#Biennale d’Arte 2019
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Glomarì: “La fiera dei miracoli”
A cento anni dalla nascita di Wislawa Szymborska,l’artista fidentina mette in musica il testo di una delle sue poesie più note, un agrodolce e fantasioso viaggio sul significato della parola miracolo.
Il 13 dicembre 2023 è la notte di Santa Lucia. Una canzone questa che ci darà in dono la possibilità di spalancare la “Porta dello Stupore”, magari di varcarne la soglia. La poesia rappresenta infatti una sorta di formula magica volta a ricordarci che si tratta di una porta sempre aperta e alla portata di tutti, di cui sempre più spesso ci si dimentica l’esistenza.
La musica che Glomarì intesse sul filo conduttore del testo poetico ha un sapore rapsodico dal retrogusto vintage e fiabesco, una struttura libera, danzante, senza tempo, che non fa riferimento ad alcuno stile particolare, se non a quello della spontaneità di un gioco inventato.
Con questo nuovo singolo “La fiera dei miracoli”, Glomarì preannuncia un suo ritorno sulla scena musicale, facendoci pregustare i tratti eclettici e mistici del suo prossimo album, un progetto concettuale multidisciplinare che la vedrà approdare nel mondo dell’elettronica sperimentale grazie alla stretta collaborazione con il compositore cosentino Remo De Vico.
Gloriamaria Gorreri (in arte Glomarì), classe 1989, è un’artista dall’attitudine poliedrica. Ciò che la caratterizza è la capacità di combinare in modo trasversale musica, poesia e immagine.
Dopo aver ottenuto la Laurea Magistrale in Scienze dell’Architettura presso il Politecnico di Milano ed un Master in “Design per il Teatro” presso il PoliDesign, parallelamente alla carriera architettonica, decide di esplorare il mondo della musica e di intraprendere un percorso cantautorale su incoraggiamento del Prof. Stefano La Via, docente di Storia della Poesia per Musica presso la Facoltà di Musicologia e Beni Culturali di Cremona, con il quale dal 2016 porta avanti un sodalizio artistico-musicale. Inizia così a costruire una poetica molto personale, libera e ibrida, in cui dimostra di essere e agire fuori dagli schemi di ordinaria definizione delle arti. Il suo primo lavoro, l’EP autoprodotto intitolato “Inaccadimenti”, uscito il 29 novembre 2019, consiste in una trilogia di video-poesie musicali (“A suo modo danza”, “Mostarda”, “Liberà”) che l’autrice ha scritto, sceneggiato e diretto curandone aspetti sonori e visivi. I video sono stati selezionati e proiettati in diversi festival come l’Amarcort Film Festival, il Little Island Festival, il Festival della Coscienza e il Seeyousound Music Film Festival.
Il 2° episodio della trilogia, intitolato “Mostarda”, nell’aprile del 2019 ha ottenuto il 1° premio del concorso “Artefici del Nostro Tempo” della 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, è stato esposto nel Padiglione Venezia, nella “Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna” ed è ha rappresentato il panorama italiano dei giovani artisti emergenti durante la 13esima giornata del contemporaneo in Oman presso la Stal Gallery di Mascate.
Il 20 novembre 2020 viene pubblicato il suo primo album “A debita vicinanza”, una delicata cesellatura dell’animo attraverso 10 tracce dallo stile raffinato e con arrangiamenti acustici leggeri solo in superficie.
“Tramontofili”, ultima traccia dell’album, è frutto di un esperimento situazionista svoltosi in una villa disabitata e documentato in un video che ne riassume l’essenza nostalgica e malinconica. Un progetto che ancora una volta tenta di dimostrare quanto l’universo cantautorale possa comunicare con quello artistico e che il “videoclip” può essere qualcosa di più di una “confezione” a scopo meramente commerciale, fino a diventare parte integrante (se non inscindibile) del progetto musicale.
Il 15 marzo 2021 è uscito il suo ultimo singolo intitolato “Fernweh” nato come colonna sonora di un progetto video-poetico al femminile regia di Chiara e Irene Trancossi, un viaggio onirico alla scoperta di quel sentimento di “nostalgia dell'ignoto” a cui fa riferimento il titolo, parola tedesca della quale non esiste un corrispettivo nella lingua italiana.
A giugno del 2021 si aggiudica il 1° posto nella sezione “Canzone d’Autore” del Premio Inedito con il brano “Maledetto detersivo”.
Il 31 agosto del 2022 vince la terza edizione del “Premio Brassens” con il brano inedito “Neige mouillée”.
Il 13 dicembre esce “La fiera dei miracoli”, il nuovo singolo che anticipa l’uscita del suo nuovo disco di inediti.
LINK SOCIAL https://open.spotify.com/artist/7LRG0giU7EnricaEi0qEcm
www.instagram.com/ciaosonodisagio/ https://www.youtube.com/@glomari_ciaosonodisagio https://www.facebook.com/ciaosonodisagio
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Un tableau de Lee Scratch Perry en vente chez Phillips
Phillips, l’une des dix plus grandes maisons de vente aux enchères du monde, est la deuxième maison d’enchères à proposer à la vente une œuvre de Lee « Scratch » Perry. Il s’agit de Money Tree, un tableau réalisé en 2007 par Lee Perry et l’artiste britannique Peter Harris. Le tableau a été vendu pour un montant de 3302 livres sterling, soit environ 3800 euros. Il semblerait que le Salvador Dali jamaïcain commence ainsi à se faire une place sérieuse dans le très sélect marché de l’art contemporain.
La présence de certaines de ses œuvres dans des musées d’art contemporain comme le prestigieux Bonnefanten situé à Maastricht aux Pays-Bas et la multiplication des expositions internationales mettant en scène ses peintures, dessins, collages et autres installations – Cabinet à Londres en 2023, Musée d’art contemporain de Rome en 2022, La Biennale de São Paulo en 2021, le Swiss Institute à New York en 2019 – sont d’autres signaux forts qui abondent dans ce sens.
Affaire à suivre…
Notez que l'on peut apercevoir Lee Perry et Peter Harris en pleine création dans l’excellent documentaire, Lee Scratch Perry’s Vision of Paradise (Volker Schaner, 2016, 1h40, Allemagne), consultable en intégralité et gratuitement ci-dessous :
youtube
Pour en savoir plus sur la vente chez Phillips : https://www.phillips.com/detail/lee-scratch-perry-and-peter-harris/UK090423/61 Pour plus d’infos sur les œuvres réalisées par Lee Perry et Peter Harris (2007-2015) : https://www.leescratchperry-peterharris-art.com/
Par JKD (28 septembre 2023). Copyright.
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Sonia Lawson, Director of the Palais de Lomé, Togo
Museums of Tomorrow Symposium
Friday, April 21, 2023, 10am–4pm
PT Clark Center Auditorium and Cantor Arts Center, Stanford University
This symposium is organized around a key question: Can technology transform systems of power within culture and its institutions? Organized by the Cantor Arts Center at Stanford University in conjunction with the Fine Arts Museums of San Francisco and András Szántó LLC. Sonia Lawson is the founding director of the Palais de Lomé in Togo, an ambitious renovation, cultural, and environmental project that opened its doors in 2019. She was entrusted with the conception, management, design, and oversight of the former Governor’s Palace transformation into a center for art and culture after the palace lay abandoned for more than 20 years. The Palais de Lomé showcases the diversity of Togolese and African cultural production in visual arts, design, new media, culinary arts, and performing arts in diverse settings and exhibition spaces. The venue places a strong emphasis on biodiversity in its programming and in the ongoing design and care of the public space of its gardens. In 2017 and 2019 Lawson also curated exhibitions of design and crafts from Togo at Révélations Biennale des Métiers d’Art, the international fine craft and creation biennial at the Grand Palais in Paris. She previously worked in Europe in management consulting and in international brand management at large multinational consumer goods corporations.
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Marco Bellocchio: premio all’eccellenza cinematografica al BAFF 2023
Marco Bellocchio: premio all’eccellenza cinematografica al BAFF 2023. Marco Bellocchio riceverà il Premio Dino Ceccuzzi Platinum 2023 all’eccellenza cinematografica, durante la ventunesima edizione del BAFF – B.A. Film Festival dal 15 al 21 aprile a Busto Arsizio. Il BAFF – B.A. Film Festival, diretto da Steve della Casa e Paola Poli, è organizzato da B.A. Film Factory, presieduta da Alessandro Munari, con il Comune di Busto Arsizio e il supporto dell’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni. Lo scorso anno ad aggiudicarsi il riconoscimento è stato il regista premio Oscar Bille August. Nelle edizioni precedenti si possono ricordare Francis Ford Coppola, Murray Abraham, Carlo Verdone, Sergio Castellitto, Faye Dunaway e Ferzan Ozpetek. Bellocchio sarà ospite della serata finale del festival, venerdì 21 aprile al Cinema Lux, in cui incontrerà pubblico con il direttore artistico Steve Della Casa, grazie al quale si ripercorreranno i momenti salienti della sua lunga carriera. Fresco della Palma d’Oro d’Onore al Festival di Cannes nel 2021 e del Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia nel 2011, il regista è attualmente in corsa con 18 candidature, tra cui quelle per miglior film, regia, attori e attrici protagonisti e non protagonisti, alla 68esima edizione dei Premi David di Donatello per il film “Esterno notte” (2022), che ricostruisce il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Marco Bellocchio ha debuttato nel 1965 con “I pugni in tasca”. Nel decennio successivo gira “Nel nome del padre” (1971) e “Sbatti il mostro in prima pagina” (1972). Nel 1984 dirige Marcello Mastroianni e Sophia Loren in “Enrico IV”. Nel 1991 vince l’Orso d’Argento al Festival di Berlino con “La condanna”. Nel 2002 vince il premio Nastro d’Argento per “L’ora di religione” e negli anni successivi firma la regia di “Vincere” (2009), “Bella addormentata” (2012) e “Il traditore” (2019), sul personaggio di Tommaso Buscetta.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Chiharu Shiota
Autor: Chiharu Shiota
Títol: The key in the hand
Any de realització: 2015
Material i tècnica: instal·lació creada mitjançant claus antigues, barques venecianes i llana vermella. Es una extensió de tota la sala on el sostre i les parets estan plens de llana vermella, creant un fil de laberints de les quals més de 50.000 claus cauen sobre dues góndoles.
Dimensió en cm: instal·lació al pavelló del Japó de la Biennal d’art a Venècia.
Museu o col·lecció: va ser escollida per representar el Japó a l’exhibició en solitari al pavelló de Japó, durant el 56èna exhibició d’art internacional biennal a Venècia a Itàlia.
Explicació continguts: En aquesta instal·lació, una vegada l’espectador entra, es troba una sala ple de fil vermell creant una mena de laberint. a l’extrem de cada fil que cauen del sostre i les parents penja una clau. Aquestes claus representen la protecció de les coses importants i valuoses per a nosaltres. en entrar en contacte amb més gent, les claus acumulen més i més records. aleshores en un moment determinat de les nostres vides confiem aquestes claus amb els nostres records més importants a gent en qui confiem per cuidar de les nostres coses. Shiota incorpora aquesta clau com a mitjà que transmet els nostres sentiments i emocions. Les dues gondoles col·locades sota les claus penjades simbolitzen dues mans atrapant una pluja de records. Aquests dos vaixells que avançaren a través d’un mar de memòries mentre recullen records individuals. També trobem una fotografia d’un nen amb claus a les mans, i quatre monitors de videos de nens petits parlant de records abans i després de néixer. escoltant aquests videos i mirant les claus que contenen tants records es pot experimentar dues fases de la memoria, gràcies a l’exposició també vol que redescobrim records continguts en la nostra existencia, que poden ajudar a establir vincles amb altres persones.
Biografia: Chiharu Shiota va nèixer a Osaka, Japó l’any 1972, però ara mateix viu i treballa a Berlin, Alemanya. Les seves principals inspiracions i preocupacions pel seu art son la vida, la mort, les relacions, i altres conceptes com la identitat i l'existència. Ella parla de la seva vida i les seves obres, sovint sorgides d'experiències personals, el que vol és quan la gent entri a les seves obres, entenguin que és morir i viure. És a dir, vol explorar l’existència humana a través de diverses instal·lacions, ja sigui de fils negres, vermells o blancs a gran escala que inclouen altres objectes comuns i records externs, sinó també fotografies i videos. L’any 2008 va rebre el Premi de Foment de l’Art del del ministre japonès d'Educació, Cultura, Esports, Ciència i Tecnologia. Altres exposicions arreu del món inclouen Mori Art Museum, Tokyo (2019), Art Gallery of South Australia (2018), entre d’altres.
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Eva Giannakopoulou in residenza per “Ichthyolatry”
01 Dicembre 2022 - 15 Dicembre 2022
Inizia oggi la residenza creativa per la ricerca e la composizione del nuovo spettacolo di Eva Giannakopoulou. Eva è l’artista selezionata per questo quinto tandem di produzione che vede coinvolti come coproduttori PCAI Awareness Raising (Grecia), ARTEMREDE/Torres Vedras Municipality (Portogallo). La selezione è avvenuta attreverso una call lanciata il 10 gennaio 2022 e chiusa il 28 marzo 2022 per artisti residenti in Grecia.
Ichthyolatry rappresenta la quinta tra le 12 produzioni internazionali che verranno realizzate e coprodotte da altrettanti tandem produttivi nella cornice del progetto europeo Stronger Peripheries. L’arboreto – Teatro Dimora, tra i partner, è stato scelto per la sua esperienza e l’unicità della sua vocazione come principale luogo di residenza creativa per sette di queste produzioni.
La teorica culturale Astrida Neimanis nel suo libro “Hydrofeminism: Or, On Becoming a Body of Water” (2017) inventa il concetto di “Idrofemminismo”, proponendo un’inedita prospettiva eco-femminista: l’acqua, il genere femminile, i corpi incarnati e la cura dell’ambiente e della biodiversità dovrebbero fondersi e creare una nuova etica ecologica. Apprendere la “fluidità” tipica dell’elemento in costante movimento potrebbe contribuire alla nascita di una nuova coscienza ecologica, politica e poetica, attraverso una lente femminista? Se l’acqua è l’elemento da cui derivano tutti gli organismi, come potremmo tornare a questo remoto stato della nostra esistenza, abolendo i limiti tra evoluzione e storia, natura e cultura? Come creare alleanze trasversali tra generi, specie e ambienti in una prospettiva post-umana? La risposta a queste domande potrebbe “colmare il divario” esistente tra passato, presente e futuro, tra esseri umani e non, tra una medusa ed un cane. Mentre siamo diretti testimoni di epidemie, guerre, catastrofi ecologiche e crisi energetiche, potrebbe essere interessante ripartire dall’acqua, in un orizzonte etico post-umanista, per incoraggiarci a pensare orizzontalmente, al di fuori degli interessi della nostra specie, abbandonando una concezione del mondo narcisista, e prendendo sul serio gli interessi e i diritti di tutto ciò che non è umano. Ichthyolatry è il tentativo di collegare il Pireo (GR), Torres Vedras (PT) e Mondaino (IT) attraverso “percorsi d’acqua e di etica dell’acqua” sperimentando con le comunità locali, la natura e i rispettivi contesti urbani.
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Eva Giannakopoulou è cresciuta a Itaca, in Grecia, e attualmente risiede con suo figlio ad Atene, dove lavora. In passato ha vissuto a Napoli, Barcellona, Istanbul, Berlino e in altri luoghi a seconda delle circostanze. Ha presentato spettacoli in vari siti non convenzionali, tra cui spiagge, piazze, fiumi, parchi e stadi improvvisati nello spazio pubblico. Il suo lavoro è stato esposto in musei, istituzioni, gallerie e festival, tra cui la Onassis-Stegi Foundation (Kin Baby, FUTURE N.O.W, 2021 e Kivotos Channel, 2021), il Museo Benaki (“The Same River Twice”, 2019; “The Equilibrists”, 2016, entrambi a cura e organizzati dal New Museum, New York e dalla Fondazione DESTE), il Kultursymposium Weimar (2019), il Goethe-Institut Athen (“Weasel Dance”, 2019), la Biennale di Atene AB6: ANTI (2018), the Athens Biennale AB5to6: OMONOIA (2016), the Material Art Fair (Mexico City, 2017), the Rosa Luxemburg Foundation (Berlin, “Autonomy Help ME!”, mostra personale, 2015), MPA-B (Berlin, 2014 e 2015), Action Field Kodra (Thessaloniki, 2012) e la National Bank of Greece Cultural Foundation (MIET) Thessaloniki Center (in occasione di un evento parallelo della terza Biennale di Arte Contemporanea di Salonicco, 2011). Ha studiato storia dell’arte in Italia e belle arti in Grecia sotto P. Charalambous. Eva ha ricevuto la borsa di studio IKY (State Scholarships Foundation) e Vikatos per i suoi Master “Space Strategies” presso l’Accademia d’Arte Weiβensee di Berlino. Ha co-curato e co-organizzato numerosi progetti artistici ed eventi performativi, mentre nel 2013-2014, è stata collaboratrice del MPA-B (Month of Performance Art, Berlino). Nel 2019 ha co-fondato “Most Mechanics Are Crooks”, una band artistica e curatoriale che mira a reclamare l’insincerità come strumento di discorso progressivo. Eva è candidata al dottorato presso l’ASFA (Athens School of Fine Arts). Il titolo della sua tesi di dottorato è: “m-otherness. Verso un’indagine sulle voci materne e sulle rappresentazioni attraverso tattiche sovversive”.
#residenza creativa#stronger peripheries#Ichthyolatry#Eva Giannakopoulou#Performing Arts#creative europe#ecofemminismo
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Tomonori Toyofuku was born on October 24, 1925, in Kurume, on the island of Kiushu, Japan. He attended Kokugakuin University until 1943, taking Ancient Japanese literature. In 1946 he studied wood sculpture under Tominaga Chodo. He exhibited his work for the first time in 1950 with the avant-garde Japanese group Shinseisaku-Kyokai, he later became a member in 1957. His work combined modern sensibility with the traditional ancient Japanese concept of form. His first solo exhibition was held at the Tokyo Gallery in 1960 and during the same year, he was invited to show at the Venice Biennale.
Toyofuku has found a unique abstract form of expression through bronze, mahogany, and stone sculptures, piercing them with egg-shaped motifs, repeated with endless variations. His designs include everything from jewelery to great public monuments, such as the granite fountain in Kurume, executed in 1983, and a commemorative metal sculpture in the port of Fukuoka, completed in 1997. His sculptures now form part of major public and private collections, including The Museum of Modern Art, New York; the National Museum of Modern Art, Tokyo; the Albright-Knox Art Gallery, Buffalo; and the Galleria d’Arte Moderna, Rome. In 1960 Tomonori Toyofuku moved to Milan. He died in Fukuoka on May 18, 2019.
https://www.guggenheim-venice.it/.../tomonori-toyofuku/
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Née en 1974 à Lyon. Vit et travaille à Berlin / Geboren 1974 in Lyon. Lebt und arbeitet in Berlin. 1994/1999 – Diplôme National Supérieur d’Expression Plastique (DNSEP) – ENBA Lyon – France / Nationales Hochschuldiplom für plastischen Ausdruck (DNSEP) - ENBA Lyon - Frankreich 2000 – École Nationale Supérieure Des Beaux-Arts De Paris – ENSBA – France
EXPOSITIONS PERSONNELLES / PERSÖNLICHE AUSSTELLUNGEN 2018- Histoires courtes , Diptyque – Galerie Eva Hober – Paris 2018- Histoires courtes , Diptyque –Galerie Retramp - Berlin 2016 – Même pas mal – Galerie Eva Hober – Paris
2013 – Dead or alive – Galerie Eva Hober – Paris
2011 – Mov..vie – Le Cap – Centre d’art de Saint-Fons
2011 – Mov..vie – Galerie Frank Elbaz – Paris
2010 – Lost – Ambassade de France – Berlin
2009 – Hedonist N.E.E.T – Galerie Frank Elbaz – Paris
2007 – Enlève ton masque – Galerie Frank Elbaz – Paris
2005 – All the Same – Stellan Holm Gallery – New York
2004 – Do you remember me ? – Galerie Frank Elbaz – Paris
2004 – Le Confort Moderne – Poitiers
2003 – La tannerie – Bourg-en-Bresse
2001 – 9 BIS – Saint-Etienne
EXPOSITIONS COLLECTIVES / GRUPPENAUSSTELLUNGEN
2021- Kaoshing Museum of Fine Arts - Taïwan 2021 -Histoire , histoires en peintures -Chateau du val Fleury - France 2020- expo d’été -Galerie kashagan - Lyon 2019 - Hoteltriki - -Galerie kashagan - Lyon 2018- friend and famili – Galerie Eva Hober – Paris 2017- Galerie ERRATUM - Berlin 2016 – L’enseigne de Gersaint – Galerie Eva Hober, Paris
2016 – UMAM – Palais de L’Europe – Menton
2014 – Cadavre exquis à la plage – Projektraum Ventilator – Berlin
2014 – Encore – Partie 1 – Dixième anniversaire de la Galerie Eva Hober – Paris
2013 – Friends & Family – 150 artistes – Galerie Eva Hober – Paris
2013 – La belle peinture 2 Palais Pistoria – Bratislava
2012 – Les bruits du dehors – La nouvelle scène de l’égalité II – Curated by Jean-Marc Thevenet and Alain Berland – Biennale du Havre
2012 – L’insouciance – Maison Guerlain – Paris
2012 – Work in progress show – Tacheles – Berlin
2012 – La belle peinture est derrière nous – Los Angeles
2011 – La belle peinture est derrière nous – Lieu unique – Nantes
2011 – La belle peinture est derrière nous – Ankara
2011 – Berlin-Paris – Wentrup Gallery – Berlin
2010 – La belle peinture est derrière nous< – Sana Limani Antrepo n°5 – Istanbul
2007 – Off Modern – La Station – Nice
2007 – Conversations – Kerava Art Museum – Finlande
2006 – Antidote – Galerie des galeries- Galeries Lafayette – Paris
2005 – Et le canard était toujours vivant – Centre d’art de Meymac
2005 – Biennale de Prague – Prague
2004 – Le Confort moderne – Poitiers
2003 – Limit. Ed. – Le Triage – Nanterre
2003 – Sur le front – Le Triage – Nanterre
2003 – Biennale de Lyon – Musée d’art contemporain de Lyon
2002 – Galerie Air de Paris – Paris
2001 – En liberté – Villa du Parc – Annemasse
2000 – Pourquoi Tetris ? – Random Gallery – Paris
1999 – Morphing Geneva – Mire – Geneva
1998 – Collection d’hiver – Passage des terreaux – Lyon
1998 – Subsistances – Lyon – France
COLLECTIONS PUBLIQUES / ÖFFENTLICHE SAMMLUNGEN
2013 – Collection du CNAP
2007 – Musée D’art Moderne de la Ville de Paris
2005 – Fonds Municipal d’art contemporain de la Ville de Paris
PRESSE 2007 – Maldonado Guitemie – Artforum – Mai
2007 – Bailly Bérénice – Le Monde – Février
2007 – Lequeux Emmanuelle – Rendez-Vous Magazine – Février
2007 – Farine Manou – L’oeil – Février
2007 – Maulmin Valérie – Connaissance Des Arts – Février
2007 – Barachon Charles – Technikart – Février
2007 – Cimaise – Janvier
2004 – Lequeux Emmanuelle – Le Monde – Février
2004 – Delos Soline – Elle – Décembre
CATALOGUES 2014 – La Belle Peinture 2 – Institut Français – Maurice
2013 – La Belle Peinture 2 – Institut Français – Bratislava – Slovaquie
2013 – Catalogue Audrey Nervi – Galerie Eva Hober – Paris
2012 – La Belle Peinture Est Derrière Nous – Institut Français – Maribor – Slovénie
2006 – Antidote – Galerie Des Galeries – Galeries Lafayette – Paris
2005 – All The Same – Galerie Frank Elbaz – Paris
2005 – Biennale De Prague
2004 – I Just Don’t Know What To Do With Myself – Marella Arte Contemporanea – Milan
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par Claire Moulène - publié le 15 juillet 2022 à 17h26
"Depuis quelques semaines, de nombreux touristes se seront probablement retrouvés nez à nez avec le viril gorille de 5 mètres de haut installé place de la Concorde à Paris, à un jet de pierre de l’Elysée. Tout de laque rouge vêtu, à la tête d’une mini-meute trop rutilante pour être sauvage, le «Wild Kong» du sculpteur Richard Orlinski est de retour dans la capitale, quelques mois seulement après avoir paradé avenue des Champs-Elysées, et un an pile après avoir porté haut les couleurs de la France à l’occasion de l’Euro de football.
Lors de la dernière Biennale d’art contemporain de Venise, c’est à l’entrée des Giardini, où se tient la manifestation officielle, que le zoo d’Orlinski a fait escale en avril, à l’occasion des journées professionnelles. Il y restera jusqu’en novembre, épousant ainsi à 100 % le calendrier de ce rendez-vous international incontournable sans jamais y avoir été invité. Les professionnels venus du monde entier ont ainsi pique-niqué, sans trop y prêter attention, au milieu de ces treize sculptures qui recyclent les codes et les techniques de l’art contemporain tout en l’asséchant de tout contenu. Les 500 000 visiteurs attendus cette année, et pas forcément venus pour ça, ont de quoi se réjouir…
«Il s’agit d’une ruse»
Mais avant de se pencher sur ce qu’Orlinski fait à l’art, et à ceux qui le regardent, demandons-nous d’abord ce qui lui vaut de bénéficier si régulièrement d’une visibilité sans équivalent dans les rues de la capitale et ailleurs, visibilité qui, on s’en doute, n’est pas sans conséquence sur la cote et donc le prix de vente de ses œuvres. Et comment il réussit, entre autres tours de force, à s’imposer comme primi piatti de la plus prestigieuse biennale d’art contemporain au monde. En clair, qui orchestre et qui valide les OPA dans l’espace public de ce sculpteur qui n’apparaît dans aucune collection publique, n’a jamais fait l’objet d’une invitation dans l’une ou l’autre des institutions qui maillent l’écosystème pourtant dense de l’art contemporain (musées, centres d’art, fondations, presse spécialisée etc.), mais réussit régulièrement à se placer dans les à-côtés des grandes manifestations artistiques type Biennale de Venise, Fiac, Art Basel, Festival de Cannes.
Au Grand Prix de France de Formule 1, en 2019. (DPPI. AFP)
«Entré par effraction»
«On nous sollicite régulièrement pour organiser ce genre d’opérations», avance la directrice de la communication des galeries Bartoux, qui représentent Orlinski. En décembre dernier, c’est le Comité Georges V qui les avait contactés pour installer un clinquant Kong sur les Champs-Elysées. Cet été, c’est sur la place de la Concorde et de la Madeleine qu’on le retrouve en compagnie de deux autres sculptures monumentales. L’opération est pilotée par le Comité du Faubourg Saint-Honoré qui réunit 120 maisons de luxe mais aussi les galeries Bartoux et la galerie Orlinski (faisant commerce exclusif de son œuvre), qui font toutes deux partie du comité artistique, quelle belle coïncidence, et ont pignon sur rue respectivement au 5 avenue Matignon et au 68 rue du Faubourg Saint-Honoré.
«Nous avons assorti notre avis favorable de la demande expresse que le Comité renouvelle, à l’avenir, ses propositions pour faire valoir la diversité des artistes que les nombreuses galeries implantées à Paris représentent, tient-on néanmoins à préciser à la mairie de Paris. Nous entendons que de nouvelles figures de l’art contemporain puissent être visibles dans l’espace public.»
Il faut dire que depuis le début des années 2010, il ne se passe pas une année sans que les sculptures d’Orlinski n’occupent l’espace public parisien. Déjà en 2012, le sculpteur avait judicieusement choisi son moment, en marge de la Fiac. Peu importe qu’il n’ait pas été convié par la directrice de cette grande foire d’art contemporain, Jennifer Flay, Richard Orlinski installe son bestiaire aux Invalides, non loin du Grand Palais où se tient la manifestation officielle. Résultat : quand le quotidien la Dépêche titre «Plus de peur que de mal, la Fiac s’est “bien passée”», c’est avec une photo du Kong d’Orlinski qu’elle illustre son article. «La seule fois où j’ai pu exposer à la Fiac, c’était au travers d’une association caritative. J’y suis entré en quelque sorte par effraction avec mes crocodiles, qui attiraient beaucoup de curiosité et qui gênaient les autres exposants», commentera un peu plus tard Orlinski. A la même époque, l’artiste Xavier Veilhan assigne Orlinski en justice l’accusant d’une pratique pas banale, et dont on ne savait même pas qu’elle pouvait relever du droit : le parasitisme. En cause, l’usage des mêmes codes couleur, du même matériau, du même aspect facetté. Au final, les juges estimeront néanmoins qu’il n’y a pas «de contrefaçon, même partielle». Orlinski a en revanche, en 2011, bel et bien été condamné pour contrefaçon d’une table lumineuse d’Yves Klein.
«Vu à la télé»
C’est le même scénario qui se rejoue à l’occasion de la Biennale de Venise cette année, où Orlinski passe une nouvelle fois outre le fait de ne pas avoir été invité et réussit à figurer au premier plan de ce grand rendez-vous international de l’art contemporain avec lequel il entretient des rapports complexes, en installant ses sculptures monumentales dans les Giardini della Marinaressa. Cette fois, c’est la galerie Bel Air Fine Art qui organise l’opération, en collaboration avec le Centre culturel européen italien. Bel Air Fine Art, avec ses consœurs les galeries Bartoux, Opera Gallery ou Carré d’artistes, est l’un des acteurs de ce marché de l’art bis dont le périmètre (de la place des Vosges à la place Vendôme, de la rue du Faubourg Saint-Honoré à Saint-Tropez ou Courchevel), et les leviers, dessine un paysage résolument parallèle.
L’autre levier de cette stratégie d’occupation massive passe par les réseaux sociaux : ses sculptures fleurissent sur les comptes de nombreuses stars, de Céline Dion à Justin Bieber, de Nabilla, dont il a par ailleurs produit une statue en or massif, à celui d’un armateur italien qui a fait l’acquisition pour son yacht d’une pièce à 15 millions de dollars. Et par un usage continu du «vu à la télé», alors qu’il égrène les plateaux des émissions populaires où ses œuvres apparaissent en majesté ou à la manière de flashs subliminaux qui impriment l’inconscient des téléspectateurs : chevaux blancs arqués pour le palmarès de Miss France en 2017 et Kong rouge à l’entrée de la villa de Miami de l’émission de téléréalité les Anges, saison 9. C’est encore lui qui a créé en 2016 le trophée des «W9 d’or», puis en 2018 celui du Grand Prix de France de Formule 1…
Richard Orlinski raconte à qui veut l’entendre qu’il est «l’artiste français le plus vendu au monde». Son succès serait la revanche ultime d’un enfant pauvre parmi ses camarades de Neuilly-sur-Seine, où il est né en 1966, devenu paria officiel d’un art contemporain nécessairement élitiste – tout en faisant fortune sur son dos. «Richard Orlinski n’est pas méfiant à l’égard de l’art contemporain officiel mais au vu du rejet dont il est parfois victime de la part des représentants de ces institutions, il considère que ce sont plutôt ces entités qui le rejettent», défend son attachée de presse.
«Réseau Courchevel»
A Courchevel, cet hiver. (imageBROKER. Andia.fr)
Récemment débauché par le chantier naval girondin Couach pour customiser une série limitée de trois yachts de 26 mètres de long, Richard Orlinski, qui défend l’idée de ses expos «dans des lieux gratuits», «accessibles à tous», est quand même d’abord accessible à ceux qui en ont les moyens, sa conception des lieux gratuits étant un brin circonscrite au triangle d’or parisien ou aux stations de ski les plus huppées. Courchevel notamment, où dix de ses sculptures ont été installées à la faveur du programme «L’art au sommet» copiloté par les galeries Bartoux et l’association Courchevel tourisme. «Certains pensent que l’art doit rester élitiste, moi je me bats contre ça, commente depuis les pistes pailletées Richard Orlinski à l’occasion d’un entretien dans le Figaro. Ici, il y a 200 000 skieurs qui passent par heure et qui peuvent voir les œuvres.» «Orlinski appartient à ce qu’on pourrait appeler le “réseau Courchevel”, note Elisabeth Couturier. Beaucoup de galeries s’installent à côté des palaces car il y a toute une classe de nouveaux riches qui n’a pas le temps de faire les galeries».
«Il veut être discret»
Est-ce que tout cela est bien grave ? Si l’occupation quasi-exclusive par un seul «artiste» de l’espace public de Paris ou d’ailleurs a de quoi faire sérieusement tiquer, il est vrai que ces nouveaux collectionneurs peuvent bien acheter ce qui leur chante, après tout ça les regarde. Le problème n’en demeure pas moins que l’art de Richard Orlinski creuse le malentendu qui depuis les années 90 mine l’art contemporain : dialogue de sourds entre des détracteurs, nombreux, qui n’auront de cesse de souligner sa nullité, son snobisme ou sa vacuité, et des défenseurs acharnés, qui auront sans doute trop tardé à tirer un trait net et précis pour l’autonomiser d’un marché de l’art qui fait miroiter une réalité très éloignée de celle de 99 % des artistes aujourd’hui. La machine Orlinski pousse tous les curseurs au maximum : caricature d’un art vide de sens et sommes astronomiques en jeu. Symptôme d’une industrialisation de l’art contemporain, il entretient et alimente la confusion sur les frontières de l’art au nom d’une démocratisation qui n’en a que le nom.
Richard Orlinski et sa sculpture «Le Chat», en partenariat avec Puma. (Abdesslam Mirdass/Hans Lucas)
«Sans objection»
Dernier hic lié à ce système de production : l’opacité qui règne sur sa gestion des numéros d’inventaire et autres éditions limitées. Selon son ancien bras droit, qui s’est retourné contre lui dans le cadre d’une enquête préliminaire ouverte en 2019 par le Parquet national financier pour «blanchiment de fraude fiscale aggravée», Orlinski userait de quelques petites astuces : «Il a fait énormément de “doublettes” : c’est-à-dire que le client est persuadé d’avoir un exemple unique ou une série limitée mais il trouve des trucs comme numéroter une série en chiffres romains, et la même en chiffres arabes. La série des crocodiles par exemple, officiellement à 500 exemplaires, existe donc deux fois et même trois fois, car il existe aussi des versions avec la tête du crocodile à droite, et une autre avec la tête du crocodile à gauche.»«Il n’y a aucune “astuce” dans la numérotation des œuvres, rétorque l’attachée de presse. Richard Orlinski respecte strictement les dispositions légales et réglementaires en vigueur, très spécifiques, sur les œuvres numérotées en chiffres romains et les œuvres numérotées en chiffres arabes, que cela concerne les œuvres originales ou les œuvres multiples. Il en est de même pour les crocodiles : ce sont deux sculptures différentes avec deux positions distinctes (la tête, le corps et la queue) qui ont été réalisées à la suite des demandes de certains collectionneurs, désireux de pouvoir disposer de pièces qui se répondent visuellement.»
Au-delà de ces stratégies marketing, Richard Orlinski fait aujourd’hui l’objet d’une enquête préliminaire toujours en cours, comme nous l’a confirmé le Parquet national financier. En attendant d’en savoir plus sur les avancées de cette enquête, il y a de quoi rester médusé par sa surexposition dans l’espace public. Ou par son apparition dans son costume de DJ le soir de l’investiture d’Emmanuel Macron, au Louvre, en 2017. Et enfin, alors qu’il avait été condamné pour contrefaçon d’un grand artiste français, par sa nomination comme chevalier des Arts et des Lettres par arrêté du 18 décembre 2020… «La candidature a été proposée le 14 octobre 2020 par Bernard Montiel, via le cabinet, se souvient la ministre de la Culture de l’époque, Roselyne Bachelot. Le bulletin numéro 2 du casier judiciaire, délivré le 26 octobre, portait la mention “néant”. L’avis du préfet d’Ile-de-France, était “sans objection”. La candidature, présentée au grade de chevalier, a finalement reçu un avis favorable du conseil des Arts et des Lettres pour une nomination directe au grade d’officier, en raison du rayonnement international du travail de l’artiste.»"
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Os tecidos de Teresa Lanceta: fiestras a tantos universos
Teresa Lanceta é unha artista que, en troques de optar pola pintura ou a escultura, decidiu crear as súas pezas cun tear que mercou de segunda man. As alfombras e similares quédanse na categoría de “artesanías”?, ou considéranse os traballos téxtiles unha práctica artística máis? Ou non son arte porque son mulleres quen os elaboran? O MACBA presente unha ampla mostra de Lanceta; significa iso que as cousas comezan a mudar no mundo da arte?
Lito Caramés
Vista exposición de Teresa Lanceta
Teresa Lanceta. Teixir com a codi obert. MACBA
Tejer supone un tiempo que se extiende a la vida cotidiana. (...) reclamo que la belleza de una alfombra sea considerada una unidad de tiempo, no contada en horas o machacada como mercancía. Las alfombras son pensadas y sentidas más allá de esas horas fijadas en el taller. Comprar las horas es arrebatar el tiempo que nos pertenece... (Teresa Lanceta, entrevista coas comisarias. Catálogo da exposición, 2022).
A mediados deste ano 2022 -tras a pandemia que revirou vidas, e ante a presenza de guerras en calquera continente- o MACBA (Museu d’Art Contemporani de Barcelona), esa institución sita no medio e medio do Raval (antigo Barrio Chino) barcelonés, presenta unha moi ampla exposición dos traballos da artista Teresa Lanceta: Teresa Lanceta. Teixir com a codi obert. En realidade unha antolóxica -de máis de 200 obras- onde se recollen creacións súas feitas ao longo de máis de 50 anos. Toda unha vida. A mostra está organizada polo propio MACBA e mais polo IVAM (Institut Valencià d’Art Modern). E as comisarias da mesma son Núria Enguita, comisaria de moitas exposicións e actualmente directora do IVAM, así como Laura Vallés Vílchez, comisaria tamén, e fundadora e editora da editorial Concreta, especializada en traballos sobre imaxe.
A artista Teresa Lanceta carrexa unha longa tradición creadora, e tamén coa fasquía de profesora da Escola Massana, onde antes estudou. A súa valía xa está ben recoñecida, e foi escollida como artista para ir á Biennale de Venezia, 2017. E ten declarado que ela traballa artisticamente no que se dá en chamar artesanía téxtil (as creacións feitas con elementos que poden ter unha finalidade práctica inmediata métense no saco das artesanías). Pero Lanceta considera tecer unha actividade artística tan completa, tan complexa como pode ser calquera pintura ou escultura. Esta reivindicación de revalorizar accións que polo de agora se teñen como traballos tradicionais, rutineiros, afastados da máis mínima creatividade (e que seguen sen ser valorados) vén de lonxe. No século XIX o movemento Arts&Crafts xa se declarou a favor de valorar tales actividades como arte. No ano 2017 o MNAC programou unha fantástica exposición sobre este movemento reivindicativo británico: Arts and Crafts i William Morris. Nas salas do MNAC púidose comprobar que Arts&Crafts naceu como reacción ao capitalismo e á alienación á que condenaba ás persoas traballadoras; pero tamén apostaba pola creatividade das mulleres, cousa que daquela nin se contemplaba. Os huipiles que tecen as mulleres en Centroamérica, só son repeticións de motivos consuetudinarios?
Sala da mostra de T. Lanceta
Xa se sabe: toda actividade que fan as mulleres ten menos valía e, por descontado, considérase menos artístico. Na magnífica e única exposición, Tocar el color, que en 2019 trouxo a Barcelona a Fundación Mapfre sobre a técnica artística do pastel, xa se viu claramente que incluso dentro dunha actividade artística de primeiro orde -como é a pintura- a técnica do pastel é de menos categoría ca pintura ao óleo e, por tanto, está reservada basicamente ás mulleres. (pintar con pastel faise desde a casa, non require inversións importantes, as obras teñen menos valor, ...). No ano 1860, o crítico L. Lagrange, no seu traballo Du rang des femmes dans l’art, deixou por escrito o pensamento seguinte: O xenio masculino nada ten que temer do gusto feminino. Deixemos aos homes de xenio concibir grandes proxectos arquitectónicos, esculturas monumentais e elevadas manifestacións pictóricas. Que os homes se ocupen de todo o que ten que ver coa arte. E que as mulleres se dediquen a aquelas ramas que sempre cultivaron como o pastel, os retratos ou as miniaturas. Ou a pintura de flores… Segundo Lagrange a “Arte” é transmitida por un xenio aos homes. As cousas pouco mudaron desde mediados do século XIX.
A ampla exposición Teresa Lanceta. Teixir com a codi obert é unha manifesta reivindicación dos traballos das mulleres.
As técnicas do tecido -tan antigas, tan importantes no devir da humanidade- teñen unha base binaria: traballar no tear arrinca da sabia combinación dunha trama co paso -reiterado, obsesivo- da lanzadeira mentres vai amoreando a urda (a sucesión de fíos de cores que acabará por definir figuras, formas) ata rematar a peza. A labor diante de tales trebellos vén sendo monótona. E mormente anónima. A autoría de alfombras e outras pezas case sempre é descoñecida; outra razón máis que explica que son traballos executados case en exclusiva por mulleres (a pouca ou nula valoración dos traballos que desempeñan as mulleres na sociedade; traballos que, en cambio, son básicos, imprescindibles).
Tecer e tecer, preparar as tramas, pasar a lanzadeira, escoller motivos que se acomoden ás características técnicas dese traballo, encamiñan cara a abstracción. Abstracción, co fundamento dunha acción binaria. Como se se tratase da manipulación de linguaxes dixitais; como se o tecido -técnicas que veñen da noite dos tempos- xa anunciara as tecnoloxías da informática. Mirar para unha alfombra é similar a imaxinar unha sucesión de “1” e “0”? En todo caso, tal e como proclama Lanceta, mirar para unha alfombra é mirar para unha creación que bascula entre a abstracción e a meditación; unha obra á que non se lle poden roubar as horas de traballo e reducila a simple mercadoría.
As creacións de Teresa Lanceta son luminosas, telúricas, aprendidas no Atlas coas mulleres bérbers. A artista do Raval vai tecendo o seu huipil vitalista: o universo persoal máis aló dos traballos e os días. Ese cosmos de seu alberga intimidades, acolle singraduras e tempos; dá pulos ás accións de protesta.
T. Lanceta. Subían y bajaban, 1987
Teixir com a codi obert. O Atlas, o Raval
Tejer implica una lentitud en la acción, un reconocimiento del cuerpo consciente de unos movimientos que, aprendidos, actúan por si mismos: un cuerpo coreográfico cuya repetición de gestos lleva a la introspección y a un pensar que no tiene por qué ser productivo. (Teresa Lanceta, entrevista coas comisarias. Catálogo da exposición, 2022).
A artista Teresa Lanceta é polifacética. No MACBA, dentro da mostra Teresa Lanceta. Teixir com a codi obert pódense ver debuxos e pinturas, telas cosidas e pezas tecidas, e tamén vídeos. E sorprende gratamente que, desde o ano 2021, traballa en colaboración co alumnado e profesorado do IES Miquel Tarradell (e mais co MACBA) no proxecto Els oficis del Raval. O traballo cooperativo consiste en que a rapazada elabore un mapa que ten por base as vivencias, os trabalos, afectos de quen participa e mais das súas familias. Nese mapa (como se pode ver nunha das imaxes que acompañan este texto) vai xurdindo a diversidade de traxectorias vitais, as experiencias laborais.
Con eses traballos que agora (aos case 70 anos) anda a facer con ese centro educativo do Raval, dalgún xeito Lanceta regresa ao que foi o seu fogar durante décadas. A artista viviu no Raval entre os anos 1969 e mais 1985, os seus tempos de xuventude e formación. Daquelas, o barrio era coñecido como o Barrio Chino, un lugar de confluencias culturais e de base moi popular. Son os anos nos que as e os fotógrafos barceloneses dos anos 50, 60, 70 van retratando as súas rúas, a vida que se vivía en boa parte de portas para fóra. Quizais o que máis levou a súa pequena cámara a ese barrio (cámara que disparaba como un ladrón) foi Joan Colom, que case fixo do barrio o seu modelo fotográfico (non sería de estrañar que nalgunha das súas instantáneas apareza tamén a moza Teresa Lanceta).
A vida de Lanceta no Barrio Chino foi realmente unha experiencia de comunidade. Conviviu cunha familia xitana, o que lle brindou a posibilidade de coñecer a fondo a súa cultura e tradicións. E tamén conceptos moi básicos para esas comunidades tan deostadas: a comunidade, nada de individualidade; o traballo en común, colectivo. Desde entón moitas das súas actividades organízanse nos marcos da cooperación, das tarefas entre varias persoas; comunais. Na mostra Teresa Lanceta. Teixir com a codi obert (MACBA) aqueles traballos que a artista elabora diante do tear, e inspirados por ese barrio con tanta personalidade, mesturan mormente anacos de cor vermella con outros negros; como se se tratase de bandeiras anarquistas, ou da bandeira que enarboraba o Frente Sandinista naquela Nicaragua que -semella- contra Somoza tiña un inimigo moi evidente (Ortega, novo Somoza?). En declaracións, Lanceta ten dito, referida a esas pezas que remiten ao Raval: El rojo es el color del vino y de la sangre. El negro es el color de una oscuridad donde uno alcanza a ver. Unha proclama referida ao Barrio Chino. Intrigante iso do negro como escuridade que deixa ver. Escuridade de calellas estreitas e pouco iluminadas?, escuridade luminosa emanada de certas actividades humanas?
T. Lanceta. Ese olor, 2020
Na súa biografía Lanceta conviviu tamén en pequenas vilas do Atlas marroquí, con comunidades bérbers que tanta personalidade teñen dentro do país Magrebí. Outros espazos, outras latitudes, pero -outra volta- a enerxía que produce “a comunidade”. Alí as mulleres bérbers aprendéronlle que o tear é unha fábrica de mundos nos que se xesta (coma en calquera outro tempo e lugar) unha arte universal. Arte intemporal onde a tipoloxía dos traballos -esas infinitas combinacións de tramas e urdas- convida ás interpretacións da vida con bases xeométricas e seriacións reiterativas. Repeticións como as que se dan nas vida das comunidades: nacementos, vodas, mortes, ... Hai moitos estudos que defenden que as artes populares en xeral circulan por vieiros abstractos e xeométricos.
Nun apartado do seu portal web, a artista fai a declaración seguinte: Tejer es una técnica hipnótica basada en la repetición de un mismo movimiento cuyos resultados no se perciben de inmediato. La imposibilidad física de ver la pieza ya que se enrolla a medida que se va tejiendo, enriquece el fragmento y le da autonomía, al tiempo que exige una comprensión global de la composición que debe guardarse en la memoria durante el largo período de ejecución. (...) El trabajo del telar es como la vida: lo hecho, hecho está y se ha de vivir con ello.
Tecer é vivir.
As estancias durante tres décadas no Atlas fóronlle aprendendo que a arte dos tecidos tamén é Arte. A arte non só se atopa nas ditas Belas Artes, elitistas e individualizadoras. A arte non só sae dese “xenio masculino individual” do que tanto botou man (e bota) a cultura occidental. Non só Picasso fai arte. A arte tamén se atopa na vida cotiá, sexa poesía, pintura ou costura.
T. Lanceta. Nuria, 1994
Teixir com a codi obert. Móvese algo no mundo da arte?
Tejer es una manera de meditar porque es una técnica repetitiva. Además, es tan lenta que te mantiene la cabeza libre. Ahí creo que reside la diferencia respecto a las economías de la atención que la tecnología produce. (Teresa Lanceta, entrevista coas comisarias. Catálogo da exposición, 2022).
Os xeitos de traballar de Lanceta ante o seu tear -segundo comenta ela mesma no anterior parágrafo- han ser similares aos de moitas e moitos outros artistas. Lanceta, coa lanzadeira, (hai equivalencias etimolóxicas entre apelido e peza corredora?) vén sendo Berthe Morisot pasando lapis de pastel por un retrato ou algo así como Lee Krasner movendo os pinceis polos lenzos. Ou contemplar a Rothko entusiasmado coa cor da Rothko Chapel, ese centro para a reflexión. Actualmente hai unha antolóxica na Fundació Vila Casas de obras de Guillem Viladot, e alí pódese contemplar unha serie completa de esculturas elaboradas a partir de lanzadeiras. O propio Viladot declara que se trata dunha homenaxe aos traballos téxtiles que as mulleres facían na súa vila natal: Agramunt.
Teresa Lanceta tecendo no seu tear de sempre executa xestualidades co mesmo ritmo que se se puxese a angazar o seu karesansui con esmero e intención. Arte e vida.
¿É posible que no mundo da arte algunha cousa comece a mudar, e agromen novas sensibilidades ata o de agora absolutamente inexistentes?
A mostra Teresa Lanceta. Teixir com a codi obert é extensa, enche unha planta enteira do MACBA. E a protagonista é unha muller e as súas creacións son alfombras e telas, produtos que sempre se consideraron de segunda categoría e/ou directamente “artesanías”. Trátase dunha excepción?, ou as demandas de Guerrilla Girls e tantas e tantas organizacións van dando resultado? ¿Quedaron atrás os tempos nos que o MNAC, por exemplo, organiza a magna exposición Convidats d’honor (2010) na que repite homes artistas para non pór ningunha muller?
T. Lanceta. Los oficios del Raval, 2019-2022
Nas convocatorias da Ducumenta e mais da feira de Art Basel deste ano as organización rexeitaron acudir a primeiras figuras mediáticas e masculinas; e, por contra, botaron man de grupos, colectivos, de mulleres artistas e -tamén importante- de formatos ata agora non valorados. Pouca pintura. A exposición de Lanceta da que agora se fala vai xusto nesa dobre dirección. Terá algo que ver que a dirección do MACBA está en mans de mulleres?
A mostra de Teresa Lanceta tampouco é única. Cada vez prográmanse máis exposicións temporais dedicadas a mulleres artistas. O ano pasado, na galería Marc Domènech, presentouse unha exposición similar: Magda Bolumar. Xarpelleres 1960-1980; unha artista que traballa con tecidos.
Ogallá os camiños para chegar a unha igualdade real sexan ben amplos e traspoñan horizontes dirección a futuros mellores.
Lito Caramés
EXPOSICIÓN: Teresa Lanceta. Teixir com a codi obert
Museu d’Art Contemporani de Barcelona (MACBA)
ata o 11 de setembro de 2022
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Albert Oehlen at the Marciano Art Foundation, Los Angeles
June 4, 2021
ALBERT OEHLEN Tramonto Spaventoso
June 10–August 7, 2021 Gagosian at the Marciano Art Foundation, 4357 Wilshire Boulevard, Los Angeles __________ Gagosian is pleased to present Albert Oehlen’s Tramonto Spaventoso (2019–20). This is the first time that Oehlen’s provocative and personal response to the Rothko Chapel in Houston is being exhibited in its entirety; the first part was shown at the Serpentine Galleries, London, in 2019–20, the second at Gagosian Beverly Hills earlier this year. The paintings are installed in a custom-built octagonal structure in the Grand Theater Gallery of the Marciano Art Foundation, reflecting the layout of the original chapel. Oehlen uses abstract, figurative, and collaged elements—often applying self-imposed strategic constraints—to disrupt the histories and conventions of modern painting. While championing self-consciously “bad” painting characterized by crude drawing and jarring coloration, he infuses expressive gesture with Surrealist attitude, openly disparaging the quest for reliable form and stable meaning. In the eight large-scale paintings that constitute the Tramonto Spaventoso project, Oehlen variously interprets and dramatically transforms John Graham’s Tramonto Spaventoso (Terrifying Sunset, 1940–49), a painting by the Russian-born American modernist that Oehlen discovered in the 1990s and has been fascinated with ever since.
In a startling act of creative homage, Oehlen interprets Graham’s puzzle-like image in myriad ways across multiple compositions. Using acrylic, spray paint, charcoal, and patterned fabric on canvas, he reworks various motifs from the original, including a mermaid and a man sporting a monocle and a Daliesque moustache. Combining graphic brushstrokes, deliberate “painterly” drips, and textural obfuscations, he tests the limits of coherence and legibility, challenging the viewer with unexpected aesthetic and thematic shifts. The work is illustrated in the catalogue recently published on the occasion of the Beverly Hills exhibition. Albert Oehlen was born in 1954 in Krefeld, Germany, and currently lives and works in Switzerland. Collections include the Broad, Los Angeles; Museum of Contemporary Art, Los Angeles; Art Institute of Chicago; Museum of Contemporary Art North Miami, FL; Cleveland Museum of Art; Museum of Modern Art, New York; Museo Jumex, Mexico City; Tate, London; Centre Pompidou, Paris; Museum Ludwig, Cologne, Germany; and Museum für Moderne Kunst, Frankfurt am Main, Germany. Exhibitions include Museo di Capodimonte, Naples, Italy (2009); Réalité Abstraite, Musée d’Art moderne de la Ville de Paris (2009); Terpentin, Kunstmuseum Bonn, Germany (2012); Malerei, Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig Wien, Vienna (2013); 55th Biennale di Venezia (2013); Die 5000 Finger von Dr. Ö, Museum Wiesbaden, Germany (2014); Home and Garden, New Museum, New York (2015); An Old Painting in Spirit, Kunsthalle Zürich (2015); Behind the Image, Guggenheim Bilbao, Spain (2017); Woods near Oehle, Cleveland Museum of Art (2018); TRANCE, Aïshti Foundation, Beirut (2018); Cows by the Water, Palazzo Grassi, Venice (2018–19); Unfertig, Lokremise Kunstmuseum St. Gallen, Switzerland (2019); and Serpentine Galleries, London (2019–20). _____ Albert Oehlen, never sleep again / at the steering wheel a man is a man / starter – turn me on, 2019, charcoal and acrylic on canvas, in 3 parts, overall: 145 7/8 × 245 7/8 inches (370.4 × 624.3 cm) © Albert Oehlen. Photo: Jeff McLane
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Biografia di Paolo Scirpa
http://www.paoloscirpa.it/index.php?disp=home
Paolo Scirpa nasce a Siracusa nel l934; dopo gli studi artistici in Sicilia, frequenta l’Accademia di belle arti di Salzburg, animata culturalmente da Oscar Kokoschka e lo studio di J. Friedlaender a Parigi. Nel 1965 e, successivamente, nel 2000 partecipa alle edizioni IX e XIII (Proiezioni 2000) della Quadriennale Nazionale di Roma. Nel 1968 si trasferisce a Milano, dove collaborerà con Luciano Fabro all’Accademia di Belle Arti di Brera e dove sarà, più tardi, titolare di una Cattedra di Pittura; nel 1969 tiene la sua prima personale alla galleria L’Agrifoglio, presentato da Vittorio Fagone; nel 1972 espone, alla Galleria S. Fedele, Megalopoli consumistica, un’opera di denuncia sociale. Negli anni ’70 avvia la realizzazione di opere che vengono definite Ludoscopi: attraverso un sistema di specchi e tubi fluorescenti e il gioco combinatorio di elementi minimali, essi propongono la percezione di profondità infinite, in cui “si pratica l’abolizione del limite tra il reale e l’illusorio” (Maltese, 1976). In alcuni ludoscopi egli realizza raccordi illusori che creano uno spazio plastico curvo; in altri il raccordo seminterrato è praticabile; altri ancora sono di struttura cubica. Scirpa trae spunto anche dal Manifesto tecnico della Scultura Futurista di Boccioni, che aveva teorizzato la possibilità di impiego della luce elettrica nell’opera d’arte e si proietta a sperimentazioni in cui il colore non è più dipinto, i volumi non sono più scolpiti e la luce diventa opera essa stessa. Conosce esponenti del MAC, tra cui Bruno Munari ed entra in contatto con i gruppi dell’Arte cinetica, come il GRAV a Parigi o il Gruppo T a Milano. Sollecita l’attenzione anche di studiosi come il cibernetico Silvio Ceccato. Dal 1977 opere di Scirpa sono presenti annualmente fino al 1991 nella sezione cinetica del Salon “Grands et Jeunes d’aujourd’hui” al Grand Palais des Champs-Elysées di Parigi. Negli anni ’80 sviluppa i suoi primi interventi progettuali sul territorio che saranno presentati nel 2004 alla mostra Utopie della città presso la biblioteca dell’Accademia di Brera. Nel 1982 il Symposium de Sculture di Caen (Francia) sceglie il progetto di un suo ludoscopio per la Bibliothèque Municipale. Tiene diverse mostre personali, tra le quali, alle gallerie Arte Struktura, Vismara Arte di Milano, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Gallarate ed allo Studio d’Arte Valmore di Vicenza. Nel 1985 è presente a Roma alla mostra di Palazzo Venezia Artisti oggi tra scienza e tecnologia e ad altre manifestazioni sullo stesso tema in Italia ed all’estero, tra le quali, nel 1990, al Politecnico di Milano, nel 1995 al Futur Show di Bologna, nel 1996 all’Accademia di Brera a Milano Convegno Arte, Scienza e Tecnologia; inoltre partecipa a rassegne sulla Patafisica, alla Triennale di Pittura di Osaka e nel 2003 al Museo Bargellini a Pieve di Cento (Bo) Luce vero sole dell’arte, nel 2006 alla galleria del Credito Siciliano di Acireale Sicilia!, nel 2008 allo ZKM di Karlsruhe (Germania) You ser: Das Jahrhundert des Kosumenten ed al Landesmuseum Joanneum di Graz (Austria) Viaggio in Italia, nel 2009 a Berlino presso la Rappresentanza del Baden-Württemberg alla mostra del Museum Ritter ed a Cordoba (Argentina) presso il Museo Jenero Perez alla mostra Echi futuristi ed allo ZKM di Karlsruhe, mostra Collectors’ Choice II. Nel 2012 è presente alla mostra Arte programmata e cinetica presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma dove è installata in permanenza una sua opera luminosa. Dal 2013 sue opere pittoriche fanno parte della Collezione Farnesina, raccolta d’arte contemporanea del Ministero degli Affari Esteri. (Roma). Nello stesso anno partecipa alla mostra Percezione e illusione presso il MACBA di Buenos Aires. Nel 2014 completa due nuove opere La porta stretta, la cui prima versione risale al 1999, l’una con fondo oro, l’altra su un tabellone consumistico, ambedue con l’inserzione di una struttura di luce triangolare a profondità ascensionale. Nel 2015 partecipa alla mostra Moderna Magna Graecia a cura di Francesco Tedeschi e Giorgio Bonomi presso FerrarinArte di Legnago. L’INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa gli affida la realizzazione del nuovo manifesto degli spettacoli classici del 2015. È presente a Missoni - L’Arte - Il Colore al MAGA di Gallarate.Nel 2016 partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama. In occasione del 25° Festival della Musica di Milano, dedicato a Gérad Grisey Intonare la luce, immagini di sue opere luminose vengono utilizzate per illustrare il libro di sala e per lo spot pubblicitario su SKY classica. Il Museo del Novecento espone un Ludoscopio – Pozzo, 1979 facente parte della sua collezione. Partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama . E’ presente alla mostra Interrogare lo spazio a cura di Luigi Meneghelli presso Ferrarin Arte a Legnago (Vr). Tiene mostre personali allo Studio Arena di Verona La luce nel pozzo, a cura di Marco Meneguzzo per cui, nel pozzo che noi vediamo creato dagli specchi e dai neon, Scirpa “…mette in scena la finzione nello stato più puro” ; a Rosso Vermiglio di Padova, Labirinti di luce a cura di Vittoria Coen che vede nel Ludoscopio “…un invito alla riflessione, … un lasciarsi andare per pensare, …”, ed a ArteAGallery di Milano, L’infinito possibile a cura di Francesco Tedeschi che afferma: “…Gli elementi portanti della sua opera, nelle diverse forme che essa assume, sono la luce e lo spazio,.. la luce come strumento di colore e di forma è ad essi essenziale: una luce che concretizza le geometrie, genera figure formali in grado di attrarci e condurci in una profondità,…in uno spazio senza dimensioni..” Nel 2017 RossoVermiglioArte di Padova presenta una sua personale alla ArteFiera di Bologna. Alle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento si inaugura una sua personale “La forma della luce–La luce della forma” a cura di Marco Meneguzzo che sottolinea come “la forma della luce…trascende questa fisicità e diventa sostanza immateriale, diventa la luce della forma….,” Successivamente al MACA di Acri partecipa alla mostra “Arte interattiva” a cura di Monica Bonollo e nel 2018 a Torino, Museo Ettore Fico, “100% ITALIA”, Cent’Anni di Capolavori. Nel 2019 realizza una mostra personale a Milano, Gaggenau hub, “Sconfinamento” a cura di Sabino M. Frassà che sottolinea come “l’artista ha indagato, sperimentato e simulato l'assenza di limiti, lo “sconfinamento” appunto”. Partecipa a Senigallia alla mostra “Materie Prime – Dalla terra alla luce”, a Waldenbuch, Museum Ritter “1919-2019” e a Pontedera “Arcadia e Apocalisse”. Nel 2020 è presente alla Biennale Light di Mantova, Elogio della luce. Negli ultimi anni Scirpa realizza, con rigore geometrico e spirito innovativo, due opere scultoree in marmo bianco di Carrara ed in legno laccato bianco che evocano il Teatro greco di Siracusa: in esse le gradinate della cavea si raddoppiano, diventando circolari e sono rivolte anche all’esterno. Recentemente ha realizzato una struttura al neon che ricorda il Teatro greco, il cui progetto risale all’anno 2000. In un momento storico come il nostro in cui si manifesta la convivenza di vari linguaggi e l’artista può rivisitare esperienze passate, egli recupera il suo linguaggio delle prime denunce consumistische o quello sperimentale del mezzo elettronico e, nel proporre i suoi percorsi prospettici di spazi-luce, offre oggi nuove possibilità espressive su cui riflettere.
Sue opere sono in collezioni e musei tra i quali MAGA (Gallarate), Museo del Novecento (Milano), Civiche Raccolte Bertarelli - Castello Sforzesco (Milano), Biblioteca di Brera (Milano), MACTE Museo d’Arte Contemporanea (Termoli), MART- VAF-Stiftung (Trento e Rovereto), Museo MAGI ‘900 (Pieve di Cento), MAPP Museo d’Arte Paolo Pini (Milano), Musée des Beaux-Arts (Caen), Museum Ritter (Waldenbuch), Museo Civico d'Arte Contemporanea (Gibellina), Museum (Bagheria), Fabbriche Chiaramontane (Agrigento), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), Gallerie d’Italia (Milano).
Ha realizzato opere per spazi pubblici e chiese: nel 1965, un grande mosaico al Centro Internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa (Roma) e uno all’Auditorium del Centro Internazionale di Loppiano (Fi) e dei dipinti nella Chiesa del D. P. a Cernusco sul Naviglio (Milano) dove sono stati installati anche suoi Ludoscopi sopra l’altare e il Battistero.
Al suo lavoro hanno dedicato saggi ed annotazioni critiche:
Riccardo Barletta, Pietro Baj, Carlo Belloli, Luigi Bianco Guglielmo Boselli, Giorgio Bonomi, Rossana Bossaglia, Ginevra Bria, Domenico Cara, Luciano Caramel, Silvio Ceccato, Jacqueline Ceresoli, Claudio Cerritelli, Cesare Chirici, Vittoria Coen, Andrea Del Guercio, Mario De Micheli, Marina De Stasio, Giorgio Di Genova, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Ornella Fazzina, Pedro Fiori, Carlo Franza, Sabino Frassà, Carmelo Genovese, Flaminio Gualdoni, Sara Liuzzi, Annette Malochet, Corrado Maltese, Gabriel Mandel, Giorgio Mascherpa, Luigi Meneghelli, Marco Meneguzzo, Marta Michelacci, Bruno Munari, Carlo Munari, Antonio Musiari, Daniela Palazzoli, Demetrio Paparoni, Francesco Poli, Pierre Restany, Roberto Sanesi, Giorgio Segato, Carmelo Strano, Luigi Tallarico, Francesco Tedeschi, Carlo Terrosi, Maria Torrente, Antonino Uccello, Miklos N. Varga, Alberto Veca, Francesco Vincitorio, Maurizio Vitta, Emanuele Zucchini.
É stato docente all’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive ed opera a Milano.
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Chiara Fumai
https://www.unadonnalgiorno.it/chiara-fumai/
Credo che vivere l’opera d’arte in maniera totale – quindi anche su un piano realmente autobiografico – sia un modo intenso e generoso di stare al mondo.
Chiara Fumai, artista femminista che ha lasciato un segno indimenticabile nell’arte contemporanea.
Nata a Roma il 22 febbraio 1978 e cresciuta a Bari, ha avuto fin da subito una carriera promettente, il suo grande talento è stato presto apprezzato. Si è laureata in architettura al Politecnico di Milano e frequentato il Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti.
Originariamente attiva come DJ e musicista techno si è resa nota nelle gallerie italiane con le sue opere video e performance dal vivo.
Ha lavorato principalmente con la fotografia, la video-art e le performance, rappresentando il linguaggio e la cultura mediatica contemporanea attraverso un’ottica femminista.
Una delle prime opere, del 2008, dal titolo Chiara Fumai presenta Nico Fumai, presentava una figura paterna immaginaria trasformata in cantante pop anni ’80, sottolineando i meccanismi mediatici della televisione italiana di quei tempi.
Nel 2012 ha partecipato a dOCUMENTA (13), una delle manifestazioni dedicate all’arte contemporanea più prestigiose al mondo, con The Moral Exhibition House, uno spazio di insurrezione femminista sotto forma di spettacolo da baraccone, in cui omaggiava Zalumma Agra e Annie Jones, artiste circensi vissute nell’Ottocento in una casetta bianca in cui i mobili erano sottosopra.
Nel 2013, con un’opera che denunciava il maschilismo del mondo artistico ha vinto il Premio Furla creando una propaganda fittizia del Manifesto SCUM di Valerie Solanas, trattato politico femminista radicale e critico nei confronti della società, che rifletteva la prima campagna politica di Silvio Berlusconi dal titolo Chiara Fumai legge Valerie Solanas.
Nella videoinstallazione The Book of Evil Spirit del 2015, ha recitato il ruolo della famosa sensitiva ottocentesca Eusapia Palladino durante una seduta spiritica nell’atto di rievocare gli spiriti della donna barbuta Annie Jones, della scrittrice Ulrike Meinhof e della filosofa Carla Lonzi. L’opera voleva rendere visibile la diversità di figure femminili marginali e omaggiare grandi pensatrici del passato che hanno contribuito a rivoluzioni sociali.
Nei suoi lavori ha sempre scelto figure di donne energiche, determinate, in alcuni casi furenti nei confronti di un mondo che non ne riconosceva il ruolo e l’importanza, scelte apposta per il loro atteggiamento militante e combattivo.
Chiara Fumai è stata l’interprete di un femminismo energico. Nonostante questo, la sua personale energia, l’incessante ricerca e sete di conoscenza della storia delle donne che motivava e ispirava le sue opere è stata messa a dura prova da una forma di depressione che l’ha assediata per anni.
Il 16 agosto 2017 a soli 39 anni si è tolta la vita. È stata trovata impiccata, all’interno della galleria Doppelgaenger a Bari, dove era ospite da qualche giorno.
Una delle sue opere, la serie di mappe murali intitolata This last line can not be translate, oltre a farle vincere il Premio New York nel 2017, è stata esposta postuma alla Biennale di Venezia del 2019.
Dopo la sua scomparsa, nel 2018, è stata creata l’associazione The Church of Chiara Fumai per preservarne e promuoverne la memoria e che ha donato molti degli oggetti utilizzati dall’artista nel corso delle sue esibizioni al Centro di Ricerca del Castello di Rivoli, il cui museo ospita una delle collezioni di arte contemporanea più apprezzate nel nostro Paese.
Recentemente il Comune di Bari ha deciso di dedicare alla memoria di Chiara Fumai un giardino sul lungomare.
Era brava, colta, dissacrante, intelligente, combattiva, ma non è riuscita a sconfiggere il terribile mal di vivre che l’accompagnava da tempo.
Lasciando la terra, ha deprivato il panorama artistico italiano e internazionale del suo importante contributo.
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ZDENKA BADOVINAC
Dernière minute : séminaire reporté Nous sommes au regret de devoir reporter la séance avec Zdenka Badovinac à une date ultérieure. Le grand nombre de vos demandes d'inscription pour cette séance prouve l'attention chaleureuse que suscite la démarche de Zdenka. Nous souhaitons qu'en cette période de turbulences et de tension, il témoigne publiquement de notre solidarité.
Urgent: Session postponed We regret that we have to postpone the meeting with Zdenka Badovinac to a later date. The large number of applications we received for this session proves the warm attention that Zdenka's approach has received. We wish that in this period of turbulence and tension, it publicly testifies to our solidarity.
Mercredi 27 janvier à 18h (heure de Paris)
Wednesday January 27, 6pm (Paris time)
Bonjour à vous ! Nous vous espérons en bonne santé, vous, vos proches, où que vous vous trouviez confiné·es. Ce séminaire aura lieu en ligne via Zoom Le nombre de places étant limité, Il est nécessaire de s’inscrire préalablement : [email protected] Hello Everyone! We hope you and your loved ones are well and safe. This seminar will take place online via Zoom The number of attendees is limited, please register at this address if you wish to attend: [email protected]
Jusqu’à une date très récente, Zdenka Badovinac, curatrice, historienne d’art, critique, avait refondé, reconstruit et accompagné la Moderna galerija de Ljubljana. Elle a en effet dirigé cet établissement muséal (aujourd’hui composé de deux sites : le Musée d'art moderne et le Musée d'art contemporain Metelkova) depuis 1993, peu après l'effondrement de la Yougoslavie communiste, les débuts de la guerre dans les Balkans, et la fondation d’une Slovénie indépendante. Son travail institutionnel s’est efforcé de mettre en lumière les processus difficiles de redéfinition de l'histoire en parallèle avec les héritages des avant-gardes en ex-Yougoslavie et plus largement dans l’Europe de l’Est. L’espace concret du musée a également servi de plate-forme pour instaurer un dialogue avec les scènes artistiques contemporaines internationales.
La première exposition de Zdenka Badovinac à aborder ces questions a été “’Body and the East : des années 1960 à nos jours“ (1998). Elle est également à l'origine de la première collection d'art d'Europe de l'Est, “Arteast 2000+“. Parmi ses projets récents, les plus importants ont été consacrés à “NSK from Kapital to Capital : Neue Slowenische Kunst : An Event of the Final Decade of Yugoslavia“, Moderna galerija Ljubljana, 2015 (puis au Van Abbemuseum, Eindhoven, 2016 ; Garage Museum of Contemporary Art, Moscou, 2016 ; et au Museo Reina Sofía Madrid, 2017) ; “NSK State Pavilion », 57ème Biennale de Venise, 2017, avec Charles Esche ; “L’héritage de 1989. Étude de cas : La deuxième exposition de documents yougoslaves“, Moderna galerija, Ljubljana, 2017, en collaboration avec Bojana Piškur ; “Hello World. Revising a Collection“, Hamburger Bahnhof - Museum für Gegenwart - Berlin, 2018 ; “Sites of Sustainability Pavilions, Manifestos and Crypts , Moderna galerija, Ljubljana, 2018-2019 ; “Créatures célestes : Ni humain ni animal“, Musée d'art contemporain Metelkova, Ljubljana, co-commissariat avec Bojana Piškur, 2018.
Zdenka Badovinac est à l’origine d réseau L’internationale qui associe, autour de sept musées européens (MG+MSUM (Ljubljana, Slovenie) ; Museo Reina Sofía (Madrid,Espagne) ; MACBA (Barcelona,Espagne) ; M HKA, (Antwerp, Belgique) ; MSN (Warsovie, Pologne), SALT (Istanbul & Ankara, Turquie), Van Abbemuseum (Eindhoven, Pays Bas), une constellation d’institutions à travers le monde dans le cadre d’un projet critique et internationaliste qui se présente comme une alternative aux stratégies hégémoniques propres à la “Globalisation». L’Internationale online est la plateforme critique de ce contre projet institutionnel.
Zdenka Badovinac a été commissaire slovène à la Biennale de Venise de 1993 à 1997, en 2005 et 2017 et commissaire autrichienne à la Biennale de Sao Paulo en 2002. Elle a également été présidente du CIMAM, 2010-2013. En décembre 2020, le nouveau gouvernement de droite slovène l'a contrainte à quitter son poste de directrice de la Moderna Galerija de Ljubljana, dans un geste qu'elle a qualifié d'"absolument politique". (2021)
[EN] Zdenka Badovinac is a curator and writer who served from 1993-2020 as Director of the Moderna galerija in Ljubljana, comprised since 2011 of two locations: the Museum of Modern Art and the Museum of Contemporary Art Metelkova. In her work, Badovinac highlights the difficult processes of redefining history alongside different avant-garde traditions within contemporary art.
Badovinac’s first exhibition to address these issues was Body and the East: From the 1960s to the Present (1998). She also initiated the first Eastern European art collection, Arteast 2000+. One her most important recent projects is NSK from Kapital to Capital: Neue Slowenische Kunst: An Event of the Final Decade of Yugoslavia, Moderna galerija, 2015 (traveled to Van Abbemuseum, Eindhoven, 2016; Garage Museum of Contemporary Art, Moscow, 2016; and the Museo Reina Sofía Madrid, 2017); NSK State Pavilion, 57th Venice Biennale, 2017, co-curated with Charles Esche; The Heritage of 1989. Case Study: The Second Yugoslav Documents Exhibition, Moderna galerija, Ljubljana, 2017, co curated with Bojana Piškur; Hello World. Revising a Collection, Hamburger Bahnhof – Museum für Gegenwart – Berlin, 2018; Sites of Sustainability Pavilions, Manifestos and Crypts, Moderna galerija, Ljubljana, 2018-2019; Heavenly Beings: Neither Human nor Animal, Museum of Contemporary Art Metelkova, Ljubljana, co-curated with Bojana Piškur, 2018.
Zdenka Badovinac is at the origin of the international network L'internationale, which brings together seven European museums (MG+MSUM (Ljubljana, Slovenia); Museo Reina Sofía (Madrid, Spain); MACBA (Barcelona, Spain); M HKA, (Antwerp, Belgium); MSN (Warsaw, Poland), SALT (Istanbul & Ankara, Turkey), Van Abbemuseum (Eindhoven, The Netherlands), a constellation of institutions around the world in a critical and internationalist project that presents itself as an alternative to the hegemonic strategies of "Globalization". The Online International is the critical platform of this institutional counter-project.
Badovinac was Slovenian Commissioner at the Venice Biennale from 1993 to 1997, 2005 and 2017, and Austrian Commissioner at the Sao Paulo Biennial in 2002 and the President of CIMAM, 2010-2013. (2019). In December 2020, she was forced by Slovenia’s new right-wing government from her post as director of Ljubljana’s Moderna Galerija in a move she described as "absolutely political." (2021)
Programmation et prochains rendez-vous sur ce site ou par abonnement à la newsletter : [email protected]
Pour regarder les séminaires antérieurs : http://www.vimeo.com/sysk/
Séminaire conçu et organisé par Patricia Falguières, Elisabeth Lebovici et Natasa Petresin-Bachelez et soutenu par la Fundación Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte
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Photo
2019 Lyon usine Fagor-Brandt, Biennale d’art contemporain Le silence d’une dune, 2019 Stéphane Thidet
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