#cambiare si può
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“Il difficile non è raggiungere qualcosa, è liberarsi dalla condizione in cui si è.” – Marguerite Duras
#frase del giorno#marguerite duras#resistere al cambiamento#cambiare si può#liberarsi#cambiare vita#cambiare abitudini#raggiungere obiettivi#paura del cambiamento#libertà interiore#schemi mentali#spezzare le catene#inerzia#pensiero del giorno blog#riflessioni mattutine#trasformazione interiore#zavorre
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Ti è mai capitato di andare al ristorante con un amico che ordina sempre lo stesso piatto, senza mai variare? In molti lo considerano noioso, altri lo vedono come una scelta di sicurezza. Ma cosa spinge davvero alcune persone a non voler cambiare? Questo comportamento, così comune quanto sottovalutato, nasconde motivazioni psicologiche profonde che raccontano molto più di quanto si pensi sul nostro modo di relazionarci con il cambiamento, l'identità e le emozioni. Testo dell’articolo: Secondo alcuni studi di psicologia comportamentale, la ripetizione della stessa scelta alimentare al ristorante non è sempre pigrizia o abitudine. Può riflettere tratti della personalità come la ricerca di stabilità, la tendenza al controllo o una bassa tolleranza all’incertezza. Scegliere lo stesso piatto diventa, in questo senso, una strategia di regolazione emotiva: riduce l’ansia e fornisce un senso di coerenza in un ambiente ricco di variabili. Per altre persone, il legame con un determinato piatto è affettivo: un sapore conosciuto e rassicurante che richiama ricordi positivi o momenti felici. Mangiare “quel piatto” diventa una ritualità, una zona di comfort emotivo che protegge dall’imprevisto. All’opposto, chi prova ogni volta qualcosa di nuovo potrebbe essere spinto da un bisogno di stimolazione sensoriale e dalla ricerca di esperienze. Dal punto di vista sociale, scegliere sempre lo stesso piatto può anche trasmettere un messaggio: “so cosa voglio”. In un mondo dove il cambiamento è costante, la coerenza nelle scelte diventa quasi una forma di affermazione identitaria. Una riflessione: La tavola non è solo nutrimento, ma anche linguaggio. Ogni volta che scegliamo – o non scegliamo – raccontiamo qualcosa di noi, a volte più di quanto siamo consapevoli. La prossima volta che un tuo commensale ordina per l’ennesima volta spaghetti alla carbonara, forse non è solo un’abitudine: potrebbe essere un piccolo atto di equilibrio personale. E chissà, forse proprio in quelle scelte ripetute si cela un bisogno di sicurezza che tutti, prima o poi, condividiamo.
#a volte più di quanto siamo consapevoli. La prossima volta che un tuo commensale ordina per l’ennesima volta spaghetti alla carbonara#altri lo vedono come una scelta di sicurezza. Ma cosa spinge davvero alcune persone a non voler cambiare? Questo comportamento#chi prova ogni volta qualcosa di nuovo potrebbe essere spinto da un bisogno di stimolazione sensoriale e dalla ricerca di esperienze. Dal pu#condividiamo.#così comune quanto sottovalutato#forse non è solo un’abitudine: potrebbe essere un piccolo atto di equilibrio personale. E chissà#forse proprio in quelle scelte ripetute si cela un bisogno di sicurezza che tutti#il legame con un determinato piatto è affettivo: un sapore conosciuto e rassicurante che richiama ricordi positivi o momenti felici. Mangiar#in questo senso#l&039;identità e le emozioni. Testo dell’articolo: Secondo alcuni studi di psicologia comportamentale#la coerenza nelle scelte diventa quasi una forma di affermazione identitaria. Una riflessione: La tavola non è solo nutrimento#la ripetizione della stessa scelta alimentare al ristorante non è sempre pigrizia o abitudine. Può riflettere tratti della personalità come#la tendenza al controllo o una bassa tolleranza all’incertezza. Scegliere lo stesso piatto diventa#ma anche linguaggio. Ogni volta che scegliamo – o non scegliamo – raccontiamo qualcosa di noi#nasconde motivazioni psicologiche profonde che raccontano molto più di quanto si pensi sul nostro modo di relazionarci con il cambiamento#prima o poi#scegliere sempre lo stesso piatto può anche trasmettere un messaggio: “so cosa voglio”. In un mondo dove il cambiamento è costante#senza mai variare? In molti lo considerano noioso#Ti è mai capitato di andare al ristorante con un amico che ordina sempre lo stesso piatto#una strategia di regolazione emotiva: riduce l’ansia e fornisce un senso di coerenza in un ambiente ricco di variabili. Per altre persone#una zona di comfort emotivo che protegge dall’imprevisto. All’opposto
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Riflessioni.
-Sai che c’è?! Che se vi foste fermate almeno un istante a chiedere “come stavo”, avreste saputo come e cosa ho avuto. Invece, per te in particola modo, è stato più facile pronunciare: “non ti fai più sentire?!”… e queste parole, dette a una persona che il tempo lo ha sempre trovato per gli altri, ferisce un po’, ma fa capire anche tanto dell’altra persona. Sono in una età che il tempo delle energie sprecate è finito e non ne ho più da perdere.- 💎
#life#scrittori#artists on tumblr#amicizie#con il tempo si impara#conoscere#persone#promemoria di vita#energie#vivi l’attimo#emozioni#riflessioni#il viaggio di ulisse#selezione#selettività#conoscenza#da un libro ancora da scrivere#momenti#amor propio#lealtà#accettazione#risposte#tempo#promemoria#tutto può cambiare in un attimo#il senso della vita#inventario#abbi cura di splendere#rispetto#spazio
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L'altro giorno vado a riscuotere i soldi delle olive che ho venduto, e mi pagano con degli assegni, li per li ho cercato di oppormi a questa cosa, ma purtroppo per la tracciabilità la procedura è questa. Mi sono quindi fatto coraggio e sono andato in banca. Già appena entrato il disagio di temperatura si è fatto sentire, 40 gradi Celsius in questo open space e musica discutibile a palla (da quando la musica in banca?) comunque, sempre per incrementare il mio disagio, nella sala, risiede gente vestita come in uomini e donne, ragazze con minigonne vertiginose, tacchi a spillo, scollature, unghie lunghe laccate da attrice porno anni 90 e maschi con completi blu, capelli appena rasati camice bianche stiratissime, barbe curate nei minimi dettagli e io li, con la giacca di velluto che mi ha fatto zia Giovannina, pantaloni di Amazon finto escursionista, barba e capelli non tagliati dal 2022. Bene, a parte tutto questo disagio prendo il biglietto, e la signora mi chiama subito, "venga venga lo sportello è libero", (lo sportello in realtà è un ufficio) io ero abituato a quelle cose con il vetro dove stai in piedi e non senti un cazzo di quello che ti dice quello dentro, in questo, non senti un cazzo uguale perché c'è la Pausini a palla ma almeno stai seduto. La bancaria mi dice, cosa deve fare? E io gli dico, cambiare questi assegni, e lei, ha un conto? E io si, nome cognome, documento, codice fiscale, digita sulla tastiera con quelle unghie atroci tictictic, e alla fine mi dice, ritira? O deposita? E io gli dico, ritiro, e lei ehhhmmm la cifra è troppo grande mi dispiace ma non può ritirarla tutta.
Praticamente uno si spacca la schiena 2 mesi e manco la soddisfazione di vederli sti soldi, toccarli, dargli fuoco.
#non sono adatto a questo pianeta#sopportatemi#ve vojo bene#è il freddo che mi stringe le vene nel cervello
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Ci si salva anche accettando ciò che non può cambiare.
@Apostrofo_rosa
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Ah sì, la giornata nazionale in cui spieghiamo all'ubriacone di 45 anni divorziato che vive ad Abbiategrasso che: no, Vesuvio e Campi Flegrei non sono la stessa cosa, e se esplodono i secondi nella migliore delle ipotesi si troverà ad ospitare dei profughi, nella peggiore probabilmente salterà in aria insieme a tutti noi perché un cazzo di super vulcano può cambiare letteralmente la geografia d'interi continenti
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«Ora ci prendiamo cura di lei, non più della malattia». La dottoressa consulente di terapia del dolore usa queste parole per dirlo a mia madre. La diagnosi non lascia spazio: tumore al polmone al quarto stadio con metastasi alle ossa e al fegato, in corso una polmonite interstiziale. Mia madre, per vivere, deve essere attaccata a una bombola di ossigeno. Altrimenti non satura. È sotto antibiotico da giorni. E ha già iniziato gli oppioidi per i dolori alle ossa.
Poi, l’«offerta terapeutica», come la chiamano: se non se la sente di andare a casa, può scegliere di restare in hospice. È un suo diritto.
«Vuoi cambiare stanza mamma? La 4 ha la vista più bella…». «No, resto qui». «Saggia sei, non si rubano le stanze ai morti, questione di karma», le dico ridendo. Scherzare su tutto compresa la morte per tenerla fuori dalla porta, abbiamo sempre fatto così. Nella mia testa risuonano ancora le parole di alcuni parenti e amici che, non consultati, le hanno detto: gli hospice sono posti da poveretti, torna a casa.
Svizzera, eutanasia, suicidio assistito, cure palliative, morfina. Sono solo parole finché non ci passi in mezzo, poi diventano questioni gigantesche da affrontare con cervello e cuore. Chi non ne ha di entrambi, è meglio che taccia.
Siamo la stanza 10. L’ultima. Quella in fondo al corridoio, girato l’angolo, vicino alla cucina degli infermieri. Di giorno sentiamo cantare i due pappagalli la cui gabbia si trova nella sala comune, Dante e Beatrice. Ridendo ci diciamo che sono odiosi. Ma quando scopriamo che uno dei due ha l’alopecia ci preoccupiamo molto.
La mattina ci svegliamo con il profumo della caffettiera degli infermieri. Dormo in una poltrona letto scomodissima ma mi sembra la cuccia migliore del mondo perché è di fianco al letto di mia madre. C’è un frigo in cui si può mettere il cibo portato da fuori.
«Una settimana di vita, al massimo due», è stata la sentenza dell’oncologo. «In hospice ha qualche speranza in più perché la curano sicuramente meglio».
In realtà, la camera dove resteremo per i successivi due mesi è tutt’altro che da pezzenti. Non è di lusso, è dignitosa.
Di quella stanza, insieme, iniziamo a imparare a conoscere le ombre che sole e luna lasciano sul muro tinteggiato di rosa. Col passare dei giorni, le infermiere e gli infermieri diventano personaggi mitologici di cui scoprire le storie. Natalia, russo-ucraina, gli occhi duri, simpatica. Liuba ucraina, ma del Sud, occhi azzurri ma dolci. Eleonora, milanese, che a giugno va in pensione e con lei troviamo sempre il modo di ridere. Le Oss e gli Oss (gli operatori socio-sanitari) diventano il nostro mondo. Dopo un po’ ti parli senza aprire bocca. Altre volte parli troppo come con Estrella che un giorno mi dice: stanotte ho sognato tua madre, non so se è un buon segno. O con chi, come Stefania, si sta specializzando e ti ricordi di chiederle come è andato l’esame. O Maria, la cleaner ecuadoriana che entrando in stanza è sempre arrabbiata ma se le dici buongiorno si illumina e non la smette più di raccontare e di cantare.
Donne, quasi tutte donne, perché del dolore, certo, si devono occupare le donne. Così anche le cose che sembrano più inutili, diventano utili. I profumi, come stanno le piante, cosa hai sognato stanotte, le vibrazioni, le premonizioni. È Cicely Saunders, la pioniera delle cure palliative. Primi del Novecento, la famiglia desidera per lei l’università di Oxford, ma lei vuole diventare infermiera. Durante le notti interminabili in corsia negli anni della Prima guerra mondiale, Saunders vede morire tra sofferenze indicibili ragazzi forti e coraggiosi, suoi coetanei. Comincia ad annotare i tentativi e i fallimenti, le intuizioni, le buone pratiche che consentono di lenire la sofferenza. Osserva urine, feci, temperatura, respiro, il “dolore erratico” che si presenta a ondate e gli effetti della morfina che sembra alleviare solo per pochi istanti gli spasimi. Nel 1967 riesce ad aprire il primo moderno hospice, un luogo in cui poter essere curati, assistiti anche dai propri familiari vivendo con dignità, gli ultimi istanti.
SI PROVA A GALLEGGIARE, CI SI AGGRAPPA A QUELLO CHE C'È, A CIO' CHE RESTA DI QUESTE VITE
È come combattere una guerra senza armi. A volte, ti puoi solo sedere e aspettare provando a tenere il plotone di esecuzione fuori dalla porta, con i discorsi più stupidi e quelli più profondi mescolati insieme. I reparti di cure palliative – gli hospice appunto – non sono attrezzati come tutti gli altri. Non si interviene in emergenza, si fanno poche analisi. Si prova a galleggiare, si dosano i farmaci come a fare dei cocktail per stare in bolla. E ci si aggrappa a quello che c’è, quello che resta.
Se la nottata non è tranquilla o se comunque dormire è difficile, cammino in corridoio. Su e giù, guardo dentro le stanze degli altri. Alla 6 c’è un signore moldavo, è/era un autista di tir che faceva su e giù sulle rotte dell’Est Europa. Con sua moglie che di giorno fa le pulizie e non sa più dove sbattere la testa parliamo per due volte dell’Ue e della guerra. Siamo giunte alla conclusione che è un mondo dove poche cose hanno senso. Alla 8, una signora algerina sta con il velo in testa anche a letto e quando il marito viene a trovarla gli fa delle ramanzine spettacolari. Parla in arabo, non capisco bene cosa gli dice ma comunque faccio il tifo per lei. Con suo figlio autistico, una volta, ho giocato mentre aspettava con la sorella che medicassero sua madre. Alla stanza 1, una notte, è morto un muratore di Cremona, un toro di 120 chili che le infermiere smadonnavano quando dovevano girarlo. Aveva un tumore rarissimo del polmone. Lascia un figlio di 6 anni e una moglie piccolina, insegnante di sostegno, con cui ci siamo abbracciate giù in ingresso mentre lo portavano in obitorio.
E infine c’è Paola, manager di una grande azienda. Stanza 7, madre piemontese tostissima ma che la adora, figlia unica anche lei, caregiver che non stacca un attimo. Siamo diventate subito amiche, a fare pausa e mangiare i toast giù al bar. Un regalo. «Non tutto forse succede per caso», mi ha detto un giorno mentre cercavamo di trovarci un senso. Sembra Il Bar sotto il mare di Stefano Benni, che mia madre mi leggeva quando ero piccola. Ognuno con la sua storia, ognuno col suo dolore e la sua gioia. Bolle dentro la bolla, dove c’è una quantità di vita tale che in certi momenti ti fa fare pace con il mondo in guerra.
Ma quando il dolore tracima è un posto tutt’altro che letterario o romantico.
A volte, sono scappata per qualche ora a farmi una doccia, a togliermi di dosso l’adrenalina che il dolore di chi ami e la tua paura ti lasciano sulla pelle e sui capelli.
Ma sono sempre tornata.
Fino alla fine. Fino al 6 febbraio alle 20.50, fino all’ultimo respiro, quello più leggero, in pace.
Da un articolo sul Corriere della sera
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Anche stamattina sveglia all'alba... Il profumo del caffè che riempie la stanza... Mille pensieri e desideri che già avvolgono la mia mente... Oggi è sabato... Un freddo sabato di metà novembre... Si sta' avvicinando il mio compleanno... Si sta avvicinando il Natale... Tra poco un altro anno se ne sarà andato... Il tempo passa inesorabile con il suo passo svelto... E la nostra vita può cambiare in un secondo... Siamo vivi... Siamo morti... Siamo leggeri come l'aria...
Buongiorno 😘
~ Virginia ~

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Le cronache parlano di “Europa che tira un sospiro di sollievo”.
Di grazia, per che cosa? Il cancelliere tedesco Merz (eletto solo al secondo voto del Parlamento per la prima volta nella storia di quel Paese, ndr) è un’anatra zoppa, il governo tedesco parte (...) declassato e con un orizzonte di potenziali conflitti interni (...). In questo scenario di rovine fumanti, Emmanuel Macron si è distinto ancora una volta nel suo essere LUNARE. “Le President” ha detto che ora il motore franco -tedesco può ripartire per il bene della Germania, della Francia e di tutti gli altri Paesi europei. (...)
lluse dai risultati delle elezioni canadesi e australiane, alcune teste lucide della sinistra hanno cominciato a dire che il ciclo trumpiano era finito, ma è bastato il voto in Romania per tornare sulla terra, è sufficiente leggere i sondaggi sui consensi delle destre in Francia e Germania per capire che nel Vecchio Continente il vento soffia a destra, così come nell’Inghilterra, dove Reform Uk guidato da Nigel Farage sta davanti a tutti (...).
È finita un’era, (...) Berlino e Parigi sono in declino, Merz è un cancelliere dimezzato, Macron è un presidente senza maggioranza, Pedro Sánchez in Spagna non sa neppure tenere accesa la luce (...). È un cambio di scena epocale e non basteranno quattro articolesse degli opinionisti che non ne azzeccano mai una (...) a cambiare il corso della storia: vince Trump, vince Meloni, vince Milei, vince chi presenta agli elettori un programma di discontinuità rispetto al passato. Non ce lo chiede l’Europa, lo vota il popolo.
Mario Sechi la tocca, né piano né forte, via https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/42523107/l-asse-parigi-berlino-in-declino-inesorabile/
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Cerca di non resistere ai cambiamenti che ti vengono incontro. Invece lascia che la vita viva attraverso di te. E non preoccuparti che la tua vita stia andando sottosopra. Come fai a sapere che il lato a cui sei abituato è migliore di quello a venire? - Rumi
#rumi#cambiamento di vita#cambiare si può#cambiare abitudini#cambiare prospettiva#flessibilità mentale#adattarsi#lasciare andare#saggezza#perle di saggezza#frasi sagge#citazione del giorno#frasi di vita
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Non si può modificare il passato, ma si può cambiare il futuro. Happy new year🤍

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[...]
quante volte mi sono detta:
“meriti di più, meriti il mondo. non queste sciocchezze.
meriti qualcuno che ti protegga, che si prenda cura di te.
meriti qualcuno disposto a entrare nel tuo mondo, nella tua testa ed essere coraggioso di combattere i tuoi demoni, le tue confusioni e uscirne a testa alta.
meriti qualcuno che apprezzi i tuoi silenzi e che li sappia ascoltare, senza farli diventare pesanti quasi da sentirti soffocare.
meriti qualcuno in grado di capirti, di volerti capire. meriti qualcuno che apprezza i tuoi gesti, le tue piccolezze, i tuoi dettagli sulla visione del mondo, perché sei sempre stata spettatrice anziché protagonista e sappiamo quanta differenza ci sia.
meriti qualcuno che ti ascolti e che ti comprenda nei tuoi momenti di oblio. meriti qualcuno che ti abbracci senza un motivo preciso, solo per farti sentire al sicuro da tutti, dai problemi, dagli ostacoli, solo per un momento, perché a te basta anche un secondo e la giornata può cambiare totalmente.
meriti qualcuno che accetti le tue pazzie, i tuoi momenti folli, i tuoi capricci, perché diciamocelo resterai sempre una bambina, con il tuo modo giocoso, i sorrisi innocenti, le guance rosse e gli sguardi ingenui.
meriti qualcuno che si prenda cura delle tue cicatrici e delle tue ferite, anziché guardarle con pena, le guardi con comprensione, baciando ogni centimetro di pelle coperta da quelle macchie, ripetendoti che non sei tu lo sbaglio, ma è il mondo che è sbagliato.
meriti qualcuno che in giorni piovosi ti prenda e ti porti in giro, rischiando di ammalarvi ma con la consapevolezza di sentirsi liberi.
meriti qualcuno che si interessi a te come persona e non a te come corpo, perché lo sappiamo quanto odio hai dentro di te, perché lo sappiamo quanto ci stai male quando le persone ti cercano solo per secondi fini non apprezzando che ragazza d'oro tu sia.
meriti qualcuno che ti ami con tutto se stesso, che lotta per te anche nei momenti no e nei momenti in cui sparisci ritornando come niente fosse.
perche è in quei momenti che lotti con te stessa. è lì che potresti cadere di nuovo nell'oblio. è lì che meriti qualcuno che ti tenga stretta, che ti aiuti e che non ti faccia cadere, e nel caso, che si faccia forza per rialzarti.
perche è lì che meriti di essere amata. per come sei.”
[...]
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“A volte mi chiedo se il senso di frustrazione, d’impotenza che molti, specie fra i giovani, hanno dinanzi al mondo moderno è dovuto al fatto che esso appare loro così complicato, così difficile da capire che la sola reazione possibile è crederlo il mondo di qualcun altro: un mondo in cui non si può mettere le mani, un mondo che non si può cambiare. Ma non è così: il mondo è di tutti. […] Il mondo è cambiato. Dobbiamo cambiare noi. Innanzitutto non facendo più finta che tutto è come prima, che possiamo continuare a vivere vigliaccamente una vita normale. Con quel che sta succedendo nel mondo la nostra vita non può, non deve, essere normale. Di questa normalità dovremmo avere vergogna.”
( Lettere contra la guerra, Tiziano Terzani.)
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"Ho imparato"
Ho imparato che si può ferire oltre la carne... fino a quando non marchi la tua anima così profondamente che nemmeno il tempo potrà guarire tutto.
Ho imparato che alcune persone hanno solo oscurità da offrire ma che anche crescendo al loro fianco possiamo trascendere quelle ombre.
Ho imparato che si può essere disperatamente soli tra una folla e nascondere facilmente il proprio dispiacere dietro un sorriso.
Ho imparato che anche un terreno arido può partorire un fiore e un'anima macchiata può sorgere.
Fu nell'oscurità che trovai la mia luce..
Lei era lì così piccola, ferita e spaventata, l'ho messa tra le mie braccia, le ho promesso che ce l'avremmo fatta, cresciuta e superata il dolore.
Ho imparato che possiamo cambiare ciò che abbiamo fatto di noi stessi, che con il tempo e la determinazione possiamo ricostruire tutto.
Ho imparato che puoi nutrire la tua gentilezza e mettere a tacere la tua violenza, che scegliendo di tenere il tuo volto nella luce non senti più il buio che ci vuole.
Ho imparato che si può brillare la sua luce fino a illuminare le anime tristi che ci circondano.
Ho imparato che nessun amore è più potente di quello che diamo a noi stessi.
Ho imparato dalla vita... e sto ancora imparando.


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Non si può aiutare chi non vuole essere aiutato.
E questa è un'amara verità che dobbiamo imparare ad accettare.
Ho visto gente annegare nelle proprie lacrime, vittime del proprio dolore, e per quanto ci possa fare star male vedere amici o conoscenti soffrire in quel modo, un aiuto gli si può dare soltanto se loro sono disposti a farsi tendere una mano e si sentono pronti ad afferrarla. Deve partire da loro la voglia di passare oltre, di voltare pagina, di cambiare i pensieri.
Tante volte purtroppo sono essi stessi a non volerlo quell'aiuto. Si focalizzano sul proprio dolore e rimangono lì a fissarlo, giorno dopo giorno, mese dopo mese... A volte per anni.
Alcuni vogliono viverselo quel dolore, sentirlo tutto e vederlo scemare per essere certi che una volta passato si sia proprio completamente consumato e si sia estinto! Altri, invece, vogliono semplicemente restare lì, fermi in quello stesso punto a fissare lo stesso identico dolore. Per tutta la vita, a volte.
Si può provare a farli ragionare, si può provare a dargli spunti di pensiero e punti di vista diversi ma nulla, assolutamente nulla riuscirà mai a distoglierli dal proprio dolore, semplicemente perché loro voglio rimanere lì ad osservarlo. Per non dimenticarlo.
Fanno del loro dolore la loro ragione di vita, purtroppo.
#pensieri#consapevolezza#crescita#crescita interiore#crescita personale#percorso#frasi tumblr#frasi#dolore#immobile#ferma#aiuto#persone#ragione#frasi vere#amara#verità#sofferenza#malessere#parole#accettazione#tristezza#lacrime#fermo#io non dimentico#dimenticare
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Tom Hanks una volta ha raccontato della sua dolorosa infanzia:
"Quando avevo solo quattro anni, i miei genitori divorziarono e da allora mi sono ritrovato spesso da solo. Ho vissuto in diverse famiglie affidatarie, crescendo in un’infanzia segnata dalla povertà e dalla mancanza d’amore. Diventare attore? Sembrava un sogno irraggiungibile: non potevo permettermi nemmeno un corso di recitazione.
Eppure non ho mai smesso di crederci. Ho fatto mille lavori umili, ho dormito per strada, ma non ho mai perso la determinazione. La mia carriera è iniziata tardi: negli anni ’80 ero già un adulto, circondato da colleghi molto più giovani di me. Nessuno avrebbe scommesso un soldo su di me… e invece.
Il punto di svolta è arrivato a 38 anni, nel 1994: un successo mondiale. Ho vinto due Oscar consecutivi come Miglior Attore, prima con Philadelphia e poi con Forrest Gump. Due riconoscimenti storici per un attore che partiva da zero.
Da allora ho avuto la fortuna di interpretare film che sono diventati pietre miliari del cinema: Apollo 13, Salvate il soldato Ryan, Il miglio verde, Cast Away, Prova a prendermi, The Terminal, Sully… e molti altri.
Quel bambino senza amore né certezze è riuscito a cambiare il suo destino. Oggi, nella mia casa estiva sull’isola greca di Antiparos, cerco di restituire un po’ della fortuna che ho avuto: con donazioni personali aiuto bambini poveri, orfanotrofi e ospedali pediatrici in tutto il mondo.
Il passato non si dimentica, ma può diventare la forza che ci spinge a costruire qualcosa di bello."
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