre un periodo buio della nostra esistenza non significa diventare improvvisamente immuni alla tristezza, allo scoraggiamento, al peso delle emozioni più oscure che risiedono dentro di noi: significa piuttosto imparare a riconoscerle per quello che sono, accoglierle come parte integrante della vita e sapere (finalmente!) come guidare noi stessi al di fuori di quei loop negativi, senza abbandonarci a facili e inefficaci soluzioni temporanee per distrarci dal disagio, senza sentire il bisogno di scappare, ma prendendoci cura di noi stessi, nel senso più profondo dell'espressione (ossia, dandoci quello di cui abbiamo bisogno, concentrandoci su quello che è importante, piuttosto che su quello che è facile).
insomma, il momento in cui si è consapevoli di essere dentro la propria vita, piuttosto che guardarla dall'esterno, è quando si smette di aspettare che le cose si allineino alla perfezione per iniziare a esserci al 100%. quando si ha conosciuto il lato più doloroso e complicato e faticoso della vita, ma la si sceglie giorno dopo giorno, con la leggerezza e la certezza che vale la pena prendersela tutta, tutta quella che c'è, finché c'è, con tutti i suoi tesori e tutte le sue magagne. e con la serenità d'animo di sapere che qualsiasi cosa si presenti sul tuo cammino, la affronterai come nient'altro che una fase della storia che si sta costruendo davanti ai tuoi passi, quella storia che sì, ok, magari non hai il potere di scrivere, ma hai la possibilità di interpretare e scegliere e manovrare e impostare e decidere cosa mettere a focus e cosa no! e restando concentrato su ciò che è importante e prezioso ti prometto, ti prometto, che qualsiasi fase tu stia vivendo ora scivolerà via eventualmente! e ci sarà un'altra fase e sarà diversa e tu sarai diverso! e poi ci sarà un'altra fase ancora e poi un'altra e poi vita vita vita vita vita
però il punto è che non devi solo volerla, devi anche sceglierla.
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sciatu · 2 years ago
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Sotto un ciel d’azzurro colorato in una domenica calda e tranquilla lento cammino in questo prato tra ranuncoli e fior di camomilla Stupito perché come pittori quei gialli, quei rossi intensi disegnano con i colori la calma che accende i sensi. In queste neonate fragranze vedo i giorni di noi umani cerco forme ed assonanze a capir l’oggi e il domani. Con similitudini ardite e banali e scontati versi mi perdo nelle margherite dove i dolori si son persi. Mi fermo muto a contemplare la perfezione e la leggerezza con cui la natura mi sa donare la pace, l’amore e la bellezza. Alla fine del campo ci sono le guerre, gli odi mortali che da uomini diamo in dono a fratelli o piccoli animali, Mi fermo e non vado avanti qui tra i fiori dal vento mossi divento solo uno dei tanti leggeri e piccoli, papaveri rossi.
Under a colorful blue sky, on a warm and peaceful Sunday, I walk slowly in this meadow, among buttercups and chamomile flowers. Amazed because like painters, those yellows, those intense reds, they draw with colors, the calm that ignites the senses. In these newborn fragrances, I see the days of us humans, I look for shapes and assonances, to understand today and tomorrow. With daring similarities, and trivial and obvious verses, I get lost in the daisies, where the pains are lost. I stop silently to contemplate the perfection and lightness with which nature can give me peace, love and beauty. At the end of the field there are wars, mortal hatreds, which as men we give as gifts, to brothers or small animals, I stop and I don't go on, here among the flowers moved by the wind, I become just one of the many, light and small, red poppies.
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multiverseofseries · 8 months ago
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The Last of Us: Un viaggio sofferto ma che vale la pena compiere
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The Last of Us è risultata essere la serie più attesa del 2023 e inevitabilmente quella che rientra tra i titoli più gettonati nel prossimo futuro, uno di quei titoli di cui si è parlato e si parlerà con ancora più passione e insistenza per diversi motivi: prima di tutto perché il videogioco a cui si ispira è uno di quelli che ha lasciato il segno, sia nel suo settore che nell'immaginario popolare, diventando uno dei titoli più noti e apprezzati da parte del pubblico, videogiocatori e non; in secondo luogo perché rappresenta il tipo di gioco a cui si presta sempre attenzione, essendo formato da una componente narrativa e cinematografica molto marcata e costruita in modo magistrale; infine, ma non per ultimo ma non meno importante, si tratta di una produzione HBO, che è da sempre sinonimo di qualità e di un certo tipo di televisione che sa coniugare alla perfezione autorialità e appetibilità per il pubblico.
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The Last of Us: un'immagine dal teaser trailer della serie HBO
Mi sono approcciata alla serie di The Last of Us, carica di speranze, curiosità, ma anche timori, perché è facile disattendere le aspettative quando sono molto alte, ma anche per la difficoltà intrinseca di un progetto del genere che deve necessariamente parlare a due tipi diversi di pubblico: quello televisivo che può essere a digiuno del materiale di partenza e quello che ha già vissuto questa storia pad alla mano, a cui è più difficile proporre le stesse suggestioni senza il valore aggiunto dato dal partecipare in prima persona all'azione. A conti fatti, e dopo aver guardato tutti i 9 episodi che compongono la prima stagione che adatta il primo dei due giochi, posso dirmi soddisfatta del risultato.
Di che parla The Last of Us?
Ma da che spunto prende il via la trama di The Last of Us? Cercando di non fare spoiler ma accenando giusto qualcosina per chi non ha avuto modo di provare il video gioco di Naughty Dog del 2013 o nel più recente remake per nextgen del 2022: ci muoviamo in un mondo post-apocalittico, in cui la razza umana ha già perso la sua battaglia contro un agente patogeno, che proviene dai funghi e rende gli infetti simili a zombie, è stata decimata e vive in piccole comunità che cercano di riorganizzarsi. Un contesto oramai già consolidato, perché dall'esplosione della pandemia e dal prologo della serie sono passati ormai vent'anni, e sullo sfondo di questa nuova umanità seguiamo Joel, cinquantenne ormai disilluso e con una forte ferita emotiva alle spalle, che si ritrova a dover fare una consegna particolare: Ellie, una ragazzina di quattordici anni.
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The Last of Us: Pedro Pascal e Bella Ramsey in una scena della serie
I due si trovano a dover viaggiare lungo gli Stati Uniti per raggiungere la destinazione, mettendo alla prova il loro rapporto interpersonale che si andrà definendo lungo il cammino, per superare quelle inevitabili diffidenze che albergano nel cuore di entrambi, in quello di Joel ferito da una grave perdita vent'anni prima così come in quello di Ellie, adolescente che ha avuto la sua dose di dolore e non ha mai lasciato il recinto (relativamente) sicuro della zona di quarantena. Un viaggio lungo, duro e denso di pericoli e incontri di ogni sorta che metterà alla prova e segnerà entrambi per sempre.
Da un media all'altro, gli inevitabili cambiamenti
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The Last of Us: un momento di tensione della serie HBO
Questa in sintesi la storia del gioco The Last of Us che la serie HBO riprende non senza le dovute modifiche e riscritture nel passaggio da un media all'altro: quello che funziona quando è lo spettatore, ovvero il giocatore, ad agire in prima persona non è detto che funzioni nell'essere solo osservatore passivo dell'azione ed è uno dei motivi che hanno portato a non eccedere sul fronte action, perché avrebbe snaturato l'approccio character driven del gioco. Alcuni di questi cambiamenti riguardano svolte narrative, altri sono fatti a monte, in fase di ridefinizione della storia a dieci anni dal debutto, e uno di questi, per esempio, è il mezzo con cui l'infezione si trasmette, non più veicolata attraverso le spore che costringevano i personaggi del gioco a indossare in determinati luoghi chiusi delle maschere, che avrebbero costretto a nascondere in alcune situazioni i volti degli attori, ma attraverso dei viticci e, in modo più tradizionale per il genere, il morso. Si rinuncia quindi all'originalità e le potenzialità narrative di un espediente fuori dal comune per trasmettere ed evocare il pericolo, ma se ne introduce un altro ugualmente interessante. In definitiva non cambia molto ai fini pratici nella costruzione ed evoluzione del racconto.
Raggiungere un nuovo pubblico, espandere un mondo
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The Last of Us: una scena
Quello menzionato sopra è solo un esempio del modo in cui The Last of Us nella sua versione seriale diverge da quanto già vissuto dai videogiocatori, in una costruzione narrativa che vive della necessità e difficoltà di evocare e rispettare l'originale, ma propone anche elementi che possano stupire e stimolare gli spettatori già a conoscenza della storia. Una difficoltà comune a questo tipo di adattamenti, che ad esempio gli autori di The Walking Dead avevano aggirato con efficacia nel passare dalla carta allo schermo, mantenendo dinamiche simili ma non sempre relative ai medesimi personaggi. Nel caso dell'adattamento di The Last of Us si è scelta una via differente che passa anche per un approfondimento della mitologia della serie: si dà più spazio al passato, come si può intuire già dalla primissima sequenza del primo episodio, dando allo spettatore qualche informazione in più su come si è arrivati alla situazione che fa da sfondo al viaggio di Joel ed Ellie, ma si aggiunge anche qualche deviazione dal flusso principale della storia per dar più profondità alle figure che i protagonisti si trovano a incrociare sul loro cammino, che diventano piccoli spaccati di vita vissuta nel mondo pandemico della serie.
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The Last of Us: Pedro Pascal e Anna Torv in una scena
Si snellisce così il viaggio nel suo complesso per evitare di girare narrativamente a vuoto e proporre troppi episodi in cui la storia progredisce poco dal punto di vista pratico: già così, dopo un inizio di grande impatto. Si è scelta, quindi, la strada della linearità e sintesi per quanto riguarda la costruzione della storyline principale, evitando di proporre una sequenza di scontri tra i protagonisti e gli antagonisti di turno al solo scopo di mettere in scena ulteriori sequenze d'azione e allungare il brodo.
Joel ed Ellie
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Ti possono tradire solo quelli di cui ti fidi
Una scelta che sulla lunga distanza abbiamo apprezzato, ma che avrebbe rischiato di spostare troppo l'equilibrio della serie rispetto al gioco, il cui cuore narrativo e tematico sono Joel ed Ellie, vero punto di riferimento per i giocatori: The Last of Us era la loro storia e riducendo il tempo in loro compagnia, anche a fronte di inserti mirati a raccontare e dar spazio a ciò che li circonda e che incrociano, rischiava di far perdere il focus del racconto. Un rischio evitato da uno dei principali meriti della produzione HBO guidata da Craig Mazin (già autore di Chernobyl per lo stesso canale cable americano) e lo stesso Neil Druckmann: Pedro Pascal e Bella Ramsey, gli interpreti dei due protagonisti nella serie. Se la storia del The Last of Us seriale resta così viva ed emozionante anche in questo adattamento è perché i due interpreti regalano una prova di grande efficacia. Pedro Pascal è un Joel smarrito nel suo dolore, ma solido e deciso dove serve; Bella Ramsey propone invece una Ellie differente da quella a cui ci siamo legati nel gioco Naughty Dog ma ugualmente autentica e viva. Soprattutto, funzionano insieme nel mettere in scena le dinamiche interpersonali che poco per volta si sviluppano tra i rispettivi personaggi, quella fiducia da conquistare per dar vita al legame che vediamo nascere e consolidarsi in modo graduale ma inequivocabile. Il viaggio in loro compagnia è così coinvolgente ed emozionante, capace di guidarci con partecipazione d'animo verso la loro destinazione e un riuscito finale di stagione, anche laddove l'azione latita e ci si limita a seguirli nei loro spostamenti e le loro chiacchierate, anche quando non si va oltre lo star seduti attorno a un falò.
Il livello produttivo HBO si conferma per The Last of Us
Si nota, come sempre, l'elevato livello produttivo di casa HBO, nella (ri)costruzione di un mondo post-apocalittico in grado di risultare d'impatto oltre che coerente con quanto già noto a chi ha giocato l'originale: Joel ed Ellie attraversano sì luoghi desolati e desolanti, fatti per lo più di ampi spazi e poche reliquie della nostra umanità, ma anche città abbandonate a loro stesse che, soprattutto in alcuni scorci dei primi episodi, colpiscono per dettaglio e portata. Il rischio di già visto è dietro l'angolo, perché non è la prima serie che ricalca questo tipo di ambientazione, ma è bilanciato da alcune location particolarmente riuscite e ricche di dettagli in termini di scenografie, come il centro commerciale che fa da sfondo a una delle sequenze più riuscite.
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The Last of Us: una scena della serie
La differenza, però, la fa ancora una volta l'accompagnamento musicale, quella splendida colonna sonora firmata da Gustavo Santaolalla che già avevo amato nella controparte videoludica e che si mantiene ugualmente efficace e toccante nel fungere da filo conduttore e contrappunto emotivo per la traduzione targata HBO di quel mondo allo sbando in cui i protagonisti si trovano a dover sopravvivere.
In conclusione The Last of Us nella sua incarnazione seriale funziona ed emoziona. Le poche perplessità che avevo sono state bilanciate da due importanti elementi: da una parte le interpretazioni dei due protagonisti, con Pedro Pascal e Bella Ramsey che danno vita a dei Joel ed Ellie vivi e vissuti, coerenti con gli originali seppur personali; dall’altra la conferma del valore aggiunto della colonna sonora di Gustavo Santaolalla, efficace a supporto delle immagini della serie quanto lo era stata per l’azione e le emozioni del videogioco.
Perché mi piace 👍🏻
Pedro Pascal e Bella Ramsey, vero punto di forza della serie, che riescono a dar vita a Joel ed Ellie e alle loro dinamiche in modo coerente eppur personale.
La colonna sonora di Gustavo Santaolalla, vero e proprio valore aggiunto del videogioco ed ora anche della serie HBO.
Il livello produttivo HBO, che si conferma elevato anche in questo caso e cerca di aggirare la sensazione di già visto, inevitabile per un’ambientazione post-apocalittica.
L’approccio al racconto, che sceglie di approfondire il mondo in cui ci si muove guardando oltre Joel ed Ellie senza perdere l’importante focus narrativo sulla coppia di protagonisti…
Cosa non va 👎🏻
… ma riduce di molto l’azione rispetto a quanto accadeva nel videogioco, prestando il fianco alle critiche di una parte di spettatori.
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susieporta · 10 months ago
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ISSUE N. 10 - FEBBRAIO 2023
Cosa credi sia l'equilibrio?
** La pienezza risiede nel vuoto **
Guardo questa carta ed è come se la stessi vedendo per la prima volta. All'improvviso davanti a me non vedo una donna danzante ma un funambolo che cerca l'equilibrio aiutato da ciò che tiene tra le sue mani: una bacchetta e una boccetta (nel mazzo Camoin- Jodorowsky). Se questa carta è per antonomasia la carta della pienezza e della realizzazione allora cosa ci sta raccontando di questo stato dell’essere?
La guardo mentre vuole raccontarmi qualcosa che io fin’ora non ho compreso. La vedo serena nello stare su un piede, cercando la perfezione nello squilibrio che sente. Non è preoccupata. Lei sa che è così la vita. Sono io che non lo so.
Non ho ancora imparato, anzi mi dimentico, che la vita è come la fune di un funambolo che passo dopo passo, con pazienza e molta pratica, dobbiamo imparare a percorrere cercando di non cadere. Trovando la capacità di attraversare lo squilibrio costante che danza in noi. Le fase di pieno e di vuoto, le pause e le azioni, la gioia e la tristezza, l’espansione e il ritiro.
Che benedizione riconoscere che tutto ciò che abbiamo creduto fino a oggi era sbagliato. Che l’idea di equilibrio che avevamo ci ha intrappolato dentro un ideale che semplicemente non è realizzabile. Che siamo nella pienezza solo quando rispettiamo il nostro vuoto. Che siamo in armonia solo quando sappiamo rispettare le nostre dissonanze.
Che benedizione il malessere che ci conduce a trovare nuove scarpe per camminare la nostra fune. E la paura che ci invita a cambiare gamba o trovare una nuova postura. E che bellezza quando capiamo che la strada percorsa fino ad ora era solo una parte e che ancora abbiamo tanto da vivere per imparare e imparare ancora.
Chi dice che questa non è la pienezza dell'essere?
Non immagino nulla di più nutriente per l’anima mia, se non divenire questa qualità di essere umano. Capace di ricordare ad ogni passo che l’universo mi sostiene e fa il tifo per me. Non importa cosa accada e non importa ciò che mi è possibile capire con la mente che fatica a comprendere la forza misteriosa che ci anima.
Che benedizione riconoscere che tutto ciò che abbiamo creduto fino a oggi era sbagliato. Che l’idea di equilibrio che abbiamo ci ha intrappolato dentro un ideale che semplicemente non è realizzabile.
La donna del Mondo cammina con fiducia e non è la sola artefice del suo percorso. È sostenuta dalla forza dell’amore (l’angelo), dalla forza della terra che le è madre (il bue), dal fuoco della vita (il leone) e dallo spirito che non appena la mente si acquieta, si manifesta cantando (l'aquila).
La fiducia nella vita è il frutto raccolto grazie ad ognuno dei passi fatti. La fede si alimenta ogni giorno, si sente ad ogni preghiera, a ogni gentilezza rivolta a qualcuno, a ogni sfida. La fiducia si conquista con ogni scelta di coraggio presa nel rispetto di ciò che sentiamo profondamente. Quando lascio che il vuoto che temo mi guidi in un altrove più vivibile allora io mi ascolto e coltivo la fede in me e nella vita. Così divento il migliore dei funamboli per questa unica fune che ho a disposizione.
E allora, è la grazia.
Divengo un essere pieno di grazia.
Ispirante, bello, fiero, calmo, gentile, delicato nei suoi passi.
Perché questi passi si fanno silenziosi, discreti, rispettosi e la fune diviene un'opera di cristallo di cui avere una profonda cura e per cui provare una sentita devozione.
Che bellezza la vita. Che bellezza sei.
Buon cammino.
E allora divengo un essere pieno di grazia.
Fabiana Spagnuolo
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fashionbooksmilano · 2 years ago
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Elogio della bellezza ritratti di rose
Paolo Focherini Coizzi
Testi a cura di Roberto Viti
Mondadori, Milano 2005,480 pagine, oltre 400 immagini, 19,2 x 19,2 cm, ISBN 9788837032104
euro 25,00
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Questo volume rappresenta un viaggio fotografico alla scoperta della bellezza e della perfezione qui simboleggiate dalla rosa, fiore capace di simmetrie perfette e antropomorfismi sorprendenti. Questo cammino per immagini è accompagnato da numerose didascalie che intendono fornire al lettore una breve pausa illustrandogli, in poche parole, i diversi significati di questo fiore così amato, fornendogli notizie ora di storia, ora di costume, ora semplicemente curiose. L'opera è strutturata in capitoli cronologici per sottolineare l'importanza che ha rivestito questo fiore in tutte le tappe della vita dell'uomo.
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03/05/23
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oltreilvelodimaya · 2 years ago
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Il mio nuovo aggiornamento del blog è dedicato alla Musica e alle chiavi di lettura nei testi.
Lettera 22 dei cugini di campagna canzone uscita in questi giorni a Sanremo
secondo me e cosa è arrivato a me personalmente secondo il testo che segue.
io non sono altro che un bambino
Che non sa contare
E vorrebbe dirti che gli manchi
Senza le parole 
Io non sono altro che un dottore
Che si è fatto male Io non sono altro che un palazzo In costruzione e cade Se mi guardi con quegli occhi amore Mi farai morire Io non sono altro che una storia Che non sa finire Io non sono altro che un giardino Senza neanche un fiore Io senza di te non sono altro che La parola “amore” E con questo amore tornerei A dirti che ci vuole altro Per convincermi a rinchiuderti Dentro un singhiozzo Altro per lasciarmi in un riflesso Dentro a uno specchio E non era mai il momento giusto E non era mai il momento giusto Per parlare Non lasciarmi solo Non lasciarmi qui Non lasciarmi solo Non lasciarmi qui Ora che ho trovato le parole Già mi salta il petto Come treni in corsa tra le nuvole Uno spazio altro Come due uragani che distruggono Ma per dispetto Credo, credo anch’io, che non puoi darmi il mondo Se non guardi il mondo come lo guardo anch’io. Non lasciarmi solo Non lasciarmi qui Non lasciarmi solo Non lasciarmi qui Non lasciarmi solo Non lasciarmi qui Non lasciarmi solo Non lasciarmi qui
Questo rappresenta un dialogo con l’anima, l’anima chiede ascolto, devi imparare ad amare perchè l’amore è la cosa più importante dammi ascolto lei dice! 
l’anima di questo dottore che ormai è cresciuto, l’anima è il bambino. il dottore e affrontando un periodo difficile della sua vita è un viaggio per tornare ad amare se stessi, se vuoi essere amato devi iniziare prima tu ad AMARTI. 
è dovuto tornare bambino e come ci si sentiva probabilmente ha vissuto qualche trauma che ancora oggi gli crea dolore.
comunicare con la tua anima è un passo fondamentale per il cammino spirituale e risveglio.
Lui comunica con la sua anima ripensa alla sua vita i suoi sbagli i suoi errori le sue perdite i suoi amori perduti le delusioni, i momenti belli.
Ma in effetti quando si sta male e ci si chiude a riccio in depressione è proprio perchè neghiamo che lei esista dentro di noi ed è un problema molto sociale al giorno d’oggi collegato proprio a questa malattia a volte anche invalidante.
molti casi di depressione sono proprio perchè reprimiamo e teniamo da parte noi stessi, la propria anima ma lei che chiede attenzione e grida con tutte le sue forze ti avverte che stai sbagliando, che c’è qualcosa che non va e così iniziano gli attacchi di panico, perchè devi rivedere il percorso di vita che stai facendo conoscere te stesso, parlare con qualcuno che possa aiutarti a tirare fuori tutto quanto. 
quando c’è qualcosa Anima ti chiede di ascoltarla e grida attenzione e lei dice non lasciarmi solo non ignorarmi perchè soffrirai cadrai di nuovo in depressione !!
Anima però cerca di insegnargli a guardare il mondo con occhi diversi, a guardarsi nello specchio ed accettarsi così la perfezione non esiste non buttarti via così.
Insomma!! lo specchio, il bambino, il numero 22 e tutte queste cose rappresentano chiavi di lettura molto interessanti e presto aggiungerò sul blog il significato esoterico del numero 22 in tema con la canzone.
questa è una delle canzoni che mi sono piaciute.
Domani pubblicherò l’altra che mi ha fatto addirittura commuovere. 
Raga al di la delle polemiche e tutto su Sanremo che ogni anno è sempre la stessa storia insomma ci siamo abituati, ma il tema molto presente in queste canzoni è stata proprio la depressione. 
sono stati periodi difficili ma ogni periodo buio nasconde una luce in fondo al tunnel.
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veronica314 · 3 months ago
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Storia pubblicata su Wattpad
Quando vengono superati di troppo i limiti della stanchezza fisica e psicologica c'è soltanto una cosa da fare: prendersi una pausa, staccare la spina e cercare un posto lontano da tutto e da tutti per ritrovare se stessi e ricaricare le potenzialità.
Veronica era arrivata in questo stato e doveva reagire, fare qualcosa in questo senso.
Come per magia di un'intrigante coincidenza, che non sono mancate affatto nella sua vita, le fu attratta l'attenzione di un documentario trasmesso in televisione sul Monviso, comune di Crissolo, la località Pian del Re sita ai suoi piedi, nota come luogo della sorgente del più lungo fiume d'Italia con il suo percorso di 652 km, il Po, che nel 2013 è diventato patrimonio dell'UNESCO, come riserva della biosfera, che rappresenta una qualifica attribuita da UNESCO per la prottezione e la conservazione dell'ambiente internamente al Programma sull'Uomo e la biosfera - MAB (Man and Biosphere).
Adorava ed era sempre affascinata dai documentari sulla natura e i suoi viventi, ma quella volta fu sopraffatta da un'emozione indescrivibile nel vedere la maestuosità di quelle montagne e i magnifici posti circostanti.
Fu in quello momento, a luglio di questo estate, che decise di andare a vederli con i suoi occhi, trascorrere una settimana delle sue ferie là e non più in Romania, come da venti anni che si trova in Italia.
Destinare una settimana soltanto a sé per la prima volta a 58 anni potrebbe anche andare, meglio tardi che mai.
Si mise a cercare un posto per il pernottamento e, secondo le sue possibilità, trovò un B&B a Villar Pellice, che dista 44 km da Monviso, sul percorso stradale. Guardò il posto sulla cartina geografica e pensò che poteva comunque andare benissimo, essendo nella vallata Val Pellice, circondata dalle stupende montagne verdi.
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Nella prima sera si mise sul balcone stracolmo di fiori per godersi il paradisiaco panorama.
C'era un silenzio profondo, anzi, si sentiva soltanto lo scorrere quieto del torrente Pellice che viaggiava con il suo condiscendente tumulto a qualche centinaia di metri e di tanto in tanto qualche cinguettio appena percettibile degli uccellini dai loro nidi vicini.
C'era il cielo agghindato delle più grandi e luminose stelle che Veronica abbia mai visto.
C'era il profumo di montagna, di verde e di fiori e nel sottofondo c'era la voce e la musica di Pino Mango.
C'era la perfezione di quello che lei osava sognare, superando tuttavia ogni aspettativa.
Non si ricordava di aver mai sentito tale ineccepibile serenità del corpo, dell'anima, della mente.
C'erano tutti gli ingredienti che accarezzavano acutamente le sue profondissime emozioni.
Come per miracolo, l'intuito illuminato da un Universo di astri le bisbigliò: "E perché non iniziare a raccontare adesso la tua vita?!"
Le era stato detto più volte nel suo cammino che dovrebbe scrivere un libro sul suo vissuto, l'aveva anche iniziato farlo più e più volte, ma nell'ognuna di queste traeva subitissimo la conclusione che tutto fosse assurdo, privo di senso, sintetizzando in frase tipo: "Mamma fa la spesa. Papà taglia la legna. Veronica piange..."
Ma arriva per tutti il momento opportuno in cui trovarsi nel posto giusto, in retta linea con i desideri e i grandi sogni.
Imprescindibile è di prendere consapevolezza e di cogliere in tempo l'attimo fuggente, carpe diem!
Quello che aveva innescato la sua reazione erano le emozioni uniche di quali era invasa.
Sì, aveva bisogno di emozionarsi, con l'anima pienamente nostalgica di Kevyn, che conoscerete nel terzo volume, in quello posto divinamente adorato e con la poesia, la musica e la voce del grande unico Mango, che le farà compagna dovunque si troverà e in ogni momento.
Per un'altra fortunata coincidenza era da sola nella struttura, per ciò iniziò subito il suo racconto e scoprì con immenso stupore che tutto le era molto chiaro e le idee, le frasi, le giravano velocemente e incensamente nella testa, come tutto fosse custodito nel più profondo della sua mente e anima e quelle mirifiche emozioni le avrebbero disserrato la porta per farle uscire.
A nessuno interessa il vissuto di un'altra persona, ciascuno ha il suo bagaglio e spesso si ritiene che il proprio è stato più pesante degli altri.
Che nessuno ha indossato le nostre scarpe, anche questo è da non contrapporsi.
Veronica non vuole affatto raccontare la sua storia per così dire: "Guardate cosa mi è capitato, solo e soltanto a me!"
No, assolutamente no!
Se negli ultimi quasi tre anni ha pensato più seriamente di pubblicare il suo racconto è stato primordialmente perché il modo in cui le è stato detto di farlo da Kevyn le ha dato coraggio, fiducia in sé ed entusiasmo, come mai aveva sentito prima, poi perché Veronica ha qualcosa da dire, come riflessione su tutto quello che succede sempre più spesso nelle coppie, nei rapporti interumani.
Non è un caso, anche se risulterà magari noioso, fastidioso, il fatto che racconta anche la vita dei suoi nonni e genitori. E' una mera deduzione delle conseguenze dell'evolversi della nostra civiltà e come, quanto incidono le proprie angolazioni delle prospettive sulle nostre vite e degli altri. E comunque, in questo primo volume verrà raccontato il vissuto dei primi venti anni di Veronica.
Il traguardo e la poesia del cantautore Pino Mango che ha trasmesso con il suo essere, le sue parole, musica e voce inimitabile, la profondità del pensiero, sono l'indole di Veronica.
Conosce e ha sempre adorato la musica italiana e i suoi grandi rappresentanti, anche prima di arrivare in Italia, ma per la sua immensa incredibilità, di Mango, come nome, ha sentito per la prima volta al Festival di Sanremo di questo anno. Si ricordava qualche sua canzone, come: "Ti porto in Africa", "Oro" ... ma non ci aveva mai fatto caso chi fosse il cantante.
Ci sono quelle cose o eventi che ci sfuggono, correndo via dalla nostra attenzione, mano in mano con la nostra vita, per quanto impossibile ed assurdo possa sembrare.
E' stata la sua voce, cantando "La rondine", che le aveva attrato l'attenzione, ammaliatasi da profondissime emozioni. Da allora non ha smesso di ascoltare le sue interviste, la sua musica e la sua poesia e con ogni sua opinione, dichiarazione e "chiacchierata" con il pubblico nei turnée e spettacoli scoprirà un'immane ammirazione per tutto quello che ha rappresentato come persona, artista, musicista.
Inoltre, da quando aveva iniziato ascoltarlo continuamente, si rendeva conto ogni giorno di più che c'era qualcosa in Mango che le ricordava Kevyn, come tra di loro ci fosse un misterioso legame imprescendibile, questo a parte che i suoi versi sembrano scritti a posta per loro, che può capitare ad ogni umano. Scioglierà l'enigma poi, ma lo scoprirete sempre nel terzo volume, pazienza, per favore!
Le parole della canzone "Grandi sogni", che potrebbero riassumere i pensieri e le riflessioni di Veronica ed interpretata magnificamente di Pino Mango:
"Cosa ricordi tu degli anni
Che hai vissuto già soltanto qualche scena
Impressa dentro di te
Grandi sogni grandi sogni quello che c'è8
Se tu racconti la tua vita nel dettaglio poi
Tu ti accorgi che non sei diverso da me
Grandi sogni grandi sogni spaziano in te
Noi - io - tu - noi - noi
Siamo i rami di una pianta che già c'è
Noi - io e te - noi
Siamo i frutti della terra questo è
Eppure qualche cosa dentro noi
Si spande dentro l'aria fin lassù
E graffia il cielo un grido anche io
Vorrei capir soltanto un po' di più
E graffia il cielo un grido oh mio Dio
Vorrei capir qualcosa anche io
E poi vivendo tu ricerchi il senso vero che
Rintracci a volte con l'aiuto della tua età
Grandi sogni grandi sogni restano là
Noi - io - tu - noi - noi
Siamo gocce della pioggia che cadrà
Noi - io e te - noi
Siamo i figli di una madre che già sa
Eppure qualche cosa dentro noi
Si spande nell'azzurro fino al blu
E graffia il cielo un grido anche io
Vorrei capir soltanto un po' di più
E graffia il cielo un grido oh mio Dio
Vorrei lasciare un segno tutto mio"
Buona lettura e vi ringrazio per i vostri commenti e contributo nel diffondere questa storia!
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enkeynetwork · 6 months ago
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valentina-lauricella · 8 months ago
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Post in progress che userò come un notes di passi leopardiani che testimoniano il cammino contro lo spiritualismo e il Cristianesimo (per i quali passi ammetto di avere un debole: rispetto le azioni distruttive dell'intelligenza più di quelle che tentano di costruire):
Arrivate anche se potete, agli atomi o particelle indivisibili e senza parti. Saranno sempre materia. Al di là non troverete mica lo spirito ma il nulla. Affinate quanto volete l'idea della materia, non oltrepasserete mai la materia. Componete quanto vi piace l'idea dello spirito, non ne farete mai nè estensione, nè lunghezza ec. non ne farete mai della materia. Come si può compor la materia di ciò che non è materia? Il corpo non si può comporre di non corpi, come ciò che è di ciò che non è: nè da questo si può progredire a quello, o viceversa. - Ma finchè la materia è materia, ell'è divisibile e composta. - Trovatemi dunque quel punto in cui ella si compone di cose che non sono composte, cioè non sono materia. Non v'è scala, gradazione, nè progressione che dal materiale porti all'immateriale (come non v'è dall'esistenza al nulla).
[E quindi, come possiamo prima dire "io sono" e poi diventare nulla con la morte? Siamo già nulla e le nostre componenti sono eterne, ma non lo è l'"io"?]
La perfezione del Cristianesimo mette in pregio la solitudine e il tenersi lontano dagli affari del mondo per fuggire le tentazioni. - Vale a dire per non far male a' suoi simili. - Bel mezzo di non far male, quello di non fare alcun bene.
Che vantaggio può venire alla società, e come può ella sussistere, se l'individuo perfetto non deve far altro che fuggir le cose per non peccare? impiegar la vita in preservarsi dalla vita? Altrettanto varrebbe il non vivere. La vita viene ad essere come un male, come una colpa, come una cosa dannosa, di cui bisogna usare il meno che si possa, compiangendo la necessità di usarne, e desiderando esserne presto sgravato. Non è questa una specie di egoismo? simile a quello di quei filosofi (e son molti) che disperando di poter far bene al mondo, si contentano del ritiro, e di praticare la virtù verso se stessi.
[...] il Cristianesimo non ha trovato altro mezzo di corregger la vita che distruggerla, facendola riguardar come un nulla anzi un male, e indirizzando la mira dell'uomo perfetto, fuori di essa, ad un tipo di perfezione indipendente da lei, a cose di natura affatto diversa da quella delle cose nostre e dell'uomo.
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lunamagicablu · 1 year ago
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Il cammino della realizzazione di sé si fonda sull’abbandono di ciò che non siamo. Otteniamo la libertà quando lasciamo andare le cose che non riflettono la nostra perfezione. Un uccello non può volare alto o lontano con una pietra legata sul dorso. Ma lascia andare l’impedimento e sarai libero di librarti ad altezze senza precedenti. Alan Cohen, Tutto il bello che c’è art _by_torpedoboat *********************** The path to self-realization is based on abandoning what we are not. We gain freedom when we let go of things that do not reflect our perfection. A bird cannot fly high or far with a stone tied to its back. But let go of the impediment and you will be free to soar to unprecedented heights. Alan Cohen, All the beauty there is art _by_torpedoboat 
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nosferatummarzia-v · 11 months ago
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Qualche volta mi perdo in me stessa e così ho bisogno di ritrovarmi,di riprendere fiducia in me stessa e andare avanti a testa alta. Pronta per tornare ad affrontare le avversità che la vita mi pone sul cammino e non è facile,anzi... imparare ad essere sempre me stessa,e credere nelle mie capacità e ad amarmi così come sono è forse la cosa più complicata al Mondo. Eppure,con un grande sforzo,posso riuscirci,merito di essere amata,ma per prima devo amarmi. Inizio a credere in quello che sono e in quello che faccio,imparo ad accettare me stessa esattamente così come sono,senza bisogno di rincorrere sempre un ideale di perfezione... che in fondo lo sappiamo bene,non esiste.
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socialsustainabilityblog · 1 year ago
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Il giudizio
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Io mi rinfaccio che ho una maschera da indossare
Che minuto dopo minuto ho imparato a portare
E questo per la vergogna di non avercela fatta, celare
Un imprevisto che non avevo calcolato
Un'ombra su un cammino apparentemente tracciato
Io mi rammento che ho preso la mia vita,
Imperfetta si, ma bella,e l'ho tradita
L'ho lasciata scivolare via dalle mie mani
Buttata, avvelenata, lasciata in balìa di parole insani
Poiché io scelsi la perfezione assoluta
Sacrificando amicizie, bellezza e la mia verità muta
La perfezione i miei pensieri ha invaso
E da gioiosi a nefasti trasformato.
#4H+4I
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orafixwatchblog · 1 year ago
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Audemars Piguet: Il Gigante dell'Alta Orologeria e l'Eredità dell'AP Royal Oak Chrono
Nel panorama dell’alta orologeria è impossibile dire quale sia il marchio più prestigioso, quello che è certo è che tre case spiccano su tutte per la loro storia e le loro capacità. La “Santissima Trinità”, così viene chiamata questa ristrettissima elite, è composta proprio da Audemars Piguet insieme a Patek Philippe e Vacheron Constantin. Lusso, precisione e alta artigianalità sono alla base di questa indiscussa leadership, un traguardo che non si raggiunge per caso. Tradizione e innovazione convivono in segnatempo che sono vere e proprie opere d’arte. 
"Per infrangere le regole, devi prima padroneggiarle". È questo lo slogan che accompagna Audemars Piguet e che ben rappresenta la filosofia di una delle più importanti case di alta orologeria.  Le capacità tecniche e artigianali di aude mars dimostrate in oltre 140 anni di storia hanno permesso alla casa di Le Brassus di padroneggiare alla perfezione tutte le grandi complicazioni dell’alta orologeria. Al contempo la ricerca e lo sviluppo della maison aude mars per nuove forme, materiali e linguaggi stilistici non si sono mai fermati, portando a vere e proprie rivoluzioni nel settore che hanno tracciato il cammino per molti altri marchi di lusso. Ecco allora che il motto aziendale aude mars rispecchia esattamente la storia di Aude mars Piguet, capace di rivoluzionare il mondo dell’orologeria con modelli diventati immortali come l' AP Royal Oak chrono, il primo orologio sportivo di lusso. 
In the world of haute horlogerie, it is impossible to say which brand is the most prestigious, but what is certain is that three houses stand out for their history and capabilities. This exclusive elite, known as the "Holy Trinity," consists of Audemars Piguet, along with Patek Philippe and Vacheron Constantin. Luxury, precision, and craftsmanship are the foundations of this undisputed leadership, an achievement that is not reached by chance. Tradition and innovation coexist in timepieces that are true works of art. "To break the rules, you must first master them." This is the slogan that accompanies Audemars Piguet and perfectly represents the philosophy of one of the most important haute horlogerie houses. Over 140 years of history have allowed Audemars Piguet from Le Brassus to master all the great complications of haute horlogerie with their technical and artisanal skills. At the same time, the research and development of Audemars Piguet have never stopped, exploring new shapes, materials, and stylistic languages, leading to true revolutions in the industry that have paved the way for many other luxury brands. Therefore, the company motto of Audemars Piguet reflects the history of the brand itself, capable of revolutionizing the world of watchmaking with models that have become immortal, such as the AP Royal Oak Chrono, the first luxury sports watch.
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La storia di Audemars Piguet
La storia di Audemars Piguet inizia nel 1875 quando a Le Brassus, un piccolo villaggio nella Valle de Joux  in Svizzera, Jules-Louis Audemars ed Edward-Auguste Piguet, poco più che ventenni decidono di creare la loro casa orologiera aude mars. La valle in cui vivono d’altronde è la culla dell’orologeria svizzera e le competenze nel settore sono letteralmente tradizioni famigliari. L’industria orologiera di quel periodo era molto diversa da quella odierna. Non c’erano grandi manifatture che accorpavano tutte le maestranze, ma tanti artigiani che lavoravano in casa propria e realizzavano un singolo componente da vendere al produttore che alla fine assemblava il tutto. Il binomio Audemars Piguet funziona subito bene, spronato dall’ambizione di creare orologi di lusso di altissima qualità e precisione. Audemars piguet, che aveva già creato movimenti di orologi complessi per altri produttori, si occupa della produzione e degli aspetti tecnici, mentre Piguet, specializzato nella regolazione dei movimenti, si concentra sulle vendite e sulla gestione. Nel 1881, quando l’azienda ha ormai preso la sua forma definitiva, registrano il marchio Audemars Piguet & Cie, e nasce ufficialmente una delle più importanti manifatture dell’alta orologeria. Fin dall'inizio si specializzano nella produzione di orologi aude mars con complicazioni e meccanismi di precisione e consolidano la loro fama grazie alla qualità e l’innovazione delle loro creazioni. Nella sua lunga storia della casa di Le Brassus aude mars è riuscita a dar vita a segnatempo che hanno innovato il mondo dell’orologeria, creando e perfezionando complicazioni adottate nel tempo da tutti i suoi concorrenti. Già nel 1892 viene creato il primo movimento da polso con ripetizione dei minuti (venduto a Louis Brandt della Omega) e nel 1899 viene presentato un orologio da tasca con grandi complicazioni tra cui la grande e piccola suoneria, la ripetizione dei minuti, la sveglia, il calendario perpetuo, i secondi morti, il cronografo con secondi saltanti e lancetta rattrappante.  Ma è solo l’inizio, negli anni arrivano grandi innovazioni come il primo orologio da polso aude mars con ore saltanti (1921), il primo aude mars scheletrato (1928), quello più sottile (1946), il primo aude mars calendario perpetuo con indicatore dell’anno bisestile (1955) o il primo aude mars con cassa e movimento in carbonio (2007). A fare storia però è stato soprattutto il 1972, quando l’introduzione dell' AP Royal Oak chrono ha creato addirittura una nuova categoria di segnatempo, gli orologi sportivi di lusso.
The history of Audemars Piguet begins in 1875 when Jules-Louis Audemars and Edward-Auguste Piguet, both in their early twenties, decide to create their watchmaking company in Le Brassus, a small village in the Vallée de Joux in Switzerland. The valley they live in is the birthplace of Swiss watchmaking, and the skills in the industry are deeply rooted in family traditions. The watchmaking industry during that time was very different from what it is today. There were no large manufactures that brought together all the craftsmen, but rather many artisans working in their own homes, creating individual components to sell to the manufacturer who would then assemble everything. The partnership of Audemars Piguet immediately flourished, driven by the ambition to create luxury watches of the highest quality and precision. Audemars Piguet, who had already created complex watch movements for other manufacturers, took charge of production and technical aspects, while Piguet, specialized in movement regulation, focused on sales and management. In 1881, when the company had taken its definitive form, they registered the brand Audemars Piguet & Cie, officially giving birth to one of the most important haute horlogerie manufactures. From the very beginning, they specialized in producing Audemars Piguet watches with complications and precision mechanisms, establishing their reputation through the quality and innovation of their creations. Throughout its long history, the Le Brassus house of Audemars Piguet has brought to life timepieces that have revolutionized the world of watchmaking, creating and perfecting complications that have been adopted over time by all its competitors. As early as 1892, they created the first wristwatch movement with minute repeater (sold to Louis Brandt of Omega), and in 1899, they presented a pocket watch with significant complications, including the grande and petite sonnerie, minute repeater, alarm, perpetual calendar, dead seconds, and split-seconds chronograph. But this was just the beginning. Over the years, significant innovations emerged, such as the first Audemars Piguet wristwatch with jumping hours (1921), the first skeletonized Audemars Piguet watch (1928), the thinnest one (1946), the first Audemars Piguet perpetual calendar with leap year indicator (1955), and the first Audemars Piguet with a carbon case and movement (2007). However, it was primarily in 1972 that the introduction of the AP Royal Oak Chrono truly made history by creating an entirely new category of timepieces: luxury sports watches.
Il logo di Audemars Piguet è tanto semplice quanto riconoscibile e raffinato. La scelta dell’azienda, infatti, è stata quella di mantenere solo il logotipo con il cognome dei due fondatori.  La caratteristica distintiva è dunque tutta nel carattere tipografico scelto. Le lettere sono tutte maiuscole con le iniziali leggermente più grandi, scritte con un font con grazie che rispecchia la tradizione e l’eleganza della maison. La combinazione di linee sottili e altre più spesse crea uno stile dinamico rendendo il logotipo distintivo e ben riconoscibile. Con il tempo è stato sviluppato anche il monogramma AP, con le iniziali di Audemars Piguet unite una all’altra come il destino delle due famiglie che hanno creato questo gigante dell’orologeria. Il logo, formato da due lettere, viene utilizzato sulla corona ma è presente anche sul quadrante di alcuni modelli della maison in sostituzione del nome completo. Il logo, con il suo design semplice ma raffinato, riflette l'attitudine del marchio: la dedizione all'arte orologiera, l'attenzione ai dettagli e l'innovazione continua.
Modelli Iconici
The Audemars Piguet logo is as simple as it is recognizable and refined. The company's choice was to retain only the logo with the surnames of the two founders. The distinctive feature lies in the chosen typographic font. The letters are all uppercase, with the initials slightly larger, written in a serif font that reflects the tradition and elegance of the maison. The combination of thin and thicker lines creates a dynamic style, making the logo distinctive and easily recognizable. Over time, the AP monogram has also been developed, with the initials of Audemars Piguet joined together, symbolizing the intertwined destinies of the two families that created this horological giant. The logo, consisting of two letters, is used on the crown and can also be found on the dials of some maison models, replacing the full name. The logo, with its simple yet refined design, reflects the brand's attitude: dedication to the art of watchmaking, attention to detail, and continuous innovation. Iconic Models
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Quando si parla di modelli che hanno fatto la storia dell’alta orologeria, bisogna obbligatoriamente parlare dell' AP Royal Oak chrono, una di quelle creazioni che hanno segnato un prima e un dopo, rivoluzionando i canoni estetici e la percezione degli orologi di lusso per sempre, ed entrando di diritto nell’olimpo dei capolavori. Fino al 1972, anno della sua presentazione, c’erano gli orologi eleganti e gli orologi sportivi. Due universi inconciliabili per forme, funzioni e materiali. Audemars Piguet cambia le regole del gioco presentando il primo esempio di eleganza sportiva, un orologio di lusso costruito interamente in acciaio, e lo fa in un momento davvero particolare della storia dell’orologeria. La tecnologia al quarzo stava letteralmente soppiantando l’industria meccanica tradizionale svizzera. Alcune aziende cercarono di riconvertire la propria produzione, altre di integrarla, con risultati alterni rispetto all’ondata giapponese che stava conquistando il mondo grazie a modelli molto più precisi e molto più economici... CONTINUA
CHI SIAMO
I NOSTRI MODELLI
When we talk about models that have made history in haute horlogerie, we must inevitably mention the AP Royal Oak Chrono, one of those creations that have marked a before and after, revolutionizing aesthetic canons and the perception of luxury watches forever, and rightfully entering the pantheon of masterpieces. Until 1972, the year of its introduction, there were elegant watches and sports watches. Two worlds that seemed incompatible in terms of shapes, functions, and materials. Audemars Piguet changed the rules of the game by presenting the first example of sports elegance, a luxury watch built entirely in steel, and it did so at a truly particular moment in the history of watchmaking. Quartz technology was literally supplanting the traditional Swiss mechanical industry. Some companies tried to convert their production, others tried to integrate it, with mixed results compared to the Japanese wave that was conquering the world with models that were much more precise and much more affordable... CONTINUE WHO WE ARE OUR MODELS
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lamilanomagazine · 1 year ago
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Champions League, 5^ giornata: troppo Real per il Napoli di Mazzarri
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Champions League, 5^ giornata: troppo Real per il Napoli di Mazzarri. Real Madrid-Napoli (4-2) Le Merengues, con la qualificazione già in cassaforte, ospitano il Napoli al Bernabeu. La squadra di Mazzari, reduce dal brutto pareggio casalingo per 1-1 con l'Union Berlino, vuole fare bella figura davanti all’ex Ancelotti. Nel Real spazio a Brahim Diaz al fianco di Rodrygo con l’inamovibile Bellingham a supporto. Nel Napoli gioca Simeone dal 1’ minuto, con Osimhen e Raspadori pronti a subentrare. Il gol che sblocca il match al 9’ minuto viene siglato da Giovanni Simeone, bravo a sfruttare l’assist di Di Lorenzo e freddo davanti al portiere avversario. Rete di Rodrygo dopo neppure 2 minuti. Il talento brasiliano rientra sul destro e lascia partire una splendida conclusione a giro su cui Meret non può nulla. Il 2-1 dei padroni di casa arriva dalla testa del solito Bellingham. Il campione del Real è puntuale nell’andare a rete su uno splendido cross di Alaba. Dopo due minuti dall’inizio della ripresa arriva il momentaneo pareggio di Anguissa, bravo a tirare con forza di destro e beffare Lunin. I partenopei riescono a tenere testa ai Blancos fino all’84’. Poi il Real punisce la difesa di Mazzarri con due gol decisivi per il risultato finale. Arriva prima la rete del giovane gioiello Nico Paz, che segna di mancino dalla distanza. Nel recupero, un’altra splendida giocata di Bellingham pesca alla perfezione Joselu, freddo a siglare il 4-2 a porta vuota.   Benfica-Inter (3-3) I nerazzurri, già qualificati agli ottavi, dovranno superare il Benfica se vogliono ambire al primo posto nel girone, attualmente condiviso con la Real Sociedad. La squadra di casa, matematicamente fuori dalla Champions, si gioca il tutto per tutto per arrivare terza e poter continuare il cammino europeo in Europa League. Schmidt schiera Tengstedt, supportato dal trio sulla trequarti composto da Di Maria, Rafa Silva e Joao Mario. Inzaghi opta per un significativo turnover. Davanti, dal 1’ minuto, la coppia formata da Sanchez e Arnautovic. Rete di Joao Mario dopo 5 minuti dal fischio d’inizio. L’ex Inter colpisce con il mancino in controbalzo e batte Audero. Dopo poco tempo, arriva il raddoppio del portoghese. Asllani perde un pallone sanguinoso al limite della propria area e Joao Mario si fa trovare pronto. Clamoroso al da Luz: tripletta di Joao Mario. Tengstedt entra in area e la crossa. La palla termina sul fianco del fantasista che entra in porta con la palla. Nella ripresa, la musica cambia completamente. Rete di Arnautović al 51’. Il centravanti nerazzurro la appoggia in rete dagli sviluppi di un corner. Il 3-2 viene segnato da Frattesi. Acerbi e crossa al centro e trova il centrocampista ex Sassuolo, che si coordina e colpisce al volo con il mancino, piazzandola a fil di palo. Trubin non può nulla. Calcio di rigore concesso alla squadra di Inzaghi al minuto 68: Otamendi colpisce Thuram in area. Sánchez va dagli 11 metri e trasforma il penalty mettendo la palla verso l'angolino basso di sinistra.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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