#accesso all’educazione
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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Casale Monferrato: al via le iscrizioni ai nidi d’infanzia per l’anno scolastico 2025/2026
Dal 4 al 28 febbraio sarà possibile presentare domanda online. Prosegue l’iniziativa “Nidi Aperti” per visitare le strutture
Dal 4 al 28 febbraio sarà possibile presentare domanda online. Prosegue l’iniziativa “Nidi Aperti” per visitare le strutture Casale Monferrato, 3 febbraio 2025 – Si aprono le iscrizioni per i nidi d’infanzia comunali di Casale Monferrato per l’anno scolastico 2025/2026. Le domande potranno essere presentate dalle ore 8:30 di martedì 4 febbraio fino alle ore 13:00 di venerdì 28 febbraio…
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scienza-magia · 21 days ago
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Test del QI scopre chi sono i più intelligenti
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Quoziente intellettivo, Italiani tra i più intelligenti dell’UE, Cina prima al mondo. Come incide la scuola nello sviluppo del QI? Non è solo questione di Omega-3 Secondo i dati aggiornati al 1º gennaio 2025, basati su 1.393.066 partecipanti al test internazionale del QI nel 2024, l’Italia registra un QI medio di 101,03, posizionandosi al 19º posto a livello globale. Confronto con altri paesi europei In Europa, diversi paesi presentano QI medi comparabili o superiori a quello italiano. Ecco una panoramica dei QI medi di alcuni paesi dell’Unione Europea: - Spagna: 102,37 - Slovenia: 102,19 - Italia: 101,03 - Finlandia: 100,48 - Grecia: 100,31 - Belgio: 100,18 - Svezia: 99,79 - Germania: 99,78 - Austria: 99,71 - Portogallo: 99,4 Nel complesso europea l’Italia è al quarto posto, superata dalla Bielorussia. Posizione dell’Italia nel contesto globale A livello mondiale, i paesi dell’Asia orientale dominano le prime posizioni: - Cina: 107,43 - Iran: 106,63 - Corea del Sud: 106,57 - Giappone: 106,54 - Singapore: 105,25 - Federazione Russa: 103,31 - Mongolia: 103,13 - Australia: 102,67 - Armenia: 102,64 - Spagna: 102,37 - Sri Lanka: 102,21 - Nuova Zelanda: 102,20 - Slovenia: 102,19 - Canada: 101,73 - Thailandia: 101,66 - Bielorussia: 101,58 - Italia: 101,03 Considerazioni sulle variazioni del QI medio È importante notare che il QI medio può subire variazioni nel tempo a causa di fattori come l’educazione, la nutrizione e l’accesso alle cure sanitarie. Ad esempio, l’Italia ha registrato una leggera diminuzione rispetto all’anno precedente, passando da un QI medio di 102,11 a 101,03. L’impatto della scuola e dell’educazione sul QI L’educazione e la qualità del sistema scolastico hanno un ruolo cruciale nello sviluppo delle capacità cognitive che contribuiscono al QI. Sebbene il QI sia influenzato anche da fattori genetici e ambientali, l’istruzione può migliorare abilità specifiche come il pensiero critico, la risoluzione dei problemi e la memoria, che sono elementi centrali nella misurazione del QI. Come l’istruzione influisce sul QI - Accesso universale all’istruzione Nei paesi con alti livelli di alfabetizzazione e accesso all’istruzione di qualità, si osserva spesso un QI medio più elevato. La scuola fornisce le basi per lo sviluppo del ragionamento logico e delle competenze linguistiche, fondamentali per i test del QI. - Durata dell’istruzione Studi dimostrano che un numero maggiore di anni di scuola è associato a un aumento del QI medio. Gli studenti che frequentano la scuola per periodi più lunghi tendono a sviluppare una maggiore capacità di ragionamento e una migliore padronanza delle competenze matematiche e linguistiche. - Metodi di insegnamento e approccio educativo Sistemi scolastici che privilegiano un apprendimento attivo e interdisciplinare, anziché un approccio mnemonico, contribuiscono a stimolare la creatività e il pensiero analitico. Questi metodi hanno un impatto diretto sulle prestazioni nei test cognitivi. - Supporto personalizzato e inclusione L’impiego di tutor e psicologi scolastici, come dimostrato dall’esperienza dell’Università di Bologna, può favorire il superamento delle difficoltà di apprendimento, prevenendo la dispersione scolastica e migliorando il rendimento cognitivo complessivo degli studenti. Altri fattori che influenzano il QI Oltre all’educazione, diversi fattori ambientali, genetici e socioeconomici contribuiscono a determinare il QI. Questi elementi possono avere effetti positivi o negativi sullo sviluppo delle capacità cognitive e sulle prestazioni nei test del QI. Fattori genetici - Ereditarietà: Studi indicano che circa il 50-80% delle variazioni del QI tra individui può essere attribuito a fattori genetici. Tuttavia, l’ambiente gioca un ruolo importante nel permettere al potenziale genetico di esprimersi. - Predisposizioni cognitive: Alcune abilità, come la memoria e il ragionamento logico, possono essere in parte determinate geneticamente, ma necessitano di stimoli ambientali per svilupparsi appieno. Nutrizione - Dieta equilibrata: Una nutrizione adeguata durante l’infanzia è fondamentale per lo sviluppo cerebrale. Carenze di nutrienti essenziali come ferro, zinco e iodio possono ridurre il QI. - Acidi grassi Omega-3: Studi dimostrano che questi acidi, fondamentali per il funzionamento del cervello, migliorano le capacità cognitive, specialmente nei bambini. Stimolazione ambientale - Accesso a stimoli cognitivi: Ambienti ricchi di stimoli intellettuali – come libri, giochi educativi e attività culturali – favoriscono lo sviluppo delle capacità cognitive. - Interazione sociale: Il dialogo con adulti e coetanei, così come l’esposizione a linguaggi complessi, contribuisce a migliorare le abilità linguistiche e il pensiero critico. Fattori socioeconomici - Livello di reddito familiare: Famiglie con un reddito più alto possono offrire migliori opportunità educative, accesso a materiali didattici e attività extracurriculari che stimolano lo sviluppo cognitivo. - Stress e instabilità economica: Bambini che crescono in ambienti stressanti o instabili possono avere difficoltà nello sviluppo delle funzioni cognitive, a causa dell’impatto dello stress cronico sul cervello. Salute e benessere psicofisico - Sonno adeguato: La privazione di sonno, soprattutto nei bambini e negli adolescenti, può ridurre la concentrazione e le prestazioni cognitive. - Assenza di malattie croniche: Problemi di salute non trattati, come infezioni ricorrenti o malattie croniche, possono rallentare lo sviluppo cognitivo. Tecnologia e accesso all’informazione - Uso equilibrato della tecnologia: L’accesso a strumenti tecnologici educativi può migliorare il QI, ma un uso eccessivo di dispositivi elettronici senza scopo didattico può limitare la capacità di concentrazione e il pensiero critico. - Reti sociali e apprendimento collaborativo: La condivisione di informazioni e il confronto con altre persone possono stimolare la creatività e il problem solving. Cultura e ambiente socio-culturale - Valorizzazione dell’istruzione: In culture che attribuiscono un alto valore all’istruzione e all’apprendimento continuo, il QI medio tende a essere più alto. - Tradizioni e valori locali: La trasmissione di conoscenze pratiche o culturali può arricchire le competenze cognitive, anche se non sempre quantificabili nei test di QI. Read the full article
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rideretremando · 1 year ago
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"Ho letto con interesse e irritazione l’articolo di Paul B. Preciado apparso sul quotidiano francese Libération e ripreso da Internazionale. Mi riconosco of course nell’ammirazione che Preciado dimostra nei confronti di Virginia Woolf. Ma vorrei soffermarmi su quelle che percepisco come storture ideologiche del suo discorso pro-queer.
Tanto per chiarire. Virginia Woolf è una grandissima scrittrice, una sublime donna e scrittrice, che ha fatto all’umanità tutta – e sottolineo “tutta” – il dono prezioso di romanzi e saggi in cui si esprime un pensiero della differenza. Una donna e scrittrice che ha coniato per noi che la leggiamo, e sappiamo leggerla, una parola che definisce un modo di essere e di stare al mondo, quello dell’outsider. L’outsider riconosce la differenza e la singolarità. Riconosce e discrimina e ragiona senza agire nel senso di un pensiero simmetrico e rivale.
Nel mondo in cui ha vissuto, Virginia Woolf ha lottato per la libertà delle donne. Perché avessero accesso al voto. All’educazione. Al lavoro. Perché fossero orgogliose di essere donne, libere di amare chi amavano. Di avere o non avere figli. Nei suoi saggi, nei suoi romanzi, Virginia Woolf sta dalla parte delle donne, non di creature neutre, oltre i generi. E i suoi testi impongono a chi legge un ascolto che non segua il solo criterio di un’appropriazione violenta ai propri interessi ideologici. Nella logica di un’annessione, di una colonizzazione che le fa torto.
Ma soprattutto, Virginia Woolf, donna e scrittrice, è lettrice. Una ‘common reader’ si definisce – e attinge al suo patrimonio letterario con grande slancio e curiosità. Senza nessuna volontà predatoria, senza nessuna censura. E ci insegna che la lettura è un ascolto. Non un reclutamento, non un inquadramento all’interno di un gruppo – queer, non queer, non binary. E si badi bene, se Woolf usa il termine queer non è certo nel senso standardizzato dagli attuali avventori del banco delle identità. Queer, nella sua lingua, vale nel senso di una ex-centricità che respira nella libertà dalle classificazioni. Woolf lesbica? Etero/omo-sessuale? Lei stessa con ironia si definisce “saffica”.
In altre parole, con queste classificazioni, gioca. Mentre nell’uso che se ne fa nel mondo di Preciado & co., sono termini che – pur volendo nelle dichiarazioni aprire il ventaglio delle possibilità – in realtà semplificano. ‘Inquadrano’. E a me che sono donna e femminista, soffocano."
Nadia Fusini
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iopensomanonsono · 4 years ago
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A mio modo di vedere abbiamo commesso un errore fondamentale nel ritenere che i figli non siano persone vere e proprie fin dalla nascita. Sia nella letteratura scientifica sia in quella popolare abbiamo considerato i figli più come individui “in potenza” che di fatto, pensandoli come dei “semiesseri” asociali. Così, abbiamo immaginato che essi avessero bisogno di essere sottoposti a un energico trattamento di condizionamento preventivo e che, prima di poter essere considerati persone a tutti gli effetti, dovessero raggiungere una certa età. In altre parole, gli adulti cercano di educare i figli in modo che imparino a comportarsi come veri esseri umani (cioè adulti). A questo scopo abbiamo messo a punto alcuni metodi educativi che spaziano dal “permissivo” all’“autoritario”. Ma non ci siamo mai soffermati a riflettere sulla validità di questo presupposto. Io, in questo libro, intendo contestarlo. Penso che buona parte di ciò che intendiamo con il termine “educare” sia non solo superfluo, ma anche dannoso. È malsano per i figli, impedisce lo sviluppo e la crescita degli adulti, e ha un’influenza negativa sui loro rapporti reciproci. Se si continua a procedere su queste basi, invece di metterle in discussione, si crea un circolo vizioso che interferisce con la nostra comprensione di ciò che è necessario per l’educazione e il recupero dei ragazzi e delle loro famiglie. Venticinque anni fa la mia generazione si era assunta il ruolo di creare una distanza illusoria tra “io” e la “società”, logica conseguenza dello scontro con le istituzioni. Eppure quel ruolo resiste da anni, ed è diventato sempre più pericoloso, particolarmente da quando la politica si è ridotta a questioni economiche. Il modo nel quale ci comportiamo con i nostrifigli determinerà il futuro del mondo, e questo è ancor più vero oggi di quanto non sia mai stato. Il nostro accesso all’informazione è cresciuto a livelli tali che non possiamo più pensare che non emergano le contraddizioni di un atteggiamento bifronte riguardo all’educazione dei figli; mentre predichiamo su un piano politico l’ecologia, l’umanitarismo e la non violenza, al contrario siamo violenti con i nostri figli. Per molti anni ho avuto il privilegio di viaggiare e lavorare con persone di culture diverse, e i miei viaggi mi hanno convinto che il modo in cui sono cambiate le relazioni tra adolescenti e adulti nelle nazioni scandinave può essere d’aiuto anche ad altre culture. Chi arriva in Scandinavia può pensare che gli adulti si comportino con i figli in un modo che, a prima vista, appare incoerente, titubante, senza nerbo. In realtà questo tipo di relazione contiene il germe di un salto di qualità nello sviluppo umano. Per la prima volta nella storia gli adulti stanno seriamente considerando il diritto inalienabile dell’individuo alla propria formazione, e non da un punto di vista dogmatico o autoritario. Per la prima volta sono state poste le basi per riconoscere che la libertà dell’individuo non costituisce una minaccia per la comunità, ma è invece vitale per un sano sviluppo della comunità nel suo complesso. Jesper Juul - Il bambino è competente - Feltrinelli
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purpleavenuecupcake · 3 years ago
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PNRR, presentati i primi bandi per il settore Istruzione: 5,2 miliardi per asili, scuole nuove, mense, palestre, manutenzione straordinaria
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La conferenza con i Ministri Bianchi, Bonetti e Carfagna. Almeno il 40% delle risorse al Sud. Per gli Enti locali semplificazioni e strumenti di supporto per la realizzazione delle opere Oltre cinque miliardi (5,2) per la realizzazione e messa in sicurezza di asili nido e scuole per l’infanzia, per la costruzione di scuole innovative, per l’incremento di mense e palestre, per la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico. Sono le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza presentate oggi, in conferenza stampa, dal Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi insieme alla Ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, e alla Ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna. Un pacchetto di interventi che mette subito a disposizione un terzo dei fondi complessivi previsti nel PNRR per il sistema di Istruzione che ammontano, in tutto, a 17,59 miliardi. “Il PNRR è un’azione di sistema che affronta i nodi del Paese. Con gli investimenti nell’istruzione ridurremo l’attuale divario tra Nord e Sud nei servizi educativi, in particolare nello 0-6. Garantire un maggiore accesso agli asili nido e alle scuole dell’infanzia significa anche affrontare il tema della denatalità e dare un sostegno concreto all’occupazione femminile. Con queste risorse avviamo, poi, il processo di innovazione della scuola sia sotto il profilo delle infrastrutture che della didattica”, dichiara il Ministro Bianchi. In conferenza stampa Bianchi ha presentato i contenuti del decreto con cui vengono stabiliti i criteri di riparto delle risorse. Particolare attenzione viene data al Sud, con l’obiettivo di colmare i divari esistenti: almeno il 40% dei fondi messi a bando sarà destinato al Mezzogiorno per dare ai territori che ne hanno maggiore carenza mense scolastiche per il tempo pieno, servizi educativi per l’infanzia, palestre, scuole nuove ed efficienti. Più in generale, nell’attribuzione delle risorse peseranno la scarsità attuale di infrastrutture nei territori, la densità della popolazione studentesca e, ad esempio, nel caso di mense e palestre, conteranno anche i dati relativi alle difficoltà negli apprendimenti e alla dispersione scolastica. In occasione della conferenza sono stati poi presentati i singoli bandi e un sito in continuo aggiornamento (pnrr.istruzione.it) attraverso il quale Istituzioni, scuole, cittadini ed Enti locali potranno accedere agilmente alle informazioni generali sul PNRR Istruzione, ai dati relativi ai finanziamenti (anche in versione open data), ai singoli bandi, ai servizi disponibili per chi dovrà effettuare le opere. Futura, la scuola per l’Italia di domani, questo il nome scelto per il PNRR Istruzione, a sottolineare l’importanza strategica di queste risorse per la costruzione di una nuova scuola. “Quello di oggi è un grande risultato. Comincia il cammino del PNRR, comincia la costruzione della nuova scuola che vogliamo per i nostri bambini e ragazzi, inclusiva, innovativa, accogliente, sostenibile - prosegue il Ministro -. È un percorso che faremo insieme ai territori e alle scuole, mettendo a disposizione degli Enti locali semplificazioni e strumenti per agevolare il loro lavoro nella partecipazione ai bandi e nella realizzazione delle opere. Per questo stiamo realizzando una serie di convenzioni con Cassa depositi e prestiti, Agenzia per la coesione, Consip, Autorità nazionale anticorruzione, Sogei, Gse. Daremo il massimo supporto”. “Il Pnrr rende possibile un investimento storico per portare finalmente la copertura di asili nido e servizi educativi per l’infanzia al livello degli altri paesi dell’Unione Europea - dichiara la Ministra Bonetti -. Assicurare il diritto all’educazione vuol dire tutelare sin dall’infanzia quelle pari opportunità che a tutte le bambine e i bambini vanno assicurate per la loro crescita di cittadine e cittadini già oggi. Il Governo lo fa con una visione integrata, quella del Family Act, che è riforma di accompagnamento del Pnrr e che investe al tempo stesso in servizi educativi, nel lavoro femminile e nell’empowerment delle nuove generazioni: è da questa alleanza tra generi e generazioni che il Paese può crescere e ripartire”. “La scuola è il primo, grande banco di prova con cui ci siamo cimentati nell’azione di recupero dei divari tra Nord e Sud – dichiara la Ministra Carfagna – e sono pienamente soddisfatta del risultato ottenuto. Il lavoro di squadra col collega Patrizio Bianchi ha prodotto uno schema di bandi che vincola alle regioni del Mezzogiorno, nei diversi capitoli, quote dal 40 al 57,68 per cento. Abbiamo introdotto anche una specifica clausola di salvaguardia: se qualche Regione meridionale non riuscirà ad assorbire tutte le cifre disponibili, il residuo sarà comunque redistribuito al Sud. L’abbattimento del ‘muro invisibile’ che divide i cittadini del Sud da quelli del Nord, fin dall’età scolastica, non è più la richiesta inascoltata di una periferia del Paese ma una ‘missione nazionale’ in cui tutti sono impegnati”. I bandi e il sito Oggi sono stati presentati quattro avvisi pubblici e il Piano di riparto alle Regioni di risorse per la messa in sicurezza delle scuole per un totale di 5,2 miliardi. In particolare, sono previsti: - 3 miliardi di euro per il Piano per gli asili nido e le Scuole dell’infanzia: l’obiettivo è ridurre il divario esistente nei servizi educativi per la prima infanzia e potenziarli su tutto il territorio nella fascia di età 0-6 anni. I 3 miliardi saranno così divisi: 2,4 miliardi per la fascia 0-2 anni (il 55,29% di queste risorse andrà al Mezzogiorno) e 600 mln per la fascia 3-5 (40% al Mezzogiorno). Si tratta della seconda tranche di uno stanziamento complessivo di 4,6 miliardi previsti nel PNRR per questo capitolo, grazie ai quali si realizzeranno complessivamente 1.800 interventi di edilizia scolastica e saranno creati 264.480 nuovi posti per accogliere bambine e bambini, migliorando il servizio offerto alle famiglie a supporto, anche, dell’occupazione femminile. - 800 milioni di euro per il Piano di costruzione di 195 nuove scuole che sostituiranno vecchi edifici (il 40% delle risorse andrà al Mezzogiorno). Si tratterà di scuole innovative dal punto di vista architettonico e strutturale, altamente sostenibili e con il massimo dell’efficienza energetica, inclusive e in grado di garantire una didattica basata su metodologie innovative e su una piena fruibilità degli ambienti didattici. Una volta individuate le aree per la costruzione delle scuole, il Ministero dell’Istruzione bandirà un concorso di progettazione. - 400 milioni di euro per il potenziamento del tempo pieno attraverso l’incremento delle mense scolastiche (il 57,68% delle risorse andrà al Mezzogiorno). Lo stanziamento consentirà di realizzare circa mille interventi, costruendo nuovi spazi o riqualificando quelli esistenti. - 300 milioni di euro (il 54,29% delle risorse andrà al Mezzogiorno) per aumentare l’offerta di attività sportive attraverso la costruzione di palestre o la riqualificazione di quelle esistenti, per un totale di 230.400 metri quadrati da realizzare o riqualificare. - 710 milioni di euro per il Piano di messa in sicurezza e riqualificazione delle scuole (il 40% delle risorse andrà al Mezzogiorno): le Regioni individuano gli Enti da ammettere a finanziamento sulla base delle programmazioni regionali per garantire la messa in sicurezza e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico esistente. In occasione della presentazione dei 5,2 miliardi per l’edilizia scolastica, il Ministro Bianchi ha anche lanciato il sito del PNRR per l’Istruzione, un portale unico che consentirà al mondo scuola, agli stakeholder, agli Enti locali, ai cittadini, di trovare, dati, informazioni, schede sintetiche, avvisi pubblici e anche di verificare lo stato di avanzamento di lavori e investimenti anche attraverso il racconto delle scuole coinvolte. Read the full article
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corallorosso · 7 years ago
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Soldati del Sudan People Liberation Army (SPLA) davanti ai cadaveri di alcuni oppositori al governo - Albert Gonzalez Farran Michael Taban Amos 52 anni (Equatoria, Yei) «Sono al campo dal 5 ottobre 2016 con la mia famiglia: siamo in 9, io mia moglie e i miei figli. Nel 2011 eravamo felici dell’indipendenza, ma poi è diventata una tragedia: abbiamo rimpianto quello che c’era prima della separazione per il disordine che è seguito. Dopo l’indipendenza abbiamo avuto un governo che non ci considerava persone. È stato un insieme di sensazioni, perché avevamo la gioia e la felicità di essere una nazione, ma siamo presto caduti in una situazione terribile, in cui la gente non riconosceva i propri simili come esseri umani. (...) Le altre guerre non avevano tanti morti quanto quella attuale: la gente viene massacrata continuamente. A dicembre 2013 ero a Juba e in quei giorni hanno ucciso talmente tanta gente che non si riuscivano a contare le vittime. Vorrei chiedere al governo Italiano di sostenere i rifugiati. Soprattutto di aiutarci con la scuola: perché i ragazzi sono i leader del futuro. Se i nostri figli non avranno accesso all’educazione, allora, anche se arrivasse la pace, non ci saranno opportunità reali. Infatti, il caos attuale è dovuto in gran parte al fatto che i nostri capi non hanno una formazione, non sono preparati: non avendo strumenti culturali, la gente crede di poter risolvere i problemi con le armi. Per questo noi stiamo soffrendo. Chiederei anche agli italiani di fare pressioni sul governo del Sud Sudan affinché metta in atto ogni sforzo per raggiungere la pace. In modo da permetterci di tornare a casa. Al momento siamo disperati. Preghiamo Dio tutti i giorni e la comunità internazionale, perché il governo del Sud Sudan riconosca i diritti umani e ci porti alla pace. Ringrazio Dio per averci dato una nazione vicina accogliente, che ci dà la terra e l’acqua pulita»... (Avvenire.it)
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monicadeola · 4 years ago
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Se la scuola fosse un’attività economica, avesse un suo fatturato, l’avremmo trattata certamente meglio. Almeno al pari di altri settori colpiti dal virus. Se le ore perdute di lezione si traducessero in una posta di bilancio aziendale, avessero la stessa importanza di un credito bancario in sofferenza o di una commessa perduta, l’allarme sociale suonerebbe forte. Incessante. Invece non è così pur essendo il nostro Paese quello che nell’Ocse (l’organizzazione dell’economie industriali) ha chiuso le scuole più a lungo (18 settimane contro una media di 14). Dell’ultimo Dpcm (acronimo che speriamo il 2021 si porti via) tutto è parso più importante del ritorno alle lezioni in presenza: dal cenone di Natale, al veglione della notte di San Silvestro, alla vacanza sugli sci. E irrilevante la differenza fra «riaprire» (in maggiore sicurezza, soprattutto nei trasporti) il 14 dicembre e il 7 gennaio. Quanto vale un giorno di lezione? Nulla. Dimentichiamoci per un attimo la lunga estate dei banchi a rotelle, l’eccesso di fiducia sulla didattica a distanza, il peso e l’egoismo dei sindacati di settore. E chiediamoci il perché, salvo rare eccezioni, un intero Paese abbia considerato, a differenza di altri, la sospensione delle lezioni il minore dei danni, un sacrificio sopportabile, la scuola — e la formazione in generale — un ramo complementare e dunque minore della vita sociale.
Per continuare con la metafora aziendale (che non ci piace perché la scuola è prima di tutto educazione alla cittadinanza) se gli studenti, le famiglie e gli insegnanti avessero la stessa rilevanza pubblica di altre constituency, consumatori, risparmiatori e azionisti, semplici gruppi d’interesse, non avremmo problemi. Parleremmo del decumulo del capitale umano — la perdita soprattutto in prospettiva di conoscenze e competenze — almeno al pari di quanto si discuta del decumulo di capitale finanziario. Perché non c’è ristoro che tenga per il vuoto di apprendimento che sopportano ragazze e ragazzi cui è stata sottratta una quota delle loro vite sociali. Sono danni che non si riparano, come hanno lucidamente argomentato, su Repubblica, Tito Boeri e Roberto Perotti. Se avessimo piena coscienza di quello che è accaduto forse ci convinceremmo che il benessere futuro, la qualità della cittadinanza, dipendono essenzialmente dalla nostra capacità di migliorare istruzione e formazione.
Un capitale umano superiore aumenta la produttività, senza la quale non vi è crescita. Né economica né morale. E senza un capitale umano di qualità non vi è neanche cittadinanza attiva e responsabile e, nemmeno, una classe dirigente all’altezza delle sfide di un mondo, dopo la pandemia, assai diverso. E ci accingeremmo, dunque, a scrivere il Recovery Plan, per impiegare al meglio sussidi e prestiti comunitari, avendo lo sguardo rivolto alle prossime generazioni. Quelle che stanno già nel titolo Next Generation Eu che chissà perché noi non traduciamo mai. Forse perché concentrati sulle necessità immediate — alcune drammatiche altre assai meno — delle nostre tante corporazioni. I giovani non sono né una corporazione né una lobby. Ma non è una loro colpa. E, se possono, se ne vanno. Votano così. Abbiamo una dispersione scolastica del 13,5 per cento. Oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano: un record in Europa. La didattica a distanza supplisce ma non basta. Anzi, è un elemento che amplia le disuguaglianze. Una famiglia su cinque è priva di connessione ed è di fatto espulsa. Le immatricolazioni universitarie non sono per fortuna precipitate — come era accaduto dopo la crisi finanziaria del 2008-2009 — anche grazie all’impegno del ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, e di tanti rettori e professori, complice la riduzione della tassazione. Ma è pur vero che molti studenti hanno scelto l’ateneo sotto casa rinunciando alla mobilità interregionale e alla scelta di corsi di qualità migliore. Secondo la ricerca Education at glance 2020, l’Italia destina all’educazione primaria, secondaria e terziaria, il 3,9 per cento del Prodotto interno lordo, una delle percentuali più basse in assoluto. Per la terziaria, cioè l’università, appena lo 0,9 per cento mentre la media Ocse è dell’1,4 per cento.
Si è parlato molto del numero dei docenti — come se i problemi fossero esclusivamente legati all’ampiezza dell’organico — e meno alla loro formazione. «Gli insegnanti italiani — scrive Andrea Gavosto nel libro Il mondo dopo la fine del mondo(Laterza) — hanno dimostrato che se chiamati a un impegno fuori dall’ordinario per il bene degli alunni non si tirano indietro». Verissimo. Sono, in moltissime occasioni, anche le più difficili, encomiabili, vanno ringraziati. «Ma l’altro lato della medaglia — continua Gavosto �� è rappresentato dall’arretratezza dei docenti sul fronte della didattica e dell’uso delle tecnologie digitali, che dovrebbero diventare oggetto di formazione obbligatoria». Paolo Sestito, dell’ufficio studi della Banca d’Italia, nelle sue numerose ricerche in materia, ha insistito molto sul tema della valutazione delle scuole e soprattutto della selezione e delle motivazioni del corpo insegnanti, lamentando la progressiva emarginazione di chi ha la responsabilità di formare i futuri professionisti, imprenditori, tecnici, semplici cittadini. È un problema di ruolo, di centralità sociale, non solo di trattamento economico.
Ma la scuola e l’università non bastano. L’investimento in capitale umano — a maggior ragione in un mondo che verrà profondamente ridisegnato dopo la pandemia — deve essere continuo. Senza interruzioni. Secondo lo studio The future of job, il futuro del lavoro, del World Economic Forum, il 50 per cento dell’attuale forza lavoro dovrà essere riqualificata. Da qui al 2025 si creeranno, nei 26 Paesi osservati, 97 milioni di posti di lavoro ma se ne perderanno 85, soprattutto quelli più ripetitivi e a minor valore aggiunto, anche per il forte impulso alla digitalizzazione, alla robotica, all’intelligenza artificiale.
Il nostro Paese, dal punto di vista della formazione continua, nella manutenzione delle competenze, è ugualmente agli ultimi posti nell’Ocse. Solo un lavoratore su cinque ha accesso a un programma di formazione. In Danimarca sei su dieci. «Non è solo un problema di risorse — commenta Stefano Scarpetta, direttore per il Lavoro e gli Affari sociali dell’Ocse — ma di cultura generale. Sentirsi dire che si ha bisogno di formazione non equivale a un giudizio di inadeguatezza professionale. È una forma di rispetto semmai. La struttura economica italiana, fatta perlopiù di piccole aziende, non favorisce l’investimento in formazione. Molte imprese sono refrattarie. E spesso chi ne ha più bisogno, e non sono i più giovani, ne riceve di meno o semplicemente nulla». La Francia investe in formazione 35 miliardi l’anno. Ha creato dei «conti personali di formazione». Fondi individuali. Si fa leva sulla necessità del singolo lavoratore di migliorare la propria posizione. Si offrono delle opportunità di orientamento nella scelta del programma formativo. La differenza, rispetto al mondo pre Covid, è che la finestra di tempo per cogliere l’opportunità di riqualificare, difendendolo, il lavoro si è drammaticamente ristretta. I posti si creano e si difendono di più investendo sulle conoscenze dei lavoratori, avendo cura, in definitiva della loro dignità, non solo del loro reddito. Trattandoli come cittadini responsabili, senza ingannarli con false promesse.
5 dicembre 2020, 21:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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paoloxl · 6 years ago
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A partire dal 22 Aprile, le mobilitazioni ripartono in Colombia, questa volta le comunità contadine, nere e autoctone occupano le strade per opporsi al Piano Nazionale di sviluppo del governo.
Dalla Colombia sullo Sciopero Nazionale 2019
La Minga delle comunità autoctone e contadine del Cauca è terminata dopo 27 giorni di blocchi con la promessa del presidente Ivan Duque di sedersi a un tavolo di negoziato. Tuttavia il 9 Aprile il presidente, che in quel momento si trovava a un centinaio di metri dall’incontro, ha deciso di tornare indietro lasciando così la “sedia vuota”.
Un Piano Nazionale di Sviluppo all’insegna dell’estrattivismo
Numerosi attori della società colombiana respingono in tutto o in parte il piano che dovrà essere adottato dal Congresso dei rappresentanti da ora al 7 Maggio. Nonostante la Colombia si sia impegnata in occasione del COP 21 a ridurre le emissioni, il suo piano di sviluppo si basa principalmente sull’estrazione di risorse naturali, petrolio, carbone e dighe idroelettriche. Il 90% delle risorse estrattive sono destinate all’esportazione, offrendo incentivi fiscali così ingenti alle multinazionali che la Colombia vende queste risorse in perdita.
Le comunità residenti in territori colpiti dai mega-progetti hanno utilizzato dei referendum popolari che sono stati in seguito giudicati non validi dalla Corte Costituzionale la quale, come altrove nel mondo, considera lo sfruttamento energetico una questione che non può essere lasciata in mano alla volontà delle autorità locali o delle comunità.
Queste politiche che acuiscono la crisi ambientale provocano indignazione. Bisogna considerare che la Colombia soffre direttamente le conseguenze del cambiamento climatico, tra inondazioni e una siccità intensa, che provocano la perdita di raccolti, frane mortali e devastazione.
Il PND (Piano Nazionale di Sviluppo) rappresenta ugualmente un attacco diretto ai diritti sociali. Uno degli obiettivi del piano è di trasformare l’economia contadina delle zone rurali e convertire i contadini in operai agricoli. Si considera che il 63% della popolazione attiva colombiana lavora informalmente, giacché non ha accesso ai diritti sociali di base come il salario minimo. Il PND ha creato una nuova formula di “lavoro in proprio” al fine di formalizzare queste attività: in breve, legalizza il lavoro remunerato al di sotto del salario minimo già ridicolmente basso (250 USD al mese). Altri attacchi diretti ai fondi pensione, alla sanità e all’educazione dovrebbero aggravare i problemi causati dalle ondate di privatizzazioni.
La sezione sulla messa in atto degli accordi di pace del PND è una riscrittura delle politiche di sicurezza democratica del presidente Uribe (2002 – 2010), basate sulla militarizzazione dei territori e la messa in sicurezza degli investimenti stranieri.
Questo piano, così come l’insieme della Politica di governo di Ivan Duque, in carica da agosto 2018, non riconoscono gli accordi e i processi di negoziazione avviati dal precedente governo con differenti attori sociali.
Insoddisfazione e indignazione generale
Quali che siano i negoziaziati con le organizzazioni contadine, afro e autoctone riunite all’interno del vertice agricolo, gli accordi conclusi al termine dello sciopero studentesco del Dicembre 2018 o quelli con i sindacati dei professori, il governo non mostra alcuna intenzione di rispettare i patti o di portare a termine le politiche concertate con gli attori sociali.
Le politiche sociali incluse negli accordi di pace tra le FARC e il governo colombiano nel 2016, avevano generato delle aspettative, nonostante ciò, l’essenza stessa degli accordi è in pericolo. Dopo il referendum di pace, perso per qualche migliaio di voti nel 2016, il Parlamento ha ridotto poco a poco la portata degli accordi, mentre in questo momento lo stesso sistema di giustizia transizionale è sotto accusa. Tutto ciò mentre Jesus Santrich, uno dei negoziatori della FARC, è imprigionato da un anno senza alcuna prova e minacciato di estradizione negli Stati Uniti D’America. Ivan Marquez e i “Paisa”, gli altri leader della FARC, sono da allora “dispersi” mentre qualche senatore e i rappresentanti della FARC fanno del loro meglio in Parlamento per salvare gli accordi.
Laddove la “pace” con le FARC è disprezzata dal governo, la guerra aperta contro i movimenti sociali prosegue. Gli omicidi di leader sociali, la criminalizzazione degli attivisti che lottano per la difesa dei propri territori sembra in costante aumento.
Gli omicidi restano impuniti mentre la giustizia imprigiona le persone che si oppongono alle politiche del governo nel quadro di montature giudiziarie. Questi hanno come obiettivo l’associazione di tali persone ai movimenti armati insorti e, alle volte, allo stesso narcotraffico, con l’obiettivo di isolarli e screditarli. Nella maggior parte dei casi le persone sono liberate dopo il processo, nonostante ciò una nuova forma di sistema giudiziario fa passare da 1 a 3 anni il tempo di detenzione preventiva autorizzata prima del processo, creando a volte un contesto atto a criminalizzare l’opposizione.
Nelle vie, nelle strade e nelle piazze
A partire dal 22, il Sindacato petrolifero USO e le comunità del dipartimento dell’Arauca e del Vichada bloccano i pozzi di petrolio della OXY e di Parex, impresa statunitense e canadese. Le comunità del Sur de Bolivar, del Catatumbo, dell’Antioquia e del Cauca si mobilitano dal 23 aprile. Il 25, i sindacati, gli studenti e le studentesse si uniranno alle mobilitazioni.
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fashioncurrentnews · 7 years ago
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World Press Photo exhibition 2018
Inaugura oggi alla Galleria Carla Sozzani, a Milano, la mostra itinerante del World Press Photo, uno dei premi di fotogiornalismo più prestigiosi a livello internazionale, che quest’anno giunge alla sua sessantunesima edizione.
L’esposizione, visibile fino al 10 giugno, presenta le foto degli autori premiati ad aprile 2018, in occasione del World Press Photo Awards Show ad Amsterdam, e selezionati da una giuria di esperti che varia ogni edizione e che quest’anno era presieduta da Magdalena Herrera, director of photography di Geo France. In mostra saranno visibili le foto di coloro che hanno saputo rappresentare al meglio gli eventi e le questioni più urgenti a livello giornalistico dell’anno appena trascorso. Un’ occasione unica per ripercorrere visivamente gli avvenimenti più emblematici della Storia del nostro passato prossimo/presente e per approfondire, talvolta addirittura scoprire, che cosa succede a certe latitudini del globo, attraverso lo sguardo di fotografi professionisti appassionati e competenti.
Si tratta di una prospettiva cosmopolita e pluralista che contraddistingue la World Press Photo Foundation fin dalla sua fondazione, dato che l’anelito dell’organizzazione nonprofit è sempre stato quello di fare conoscere ad un pubblico il più ampio possibile racconti visivi di alta qualità capaci di indurre gli spettatori a fermarsi, provare empatia per ciò che stanno guardando, riflettere ed eventualmente agire. Una missione che è maturata nel corso del tempo e che oggi si traduce in attività diverse, tutte volte alla diffusione di progetti fotografici di grande pregnanza, al supporto di visual journalists e storytellers di talento, all’educazione del pubblico e soprattutto alla creazione di un network internazionale. Come sottolinea il Managing Director Lars Boering : «last year we had 104 exhibitions in 56 countries and the policy for the next 3 years is that we want to be able to touch every country in the world with exhibitions, training programs or presentations. For instance we opened up yesterday in Teheran, in Iran, with a show of the last 3 years. I think is great that countries like Iran, who’s been asking for a presence for a long time, now has a overview of the last 3 years because there are so many Iranian photographers participating at the contest that it’s very important to be where they work and where they live».
Mostrare punti di vista inediti e differenti con accuratezza e trasparenza, facendo della diversità un valore. Oggi questo è il principale obbiettivo della World Press Photo Foundation, come rivelano le parole di Boering: «diversity really plays a big role and it means that we have to step into situations and we have to interfere actively and we have to make changes ourselves». Per questo l’organizzazione è impegnata in progetti come The African Photojournalism Database, realizzato in collaborazione con Everyday Africa (Peter DiCampo e Austin Merrill), un vero e proprio database che raccoglie in maniera meticolosa (grazie a verifiche di operatori sul campo che si accertano della professionalità dei fotografi) i contatti di fotoreporter africani emergenti ed affermati che così possono far conoscere la propria voce ed avere accesso ad una industria dalla quale, con ogni probabilità, sarebbero tagliati fuori, senza avere l’opportunità di segnalare ai media internazionali quali sono i temi importanti da approfondire per chi abita in Africa. Un’altra iniziativa degna di nota, che punta sempre la luce sulle diverse possibilità di auto-rappresentazione che hanno i visual storyteller in base al paese di origine, è The 6×6 Global Talent Program, un programma pensato per valorizzare una visione più complessa e inclusiva del mondo attraverso l’identificazione di 6 talenti, provenienti da ciascuno dei 6 continenti, fino ad ora non sufficientemente riconosciuti. Grazie al programma i lavori dei 6 autori selezionati, spesso sconosciuti al di fuori del contesto della propria nazione, instaurano un nuovo dialogo con un’audience internazionale. Rimanendo sempre in tema di disuguaglianze da debellare, la World Press Photo Foundation cerca in ogni modo di favorire il gender balance in ciascuna delle proprie attività e incoraggia le fotografe donne in tutto il mondo a prender parte al celebre contest.
E tornando proprio ai protagonisti della competizione, a partire da oggi presso la Galleria Sozzani si potrà prendere visione della Photo of the year “Venezuela Crisis”, scattata dal venezuelano Ronaldo Schemidt, che ritrae un ragazzo avvolto dalle fiamme in fuga durante una manifestazione a Caracas, assieme alle immagini vincitrici di ciascuna categoria – Attualità (Contemporary Issues), Ambiente (Environment), Notizie Generali (General News), Progetti a Lungo Termine (Long-­Term Projects), Natura (Nature), Persone (People), Sport e Spot News – selezionate su un totale di 73.044 foto.
Tra le immagini in esposizione ci saranno anche quelle dell’italiano Luca Locatelli, fotografo che si è aggiudicato il 2° premio nella categoria Ambiente (Environment) – introdotta quest’anno per la prima volta – con il progetto “Hunger Solutions” che fa parte di un filone di narrazioni visive che l’autore sta realizzando con National Geographic magazine.
Racconta Locatelli: «assieme ad alcuni giornalisti sto indagando quelli che possono essere gli esempi più brillanti di tecnologia, l’innovazione sostenibile sul pianeta, le soluzioni che già esistono e sono applicate su grande scala per affrontare le crisi più importanti con cui dobbiamo confrontarci, dai cambiamenti climatici alla fame nel mondo, fino alle possibilità di vita nelle città del futuro. Hunger Solutions rientra in questo filone di ricerca perché prende in esame l’Olanda che è il secondo paese esportatore di cibo al mondo dopo gli Stati Uniti, pur essendo 270 volte più piccolo». Servendosi di elicotteri e droni e approfittando delle condizioni climatiche migliori, Locatelli ha ritratto nell’arco di sessanta giorni uno dei sistemi tecnologici più efficienti per la produzione di quantità massive di cibo attraverso un uso limitato di risorse.
Ciò che colpisce delle sue foto è l’efficacia con cui l’autore riesce a rappresentare visivamente un concetto complesso e invisibile ai più come la tecnologia avanzata, l’innovazione, e a renderlo accessibile all’osservatore grazie anche all’inserimento delle figure umane che a volte fanno capolino all’interno dell’immagine. Come sottolinea Locatelli stesso:«per me inserire l’uomo da un punto di vista fotografico è la parte più difficile perché sono tutte immagini che funzionerebbero altrettanto bene senza ma concettualmente per me l’uomo è fondamentale perché è parte essenziale di questa possibile rivoluzione, è l’unico soggetto che può attuare un cambiamento, che può scegliere di applicare la tecnologia “a fin di bene”. Per me è sempre importante rappresentarlo all’interno delle foto proprio per fare capire che non siamo in un science fiction movie dove non esiste più traccia umana e sono le macchine a comandare ma ci troviamo nel presente o forse in un futuro prossimo dove l’uomo è ancora protagonista. Vorrei trasmettere un messaggio comunitario, uno sguardo di speranza sull’avvenire».   
WORLD PRESS PHOTO EXHIBITION 2018
fotografia e giornalismo
Galleria Carla Sozzani
Corso Como, 10, 20154 Milano
Inaugurazione sabato 12 maggio 2018
dalle ore 15.00 alle ore 20.00
In mostra
13 maggio – 10 giugno 2018
tutti i giorni, ore 10.30 – 19.30
mercoledì e giovedì ore 10.30 – 21.00
Ingresso
Intero € 5
Ridotto (6-26 anni) € 3
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amattanzanews · 5 years ago
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Michael Jordan donerà 100 mln per combattere il razzismo
Michael Jordan donerà 100 mln per combattere il razzismo
Una somma enorme: 100 milioni di dollari da destinare nell’arco di 10 anni “a varie organizzazioni di tutto il Paese che si battono per il raggiungimento dell’eguaglianza razziale, della giustizia sociale e per un accesso più ampio all’educazione”.
Così Michael Jordan – attraverso il brand che porta il suo stesso nome – ha scelto di prendere una decisione netta sul dibattito che è tornato a…
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cento40battute · 6 years ago
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Mestre women friendly
Tips e consigli per un week-end a Mestre fuori dai luoghi comuni
Torre mediovale
Un nuovo hotel attento alle donne, un nuovo museo che non ha eguali, curiosità e spunti vicino a Venezia
Il 73% delle donne sta pianificando un viaggio da sola nei prossimi anni.
Donne di Italia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Stati Uniti, Brasile e Cina secondo un sondaggio di alcuni mesi fa che ha coinvolto donne fra i 18 e 64 anni.
Oltre il 63% di noi italiane ha già fatto almeno un viaggio in solitaria e cominciamo prima di aver compiuto 25 anni. Interessante no?
Un nuovo indirizzo women friendly
In giugno è stato inaugurato un albergo che ha particolari attenzioni verso le donne. Leonardo Royal Hotel Venice Mestre ha scelto il design e la tecnologia per connotarsi e ha destinato alcune sistemazioni del nono piano alla clientela femminile.
L’ascensore porta al piano senza dover digitare nulla: riconosce automaticamente la card della camera.
Aya Ben Ezri
Le camere women friendly prevedono piastra per capelli e diffusore per il phon, elastici che spesso dimentichiamo, make up mirror, mascherina per gli occhi per agevolare il sonno, maschera viso per rigenerare la pelle, riviste femminili. E se stiamo viaggiando per lavoro e siamo troppo stanche per scendere al ristorante, il room service viene servito esclusivamente da donne.
L’hotel, di categoria 4 stelle superior, ha accesso diretto al binario 1 della stazione, da cui partono frequentemente i treni che collegano Venezia in dieci minuti. E la sua palestra è accessibile 24 ore.
Aya Ben Ezri
Molto accogliente, Leonardo Royal Hotel Venice Mestre alterna velluti, marmo e ottone a design e scelte cromatiche accurate; la lounge è un ambiente molto gradevole per aperitivi o dopocena, dove il bancone del bar evoca la prua di una barca.
www.leonardo-hotels.it
Perché andare a Mestre
Dovreste andare a Mestre se siete curiose
Mestre è una città piena di giovani, residenti e universitari dell’ateneo veneziano, che si danno appuntamento nella bella Piazza Ferretto.
Il centro pedonale è molto piacevole e se desiderate uno shopping particolare, andate in via Caneve 42, dove il Maestro Orafo Francesco Pavan collabora con Alberto Angela nella creazione di gioielli.
Un motivo per andare a Mestre è la nascita, nel dicembre 2018, di un museo che non ha eguali: M9, dedicato al Novecento Italiano. Due le caratteristiche: racconta la nostra storia non dal punto di vista artistico ma in tutte le sue sfaccettature. Ed è totalmente digitale e interattivo.
M9 è un museo multimediale che si articola in due piani (il terzo accoglie mostre temporanee), con 8 sezioni dedicate alla demografia, agli stili di vita, alla corsa al progresso, al lavoro, alle mutazioni del paesaggio, alle istituzioni, all’educazione, all’italianità.
È coinvolgente aggirarsi fra le sale, vedere su maxi schermi come eravamo e giocare a come saremmo state nei vari decenni del secolo, muoverci dentro le cucine degli Anni Cinquanta spostando i mobili in 3D e cucinando i piatti di allora, guardare le grandi manifestazioni di massa, sorridere di fronte a stereotipi e autorappresentazioni.
M9 ha svolto un lavoro di ricerca durato 10 anni, tanti quanti la riqualificazione urbanistica del distretto di un ettaro che in passato era militare e ora ruota attorno a lui. I curatori hanno collaborato con 160 archivi e hanno lavorato con esperti di tecnologia per tradurre l’identità italiana in modo avvincente.
Tutto in italiano e inglese, ci permette di scoprire, di capire e di divertirci pure.
www.m9museum.it
Dormire a Mestre ha costi decisamente più democratici rispetto a Venezia ma la distanza è minima.
Il nostro consiglio è di programmare un paio di notti in settembre o ottobre e di abbinare la visita alla Biennale d’Arte, il cui tema è “May You Live in Interesting Times”. Il curatore Ralph Rugoff ha scelto artisti che sfidano consuetudini e interpretazioni.
Le aree espositive Arsenale e Giardini sono un viaggio audace, che celebra la capacità dell’arte di stimolare domande e confronti complessi. In tempi in cui prevale la tendenza alla semplificazione, le espressioni che arrivano da mezzo mondo sono una boccata d’ossigeno.
www.labiennale.org
Luisella Colombo
Mestre da scoprire Mestre women friendly Tips e consigli per un week-end a Mestre fuori dai luoghi comuni Un nuovo hotel attento alle donne, un nuovo museo che non ha eguali, curiosità e spunti vicino a Venezia…
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metaforum-it · 8 years ago
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di Caterina Francesca Guidi
Ricercatrice di GlobalStat dell’European University Institute (Eui) di Firenze che insieme all’European Parliament Research Service (Eprs) ha elaborato il contributo dal titolo Empowering women in the Eu and beyond, da cui provengono i dati analizzati.
In occasione della Giornata internazionale delle donne, il Servizio di ricerca del Parlamento europeo ha pubblicato una relazione con significati dati statistici che descrivono la condizione delle donne europee. I dati saranno al centro, il 13 e 14 marzo, del dibattito sulla proposta di risoluzione Equality between women and men in the European Union in 2014-2015, promossa dal Comitato sui Diritti delle donne e uguaglianza di genere (Femm). Nella relazione s’invita il governo dell’Ue a mettere in cima alla propria agenda politica la parità di genere, principalmente promuovendo la rappresentanza femminile a tutti i livelli decisionali e colmando il divario retributivo. Recentemente il Parlamento Ue ha adottato alcune risoluzioni specifiche riguardanti le donne, sul bilanciamento tra lavoro e vita privata (2016), sul divario retributivo di genere (2015) e quello nel settore digitale (2016), ma la strada è ancora lunga.
MERCATO DEL LAVORO
Le dinamiche di genere da sempre modellano i mercati di lavoro europei assieme ai programmi di protezione sociale, che talvolta ostacolano l’accesso al mercato del lavoro o mostrano come il tasso di partecipazione sia inversamente proporzionale al tasso di fertilità – pari a 1,5 figli per donna in Ue. Una situazione che si è acuita in questi tempi di crisi economica e finanziaria.
Negli ultimi due decenni c’è stato un continuo aumento della forza lavoro femminile: a oggi le donne lavoratrici in età compresa tra i 20 i 64 anni nell’Ue sono in media il 64,3% del loro totale. Ma il quadro si complica quando andiamo a scomporre per livelli educativi. Tra le donne con un’educazione di livello primario solo il 42,8% risulta impiegato: il Portogallo presenta il più alto numero (42%), mentre la Lituania il più basso (3%).
In media nove donne su 100 dell’Unione europea (9,3%) sono senza lavoro con grande variabilità tra gli Stati membri, dal 28,9% della Grecia al 4,2% della Germania. Pari a circa 2 milioni si attestano le giovani, tra 15 e 24 anni, europee disoccupate e, nella stessa fascia di età, circa il 12,3% in media nell’Ue sono neet, ovvero persone inattive nel mondo del lavoro, dell’educazione o della formazione.
La Commissione europea ha analizzato 613 delle più grandi società quotate dell’Ue: soltanto il 5% delle donne ricoprono il ruolo di chief executive officer (ceo), il 7% di presidente e circa il 23% sono membri del cda. Il 6,3% delle donne e l’8% degli uomini sono assunti come scienziati e ingeneri: in 10 Stati membri, il tasso di occupazione delle donne in questi settori è superiore a quello degli uomini. Al contrario, la Finlandia ha molti più uomini (14,9%) rispetto alle donne (6,5%) che lavorano in questi ambiti.
Inoltre, le donne e le ragazze sono più propense a impegnarsi in lavoro non retribuito, come ad esempio la cura, la cucina e la pulizia. Globalmente, le donne affermano di spendere il 19% del loro tempo in attività non retribuite, mentre gli uomini riferiscono di destinarne non più del 8%.
RISORSE ECONOMICHE
Il gender gap dei guadagni complessivi è al 39,7% vale a dire che per ogni 100 euro guadagnati da un uomo, una donna ne guadagna 60, anche se con una certa variabilità all’interno degli Stati membri. La percentuale spazia dal 19,2% in Lituania al 47,5% nei Paesi Bassi. I salari delle donne tendono anche a diminuire quando hanno un figlio, mentre al contrario aumentano i salari dei padri, quasi a conferma di un effetto penalizzante della maternità.
È al 40% pure il gender pension gap, che cattura le disuguaglianze di reddito accumulate dalle donne dopo i 65 anni. In tutti gli Stati membri la pensione media della donna risulta inferiore a quello degli uomini, lasciando così le donne di età superiore ai 65 sostanzialmente a più alto il rischio di povertà rispetto agli uomini.
Secondo l’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (Eige), l’accesso delle donne dell’Ue alle risorse economiche e finanziarie rimane inferiore a quello degli uomini: da un punteggio di 68,9/100 nel 2005 si scende addirittura a 67,8/100 nel 2012.
A livello dell’Ue, gli uomini (62%) tendono a risparmiare più soldi rispetto alle donne (59%): i divari più grandi tra generi, misurati in punti percentuali, sono in Spagna (16), Italia (15) e Polonia (12). Gli uomini tendono (38%) a prendere denaro in prestito più delle donne (34,9%), come confermato dall’evidenza in 18 Stati membri. Questa tendenza trova una sua conferma anche a livello globale: come riportato da un recente report delle Nazioni Unite del 2016, globalmente il 57% delle donne hanno un conto finanziario contro il 64% degli uomini.
Peggiora il settore del risparmio e del credito, soprattutto per chi versa in condizioni di estrema povertà (meno di due dollari al giorno): le donne hanno il 28% in meno di probabilità rispetto agli uomini di avere un conto bancario formale, a causa della loro minore credibilità presso banche e istituzioni finanziarie.
LEADERSHIP
Per gran parte della storia, le donne sono state anche escluse da ruoli di comando nella maggior parte delle società. I movimenti femministi del XX secolo hanno messo in risalto l’assenza delle donne dalle arene tradizionali di potere, potendo così cominciare a emergere. Tuttavia sono ancora sotto rappresentate nelle posizioni di leadership.
Globalmente i capi di Stato e di Governo donna sono ancora una minoranza, anche se sono aumentate da 12 a 22 negli ultimi 20 anni e soltanto il 18% dei ministri nominati sono donne, anche se a esse di solito sono assegnati portafogli relativi alle questioni sociali. A oggi nell’Unione europea, solo il 37% dei membri del Parlamento europeo è donna, e il 27% dei ministri e il 26% dei sottosegretari tra gli Stati membri dell’Ue.
Le donne giocano un ruolo centrale nella mediazione, pacificazione e giustizia di transizione. I dati provenienti da 182 accordi di pace firmati tra il 1989 e il 2011 mostrano che, quando sono coinvolte le donne nel processo di pace, gli accordi di pace hanno il 20% in più di probabilità di durare almeno 2 anni e del 35% di durare almeno 15 anni.
EDUCAZIONE E SALUTE
Recentemente l’Unesco ha ricordato che ancora a 60 milioni di ragazze nel mondo viene negata l’educazione: per questo centrale risulta lavorare sull’accesso all’educazione, sanità, mercato del lavoro e parità di pagamento. Secondo le Nazioni Unite il diritto alla salute sessuale e riproduttiva (Shr) non è soltanto parte integrante del diritto alla salute: essa è pure legata al godimento di molti altri diritti umani. I dati dimostrano che fornire alle bambine e alle ragazze un’adeguata formazione educativa aiuta a rompere il ciclo della povertà per un effetto a catena di opportunità che influenza le generazioni a venire.
Le donne istruite hanno meno probabilità di sposarsi in età minore e contro la loro volontà, meno probabilità di morire di parto, maggiori probabilità di crescere e allevare bambini sani e sono più propense a mandare i figli a scuola.
Più alto è il tasso di alfabetizzazione, più basso il divario educativo tra i maschi e femmine. Soltanto 20 Stati membri dell’Ue hanno l’educazione alla shr come insegnamento obbligatorio e molte donne ancora non hanno un accesso adeguato alla contraccezione.
Una recente ricerca mostra che in Europa il gender wealth gap, ovvero il divario nella ricchezza – dati i beni posseduti, d’investimento e di risparmio – sta diventando più importante del reddito quale fattore determinante della diseguaglianza.
La politica e le istituzioni possono attenuare questa disuguaglianza, colmando il divario retributivo e aiutando le donne a costruire ricchezza da investire su stesse e il futuro dei figli, contro la disoccupazione e le emergenze finanziarie.
il manifesto, 7 marzo 2017
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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Infanzia: le sfide che i bambini del mondo dovranno affrontare nel 2022
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Crisi climatica, fame, mancanza di educazione, conflitti e affiliazione a gruppi armati, migrazioni di massa a causa di guerra e povertà e catastrofi naturali, mortalità infantile. Sono queste le principali sfide che i bambini dovranno affrontare in tutto il mondo nel 2022, evidenziate oggi da Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.     Le più grandi sfide dei bambini nel 2022 Dopo quasi due anni di pandemia, che ha agito da acceleratore di disuguaglianze in tutto il mondo, soprattutto nelle aree più disagiate del pianeta, Save the Children ha identificato le “7 sfide” che sono chiamati ad affrontare i bambini. L’Organizzazione ribadisce il proprio impegno per contribuire con determinazione e competenza a vincere queste grandi sfide globali, che delineano una situazione allarmate per l’anno che sta per arrivare. Uno scenario in cui 2 milioni di bambini sotto i 5 anni rischiano di morire per cause legate alla malnutrizione e il tasso di mortalità infantile ha una concreta probabilità di aumentare per la prima volta in 30 anni. Almeno 117 milioni di bambini non frequentano la scuola a causa della pandemia, 450 milioni vivono in zone in conflitto e circa 25 bambini al giorno vengono reclutati da gruppi armati. Bambini in balia della crisi climatica, con un rischio di esposizione ad ondate di calore per i nati nel 2020 di 7 volte superiore rispetto ai loro nonni, oppure protagonisti di grandi migrazioni, con il numero di minori sfollati più alto dalla seconda guerra mondiale. Le parole di Save The Children “Un secolo fa, all'indomani della prima guerra mondiale e della pandemia del 1918, la fondatrice di Save the Children, Eglantyne Jebb, promosse l’idea che ogni generazione di bambini offrisse all'umanità la possibilità di ricostruire il mondo partendo dalle sue stesse macerie. La sua intuizione fu quella di investire nel futuro dei bambini per uscire da momenti di profonda crisi: la pandemia di coronavirus è il più grande sconvolgimento globale della nostra epoca, ha decimato le economie, messo alla prova i sistemi sanitari fino ai loro limiti e sta modellando sempre più la politica. In questo scenario, i bambini che saranno ricordati per essere stati “la generazione Covid”, sono coloro che rischiano di pagare il prezzo più grande. È necessario affrontare le sfide che sembrano caratterizzare il nuovo anno e che sono interconnesse tra loro, con decisione e anche con inventiva, per rispondere allo stallo o, nel peggiore dei casi, all’inversione di tendenza nei progressi fatti per garantire ai più piccoli un futuro migliore. In caso contrario, non solo questa generazione ma anche quelle future pagheranno un prezzo enorme, in Italia e nel mondo”, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice di Save the Children Italia. L’emergenza fame  La sfida numero uno è quella che riguarda la crisi alimentare che come mai negli ultimi decenni sta registrando dati allarmanti. Save the Children sottolinea come, nell’anno appena trascorso, una tempesta perfetta di Covid-19, conflitti e cambiamenti climatici ha portato milioni di bambini in più alla malnutrizione e nel 2022 si stima che due milioni di bambini sotto i cinque anni moriranno per cause legate alla fame. A questo ritmo così lento, con in aggiunta le difficoltà determinate dalla pandemia, gli obiettivi nutrizionali globali non saranno raggiunti entro il 2025. I livelli di malnutrizione sono attualmente inaccettabili: ben 149,2 milioni di bambini sotto i 5 anni sono rachitici, 45,4 milioni sono deperiti e 20,5 milioni di neonati (14,6% di tutti i nati vivi) hanno un basso peso alla nascita. Il mancato accesso all’educazione Un’altra grande sfida, prosegue l’Organizzazione, è quella che riguarda la scuola. Tornare sui banchi dopo due anni di istruzione interrotta o a singhiozzo, infatti, per molti bambini, bambine e adolescenti nel mondo non sarà un’impresa facile. Save the Children stima che almeno 117 milioni di bambini in tutti i paesi (circa il 7,5% di tutta la popolazione scolastica mondiale) non vadano ancora a scuola a causa del Covid-19. Questi si aggiungono ai 260 milioni di bambini che non frequentavano le lezioni anche prima della diffusione del virus. Ma più a lungo i bambini rimangono fuori dall’istruzione, meno è probabile che torneranno nuovamente a frequentare le lezioni, con le ragazze particolarmente a rischio di abbandono scolastico e spesso costrette a sposarsi precocemente. L'impatto dei mesi di scuola persi è drammatico: un recente studio sottolinea che i bambini di 10 anni che non sono in grado di leggere un testo potrebbero essere già passati dal 53% di prima della pandemia, al 70% di oggi. La guerra che distrugge l’infanzia Save the Children stima che 450 milioni di bambini vivano in zone in conflitto, di cui quasi 200 milioni in quelle più pericolose al mondo (con un aumento del 20% rispetto ai 162 milioni di un anno fa), il numero più alto da oltre un decennio. Save the Children, sottolinea l’impegno di molte organizzazioni per i diritti umani e per i diritti dei bambini nel cercare di proteggere i più piccoli dagli effetti peggiori della guerra, ad esempio facendo in modo che 112 paesi aderiscano alla Dichiarazione sulle scuole sicure che rende le scuole luoghi sicuri nelle zone di guerra. L’Organizzazione, inoltre, evidenzia come siano tantissimi i bambini che in vita loro non hanno conosciuto altro che la guerra, con conseguenze gravissime sulla loro salute mentale. Bambini: Il reclutamento dei gruppi armati Oltre ai bambini che vivono in zone di conflitto, sottolinea l’Organizzazione, ce ne sono molti altri che risiedono in luoghi non sicuri, dove l’ascesa di gruppi armati che sfruttano proprio il reclutamento e l’utilizzo dei più piccoli è in crescita continua: tali gruppi nell’ultimo periodo sono passati da 85 a 110, e la pandemia, con l’interruzione della frequenza scolastica ha reso i bambini più accessibili e quindi più vulnerabili e a maggior rischio di reclutamento forzato. Nel solo 2020, i bambini reclutati sono stati circa 8600, circa 25 al giorno, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Dai bambini nati da membri dell'ISIS nel NE Siria ai bambini associati a gruppi armati nella RDC: nel 2022, ribadisce Save the Children, una delle prove più sfidanti sarà quella di continuare a lavorare per liberare, rimpatriare e reintegrare questi bambini e cercare restituire loro ciò che resta della propria infanzia. La crisi climatica I bambini nati nel 2020 saranno esposti a eventi climatici estremi molto più che in passato e le ondate di calore li colpiranno in media 7 volte in più rispetto ai loro nonni, subiranno 2,6 volte in più la siccità, 2,8 volte in più le inondazioni dei fiumi e circa 3 volte in più la perdita dei raccolti agricoli e il doppio gli incendi devastanti. Il vertice sul clima COP26 di Glasgow a novembre ha rappresentato una sorta di punto cruciale per l'attivismo giovanile, che si è imposto con assertività e grande inquietudine grazie anche a Greta Thunberg che ne è la portabandiera. Le promesse fatte dai leader mondiali a Glasgow rimangono inadeguate e i bambini saranno quelli che più soffriranno dell'inerzia degli adulti di fronte al disastro ambientale in corso, pur non avendone alcuna responsabilità. Tutti gli occhi saranno puntati sulla COP27 nel 2022, per vedere se i leader saranno in grado di trasformare quello che è stato definito il "bla bla bla" di Glasgow in azioni concrete per garantire il futuro di bambine, bambini e adolescenti. Le grandi migrazioni di profughi e sfollati Tra il 2005 e il 2020, il numero di bambini rifugiati è più che raddoppiato, passando da quattro milioni a circa 10 milioni, mentre il numero dei bambini sfollati a livello globale oggi è quello più alto dalla Seconda Guerra Mondiale. Le immagini di bambini che cercano di attraversano le frontiere o che muoiono durante il tragitto, hanno regolarmente commosso l'opinione pubblica ma solo occasionalmente modificato le politiche in atto. Il flusso di famiglie disperate in fuga pone davanti un’ulteriore sfida per il 2022, cioè quella di trovare un rifugio a chi è costretto ad abbandonare le proprie case a causa di guerra, povertà e crisi climatica, mettendo al centro le persone e non le frontiere. La mortalità tra i bambini Negli ultimi 30 anni, infatti, i tassi di mortalità infantile sono scesi quasi del 60%. Con la pandemia, però, la forte pressione sui servizi sanitari di tutto il mondo ha causato malattie che in precedenza erano quasi state debellate, ed esiste una possibilità molto concreta che il tasso di mortalità infantile cresca nel 2022 per la prima volta dagli ultimi decenni, rappresentando un'inversione di dati disastrosa per la salute delle bambine e dei bambini a livello globale. In 32 paesi i decessi per malaria, in precedenza calati sensibilmente, sono aumentati nuovamente. Recenti scoperte come il primo vaccino efficace contro la malaria, offrono la speranza che i progressi nei vaccini “stimolati dalla pandemia” possano essere d’aiuto ai bambini di tutto il mondo. “Anche in Italia i bambini hanno di fronte numerose sfide: il paese sta vivendo un calo demografico che sembra inarrestabile, dovuto anche alla mancanza di politiche volte a tutelare la genitorialità, la povertà per contro aumenta di anno in anno. La chiusura delle scuole a causa della pandemia ha ampliato i divari nelle opportunità di apprendimento e l’Italia registra la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano più alta d’Europa.Tali sfide possono essere affrontate solo con un lavoro sistemico e le risorse dedicate alla Next Generation e alla Child Guarantee, dovranno essere utilizzate con coraggio e mettendo al centro le giovani generazioni e le loro necessità, per non perdere un’occasione preziosa di rilancio del Paese”, conclude Daniela Fatarella. Read the full article
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purpleavenuecupcake · 6 years ago
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Open House Roma: Palazzo Aeronautica apre le porte al pubblico
Sabato 11 e domenica 12 maggio sarà possibile visitare gratuitamente la sede istituzionale dell'Aeronautica Militare
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Dopo il grande successo delle precedenti edizioni, anche quest’anno il Palazzo dell'Aeronautica apre le porte al pubblico in occasione dell’evento Open House Roma 2019. La sede istituzionale dell’Aeronautica Militare sarà uno dei circa 200 luoghi aperti di Roma che si potranno visitare gratuitamente sabato 11 e domenica 12 maggio a partire dalle ore 10.00 con ultimo ingresso alle 18.00, con accesso ogni 30 minuti da viale dell'Università 4. Con la partecipazione a questo evento, l'Aeronautica Militare vuole contribuire alle iniziative improntate all’educazione, alla conoscenza e alla tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico del Paese. Un evento che permette ancora una volta alla Forza Armata di mostrarsi con la ferma volontà di essere sempre più con la gente, per la gente, memori del passato e delle proprie tradizioni, attenti al presente e proiettati al futuro. Open House Roma è un evento annuale che in un solo week end vede l'apertura gratuita di centinaia di edifici della Capitale, notevoli per le peculiarità architettoniche e artistiche. L’evento, a differenza di iniziative simili, riserva particolare attenzione, oltre che al patrimonio storico, anche e soprattutto a quello moderno e contemporaneo. Il monumentale Palazzo dell'Aeronautica fu voluto dall’allora ministro della Regia Aeronautica (1926-1933) Italo Balbo il quale, per la progettazione, si rivolse ad un architetto di soli 28 anni, Roberto Marino; i lavori furono ultimati in soli due anni ed il palazzo risulta il primo in Italia ad essere costruito interamente in cemento armato. L'edificio è disegnato con linee larghe e sicure a sottolineare, nell'intento dell'epoca, le caratteristiche di una Roma moderna. L’interno fu concepito con criteri nuovi: grandi sale (in luogo del vecchio sistema cellulare) nelle quali si allineano i tavoli dei funzionari; tramezzi realizzati in gran parte in vetro trasparente per separare le sale dai corridoi che le collegano; dimensioni vastissime e proporzioni imponenti (l’edificio copre infatti una superficie di circa 8000 metri quadri). Semplicità ed eleganza sono riscontrabili anche negli elementi decorativi, non invadenti ma significativi, quali le maniglie che stilizzano un profilo alare o il motivo del “bastone di Comando”, allora segno distintivo degli ufficiali piloti, riproposto come abbellimento, elegante e sobrio, delle ringhiere metalliche dello Scalone d’Onore, delle porte a vetri delle Sale degli Eroi e delle Nuvole, addirittura riportato nelle imponenti coperture dei caloriferi installati presso le Sale d’Onore. La “Sala Italia”, la “Sala Europa” e la “Sala delle Cartine” sono sapientemente istoriate con pitture murali di carattere geografico, astronomico e storico. L’ultima delle tre sale citate, in particolare, commemora le due Crociere Atlantiche guidate dallo stesso Balbo nel 1930 e nel 1933, rispettivamente in Brasile e negli Stati Uniti. Le tre sale costituivano le tre anticamere di accesso alla piccola stanza di Italo Balbo – sulla cui parete era posta la scritta “Oltre il destino”, quasi a voler accentuare l’importanza della visita al ministro, caricandoli d’aspettativa, per i Capi di Stato invitati a Palazzo. La funzionalità del Palazzo era inoltre posta in risalto dagli ascensori a ciclo continuo, “ascensore paternoster” (consistente in due colonne attigue e parallele di cabine - atte ad ospitare due persone - sovrapposte e in lento movimento continuo, una in salita, l'altra in discesa; ad ogni piano servito, due varchi - uno per direzione di marcia - permettono agli utenti di salire o scendere "al volo" sulla o dalla cabina) e dal sistema di “posta pneumatica”, che consentiva in modo innovativo e in un’epoca in cui le e-mail erano una realtà lontanissima nel futuro, la comunicazione immediata tra le varie stanze. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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Afghanistan: Save the Children, ripresi i servizi nutrizionali e di immunizzazione salvavita
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Sono ripresi nella città di Kandahar, nel sud dell’Afghanistan, i programmi salvavita di Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro. L’Organizzazione ha dichiarato di aver effettuato tutti i controlli di sicurezza necessari per assicurare che il personale sia maschile che femminile possa tornare a lavorare in sicurezza per fornire servizi sanitari e nutrizionali ai bambini. Difatti, la recente escalation di violenza in Afghanistan aveva costretto Save the Children a sospendere i suoi programmi nel Paese a metà agosto. La squadra sanitaria mobile di Save the Children a Kandahar ha così ripreso a fornire servizi sanitari e nutrizionali essenziali per i bambini e le loro famiglie nelle aree rurali, compreso il trattamento per la malnutrizione e i servizi di immunizzazione vitali per proteggere i bambini da infezioni e malattie. Dall'inizio dell'anno, Save the Children ha raggiunto con i suoi servizi salvavita più di 146.000 persone a Kandahar, tra cui più di 35.600 bambini. Anni di conflitti, disastri naturali e il Covid-19 hanno portato l’Afghanistan sull'orlo del disastro. Già prima dell’escalation delle violenze, si prevedeva che quest’anno 5,5 milioni di bambini afghani avrebbero affrontato livelli emergenziali di fame e che la metà di tutti i bambini al di sotto dei 5 anni avrebbe sofferto di malnutrizione acuta e questo numero potrebbe aumentare a causa degli effetti combinati di siccità, Covid-19 e dell'interruzione degli aiuti umanitari. “Con milioni di afghani sull'orlo della fame, interventi come i nostri possono fare la differenza tra la vita o la morte per molti bambini. È rassicurante poter tornare al lavoro fornendo ai bambini e alle loro famiglie a Kandahar i nostri servizi sanitari e nutrizionali salvavita. Speriamo di poter riprendere il prima possibile i nostri interventi anche in altre parti del paese. Non si può ignorare una realtà drammatica, in questo momento migliaia di famiglie sfollate dormono all'aperto senza cibo o cure mediche e sono costrette a vendere il poco che hanno per comprare solo misere quantità di cibo per i loro figli. L’inverno rigido dell’Afghanistan è alle porte e milioni di bambini potrebbero soffrire di malnutrizione e malattie nei prossimi mesi. È fondamentale raggiungerli il prima possibile” ha dichiarato Chris Nyamandi, Direttore di Save the Children in Afghanistan. Save the Children è un’organizzazione indipendente, imparziale e politicamente neutrale che opera in Afghanistan dal 1976 fornendo servizi sanitari, di accesso all’educazione e protezione dell'infanzia, di nutrizione e sussistenza. Ha raggiunto oltre 1,6 milioni di afghani nel 2020. Read the full article
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cinquecolonnemagazine · 3 years ago
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Afghanistan: Save the Children, appello alla comunità internazionale
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La comunità internazionale deve accelerare e semplificare le procedure di visto per gli afghani che temono per la loro sicurezza e che desiderano lasciare il Paese. Questo l’appello lanciato da Inger Ashing, CEO di Save the Children International, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro. Inger Ashing ha affermato che tutti i paesi hanno il dovere, nel rispetto del diritto internazionale, di consentire ai rifugiati la richiesta del diritto d’asilo e garantire trasferimenti sicuri e un rifugio perché possano essere protetti, in particolare i bambini. Nelle ultime settimane centinaia di migliaia di afghani, tra cui decine di migliaia di bambini, sono fuggiti dalle violenze raggiungendo i paesi vicini. Circa 100.000 persone hanno attraversato l'Iran fino alla Turchia orientale, paese in cui ogni giorno dall’inizio di luglio arrivano tra le 500 e le 2000 persone. Alcuni paesi sono già pronti ad accogliere un certo numero di persone in centri di accoglienza temporanei, mentre altri hanno annunciato di voler mantenere chiusi i propri confini. Inger Ashing ha affermato che i bambini afghani e le loro famiglie che hanno lasciato il Paese nelle ultime settimane devono essere protetti e i loro diritti rispettati secondo il diritto internazionale e dovrebbe esserci una moratoria immediata su tutti i rimpatri forzati dei cittadini afghani. “È essenziale che in questi primi giorni di crisi i paesi mantengano le frontiere aperte e garantiscano la sicurezza di chi arriva, compresi i bambini fuggiti dalle violenze, e la protezione dei loro diritti. I paesi dovrebbero continuare ad accogliere i bambini afghani e le loro famiglie sulla base dei reali bisogni umanitari e non di limiti prestabiliti. Stiamo assistendo a scene di disperazione in Afghanistan, dove migliaia di persone stanno cercando di lasciare il Paese e non possono farlo, non possiamo abbandonarli” ha dichiarato Inger Ashing, CEO di Save the Children International. “Per di più, mentre ci arrivano notizie di madri che consegnano i propri figli al personale militare oltre il muro dell'aeroporto di Kabul chiedendo loro di salvarli, i paesi chiudono i confini e migliaia di domande di visto non vengono processate.” “Esortiamo la comunità internazionale a rispettare i propri obblighi nei confronti del popolo afghano e garantire, quindi, immediatamente un trasferimento sicuro fuori dal Paese per i cittadini a rischio. Si devono semplificare e accelerare le procedure per i visti. I governi mondiali non possono sottrarsi ora alle proprie responsabilità. Save the Children è pronta a fornire sostegno ai bambini afghani sfollati nei paesi in cui opera, compresi i minori non accompagnati e separati dalle famiglie. Il nostro impegno nei confronti del nostro lavoro e del nostro personale in Afghanistan è più forte che mai, con l’obiettivo di garantire ai bambini afghani un futuro senza violenza” ha concluso Inger Ashing. Save the Children è un'organizzazione indipendente, imparziale e politicamente neutrale che opera in Afghanistan dal 1976 con interventi salvavita per i bambini e le loro famiglie in tutto il Paese che ha ora dovuto sospendere temporaneamente. L'Organizzazione ha fornito servizi sanitari, di accesso all’educazione e protezione dell'infanzia, di nutrizione e sussistenza, raggiungendo oltre 1,6 milioni di afghani nel 2020. Save the Children punta a riprendere le attività relative a salute, educazione e protezione dei bambini non appena sarà possibile farlo in sicurezza. Read the full article
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