#bellissimo libro
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quelmaredeimieiocchi · 3 months ago
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Quando meno te lo aspetti la tristezza invaderà anima e corpo. Verrà a bussare dolcemente alla tua porta e tu, invincibile come ti senti, non potrai far altro che aprire e lasciarti travolgere. Quei volti così familiari li sentirai ormai distanti, ed ogni carezza non sarà mai quella giusta, o quella di una mano amica. Le risate rimbomberanno nella notte e non riuscirai a chiudere occhio. I pianti più frequenti, e sinceri.
Quest'altra notte insonne la dedico a me, che mi fingo tanto il Sole, ma sono una dolcissima Luna. Candida e carezzevole. E le prime luci del mattino, che mi sorridono nonostante tutto. 
Chiedo scusa a chi mi segue, e a chi mi legge quotidianamente. 
Non prendete esempio da me, ho semplicemente sbagliato strada. Ed è un errore solo mio.
Ho intenzione di dirlo a te che stai leggendo: non fingere mai che non ti importi. Sei ancora in tempo per cambiare le cose sbagliate in giuste.
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catastrofeanotherme · 1 year ago
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Sei sempre tu che vieni a riprendermi
Tutto chiede salvezza 🫀📙
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missfreija · 1 year ago
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"Pur essendo in molte cose più fine e sensibile di me, finiva sempre per armarsi, fu questo il suo errore più grande, di sentimenti sbagliati, insomma era un vero soccombente, pensai. Voleva essere un artista, a lui non bastava essere l’artista della propria vita, benché questo concetto racchiuda tutto ciò che può rendere felice qualsiasi persona lungimirante, pensai.
Wertheimer insomma si era innamorato, o addirittura era rimasto ammaliato dal proprio fallimento, pensai, e in questo fallimento si era incaponito fino alla fine. In effetti potrei dire perfino che pur essendo certamente infelice nella sua infelicità, sarebbe stato ancora più infelice se dall’oggi al domani avesse smarrito la sua infelicità. In verità sono molte le persone che proprio perché profondamente immerse nella loro infelicità, in fondo sono felici, pensai."
"The ideal piano player (he never said pianist!) is one who wants to be the piano, and I tell myself every day when I wake up, I want to be the Steinway, not the one playing the Steinway, I want to be the Steinway itself."
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omarfor-orchestra · 1 year ago
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Oddio devo ancora guardare il documentario della fagnani
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princessofmistake · 6 months ago
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Per me il presente è l'eternità e l'eternità è sempre in movimento, scorre, si dissolve. Questo attimo è vita. E quando passa, muore. Me non può si ricominciare a ogni nuovo attimo, ci si deve basare su quelli già morti.
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ci0k · 4 months ago
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nel mio cuoricino questo libro bellissimo.❤️‍🩹
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lady--vixen · 4 months ago
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poi arriva il vento (thor ti ascolta sempre) e speri che sia solo aria e non porti grandine, altrimenti saranno cazzi. vai in bagno chiedendoti se è il caso di tirare su le tende da sole ed è allora che ti vedi nello specchio alla luce del cellulare. dove sono le mie tette? cos'è quella cosa? ah, sono io. sei tu, tranquilla. mi tocco il capezzolo che non c'è più. seguo con un dito la cicatrice breve verticale e poi quella lunga che mi taglia in due in orizzontale. a sinistra non sento ancora nulla. a letto mi aspetta un libro bellissimo. bellissimo. autore che non conoscevo. in due ore ho già letto un quarto del libro. quanto mi piacciono quelli che sanno dare un peso e un'anima alle parole. questo sa far male da dio. che linguaggio. quanto ancora c'è da imparare e da scoprire.
chissà se ti càpito nei pensieri
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angelap3 · 2 months ago
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In un villaggio viveva un vecchio molto povero, ma perfino i re erano gelosi di lui perché aveva un bellissimo cavallo bianco; non si era mai visto un cavallo di una simile bellezza, una forza, una maestosità… i re offrivano prezzi favolosi per quel cavallo, ma l’uomo diceva a tutti: “Questo cavallo non è un animale per me, è come una persona. E come si può vendere una persona, un amico?”. L’uomo era povero, la tentazione era forte, ma non volle mai vendere quel cavallo.
Un mattino scoprì che il cavallo non era più nella stalla. L’intero villaggio accorse e tutti dissero: “Vecchio sciocco! Lo sapevamo che un giorno o l’altro ti avrebbero rubato il cavallo. Sarebbe stato molto meglio venderlo. Potevi ottenere il prezzo che volevi. E adesso il cavallo non c’è più, che disgrazia!”.
Il vecchio disse: “Non correte troppo! Dite semplicemente che il cavallo non è più nella stalla. Il fatto è tutto qui: il resto è solo giudizio. Se sia una disgrazia o meno non lo so, perché questo è solo un frammento. Chissà cosa succederà in seguito?”. Ma la gente rideva, avevano sempre saputo che era un po’ matto.
Dopo quindici giorni, una notte, all’improvviso il cavallo ritornò. Non era stato rubato, era semplicemente fuggito, era andato nelle praterie. Ora non solo era ritornato, ma aveva portato con sé una dozzina di cavalli selvaggi.
La gente di nuovo accorse e disse: “Vecchio, avevi ragione tu! Quella non era una disgrazia. In effetti si è rivelata una fortuna”.
Il vecchio disse: “Di nuovo state correndo troppo. Dite semplicemente che il cavallo è tornato, portando con sé una dozzina di altri cavalli… chissà se è una fortuna oppure no? È solo un frammento. Fino a quando non si conosce tutta la storia, come si fa a dirlo? Voi leggete solo una parola in un’intera frase: come potete giudicare tutto il libro?”.
Questa volta la gente non poteva dire nulla, magari il vecchio aveva ragione di nuovo. Non parlavano, ma nell’intimo sapevano bene che il vecchio aveva torto: dodici bellissimi cavalli, bastava domarli e poi si potevano vendere per una bella somma.
Il vecchio aveva un unico figlio, un giovane che iniziò a domare i cavalli selvaggi. E dopo una sola settimana, cadde da cavallo e si ruppe le gambe. Di nuovo la gente accorse, dicendo: “Hai dimostrato un’altra volta di avere ragione! Non era una fortuna, ma una disgrazia. Il tuo unico figlio ha perso l’uso delle gambe, ed era l’unico sostegno della tua vecchiaia. Ora sei più povero che mai”.
Il vecchio disse: “Sempre a dare giudizi, è un’ossessione. Non correte troppo. Dite solo che mio figlio si è rotto le gambe. Chissà se è una disgrazia o una fortuna?… non lo sa nessuno. È ancora un frammento, non ne sappiamo mai di più…”.
Accadde che qualche settimana dopo il paese entrò in guerra, e tutti i giovani del villaggio furono reclutati a forza. Solo il figlio del vecchio fu lasciato a casa perché era uno storpio. La gente piangeva e si lamentava, da ogni casa tutti i giovani erano stati arruolati a forza, e tutti sapevano che la maggior parte non sarebbe mai più tornata, perché era una guerra persa in partenza, i nemici erano troppo potenti.
Di nuovo, gli abitanti del villaggio andarono dal vecchio e gli dissero: “Avevi ragione, vecchio: la tua è stata una fortuna. Forse tuo figlio rimarrà uno storpio, ma almeno è ancora con te. I nostri figli se ne sono andati, per sempre. Almeno lui è ancora vivo, a poco a poco ricomincerà a camminare, magari solo zoppicando un po’…”.
Il vecchio, di nuovo, disse: “Continuate sempre a giudicare. Dite solo che i vostri figli sono stati obbligati a partire per la guerra, e mio figlio no. Chi lo sa… se è una fortuna o una disgrazia. Nessuno lo può sapere veramente. Solo dio lo sa, solo la totalità lo può sapere”.
Non giudicare, altrimenti non sarai mai unito alla totalità.
Sarai ossessionato dai frammenti, vorrai trarre delle conclusioni basandoti solo su dei particolari.
Una volta che hai espresso un giudizio, hai smesso di crescere.
Di fatto, il viaggio non finisce mai.
Un sentiero finisce, e ne inizia un altro.
Una porta si chiude, e un’altra se ne apre…
Tratto da un racconto di Osho
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diceriadelluntore · 5 months ago
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Alto Bordo
Come mi ero promesso, ogni trimestre sto recuperando un classico in lettura. Martedi ho finito di leggere La Signora Delle Camelie di Alexandre Dumas Figlio. Pubblicato nel 1848, capolavoro della letteratura dell'Ottocento, Dumas racconta la storia d'amore tra Marguerite Gautier e Armand Duval, un affresco incredibile, e dai tratti molto moderni (soprattutto per quanto riguarda il carattere e le idee di Gautier, tanto che all'epoca fece scandalo e trascinò il romanzo ad un tumultuoso successo) di quel demi monde del tempo, cioè un ambiente sociale corrotto e che ostenta gli atteggiamenti propri di un ceto elevato (lo stesso Dumas scrisse una commedia nel 1855 dallo stesso titolo, e fu lui l'inventore di questo termine).
Più che la storia, celeberrima anche perchè Dumas ne ricavò un'opera teatrale in 5 atti e Giuseppe Verdi ne musicò una versione su libretto di Francesco Maria Piave, La Traviata (1853 la prima rappresentazione) considerata il suo capolavoro e che fu tratta direttamente dalla trasposizione teatrale di Dumas e da allora una delle opere liriche più famose e rappresentate del mondo, c'è un particolare meno noto.
A fine libro Dumas scrive: "...scrissi questa storia esattamente come mi era stata raccontata. Essa ha un solo merito che le sarà contestato, quello di essere vera". Non è solo un espediente narrativo, ma è davvero la realtà: Dumas infatti si ispirò alla sua relazione con Marie Duplessin per il personaggio di Marguerite. Eccola in un bellissimo quadro dell'artista Édouard Vienot
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Nata poverissima in Normandia, fu presto abbandonata dalla madre. Il suo vero nome era Alphonsine Rose Plessis, e quando arrivò giovanissima a Parigi, lavorando come sarta, un negoziante, per cui lei lavorava, nel 1839, quando ha solo 15 anni, diviene il suo primo amante. Inizia così una scalata sociale incredibile, in pochi mesi diviene l'amante di personaggi sempre più illustri e la protagonista delle serate mondane parigine. Cambia nome in Marie Duplessis, in cui l'aggiunta del du al cognome d'origine, conferisce un tocco aristocratico, impara non solo a leggere e scrivere (arriverà ad avere una biblioteca enorme) ma anche a suonare il pianoforte, diviene l'amante di uno dei più potenti aristocratici parigini, e fece scandalo incredibile la sua relazione con Agénor de Gramont duca di Guichem, che innamorato pazzo di lei si fa vedere ovunque con Marie, tanto che la famiglia, scandalizzata dalla frequentazione di tale personaggio, gli impone di lasciare Parigi. Con Dumas, ebbe una relazione di circa un anno, dal settembre 1844 all'agosto 1845. Alexandre e Marie trascorrono un periodo insieme in campagna a Saint-Germain-en-Laye, un piccolo comune dell'Ile de France a poca distanza da Parigi (episodio che verrà replicato identico nel libro, quando Armand e Marguerite vanno a Bougival, paesino che diventerà una sorta di mito dei dintorni di Parigi per il romanzo e perché buen ritiro dei maggiori pittori impressionisti). Dumas la lascia con una famosa lettera, che esiste ancora, dopo l'ennesimo tradimento. Tra gli amanti famosi, anche il compositore Franz Listz, il conte svedese von Stakelberg, ambasciatore a San Pietroburgo e il conte Édouard de Perrégaux col quale convola a nozze a Londra nel 1846. Travolta dai debiti e soprattutto debilitata dalla tisi, muore il 3 febbraio 1847. Ai suoi funerali partecipa una folla enorme e la vendita all'incanto dei suoi beni, disposta per risarcire i numerosi creditori, vedrà i partecipanti strapparsi di mano, con morbosa attrazione, gli oggetti andati all'asta, e tra i pezzi forti le opere prime di famosi romanzi dell'epoca firmati per lei dai più grandi autori (anche questo fatto ripreso pari pari nel romanzo). Aveva passione per i gioielli, per le stole di pellicce, per i cavalli e soprattutto per le camelie, sempre presenti nel suo appartamento: spesso rosa e bianche, rosse quando non poteva ricevere i suoi amanti.
Marie Duplessis è la più famosa delle lorette: il termine fu coniato dal giornalista Nestor Roqueplan in un articolo del 20 Gennaio del 1841 su uno dei primi giornali autoprodotti, una cosiddetta Nouvelles à la main, che aveva indicato le cortigiane con un certo gusto e stile con questo termine, preso in prestito dalla Chiesa della Madonna di Loreto (Notre Dame De Lorette, nel IX arrondissement.
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Lì si radunavano le giovani donne con stile, che si contrapponevano alle grisette (le sartine), che popolavano il quartiere latino, che erano ragazze che vivevano fuori dalla famiglia che accettavano regali dagli uomini di ceto sociale più elevato, senza necessariamente prostituirsi: grisette deriva da quello di una stoffa adatta da lavoro, con la quale si confezionavano vestiti di basso valore, spesso di colore grigio. È interessante come dei toponimi indicassero in maniera elegante un mestiere che sebbene all'epoca niente affatto scandaloso, veniva "nascosto" perchè in società non si poteva dire.
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ninfettin · 8 months ago
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minuti di silenzio per il tipo entrato a 5 minuti dalla chiusura che mi chiede "com'è quel libro?" e io letteralmente boh "vabbè lo prendo, sarà comunque bellissimo, mi sono dimenticato il regalo per mia moglie, l'importante è il pensiero. mi fai il pacchetto regalo??"
e io che copro il prezzo sul retro, ma solo adesso realizzo che non ho tolto l'adesivo 9,90 sulla copertina
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ninoelesirene · 10 months ago
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A volte mi sono chiesto quando avrei avuto indietro le mie cose.
Insieme all’amore, condividiamo il luogo preferito, il libro preferito, gli scherzi, le espressioni e i vezzi preferiti, le canzoni preferite, persino il profumo preferito. Così il mio mondo ha smesso di contenere me soltanto, diventando nostro. Io per primo sono diventato nostro; e ogni cosa che amo ha acquisito un significato più complesso.
Ho capito, nel tempo, che l’amore vero fa sentire integri, ma non è integrità. Al contrario, accumula sbavature, cedimenti e macchie, che lo rendono bellissimo e lo equipaggiano per durare. Un amore autentico fa sentire interi perché accoglie l’imperfezione come influenza reciproca. Non solo comprende in sé l’idea di una simmetria impossibile, ma, non smettendo di tendere ad essa, ne fa la ragione della sua esistenza, il suo costante alimento. E diventa osmosi. Del resto, forse ci baciamo perché proviamo e riproviamo a combaciare. Così ci mischiamo i confini, che credevamo destinati a restare impermeabili.
L’amore potrà non durare per sempre, ma la contaminazione che ha generato lo farà. Ed è questo a dargli valore, nel presente e in assoluto.
[Volevo quel tatuaggio, ma, in fondo, non mi serve]
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gregor-samsung · 4 months ago
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" Un tramonto nel patio vicino a mio nonno che mi legge un libro bellissimo. Il primo bacio, su un treno che correva verso sud. L’aria profumata di tigli sul volto, uscendo dall’ospedale dopo una malattia. Un campo di girasoli attraversato insieme a mio figlio. Tutte queste ore chiedono esitanti se sono state la più felice, ma io so bene che posso ricordarle ma non posso sceglierne una. Non pensare o viaggiatore che questo complesso labirinto possa incrinare ogni gioia passata, presente o futura, mescolando tutto in una inevitabile attesa. Voglio solo che tu rifletta, come uno specchio, tutte le ore che per te sono state quest’ora. Non per un esercizio mnemonico, o letterario ma per trovare, nella tua vita, più felicità di quanto ritieni di averne avuta. "
Stefano Benni, L'ora più bella, Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, 2012.
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omarfor-orchestra · 1 year ago
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Probabilmente non fregherà a nessuno ma a me sì quindi caricherò il video
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ilsalvagocce · 1 year ago
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ieri mi vestivo
e cercavo abiti per un incontro di lavoro fuori, che durava tanto e che prima mi faceva viaggiare, che poi magari era freddo, ma mica è detto, e io nella mia torre d'avorio non son abituata a farne stile motivo giustezza, perché lavoro da me, allora poi ho scelto gli anfibi
quando mamma stava in ospedale, per due mesi ho indossato le stesse scarpe anfibie e lo stesso giaccone per salire a piedi in cima alla collina dove stava l'ospedale, perché ci volevo arrivare camminando. non ricordo se fossi cosciente della scelta reiterata, avevo bisogno di arrivarci a piedi e tornare a piedi, tempo per prendere respiro vedere i fiori di marzo il ciglio della strada gli alberi sbocciare, poterle raccontare, all'aria attorno a lei, il tempo del passo passo passo
quegli stivaletti uno penserà ora li odierai, invece quando li indosso sto bene, perché sono padrona del mio camminare del mio andare
sopra avevo sempre un giaccone della decathlon, che uno dice hai 5 cappotti, metti il cappotto, no io dovevo affrontare la bufera freddo e caldo, mascherine e non, sale d'attesa, seggiole plastica e lettini, scale ascensori pioggia e sole, cuscini viste occhi chiusi occhi aperti, io arrivavo a piedi, tornavo di giorno tornavo di sera con la zainetto e il giaccone andavo come un randagio, bellissimo, con la sua casa cespuglio sulle spallette. anni fa avrei detestato quella giacca, poco cangiante, poco femminea, ora mi sembra la cosa più calda più giusta, la cosa più forte più me
e poi sulle spalle quello zainetto di stoffa con un cervo ricamato bastava per tutto per avere tutto, un libro su nina simone da leggerci, una mela, una bottiglia d'acqua matite un taccuino lacrimato ma vivo più che mai
da allora, nel tempo fresco e freddo una di queste 3 cose per stare bene io le voglio indossare, mi basterebbero solo loro, ma per una caleidoscopica lista di motivi poi non puoi, non lo fai mica
però quando calzo quegli stivaletti ho i piedi caldi come le radici trasportabili, quando ho addosso la gran giacca col cappuccio posso sentire la forma di tutti i venti, con quello zaino artigiano ho sulle spalle il mio necessario vivo, e ora, di tutte queste cose, io ti leggo, ricevo, ma black friday cosa vuoi che ti dica
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canterai · 4 months ago
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Innamorata del libraio che mi ha detto che avevo preso un libro bellissimo e mi ha dato la borsa degli adelphi anche se avevo preso un adelphi tascabile e uno no e quindi non sarebbe stato valido l'omaggio.
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benzedrina · 4 months ago
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I primi tempi riuscivo a prendere il treno delle 7.43, timbravo alle 8.50 tipo e cominciava la mia giornata lavorativa. Poi ho virato per il treno delle 7.57, ma aveva più fermate, era più lento e timbravo per le 9.14 circa. Infine ho optato per questo bellissimo treno delle 8.14, regionale veloce, rapido e caotico, e timbro per le 9.17. Come treno è "l'ultimo disponibile", se lo perdo, e mi capita, devo chiedere un permesso per entrare più tardi perché sicuramente timbro per le 9.40. Stessa cosa per la colazione, prima facevo le cose con calma, ora, a distanza di qualche mese, è tutto concentrato. Mi sveglio alle 7.30-7.35 dopo tredici sveglie diverse (giuro) e nel giro di 30 minuti faccio colazione, vado in bagno, mi doccio, preparo lo zaino (mai farlo la sera prima, porta sfiga), riempio la borraccia, prendo il pranzo, e boh, altre cose. Il treno, ormai, lo prendo di corsa. Sono 3 settimane che alle 8.12 tipo vedo il treno arrivare in stazione e inizio a correre. 3 settimane non è casuale o saltuario, ormai è abitudine. Corro, arrivo in stazione, la porta apre al solito posto, entro in treno e lui parte. Insomma come tutte le cose della mia vita, parto benissimo e finisco per vivere al limite. Se solo mi avessero messo un po' di ansia, me la vivrei, forse meglio.
Una volta ho letto un giallo giapponese e loro, wow, sono fissati con gli orari dei treni. Infatti il libro era tutto incentrato su delle incongruenze di minuti su dei treni. Lessi le recensioni di chi l'aveva letto e non erano felic. Lo capisco, a me era piaciuto un botto perché trovavo gli orari avvincenti, lo scandire del tempo lo leggevo come se fosse presente, ma effettivamente era un giallo sugli orari dei treni.
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