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AFFIORARE | SURFACING - A VR film By Rossella Schillaci - Trailer
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Mi hai detto di pensare di notte. fuori a camminare nel silenzio della città, lontano da tutti gli stimoli infiniti da cui veniamo costantemente bombardati. dal momento che fuori viene giù il diluvio universale penso che possiamo già adattarci e apprezzare questo momento di riflessione sdraiata a letto. Non ho una particolare ispirazione al momento, volevo solo pensare un po' a te. ho lasciato andare in sordina tanto del nostro rapporto, cercando di nasconderlo nell'oblio quando il ricordo doloroso continuava ad affiorare provocandomi una fitta lancinante. quando ti ho perso il mio terrore era lasciare le nostre memorie, forse nella patetica speranza che finchè tu avessi continuato a vivere nella mia mente non te ne saresti mai andato davvero. continuavo a pensare ai ricordi con te, alle vacanze, ai primi mesi, sperando inconsciamente di dare il giusto peso a quei momenti, quello stesso peso che tu non stavi dando andandotene via. che stupida, pensandoci ora, che stupida sono stata a credere che non fosse stato importante per te, che tutto potesse essere rovinato e definito da una scelta fatta da una persona profondamente diversa rispetto a quella che avevo incontrato nell'ottobre di due anni fa. se ci penso ancora sorrido: rincoglioniti duri, senza sapere dove andare a parare, ci siamo buttati a capofitto completamente alla cieca, senza chiederci se avremmo avuto le forze di rialzarci. ho provato empiricamente che tutti hanno le risorse, o forse è solo uno stupido discorso che mi faccio senza avere realmente la percezione delle persone a me estranee. io ci ho messo la bellezza di nove mesi e anche se adesso mi sento tranquilla so bene che ci saranno ancora momenti distruttivi. saranno meno, certo, e sarà sempre più il tempo che intercorrerà tra uno e l'altro, ma resteranno finchè non sarò in grado di perdonarmi, di redimermi, di accettare i miei errori come accetto quelli di chiunque altro non sia io. purtroppo o per fortuna, se vogliamo analizzarla nell'ottica della crescita personale perpetua, quel momento non è ancora arrivato.
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"Chi guarda nello specchio dell’acqua vede per prima cosa, è vero, la propria immagine. Chi va verso se stesso rischia l’incontro con se stesso. Lo specchio non lusinga; mostra fedelmente ciò che in esso si riflette, e cioè il volto che non esponiamo mai al mondo perché lo veliamo per mezzo della Persona, la maschera dell’attore. Ma dietro la maschera c’è lo specchio da cui il vero volto traspare. È questa la prima prova di coraggio da affrontare sulla via interiore, una prova che basta a far desistere, spaventata, la maggior parte degli uomini. L’incontro con se stessi è infatti una delle esperienze più sgradevoli, alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo che ci circonda. Chi è in condizione di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito: ha perlomeno fatto affiorare l’inconscio personale."
Carl Gustav Jung, Gli archetipi dell’inconscio collettivo.
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Chi ha paura di se stesso ricerca compagnie chiassose e rumori strepitosi, per scacciare i demoni. (I primitivi si servono a questo scopo di urla, musica, tamburi, fuochi d’artificio, scampanii ecc.) Il rumore infonde un senso di sicurezza, come la folla; per questo lo si ama e si ha timore di contrastarlo, perché istintivamente si percepisce la magia apotropaica che ne emana. Il rumore ci protegge da penose riflessioni, distrugge i sogni inquietanti, ci assicura che siamo tutti quanti insieme e facciamo un tale chiasso che nessuno oserà aggredirci. Il rumore è così immediato, così prepotentemente reale che tutto il resto diventa pallido fantasma. Esso ci risparmia la fatica di dire o fare qualsiasi cosa perché persino l’aria vibra della potenza della nostra indomabile vitalità.
L’altra faccia della medaglia è la seguente: non avremmo il rumore se, sotto sotto, non lo volessimo. Non è soltanto inopportuno o addirittura nocivo, ma è un mezzo inconfessato e incompreso, volto allo scopo, una compensazione cioè dell’ansia che invece è motivata fin troppo bene. Nel silenzio infatti l’angoscia porterebbe gli uomini a riflettere e non si può prevedere che cosa allora potrebbe affiorare alla coscienza.
La maggior parte degli uomini teme il silenzio, per cui quando cessa il brusio costante, per esempio di un ricevimento, bisogna sempre fare, dire, fischiare, cantare, tossire o mormorare qualcosa. Il bisogno di rumore è quasi insaziabile, anche se talvolta il rumore diventa insopportabile. E’ comunque pur sempre meglio di niente. Quello che si definisce, significativamente, “silenzio di tomba”, rende terribilmente inquieti. Perché? Vi si aggirano forse i fantasmi? Non credo; in realtà si teme ciò che potrebbe venire fuori dal proprio intimo e quello cioè che abbiamo tenuto alla larga con il rumore.
Carl Gustav Jung - Esperienza e mistero
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DIPTYQUE - LUNAMARIS - Les Essences de Diptyque - Eau de Parfum - Novità 2024 -
Mother Nature in its majestic resilience, patience, fragility, beauty is perpetually inspirational. Diptyque masters five natural elements and gift them with the lost smelling heritage. Wondrous and wild, this olfactory journey is a borderless imagination blast, a declaration of love and respect entrusted to the accords of the new ‘Les Essences de Diptyque’ collection.
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La natura posta al centro dell’atto creativo, un’inesauribile fonte di ispirazione per Diptyque che nell’ultima collezione ‘Les Essences de Diptyque’, elogia cinque elementi naturali immaginandoli dotati di un personale patrimonio olfattivo, non percepibile nel contatto reale.
Corallo, Ninfea, Rosa del Deserto, Corteccia, Madreperla, cinque tesori ai quali viene restituito il piacere sensuale dell’odorare, la loro essenza lasciata affiorare da una dimensione sospesa tra visione onirica e realtà.
Inventare un odore, sorprendere nel trasformarlo in profumo e consentire a chi lo indossa di essere condotto in un luogo di delizia, nello sconfinato universo del diletto aromatico, dove nulla è olfattivamente impossibile.
Lei primeggia come non mai. Custode di nitidi pensieri. Lunamaris traduce in accordi odorosi l’effetto visivo della madreperla, ne coglie la lucentezza iridescente, la fragilità della conchiglia, la profondità degli abissi, regno di spettacolari metamorfosi.
Vibra solenne e silente di riflessi speziati, il pepe rosa dosato per scintillare si allunga nella scia filamentosa argentea dell’incenso e qui raccoglie con gentilezza la sfumatura calda cangiante di cisto e ambra. Come un miraggio, il riverbero di luna e stelle sulle onde calme della notte.
Pack e flacone (refillable) ecofriendly con decor realizzato dall'artista Nigel Peake.
Creata da Fabrice Pellegrin.
Eau de Parfum 100 ml. Online qui
©thebeautycove @igbeautycove
#diptyque#lunamaris#les essences de diptyque#profumi#niche perfumes#scent2024#livelovesmell#thebeautycove
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"Grazie per la parola
che ancora accendi nel mio cuore,
per quel raggio che dal bene
hai ricevuto in dono
e che nel mio abbandono
lasci che nasca
come fosse grano in un deserto,
per quella tua bellezza,
per l’orma divina del tuo sguardo,
per quella tua dolcezza che vorrei baciare
come si bacia l’innocenza,
inginocchiato davanti alla tua anima
quando una lieve ombra
la lascia affiorare sulla carne,
per quello che chiami il tuo peccato,
per il tremore che turba la tua voce
quando mi dici l’indicibile
e lasci l’impronta dell’amore
in questo cuore arato".
(Roberto Carifi da “Amore d’autunno”)
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Stephen King - Portland, Maine, 21 settembre 1947
- Lei ha allucinazioni?
- Tutti i giorni dalle 7 alle 12, quando scrivo: nei romanzieri si chiamano immaginazione. Io vedo realmente, davanti a me, gli orrori che racconto, come fossi ipnotizzato. Tant'è che se non scrivo, mi addormento a fatica e faccio brutti sogni: quelle allucinazioni devono comunque affiorare, nel sonno o nella veglia. Anche la scrittura dà assuefazione come l'alcol.
- Gli esseri umani si sono abituati all’orrore?
Sì, la gente è più abituata all’orrore. Come potrebbe essere altrimenti, dopo quel mattatoio che è stato il ventesimo secolo? E il secolo appena iniziato non si preannuncia meno turpe. Allo stesso tempo, siamo diventati più litigiosi, più disposti a ricorrere alla violenza per risolvere i nostri problemi. Horror e thriller sono due delle tante valvole di sfogo per questi sentimenti negativi.
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Alain Delon, morto l'attore leggenda del cinema francese: aveva 88 anni Alain Delon è morto. L'icona del cinema francese ed internazionale aveva 88 anni. Lo hanno comunicato i figli all'agenzia Afp. «Alain Fabien, Anouchka, Anthony, oltre che il suo cane Loubo, hanno l'immensa pena di annunciare la dipartita di loro padre - si legge nel comunicato - Si è spento serenamente nella sua casa di Douchy, con accanto i suoi figli e i suoi familiari... La famiglia vi chiede di rispettare la propria intimità in questo momento di lutto estremamente doloroso». Chi era Alain Delon Alain Delon, il più talentuoso e affascinante degli attori francesi, morto all'età di 88 anni, si era imposto sulla scena internazionale negli anni Sessanta alla scuola del regista Luchino Visconti, che aveva messo in luce il carattere ambiguo della sua bellezza nei capolavori «Rocco e i suoi fratelli» e «Il gattopardo». Alternando nel corso di tutta la sua carriera il cinema d'autore - a partire da «L'eclisse» di Michelangelo Antonioni dove affiancò Monica Vitti - a quello commerciale, Delon in patria fu diretto da registi quali René Clement, Jean-Pierre Melville e Jacques Deray che ne fecero risaltare lo sguardo freddo e cinico, in contrasto con il suo volto angelico, rendendolo anche l'interprete ideale dell'antieroe noir di molti polizieschi. Per Melville fu il mafioso italoamericano Frank Costello in «Frank Costello faccia d’angelo»; dette il suo volto al gangster Roger Startet ne «Il clan dei siciliani» di Herny Verneuil e a «Zorro» nel film di Duccio Tessari. Nel 1995 al Festival di Berlino, arrivò il meritato riconoscimento al suo talento: l'Orso d'oro alla carriera, mentre solo nel 2019 il Festival di Canne gli ha conferito la Palma d'oro alla carriera; e nel frattempo, nel 2012, gli era stato assegnato il Pardo alla carriera al Festival di Locarno. Nato a Sceaux (Seine) l'8 novembre 1935, all'età di 17 anni, Alain Delon si arruolò nella marina militare francese e nel 1953 venne destinato al corpo di spedizione nel Sud-est asiatico che partecipava alla guerra d'Indocina. Congedato nel 1956, il giovane Alain iniziò a frequentare a Parigi l'ambiente degli intellettuali e il mondo dello spettacolo e a recitare in teatro, finché la sua singolare bellezza e la sua duttilità nell'affrontare ruoli anche modesti vennero notate da alcuni produttori cinematografici. Fu così che per il giallo di René Clément «Delitto in pieno sole» (1960) l'attore, scelto inizialmente per una parte secondaria, ottenne invece quella del protagonista, il subdolo Tom Ripley che uccide un giovane miliardario per assumerne l'identità. Il film ebbe un buon successo e rappresentò per Delon un trampolino di lancio, proponendo per la prima volta quel personaggio controverso a lui estremamente congeniale. Fu però un maestro come Visconti a consentirgli di lasciar affiorare una complessità interpretativa, che lo impose all'attenzione, quando lo diresse magistralmente in «Rocco e i suoi fratelli» (1960), opera in cui lo spirito neorealista si fonde con le cadenze del melodramma. Delon rese perfettamente l'introversa malinconia del giovane protagonista, Rocco Parondi, un figlio del Meridione immigrato a Milano, proletario dall'animo 'viscontianamente' nobile, ma destinato per la sua eccessiva mitezza a risultare un perdente. È sulla ambigua maschera di Alain Delon che il regista Jean-Pierre Melville costruì la figura del sicario di «Frank Costello faccia d'angelo» (1967). In «Borsalino» (1970) di Jacques Deray, il divo ebbe modo di confrontarsi con l'altro attore simbolo del cinema francese, Jean-Paul Belmondo, gareggiando con lui nell'imprimere un piglio canagliesco alla recitazione in una commedia poliziesca che ebbe successo in tutta Europa. E proprio con Belmondo già da tempo era in scena sulle cronache di gossip l'immagine della rivalità con Delon, sebbene i due grandi attori si considerassero amici fino alla fine. Gli anni Settanta furono per Delon contrassegnati da ruoli sempre legati al 'polar', con qualche altra apparizione nel cinema d'autore. L'attore, infatti, sostituì Marcello Mastroianni nel film «La prima notte di quiete» (1972) di Valerio Zurlini, e contribuì a rendere memorabile la figura torbida e romantica del protagonista, Daniele Dominici, un maestro disilluso che rispecchia le contraddizioni e i dubbi di una generazione. Anche in «Mr. Klein» (1976) di Joseph Losey, Delon raffigura alla perfezione un personaggio tragico e sfuggente: l'usuraio perseguitato dall'idea di un altro sé stesso negli anni bui dell'occupazione nazista a Parigi.
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Non sapremo mai
che ne sarebbe stato di noi
se ti avessi potuto spiegare,
se mi avessi potuto ascoltare.
Se ci fossimo trovati di fronte,
sullo stesso marciapiede,
seduti sul prato in un parco
o su una panchina, non importa.
E poi le parole,
poterle pronunciare
e vederle affiorare dalle tue labbra,
con i miei occhi.
Seguirne le traiettorie fino al mio cuore,
come piccoli aeroplani di carta,
leggeri, coraggiosi.
Piccoli kamikaze capaci
di entrare negli spazi
lasciati dalla distanza e dal silenzio.
Da quei luoghi oscuri
dove mi rifugio quando il mondo
non fa per me,
quando il tempo prende
senza lasciare niente,
neanche la paura del buio.
Carla Casolari
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____ "Vorrei poter mettere lo spirito
che si respira in questo periodo
dell'anno in un barattolo e aprirlo
ogni mese per farlo respirare a tutti.
Ho sempre pensato che dicembre
fosse un mese pieno di atmosfere
che incitano le emozioni ad affiorare
dal cuore fin sopra ogni poro della
pelle..."❄️💖
~Anna Gurgone P~
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Chi guarda nello specchio dell’acqua vede per prima cosa, è vero, la propria immagine. Chi va verso se stesso rischia l’incontro con se stesso. Lo specchio non lusinga; mostra fedelmente ciò che in esso si riflette, e cioè il volto che non esponiamo mai al mondo, perché lo veliamo per mezzo della Persona, la maschera dell’attore.
Ma dietro la maschera c’è lo specchio, da cui il vero volto traspare. È questa la prima prova di coraggio da affrontare sulla via interiore, una prova che basta a far desistere la maggior parte degli uomini.
L’incontro con se stessi è infatti una delle esperienze più sgradevoli, alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo che ci circonda. Quando si è in grado di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza, si è solo assolta una piccola parte del compito: si è perlomeno fatto affiorare l’inconscio personale.
Gli archetipi dell’inconscio collettivo | Carl Gustav Jung
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Lo scopo per cui due anime si incontrano è quello di aiutarsi reciprocamente a crescere e questo può avvenire solo se sono disposte sia a scoprirsi che a essere scoperte.
Quando a ciò che si trova nell'inconscio viene permesso di affiorare e di raggiungere la coscienza, il processo di purificazione procede e la scintilla dell'eros rimane sempre viva, impedendo alla relazione di finire in un vicolo cieco.
Tutte le maschere devono cadere, non solo qulle più superficiali, ma anche quelle più profonde. Anche quelle che forse neanche voi stessi conoscete.
Eva Pierrakos
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“ Sarebbe pazzesco da parte nostra collocare le Brigate rosse in una sfera di autonoma e autarchica purezza rivoluzionaria che si illuda di muovere le masse a far saltare le strutture politiche che le contengono; e sarebbe ancor più pazzesco che loro vi si collocassero. La loro ragion d’essere, la loro funzione, il loro «servizio» stanno esclusivamente nello spostare dei rapporti di forza: e delle forze che già ci sono. E di spostarli non di molto, bisogna aggiungere. Di spostarli nel senso di quel «cambiar tutto per non cambiar nulla» che il principe di Lampedusa assume come costante della storia siciliana e che si può oggi assumere come costante della storia italiana. Operazione di puro potere, dunque; che si può soltanto svolgere in quell’area interpartitica in cui, al riparo dai venti ideologici, il potere ormai vive. Non si vuole con ciò escludere che l’esistenza delle Brigate rosse sia appunto «pazzesca»: ma quando dalla pazzia comincia ad affiorare un metodo, è bene diffidarne: come Polonio di quella di Amleto (ma non ne diffidò abbastanza: e così non sia di noi). E il metodo è proprio dall’affaire Moro che comincia ad affiorare. Che quella delle Brigate rosse sia una follia non priva di metodo, tutti lo dicevano e lo dicono. Ma è dalla vicenda di Moro, e attraverso le sue lettere, che si comincia a intravederne il disegno. Come Polonio, Moro, prigioniero e condannato a morte, ha cercato e poi seguito il filo del metodo in quello che dapprima gli sarà parso un labirinto di follia. E già nella prima lettera a Zaccagnini si ha l’impressione che ne abbia scoperto il capo, quando dice: il Partito Comunista «non può dimenticare che il mio drammatico prelevamento è avvenuto mentre si andava alla Camera per la consacrazione del Governo che m’ero tanto adoperato a costruire». E nella seconda: «Il Governo è in piedi e questa è la riconoscenza che mi viene tributata… Ricorda in questo momento – deve essere un motivo pungente di riflessione per te – la tua straordinaria insistenza e quella degli amici che avevi a tal fine incaricato – la tua insistenza per avermi Presidente del Consiglio nazionale (del partito), per avermi partecipe e corresponsabile nella fase nuova che si apriva e che si profilava difficilissima». Ed è da notare come, al tempo stesso che si considera così atrocemente ripagato dal governo che si era tanto adoperato a costruire, da quella operazione, da quella «fase nuova», tenda a prendere distanza: non artefice, ma «partecipe»; non responsabile, ma «corresponsabile». Il punto di consistenza del dramma, la ragione per cui a Moro si deve in riconoscimento (in «riconoscenza») la morte sta appunto in questo: che è stato l’artefice del ritorno, dopo trent’anni, del Partito Comunista nella maggioranza di governo. E le Brigate rosse non solo gliene fanno esplicita imputazione nei loro comunicati, ma ne danno con funebre ardimento la solenne e simbolica rappresentazione facendo ritrovare il suo corpo tra via delle Botteghe Oscure, dove ha sede il Partito Comunista Italiano, e piazza del Gesù, dove ha sede la Democrazia Cristiana “
Leonardo Sciascia, L'affaire Moro - con aggiunta la Relazione Parlamentare, Adelphi (collana Piccola Biblioteca Adelphi n° 332), 2012¹⁴ ; pp. 138-140.
[1ª edizione: Sellerio, 1978]
#L'affaire Moro#Aldo Moro#letture#leggere#citazioni#libri#Leonardo Sciascia#saggistica#scritti saggistici#Brigate Rosse#Democrazia Cristiana#Prima Repubblica#Storia d'Italia del '900#intellettuali italiani#Partito Comunista#PCI#Amleto#Polonio#politica italiana#gattopardismo#Guerra fredda#BR#potere#Giuseppe Tomasi di Lampedusa#terrorismo#XX secolo#DC#Giulio Andreotti#Enrico Berlinguer#Francesco Cossiga
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Piemonte. Una definizione fotografica
Keiichi Tahara
a cura di Adele Re Rebaudengo
Agarttha Arte, Torino 2001, 88 pagine, 25 x 33 cm, con 36 illustrazioni in b/n a piena e doppia pagina ,testo in italiano e inglese
euro 40,00
email if you want to buy [email protected]
Catalogo della personale di Keiichi Tahara al Castello di Rivoli del maggio 2001. Questa mostra da' l'avvio al progetto "Piemonte. Una definizione fotografica" curato da Jean-Luc Monterosso e ideato da Patrizia Mussa e Adele Re Rebaudengo, nato con lo scopo di proporre ogni anno a un fotografo di fama internazionale di presentare, su una tematica liberamente scelta, una visione originale e personale e di costituire cosi' una collezione di fotografie che siano al contempo specchio e memoria. Tahara, di origini giapponesi che vive e lavora a Parigi, ha scelto la Reggia di Venaria in quel momento in fase di restauro. In quel luogo senza ornamenti ne' statue penetra gli spazi e con l'uso della luce fa affiorare quella visione Zen che lo richiama alla sua cultura.
01/03/23
orders to: [email protected]
ordini a: [email protected]
twitter: @fashionbooksmi
instagram: fashionbooksmilano, designbooksmilano tumblr: fashionbooksmilano, designbooksmilano
#Piemonte#Reggia di Venaria#Keiichi Tahara#photography exhibition catalogue#Castello di Rivoli 2001#photohraphy books#fashionbooksmilano
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BYRON PARFUMS - MULA MULA ROUGE EXTRÊME - Rouge Extrême Collection - Extrait de Parfum -
It’s red to me. My bold olfactory statement. A festive sillage that smells of greedy joy.
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Segui la scia scarlatta, rosso rubino, carminio di passione, porpora scintillante, rosso fuoco vivo, anima della festa, in lei emozione, vitalità, desiderio, amore.
Che appagamento sensuale infonde questa fragranza, la senti ardente e maliziosa nelle vellutate, gradienti sfumature di delizia e incanto.
È ammaliante e gioiosa, golosa quanto basta, irriverente e mondana, astutamente amabile, come una scorpacciata di leccornie nei giorni di festa, cornucopia di diletto a cui non devi resistere.
Non avvezza ai rimpianti e per questo sempre al centro dei festeggiamenti, nel momento clou del brindare, calici alzati e nessun limite al piacere, alla soddisfazione di seminare entusiasmo e allegria.
È un rosso che provoca e seduce quello che in Mula Mula Rouge Extrême di Byron Parfums avverti affiorare, senza sosta, da ogni accordo.
Sono i frutti rossi - ciliegia, fragola, lampone - con le loro polpe materiche e succose a stimolare il desiderio di affondare nelle soffici nebbie del godimento, è il lampante vezzo afrodisiaco esalato da caramello e ambra, a reiterare lo stupore, una colata di dolcezza infinita.
Quale meravigliosa sfida per la pelle, destinata a soggiacere alla magia, lusingata da sontuose velature boisé, ecco il maiuscolo sentire ordito dalla generosità olfattiva di oud, legno di sandalo, patchouli e infine la promessa che meriti, rendere il momento memorabile, nel fascino vezzeggiativo della vaniglia. Rosso indelebile.
Extrait de Parfum 15 e 75 ml. Online qui
©thebeautycove @igbeautycove
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Da #gliaudaci #giulioperroneditore
Il cellulare di Alessandra con la suoneria del Tempo delle Mele cominciò a squillare canticchiando in toni sempre più alti. Lo aveva lasciato chissà dove senza trovarlo subito e quel momento canoro inaspettatamente lungo, mi catapultò indietro ai miei anni testosteronici, quando ti sentivi in grado di far tutto .La mia corteccia premotoria prese il sopravvento sui movimenti dei muscoli prossimali del tronco, contribuendo alla creazione di uno schema motorio che si gongolava di quegli stimoli musicali e cominciai a muovermi in uno swing melenso e nostalgico ascoltando quel mood. I miei neuroni si sincronizzarono con il sound facendo affiorare pensieri, dando libero sfogo alla corteccia prefrontale e in quel momento i ricordi mi inondarono prepotenti. Essi affluivano misti, impetuosi,veloci. Potevo vedere ineuroni e le loro sinapsi tramutarsi in silenti messaggeri chimici di adrenalina,serotonina, dopamina, molecole di piccolissime dimensioni, tutte insieme provocare risposte immediate, come la percezione di un profumo, il brivido d’un tocco o la reazione di un sorriso; poi stanche, tramutarsi d'un tratto in scintillanti mercuri elettrici, postini neurali, e ancora una volta, sfrigolare e rilasciare vagonate di ricordi, sorrisi, pianti, dubbi e vanità. Ma da dove arrivavano? Come venivano archiviati i ricordi d’una vita? Come venivano catalogati, in base a quale priorità? Non arrivavano alla memoria come fotografie, ma erano scomposti nei loro costituenti primari: colore, sapore, movimento, profondità, intensità, suono. E poi magicamente accadeva il prodigio e appariva la memoria e tutto lì davanti a me, aveva un preciso sapore, un esatto impasto e odorava di vita passata e felice. Filamenti dispersi nelle varie aree del cervello si ricomponevano unendosi come perfette tessere di un mosaico lungo 50 anni, e muti, facevano riemergere il ricordo di una serenità ormai scomparsa, e insieme a un complesso sistema di connessioni cerebrali, procuravanola pelle d’oca.
#robertonicolettiballatibonaffini #romanzo #lettura #libro #soundtrack #memory #mental
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