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o-link · 6 months ago
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Il y a des nostalgies douloureuses et décapantes… il y a des nostalgies rêveuses et très douces… il y a des nostalgies qui font vivre… et des nostalgies qui font mourir.
Eugénio Borgna
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lunamarish · 9 days ago
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La fragilità, negli slogan mondani dominanti, è l'immagine della debolezza inutile e antiquata, immatura e malata, inconsistente e destituita di senso; e invece nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell'indicibile e dell'invisibile che sono nella vita, e che consentono di immedesimarci con più facilità e con più passione negli stati d'animo e nelle emozioni, nei modi di essere esistenziali, degli altri da noi.
[...]
La fragilità è un modo di essere emozionale ed esistenziale che vive del cammino misterioso che porta verso l'interno e che non si riconosce se non andando al di là dei comportamenti, e scendendo negli abissi della nostra interiorità e dell'interiorità altrui. Ancora oggi si tende ingiustamente a guardare alla fragilità come ad una forma di vita inutile e antisociale, e anzi malata, che ha bisogno di cure e che non merita nel migliore dei casi se non compassione; e non si sanno intravedere in essa le tracce incandescenti della sensibilità e della gentilezza, della timidezza e della tenerezza, della creatrice malinconia leopardiana.
Certo, come la sofferenza passa, ma non passa mai l'avere sofferto, così anche la fragilità è un'analoga esperienza umana che, quando nasca in noi, non viene mai meno in vita e che imprime alle cose che vengono fatte, alle parole che vengono dette, il sigillo della delicatezza e dell'accoglienza, della comprensione e dell'ascolto, dell'intuizione dell'indicibile che si nasconde nel dicibile.
Sì, ci sono momenti in cui la presenza, o almeno la percezione, che ciascuno di noi ha della sua fragilità si accentua, o si inaridisce, ma in ogni caso dovremmo educarci a riconoscerla in noi ma soprattutto a riconoscerla negli altri da noi: un impegno etico, questo, al quale noi tutti siamo chiamati in vita.
Nel concludere queste mie nomadi considerazioni sulla fragilità vorrei citare una breve e stremata poesia di Rainer Maria Rilke.
La poesia è questa:
Era tenero e fine il suo sorriso come brillio d'antico avorio, come nostalgia, come neve che a Natale sull'oscuro villaggio discende, come turchese in mezzo a fitte perle, come raggio di luna su un caro libro.
Cosa c'è di più fragile di un sorriso, e cosa di più fragile della nostalgia, della neve che cade a Natale e di un raggio di luna su un caro libro? Vorrei augurarmi che in queste bellissime immagini possa riassumersi il senso umbratile e fugace di un discorso incentrato sulla fragilità come leitmotiv della condizione umana.
Eugenio Borgna
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heartsbreath · 1 year ago
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“Il dolore dell'anima, che contrassegna in modi, e in intensità, diversi l'una e l'altra condizione psico(pato)logica e umana, è esperienza antitetica a quella della felicità ma come questa, e forse ancora più di questa, disposta alla riflessione interiore e alla immedesimazione. La malinconia ci fa scorgere qualcosa degli abissi dell'anima: della sua disperazione e della sua angoscia ma anche delle sue speranze ferite e dei suoi orizzonti di luce fosforescente, e insondabile.”
Eugenio Borgna - La solitudine dell’anima
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thebeautycove · 2 years ago
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Lessico delle Emozioni.
Mitezza. Esperienza umana così importante e così dimenticata, nella vita personale e sociale. La più radicalmente lontana dall’aggressività e dall’angoscia, dall’ impazienza e dalla fretta, dall’orgoglio e dalla superbia, dall’indolenza e dall’indifferenza, dalla distrazione e dall’egocentrismo. La mitezza sconfina nella gentilezza, nella tenerezza, nella bontà, nella nostalgia e nell’amicizia. È fragile come una farfalla ma ha la forza di allontanarci dall’individualismo spalancando le porte alla saggezza. Beati i miti, perché la mitezza è una stella del mattino.
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Artists we admire series. Sarah Siltala. A selection.
Meekness, Serenity, Peace, Harmony is what her still lifes and beloved winged creatures so gorgeously inspire.
@igbeautycove
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feudecendres · 1 year ago
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eugenio borgna.
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smokingago · 5 months ago
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🍀
L’amicizia ha in sé il significato di un dialogo infinito che continua anche quando non ci si vede, non ci si incontra e non ci si parla. Quando ci si rivede con una persona amica, si cancella il silenzio e si rimuove l’assenza: si ricostituisce il dialogo solo apparentemente perduto ma, in realtà, mai interrotto. Il tempo, il tempo interiore, non si slabbra, e nemmeno si incrina, nonostante le intermittenze del tempo della clessidra; e il linguaggio del silenzio ritorna a essere il linguaggio della parola: il linguaggio dei volti che si riflette negli occhi e negli sguardi.
Eugenio Borgna - Le parole che ci salvano
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sayitaliano · 20 days ago
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Goodbye to one of the few psychiatrists willing to see the pain of people and work on listening and understanding, showing empathy, more than anything else. I really need to search for his books :)
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azad30altug · 7 months ago
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''..Düşüncelerimi göğe yükseltmeye çalıştığımda, karşımda beni mahkum etmek isteyen bir boşluk görüyorum.''
Eugenio Borgna
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alonewolfr · 12 days ago
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Le lacrime e il sorriso sono le parole del silenzio.
|| Eugenio Borgna
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arreton · 2 years ago
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[...]L’aggressività, lo stalking, il mobbing, il bullismo, la spettacolarizzazione della violenza sono forme del vivere quotidiano e l’avvento di internet ha permesso contatti sempre più vicini e frequenti creando, contemporaneamente, la possibilità di provocare «dolori» sempre più intensi e permanenti. Nell’era di internet i rapporti tra gli «umani» sono frequentemente caratterizzati dalla rabbia verso l’altro, comunicata tramite i social, e moltiplicata all’infinito. Più che parlare di «rapporto» via internet è corretto perciò parlare di sharing, condivisione globale. La condivisione globale è una forma di comunicazione, ma non è detto che sia anche una forma di relazione. Seguire un blogger, una webstar, un digital leader, e condividerne i diversi momenti della vita, seguire le storie su Instagram, i profili Facebook sono attività che si basano sulla condivisione delle informazioni da parte di chi le posta, di chi le legge e di chi le commenta, ma tutto questo è molto lontano dal rappresentare una relazione di amicizia tra le persone. È probabile che uno dei motivi per cui la rabbia, l’aggressività via internet, vada oltre ogni misura sia l’assenza di relazione e la mancanza dell’equilibrio che nasce dallo scambio emotivo-affettivo interpersonale.
Torna in mente, in modo quasi paradossale, l’apologo di Schopenhauer: «Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro». In tutto il resto del racconto se avevano freddo si avvicinavano e si pungevano, se si allontanavano sentivano nuovamente freddo. Il filosofo dirà che è necessario trovare una giusta distanza, una misura che consenta di stare in relazione, senza farsi del male. La società di oggi ha perso la misura.
Forse potremmo dire che ne conosce solo una, rispondere reattivamente in maniera violenta e scomposta all’azione che pensiamo ci abbia provocato un danno, che ci si trovi nel traffico, al lavoro, a scuola, in famiglia. Lo psichiatra Eugenio Borgna, in una sua opera del 2013, afferma che alla base dell’«ordinaria violenza alla dignità dell’uomo» che si perpetra nella società moderna, ci siano la mancanza di lavoro, le difficoltà della famiglia e le incomprensioni a scuola. A queste considerazioni possiamo ricollegare la quasi totale assenza, nella nostra società, di un altro sentimento reattivo, la riconoscenza. Nonostante sia stretta parente della rabbia, la riconoscenza sembra non solo una figlia minore, ma proprio in via di estinzione. La riconoscenza cerca il bene, la rabbia il male. La rabbia è proiettata verso il passato, la riconoscenza verso il futuro. La rabbia ha una memoria indelebile, la riconoscenza soffre di amnesia. Si parla anche di «rancore del beneficato» a sottolineare come chi, ottenuto un bene dall’altro, si arrabbi invidiosamente, in quanto sapere e sentire di essere in debito richiede una notevole maturità personale.
La nostra è una società rabbiosa, diseguale, fragile, in grado solo di assicurare un futuro precario ai giovani, poco propensa ad accogliere chi è diverso. Una società in cui prevale una «povertà vitale». Con povertà vitale s’intende non la privazione materiale, bensì una restrizione della capacità relazionale, affettiva, valoriale, morale, religiosa. La povertà vitale, sebbene teoricamente condizionata dalla povertà economica, è un concetto più ampio, che fa riferimento a un impoverimento delle qualità e delle risorse umane generali dell’individuo, a un’involuzione sociale che preclude una prospettiva a lungo respiro. Questa condizione è caratterizzata da un sentimento di vuoto interiore, da un’angosciante mancanza di significato della propria vita.
— A. Siracusano
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occhietti · 1 year ago
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Non c'è cura dell'anima e del corpo, se non accompagnata dalla tenerezza che, oggi ancora più che nel passato, è necessaria a farci incontrare gli uni con gli altri nell'attenzione e nell'ascolto, nel silenzio e nella solidarietà.
Non c'è tenerezza che non nasca dall'interiorità, dalla soggettività, e dalla consapevolezza che siamo tutti chiamati ad un unico destino di dignità e libertà.
- Eugenio Borgna
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ilciambellano · 1 year ago
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Chi dopo il liceo è andato a studiare giurisprudenza, medicina o ingegneria, ha spesso conservato nei confronti del latino la reverenza che si ha verso l’aguzzino di cui ci si è liberati: l’antico terrore che, grazie al peso degli anni, si addolcisce di nostalgia. E, soprattutto, germoglia rigogliosamente questa idea che se sul latino ci ho sofferto io ci dovrà soffrire anche la generazione dei miei figli e delle mie figlie. Si sopravvive, alla fine, ci si tempra. Ed è qui che, di solito, mi vedo costretta a interrompere il dissertare nostalgico perché no, c’è chi non sopravvive per niente. Non sopravvivono spesso le ragazze e i ragazzi figli di genitori non italiani. Non sopravvive chi non può permettersi le ripetizioni. Non sopravvive chi incontra come insegnanti “le vestali” delle lingue classiche, che ancora insegnano il latino a suon di due e di liste di complementi mandate a memoria. Prima di stracciarsi le vesti per la regressione del latino, lanciare geremiadi sulla nostra civiltà ormai perduta, possiamo prendere in considerazione il fatto che se non ci fosse l’indirizzo di scienze applicate al liceo scientifico perderemmo forse un numero importante di diplomati nelle discipline STEM di cui pure lamentiamo continuamente la mancanza? La domanda degli studenti, in fondo, non è così peregrina (e in effetti le loro domande di senso non dovrebbero mai essere liquidate frettolosamente). Ed è forse la stessa domanda che, come docenti, dovremmo porci quotidianamente. E se – come dico di solito in classe – iniziare una domanda con a cosa serve è fuorviante perché ci inserisce subito all’interno di un ragionamento utilitarista (lo stesso che governa, temo, le scelte di orientamento di questo governo), è pur vero che domandarsi perché e subito dopo come può aprire alla didattica, non solo del latino, prospettive inaudite. La risposta che tendo a preferire è sempre la stessa: insegnare per liberare. A chi volesse esplorare questa prospettiva, consiglio Tutte storie di maschi bianchi morti, di Alice Borgna, che pone in modo serio il tema dello studio e dell’insegnamento delle lingue classiche, anche alla luce del fatto che studiare il latino per leggere i grandi classici vuol dire oggi fare i conti con il fatto che, per esempio, quei classici sono prodotti di una cultura maschilista e fondata sullo schiavismo.
L'articolo è dietro paywall ma basta disattivare gli script per leggerlo tutto. (Ho segnalato questa cosa a Domani anni fa, ma evidentemente gli piace così)
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ilcercatoredicolori · 19 days ago
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[ ciascuno è disperatamente solo, dinnanzi al dolore ]
La vita non può essere confusa con il piacere e se manca lo stimolo temporaneo del dolore, la vita stessa perde di significato; ma la cultura occidentale considera oggi inaccettabile la presenza del dolore: del dolore del corpo e del dolore dell'anima.
Il dolore del corpo lo si vede, lo si riconosce subito, lo si cura con medicine adeguate e quando è scomparso lo si dimentica facilmente: non lascia tracce né al cuore, né alla memoria: talora è come se non lo avessimo mai provato. Diverse sono invece le cose quando siamo sommersi o siamo anche solo sfiorati dal dolore dell'anima. Non lo si riconosce facilmente, tende a nascondersi e ad assumere maschere […] Il dolore dell'anima vive nel silenzio del cuore di tante persone, delle persone che stanno male, certo, ma anche di quelle che, povere e sole, giungono da terre lontane e ciò ci indurrebbe a riflettere sul dovere della solidarietà.
Eugenio Borgna, da Il tempo e la vita
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petalidiagapanto · 5 months ago
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«Un sentimento implica necessariamente un uscire da noi stessi per cercare di cogliere quello che le altre persone sono nella loro realtà più profonda e nelle loro emozioni»
(Eugenio Borgna)
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francobollito · 9 months ago
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Nella fragilità si nascondono valori di sensibilità e delicatezza, di gentilezza estenuata e di dignità, di intuizione dell’indicibile e dell’invisibile.
E. Borgna
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smokingago · 1 year ago
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L’amicizia ha in sé il significato di un dialogo infinito che continua anche quando non ci si vede, non ci si incontra e non ci si parla. Quando ci si rivede con una persona amica, si cancella il silenzio e si rimuove l’assenza: si ricostituisce il dialogo solo apparentemente perduto ma, in realtà, mai interrotto. Il tempo, il tempo interiore, non si slabbra, e nemmeno si incrina, nonostante le intermittenze del tempo della clessidra; e il linguaggio del silenzio ritorna a essere il linguaggio della parola: il linguaggio dei volti che si riflette negli occhi e negli sguardi.
Eugenio Borgna - Le parole che ci salvano
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