#ancora non ci credo davvero
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la consulente di crescita sul lavoro che mi è stata affidata (non ho ancora capito ma io credo sia una psicologa anche se lei dice di no ma tant'è) mi ha fatto fare quei test che ti fanno anche quando vai dallo psichiatra per la diagnosi di eventuali disturbi di personalità/ dell'umore ecc solo con domande totalmente incentrate su lavoro, su come lavoro, cosa faccio a lavoro, come mi comporto al lavoro e via dicendo.
è venuto fuori un quadro, come dice lei "parecchio interessante" dove delinea delle cosiddette linee guida per poter diciamo potenziare i miei punti "carenti" come persona ma ovviamente applicati in ambito lavorativo.
non so per certe cose l'accuratezza mi ha messo paura tanto che io non ci credo per niente che lei non sia una psicologa o comunque una figura simile del settore perché davvero certe cose, avrebbe potuto dirmele solo la mia psicologa che comunque mi conosce da anni.
in ogni caso, mi ha chiesto di scrivere una specie di lettera, relazione sulla mia persona, su come vorrei migliorare, i miei sogni, i miei desideri e non so, mi sembra di essere tornati alle superiori prima che la mia testa si rompesse. da un lato vorrei dirle tutti i sogni che ho ucciso, quelli che ho distrutto, quelli che ho lasciato marcire in un cassetto, quelli spezzati da altre persone, da un altro lato non so bene fino a che punto espormi perché in questi giorni fatti di cambi di terapie ed emotività a brandelli l'unica cosa che vorrei sarebbe: crepare.
vorrei essere sincera ma mi sa che così sia un po' too much.
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La sera che avevo deciso di sedurre mio nipote ho scelto una mise provocante, con appena un velo di chiffon a coprirmi il seno.
Come dite? Una nonna non seduce suo nipote, non così deliberatamente almeno?
Una brava nonnina per il nipote prepara buone cose da mangiare e gli dà di nascosto qualche soldo per i suoi capricci….
Ma io non sono una brava nonnina. Sono una donna libera, sono titolare di una azienda di consulenza importante, viaggio, e quando mi sento sola la sera trovo spesso un maschio da portarmi a letto. E nonostante l’eta non ho mai dovuto pagare nessun giovanotto…..
Mio nipote non lo vedevo da tempo.
“Gli farebbe tanto piacere lavorare con te, ha sempre ammirato il tuo lavoro, ha studiato tanto, lui si vergognava a chiederti di fargli fare uno stage da te, sono stata io a insistere….” Così mia figlia mi ha convinta. Loro vivono in un’altra città e io, tra lavoro e distanza, da tanto non lo vedevo. Quando si è presentato ho visto subito che non era più un adolescente brufoloso, ma si era fatto un bel ragazzo, anche se così diverso sia da me che da sua madre: incerto, insicuro, timido.
Ha cominciato a spiegarmi i suoi studi, le sue motivazioni, ma l’ho fermato e gli ho detto che lo avrei portato a cena fuori. Ho capito che non aveva previsto di fermarsi a dormire e che non aveva bagaglio con sé. Gli ho sorriso dicendogli che naturalmente sarebbe venuto a dormire …da me.
Eccoci qui, al ristorante, lui parla tanto, io lo ascolto poco. Credo che parli anche per nascondere un certo turbamento. Il suo sguardo cerca di vagare, ma torna sempre a fissarsi sul mio seno. È così teso, che sobbalza sempre quando sotto il tavolo lo tocco con le ginocchia o con il piede.
La cameriera che ci serve, che mi conosce e mi ha visto in questo locale con altre prede, alza il sopracciglio quando lo sente chiamarmi “nonna”. Ma ci scambiamo lo stesso uno sguardo d’intesa. Forse pensa a un gioco erotico, forse non crede davvero che il ragazzo a cui prendo la mano sopra il tavolo e a cui sensualmente dico che è ora di andare a letto, sia veramente mio nipote.
È a casa che l’imbarazzo di mio nipote raggiunge il culmine. Lo faccio sedere sul divano, lo faccio bere, cosa a cui si vede non è abituato. Mi seggo vicino a lui, lo accarezzo, non come farebbe una nonna amorevole, ma come fa una donna che vuole sedurre. Gli sussurro di non preoccuparsi, quando si scusa di non avere un pigiama con se.
E mentre guido la sua mano sulle mie gambe, per fargli sentire quanto ancora siano toniche le cosce di sua nonna, gli spiego che gli stagisti della mia azienda tra le loro prestazioni hanno quella di dormire con la padrona. E farsi scopare.
Il suo “nonna che dici” è interrotto dalla mia lingua che entra a forza nella sua bocca.
“Ho deciso, ti prendo”, gli sussurro all’orecchio, mentre lo prendo per mano e lo tiro su in piedi. “Ma …ma…” balbetta mentre me lo tiro dietro verso la camera da letto.
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Di periodi orribili
Oggi, finalmente, la mamma si è aperta un po'. Sto vivendo un periodo orribile. Io credo sia fondamentale che l'abbia detto. Fra la morte del papà, la conseguente burocrazia e altre cose ancora, è stata ed è parecchio sotto pressione. Ed è anche piuttosto incazzata. Con papà, perché ci ha taciuto cose che forse avrebbero potuto cambiare la situazione. Con alcuni amici del papà, se ho capito bene, che sono momentaneamente scomparsi Con i medici, che non le hanno detto niente se non quando ormai i giochi erano fatti. Perché lei ci ha creduto. Lei pensava davvero che lui sarebbe tornato a casa. Se invece le avessero detto: suo marito sta morendo, si sarebbe messa il cuore in pace. Lei, però, si era accorta che qualcosa non andava. Aveva gli occhi spenti. Non mi ha colpito per la cosa in sé. Ma per come l'ha detto. Be', questo periodo orribile dovrà pur finire. Io cercherò di aiutarla come posso. Mi pagano per questo, alla fin fine. Buonanotte a tutti.
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IL CANALE DEL DOLORE
È un argomento molto difficile da trattare per me, anzi, lo era fino a oggi pomeriggio, quando sono riuscito a trovare una metafora per definire il mio stato d'animo... stavo guidando, ho tirato fuori una penna dalla borsa e mi sono scribacchiato sul polso il titolo che avete letto là in alto, giusto per non dimenticare l'immagine che mi era apparsa.
Non credo proprio di soffrire di depressione (non rispetto i criteri maggiori), magari qualcosa di più simile a una pseudo-ciclotimia ma, vedete, potrei anche sbagliarmi però ho come l'impressione che le persone dividano le loro esperienze in positive e negative: da una parte le cose che le hanno fatte stare bene e che, se perseguite, continuano a far stare bene e dall'altra quelle negative, esperite nel passato e da evitare nel futuro.
Sbaglio nel pensare questo? Me lo confermate?
Ecco... per me funziona in modo completamente differente.
Io ho vissuto esperienze e basta, se percepite poi positive o negative dipende dalla mia vicinanza al Canale del Dolore.
Prendete la mia gattina Minou, che ci è stata accanto per tanti anni, fin dalla nascita di Figlia Grande.
Se percorro la mia vita nel verde paesaggio del mondo posso ricordarne con gioia i bei momenti condivisi assieme - quando la allattavo minuscola e miagolante, quando dal tavolo ha rubato un pollo arrosto intero più grande di lei e quando Figlia Grande divideva con lei i biscotti plasmon sul seggiolone. Poi però imbocco il viale di ghiaia che costeggia il canale del dolore e comincio a provare nostalgia - le zampate di fango che ancora resistono sotto al davanzale della finestra da cui entrava, il collarino viola che sbuca fuori da un cassetto - e poi comincio a camminare sugli argini del canale, dove mi prende la tristezza del vuoto che ha lasciato, di come forse avrei dovuto accarezzarla di più, di come a volte la sogno e sono pieno di gioia che sia tornata ma poi mi sveglio con le guance umide.
E infine cado nel canale del dolore, dove riconosco le mie colpe e ciò che avrei potuto fare e non ho fatto.
Intendiamoci, non succede sempre e soprattutto non succede per ogni cosa che ho vissuto ma il cammino è sempre potenzialmente quello.
Per dire, ho vissuto cose estremamente negative e mi basta riuscire a stare lontano da quel canale, nel verde della foresta del mondo, per riuscire comunque a evocare un ricordo di quello che di bello sono riuscito a tirare comunque fuori da esse.
Vi dirò, forse il trucco è camminare sul bordo di quel viale di ghiaia, attingendo alla malinconia per farmi più consapevole del tempo che scorre in una sola direzione e nel contempo non rimpiangere mai troppo ciò che non è più...
Però la vita è faticosa e in quel canale giacciono troppi nomi e troppi istanti perché il mio passo sia sempre fermo e dritto.
E fa male che il dolore nel caderci dentro offuschi i bei ricordi.
Vabbe'... stasera va così ma sono sicuro che domani qualcuno mi confermerà che c'è davvero del buono in questo mondo e che è giusto combattere per questo, quindi tranquilli <3
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Come ho già detto non ho copiato o memorizzato quelle foto viste le mie scarse attitudini tecniche. la foto estiva ricordo che era in un gruppo di foto insieme ad altre degli interpreti di Outlander, come se ne trovano anche adesso quando si cerca sotto S e C o C e T. In quei momenti non eravamo alla divisione del fandom come ora e il signor T non era ancora diventato famoso .La foto della festa durante la quale C era seduta sulle ginocchia del signore di cui ho parlato sono state messe in rete dai blogger molte volte , anche se non tutte, e credo che quelli di quel periodo possano ancora ritrovarle. Ho solo messo mano ai miei ricordi e ho voluto condividerli.Spero che ciò non provochi altri rumori . So che quando si dice qualcosa la prima parola è “provalo!” ed è giusto. Se ci saranno critiche lo capirò ma non mi faranno male perché la mia coscienza è tranquilla.Grazie, grazie davvero .
Dear @findanserwers,
Grazie per la tua risposta e grazie per il tuo coraggio!
Traduzione e dopo, reazione:
'Like I already said, I did not copy or save those pictures, on account of my very limited technical abilities. I remember the summer picture was included in a bigger batch, together with other photos of the OL cast, like the ones you can still find when you look for S and C or C and T. At that time, we didn't have these fandom wars, like nowadays, and Mr. T was not famous yet. The picture of the party when C was sitting on that gentleman's lap has been shared many times by bloggers and I think the more senior bloggers could still have it or find it. I was just revisiting my memories and I wanted to share. I hope I did not start even more rumors. I know that every time someone says something the first reaction is 'prove it!' and it's only fair. If this post will be criticized, I will understand, but I will not be hurt, because my conscience is clear. Thank you, truly thank you.'
I am now wondering if this mysterious summer pic is not one of the series taken for RDM's birthday party and if memory serves (and I can, of course, be awfully wrong and sure - always correct me, please), it was a whole flurry at the time about S being cut off some pictures. That would mean you have somehow seen a picture that was not very widely circulated. As for the lap pic, still no clue - but many pics of C with many other men (dr. Colbert comes to mind, too) are very affectionate, whereas with McIdiot - flat cardiogram and blink twice if you want us to rescue you.
Maybe one of the veterans could help? At the moment, I feel like looking for the proverbial needle in a haystack and there is nothing more irritating for someone like me (granted, chronically curious - a detail that, remember, got me here, LOL).
I will never blame you for not finding those photos, by the way. I think it was incredibly brave to step out with your handle and own your thoughts and words: it is rare and for this, my dear, I do admire you! And I can only look back, with my historian glasses, this time, and think of all the tiny details that were forever lost with each and every deactivated or erased blog, all those comments and all those tidbits that once kept this community on tenterhooks every single day. Back when this place was lively, and fun and smiling and young and naïve.
A time I never knew. But a story I can relate to and understand maybe as well as our veterans, who lived through the sorrow and puzzlement and are still here, with us. And I feel incredibly honored to see you found this page to be a safe haven. It will always remain so, for all the shippers who will engage with me. You have my word.
Please don't be a stranger. Grazie, grazie mille e un abbraccio per te. Pace e Bene! 😘
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Ciao sono nata in Italia ma il mio italiano fa comunque schifo è incomprensibile. Vorrei migliorare il mio lessico la scrittura e quando parlo ho problemi.
Come posso migliorare? Dovrei avere un tutor?
Ciao!
Da quello che hai scritto non mi sembra che tu abbia grossi problemi, anzi. Vivi sempre in Italia, giusto? Lo sai che noi stessi siamo i primi a non parlare correttamente la nostra lingua, a metterci dentro errori e via dicendo...
Quello che posso suggerirti è di provare a lavorare sulla punteggiatura quando scrivi, e anche quando parli: non ti ho ascoltata e non ti conosco, per cui non so se sia questo il problema, ma non preoccuparti se devi prenderti delle pause per pensare prima di esprimerti. Abbiamo preso la brutta abitudine di fare tutto di corsa, sembra che non abbiamo mai tempo per nulla, invece ne siamo pieni e finiamo anche con l'avanzarlo... Quindi davvero, non preoccuparti.
Per migliorare il lessico (ma anche il tuo parlato/scritto) leggi (dai giornali, ai libri, alle riviste, alle poesie... lo so a scuola ce ne fanno leggere molte, ma ce ne sono di più belle: cerca anche quelle straniere tradotte, prova a capirne le sfumature e cerca di capire se tu avresti usato parole differenti); se non ti piace leggere, guarda serie tv o film anche storici, o documentari (non tutti sono noiosi... prova con argomenti che sono di tuo interesse, anche video su youtube vanno bene). Se trovi parole complesse o sconosciute, cercane il significato sul dizionario e usale in un paio di frasi. Studia la grammatica anche se è noiosissima: diventa curiosa sul perché qualcuno abbia usato quelle parole, quella punteggiatura, quel tempo verbale invece che un altro. Trova gli errori dei giornalisti, per esempio: non per qualcosa, ma per ricordarti di ciò che sai tu. Da quello che ho capito con questo blog, a scuola non ci insegnano molte cose in maniera diretta, ma solo in maniera indiretta: le apprendiamo con la pratica, vivendo, interagendo con gli altri e aprendoci ai nostri errori, che, come detto, ci stanno. Italians are imperfect beings! :P. Ah, vale anche aprire il dizionario a caso e leggere le definizioni di un paio di parole ogni tanto, e provare ad usarle sia in alcune frasi di prova che mentre parli. La decisione finale è la tua, ma non credo che tu abbia bisogno di un tutor: credo che tu possa ancora concederti del tempo, no? Prova a scrivere un diario giornaliero, anche poche parole su quello che hai fatto o inventando storie di poche righe, magari appunto usando parole nuove. Tra un mese dimmi come va, se è cambiato qualcosa oppure no. E poi decidi. :)
Continua a provare ad esprimerti, non chiuderti. Non convincerti di non essere capace di fare qualcosa: questo è il blocco più grande che ci possa essere. Sei tu che ti controlli, e se ti convinci di qualcosa, sarà difficile non seguire quella tua convinzione inconsciamente. Le tue paure e insicurezze prenderanno il sopravvento e ti bloccherai, trovando solo conferme sulle tue incapacità. In poche parole, se ti convinci di non essere abbastanza brava a comunicare o di essere incomprensibile (specialmente se per qualsiasi motivo qualcuno te lo ha detto e tu hai iniziato a crederci), finirai davvero per esserlo perché l'ansia di voler comunicare al meglio ma non sapere come farlo (in realtà lo sai, ma magari hai smesso di fidarti di te), ti saboterà fino a farti balbettare o avere dubbi su qualsiasi cosa. Tante volte le persone si chiudono nelle loro paure, e nel chiudersi ci chiudono fuori a nostra volta. Non sempre hanno ragione però. Non aver paura di essere te stessa, di prenderti del tempo, di parlare a modo tuo con le tue sfumature. Chi vuole aspettarti ti aspetta comunque. Gli altri, lasciali andare. E datti tempo anche tu. ...Forse mi sono lasciata prendere dal momento qui, ti chiedo scusa se ho detto qualcosa che non dovevo o che non c'entra con la tua situazione. Ma succede che ciò che non va sul piano emotivo si rifletta sul piano comunicativo. Siamo esseri complessi...
In bocca al lupo!
#it#italian#langblr#italiano#italian language#italian langblr#languages#lingua italiana#grammatica italiana
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La metro oggi era piena come un uovo, complice gli ultimi giorni prima di Natale.
Ultimi giorni di scuola, di appuntamenti lavorativi e di spese e acquisti per completare i regali.
Ultimi giorni frenetici, giorni che avvicinano alcune persone al baratro della solitudine sia esteriore che interiore. Un disagio che sale pian piano lungo il collo in un capestr0 che leva il respiro.
Sono seduto vicino a un uomo, non posso non notarlo. Lo sguardo che esprime è devastante. Mi faccio forza - Tutto bene? - gli chiedo con la voce un po' strozzata.
- Non molto bene, a dire la verità - mi risponde inaspettatamente con sincerità e un sorriso amaro, quasi sorpreso della mia domanda - mi sento… spento. Vivo come se non ci fosse nulla per cui valga la pena farlo.
- Posso comprenderti sai? - cerco di rassicurarlo - forse abbiamo qualche fermata da condividere, vuoi parlarne? - gli chiedo mentre vedo chiaramente la donna al suo fianco intenerirsi per queste mie parole.
- Non so nemmeno da dove cominciare - mi risponde rassegnato.
- E tu provaci - lo sprono alzando di mezzo tono la voce e di dodici denti il mio sorriso.
- Mi sento sempre stanco, senza energie. Non ho voglia di fare niente, nemmeno le cose che di solito mi piacciono.
- Ti senti così da molto tempo?
- Ho smesso di contare il tempo da molto, sono stanco. Credi sempre che sia solo un breve periodo, che poi passerà ma invece non è così. Il tempo passa e resta tutto fermo, come in una lunga apnea.
- Hai mai pensato di parlarne con qualcuno? Un medico, uno psicologo…
- L'ho fatto in passato, Non credo servirebbe ancora ripetermi. Tanto non cambierebbe niente.
- Perché pensi che non cambierebbe niente? - gli chiedo avvicinandomi con il mio busto.
- Perché la gente non cambia. La gente che mi circonda, chi fa parte della mia vita compresi quelli che non ho cercato. Non è facile essere una valvola di sfogo per tutti, mentre a me non è concesso, salvo pagando pegno. Non so manco perché te lo dico - e mentre pronuncia queste parole vedo lo sconforto nei suoi occhi, il mordersi un labbro quasi a provocarsi un dolore per sopire un altro tormento.
- Capisco - gli dico con un gran sospiro e dandogli una pacca amichevole su un ginocchio - ma sappi che ci sono persone che possono aiutarti e che non sei solo. Io ci sono, se hai bisogno di parlare. Anche solo per sfogarti un po'.
- Si lo so, io sono uno di quelli. La gente vuole più essere ascoltata che ascoltare. Mi chiedo sempre se le persone come me in questo mondo ce la faranno.
- Bella domanda. Il fatto è che per non sentire nulla, nella vita, dovresti avvelenare il cuore. Averlo compromesso. Di pietra.
- Dovremmo vivere in un mondo dove si potesse davvero mettere in evidenza il proprio animo, non il proprio ego. Dovremmo vivere e non sopravvivere.
- Sopravvivere, hai ragione. Quando vivi con il costante pensiero di arrendersi è molto più dura. Ti capisco sai?
Arrivata la fermata dove dovevo scendere ho salutato l'uomo stringendogli la mano.
Sono rimasto seduto su quel seggiolino della metro fino al capolinea, lì dovevo scendere, chiuso nei miei pensieri. Sentivo ancora quella pacca sul mio ginocchio, come se qualcuno me l'avesse data davvero. Non avevo una bella espressione, ma nessuno se n'è accorto. Impegnati nella loro vita che scorre su un display.
Averi voluto che qualcuno mi avesse detto "Tutto bene?".
Me lo richiederò da solo questa sera, dopo l'ennesima prova della mia inutilità come figlio e padre di famiglia.
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Ho provato dei sentimenti troppi forti per dimenticarti. Ci ho provato in tutti i modi, ho ripetuto a me stessa che ero più forte dei sentimenti, ma non ci sono riuscita. Ho pianto, ho riso, ho cercato di dimenticarti, di lasciarti perdere e di abbandonare tutto alla mie spalle. Ma è più forte di me, ti voglio troppo, ci ho sperato davvero tanto, ma tu non ricambi. Dicono che per ogni persona che hai amato ce ne sarà una che farà lo stesso, ma io non so più a cosa credere. L'unica cosa a cui credo, e che ho provato tanto per te, e ho paura che questi sentimenti non siano ancora svaniti, che rivederti, servirebbe solo ad innamorarmi di nuovo di te.
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Sono il tipo di persona che se combatte per se stessa si sente spietata, un mostro. Però sono pure assurdamente convinta di dovere qualcosa a quella me stessa, e lì va in tilt l’algoritmo. Non so come uscirne. Valerio ha provato a mostrarmi l’alternativa, quella in cui avrei dovuto sentirmi a posto con lo spazio che occupo, ma alla fine la sua malattia era più importante di me, forse è per questo che abbiamo fallito. O forse è per questo che lui poteva permettersi di provare ad insegnarmelo, non lo saprò mai. Ad agosto ad un certo punto è morto il signore senza volto che occupava il letto di fianco al suo in terapia intensiva, per me lui era solo il rumore del monitor dietro la tenda di plastica e un’altra cosa molto più umana: il volto scavato e rugoso della moglie che incontravo fuori, in quella terribile sala d’attesa. Lei non avrà mai un nome per me, lui sì: si chiamava Roberto. Quando lui è morto Valerio stava un po’ meglio, e mi ha raccontato di aver fermato la moglie per esprimerle la sua vicinanza. Lei le ha dato un bacio sulla fronte e le ha detto “adesso sono una cittadina libera, perché non si è mai liberi fin quando una persona che si ama soffre”. Io ho paura che sua madre sia stata sollevata dalla sua morte - ne ho paura perché purtroppo lei è sempre stata una figura problematica, ne ho paura perché lo sembra, perché lo è davvero. Ma è normale, siamo esseri complessi e viviamo esperienze che portano sempre dentro ambivalenze, sia io che Valerio non siamo mai sfuggiti a questo genere di consapevolezze. Ma forse ne ho paura soltanto perché ho paura del mio di sollievo, e mi chiedo dove cazzo sia, combatto con quello che di me è sopravvissuto alla sua morte, mi scavo dentro a mani nude per scovare la mia parte di colpa, e mi incazzo peggio perché ancora non la trovo, perché so che deve essere lì da qualche parte. Poi però trovo che ci sia anche dell’altro, una colpa più neutra, il dolore di sapere che a me non è cambiato niente, o poco, quantomeno nei fatti. Il lavoro operato su me stessa per costringermi a fare i conti col fatto che Valerio non poteva più essere il mio pilastro, tre anni fa. Questi tre anni a prendermi il meglio ed il peggio, la sensazione di vuoto derivante da quell’apprendimento forzato: non è il caso di chiamarlo, chiamerà lui. E lui poi chiamava, ma erano i suoi momenti per me, i momenti in cui ero chiamata ad essere per lui, momenti in cui mi dava tantissimo e prendeva quel poco che avevo da dargli, che - lo so - per lui era tantissimo. Lui era tantissimo per me, ma non potevo dipendere da lui, non potevo nemmeno farci affidamento. La prima parte dovrebbe essere normale: l’amore non è dipendenza, giusto? Io però ero stata così pronta a farlo, quando il suo corpo ancora ce lo consentiva. Lo farei anche adesso se potesse essere qui, se potesse contenermi, se potessi contenere lui. Quindi credo di non essere sollevata dalla sua morte, sono portata a credermi sincera, anche se mi pare inaccettabile - il conflitto. Al contrario, però, penso senza remore che la sua morte mi abbia davvero liberata, e per questo mi sento in debito con questo tempo, col momento presente, con quello che stabilirò come normale per i prossimi anni. È difficile. Vorrei darmi il tempo per piangere. Non ci riesco. Ho pianto tantissimo tre anni fa, ho pianto più quando è morta quella speranza di quanto non abbia fatto adesso, che lui è davvero un racconto chiuso, senza possibilità di scrivere nuove pagine. Forse sto strumentalizzando la sua morte, come ho provato invano a fare anche con quella di papà, forse sono un mostro, e adesso non ho più scusanti per chiedere al mondo di lasciarmi stare, nessun alibi in più. Forse ho ragione io e la vita è davvero solo questo, farsene qualcosa di quello che ci succede - qualcosa come qualsiasi cosa, basta che ci cambi. Perché le cose morte non possono più farlo, e quelle vive sono costrette a subire il cambiamento anche quando sono inermi. Io credo di avere questo problema: non mi accetto inerme. Mi ci sento sempre però.
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L’imprevedibilità dell’ignoto ci mette tutti a rischio. [Parte I]
Durante la notte appena trascorsa ho sognato una collega. Una donna con cui ho lavorato, per circa due anni, fianco a fianco. Ora siamo in due settori diversi, ma in quel periodo eravamo letteralmente a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altra. Per otto ore al giorno, tutti i giorni (perché non c’era stato ancora il “coviddi” e quindi l’inizio del lavoro da casa in Italia). Ha dieci anni in più di me, tuttavia mentirei se scrivessi che non esercitò su di me un certo fascino. E lo sappiamo, ragazze: certe sensazioni non spariscono mai completamente, del tutto. Ora non ci vediamo quasi mai, praticamente. Se capita, capita veramente di sfuggita. Ogni tanto ci scriviamo nella chat di lavoro per questioni squisitamente professionali, ma finisce lì. A volte basta però incrociare la sua presenza anche solo per qualche istante, e qualcosa riaffiora. Non ero innamorato di lei, ma da parte mia c’era sicuramente una “cotta” importante. Andavamo d’accordo, si scherzava, si rideva. Una volta mi diede addirittura una sculacciata, ma non reagii come avrei voluto. Perché comunque sia parliamo di una donna impegnata, peraltro con un altro collega che è una bravissima persona. Quindi, è ovvio che avrei voluto quantomeno ricambiare quel piccolo gesto in qualche modo, ma ho scelto la via più giusta, più lucida, più matura. Non tutti lo avrebbero fatto, e lo so benissimo. Ma io non sono “tutti”. Io non disgrego le famiglie, e non lascio che tutto vada a gambe per l’aria solo per un capriccio di natura erotica o sessuale. Questa donna mi attira, all’epoca mi attizzava proprio, ma sono abbastanza intelligente da capire che non avrei mai potuto intraprendere con lei una tradizionale relazione sentimentale. Penso a come sia facile vivere una contaminazione di emozioni contrastanti, seppur importanti nella loro portata. Una volta la stavo salutando, perché di lì a poco si sarebbe assentata per qualche giorno dal lavoro. Ci abbracciammo, e ricordo ancora quanto ce l’avessi duro. E quanto fosse forte il mio imbarazzo, perché non volevo che se ne accorgesse. Tant’è che scelsi di ritrarmi subito. E in un’altra occasione, c’incrociammo nel corridoio che porta ai bagni dell’ufficio. Lei improvvisamente mi abbracciò forte. Era un periodo difficile per lei, e io ne “approfittai” prendendomi tutto quell’abbraccio. Come voglio ampliare questo discorso? Mi soffermo pensando a tutte le situazioni, nella nostra quotidianità, che ci toccano intimamente. Quei piccoli gesti, quegli istanti fugaci, in cui è come se ci staccassimo dalla nostra dimensione terrena e andassimo altrove. Più che chiedermi se si possa davvero essere fedeli (e immagino di sì), mi domando più che altro quanto sia facile abbandonarsi a qualcos’altro. Cos’avrà provato lei? “Ti vedeva solo come un collega, al massimo come un amico”, mi rispondereste voi. E sono d’accordo, anche io credo che fosse così. Ma quello a cui la mia mente realmente pensa è all’imprevedibilità, all’ignoto, alla gamma infinita di situazioni che si possono presentare in ogni singolo istante della nostra vita.
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Ho sempre provato a fare tesoro delle esperienze passate, soprattutto ho provato a trarre insegnamenti dalle delusioni che la vita mi ha riservato. Ma la mia natura mi impedisce di cambiare e a volte inciampo. Sono sempre io, desiderosa di dare, di imparare, di conoscere, disponibile ad esserci, a capire, ad ascoltare, a sostenere, a dare consigli se mi viene chiesto. Stavo per scrivere: "Sono la solita stupida". Ma no, non mi voglio fare questo torto. Non credo che nella vita ci sia qualcosa che davvero vada perduto, se è stato donato con il cuore. Credo che l'amore, in ogni sua forma, conosca la strada di casa e sappia ritornare. Prima o poi, in altri modi, forse difficile da riconoscere, forse palese e trasparente.
Se viene donato, l’amore resta in circolo.
Un giorno è amicizia, un giorno è protezione, un giorno tenerezza, un altro uno slancio di generosità, un altro ancora è aiuto.
L'amore sa cosa fare.
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Per una piccola parte di me <3 0.2
L'altro giorno parlavo con una mia amica, e mi ha fatto una domanda banale, innocente, mi ha semplicemente chiesto " come è lui?" e su due piedi non ho saputo rispondere.
Non credo di aver mai davvero scritto di lui. Ho scritto pensando a lui notando quanto fosse importante per me. Ma io non ho mai parlato di lui.
Lui è difficile da definire, è difficile dire cosa rappresenta per me. Facciamo così, più che un figurativo di Warhol è un astratto di Kandinsky.
Lui è letteralmente la persona con cui guardi la pioggia fuori dalla finestra. Lui è il silenzio che ti calma. Lui è sorriso "nonostante tutto". Lui è la certezza che tutto andrà bene, anche quando il peggio sembra inevitabile ed io ho perso le speranze. È il bacio sui capelli mentre si è abbracciati.
Lui non è convenzionale, come non lo sono io, come non lo è il nostro rapporto. Ma d'altronde chi definisce cosa è convenzionale?
Lui parla tranquillamente di tutto, da cosa gli piace mangiare, dei suoi progetti per il futuro, dalle cose che ha fatto e a tutto ciò che di buffo trova in me: " Harry tu sei un mago ".
Lui è " vieni qua dammi un bacino" per poi spostarsi.
Lui è il " vieni giochiamo a hearts of Iron "
Lui è il " buongiorno amore mio, come stai " che mi fa sorridere la mattina. È il messaggio con scritto " ti amo" non appena ci salutiamo per tornare a casa, è il " mi manchi " subito dopo che ci siamo visti.
Ma cos'è lui alla fine, se non la persona a cui voglio più bene al mondo? È difficile spiegarlo agli altri, forse è difficile spiegarlo anche a me stessa. Non ho mai conosciuto nessuno che fosse equamente bello sia fuori che dentro
L’unico con cui non mi arrabbio come una bestia, l'unico che mi fa ridere in due secondi e che mi calma con un sorriso. L'unico che si interessa davvero nel vedermi felice, l'unico con cui riesco a parlare di tutto, dalle cose serie a quelle stupide. Forse l'unica persona con cui non devo fingere di stare bene.
Lui è l'unica persona che mi fa ancora sperare nell'amore, in quello vero, quello che ti fa volare oltre la linea delle nuvole e ti fa sentire che va vissuto ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, ogni secondo. Uno dei motivi per cui la mattina sono felice di svegliarmi. Uno dei motivi per cui sto vivendo e non sopravvivendo. Uno dei motivi per cui non sono in modalità "autopilot".
Io invece? Non so cosa ci trova Lui in me, Non mi piace parlare di me ma mi sono sempre definita un casino.
Mi capita sempre in un certo momento di perdere la voglia di comunicare e di zittirmi, un po’ come quando si esaurisce una batteria. Mi spengo. Mi isolo. Ho bisogno di stare da sola.
Ma adesso starei da sola con te, ha senso? per me lo ha.
È facile notare quando sto bene con qualcuno, non sento il bisogno di parlare in continuazione e con te, anche stare nella stessa stanza, senza dire nulla, in silenzio, mi tranquillizza, quando normalmente mi metterebbe solo pressione.
Ho desiderato tantissime volte essere di essere un' altra persona ma con te voglio solo essere me stessa.
Certe volte però vorrei che la mia mente facesse silenzio, che non pensasse così tanto, che non avessi determinati pensieri.
Quando ti dico che " sono presa male "non mi sento triste. Mi sento vuota. Mi sento spenta. Mi sento senza scopo. Questa non è tristezza.
Sei il mio partner, non il mio terapeuta, e giuro che mi sto sforzando un sacco a dirti cosa c'è nella mia testa, quante volte a " come stai " vorrei rispondere " bene" solo per non farti preoccupare e non nego che a volte lo faccio ma io non cerco qualcuno che mi curi, mi so curare da sola.
Voglio qualcuno che non mi ferisca più.
Ho finito per non parlare con nessuno dei miei problemi: alla fine confidarsi significa spiegare dove e come colpirti.
Sono stanca del male che mi viene fatto dalle altre persone, di dover dare tutto per ricevere nulla. Dover essere forti ti esaurisce ogni energia, il non piangere perché " ti rende debole " ti consuma dentro.
Non mi hai mai visto piangere come una bimba con i lacrimoni che strisciano sulle guance ma hai visto qualche lacrima lasciare i miei occhi e giuro che le persone che mi hanno vista anche solo versare una lacrima si possono contare sulle dita di una mano.
Vorrei sgretolarmi tra le tue braccia solo per poter essere ricomposta da te nell’immagine che tu hai di me, quando mi stringi.
A essere sincera non sono mai guarita dal passato, ho solo smesso di parlarne. Ed ho sempre paura di risultare pesante se ne dovessi parlare.
Ho passato la mia intera esistenza a sentirmi in colpa, a non sentirmi abbastanza e ad avere paura di non essere amata. Per cui ogni minimo cambiamento, che per te può sembrare insignificante triggera i miei problemi d'abbandono. Scusa se ti dico troppo " ti amo", se sono appiccicosa,se ho costantemente bisogno delle tue mani su di me, spammo messaggi, se ti chiedo se sei effettivamente sicura di amarmi.
È difficile capirmi se non comprendi la mia sensibilità. Quando tu mi dici "usciamo?" ed io ti rispondo " se vuoi" non è perché non ti amo o sto mettendo in dubbio qualcosa ( a parte non te lo sto dicendo piú * pat pat* per me), ma perché sono estremamente logorata da come mi hanno trattato le persone. Ho la paura costante di essere un fastidio nella vita di chiunque. Cerca di capire il mio stato mentale, mi hanno tradita ogni volta che ero stata leale.
La testa si deve perdere in due, altrimenti è un’esecuzione.
Per cui ti prego, se mai dovessi stancarti di me, per qualsiasi motivo, dimmelo subito. Se qualcosa ti da fastidio, se non ti piace qualcosa che faccio, se non sei d'accordo con me. Dimmelo. Parlami.
le relazioni sarebbero tutte più sane se romanticizzassimo la comunicazione di coppia, invece di idealizzare l'idea del partner che intuisce ogni tua esigenza: prima di trovare qualcuno che ci legga nel pensiero, accontentiamoci di qualcuno disposto ad ascoltarci quando parliamo, ed è per questo che cerco sempre il dialogo con te.
Una delle cose che amo di te è che sei una persona diretta, una di quelle che ti dicono che ci tengono, che gli manchi, che vogliono vederti, senza dover farti decifrare segnali e parole in codice.
Cosa che sono stata abituata a fare fin da piccola. Da bambina era la tipica bimba timida che sta in disparte ed osserva tutti.
E con gli anni ho imparato ad analizzare certi comportamenti, sia sugli altri che su me stessa, per questo tendo molto a razionalizzare tutto ciò che provo, ed è uno dei tanti motivi per cui mi dissocio.
Ma d'altronde anche io sono così, nulla di quello che faccio o dico, è " casuale ". Quando ti dico " hai ascoltato questa canzone " o cambio leggermente modo di fare c'è sempre una motivazione dietro.
Ho un debole per le cose reciproche, le cose che non devi chiedere, le cose che arrivano e ti strappano un sorriso, quando mi mandi gli audio dove mi dici che " mi ami più di ogni altra cosa " o mi mandi le foto dei gattini. Senza che io debba elemosinare nulla. Anche perché perdo interesse per tutto ciò che si deve forzare. L'amore è un dialogo, non un monologo.
Forse è proprio vero che di fatto non esistiamo finchè non c’è qualcuno che ci vede esistere, che non parliamo finchè qualcuno non è in grado di comprendere ciò che diciamo; in sintesi, che non siamo del tutto vivi finchè non siamo amati
Io credo fermamente nell’amore ed è questo che a volte anzi molte volte mi frega, perché sono un’eterna romantica e si sa gli eterni romantici sono così increduli che l’amore vero esiste e probabilmente esiste davvero in certi versi, no? Ho provato tante volte a scrivere perché è l’unica cosa che mi riesce bene, perché a parole non so spiegare cioè che ho dentro.
E dentro ho tante cose che non riuscirò mai a dire, probabilmente un giorno magari molto lontano riuscirò a scrivere davvero ciò che mi tormenta. Ma non sono qui per questo adesso, so che magari potrebbe annoiarti il mio essere così “logorroica” lo capisco, lo comprendo annoia anche a me moltissime volte. Ma vedi, l’amore che sento per te penso non sia paragonabile a quello che provato prima di te. Ti amo, ti amo davvero e non ti amo perché tu mi debba completare no, ti amo perché sai far uscire la parte migliore di me.
Mille parole non bastano, non bastano nemmeno mille lettere per dirti ciò che sento ma spero che tu capirai queste mie parole.
Sono quella persona che ti mostrerà che non tutti ti fanno del male. Non tutti ti spezzeranno il cuore. Perché amo Incondizionatamente e so cosa significa stare male.
Ti amerò quando piove fuori, anche quando mi piove dentro.
Ti amerò anche quando non potrò piú dirtelo.
Ti amo <3
Tua, A.
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OGGI VI DEVO PARLARE DI UNA PERSONA
Nel primo decennio del nuovo millennio nella mia bolla c’era questa specifica idea - credo peraltro condivisa largamente - che le nuove conoscenze fatte online fossero superflee, effimere e a tratti persino pericolose.
‘La gente sull’internet è weird&creepy’ disse quello che si era fatto gli amici di una vita a suon di lanci di dado a 20 facce facendo finta di essere una bardo ladro mezzelfo scuro.
Poi è arrivato Facebook e in effetti ebbi la conferma che la gente sull’internet era davvero weird&creepy, solo che la gente era il tuo compagno di liceo Riccardo che era diventato un cattolico fondamentalista o la zia paterna regina del complottismo cringe.
E Tumblr nel 2010 capitò proprio al momento giusto.
Anche lì la gente era weird&creepy - magari quando in autostrada tutti ti vengono addosso forse quelli contromano non sono loro - però lo erano in un modo specifico e selezionabile, ragion per cui, lentamente, ho potuto conoscere e circondarmi (virtualmente e alcuni dal vero) di persone che in qualche modo non mi rompevano il cazzo con i loro problemi di scarsa elaborazione neurale...
Non le inevitabili conoscenze della vita reale, non i parenti né gli ‘amici’ di facebook ma persone degne di condivisione.
Oramai per me è cosa risaputa ed esperita che ogni tipo di interazione con altri individui ti cambia e sta a noi che questi cambiamenti avvengano per comprensione e non per contrapposizione ma oggi voglio parlarvi della persona che negli ultimi anni, più di tutti, è riuscita a restituirmi il senso della serenità delle cose, rendendomi sicuramente migliore di quanto non fossi prima.
Nella vita di ognuno esistono due tipi di dolore: quello che ci fa soffrire e quello che ci fa cambiare.
In realtà il dolore è uno solo - fisico o emotivo che sia - ma è cosa decidiamo di tenere e di rifiutare di esso che fa la differenza tra il dolore che ci fa accartocciare su noi stessi e quello che ci fa aprire all’altro.
E questa persona, nella sua grande sofferenza fisica e psicologica, si è aperta completamente alla comprensione degli altri, al punto che nei miei 50 anni di vita posso tranquillamente affermare che è la persona più buona che io abbia mai conosciuto.
E davvero non è un aggettivo che uso a caso.
In questi pochi ma tanti anni mi ha insegnato che forse è più faticoso comprendere le ragioni del male ma che capire ti restituisce un senso più grande del semplice scagliarsi a testa bassa contro tutto quello che è sbagliato perché non è come noi.
Mi ha insegnato che provare tristezza invece che rabbia di fronte alle ingiustizie è il modo migliore per essere vicino alle persone che quelle ingiustizie le hanno subite, piuttosto che urlare rabbiosi in direzione del carnefice voltando loro le spalle.
Mi ha insegnato a togliere la maschera dell’odio alle persone, per scoprire che sotto di essa c’è sempre un volto impaurito, sotto più ancora uno piangente e dietro a tutte un bambino che non è stato abbracciato quando più ne aveva bisogno.
E io ho imparato la gentilezza di un sorriso dispensato quando magari non avresti alcun motivo per sorridere.
Beh... grazie @surfer-osa e, soprattutto, buon compleanno <3
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Di germogli, radici e boschi: ci vuole tempo, per fare l'amore
Uno dei più grandi inganni del nostro secolo è credere che corpo e anima siano due entità distinte e indipendenti. Questo ha portato a concedersi all'altro con più facilità, depotenziando e sottovalutando la felicità suprema che si prova solo nel far coincidere interiorità e fisicità. A prova di ciò, basta guardare qualsiasi film sentimentale per accorgersi quanto sia diventato normale, perfino doveroso, andare a letto insieme nelle prime fasi di una conoscenza, se non addirittura dopo i primi appuntamenti. Insomma, è stato sufficiente manipolare subdolamente il vero significato della libertà sessuale, sacrosanta conquista sociale e morale: anziché intendere "fai l'amore con chi vuoi" come "fai l'amore con chi scegli, con chi ritieni degno", lo si interpreta come "fai l'amore con chiunque", definendo puritani o bigotti coloro che invece preferiscono trovare con cura la persona a cui donare la propria anima attraverso il corpo, perfetto e unico strumento di espressione tangibile di ciò che si ha dentro.
Ci vuole tempo, per conoscere una persona. È un lungo e stimolante viaggio, in cui ci si spoglia, lentamente, passo dopo passo. L'intimità è una perla preziosa, è un dono per pochi. Dopodiché, una volta costruita la fiducia, si comincia a custodirsi, ad amarsi. È un cammino faticoso ed impervio, ma anche ricolmo di bellezza, di grazia. Solo allora, si prova quel desiderio puro, quella bramosia di unirsi in un solo corpo, in cui si fa davvero l'amore, in cui si raggiunge l'estasi perché si vuole passare il resto della vita insieme, con nessun altro, finché si respira. Se non si anela a questo, si finisce per dare troppo peso alla fisicità o alla dimensione spirituale, vivendo inevitabilmente a metà, sottostimandosi, depotenziandosi, sprecando l'occasione di essere davvero felici.
Non ho mai raggiunto quel livello con qualcuno, pur avendo fatto l'amore con il mio fidanzato di allora, pur avendo aspettato che la relazione diventasse stabile e forte, perché il tempo non è solo quantità, ma anche qualità. Credevo mi amasse, invece ne era incapace, e ancora adesso, a distanza di cinque anni, ho nel cuore i solchi dell'edera velenosa che soffocò con la violenza il fiore immacolato dei sentimenti più puri.
Tuttavia, ci credo ancora nell'amore, in quella sacra unione di corpo e anima che trascende l'umano e raggiunge il divino, così forte che solo ad immaginarlo mi sento imbevuta di gioia e sempre più incapace di accontentarmi, di scendere a deleteri compromessi.
Perciò, caro futuro amore mio, sangue del mio sangue, ossa delle mie ossa, compagno di vita: saremo così felici e unificati solo se e quando ci baceremo ovunque sapendo di toccare taumaturgicamente le corde più profonde della nostra anima, dalle più dolorose alle più gaudenti; ci disseteremo di vero piacere se e solo quando, crescendo insieme, uniremo le nostre radici sotto la pioggia, tramutandoci in un bosco rigoglioso e verdeggiante.
Nell'attesa, perciò, diamoci il tempo di germogliare, di dirci:
"È una lunga storia."
"Non preoccuparti, ho tempo."
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Ho passato la maggior parte della mia vita di giovane adulta a scuola e poi ancora all'università.
Ci ho passato così tanti giorni lì dentro ad apprendere e così tante ore a casa sui libri a studiare che non riesco neanche a contarle.
Ed ho imparato tante cose sai, mi hanno insegnato l'italiano, la matematica, la geografia, la storia.
Mi hanno insegnato a usare riga e squadre, i pennelli, il flauto, il goniometro, la calcolatrice, il dizionario.
Da piu grande ho imparato qualcosa di più difficile e mi hanno insegnato i pensieri dei grandi filosofi, le equazioni di Maxwell, i poemi degli artisti, il calcolo degli integrali.
E poi indovina? All'università altro ancora e così mi hanno parlato degli stadi di Piaget, la teoria della Gestalt, il pensiero di Rousseau, la teoria ecologica di Bronfenbrenner e interi manuali di altre cose.
Davvero eh, ci ho passato così tanto tempo ad imparare che credevo di essere quasi pronta, ma mi sono accorta che nessuno mi ha mai insegnato la cosa più importante.
Nessuno mi ha mai insegnato a vivere senza averti accanto. E io non so come si fa.
Come si fa, papà?
Per ora so solamente che mi manchi da fermare il respiro e da trasformare le lacrime in scroscianti ruscelli.
Per ora non so altro e credo che dovrò imparare da sola, ma probabilmente non mi basterà una vita per farlo.
Ce la farò papà?
Non penso sai, mi manchi troppo.
Non mi abituerò mai alla tua assenza.
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