#apollineo
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Nel primo periodo della sua vita, Nietzsche lesse Schopenhauer e incontrò Wegner, con cui strinse una profonda amicizia. In questa fase parlò della tragedia greca e dell'esistenza di due principi: Apollineo e Dionisiaco
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foto di Wendy Van Zyl
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Posologia: ricalcarlo cinquanta volte al dì per un anno e alla fine verrà ad occhi chiusi.
David (Michelangelo)/1
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Appunti nietzschiani
Se non ora, quando? Era questo il momento di riprendere Nietzsche attingendo dall'originale invece di farselo spiegare sempre per interposta persona. Ho portato a termine la lettura de La Nascita della Tragedia e mi sono talmente immerso nell'esperienza estetica, immerso nel clima del romanticismo tedesco, che pur con questo caldo mi è spuntata una redingote e tuttavia anche un chitone corto al ginocchio, alla moda di Odisseo. In questo libro è il giovane professore universitario Nietzsche che scrive con lo sguardo rivolto a Wagner e a Schopenhauer, la tesi è che la bella tragedia attica di Eschilo e Sofocle emerga dallo spirito musicale di Dioniso mediato dal necessario contrappunto logico-formale dell'apollineo. Dionisiaca è dunque la pura intuizione artistica, l'infinita forza vitale da cui tutto sgorga in grado di mettere in relazione l'individuo con il Tutto (in pratica la Volontà di Schopenhauer), apollineo è il moto intellettuale che racchiude quell'infinito nella bella forma codificata. Ma ahimè, a un certo punto giunge un corruttore, un distruttore di quell'eccellente equilibrio, il suo nome è Socrate.
"il prototipo dell'ottimismo teorico che, con la menzionata fede nell'attingibilità della natura delle cose, concede al sapere e alla conoscenza la forza di una medicina universale e vede nell'errore il male in sé." "Perfino i fatti morali più sublimi, i moti della compassione, dell'abnegazione, dell'eroismo [...] derivano secondo Socrate e i suoi seguaci o simpatizzanti fino ad oggi, dalla dialettica del sapere, e sono considerati in conformità come apprendibili."
Quella di Socrate è dunque la corruzione dell'intellettualismo che limita la disposizione alla grandezza, un superficiale richiamo alla ragionevolezza che opera in nome del principio morale e moralizzatore, l'eruditismo ottimistico contrapposto alla conoscenza tragica vissuta sulla pelle dal greco antico.
Qui Nietzsche, egli stesso ottimista, non nasconde però la sua speranza che il vero spirito tedesco si stia infine risvegliando, incorrotto nella sua grandezza e portatore di antichi miti, per mezzo della musica di Wagner, e che essa possa spazzare via tutto il socratismo della vita moderna, speranza vana e come vedremo destinata ad essere disillusa (rottura con Wagner nel frattempo convertitosi al cristianesimo, ennesima emanazione del socratismo).
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“ L’instabilità di Delo, l’isola galleggiante nella quale Latona generò ai piedi di un palmizio i due bambini avuti da Giove, spiega il carattere di Apollo e quello di sua sorella Diana. Bisognerebbe studiare il carattere di coloro che sono nati su una nave: mi maraviglierebbe assai che costoro non avessero un carattere apollineo. Apollo è il più fatuo degli dei olimpii, il più vanesio, il meno significante. Gli Apolli abbondano tra noi. Basta guardarsi attorno: uomini di bella prestanza, con occhi a mandorla e aperti come finestre (ossia che non vedono né di dentro né di fuori), larghi di spalle, stretti di vita, bellissimi e di una inutilità perfetta. Naturalmente non posso fare nomi. Gli altri dei esercitano chi delle professioni, chi come Vulcano pratica addirittura un mestiere. Apollo, questo bellimbusto ingombrante e inetto a ogni occupazione seria, fu fatto musagete non sapendosi che altro fare di lui, cioè a dire conduttore delle muse, una carica che qualunque uomo fornito di un minimo di dignità avrebbe rifiutato con sdegno. Apollo oltre a ciò è il fugatore di tenebre, l’apportatore di luce, il sole in persona. Ma chi assicura che la luce è migliore delle tenebre? Al buio io penso meglio. Viene da Apollo la mania della solarità e quell'aggettivo « solare » che ha l’aria di dire tanto e in verità non dice niente. Rappresentanti di Apollo in poesia sono Giorgio Byron, Shelley, Gabriele D’Annunzio. Pensando alla inutilità di certa luce, si ha voglia di scendere in cantina. Per riabilitare la luce e salvarla dalle troppo vicine compromissioni, Nietzsche inventò l’« oscurità » della luce e che il meriggio è più profondo della mezzanotte. Malgrado ciò, il suo Zarathustra, stretto parente di Apollo, è uno dei personaggi più goffi e mal riusciti della letteratura universale. Vogliamo dire la verità? Apollo è il dio dell’estetismo. Quanto al mondo è più inconsistente, più retorico, più isterico, lo ha eletto suo dio. Noi siamo per il serpente Pitone. La rappresentazione plastica riflette questo carattere di Apollo, superficiale e privo di consistenza. L’Apollo cosiddetto del Belvedere, è il ritratto di un giocatore di golf. “
Alberto Savinio, Nuova enciclopedia, Adelphi (collana Biblioteca, n° 70), 1ª edizione 1977. [Libro elettronico]
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A chi cazzo parlo io? A chi cazzo scrivo io?
Libri, poesie, raccolte di pensieri custoditi in segreto tra i miei file personali, che nessuno ha mai letto e che mai nessuno leggerà.
Quanto tempo ancora posso resistere a vivere così, nascondendo dentro di me l’intero universo del mio essere. Estraniarmi da tutto e da tutti, rifiutare il confronto ed il contatto umano. Ho un mondo dentro da sfogare ma nessuno a cui raccontarlo. E forse stavolta sì, stavolta cerco un pubblico. Perché inizio a stancarmi del mio in-vivere. Inizio a stancarmi di iniziare a vivere la vita che voglio solo quando chiudo gli occhi ed mi apro all’immaginazione.
Anzi ultimamente non riesco neanche più a immaginare. Ho bisogno di andare via. Di fuggire da me stesso, di avventurarmi altrove fuori da me, di abbandonare il porto della mia vita, fatta di piccole certezze, ancorato alla mia pragmatica educazione originaria e salpare per l’ignoto. Non resisto più. Ho visto la mia natura e non è quella che la mia educazione mi ha imposto. Io continuo a vivere secondo i dettami della mia formazione personale e del mio ambiente ma non è quello sono. O per lo meno non è più quello che sono adesso.
Io sono un martire e un pirata, il testimone silente e imperturbabile del mio dolore e della mia sofferenza ed il demonio che gode nel consumarmi e che si spinge oltre il limite della moralità. Io sono l’incarnazione dello spirito apollineo, il più fedele servitore della ragione, di una regola che non conosce eccezioni, ma sento esplodere dentro di me quella componente impulsiva, quell’istinto indeterminato ed indeterminabile che non riesco a soggiogare tra i ranghi della mia razionalità intransigente e che sfocia nel più dissoluto bisogno sessuale e perverso, quello spirito dionisiaco che più mi nego e più mi consuma interiormente.
Io sono io ma quando sono me stesso non sono mai del tutto me stesso. Ed ho bisogno invece di essere quel tutto di me stesso. Di accogliermi nella mia totalità. E se non riesco ad aprirmi al tutto allora posso solo lasciarmi morire figurativamente e materialmente giorno dopo giorno…
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Il 17 novembre del '66 nasceva Jeff Buckley,
Grande poeta e voce indimenticabile
Ecco: nel rock Jeff Buckley è stato forse l’ultimo a restare nel vertiginoso equilibrio tra forma e vita, assolutamente riconoscibile, trasparente e assimilabile e allo stesso tempo capace con la sua voce di meravigliare, stupire, ipnotizzare accordo dopo accordo, strofa dopo strofa, ritornello dopo ritornello. Classico, in perfetta sospensione tra storia e vita, tra apollineo e dionisiaco si direbbe. Insomma, una delle ultime volte in cui il rock è stato Arte allo stato puro
❝ La mia musica preferita è quel genere di musica capace di fermare il tempo. La musica è un filo diretto che ti collega alle persone. (...) Mi piacciono certi accordi sospesi. Mi piace che la chitarra abbia una vena di mistero ❞ (Jeff)
Atlantide
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EVENTI - di Gianpiero Menniti
L'ORIGINE DEL TEATRO GRECO E L'IRRAZIONALE
A Squillace, borgo di antichissime origini, ai primi di settembre. Racconto le "Origini del teatro greco" e la connessione con l'irrazionale, il caos primordiale che ne avrebbe ispirato la fondazione. Ecco uno stralcio della conferenza:
«Il mondo greco al quale con crescente approssimazione si fa appello frequentemente, per indicare l’origine della civiltà occidentale e dunque del nostro modello culturale, era ben lontano dalla rappresentazione che se ne fa ai nostri giorni. La nostra civiltà, intrinsecamente cristiana, ha certamente attinto, in molte forme (linguistiche, mitico-letterarie e rituali, politiche e sociali, scientifiche e filosofiche) a quella non consueta civiltà. Tuttavia, il “noi” contemporaneo è immemore delle limpide e coraggiose acquisizioni dell’uomo greco, del suo attestarsi su una linea di separazione tra l’evidenza caotica dell’esistenza e i tentativi di fornirla di un modello razionalmente adeguato. Di più: il caos non è l’effetto ma l’origine, la condizione primigenia, l’informe infinito della materia che preesiste e che preclude ogni conoscenza: questa è figlia del determinato e non ha alcuna possibilità di designazione dell’indeterminato. Non ha linguaggio, non ha parola, non possiede alcun segno. Se non un sussulto. Il sussulto che la lunghissima, ancestrale tradizione dei miti e dei riti eleusini ha tramandato oralmente fino a VII – VI secolo a.C. ma a partire da almeno 1500 anni prima nel contesto inattingibile della tradizione orale. Tradizione orale coperta dal segreto dell’origine che solo il racconto dei miti poteva parzialmente rivelare come in una lenta e attenta marcia di avvicinamento alla verità terrificante dell’informe. La consapevolezza di un disordine originario non è rassegnazione ma, paradossalmente, razionale costruzione di un ordine che contempla il suo contrario. E con esso convive. In questa condizione originaria e incontrovertibile, nasce il “sacro”, il separato che, tuttavia, abita gli abissi della natura fenomenica e della natura umana. Così, nasce anche il teatro - dal gr. ϑέατρον, der. del tema di ϑεάομαι «guardare, essere spettatore» - come rivelazione di questo stato di coesistenza, il celebre modello di relazione tra dionisiaco e apollineo di Nietzsche. Ma l’origine della tragedia greca – la prima forma di teatro – non è come si potrebbe immaginare, nella scena, nella skenè (σκηνή) che racconta le vicende del dramma: la tragedia nasce dal coro, dal coro dei satiri che irrompono dai parodoi con urli e canti, al ritmo di danza. Metà uomini e metà bestie, i satiri incarnano la mimesi di ciò che è ormai memoria, del passaggio dell’uomo dalla selva alla condizione dell’essere consapevole. Consapevole di cosa? Soprattutto della sua finitezza, della morte, del cadavere che inerte può essere vinto solo dal suo contrario, dall’arte che è vita, che per questo è gioia, è danza, è canto, è parola, è unità “corale” del flusso e dell’energia che anima gli esseri umani distanti dalla loro insormontabile caducità. Il coro è dunque il protagonista della tragedia, il coro che evoca il dio, Dioniso, che non a caso è il dio della vita e della morte, del maschile e del femminile, del divino e del bestiale: la sua è una natura incessantemente polimorfica. Incarna, dunque, il caos dell’inizio, il caos che non possiede storia, che non possiede Chronos ma che si attesta in una sorta di Kairos infinito, nell’istante senza tempo. Il canto ditirambico dei satiri è l’effetto di quel sussulto ancestrale e dell’ingresso nella vita che da quel momento “conta” il tempo, che accoglie l’esistenza come atto collettivo, corale, che a questa dimensione pre-consapevole vuole tornare sapendo che non c’è possibile ritorno se non nella mimesi della danza, della parola, della rappresentazione che colma la scena lasciando ai satiri l’altare posto in basso nello spazio dell’orchestra, in un “mondo altro” che tutto ha preceduto e che solo il ricordo, il riportare al cuore, può rendere vivida espressione nella malinconia della mimesi, stratagemma del sopportabile fino alla sua trasformazione nell’estasi dell’evocazione del Dio.»
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A cosa pensi?
A un enorme puzzle perfetto, di quelli che li fai una volta e poi li metti in cornice. Che tristezza mi hanno sempre fatto, presunti capolavori che la volontà altrui ha costretto nelle due dimensioni. Quanta energia viene spesa a intrappolarli, perché siano gradevoli, rassicuranti, centrali quanto basta per compiacere, periferici a sufficienza per non disturbare.
A cosa pensi?
Penso a un enorme puzzle perfetto che un giorno ho buttato all’aria. “Chi non crea mai problemi non esiste”, mi hanno detto. Eppure fa ancora così male non essere apollineo e rieducarsi a dire, chiedere, gridare. Serve davvero esplodere per essere raccolti con amore e ricomposti? Per trovarsi?
A cosa penso?
Penso a un puzzle che ha negato la sua natura frammentaria, a lungo schiavo dell’integrità. Ho compassione di ogni tassello, di quelli che giacciono a terra, di quelli calpestati per errore, a volte ridotti in polvere. Mi commuovo per i pezzi che restano e ringrazio sempre per quelli che non torneranno più.
#ninoelesirene#pensieri#frasi#persone#riflessioni#sentimenti#letteraturabreve#emozioni#aforismi#puzzle
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“Il pazzo, l’amante e il poeta non sono composti che di fantasia”
Sogno di una notte di mezza estate, William Shakespeare.
Una brillante commedia tra ragione e istinto, tra apollineo e dionisiaco, tra immaginazione e realtà.
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Segnalo "Le grandi opere" di Nietzsche della casa editrice Mammut, dov'è possibile trovare diverse opere di questo autore. Tra queste:
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-"La nascita della tragedia" pubblicata nel 1871. Il mondo appare, inizialmente, dominato dal Caos fino all'arrivo degli dei dell' Olimpo. Centrali sono due divinità: Apollo e Dioniso che rappresentano l'uno la scienza e l'altro lo spirito irrazionale. Nietzsche chiamerà questi due principi, in armonia tra loro, Apollineo e Dionisiaco. Con l'avvento di Socrate (considerato un moralista che condanna gli impulsi) ed Euripide (che traspone la filosofia di Socrate tramite la sua arte) si negò la realtà Dionisiaca e si esaltò l'altra e, dopo numerosi periodi di alternanza, tale armonia venne meno. Ma la vera decadenza dell'umanità sopraggiunse con l'avvento del cristianesimo che non fa altro che mortificare la vita. Nonostante la sua avversione al cristianesimo, Nietzsche elogia la figura di Gesù, ossia un libero pensatore che critica i dogmi
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-"La filosofia dell'età tragica dei Greci" del 1873. Qui, Nietzsche elogia i presocratici per la validità del loro pensiero e della loro personalità e accusa Aristotele di aver tradotto il loro linguaggio nell'ottica del pensiero apollineo
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-Nello stesso anno viene pubblicato "Verità e manzogna in senso extramorale" in cui distingue l'intelletto calcolante (tipico dell'uomo razionale) e l'intelletto artistico (proprio della filosofia presicratica) al fine di mettere in discussione non solo la scienza, ma anche la capacità umana di avere una missione che trascende la vita umana
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Apollineo - Il nuovo singolo “Fiori”
Il brano dell’artista sugli stores digitali e dal 3 giugno nelle radio
“Fiori” è il nuovo singolo del cantautore Apollineo, disponibile da lunedì 3 giugno e che anticipa il suo primo EP dal nome “Euforìa”, in uscita il 9 giugno su Spotify e sui principali stores digitali. Il brano sarà nelle radio in promozione nazionale. Scritta e composta da Apollineo, registrato e prodotto al Blue Moon Studio di Firenze, il brano ha uno stile cantautorale, unito alle nuove sonorità della scena rock, rap e indie, con una forte carica emotiva. Fiori è la consapevolezza, la rabbia e l’accettazione di vivere in un mondo infelice, poco umano, tanto da ridurre chi lo abita ancora più infelice.
“A far la pace comincia tu” si legge nella canzone; è proprio questo il fulcro di “Fiori”: il bene genera bene, l’amore provoca amore, l’euforia suscita euforia. La violenza induce violenza, il male causa altro male, il sopruso solleva altri soprusi. Alla violenza regala un fiore, alla censura urla ancora più forte, non lasciare mai che qualcuno ti dica cosa fare, balla con i tuoi piedi, ama tutto e tutti, trova la tua libertà: questo è “Fiori”.
Ascolta il brano
Curiosando sull’EP
Il primo EP di Apollineo dal nome “Euforìa”, uscirà domenica 9 giugno su Spotify e su tutte le piattaforme digitali. Registrato e prodotto al Blue Moon Studio di Firenze (studio che ha ospitato artisti come Cecco e Cipo, Dente, Roaman) l’intero EP ha uno stile cantautorale, unito alle nuove sonorità della scena rock, rap e indie. “Euforìa”, il cui nome richiama lo stato di benessere psichico, di esaltazione, di fertilità, è l’arma di cui bisogna servirsi per schiaffeggiare questo mondo pieno di violenze, soprusi, paure e disuguaglianze.
Storia dell’artista
Apollineo è un cantautore e compositore italiano. Una passione così forte per la musica che lo porta a soli sei anni a studiare teoria musicale e fisarmonica, imparando negli anni a seguire, da autodidatta, tastiere e chitarre. La sua passione principale però resta il canto e la scrittura che non abbandona mai, tant’è che all’età di 15 anni pubblica i suoi primi singoli, componendo da solo musica e testi. Attualmente vive a Firenze e dal 2017 si esibisce continuamente nei locali di musica dal vivo italiani con i musicisti della band Betimot: Antonio (chitarra), Stefano (chitarra), Simone (percussioni), Manuel (basso).
Instagram: https://www.instagram.com/a.pollineo?igsh=NTRmZm01OGJ0ajUx
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CRISTO APOLLINEO: Il "Cristo Apollineo, il buon pastore," risalente al III-IV secolo d.C., è una statua in marmo bianco scolpita a tutto tondo. Quest'opera rappresenta Cristo secondo l'iconografia cristiana, che inizia a essere rappresentato in molteplici sfaccettature, tra cui quella di pastore e docente. Ritrovata a Roma, la statua è attualmente conservata nei Musei Vaticani. L'autore di questa scultura rimane sconosciuto.
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Il primo Nietzsche: La Nascita della Tragedia
(dove si mostra un Nietzsche ancora mondano e si spiega l'apollineo e il dionisiaco)
Quando il giovane Nietzsche pubblica la sua prima opera, La nascita della Tragedia, non è ancora il Nietzsche solitario e ombroso che si e rinchiuso nella caverna a rimuginare sulle sue dirompenti dottrine (la ridiscesa fra gli uomini dell'illuminato filosofo viene descritta molto allegoricamente nello Zarathustra), ma è il giovane e promettente professore che è stato onorato dell'amicizia del grande vip Richard Wagner e di sua moglie Cosima, nata a Como come Francesca Gaetana Cosima Listz dalla relazione adulterina del compositore Franz Listz con la contessa e scrittrice francese Marie d'Agoul. Il taccuino di Nietzsche annota una lunga serie di impegni mondani, contesse e donne di lettere se lo contendono a suon di inviti nei salotti buoni dell'alta società.
Ma Nietzsche già allora è portatore di idee dirompenti (almeno relativamente al ristretto mondo accademico e dei salottini intellettuali), tanto che l'amico Wagner (allora ancora amico) si sente in dovere di metterlo in guardia: "Ella ha colpito nel giusto! [...] Ma mi preoccupo per lei, e mi auguro con tutto il cuore che Ella non abbia a rompersi il collo."
Ne La nascita della Tragedia Nietzsche mette in bella copia un'idea che aveva precedentemente introdotto in una serie di corsi universitari, l'idea che la tragedia attica e la cultura greca siano percorse dal dualismo di due spiriti, l'apollineo e il dionisiaco. Il dionisiaco non è ancora qui l'unico predominante ma è l'elemento che fa da contrapposizione necessaria all'altrettanto necessario spirito apollineo.
Apollineo è lo spirito della razionalità, del limite, della giustizia, che ordina l'impulso caotico inscrivendolo nella bella forma; Dionisiaco è invece lo spirito primordiale della natura, impetuoso e crudele, non mediato e quindi genuino, non contraffatto.
La tesi è che la tragedia attica di Eschilo (Prometeo) e Sofocle (Edipo) esprime il momento magico in cui l'uomo greco guarda dentro tutto il dionisiaco dramma della vita e lo accetta virilmente senza pessimismo, anzi elevandolo a forma artistica eccellente attraverso la pulsione ordinatrice dell'apollineo: "Questo impulso titanico a divenire per così dire l'Atlante di tutti i singoli e a portarli sul largo dorso sempre più in alto, sempre più lontano, è l'elemento comune fra il prometeico e il dionisiaco. Il Prometeo di Eschilo è sotto questo aspetto una maschera dionisiaca, mentre nella profonda tendenza alla giustizia già accennata Eschilo rivela a chi comprende la sua ascendenza paterna da Apollo, dio dell'individuazione e dei limiti della giustizia. E così la duplice essenza del Prometeo eschileo, la sua natura insieme dionisiaca e apollinea, potrebbe essere espressa in forma astratta così: "Tutto ciò che esiste è giusto e ingiusto, e in entrambi i casi ugualmente giustificato"." (La Nascita della Tragedia, 9)
Ma ahimè, questa sublime forma d'arte, vera e propria parentesi celeste, viene meno con il prevalere del socratismo, con il quale si fa largo l'idea che il tumulto della vita possa essere risolto facendo ricorso alla sola apollinea ragione, capace di spiegarne e governarne moralmente ogni suo aspetto. Qui si avverte dunque un decadimento, sostiene Nietzsche, una negazione della vita nei suoi aspetti più genuini (negazione del dionisiaco) che si esprime dapprima nella tragedia di Euripide, scassinatore della bella tragedia attica, e poi, come è risaputo, nella religione cristiana.
E questa, in buona sostanza, è la base di tutto il pensiero di Nietzsche.
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31.03.2024
Il dibattito sull'arte nell'epoca del rigurgito contemporaneo, che nel bel mezzo di una crisi estetica di identità e ideali non fa altro che reiterarsi e rivomitarsi, in un rifiuto del progresso e dell'innovazione per motivi, per mano di taluni artisti i quali, calpestando vergognosamente chi prima di loro già guizzava di spirito creativo (iperrealtà surrogata), è pura discussione tecnica. Si sono persi di vista i modelli culturali a favore di una supposta ricerca di maniera, appunto, la cui diegesi concettuale è, codardamente, intrinseca nell'oggetto stesso, recuperato ed utilizzato per dipingere, scolpire, completare un'installazione eccetera. L'opera si fa, insomma, da sè; l'artista è un carrier, un tramite per un'arte che, anche senza di lui, esiste. (Tutto ciò, beninteso, senza considerare il valore del sistema e della sua sovrastrutturale funzione giustificatrice e storicizzante.)
Urge quindi inventare nuove tecniche per le quali non esista metro di giudizio, un mondo tutto proprio, nuovo, che faccia da spartiacque tra il prima e il dopo, che sia riconoscibile e, al tempo stesso, completamente alieno. E l'artista, in questo, è un fantoccio che a malapena riesce a controllare il gesto. Ma è ancora possibile?
Se da una parte è arrivati all'esacerbazione tecnica, dall'altra, invece, si è giunti all'esacerbazione contenutistica che, in un cortocircuito ossimorico dato il sistema economico, è sforato nella più pura pulsione emotiva.
Nel momento in cui l'artista, che sia stata per sua spontanea volontà o voluto dal sistema, ha rigettato il proprio fondamento e obbligo culturale e intellettuale, facendo staffetta del proprio dovere ermeneutico nei riguardi del concetto con i curatori, i critici e gli spettatori, arrogantemente e ingenuamente, dando a loro il doveroso compito di tirare fuori un senso dal prodotto artistico necessariamente derivativo, grattando significati un poco di qua un poco di là senza vergogna, processo compiuto sia dai mestieranti in basco e pennello, sia chiaro, sia dagli pseudointellettuali che seguono le stesse retoriche a matrice, l'emozione diventa fondamentale metodo e condizione di esistenza dell'opera d'arte.
Alla luce di queste affermazioni:
tutto è tecnica perché tutto il resto viene a mancare, che si voglia che venga a mancare o perché viene a mancare e basta. Tant'è che gli artisti, quelli grossi, hanno intorno a sé artigiani, maniscalchi e garzoni a fare per loro. Come per l'olio su tela di Munari, l'arte rappresenta quello che è. Estetismo.
il sentimento è la nuova chiave di lettura, pigra e imprecisa, per valutare la qualità di un'opera d'arte e la sua efficacia. Il contesto viene a mancare e tutto diventa, inevitabilmente, immortale.
Il concetto (unione di dionisiaco e apollineo, il Sentimento di Croce), in realtà, anche se spesso presente, è estremamente risicato poiché lasciato alle mani di quei due scribacchini che dopo aver leggicchiato Galimberti o ascoltato Recalcati sono convinti di poter parlare di estetica.
Tutto deve arrivare necessariamente, nell'epoca della spettacolarità, a sorprendere e tale processo di sorpresa non può che, immediatamente, innescare un forte battito emotivo che fa da lente a quella stessa indagine tecnica che adesso, a prescindere dalla qualità o inventiva, sarà immediatamente corrotta da un'analisi priva di rilettura. Esacerbazione della tecnica classica ed esacerbazione del sentimento immediato di derivazione romantica. L'opera deve generare un certo tipo emozione pura, coinvolgere e intrattenere, catturare lo spettatore attraverso le proprie manifestazioni più pure con la propria maestria tecnica, scenografica, pura bellezza apparente.
In questo dualismo di estremi, per il quale si lascia all'artista la produzione asettica e a tutti gli altri tutto il resto (dove la critica, se ancora si ascolta, ti dice cosa guardare oppure no, cosa apprezzare oppure no, o comunque lo fa l'altro basandosi sui proprio fallacei metodi di giudizio), si crea nuovamente un dubbio di parti ipocrita e inconcludente per il quale l'opera è già immortale nel momento in cui nasce poichè il suo concetto si evolverà in funzione del suo contesto storico e culturale (restando sospeso sopra questo per via del suo limbo estetico cacofonico) e al tempo stesso estremamente frugale ed effimera poiché sarà solamente l'emozione di quel singolo momento a venire considerata.
Il concetto, quindi, di derivazione razionale, l'apollineo tra i due dionisiaci, viene a mancare poiché:
nell'epoca della riproducibilità massificata e della perdità della razionalità tanto cara al progressismo positivista e al pragmatismo, come può, dalla pura tecnica, derivare una così feroce spinta emotiva?
Tutto ciò scritto senza considerare le varie discussioni sulla soglia dell'attenzione, sulla spettacolarizzazione, sulle vetrine sociali eccetera.
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I COMANDAMENTI PAGANI
a cura di Alexander Malato Palermo Le Massime del Santuario Apollineo di Delfi, tramandateci da Stobeo, incarnano i principi etici e spirituali che hanno plasmato la società greca per millenni. Questi insegnamenti antichi ci sbattono in faccia la realtà che concetti come giustizia, moderazione, il sacro rispetto per il divino, e il cruciale valore della conoscenza e dell’autodisciplina sono…
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"Items", seguita ribadire Ansel Adams nel prezioso filmato d'epoca le cui autorialità sono accluse a questo articolo.
"Items", e giù elencare.
Dal grande al piccolo formato.
Una moltitudine di lenti.
Ponderosi accessori.
Esposimetri anche a periscopio.
Uno scartafaccio a tre anelli per segnare proprio tutto, di ogni singolo scatto.
Addirittura "two hundred feet of cables".
Per portare in giro tutta quella roba, una "eight passengers limousine".
Poi passerà ad una giardinetta, ma sempre con la piattaforma "abitabile" sopra.
Ma occorre arrivarci, all'automobile, e poi lasciarla.
Nel farlo, trascina i carichi come un musicista le strumentali custodie.
Ed Ansel Adams lo era, musicista.
Principia - sta davvero suonando - con Skrjabin, termina con Bach.
Quasi il dionisiaco versus l'apollineo.
Il presentatore afferma che gli standard operativi di Adams non sono dissimili da quelli di un architetto o di un ingegnere.
Ed infatti Ansel inizia al pianoforte con il russo dionisiaco e finisce con il tedesco apollineo, scrivevo.
Finisce con Sebastian perché sono tutti e due architetti/ingegneri, già lo vedevamo con la scientificità nell'impiegare l'attrezzatura.
Ma è anche poeta, Ansel.
Sì, come il dionisiaco Alexandr Nikolaevic Skrjabin.
Perché ad un certo punto dice:
il musicista è il più espressivo degli artisti, ma anche il fotografo può attingere "endless horizons of meaning", quando è sensibile.
Sì, infiniti orizzonti di significato.
Così, via tutto.
Via tutti gli "items", quelli che Ansel puntigliosamente enumerava.
Sì, è anche un poeta, Ansel.
Non saper fare, non si può.
E qui siamo a Bach.
Senza saper sentire, non si vola.
Questo è Skjabin.
Adams, i due compendia.
All rights reserved
Claudio Trezzani
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