#algoritmi predittivi
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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Come le applicazioni di intelligenza artificiale affrontano i problemi di ordinamento
L’innovazione dell’IA nei processi di organizzazione e gestione dei dati
L’innovazione dell’IA nei processi di organizzazione e gestione dei dati L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando molteplici settori, offrendo soluzioni innovative per affrontare problemi complessi. Uno degli ambiti più rilevanti è rappresentato dai problemi di ordinamento, che riguardano l’organizzazione di dati, processi o risorse secondo criteri specifici. Dagli algoritmi di machine…
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guida-ai · 1 year ago
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Super app: il futuro delle applicazioni intelligenti con tecnologia IA
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Le super app stanno rivoluzionando il modo in cui interagiamo con la tecnologia e come le nostre esperienze quotidiane si evolvono. Queste applicazioni sono progettate per offrire una serie di servizi diversi, permettendo agli utenti di svolgere molte operazioni senza dover passare da una app all'altra. La tecnologia IA, o intelligenza artificiale, svolge un ruolo chiave nell'evoluzione e nello sviluppo di queste soluzioni innovative.
Cos'è una super app?
Una super app è un'applicazione mobile che offre una vasta gamma di servizi, consentendo agli utenti di svolgere molte attività diverse all'interno di una singola piattaforma. Ad esempio, una super app potrebbe includere servizi di messaggistica, acquisti online, prenotazioni di viaggi, pagamenti e molto altro ancora. Questo rende la vita degli utenti più semplice, in quanto non devono passare da un'app all'altra per soddisfare le proprie esigenze quotidiane.
Come funziona la tecnologia IA nelle super app?
L'intelligenza artificiale è il motore che alimenta le super app, consentendo loro di offrire servizi personalizzati e predittivi agli utenti. La tecnologia IA utilizza algoritmi complessi per analizzare i dati degli utenti e apprendere dai loro comportamenti, in modo da fornire suggerimenti e raccomandazioni mirate. Ad esempio, una super app potrebbe suggerire ristoranti locali in base alle preferenze alimentari dell'utente o offrire sconti personalizzati in base agli acquisti precedenti.
Vantaggi delle super app con tecnologia IA
Le super app che integrano la tecnologia IA offrono una serie di vantaggi sia agli utenti che alle aziende. Gli utenti possono godere di un'esperienza più fluida e personalizzata, con servizi su misura in base alle proprie esigenze e preferenze. D'altra parte, le aziende possono utilizzare i dati raccolti dalla tecnologia IA per comprendere meglio i comportamenti degli utenti e migliorare i propri servizi e prodotti.
Il futuro delle super app
Il settore delle super app sta crescendo rapidamente e si prevede che continuerà a evolversi nei prossimi anni. Le tecnologie emergenti, come l'Internet delle cose e la realtà aumentata, saranno integrate nelle super app, consentendo agli utenti di svolgere ancora più attività diverse all'interno di singole piattaforme. Inoltre, la tecnologia IA diventerà sempre più sofisticata, offrendo esperienze personalizzate e predittive ancora più avanzate.
Conclusioni
Le super app con tecnologia IA stanno cambiando il modo in cui interagiamo con la tecnologia e come svolgiamo le nostre attività quotidiane. Queste soluzioni innovative offrono un'enorme convenienza agli utenti, consentendo loro di accedere a una vasta gamma di servizi all'interno di una singola piattaforma. Con la continua evoluzione della tecnologia IA, il futuro delle super app sembra brillante e pieno di possibilità. Read the full article
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notiziariofinanziario · 1 year ago
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L' intelligenza artificiale sta rivoluzionando anche la produzione agricola
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Nell’agricoltura di precisione vengono utilizzati droni e sensori per mappare il territorio e misurare in tempo reale la condizione del suolo, la presenza di agenti fitopatogeni, come parassiti, o il grado di maturazione delle culture. La raccolta dei dati può essere poi utilizzata per creare modelli predittivi o per guidare l’attività di trattori e macchinari, spesso in grado di modificare in tempo reale la loro funzionalità sulla base dei dati ricevuti. Tutto ciò al fine di utilizzare in modo mirato e senza sprechi i principali fattori della produzione agricola, ovverosia acqua, fertilizzanti e fitofarmaci. L’Agricoltura 4.0 in Italia Già da anni utilizzata nelle colture di mais statunitensi, l’Agricoltura 4.0 è ancora in corso di implementazione in Italia che sconta problemi strutturali come la scarsa diffusione della banda larga o ultra larga nello zone rurali o la ridotta dimensione delle aziende agricole che spesso non sono in grado di pagare le licenze necessarie all’utilizzo dei software di IA. Si registra comunque un trend positivo: secondo la ricerca realizzata dall’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE (Research & Innovation for Smart Enterprises) l’area coltivata con soluzioni 4.0 è cresciuta in Italia dal 2021 al 2022, dal 6 all’8%. Inoltre, sarà proprio un’eccellenza italiana e, in particolare, la Fondazione Bruno Kessler di Trento, a coordinare il progetto europeo “AgrifoodTEF”. Questo progetto, avviato lo scorso febbraio 2023,  ha proprio l’obiettivo di sperimentare e promuovere servizi basati su IA e robotica nel settore agroalimentare e prevede un budget totale di 60 milioni di euro. I vantaggi delle nuove tecnologie nella selezione dei semi  Rimanendo nel campo dell’agricoltura, le nuove tecnologie stanno portando enormi vantaggi anche nell’ambito della selezione dei semi e delle nuove varietà vegetali – tema molto dibattuto, considerato che a fronte della crescita della popolazione mondiale, si prevede che entro il 2050 sarà necessario il 70% in più di cibo. Varietà vegetali più resistenti e con migliori caratteristiche nutrizionali, potrebbero costituire una prima soluzione a questo problema. Da un punto di vista tecnico, la selezione delle piante e l’isolamento delle varietà più resistenti è un’attività molto onerosa, a causa dell’estrema complessità dei genomi vegetali. Le specie vegetali hanno infatti migliaia di geni e ciascun gene può assumere molteplici varianti possibili, il che rende difficile per i selezionatori prevedere quali combinazioni diano i migliori risultati, ad esempio in termini di tolleranza alla siccità o resistenza ai parassiti. È proprio qui che entra in gioco l’IA: analizzando grandi quantità di dati relativi a genetica e caratteristiche delle piante, gli algoritmi di deep learning sono in grado di guidare il processo di selezione ed agevolare lo sviluppo di nuove varietà vegetali. I nodi della proprietà intellettuale Da un punto di vista giuridico, l’uso dell’IA pone alcune questioni legate alla proprietà intellettuale. Una nuova varietà di pianta può essere infatti tutelata mediante il cosiddetto  “brevetto per nuova varietà vegetale” che conferisce al suo titolare alcuni diritti di esclusiva, tra cui quello di impedire a terzi la produzione o l’offerta in vendita, non solo del prodotto della raccolta, ma anche delle varietà essenzialmente derivate o la cui riproduzione necessita del ripetuto impiego della varietà protetta. Se nel precedente sistema, era facile identificare il costitutore – definito come “la persona che ha creato o che ha scoperto e messo a punto una varietà” nel caso di utilizzo dell’AI la questione si fa molto più complessa: chi può e deve considerarsi costitutore di una varietà vegetale sviluppata da un software di IA? E ancora, è possibile impedire lo sviluppo di una varietà derivata, nel caso in cui la stessa sia agevolmente individuata attraverso strumenti di IA? Questi ed altri temi dovranno essere chiariti dal legislatore e dalla giurisprudenza affinché gli strumenti di IA siano effettivamente utilizzabili dalle imprese anche nella selezione e produzione di nuove varietà vegetali. Una supply chain più sicura e i vantaggi per il Made in Italy Le nuove tecnologie stanno profondamente rivoluzionando non solo la produzione agricola, ma anche le altri fasi della filiera produttiva e, in particolare, la stessa “supply chain”. Da una linea di distribuzione binaria e lineare, che scontava difetti come rigidità e mancanza di trasparenza, gran parte delle aziende del Food sono passate oggi alla c.d. “Digital supply chain” che si avvale di sistemi che, come una rete, sono in grado di mettere in collegamento e monitorare simultaneamente tutti gli operatori coinvolti, con una tracciabilità del singolo prodotto alimentare, quasi perfetta – ovverosia dal fornitore della materia prima fino al consumatore finale. La Digital supply chain conferisce enormi vantaggi per le imprese, soprattutto in termini di compliance con la normativa regolatoria e in caso di eventuali emergenze. Per gli alimenti esiste infatti un sistema di allerta rapido (noto come RASFF) che richiede a tutte le aziende che fanno parte della filiera di notificare in tempo reale qualsiasi rischio diretto o indiretto per la salute umana, dovuto ad esempio ad alimenti contaminati o a confezioni ed imballaggi non a norma. Nell’ambito di tale sistema, gli operatori alimentari devono essere in grado di individuare tutti i lotti, tutti i fornitori e distributori dei prodotti contaminati, al fine di rendere possibile il loro ritiro o richiamo del mercato nel giro di poche ore. I vantaggi in termini di tracciabilità In questo quadro, è facilmente intuibile come i nuovi strumenti di tracciabilità “end-to-end” potranno davvero fare la differenza sia per il consumatore che per le imprese. Quest’ultime potranno infatti gestire le emergenze in tempi rapidi ed evitare il rischio di sanzioni amministrative e di eventuali danni, anche di tipo reputazionale. I vantaggi in termini di tracciabilità non riguardano soltanto la sicurezza alimentare. I sistemi di blockchain, che consentono di tracciare in maniera integrata, condivisa ed immutabile la filiera agroalimentare potrebbero fare la differenza anche nella lotta a fenomeni come il cosiddetto “Italian sounding” che ricorre quando denominazioni, riferimenti geografici, immagini o combinazioni cromatiche inducono il consumatore, soprattutto straniero, a credere che un determinato prodotto sia un prodotto autentico italiano, quando invece di italiano ha poco o nulla. Si tratta di un fenomeno che arreca all’economia italiana un danno enorme che si stima intorno ai 90 miliardi di euro. Conclusioni Una soluzione contro tale fenomeno potrebbe arrivare ancora una volta dalle nuove tecnologie: consentendo ai consumatori di essere certi dell’origine e della qualità dei prodotti, gli strumenti di IA potrebbero infatti rendere trasparente l’offerta italiana anche all’estero. Ciò a tutto vantaggio delle eccellenze italiane e del nostro Made in Italy. Read the full article
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corallorosso · 4 years ago
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Quanto siamo prevedibili Negli ultimi anni, un’accresciuta familiarità con gli annunci pubblicitari che visualizziamo sugli smartphone e su altri dispositivi digitali ha stimolato, tra le altre cose, una serie di riflessioni sui limiti e sulle condizioni di utilizzo degli strumenti che permettono alle aziende di applicare strategie di marketing sempre più complesse e di indirizzare le comunicazioni commerciali a determinati e selezionati gruppi di utenti. (...) Oggi, quegli aspetti possono essere facilmente rilevati e poi analizzati sfruttando potenze di calcolo e di archiviazione digitale inimmaginabili fino a pochi decenni fa. Insieme a una consapevolezza più estesa dei meccanismi di raccolta dei dati, sono cresciute tra gli analisti le preoccupazioni riguardo ai rischi e alle implicazioni di un’applicazione su larga scala di strategie esplicitamente tese a sviluppare modelli predittivi di comportamento della popolazione. (...) I maghi, gli strateghi del marketing e quelli della politica, secondo Novella, hanno in comune una conoscenza profonda dei modi in cui le persone indirizzano la loro attenzione ed elaborano informazioni, conoscenza che nel corso del tempo si è sviluppata come individuazione di schemi ricorrenti e prevedibili nelle risposte umane. Recentemente, nella misura in cui sono sempre più spesso guidate da dettagliati studi di psicologia e analisi condotte su grandi quantità di dati, le campagne politiche hanno cominciato a somigliare sempre di più a campagne di marketing. E questo approccio condiviso, spiega Novella, si basa sull’idea che le persone «non siano i fiocchi di neve unici che ci piace pensare che siano, ma siano più simili a pecore che possono essere radunate». (...) Uno dei pregiudizi cognitivi noti da più tempo e alla base della prevedibilità di molte nostre decisioni, spiega Novella, è dato dalla nostra tendenza a semplificare eccessivamente le cose in modo da poterle comprendere e ricordare, riducendo il carico cognitivo. Un esempio classico è il pregiudizio della cifra a sinistra, ossia la nostra tendenza a semplificare un numero in una stima basata sulla cifra più a sinistra. È questa la ragione per cui così spesso le offerte prevedono un costo di 9,99 o 19,99 euro anziché di 10 o 20 euro. Un altro pregiudizio molto noto è quello di ancoraggio, che descrive la nostra inclinazione a prendere, sulla scorta di altre informazioni usate come riferimento, decisioni che non prenderemmo in assenza di quel riferimento. Per esempio, un individuo può essere più propenso ad acquistare un’auto se quell’auto è affiancata da un modello più costoso (l’àncora, appunto). Nelle trattative di acquisto quell’individuo potrebbe trovare ragionevole un prezzo inferiore a quello dell’auto di riferimento, anche nel caso in cui quel prezzo fosse comunque superiore all’effettivo valore di mercato dell’auto. (...) Le due prospettive più «spaventose», secondo lui, riguardano l’applicazione di queste strategie per la promozione delle pseudoscienze e per la diffusione di messaggi politici. Il fatto che fenomeni come la medicina alternativa siano apparentemente promossi soltanto per vendere prodotti e servizi, dice, non dovrebbe far perdere di vista il fatto che quelle strategie contribuiscono poi a costruire o rafforzare rappresentazioni del mondo molto parziali, a volte espressamente basate sulle pseudoscienze e apertamente ostili alle alternative offerte dalla scienza. (...) Negli ultimi due decenni, sostiene Novella, privilegiando un approccio basato sulla massimizzazione dei guadagni basati sui clic, gli algoritmi utilizzati dai social media hanno contribuito a produrre grandi sottoculture di teorici della cospirazione. Sono persone apparentemente prive del buon senso o della capacità di rilevare evidenti menzogne, scrive Novella. «Prendi “QAnon”: se 20 anni fa vi foste vantati di poter convincere milioni di persone del fatto che il mondo sia governato da pedofili adoratori di Satana, al punto che i sostenitori di questa teoria avrebbero effettivamente conquistato un importante partito politico, avreste pensato che quelle persone fossero degli svitati». Il populismo “tossico”, definito da Novella come «la capacità di manipolare emotivamente ampi segmenti della popolazione», è sempre stato il punto debole delle democrazie: la sostenibilità di questa forma di governo sarebbe oggi più che mai subordinata alla nostra capacità di esercitare un pensiero critico. (...) Il Post
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valerio · 2 years ago
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“In che modo il confronto con i tempi geologici, con i progressi atmosferici a lungo termine o il tempo di degradazione della microplastica e dei rifiuti tossici influenza la temporalità della nostra vita quotidiana? In che modo la AI incide sulla dimensione temporale delle nostre relazioni reciproche? Stiamo assistendo alla comparsa di qualcosa che potremmo chiamare «tempo digitale», che oggi si è intrufolato nella familiare e nidificata gerarchia temporale dei tempi fisici, biologici e sociali?
Helga Nowotny
http://www.quadernidaltritempi.eu/helga-nowotny-le-macchine-di-dio-algoritmi-predittivi
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scienza-magia · 2 years ago
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La black box di un futuro creato con l'intelligenza artificiale
Il vicolo cieco delle profezie dell’algoritmo. Invece di prevedere il futuro, i sistemi predittivi di IA rischiano di riproporre il passato a oltranza: una lettura di Le macchine di Dio di Helga Nowotny. A partire dal Diciassettesimo secolo, la nostra società iniziò ad affrontare una profonda trasformazione. Una trasformazione che fu, a sua volta, la conseguenza delle scoperte e dei progressi scientifici, filosofici, industriali, meccanici e tecnologici che si succedettero a un’impressionante rapidità, generando nuove idee e nuove richieste: libertà individuale, tolleranza religiosa, uguaglianza. Gli orizzonti mentali si ampliarono mentre le distanze geografiche, grazie ai nuovi mezzi di trasporto, si ridussero. Rivoluzione scientifica e industriale. Rivoluzioni politiche (particolarmente in Francia e negli Stati Uniti). Illuminismo. È un’epoca spartiacque che provoca un cambiamento concettuale nel modo in cui viene concepito il futuro, che smette per la prima volta di essere visto come qualcosa di largamente predeterminato. Diventiamo noi gli artefici del nostro destino, come mai avevamo pensato di esserlo nei secoli e nei millenni precedenti. Per la prima volta, il domani viene visto come un orizzonte aperto. “L’esperienza del passato, con il suo ritmo lento e le ridotte possibilità offerte dalla vita – che si limitavano a ereditare quelle della generazione precedente –, ha lasciato spazio all’idea che la vita delle persone potesse essere differente, generando l’aspirazione a un futuro che potesse divergere dal passato”, scrive Helga Nowotny in Le macchine di Dio (di cui ho curato la traduzione per Luiss University Press). Quella che inizia a formarsi è una concezione radicale, secondo cui siamo almeno in parte in grado di controllare il futuro, invece di essere vittime di un destino ineludibile.
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Avanti veloce di quattro secoli e oggi rischiamo di trovarci di fronte a un nuovo radicale cambiamento. Nel suo saggio Nowotny indaga infatti l’impatto che gli algoritmi di intelligenza artificiale – e le tecnologie digitali nel complesso – stanno avendo sulle nostre vite. Stiamo vivendo, scrive, una sorta di restaurazione della nostra concezione del futuro, scatenata proprio dalla cieca fiducia nei confronti dell’intelligenza artificiale. Attenzione: Nowotny non fa riferimento qui ai (mal riposti) timori che dai calcoli statistici del deep learning (lo strumento che oggi è quasi sinonimo di intelligenza artificiale) emerga una superintelligenza, e nemmeno agli scenari fantascientifici di una IA “senziente” o “autocosciente”. A minacciare una visione aperta del futuro sono, secondo Nowotny, gli algoritmi predittivi, strumenti sempre più diffusi in ogni ambito. A minacciare una visione aperta del futuro sono piuttosto, secondo Nowotny, gli algoritmi predittivi: strumenti sempre più diffusi in ogni ambito – da quelli che indicano a chi erogare un mutuo a quelli che valutano i candidati per un posto di lavoro; da quelli che suggeriscono ai bambini il loro futuro professionale a quelli che dicono chi debba uscire di galera – e a cui stiamo attribuendo una responsabilità decisionale sempre maggiore. “Più il processo decisionale viene però trasferito agli algoritmi predittivi, maggiore è il potere che essi eserciteranno, finché non saranno completamente radicati nel tessuto sociale della società. C’è il rischio di tornare a una visione deterministica della società”, scrive ancora Nowotny, che è docente emerita di studi scientifici e tecnologici all’ETH di Zurigo e già presidente dell’ERC (Consiglio Europeo della Ricerca). Ma perché corriamo questo rischio? “Se il fato vuole ch’io diventi re, ebbene il fato mi può incoronare, senza ch’io abbia a muovere un sol dito”, afferma Macbeth dopo aver ascoltato la profezia che lo riguarda. Il ragionamento non fa una piega: se è stato profetizzato che io diventi re, non c’è bisogno che faccia assolutamente nulla e comunque lo diventerò. Eppure non è restando a guardare che Macbeth conquista il potere: proprio la profezia che teoricamente gli avrebbe permesso di diventare re “senza muoversi” fa invece sì che lui e Lady Macbeth mettano in moto una serie di eventi che lo incoroneranno Re di Scozia. È la più classica rappresentazione delle profezie che si auto-avverano. Cambia qualcosa se a indicarci quale sarà il nostro futuro è un trio di streghe, come nella tragedia di Shakespeare, o un algoritmo predittivo basato sul deep learning? “Abbiamo a nostra disposizione strumenti molto efficienti che ci permettono di scrutare più lontano nel futuro, coprendo le dinamiche di un’ampia gamma di attività umane e di fenomeni naturali”, scrive Nowotny in Le macchine di Dio. Il tentativo di prevedere il futuro minaccia da vicino il suo orizzonte aperto. Se circola ampiamente, una previsione che ha lo scopo di fare i conti con l’incertezza del futuro può rapidamente trasformarsi in una certezza che potrebbe rivelarsi illusoria . Se abbandonassimo il desiderio umano di conoscere e di capire cosa tiene insieme la nostra realtà, rischieremmo di creare un mondo chiuso e deterministico, gestito da efficienti macchine predittive il cui funzionamento interno resterebbe oscuro e il cui impatto su di noi non verrebbe nemmeno messo in discussione. Alla fine, rischiamo di essere trasformati noi stessi in un sistema predittivo. Il ritorno a una visione del mondo deterministica implicherebbe che l’orizzonte aperto del futuro ricominci a chiudersi. Significherebbe abbandonare una scoperta preziosa e conquistata a fatica, che risale solo a pochi secoli fa. Non sono timori eccessivi? Nella società moderna in fondo utilizziamo già da tempo la statistica per prevedere il futuro (per esempio con l’andamento demografico, le previsioni meteo o l’aumento dei prezzi) senza che ciò influisca in modo significativo sulla nostra libertà quotidiana. La differenza con quanto sta avvenendo e avverrà sempre più con le previsioni algoritmiche, però, sta proprio nel passaggio da previsioni collettive a quelle individuali. È un aspetto fondamentale: gli algoritmi predittivi impiegati in ambito lavorativo non prevedono quali lavori avranno la maggior probabilità di diffondersi, ma se una singola persona sia o meno adatta a svolgerne uno in particolare. Gli algoritmi usati in ambito penitenziario non valutano la necessità di aumentare il numero delle carceri, ma decidono il destino di un singolo carcerato valutando il rischio – con tutto il carico di pregiudizi e di errori che questi strumenti si portano dietro – che il singolo commetta nuovamente dei reati. E lo stesso vale per la sanità, le assicurazioni, l’istruzione, gli acquisti e tutto il resto. Da un certo punto di vista – e ritornando in parte anche al parallelismo con il Macbeth – i nuovi algoritmi predittivi, che non riguardando le medie e le tendenze ma prendono invece “di mira” i singoli, sembrano per molti versi un ritorno alle antiche pratiche divinatorie (come segnalato da Elena Esposito, docente di Sociologia all’Università di Bologna). Rituali e percorsi inafferrabili dai normali esseri umani. Gli algoritmi predittivi rappresentano strumenti di cui è impossibile sapere come siano giunti a una determinata conclusione, essendo il processo nascosto all’interno di miliardi di calcoli (è il celebre problema della black box). Non solo: è impossibile conoscere l’accuratezza delle previsioni algoritmiche, visto che esse si ripercuotono sul nostro comportamento provocando un adeguamento a esse. Per esempio, quando Facebook predice che un post diventerà virale – sulla base di ciò che ha avuto successo in passato – massimizza di conseguenza l’esposizione di quel post, rendendolo così virale e confermando quindi la sua “profezia”. E oscurando magari dei contenuti che, seguendo logiche diverse, avrebbero comunque potuto diffondersi a macchia d’olio. Il cortocircuito tra passato e futuro A spiegare nel modo più chiaro come gli algoritmi di deep learning, più che prevedere il futuro, creino un cortocircuito tra esso e il passato è forse lo strumento di intelligenza artificiale impiegato in una campagna di comunicazione della Smithsonian Institution per “insegnare a una macchina a pensare, agire e dipingere come Rembrandt”, dandole così la possibilità di “prevedere che aspetto avrebbe avuto il prossimo Rembrandt se fosse stato dipinto dal pittore stesso”. È così che nasce “The Next Rembrandt”. Ma c’è un problema: questo quadro prodotto dalla IA non rappresenta affatto il prossimo Rembrandt. Per imparare a farlo, infatti, l’algoritmo ha ricevuto in pasto tutti i ritratti e autoritratti per cui era celebre il maestro olandese. A furia di analizzarne i tratti caratteristici – che nel linguaggio algoritmico diventano i pattern, ovvero gli elementi ricorrenti – l’intelligenza artificiale ha imparato a generare questi stessi tratti per creare un quadro nello stile di Rembrandt. Non c’è nessuna previsione di come sarebbe stato fatto il “prossimo Rembrandt”, ma soltanto un colossale taglia e cuci statistico delle precedenti opere del pittore seicentesco.
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In poche parole, più che una previsione sul futuro è una riproposizione del passato, priva – scrive Nowotny – di quelle “fratture e discontinuità che segnano il grande processo creativo e che ci permettono di riconoscere come le tensioni interne al lavoro di un artista evolvono e vengono negoziate. La creatività irrompe laddove l’imprevedibile fa il suo ingresso in un’opera d’arte”. Tutto ciò non può essere integrato in un algoritmo, che si limita necessariamente – essendo statisticamente addestrato tramite dati – a riproporre una versione diversa di ciò che è già avvenuto in passato. “Oggi, la previsione è fatta principalmente attraverso algoritmi di machine learning, che usano la statistica per riempire gli spazi lasciati vuoti dall’ignoto”, si legge in un articolo della docente di Filosofia Carissa Véliz su Wired USA. “Gli algoritmi testuali utilizzano enormi database linguistici per prevedere la conclusione più plausibile di una stringa di parole. Gli algoritmi dei giochi usano dati provenienti dalle partite del passato per prevedere quale possa essere la mossa migliore. E gli algoritmi che sono impiegati per il comportamento umano usano dati storici per inferire il nostro futuro: cosa compreremo, se stiamo o meno pianificando di cambiare lavoro, se stiamo per ammalarci, se stiamo per commettere un crimine o fare un incidente. In questo tipo di modello, le assicurazioni non riguardano più la condivisione del rischio tra ampi gruppi di persone. Al contrario, la previsione è diventata individualizzata”. Gli algoritmi di deep learning, più che prevedere il futuro creano un cortocircuito tra il futuro e il passato. Poiché si impiegano necessariamente dati provenienti dal passato per (cercare di) prevedere il futuro, il rischio è di continuare a riproporre il passato come modello del futuro, ripetendolo così all’infinito e cancellando la possibilità che le cose cambino. Se provenire da un quartiere svantaggiato di una città fa sì che un algoritmo predittivo aumenti il nostro punteggio relativo al “rischio criminalità”, e se questo aumentato “rischio criminalità” rende meno probabile essere scelti da un algoritmo che seleziona i migliori candidati per un posto di lavoro, ecco che si aumenta inevitabilmente la possibilità che la persona che proviene da una determinata zona non trovi lavori e magari caschi nelle maglie della criminalità. Altro che prevedere il futuro, quello che si viene a creare è un vicolo cieco algoritmico. “Superare le probabilità è al cuore di ciò che significa essere umani”, prosegue Carissa Véliz. “I nostri più grandi eroi sono proprio quelli che hanno sconfitto le chance che gli erano state date: Abramo Lincoln, Mahatma Gandhi, Marie Curie, Helen Keller, Rosa Parks, Nelson Mandela e altri ancora. Il successo di tutti loro è andato ampiamente oltre le aspettative. Qualunque insegnante conosce un ragazzino o una ragazzina che ha conquistato più di ciò che le carte che aveva in mano facevano prevedere. (…) Eppure più usiamo la IA per categorizzare le persone, prevedere il loro futuro e trattarle di conseguenza, più riduciamo la libertà d’azione umana, che a sua volta ci esporrà a rischi inesplorati”. Applicare i limiti degli algoritmi alle loro previsioni in ambito umano fa emergere un enorme problema etico: “Trattare una persona con rispetto significa riconoscere la sua agency e la sua capacità di cambiare se stessa e le sue circostanze”, prosegue ancora Véliz. “Se decidiamo che possiamo conoscere quale sarà il futuro di qualcuno molto prima che esso si verifichi, e lo trattiamo di conseguenza, gli stiamo negando l’opportunità di agire liberamente e di sconfiggere le chance di quella previsione”. Come si diceva all’inizio: profezie che si autoavverano. Lo status quo degli algoritmi predittivi Per arrivare agli scenari della serie tv distopica Westworld, dove Rehoboam, un’intelligenza artificiale avanzatissima, è in grado di prevedere puntualmente il percorso e l’esito delle nostre vite, la strada è ancora lunga. Ma è esattamente quella che abbiamo imboccato. Nel futuro di Westworld, venire marchiati da Rehoboam come “futuro suicida”  ha l’effetto di negare l’accesso a posizioni lavorative che potrebbero consentire di cambiare il proprio destino, rafforzando così il loop a cui siamo stati condannati. “I fondatori di questa macchina le hanno fornito i dati grezzi di chiunque, molto prima che ci fossero leggi sulla privacy”, si racconta in un dialogo della serie. “Ogni acquisto, ricerca lavorativa, visita medica, scelta romantica, chiamata, messaggio: ogni aspetto della tua vita è stato registrato e archiviato”. Rehoboam non conosce il futuro, ma prevede l’esito più probabile delle vite e crea di fatto le condizioni più adatte affinché quel futuro si verifichi. È fantascienza, ma sembra di ritrovare proprio i timori che Nowotny espone ​​nel suo libro. Proviamo a immaginare ora di aver avuto tecnologie del genere già in passato. Come sarebbe cambiata la storia delle idee che invece abbiamo conosciuto? In una puntata del podcast di Mind Matters, Erik J. Larson, autore del saggio The Myth of Artificial Intelligence – propone un parallelo che riguarda l’astronomia: durante secoli di geocentrismo le osservazioni celesti avevano accumulato dati non affidabili. La nuova teoria eliocentrica di Copernico rivoluzionò tutto, e nel farlo si dovette scontrare proprio con quella massiccia mole di dati fallati accumulati nel tempo. È stato l’intuito di una mente umana che ha permesso lo scarto dallo status quo. “Come avrebbe potuto aiutarci l’intelligenza artificiale in questo caso?”, si chiede Larson. Non avrebbe fatto altro che continuare a rafforzare le conclusioni sbagliate ma solidificate nel tempo, e quindi a ottimizzare e confermare il modello geocentrico. Lo stesso avviene oggi: gli algoritmi predittivi di intelligenza artificiale vengono impiegati per rafforzare il sistema in cui siamo immersi, non per aiutarci a cambiare ciò che in questo modello non funziona. “Gli algoritmi di auto-apprendimento non solo ci lasciano vedere nel futuro, possono anche venire addestrati per realizzare il futuro, coproducendolo con noi”, si legge ancora in Le macchine di Dio. Gli esempi sono numerosi, nella nostra nudge society, ovvero la “società del pungolo” che tramite notifiche e premi virtuali ci sprona a comportarci in un modo considerato “sano e produttivo”. Gli algoritmi predittivi di intelligenza artificiale vengono impiegati per rafforzare il sistema in cui siamo immersi, non per aiutarci a cambiare ciò che in questo modello non funziona. Uno tra tanti: LifeCycle è una app che impara le nostre abitudini di vita (quando stiamo lavorando, quando siamo a fare l’aperitivo, quando andiamo a trovare i nostri genitori, ecc.) per poi mostrarci chiaramente, sotto forma di grafico, quanto tempo dedichiamo all’una o all’altra attività e come questo aumenti o diminuisca nel corso del tempo, dandoci così dei chiari segnali su quanto i nostri comportamenti si discostano dagli obiettivi che ci siamo prefissati o che sono considerati “giusti” a livello sociale (“questa settimana hai passato il 15% del tempo in più a fare aperitivi e hai lavorato l’8% in meno, pessimo risultato”). Questi sistemi e algoritmi quindi, scrive sempre Nowotny, “sono progettati per incanalare il comportamento sociale in una direzione che si presume sia benefica per l’individuo e per la società”. Pensiamo che queste app ci permettano di gestire al meglio le nostre vite, quando invece sono loro che le gestiscono per noi, ottimizzandole in base agli interessi del sistema che le ha prodotte. Pensiamo che gli algoritmi predittivi amplino le opportunità e le libertà di scelta dell’essere umano, quando invece rischiano di ripetere all’infinito le dinamiche del passato, intrappolandoci nel vicolo cieco dello status quo. Pensiamo di essere noi a usare questi strumenti algoritmici e digitali, quando invece sono, in parte, loro che ci stanno usando (o addomesticando, come direbbe Nowotny). Pensiamo di usarli per prevedere il futuro e invece sono anche loro che lo plasmano. Se ci affidiamo troppo alle previsioni degli algoritmi, ​​conclude Nowotny, “rischiamo di tornare a una visione del mondo deterministica, in cui tutto è già stato deciso e in cui ci troviamo alla mercé della nostra stessa fiducia verso le previsioni algoritmiche”. Read the full article
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levysoft · 6 years ago
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Per vent’anni i difensori della privacy hanno suonato l’allarme a proposito della sorveglianza online commerciale e del modo in cui le aziende accumulano dossier dettagliatissimi su di noi per aiutare quelli del marketing a mandarci pubblicità mirate. Questo allarme è rimasto inascoltato: la maggior parte della gente era poco convinta che la pubblicità mirata fosse efficace, perché le pubblicità che ricevevamo erano raramente convincenti e quando funzionavano era di solito perché i pubblicitari avevano capito cosa volevamo e si offrivano di vendercelo. La gente che aveva cercato divani vedeva pubblicità di divani, e se comprava un divano le pubblicità continuavano per un po’, perché i sistemi di personalizzazione pubblicitaria non erano abbastanza intelligenti da capire che i loro servizi non erano più richiesti, quindi che male c’era? Il caso peggiore era che i pubblicitari avrebbero sprecato il proprio denaro in pubblicità inefficaci; il caso migliore era che fare acquisti sarebbe diventato più conveniente, perché gli algoritmi predittivi ci avrebbero reso più facile trovare le cose che stavamo per cercare. I difensori della privacy hanno cercato di spiegare che la persuasione era solo la punta dell’iceberg. I database commerciali erano bersagli ghiotti per le spie e per i ladri d’identità, per non parlare dei ricatti alle persone la cui scia di dati rivelava comportamenti sessuali, credenze religiose od opinioni politiche socialmente rischiose. Ora stiamo vivendo il contraccolpo tecnologico e finalmente la gente sta tornando dai difensori della privacy a dire che avevamo ragione da sempre. Data una sorveglianza sufficiente, le aziende sono in grado di venderci qualunque cosa: Brexit, Trump, la pulizia etnica in Myanmar e le candidature elettorali di successo di bastardi assoluti come Erdogan in Turchia e Orban in Ungheria. È molto bello che il messaggio che la privacy è importante stia finalmente raggiungendo un pubblico più ampio, ed è emozionante pensare che ci stiamo avvicinando a un punto di svolta per l’indifferenza verso la privacy e la sorveglianza. Ma anche se il riconoscimento del problema della Big Tech è benvenuto, temo che la diagnosi sia sbagliata. Il guaio è che stiamo confondendo la persuasione automatizzata con il targeting automatizzato. Le bugie risibili su Brexit, stupratori messicani e leggi della Sharia striscianti non hanno convinto persone altrimenti ragionevoli che l’alto sta in basso e che il cielo è verde. Semmai i sofisticati sistemi di targeting disponibili tramite Facebook, Google, Twitter e le altre piattaforme pubblicitarie della Big Tech hanno reso facile trovare le persone razziste, xenofobe, spaventate, arrabbiate che volevano credere che gli stranieri stavano distruggendo il loro paese mentre venivano finanziati da George Soros. Ricordiamoci che le elezioni di solito si decidono sul filo di lana, anche per i politici che hanno mantenuto le proprie cariche per decenni con margini esigui. il 60% dei votanti è una vittoria eccellente. Ricordiamoci, inoltre, che il vincitore nella maggior parte delle elezioni è il partito degli astenuti, perché moltissimi elettori non votano. Se si riesce a motivare anche solo una piccola quantità di questi non votanti in modo che vadano a votare, anche elezioni sicure possono diventare incerte. Se i margini sono stretti, avere un modo economico per raggiungere tutti i membri latenti del Ku Klux Klan di un distretto e informarli con discrezione che Donald J. Trump è l’uomo che fa per loro stravolge tutto. Cambridge Analytica è come un mentalista da palcoscenico: fa qualcosa che richiede molto lavoro e finge che sia qualcosa di soprannaturale. Un mentalista da palcoscenico si addestra per anni a memorizzare rapidamente un mazzo di carte e poi dice che può indovinare la tua carta grazie ai suoi poteri da sensitivo. Non assisterai mai ai suoi esercizi preparatori di memorizzazione, tediosi e per nulla affascinanti. Cambridge Analytica usa Facebook per trovare i cretini razzisti e per dire loro di votare per Trump, e poi dichiara di aver scoperto una tecnica mistica per convincere persone altrimenti ragionevoli a votare per dei maniaci. Non voglio dire che la persuasione sia impossibile. Le campagne automatizzate di disinformazione possono inondare il canale di resoconti contraddittori e apparentemente plausibili della situazione attuale, rendendo difficile per un osservatore comune dare un senso agli eventi. La ripetizione a lungo termine di una narrativa coerente, anche una palesemente insensata, può creare dubbi e trovare seguaci: pensate ai negazionisti dei cambiamenti climatici o ai complottismi su George Soros o al movimento antivaccinista. Ma questi sono processi lunghi e lenti, che producono piccoli cambiamenti nell’opinione pubblica nel corso di anni, e funzionano meglio quando ci sono altre condizioni che li sostengono: per esempio i movimenti fascisti, xenofobi e nativisti che sono le ancelle dell’austerità e delle privazioni. Quando sei a corto di tutto da tanto tempo, sei pronto a recepire i messaggi che incolpano i tuoi vicini per averti privato delle tue legittime spettanze. Ma non abbiamo bisogno della sorveglianza commerciale per creare le folle inferocite: Goebbels e Mao ci sono riusciti benissimo usando tecniche analogiche. Facebook non è un raggio per il controllo mentale. È uno strumento per trovare gente che ha caratteristiche insolite, difficili da localizzare, non importa se queste caratteristiche sono “persona che sta pensando di comprare un frigorifero nuovo”, “persona che ha la stessa malattia rara che hai tu” o “persona che potrebbe partecipare a un pogrom genocida”, e per poi offrire a queste persone un bel frigo doppio o delle fiaccole [tiki torches usate come simbolo dai razzisti americani] mentre si mostra loro una conferma sociale della desiderabilità di questo loro comportamento, sotto forma di altra gente (o bot) che sta facendo la stessa cosa, così si sentono parte di una folla. Anche se i raggi per il controllo mentale restano fantascienza, Facebook e le altre piattaforme di sorveglianza commerciale sono comunque preoccupanti, e non solo perché consentono a persone con visioni del mondo estreme di trovare i propri simili. Raccogliere enormi dossier su ogni persona al mondo fa paura già di per sé. In Cambogia, il governo autocratico usa Facebook per identificare i dissidenti, arrestarli e torturarli; la US Customs and Border Protection [ente di protezione delle frontiere statunitensi] usa i social media per considerare colpevoli per prossimità coloro che visitano gli Stati Uniti e impedisce a questi visitatori di entrare nel paese sulla base delle loro amicizie, delle loro affiliazioni e dei loro interessi. Poi ci sono i ladri d’identità, i ricattatori e i truffatori, che usano i dati degli enti di valutazione del credito, i dati degli utenti che sono stati trafugati e disseminati e i social media per rovinare la vita della gente. E infine ci sono gli hacker, che potenziano i propri attacchi di “social engineering” rastrellando informazioni personali per creare impostori convincenti che ingannano i loro bersagli e li inducono a rivelare informazioni che consentono loro di penetrare nelle reti sensibili. Va di moda trattare le disfunzioni dei social media come il risultato dell’ingenuità dei primi tecnologi, che non sono stati capaci di prevedere questi esiti. La verità è che la capacità di costruire servizi simili a Facebook è piuttosto comune. Quella che è rara è l’incoscienza morale necessaria per farlo. Il fatto è che è sempre stato evidente che spiando gli utenti di Internet si poteva migliorare l’efficacia delle pubblicità. Non tanto perché spiare ti offre intuizioni fantastiche di nuovi modi per convincere la gente a comprare prodotti, ma perché attesta quanto sia inefficace il marketing. Quando il tasso di successo atteso di una pubblicità è ben al di sotto dell’uno per cento, raddoppiare o triplicare la sua efficacia ti lascia comunque con un tasso di conversione inferiore all’un per cento. Ma è stato altrettanto evidente fin dall’inizio che ammassare immensi dossier su chiunque usi Internet avrebbe potuto causare problemi reali a tutta la società; problemi infinitamente più grandi di quei minuscoli vantaggi che quei dossier avrebbero prodotto per i pubblicitari. È come se Mark Zuckerberg si fosse svegliato una mattina e si fosse reso conto che gli stracci imbevuti di petrolio che stava accumulando nel suo garage si potevano raffinare per estrarne un greggio di bassissima qualità e di infimo valore. Nessuno sarebbe stato disposto a pagare granché per quel petrolio, ma gli stracci erano tanti, e finché nessuno gli chiedeva di risarcire gli inevitabili roghi che sarebbero avvenuti per il fatto di aver riempito i garage del mondo di stracci imbevuti di petrolio, Zuckerberg avrebbe potuto incassare un bel guadagno. Dieci anni dopo il mondo è in fiamme e stiamo cercando di dire a Zuckerberg e ai suoi amici che dovranno risarcire i danni e installare gli impianti antincendio che chiunque si fosse messo ad immagazzinare stracci impregnati di petrolio avrebbe dovuto pagare sin dall’inizio, e l’industria della sorveglianza commerciale non ha assolutamente intenzione di considerare nulla del genere. Il motivo è che i dossier riguardanti miliardi di persone hanno il potere di causare danni quasi inimmaginabili, eppure ogni singolo dossier fa incassare solo qualche dollaro l’anno. Affinché la sorveglianza commerciale sia remunerativa, deve scaricare sulla società tutti i rischi legati alla sorveglianza di massa e privatizzare tutti i guadagni. C’è una parola antica per questa cosa: corruzione. Nei sistemi corrotti, pochi malfattori costano miliardi a tutti gli altri per incassare milioni. Il risparmio che può avere una fabbrica scaricando inquinanti nei bacini acquiferi è molto più piccolo dei costi che subiamo tutti per il fatto di essere avvelenati dagli scarichi. Ma i costi sono ampiamente distribuiti, mentre i guadagni sono fortemente concentrati, per cui chi trae beneficio dalla corruzione può sempre spendere più delle proprie vittime per rimanere impunito. Facebook non ha un problema di controllo mentale: ha un problema di corruzione. Cambridge Analytica non ha convinto della gente di buon senso a diventare razzista: ha convinto i razzisti a diventare elettori.
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stefano-ushare · 4 years ago
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Sai cosa sono i Big Data? Sono una fonte inesauribile di ricchezza
Sette anni fa si prevedeva che tra 2013 e 2020 la produzione di dati dell’universo digitale sarebbe cresciuta di 10 volte, ma i fatti hanno raddoppiato le previsioni.
Oggi i Big Data vengono definiti: IL NUOVO PETROLIO
Gli algoritmi predittivi del nostro comportamento sono da sempre un asso nella manica dei grandi attori del mondo tech.
Google, Facebook, Netflix e Amazon usano accurati modelli di “propensione comportamentali” per raccogliere le nostre preferenze su ristoranti, film e serie, viaggi e sono in grado di mirare il cliente con proposte commerciali sempre più pertinenti.
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enkeynetwork · 5 years ago
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Agrorobotica contro gli insetti nocivi
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In un mondo sempre più inquinato, in cui l'uso dei pesticidi minaccia seriamente gli insetti impollinatori come le api, un aiuto può arrivare dal brevetto SpyFly di Agrorobotica. Ma di cosa si tratta esattamente? E come può essere realmente impiegata questa nuova tecnologia?
Il progetto SpyFly
La sartup Agrorobotica ha sviluppato un sistema di monitoraggio innovativo. Sfruttando algoritmi di intelligenza artificiale altamente voluti e in grado di apprendere è possibile riconoscere molto più in fretta l'arrivo di insetti dannosi per le colture. La possibilità di individuare prima le criticità del raccolto permette di agire contro gli insetti in modo più mirato. SpyFly è ora in una fase avanzata di test e consiste in un trappola robotica per insetti che utilizza i richiami sessuali per attrarli a base di feromoni. In questo modo la trappola può catturarli e riconoscerli (tramite sofisticati algoritmi di intelligenza artificiale. In questo modo è possibile individuare se c'è o meno la presenza di parassiti dannosi e andare a lavorare tempestivamente solo all'eliminazione del tipo specifico rilevato.
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La prima versione di SpyfFy di Agrorobotica, attira gli insetti con i feromoni e li riconosce grazie all'AI Ad oggi la tecnica è quella di prevenire qualsiasi tipo di insetto utilizzando vari tipi di pesticidi, spesso anche in combinazione, senza essere sicuri di una reale infestazione delle colture. Il dispositivo è anche ecologico per quanto riguarda l'alimentazione, infatti utilizza i pannelli solari. Ma non è tutto, su richiesta è possibile integrarlo con diversi sensori specifici e anche una centralina meteo. Per avere un quadro più chiaro e preciso della situazione dei vari raccolti e operare le scelte più corrette. Tutto il sistema poi è smart, è possibile ricevere i dati in tempo reale su smartphone e PC. Il sistema prevede anche di impostare avvisi per esempio quando vengono rilevati degli insetti nocivi. Agrorobotica ha dotato Spyfly di un algoritmo auto-adattivo proprietario. Permette col tempo, grazie alla rilevazione delle informazioni delle varie catture, di creare dei modelli predittivi per prevenire future infestazioni. Questo progetto vuole aprire le porte ad un più largo sviluppo di agricolture biologiche, senza il rischio di perdere il raccolto con il conseguente aumento dei prezzi.
Chi è Agrorobotica
Per una piena sostenibilità ambientale è opportuno ridurre se non eliminare totalmente i pesticidi, senza rischiare di perdere il raccolto. Per questo motivo nasce Agrorobotica, di origini gossetane, nel 2017 a Scarlino. Cresce all'interno dell'incubatone milanese TH2 e inizia a sviluppare soluzioni per l'agricoltura di precisione e del farming management. Ora la startup è anche supportata dalla Fondazione Social Venture Giordano Dell'Amore, una divisione della Fondazione Cariplo in ambito di impact investing. Agrorobotica ha ricevuto dalla fondazione 300 mila euro di investimento per ampliare il loro progetto. Per questo motivo è già in produzione il nuovo modello 2020 di SpyFly rivisto e migliorato.
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Agrorobotica sostiene un'agricoltura biologica con SpyFly L'obiettivo è quello di ridurre le perdite di raccolto (e quindi anche lo spreco alimentare) oltre a ridurre l'utilizzo di prodotti anti-parassitari. In caso di coltivazioni delicate come la vite, l'olivo o gli alberi da frutta, a causa dei parassiti, si può perdere dal 20 al 50% del raccolto. Spesso oltre a non riuscire ad agire tempestivamente, è difficile proprio individuare qual'è l'insetto nocivo e il rischio è quello di procedere a tentoni utilizzando impropriamente insetticidi dannosi. Spyfly sembra il futuro dell'agricoltura 4.0 che in Italia vale tra i 370 e i 430 milioni di euro. Sempre più aziende la utilizzano e le soluzioni vanno dalla Internet of Things (IoT) ai data analysis, arrivando all'utilizzo della robotica, ma anche dei droni. Read the full article
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freedomtripitaly · 5 years ago
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Dalla personalizzazione in tempo reale di alcuni servizi agli algoritmi predittivi per gestire la cancellazione dei voli, dall'utilizzo di chatbot per migliorare la comunicazione in cabina a soluzioni di... https://ift.tt/2LX9iMP Le hostess? Diventeranno chatbot. Come l’AI sta cambiando i viaggi in aereo - Il Sole 24 ORE Dalla personalizzazione in tempo reale di alcuni servizi agli algoritmi predittivi per gestire la cancellazione dei voli, dall'utilizzo di chatbot per migliorare la comunicazione in cabina a soluzioni di... Dalla personalizzazione in tempo reale di alcuni servizi agli algoritmi predittivi per gestire la cancellazione dei voli, dall'utilizzo di chatbot per...
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pctfacile · 6 years ago
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#53 Giustizia predittiva, come la Matematica cambierà il Diritto? by Francesco Posati Prenota la tua consulenza online sul tema della puntata http://bit.ly/2BlDHhL Sostieni il podcast su http://bit.ly/2TuQiWO e su http://bit.ly/2BiGCYC... Ospite della puntata #53 di #PCTfacile è il prof. Luigi Viola [https://goo.gl/vau8KA], autore del libro «Interpretazione della legge con modelli matematici. Processo, a.d.r., giustizia predittiva», pubblicato a luglio 2017 dal Centro Studi Diritto Avanzato Edizioni. Il libro si è rivelato un caso editoriale in Italia di successo per l’argomento trattato: è il primo a occuparsi in maniera integrata del fenomeno della giustizia predittiva. Cioè la possibilità di interpretare la legge e anticipare l'esito di un giudizio finale tramite modelli matematici. L'obiettivo del libro punta a restituire certezza al diritto, tramite l’ausilio di modelli matematici. Per questo Il Prof. Viola ha elaborato un algoritmo che permette l’interpretazione della legge, partendo dalla valorizzazione dell’unica disposizione di legge che se ne occupa: l’art. 12 Preleggi. In Italia la questione è affrontata solo a livello teorico-accademico; in Europa e, soprattutto, in USA gli algoritmi predittivi, da meri strumenti di lavoro di supporto agli avvocati, si trasformano in veri e propri agenti di "intelligenza artificiale" capaci di sostituirsi al giudice nella decisione dei casi. Questo argomento può sembrare avveniristico, ma la "Giustizia predittiva" ha le sue radici nella Storia con Leibniz e alla sua “Ars combinatoria” del 1666. Ma dagli anni Anni 60 sono nati i primi calcolatori che riproducevano in maniera automatizzata la logica giuridica. Domani i Robot toglieranno il lavoro nell’amministrazione della Giustizia agli uomini? Nell'intervista io e Luigi Viola abbiamo parlato di sinteticità degli atti, interpretazione/arbitrarietà; quale è il rapporto tra la logica matematica e il processo creativo del pensiero umano; come gli algoritmi nell'amministrazione della Giustizia influenzeranno gli avvocati e molto altro ancora. Ascolta la puntata e lasciami il tuoi feedback. E ricorda, viviamo futuro digitale
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sdiautomazione-blog · 6 years ago
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SmartGeo: il potere della Terra
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Lo sviluppo ecosostenibile delle infrastrutture di produzione di energia ha portato, negli ultimi 10 anni, ad una crescita esponenziale dell’utilizzo di fondi di energia pulita, con le stime degli esperti che vengono ritoccate al rialzo anno dopo anno.
In questo contesto, forse non tutti sanno che l’Italia è uno dei pochi paesi a poter contare, oltre che sull’energia Idroelettrica, Eolica e Solare, anche su quella Geotermica per coprire i fabbisogni pubblici e privati. Non solo, l’Italia fu pioniera assoluta nel campo dello sfruttamento dell’energia del sottosuolo, con le prime installazioni che risalgono al 1904 presso il comune di Larderello (Toscana).
Oggi, la geotermia assolve al 6% del fabbisogno di energia elettrica italiana ed è presente soprattutto nella regione Toscana, nei territori compresi tra le province di Pisa, Siena e Grosseto.
Nell’ottica di fornire una spinta importante alla crescita delle infrastrutture che permettono di sfruttare la grande potenzialità che l’energia del terreno ci offre, Sdi partecipa al Progetto SmartGeo, finanziato attraverso bando dalla Regione Toscana per l’accesso al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale POR CreO.
Il progetto, sviluppato in partenariato con la Scuola Superiore degli Studi San’Anna Pisa, l’Università degli studi Firenze, Enel Green Power ed ISE, si pone l’ambizioso obiettivo l’ottimizzazione delle performance e l’aumento dell’efficienza ed affidabilità degli impianti produttivi attraverso lo sviluppo di un sistema avanzato di monitoraggio in tempo reale.
Per la realizzazione dell’impianto pilota è stato scelto il sito “Rancia 2″ di Enel Green Power, localizzato nel comune di Radicondoli (SI), per il quale il progetto prevede il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
Prevenire eventi accidentali riguardanti il vapore (affogamento dei pozzi, perdite dai vapordotti, allarmi di blocco)
Ridurre le rotture causate da un utilizzo in condizioni non ottimali
Ottimizzare gli interventi di manutenzione, introducendo algoritmi predittivi
Identificare e correggere le inefficienze causati da assetti non ottimali di funzionamento
Il progetto si articola in 3 fasi, che prevedono dapprima la sperimentazione sull’impianto di Rancia 2, per poi estendere i risultati del progetto ai 7 impianti gemelli limitrofi e, in una terza fase, alla totalità delle 37 installazioni geotermiche di proprietà di Enel.
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L’approfondito Know-How di processo sviluppato da Sdi sin dagli anni ‘80 con la fornitura del primo sistema di rilevamento in tempo reale dei microsismi applicati agli impianti Geotermici (sistema SAMES di Larderello) ci rende il partner ideale per la realizzazione del sistema di diagnostica predittiva, delle interfacce di gestione e dell’opera di integrazione con il pre-esistente sistema di Telecontrollo di impianto.
Sebbene ancora in fase di sviluppo il progetto sarà presentato al workshop South-Eastern Region Workshop 2018 a Zagreb, Croatia, il 19-20 di settembre 2018, nell’ambito della discussione “Digitalizzazione dell’operatività e della manutenzione di impianti di produzione geotermica”.
Per maggiori informazioni sulla manifestazione, consultate il sito della manifestazione:
https://www.etip-snet.eu/regional-workshops/
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purpleavenuecupcake · 7 years ago
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Con l’avvio dell’HPC4, Eni ha il sistema di supercalcolo più potente al mondo a livello industriale
Eni ha avviato presso la propria infrastruttura di supercalcolo, situata nel Green Data Center di Ferrera Erbognone, il nuovo supercalcolatore denominato HPC4, quadruplicando la potenza dell’intera infrastruttura e rendendola la più potente al mondo a livello industriale. HPC4 ha infatti una performance di picco pari a 18,6 Petaflop che, associata a quella del sistema di supercalcolo già operativo (HPC3), porta l’intera infrastruttura a raggiungere una disponibilità di potenza di picco pari 22,4 Petaflop, vale a dire 22,4 milioni di miliardi di operazioni matematiche svolte in un secondo. Se si prendono a riferimento i valori riportati nella classifica Top500 dei supercomputer più potenti al mondo pubblicata a novembre dello scorso anno (la prossima verrà pubblicata a giugno 2018), il sistema di supercalcolo di Eni si collocherebbe tra i primi dieci al mondo, primo tra i sistemi non-governativi e non-istituzionali. Il Green Data Center di Eni è stato concepito come un'unica infrastruttura IT per ospitare tutta l'architettura HPC e tutte le altre applicazioni gestionali. I supercalcolatori del Green Data Center (l’HPC3 e il nuovo HPC4) forniscono un supporto strategico al processo di trasformazione digitale di Eni lungo tutta la sua catena del valore, dalle fasi di esplorazione e sviluppo dei giacimenti oil & gas, alla gestione dei ‘big data’ generati in fase di operation da tutti gli asset produttivi (upstream, refining e chimici). L’infrastruttura di calcolo di Eni funziona sulla base di un unico ecosistema di algoritmi estremamente avanzato e complesso, creato, sviluppato e di proprietà di Eni, e basato sull’esperienza e sul know how della compagnia.  HPC4, in particolare, consentirà per le attività upstream l’esecuzione e l’evoluzione degli algoritmi dedicati all’imaging geofisico tridimensionale, alla modellizzazione dei sistemi petroliferi, e all’elaborazione di modelli sofisticati di simulazione di giacimento e di ottimizzazione degli impianti produttivi.
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L’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha commentato: “Gli investimenti dedicati al potenziamento delle infrastrutture di supercalcolo e allo sviluppo di algoritmi rappresentano una parte importante del processo di trasformazione digitale di Eni. Possiamo elaborare e stoccare enormi quantità di dati per l’imaging geofisico,  la modellizzazione di sistemi petroliferi e di giacimento e altresì utilizzare  algoritmi predittivi e di cognitive computing per tutte le nostre attività di business .Queste tecnologie ci consentono da una lato di accelerare e rendere più efficiente e accurato l’intero processo upstream, riducendo i rischi nella fase esplorativa e guadagnando al contempo un notevole vantaggio tecnologico, ma anche di aumentare il livello di affidabilità, integrità tecnica e continuità operativa di tutti i nostri impianti, con benefici sia in termini di sicurezza che di impatto ambientale. Per la nostra industria è sempre più vitale poter elaborare una quantità di dati in continua crescita, garantendo risultati sempre più accurati e in tempi rapidi: con HPC4 stiamo tracciando la strada dell’utilizzo di supercalcolatori di potenza exascale nel mondo dell’energia, sistemi che potrebbero rivoluzionare le modalità di gestione delle attività oil&gas. In linea con il nostro impegno per la sostenibilità, HPC4 è stato sviluppato in modo da ottenere il massimo livello di efficienza energetica. Inoltre, lo stesso Green Data Center che già utilizza tecnologie innovative per ridurre al minimo le emissioni di CO2 e i costi operativi”. L’architettura del nuovo supercalcolatore HPC4 è stata concepita con la stessa filosofia delle precedenti, tutte basate su una tecnologia cluster ibrida. HPC4 è fornito da Hewlett Packard Enterprise (HPE) ed è costituito da 1.600 nodi HPE ProLiant DL380, ognuno costituito da 2 processori Intel 24-core Skylake (per un totale di oltre 76,000 cores) e 2 acceleratori GPU NVIDIA Tesla P100. I nodi sono connessi attraverso una rete ad alta velocità EDR Infiniband. Il sistema HPC4 sarà affiancato da un sistema di archiviazione di 15 Petabytes ad alte prestazioni.   Read the full article
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valerio · 8 years ago
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Acceleratore sostenibile per modelli predittivi
Prevedere vuol dire cercare di capire quello che potrà succedere e oggi ci sono modelli basati su algoritmi che utilizzano per le previsioni un metodo scientifico. http://nova.ilsole24ore.com/progetti/acceleratore-sostenibile-per-modelli-predittivi/
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cinquecolonnemagazine · 4 years ago
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L’intelligenza artificiale al servizio della medicina: tre casi di successo
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L’intelligenza artificiale sposa il mondo della salute e della medicina. Un matrimonio accelerato dall’emergenza sanitaria del Covid-19 e che lascia molti interrogativi ancora senza risposta, a cominciare dal delicato tema della privacy e della gestione dei dati sensibili dei pazienti, ma che permette di velocizzare le diagnosi e migliorare il dialogo tra dottore e paziente. Di più: può servire alle persone per assumere un determinato farmaco con maggiore consapevolezza, così come semplificare la vita dei ricercatori scientifici aiutandoli a districarsi tra migliaia di pubblicazioni. L’intelligenza artificiale si muove in tre grandi insiemi: immagini, numeri e parole. Tre verticali che trovano la loro applicazione anche nel mondo della medicina, con obiettivi e sviluppi differenti. Un classico esempio di applicazione dell’AI al verticale dei “numeri” in campo medico è il supporto dell’intelligenza artificiale nell’analisi quantitativa dei dati del paziente: il supporto di algoritmi predittivi permette di ridurre al minimo eventuali errori di interpretazione. Infatti, grazie ad una serie di dati e utilizzando degli algoritmi di machine learning, la macchina è in grado di aiutare il medico nell’analizzare un campione e diagnosticare la patologia. Read the full article
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levysoft · 4 years ago
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State guardando la vostra smart TV, quando all’improvviso il vostro programma preferito si riduce a una piccola finestra per lasciare posto a una pubblicità interattiva. Vi è già successo? Non siete soli. Negli ultimi anni i produttori di televisioni hanno inserito due tecnologie nei loro dispositivi che rendono possibile questo tipo di spot. Da un lato c’è ACR, che raccoglie dati su tutto quello che guardate. Dall’altro c’è HbbTV, che permette ai canali televisivi di inserire contenuti interattivi. In questo articolo cerchiamo di capire cosa sono e a cosa servono queste pubblicità. E come bloccarle, se volete farlo.
Come funziona la pubblicità sulle smart TV
Come bloccare le pubblicità interattive su smart TV
Conclusioni: la pubblicità interattiva è il futuro degli annunci in televisione?
Come funziona l’ACR
Cos’è la HbbTV?
Disabilitare ACR
Bloccare gli annunci interattivi
Come funziona la pubblicità interattiva sulle smart TV
Chi naviga spesso su internet sa che la pubblicità è sempre più “mirata”.Questo termine da solo è il motivo per cui aziende come Google e Facebook possono offrire servizi gratuiti e fatturare comunque miliardi di dollari. Per semplificare in poche parole un fenomeno complesso, i siti internet che visitateraccolgono delle informazioni su di voi: quali articoli avete letto di recente, quali prodotti avete cercato, quali post avete apprezzato sui social. Queste informazioni servono poi per proporvi degli annunci mirati: se i dati dicono che state cercando un nuovo TV di alta qualità, vi propongono la pubblicità dell’ultimo OLED.
Finora la televisione invece funzionava (e per la maggior parte funziona ancora) con pubblicità “contestuali”. Durante gli annunci in mezzo a un cartone animato pubblicizzano un nuovo gioco o prodotti per la scuola, nelle pause di un documentario storico trovate la pubblicità di libri e abbonamenti a riviste, e così. Ci sono però due tecnologie che stanno cambiando quest’approccio pubblicitario.
La tecnologia dietro l’ACR è piuttosto sofisticata ma l’obiettivo è semplice da capire anche per i non addetti: identificare quello che state guardando sulla TV. Per farlo, l’ACR utilizza due metodi:
L’impronta sonora dei contenuti, ossia le caratteristiche della colonna sonora e dei dialoghi che permettono di riconoscere quello che state guardando. Questa tecnologia venne usata la prima volta da Shazam, nata come applicazione per riconoscere canzoni in pochi secondi.
I watermark digitali, informazioni trasparenti che vengono inserite nei video per indicare l’autore e chi detiene i diritti del contenuto, per evitare contraffazioni.
Usando questi due metodi di identificazione, le TV possono riconoscere quello che state guardando. Un po’ come i cookies su internet che possono ottenere informazioni su quello che leggete nei siti.
Questo è il motivo per cui quando arrivate su un canale che chiede informazioni alla vostra smart TV trovate a volte un piccolo pop up che chiede di accettare il trattamento dei vostri dati. Ci dispiace dirvelo, ma anche se scegliete di non accettarlo su quel canale, l’ACR continuerà a registrare quello che guardate. La registrazione non avviene solo sulla classica TV, ma anche su Netflix e altri servizi in streaming, e persino sui vostri DVD o Blu-Ray. Insomma, l’ACR si applica a tutti i contenuti.
La sigla HbbTV sta per Hybrid broadcast broadband TV ed è la tecnologia delle app TV interattive. La HbbTV non solo permette di ricevere il canale attraverso il digitale terrestre o il satellite ma anche di integrare funzioni internet. In sostanza, questa tecnologia arricchisce il canale permettendovi di cliccare un tasto per trovare contenuti extra o informazioni, piuttosto che aprire il programma in un’app on demand per rivederlo da capo.
Infatti, ACR e HbbTV non vengono usate solamente per la pubblicità: alcuni canali le possono usare per mostrarvi la biografia e filmografia di un attore(quando vi chiedete “ma dove l’ho già visto?”), oppure per dare contenuti extraimpossibili da sfruttare prima dell’arrivo delle smart TV.
Detto questo, però, bisogna essere consapevoli del fatto che la HbbTV serve anche, e soprattutto, per inserire contenuti pubblicitari interattivi. Quando state guardando un evento sportivo in TV e l’immagine si riduce, per chiedervi se volete scoprire di più sulla nuova auto in promozione imperdibile: quello è un contenuto HbbTV.
Abbinato alla tecnologia ACR, questo nuovo tipo di pubblicità permette di sponsorizzare prodotti mirati, collegandovi anche al sito di ecommerce. Parliamo di spot e annunci mirati molto profittevoli per le aziende che producono TV e per quelle che trasmettono contenuti.
Come bloccare le pubblicità interattive sulla smart TV
Seppur mirate, molti utenti trovano le pubblicità interattive fastidiose perché non sostituiscono la pubblicità classica. Esse vanno infatti a sommarsi ad essa. E dopo aver pagato molto per una smart TV e aver guardato gli annunci pubblicitari ogni mezz’ora del film, vedere la schermata che si riduce durante il duello finale con il cattivo per pubblicizzare lo spazzolino elettrico che stavate cercando può essere davvero frustrante.
Se questo è il vostro caso, ecco quello che potete fare per bloccare la pubblicità laterale sulle smart TV. O perlomeno limitarne l’impatto.
La tecnologia di tracciamento di quello che guardate sulla vostra TV è di fatto una limitazione della vostra privacy. Come tale, è segnalata nei termini d’uso del vostro televisore: se avete letto la lunghissima normativa la prima volta che lo avete acceso, ve ne siete accorti. Se non l’avete fatto, possiamo dirvi che nessuno legge quella documentazione, quindi non preoccupatevi.
Tutte le smart TV che hanno l’ACR la utilizzano di default, non solo per la pubblicità ma anche per fornire contenuti extra. Se volete disabilitarla, la procedura esatta varia non solo da marchio a marchio di smart TV ma persino da modello a modello di televisore. Ecco quindi una guida pratica alla disabilitazione dell’ACR sui principali smart TV.
ACR Smart TV Samsung: andate su Impostazioni >Termini e politiche > disattivate visualizzazione dei servizi d’informazione (potete anche disattivare il riconoscimento vocale).
ACR TV LG: andate su Impostazioni > Tutte le Impostazioni > Generale >disattivate LivePlus.
ACR Fire TV: andate su Impostazioni > Applicazioni> “Raccogli dati di utilizzo di app e over-the-air” è la voce da disattivare.
ACR Roku TV: andate su Impostazioni > Privacy > Esperienza Smart TV > deselezionate Usa informazioni per ingressi TV.
Molti altri smart TV (Sony, Sharp, TCL, Element, Sanyo, Toshiba, Philipse quasi tutti quelli basati su Android TV) usano Samba TV. Per disattivarlo andate su Impostazioni della TV e disabilitate “Servizio TV interattivo” (la voce potrebbe essere sotto un altro menu).
Le istruzioni fornite sono valide per il sistema operativo più recente. In altre versioni potrebbero cambiare i nomi dei menu. Se doveste avere difficoltà, scriveteci pure su Facebook.
Dopo aver disabilitato l’ACR, il secondo step è quello di bloccare gli annunci interattivi, ossia le pubblicità laterali che vi infastidiscono mentre guardate film o eventi sportivi (o qualsiasi cosa vi stiate godendo). Questi spot vengono trasmessi dalle emittenti televisive. Quindi non è detto che questa procedura risolva del tutto il problema: potreste comunque vedere delle pubblicità extra sulle smart TV. Tuttavia, gli spot visualizzati dovrebbero essere inferiori in numero e non interattivi.
Anche in questo caso andiamo per marchio, con la premessa che il nome dei menu e la posizione potrebbero essere diverse in base al sistema operativo.
TV Samsung: andate su Impostazioni > Termini e Politica > disattivate “visualizzazione dei servizi di informazione”.
TV LG: andate su Impostazioni > Tutte le impostazioni > Generale > Informazioni su questo televisore > Accordi utente> disattivate “pubblicità personalizzata”.
Fire TV: andate su Impostazioni > Preferenze > ID pubblicità > quindi disattivate “annunci basati su internet”.
Roku TV: dal menu andate su Impostazioni > Privacy > Pubblicità > “Limita il monitoraggio degli annunci”.
Le televisioni che usano Samba TV (Sony, Sharp, TCL, Element, Sanyo, Toshiba, Philips e quasi tutti quelli basati su Android TV) possono avere diversi menu. In linea di massima però dovrebbero trovarsi in Impostazioni > Servizio TV interattivo > Privacy > “Limita il tracciamento annunci”.
Conclusioni: la pubblicità interattiva è il futuro degli annunci in televisione?
Come avete visto, limitare il tracciamento ACR e la possibilità di vederepubblicità interattive sulla smart TV è possibile. Ma come è successo per la pubblicità sul web, a meno di grandi cambiamenti normativi è probabile che vedremo sempre di più questo tipo di annunci laterali nelle nostre TV. Essi sono un grande vantaggio economico per le aziende, anche se non sono l’unica strada da percorrere.
Come abbiamo spiegato in questo articolo, ci sono alcuni siti che stanno tornando ai contenuti contestuali (la pubblicità dei giocattoli durante i cartoni, ecc.) evitando l’uso dei cookies ma guadagnando comunque bene. Quindi non possiamo dire se le pubblicità interattive sulle smart TV sono il futuro: purtroppo, o per fortuna, non siamo né veggenti né algoritmi predittivi per gli annunci.
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