#Supporto familiare
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#anon#perché è più complicato? perché le famiglie sono a due orette di volo rispetto a quando stavano a torino e dovranno organizzarsi in un altro#modo se prima avevano ipotizzato uno scenario più tranquillo e familiare a dar loro il supporto necessario#la questione lavorativa... io credo che sia più un lavoro che le permette di essere al 100% indipendentemente economicamente#ora dovrebbe laurearsi e può trovare un lavoro più stabile se volesse o fa come la maggior parte delle wags e si fa mantenere#a tal proposito: il trasferimento in Inghilterra sicuro non la aiuterà se aveva in mente di lavorare nell'azienda del padre a milano
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L’educatore di comunità minori: gestire la relazione educativa tra sfide e opportunità
L’educatore o l’educatrice di comunità minori svolge un ruolo fondamentale nella vita dei giovani che entrano in comunità per svariate ragioni, affrontando sfide complesse legate a reati penali, fragilità familiari, povertà estrema e abusi. Continue reading Untitled
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#abusi#adolescenza#azioni educative#comunità per minori#crescita individuale#disagio familiare#educatore di comunità minori#fragilità#gruppo#identità soggettiva#integrazione sociale#lavoro d&039;équipe#minori stranieri non accompagnati#povertà estrema#relazione educativa#ritualità quotidiana#supporto
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QUA CI SAREBBE STATO UN TITOLO ALTISONANTE MA QUESTA VOLTA NO
Trovo difficile spiegare quello che sto per raccontarvi, non perché provi vergogna o esitazione ma perché ho impiegato 23 giorni a capire cosa stesse succedendo e tutte le volte che mi fermavo con l'intenzione di parlarne, sentivo che le parole scritte non avrebbero reso il senso di quello che stavo provando.
Questa volta lo butto giù e basta, ben consapevole che le parole immiseriscono ciò che una volta fuori dalla testa non sembra poi così universale o interessante.
L'errore più grande che ho fatto in questi cinque anni (conto un anno prima della pandemia ma forse sarebbero pure di più) è stato credere di avere un equilibrio emotivo tale da poter prendere in carico i problemi e le sofferenze delle persone della mia famiglia.
Non solo, mi sono fatto partecipe e a volte risolutore dei problemi dei miei amici e una volta che sono stato in gioco mi sono reso disponibile ad ascoltare chiunque su questa piattaforma avesse bisogno di supporto, aiuto o di una semplice parola di conforto.
Ho sempre detto che una mano tesa salva tanto chi la stringe che chi la allunga e di questo sono ancora fermamente convinto.
Ma per aiutare qualcuno devi stare bene tu per primo, altrimenti ci si sorregge e si condivide il dolore, salvo poi cadere assieme.
In questi anni ho parlato molto di EMPATIA e di sicuro questa non è una dote che mi manca ma c'è stato un momento - non saprei dire quando e forse è stato più uno sfilacciamento proteso nel tempo - in cui non ho potuto fare più la distinzione tra la mia empatia e la mia fragilità emotiva.
Sentivo il peso, letteralmente, della sofferenza di ogni essere vivente con cui mi rapportavo... uno sgangherato messia sovrappeso con la sindrome del salvatore, insomma.
Sovrastato e dolente.
Mi sentivo costantemente sovrastato e dolente e più provavo questa terribile sensazione, più sentivo l'impellente bisogno di aiutare più persone possibile, perché questo era l'unico modo per lenire la mia sofferenza.
Dormivo male, mi svegliavo stanco, mangiavo troppo o troppo poco, lasciavo i lavori a metà e mi veniva da piangere per qualsiasi cosa.
Naturalmente sempre bravo a dispensare consigli ed esortazioni a curare la propria salute mentale ma lo sapete che i figli del calzolaio hanno sempre le scarpe rotte, per cui se miagola, graffia e mangia crocchette, bisognerà per forza chiamarlo gatto.
E io l'ho chiamata col suo nome.
Depressione.
La mia difficoltà, ora, a parlarne in modo comprensibile deriva da un vecchio stigma familiare, unito al fatto che col lavoro che faccio sono abituato a riconoscere i segni fisici di una patologia ma per ciò che riguarda la psiche i miei pazienti sono pressoché tutti compromessi in partenza, per cui mi sto ancora dando del coglione per non avere capito.
All'inizio ho detto 23 giorni perché questo è il tempo che mi ci è voluto per capire cosa sto provando, anzi, per certi aspetti cosa sono diventato dopo che ho cominciato la terapia con la sertralina.
(per chi non lo sapesse, la sertralina è un antidepressivo appartenente alla categoria degli inibitori della ricaptazione della serotonina... in soldoni, a livello delle sinapsi cerebrali evita che la serotonina si disperda troppo velocemente).
Dopo i primi giorni di gelo allo stomaco e di intestino annodato (la serotonina influenza non solo l'umore ma anche l'apparato digestivo) una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto di una cosa.
Non ero più addolorato per il mondo.
Era come se il nodo dolente che mi stringeva il cuore da anni si fosse dissolto e con lui anche quell'impressione costante che fosse sempre in arrivo qualche sorpresa spiacevole tra capo e collo.
Però ho avuto paura.
La domanda che mi sono subito fatto è stata 'Avrò perso anche la mia capacità di commuovermi?'
E sì, sentivo meno 'trasporto' verso gli altri, quasi come se il fatto che IO non provassi dolore, automaticamente rendesse gli altri meno... interessanti? Bisognosi? Visibili?
Non capivo ma per quanto mi sentissi meglio la cosa non mi piaceva.
Poi è capitato che una persona mi scrivesse, raccontandomi un fatto molto doloroso e chiedendomi aiuto per capire come comportarsi e per la prima volta in tanti anni ho potuto risponderle senza l'angoscia di cercare spasmodicamente per tutti un lieto fine.
L'ho aiutata senza che da questo dipendesse la salvezza del mondo.
Badate che non c'era nulla di eroico in quella mia sensazione emotiva... era pura angoscia esistenziale che resisteva a qualsiasi mio contenimento razionale.
E ora sono qua.
Non più 'intero' o più 'sano' ma senza dubbio meno stanco e più vigile, sempre disposto a tendere quella mano di cui sopra - perché finalmente ho avuto la prova che nessun farmaco acquieterà mai il mio amore verso gli altri - con la differenza che questa voltà si cammina davvero tutti assieme e io sentirò solo la giusta stanchezza di chi calpesta da anni questa bella terra.
Benritrovati e... ci si vede nella luce <3
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Vi è mai successo di aiutare una persona in difficoltà senza chiedere nulla in cambio? non nell'ambito familiare o delle amicizie strette, una persona che avete incontrato per caso nel vostro cammino e avete capito subito che era in difficoltà e aveva dei problemi?
Senza un motivo logico, avete deciso di aiutarla ...
" posso fare qualcosa per te?"
" se hai bisogno chiamami"
" per qualsiasi cosa puoi contare su di me"
... all'inizio un supporto morale, poi mano a mano un aiuto concreto, a volte anche economico.
All'inizio questa persona avrà dei dubbi, perché siamo talmente disabituati all’altruismo e alla gentilezza che subito si pensa che ci sia un secondo fine o qualche tornaconto.
Poi con il tempo questa persona si fiderà di noi, la sua vita migliorerà, avrà la consapevolezza che non tutto è perduto, che ci sono ancora persone che hanno a cuore la vita degli altri.
Beh a me è successo, di aiutare alcune persone, senza pretendere nulla, ma non è vero che non ho ottenuto niente in cambio,
anche la mia vita è cambiata, perché anche solo un sorriso di riconoscenza, la fiducia, la stima, il rispetto che ci viene trasmesso è un dono immenso, ci fa credere di più in noi stessi, e ci fa sentire meno sbagliati per tutte quelle volte che pensiamo di esserci comportati male.
Pensate se ognuno di noi potesse aiutare anche soltanto un'altra persona, pensate quanti sorrisi potrebbero spuntare da quei volti che prima erano cupi e tristi, pensate a quanto possa essere contagioso l'altruismo, in poco tempo potremmo migliorare la qualità della vita di questo freddo mondo in cui stiamo vivendo.
#smokingago
#pensierimiei
#pensierinotturni
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Risuonano forti le parole lette in chiesa durante l’ultimo saluto a Giulia dal suo papà, Gino Cecchettin.
“Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria.
Allegra, vivace, mai sazia di imparare.
Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà: il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti.
Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà prima di perdere anche la vita.
Come può accadere tutto questo?
Come è potuto accadere a Giulia?
Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione
Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere.
Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne, e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possessoe all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro. Viviamo in un'epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale.
È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente, a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all'esperienza di chi è più anziano di loro.
La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.
La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli.
Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l'importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza.
La prevenzione della violenza di gene e inizia nelle famiglie, ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti.
Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti.
Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere.
Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.
Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo. Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento.
La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne.
Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita.
Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere.
«Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è,
è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia…»
Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma.
Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia.
Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotta questa pioggia.
Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano.
Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare.
E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace.
Addio Giulia, amore mio”.
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Madri, staffette, combattenti: la liberazione delle donne
Non erano delle fanatiche, né portavano per partito preso il coltello in mano o fra i denti le 35mila donne che dal 1943 al 1945 parteciparono alle azioni di guerriglia partigiana per liberare l’Italia dal nazifascismo. Le oltre 4.500 arrestate, torturate, condannate, le 623 fucilate, impiccate o cadute in combattimento, oppure le circa tremila deportate in Germania cercavano semplicemente un’esistenza più dignitosa in un Paese libero dall’autoritarismo fascista. Agognavano spazi di libertà al di fuori dagli schemi precostituiti di un regime che le aveva relegate sempre più a fondo nella sfera familiare e domestica. Molte combatterono in montagna dimostrando abnegazione e coraggio, altre cospirarono, fiancheggiarono, fornirono supporto di ogni tipo ai ribelli nella più totale clandestinità, altre ancora tennero tenacemente in piedi famiglie divise, segnate da violenze e lutti.
Illustrazione Milo Manara
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PADRE E FIGLIA
Bert Hellinger, il fondatore delle costellazioni familiari, ha approfondito il ruolo e l’importanza delle dinamiche familiari nei suoi studi. Secondo Hellinger, il rapporto tra padre e figlia femmina è fondamentale per il benessere emotivo e psicologico della figlia e per il suo sviluppo armonioso.
Ecco alcune dinamiche del rapporto padre-figlia, riscontrate ed approfondite da Hellinger nei suoi studi:
1. Importanza del Padre: Hellinger sottolinea che il padre rappresenta il primo modello maschile per la figlia. Questo rapporto è cruciale per la sua autostima, il suo senso di sicurezza e la sua capacità di relazionarsi con altri uomini in futuro.
2. Ruolo del Padre: Il padre, secondo Hellinger, fornisce alla figlia un senso di protezione e supporto. La sua presenza affettuosa e riconoscente contribuisce alla formazione dell’identità femminile della figlia. Il padre che accetta e riconosce la figlia rafforza il suo senso di appartenenza e valore.
3. Equilibrio tra Genitori: Hellinger enfatizza che è essenziale che il padre rispetti la madre della figlia e viceversa. Questo rispetto reciproco crea un ambiente familiare equilibrato e stabile, fondamentale per il benessere della figlia. La figlia, vedendo l’armonia tra i genitori, interiorizza modelli positivi di relazione.
4. Effetti del Disordine: Quando ci sono conflitti tra padre e madre, o il padre è assente o distante, la figlia può soffrire di insicurezza, problemi di autostima e difficoltà nelle relazioni future. Hellinger ritiene che tali disordini interrompano il flusso di amore e sostegno necessario per lo sviluppo sano della figlia.
5. Amore e Rispetto: Secondo Hellinger, l’amore e il rispetto del padre verso la figlia non devono essere condizionati. La figlia dovrebbe sentirsi amata e rispettata per quello che è, senza la necessità di soddisfare aspettative particolari. Questo amore incondizionato è essenziale per la sua crescita e la sua fiducia in se stessa
Postura e Costellazioni Familiari Archetipiche
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Tu come interverresti, se potessi?
Attiverei immediatamente l'educativa territoriale e familiare a supporto dei genitori e dei minori.
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Due mie care amiche sono riuscite, un paio di anni fa, a finire un documentario su cui hanno lavorato tre anni, seguendo Jack nel suo percorso di transizione.
È un documentario bello, positivo, intenso e commovente, che si concentra tanto sulle sensazioni del protagonista e il grosso supporto sociale e familiare che ha ricevuto, che normalmente non ti aspetteresti nel profondo della provincia lombarda, ma invece è successo.
Il titolo viene dalla bocca del protagonista e vale la pena vederlo.
Anche solo per ricordarsi che il mondo non è un posto così brutto, freddo e ostile.
(reblog per il sociale molto apprezzato <3)
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Ch-ch-changes
🌟 Novità
Abbiamo lanciato una nuova versione a schede di Esplora nell'app per Android!
Abbiamo rimosso l'esperimento Coda veloce da Tumblr Labs se utilizzi Tumblr in un browser mobile sul tuo telefono. L'opzione "Aggiungi alla coda" è ora nel nuovo popup di reblog quando si tocca il pulsante di reblog su un post.
Quando si pianifica un post sul web, l'editor ora ti avviserà se non fornisci un orario valido insieme alla data.
L'ultima versione dell'app iOS ha scambiato i pulsanti TumblrMart e Profilo, in modo che Profilo sia tornato nella barra di navigazione principale dell'app. Ti preghiamo di leggere di più su questo cambiamento qui.
Ora devi essere loggato per inviare richieste anonime. La tua identità sarà comunque mantenuta anonima per il destinatario, ma ora saremo in grado di agire in modo più efficace in caso di richieste anonime abusive quando segnalate.
Quando usi Tumblr in un browser sul tuo telefono, c'è un nuovo popup di reblog quando tocchi il pulsante Reblog su un post, con le opzioni "Reblogga ora" (che reblogga senza aprire l'editor), "Reblogga" (che apre l'editor) e "Aggiungi alla coda". Speriamo che questo possa rendere l'esperienza di reblog e messa in coda di reblog su web mobile molto più fluida, anche se necessita di un tocco in più.
Sul web, abbiamo spostato la pagina da /blog/[nomeblog]/regali a /impostazioni/regali e ora ha un selettore di blog in alto (se hai più di un blog).
🛠 Correzioni
Risolto un problema per cui le GIF con attribuzione potevano non essere visualizzate su alcuni temi del blog.
Risolto un bug sul web che faceva passare il pulsante "Segui" nelle intestazioni dei post alla riga successiva quando ci sono troppi segni di spunta arcobaleno nell'intestazione.
Sul web abbiamo aggiornato l'icona "comprimi" sui blog nel menu dell'account. Invece di "persona e tre linee" ora c'è un'icona di accento circonflesso più familiare.
Abbiamo corretto varie incoerenze visive con gli elementi dell'attività sul web durante la visualizzazione della pagina dell'attività e il popup dell'attività nell'intestazione sotto ⚡️.
Sul web alcune pagine con tag hanno una descrizione del tag nella barra laterale che si è improvvisamente spento dopo il caricamento della pagina. Ora rimane!
Abbiamo risolto un problema che disabilitava accidentalmente le caselle di richiesta sul web quando l'impostazione "Consenti domande anonime" del blog era disabilitata.
I collegamenti ai tag in "Altri post come questo su Tumblr" su alcune pagine portavano a pagine con tag errati quando c'erano spazi nel tag. Abbiamo risolto il problema.
Abbiamo risolto un problema nella tua pagina dei Mi piace che a volte poteva far pensare che ci fosse una pagina successiva, quando non c'era.
Gli elementi dell'attività sulle domande con risposta privata ora mostrano l'avatar corretto, il blog che ha risposto alla tua domanda privatamente, invece del tuo avatar.
Quando si utilizza Tumblr in un browser sul telefono e si visualizza un breve video in loop, i controlli del video non vengono più visualizzati dopo i loop del video.
🚧 In corso
Niente da segnalare qui oggi.
🌱 In arrivo
Niente da segnalare qui oggi.
Hai riscontrato un problema? Invia una richiesta di supporto e ti risponderemo il prima possibile!
Vuoi condividere il tuo feedback su qualcosa? Dai un'occhiata al nostro blog Work in Progress e avvia una discussione con la community.
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Sono tornata a casa, ho pulito e sistemato tutto, mi sono fatta una doccia ed ora sto spiluccando qualcosa da mangiare perché dopo il pranzo di oggi non ho molta fame.
Il campo invernale è iniziato ieri e finito oggi. Quasi trentatré ore no-stop con diciannove nani urlanti ed una staff fantastica. Non sappiamo nemmeno noi come ma siamo riusciti a fare tutto quello che ci eravamo prefissati, abbiamo spuntato tutti i punti del programma e siamo arrivati precisi con gli orari. Incredibile. Mai successo!
Sono stati due giorni pieni ed intensi. Fatti di risate, sorrisi, rimproveri, qualche lacrima, abbracci, barzellette, glitter e pecore di giornale.
È stato il primo campo invernale dopo tre anni. L'ultimo era stato fatto nel 2019. Ed adesso che sono finalmente a casa, nel silenzio e con la tranquillità più assoluta dico che è stata proprio una cosa ben fatta. Sono anzi, siamo tutti noi davvero soddisfatti di come sia andato questo campo. Nonostante i rimproveri, nonostante ieri sera io sia arrivata a fine giornata senza voce e con il mal di testa.
Con noi c'era anche Dav (come cambusiere), e la gioia che ho provato ieri pomeriggio quando siamo andati ad accoglierlo al cancello è stata così familiare ed al tempo stesso così nuova. Mi era mancato. Non so nemmeno quantificare quanto. Vederlo lì, non come il mio aiuto capo reparto o come mio capo clan ma vederlo lì, io da capo branco, da capo unità e lui come aiuto e supporto mi ha resa così orgogliosa di me. È stato lui il primo a credere in me quando la mia testa da scolta quindicenne era così piena di paure, di timori, di timidezza e di voglia di sbagliare. È stato lui il primo a mostrarmi cosa volesse dire fare Servizio. È stato lui il primo a prendersi cura di me ed a creare per me esperienze da vivere che porterò sempre nello zaino. È stato lui a farmi innamorare di questo grande gioco chiamato scoutismo. E ieri, ed oggi, quando ho dimostrato proprio a lui la mia crescita, i miei cambiamenti, il mio essere maturata come donna e come capo, mi sono sentita così gioiosa e soddisfatta.
Prima di andare via ci siamo abbracciati, gli abbracci con Dav sono stati e saranno sempre sensazione di casa, di posto sicuro, e in quell'abbraccio mi ci sono persa. Sono stati due minuti, ma i due minuti più belli in assoluto. Quando mi ha detto "Questo branco è guidato da ottime zampe" gli occhi si sono fatti lucidi ed ho sentito il cuore iniziare a correre. Sentire queste parole da lui che ha sempre creduto in me anche quando io ero la prima a non farlo, è stata la cosa più bella.
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"A Scuola di… Genitori": Un Progetto per Sostenere le Famiglie a Casale Monferrato
Prossimo Incontro il 15 Novembre per Approfondire il Disagio dei Giovani con Esperti e Professionisti
Prossimo Incontro il 15 Novembre per Approfondire il Disagio dei Giovani con Esperti e Professionisti Il Progetto “A Scuola di… Genitori”: Un Supporto per le Famiglie di Casale Monferrato Nell’ambito delle iniziative a sostegno della genitorialità e della crescita familiare, l’associazione I Care Family, guidata dalla dottoressa Renza Marinone, ha lanciato il progetto “A Scuola di… Genitori”.…
#accoglienza educativa#Alberto Pellai#Alessandria today#associazione Kayrós#benessere famigliare#Biblioteca Ragazzi#Casale Monferrato#competenze genitoriali#Comune di Casale Monferrato#Corrado Rendo#crescita dei figli#Crescita Personale#dialogo genitori#dialogo intergenerazionale#don Claudio Burgio#Educazione civica#educazione comunitaria#educazione emotiva#educazione famigliare#educazione moderna#eventi a Casale Monferrato#For.Al#Genitorialità#gestione delle difficoltà#giovani e disagio#Google News#I Care Family#Inclusione sociale#incontri di formazione#Istituto Beccaria
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Il discorso integrale di Gino Cecchettin al termine dei funerali della figlia Giulia, 22enne uccisa dall'ex fidanzato.
«Carissimi tutti, abbiamo vissuto un tempo di profonda angoscia: ci ha travolto una tempesta terribile e anche adesso questa pioggia di dolore sembra non finire mai. Ci siamo bagnati, infreddoliti, ma ringrazio le tante persone che si sono strette attorno a noi per portarci il calore del loro abbraccio. Mi scuso per l'impossibilità di dare riscontro personalmente, ma ancora grazie per il vostro sostegno di cui avevamo bisogno in queste settimane terribili. La mia riconoscenza giunga anche a tutte le forze dell’ordine, al vescovo e ai monaci che ci ospitano, al presidente della Regione Zaia e al ministro Nordio e alle istituzioni che congiuntamente hanno aiutato la mia famiglia.
Mia figlia Giulia, era proprio come l’avete conosciuta, una giovane donna straordinaria. Allegra, vivace, mai sazia di imparare. Ha abbracciato la responsabilità della gestione familiare dopo la prematura perdita della sua amata mamma. Oltre alla laurea che si è meritata e che ci sarà consegnata tra pochi giorni, Giulia si è guadagnata ad honorem anche il titolo di mamma. Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente,
un’oplita, come gli antichi soldati greci, tenace nei momenti di difficoltà:
il suo spirito indomito ci ha ispirato tutti. Il femminicidio è spesso il risultato di una cultura che svaluta la vita delle donne, vittime proprio di coloro avrebbero dovuto amarle e invece sono state vessate, costrette a lunghi periodi di abusi fino a perdere completamente la loro libertà
prima di perdere anche la vita. Come può accadere tutto questo? Come è potuto accadere a Giulia? Ci sono tante responsabilità, ma quella educativa ci coinvolge tutti: famiglie, scuola, società civile, mondo dell’informazione
Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali.
Dovremmo essere attivamente coinvolti, sfidando la diffusione di responsabilità, ascoltando le donne e non girando la testa di fronte ai segnali di violenza anche i più lievi. La nostra azione personale è cruciale per rompere il ciclo e creare una cultura di responsabilità e supporto.
A chi è genitore come me, parlo con il cuore: insegniamo ai nostri figli il valore del sacrificio e dell’impegno e aiutiamoli anche ad accettare le sconfitte. Creiamo nelle nostre famiglie quel clima che favorisce un dialogo sereno perché diventi possibile educare i nostri figli al rispetto della sacralità di ogni persona, ad una sessualità libera da ogni possesso
e all’amore vero che cerca solo il bene dell’altro. Viviamo in un'epoca in cui la tecnologia ci connette in modi straordinari, ma spesso, purtroppo, ci isola e ci priva del contatto umano reale.
È essenziale che i giovani imparino a comunicare autenticamente,
a guardare negli occhi degli altri, ad aprirsi all'esperienza di chi è più anziano di loro. La mancanza di connessione umana autentica può portare a incomprensioni e a decisioni tragiche. Abbiamo bisogno di ritrovare la capacità di ascoltare e di essere ascoltati, di comunicare realmente con empatia e rispetto.
La scuola ha un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri figli.
Dobbiamo investire in programmi educativi che insegnino il rispetto reciproco, l'importanza delle relazioni sane e la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo per imparare ad affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza. La prevenzione della violenza inizia nelle famiglie,
ma continua nelle aule scolastiche, e dobbiamo assicurarci che le scuole siano luoghi sicuri e inclusivi per tutti.
Anche i media giocano un ruolo cruciale da svolgere in modo responsabile. La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti. Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere. Perché da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti.
Alle istituzioni politiche chiedo di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere. Abbiamo bisogno di leggi e programmi educativi mirati a prevenire la violenza, a proteggere le vittime e a garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. Le forze dell’ordine devono essere dotate delle risorse necessarie per combattere attivamente questa piaga e degli strumenti per riconoscere il pericolo. Ma in questo momento di dolore e tristezza, dobbiamo trovare la forza di reagire, di trasformare questa tragedia in una spinta per il cambiamento. La vita di Giulia, la mia Giulia, ci è stata sottratta in modo crudele, ma la sua morte, può anzi deve essere il punto di svolta per porre fine alla terribile piaga della violenza sulle donne. Grazie a tutti per essere qui oggi: che la memoria di Giulia ci ispiri a lavorare insieme
per creare un mondo in cui nessuno debba mai temere per la propria vita.
Vi voglio leggere una poesia di Gibran che credo possa dare una reale rappresentazione di come bisognerebbe imparare a vivere.
«Il vero amore non è ne fisico ne romantico.
Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è,
è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente
coloro che hanno il meglio di tutto,
ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta,
ma di come danzare nella pioggia…»
Cara Giulia, è giunto il momento di lasciarti andare. Salutaci la mamma. Ti penso abbracciata a lei e ho la speranza che, strette insieme, il vostro amore sia così forte da aiutare Elena, Davide e anche me non solo a sopravvivere a questa tempesta di dolore che ci ha travolto, ma anche ad imparare a danzare sotto la pioggia. Sì, noi tre che siamo rimasti vi promettiamo che, un po’ alla volta, impareremo a muovere passi di danza sotto questa pioggia.
Cara Giulia, grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Anch’io ti amo tanto e anche Elena e Davide ti adorano. Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace.
Addio Giulia, amore mio.
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Inclusione e Autonomia: La Storia e la Missione di PizzAut
PizzAut non è solo una pizzeria; è un’opportunità di futuro, una visione concreta di inclusione e autonomia per giovani autistici e per la società intera. Nata come associazione nel 2017 da un gruppo di genitori di ragazzi autistici, PizzAut è un progetto che va oltre la semplice sensibilizzazione e si trasforma in azione concreta, grazie al supporto e all’ispirazione del fondatore Nico Acampora, padre di un bambino autistico. In pochi anni, PizzAut è diventata un simbolo di inclusione sociale in Italia, mettendo in campo iniziative che mirano non solo a far conoscere il valore delle persone autistiche, ma anche a includerle pienamente nella vita lavorativa e nella società.
L’inclusione è il pilastro su cui si basa PizzAut. Inizialmente fondata come associazione di volontariato, ha visto nei suoi membri – genitori e sostenitori – un gruppo di sognatori che immaginano un mondo migliore, dove ognuno possa sentirsi accolto e valorizzato. Il 19 novembre 2017, l’associazione si è formalmente costituita come Onlus, con l’obiettivo di sensibilizzare la società civile e le istituzioni sul tema dell’occupabilità delle persone autistiche. La strada scelta per realizzare questa missione è stata la pizzeria: semplice, familiare, alla portata di tutti, e soprattutto simbolo di convivialità e festa. La pizza diventa così non solo un piatto, ma un veicolo per nutrire l’inclusione sociale, attraverso il contatto diretto e la condivisione di esperienze.
Oggi, i ristoranti PizzAut sono completamente gestiti da ragazzi autistici, che lavorano fianco a fianco con alcuni neurotipici. Questo progetto non si limita a offrire formazione professionale ai ragazzi autistici, ma promuove un percorso completo di autonomia e crescita personale. Grazie all’AutAcademy, l’accademia formativa creata nel 2020, i ragazzi possono intraprendere un percorso di formazione che li prepara al mondo della ristorazione, ma non solo. L’AutAcademy offre circa 200 ore di formazione in aula e 100 ore di formazione pratica sul campo. Questo approccio innovativo punta non solo a migliorare le competenze lavorative, ma anche a sviluppare abilità relazionali e di gestione dell’imprevisto, elementi fondamentali per costruire una reale inclusione.
Un altro aspetto importante del progetto di PizzAut è l’impegno verso l’autonomia abitativa. Con le Palestre di Autonomia Abitativa, i ragazzi e le ragazze autistici possono avvicinarsi a una vita indipendente, apprendendo le competenze quotidiane necessarie per gestire una casa, dalla cura del sé alla gestione degli spazi. L’obiettivo è di garantire una vita dignitosa anche nel “dopo di noi,” senza relegare questi giovani a istituti o strutture chiuse. Si tratta di un’opportunità di inclusione e crescita che consente loro di vivere una vita piena e autonoma, permettendo di sognare un futuro di vera indipendenza.
Ma l’inclusione promossa da PizzAut non si limita ai suoi ristoranti. Grazie ai Truck Food e al PizzAutobus, l’associazione è riuscita a portare il suo messaggio di dignità e inclusione in piazze, scuole, aziende e eventi pubblici. Durante la pandemia, il PizzAutobus ha permesso di continuare a operare, portando pizze e inclusione nelle case delle persone. Questo servizio è diventato non solo un’opportunità per restare attivi in un momento difficile, ma anche un simbolo di resilienza e determinazione. Oggi, il PizzAutobus offre un servizio catering per aziende e eventi speciali, portando ovunque il messaggio di un mondo migliore, fondato sull’inclusione e sulla valorizzazione della diversità.
Un altro importante obiettivo di PizzAut è sensibilizzare il mondo aziendale al tema dell’inclusione. Con il format “Un assaggio di PizzAut,” l’associazione coinvolge imprese che vogliono promuovere politiche di Diversity & Inclusion, dimostrando che l’inclusione delle persone autistiche può essere un valore aggiunto per le aziende stesse. In questo modo, PizzAut non solo promuove l’inclusione a livello lavorativo, ma contribuisce anche a diffondere una cultura del rispetto e dell’accoglienza delle differenze.
La storia di PizzAut è fatta di sfide e successi, come l’apertura del primo ristorante a Cassina de’ Pecchi nel 2021, seguito dal secondo a Monza nel 2024. Quest’ultimo è stato inaugurato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, un riconoscimento importante che sottolinea il valore del progetto e la sua rilevanza sociale. Entrambi i locali offrono un menù fatto di qualità e dignità, dove la fretta non è di casa, e ogni pasto diventa un’occasione per fare del bene e per nutrire l’inclusione.
PizzAut è molto più di una pizzeria; è un movimento che vuole cambiare la percezione della disabilità nella società. Attraverso la formazione, il lavoro e l’autonomia abitativa, il progetto permette ai giovani autistici di sperimentare una reale inclusione, sviluppando competenze e acquisendo fiducia in sé stessi. L’inclusione, per PizzAut, non è solo un obiettivo, ma un valore fondamentale che si riflette in ogni aspetto del progetto, dalle attività formative fino agli eventi in giro per l’Italia.
Sostenere PizzAut significa contribuire alla costruzione di un futuro inclusivo, dove ogni persona, indipendentemente dalle sue capacità, possa trovare il suo posto nella società. Con una donazione, è possibile dare più forza alla missione di PizzAut, aiutando l’associazione a continuare a offrire dignità e opportunità ai ragazzi autistici. PizzAut ci ricorda che un mondo migliore è possibile, e che l’inclusione è la chiave per costruirlo insieme.
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È trascorsa la prima settimana di stage all'asilo nido e sto imparando molto. Sui bambini, su me stessa. Mi lasciano osservare le prime due settimane, osservo moltissimo tutto il tempo, otto ore al giorno, bambini dai 12 ai 24 mesi vivere nel mondo, e le educatrici che man mano li indirizzano, li guidano, li accompagnano. Devo osservare loro per permettere ai bambini di abituarsi alla mia presenza, inserirmi lentamente nelle loro vite al nido, e per assorbire pian piano anche l'approccio pedagogico utilizzato dalle educatrici.
È emozionante. Guardandoli sento moltissimo la difficoltà nella motorietà, vedo i movimenti scoordinati, la necessità di un supporto, fisico ed emotivo affinché ci sia la struttura che sorregge e la motivazione per tirarsi su. Vedo la ricerca dell'approvazione a seconda di come i bambini gli uni rispetto agli altri vivono l'amore in casa. C'è chi piange solo per ricordare che esiste in quel momento, c'è chi per ricordare la stessa identica cosa ti corre incontro chiedendoti la mano, c'è poi chi non distingue gesti di violenza con quelli d'amore, perché nell'ambiente familiare sorelle o fratelli maggiori usano gesti violenti per comunicare al bambino. Vedo me stessa in molti di loro, e in molte delle educatrici.
Imparo moltissimo. Imparo gesti accompagnati da formule linguistiche precise, alle quali i bambini reagiscono in modo sorprendentemente reattivo. Imparo a conoscerli, come loro imparano a conoscere me, lo vedo perché lentamente si avvicinano, cercano di comunicare con me, ricercano anche la mia di attenzione.
Venerdì ho ricevuto tre splendidi abbracci spontanei, da Francesca, Vincenzo e Samuele. Sono molto contenta, finalmente sboccio anche io.
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