#Storia d'Italia dell'800
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gregor-samsung · 2 years ago
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“ Quando una popolana napoletana non ha figli, essa non si addolora segretamente della sua sterilità, non fa una cura mirabile per guarirne, come le sposine aristocratiche, non alleva un cagnolino o una gattina o un pappagallo, come le sposette della borghesia. Una mattina di domenica ella, si avvia, con suo marito, all'Annunziata, dove sono riunite le trovatelle, e fra le bimbe e i bimbi, allora svezzati o grandicelli, ella ne sceglie uno con cui ha più simpatizzato, e, fatta la dichiarazione al governatore della pia opera, porta con sè, trionfante, la piccola figlia della Madonna. Questa creaturina, non sua, ella l'ama come se l'avesse messa al mondo; ella soffre di vederla soffrire, per malattia o per miseria, come se fossero viscere sue; nella piccola umanità infantile napoletana, i più battuti sono certamente i figli legittimi; di battere una figlia di Maria, ognuno ha un certo ritegno; una certa pietà gentilissima fa esclamare alla madre adottiva: puverella, non aggio core de la vattere, è figlia della Madonna. Se questa creatura fiorisce in salute e in bellezza, la madre ne va gloriosa come di opera sua, cerca di mandarla a scuola o almeno da una sarta per imparare a cucire, poiché certamente, per la sua bellezza, la bimba è figlia di un principe; in nessun caso di miseria o infermità, la madre adottiva riporta, come potrebbe, la figliuola all'Annunziata. E l'affezione, scambievole, è profonda, come se realmente fosse filiale; e a una certa età il ricordo dell'Annunziata scompare, e questa madre fittizia acquista realmente una figliuola. Ma vi è di più: una madre ha cinque figli. Il più piccolo ammala gravemente, ella si vota alla Madonna, perché suo figlio guarisca; ella adotterà una creatura trovatella. Il figlio muore; ma la pia madre, portando il fazzoletto nero che è tutto il suo lutto, compie il voto, lagrimando. Così, a poco a poco, la creatura viva e bella consola la madre della creatura morta, e vi resta in lei solo una dolcezza di ricordo e vi fiorisce una gratitudine grande per la figlia della Madonna. Talvolta, il figlio guarisce: il primo giorno in cui può uscire, la madre se lo toglie in collo e lo porta alla chiesa dell'Annunziata, gli fa baciare l'altare, poi vanno dentro a scegliere la sorellina o il fratellino. E fra i cinque o sei figli legittimi, la povera trovatella non sente mai di essere un'intrusa, non è mai minacciata di essere cacciata, mangia come gli altri mangiano, lavora come gli altri lavorano, i fratelli la sorvegliano perché non s'innamori di qualche scapestrato, ella si marita e piange dirottamente, quando parte dalla casa e vi ritorna sempre, come a rifugio e a conforto. “
Matilde Serao, Il ventre di Napoli. (Corsivi dell’autrice)
[Edizione originale: fratelli Treves, Milano, 1884]
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giardinoweb · 2 years ago
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Vi porto a Rocca Calascio
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Una Storia di Maestosità e Resilienza Rocca Calascio è uno dei gioielli nascosti dell'Italia, un luogo ricco di storia e bellezza naturale che domina il versante sud del Gran Sasso d'Italia. Situata ad un'impressionante altitudine di 1520 metri sul livello del mare, questa antica rocca offre una vista mozzafiato su Campo Imperatore e sui paesaggi circostanti. Origini Antiche Le sue radici affondano nell'antichità, con la prima menzione documentata risalente al 1380, quando era considerata una torre di avvistamento isolata. Tuttavia, la costruzione originaria della torre risale a circa il 1000 dC Nel corso dei secoli, Rocca Calascio ha subito molte trasformazioni, ma il suo fascino e la sua importanza storica sono rimasti intatti. L'influenza dei Piccolomini Verso il 1480, Antonio Piccolomini ha lasciato il suo segno indelebile sulla Rocca. Ha realizzato quattro torri attorno all'originario torrione, costruito il muro di cinta intorno al paese e ricostruito gran parte dell'abitato dopo il devastante terremoto del 1461. Questi sforzi hanno contribuito a preservare il patrimonio storico di Rocca Calascio per le generazioni future. La Chiesa di Santa Maria della Pietà Nei pressi della Rocca si trova la Chiesa di Santa Maria della Pietà, costruita dai pastori intorno al 1400 come segno di gratitudine alla Madonna. La chiesa ha una storia affascinante, legata a una battaglia sanguinosa in cui i soldati dei Piccolomini respinsero un gruppo di briganti provenienti dal confinante Stato Pontificio. Un Punto di Osservazione Strategica Rocca Calascio aveva una rilevanza strategica notevole nel passato. Era un punto di osservazione chiave, in grado di comunicare con i castelli della costa adriatica attraverso segnali ottici. Durante la dominazione aragonese, divenne persino la sede della "Dogana della mena delle pecore in Puglia", e la pastorizia transumante fu una fonte di reddito vitale per la regione. Cambiamenti nel Corso dei Secoli La storia di Rocca Calascio è costellata di cambiamenti. Nel 1579, la Baronia e le altre terre circostanti furono vendute a Francesco Maria Dè Medici, Granduca di Toscana. tuttavia, nel 1703, un terremoto disastroso demolì il castello e il paese di Rocca Calascio, e solo alcune case nella parte bassa dell'abitato furono ricostruite. Questo portò a un progressivo spopolamento, con la popolazione che scese da circa 800 nel 1600 a zero nel 1957. Anche Calascio, il paese sottostante, subì un declino simile a partire dalla fine dell'800 a causa dell'emigrazione massiccia. Da una popolazione di circa 1900 abitanti nel 1860, scese a soli 299 nel 1892. Il Futuro di Rocca Calascio Nonostante la sua storia travagliata, Rocca Calascio è oggi un gioiello turistico, attirando visitatori da tutto il mondo. La sua bellezza e la sua storia unica sono un richiamo irresistibile per gli appassionati di cultura e natura. Inoltre, tieni d'occhio il nostro canale YouTube Giardinoweb, dove presto pubblicheremo un nuovo video per farvi scoprire ancora di più la magia di questo luogo straordinario. Restate connessi e non perdetelo! Rocca Calascio è un luogo che incanta e ispira, una testimonianza della maestosità dell'Italia e della sua storia. Non vediamo l'ora di condividere ulteriori scoperte su questo affascinante tesoro con voi. Grazie per averci seguito, e a presto! Read the full article
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personal-reporter · 2 years ago
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Un viaggio nel passato: Itinerari turistici nella Regione Sicilia
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La Sicilia è un luogo magico e misterioso, che attrae turisti provenienti da tutto il mondo dall'inizio dei tempi. Il mare cristallino, il clima mediterraneo, la cucina deliziosa e la storia millenaria della regione sono solo alcune delle ragioni per cui tantissimi visitatori scelgono di trascorrere le proprie vacanze in questa parte d'Italia. In questo articolo, parleremo di alcuni degli itinerari turistici più affascinanti per scoprire il passato della Sicilia e il suo patrimonio culturale unico. Iniziamo il nostro viaggio nel passato nella città di Palermo, capitale della Sicilia. Qui, si possono ammirare una moltitudine di monumenti storici, come la Cattedrale di Palermo, il Palazzo dei Normanni e la Chiesa di San Giovanni degli Eremiti. Un'altra tappa imperdibile è la famosa Cappella Palatina, un esempio stupefacente di architettura arabo-normanna, con mosaici bizantini e arabi che si mescolano in modo sorprendente. Non dimentichiamo poi il Teatro Massimo, il più grande teatro lirico d'Italia che venne edificato alla fine dell'800 ma fu inaugurato solamente nel 1997. Non molto lontano da Palermo si trova Monreale, una città famosa per la sua Cattedrale dedicata a Santa Maria Nuova. La Cattedrale è un capolavoro di arte romanico-gotica, con mosaici bizantini di eccezionale bellezza che rappresentano scene della Bibbia. La Cattedrale di Monreale è uno dei luoghi più importanti della Sicilia e sicuramente vale la pena visitarla. Continuiamo il nostro viaggio nel passato a Cefalù, una delle città costiere più belle della Sicilia. Qui, si trova una magnifica Cattedrale in stile normanno, edificata nel periodo compreso tra il 1131 e il 1240. Il Duomo di Cefalù è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 2016 ed è diventato uno dei luoghi più visitati della Sicilia. Spostandoci verso l'est di Sicilia, incontriamo la città di Siracusa, famosa per il suo imponente Parco Archeologico della Neapolis, che contiene il famoso Teatro Greco, l'Anfiteatro Romano e l'Orecchio di Dionisio. La città era un importante centro culturale e politico dell'antica Grecia e ha conservato molti dei suoi tesori. Il quartiere di Ortigia è invece il centro storico di Siracusa che ospita il Duomo di Siracusa e la Fontana edificata nel secolo XVII, intorno la quale si erge un bellissimo palazzo che ospita il collegio dei notai. Tra le altre attrazioni della Sicilia spiccano la Valle dei Templi di Agrigento, un'area archeologica con alcuni dei templi greci più antichi e meglio conservati al mondo, e l'Etna, il più alto vulcano attivo d'Europa, famoso per le sue maestose eruzioni. La costa dell'isola è un'altra meta imperdibile per chi vuole scoprire il passato della Sicilia, con le sue spiagge e i suoi paesaggi mozzafiato. Il golfo di Castellammare, con le sue acque cristalline e la sua natura incontaminata, è uno dei luoghi più suggestivi della costa siciliana. Con i suoi monumenti storici, le sue incantevoli cittadine e la sua splendida costa, la Sicilia è la destinazione perfetta per chi vuole vivere un'esperienza autentica e unica. Fonti: - https://www.italia.it/it/idee-di-viaggio/viaggio-nel-patrimonio-unesco/il-parco-archeologico-della-neapolis-di-siracusa.html - https://www.lescienze.it/news/2016/07/15/news/i_tesori_di_monreale_patrimonio_unesco-3100945/ - https://www.italia.it/it/idee-di-viaggio/cultura-e-storia/sicilia-da-visistare-in-10-giorni-come-programmare-itinerari-e-percorsi-turistic.html - https://www.turismo.it/viaggi/articolo/art/sicilia-10-luoghi-imperdibili-115712/ - https://www.finedininglovers.it/articolo/viaggio-nella-sicilia-delle-meraviglie - https://guidasicilia.it/it/guida-siracusa/ortigia#sthash.g4gHlmzg.dpbs - https://www.ilpost.it/2021/04/17/teatro-massimo-palermo/ Fonte immagine: Di Wolfram Schubert from Germany - Liparic Islands, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=22316629 Read the full article
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corallorosso · 6 years ago
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I crimini (anche razzisti) dei soldati italiani nei Balcani e in Africa di Giovanni Giovannetti C'è una pagina della nostra storia nazionale che da quasi ottant'anni si fatica a leggere. Quella dei crimini, anche a sfondo razziale, compiuti dall'Esercito italiano in Africa e nei Balcani. Maggio 1941. Germania, Italia e Ungheria occupano la Slovenia, e la provincia di Lubiana viene annessa al Regno d'Italia. Ma temendo la resistenza sociale ben più di quella armata, il comandante supremo della Seconda armata d'occupazione generale Mario Roatta il 1° marzo 1942 emana la famigerata “circolare 3c” contro la popolazione civile slovena. Roatta dispone rappresaglie, incendi di case e villaggi, razzie, torture, esecuzioni sommarie, la cattura e l'uccisione di ostaggi, internamenti di civili e militari nel campo di concentramento nell'isola di Arbe (Rab) in Croazia e in quelli di Gonars in Friuli, Monigo presso Treviso, Chiesanuova di Padova o Renicci d'Anghiari in Toscana. Se possibile, queste misure saranno rese ancora più draconiane dalle circolari integrative del comandante dell'undicesimo Corpo d'Armata generale Mario Robotti, altro delinquente («si ammazza troppo poco», dirà), e dell'alto commissario per la provincia di Lubiana Emilio Grazioli (come Roatta è nell'elenco dei criminali di guerra italiani). 
I non umani 
E si badi, a usare la mano pesante con i civili non sono le Camicie nere di Mussolini ma uomini dell'Esercito fedele al re e alla corona, che vedono gli sloveni come dei selvaggi piantagrane, alieni e inanimati: uno sguardo deumanizzante, l'alibi per ogni sorta di arbitrio, come quello che oggi provoca una tutto sommato modesta indignazione per la morte di 200 esseri umani che annegano nel Mediterraneo. Stando all'ex partigiano e studioso del movimento di liberazione sloveno Tone Ferenc, nella sola provincia di Lubiana verranno «fucilati o come ostaggi o durante operazioni di rastrellamento circa 5.000 civili, ai quali vanno aggiunti i circa 200 bruciati e massacrati in modi diversi. 900 invece i partigiani catturati e fucilati. A loro si devono aggiungere oltre 7.000 persone in gran parte anziani, donne e bambini morti nei campi di concentramento in Italia. Complessivamente moriranno più di 13.000 persone su 340.000 abitanti, il 2,6 per cento della popolazione». A questo triste bilancio aggiungeremo l'incendio di 3.000 case, l'internamento di 33.000 persone, la distruzione di 800 villaggi. La Commissione di Stato jugoslava per l'accertamento dei crimini di guerra ha inoltre accusato Roatta e sodali di aver ampiamente disatteso la seconda Convenzione internazionale dell'Aja relativa ai prigionieri, ai feriti e agli ospedali; di aver disposto la fucilazione di partigiani fatti prigionieri e di ostaggi; di aver ordinato l'internamento dei componenti di intere famiglie e villaggi e di aver consegnato i civili incolpevoli ai tribunali militari; di aver ordinato che i civili fossero ritenuti responsabili di tutti gli atti di sabotaggio commessi nelle vicinanze della loro abitazione e che, per rappresaglia, si potesse sequestrare il loro patrimonio, distruggere le loro case e procedere al loro internamento. Sul fronte economico si registra la depredazione delle risorse slovene pianificato dall'Iri, l'Istituto italiano per la ricostruzione industriale sorto nel 1933. 
Criminali in divisa Che dire di più? In applicazione delle severe disposizioni di Roatta, la notte tra il 22 e il 23 febbraio 1942 Lubiana è posta in stato d'assedio e i Granatieri di Sardegna capitanati da Taddeo Orlando, affiancati da collaborazionisti slavi, rastrellano per settimane con «metodo deciso» migliaia di civili (un quarto degli uomini validi «prescindendo dalla loro colpevolezza» dirà Orlando) e 878 di loro vengono internati nei campi di concentramento. Altri rastrellamenti avverranno tra il 27 giugno e il 1° luglio – con il fermo di 17mila civili – e dal 21 al 28 dicembre, con l'arresto di oltre 500 persone; tra loro donne, vecchi e bambini. Pochi, i più fortunati, li deporteranno in alcune città del nord Italia. Ma in questa “strategia della snazionalizzazione” – come l'ha chiamata Davide Conti – sono 33mila gli sloveni internati in duecento lager in Italia e sul posto, a morire di freddo, stenti, tifo e dissenteria (per Robotti erano «inconvenienti igienici»). Come si legge in una relazione del 9 settembre 1942 di Roatta a Robotti, «si tratterebbe di trasferire, al completo, masse ragguardevoli di popolazione e di sostituirle in posto con popolazioni italiane». Altri rastrellamenti seguiranno nei centri più importanti del Paese. «Dicono che donne e bambini e vecchi, a frotte, o rinvenuti nei boschi o presentatisi spontaneamente alle nostre linee costretti dalla fame e dal maltempo, sono stati intruppati, e avviati (tra pianti e pianti e pianti) ai campi di concentramento». Lo si legge al giorno 25 settembre 1942 del Diario di don Pietro Brignoli, cappellano militare del secondo Reggimento Granatieri di Sardegna. ...l'ispettore e i loro tirapiedi interrogano i prigionieri e li torturano flagellandoli, bastonandoli, colpendoli al basso ventre, infliggendo bruciature o esponendo i testicoli alla corrente elettrica (non mancano i casi di stupro su alcune detenute). Quando i detenuti vengono consegnati al Tribunale speciale di guerra, a reggere la pubblica accusa trovano il tenente colonnello Enrico Macis, altro “criminale di guerra”, altro vessatore impunito (dal novembre 1941 al settembre 1943 questo Tribunale sentenzierà la morte di 83 civili e partigiani). Macis non manca poi di manifestare il suo compiacimento per le deportazioni: come scrive il 26 aprile 1943, «nello scorso anno le autorità militari con apprezzato senso di opportunità avevano rastrellato la città ordinando l’internamento di tutti gli uomini dai 18 ai 35 anni».... Passata la guerra, a Macis verrà conferita la qualifica di “Partigiano combattente”. Non bastasse, nel 1946 l'ufficio informazioni dello Stato maggiore dell'Esercito gli commissionerà uno studio sui problemi di carattere giuridico in ordine ai crimini di guerra. Come affidare ad Al Capone uno studio sul consumo illegale di alcolici... dopo la liberazione, ritroveremo i torturatori Messana e Verdiani non in galera, non silenziosamente pensionati, ma l'uno dopo l'altro a occuparsi di antimafia alla guida dell'ispettorato di pubblica sicurezza per la Sicilia, ovvero a depistare indagini e a coltivare relazioni con latifondisti, mafiosi, monarchici e banditi come Salvatore Giuliano. In totale, 109.437 jugoslavi verranno deportati nei campi di concentramento fascisti in Italia. Ad Arbe, Carlo Alberto Lang, capitano medico incaricato di un sopralluogo, segnala che tra il settembre e l'ottobre 1942 in trenta giorni muoiono 209 persone, di cui 62 bambini sotto gli 11 anni. E al medico provinciale che segnala i numerosissimi casi di «dimagrimento patologico ... il generale Gastone Gambara (altro “criminale di guerra”) il 17 dicembre 1942 cinicamente replica quanto fosse «logico e opportuno che campo di concentramento non significhi campo di ingrassamento, in quanto “individuo malato = individuo tranquillo”». Non fosse arrivato l'8 settembre, tutto questo avrebbe assunto le dimensioni del genocidio. 
L'Italia si auto assolve 
Nel dopoguerra, in quell'Europa divisa in due, in Italia si enfatizzeranno, decontestualizzandole, la diaspora dalmata-istriana e le foibe, mentre si minimizzeranno, sino alla rimozione, le violenze compiute dall'esercito italiano nei confronti della popolazione civile slovena, dalmata, montenegrina, croata, greca, russa e albanese, in aggiunta alle violenze già a referto in Libia (100mila vittime su 800mila abitanti: un genocidio) e in Etiopia (nel Corno d'Africa tra il 1935 e il 1943 si contano 300mila vittime). Calerà il silenzio anche sui bombardamenti di natura terroristica compiuti dalla Regia aeronautica italiana sulla città basca di Durango il 31 marzo 1937 (morti 289 civili) e su Barcellona in Catalogna tra il 16 e il 18 marzo 1938 (670 morti) durante la Guerra civile spagnola. Sono atti criminali non inferiori a quello tedesco e italiano del 26 aprile 1937 su Guernica (quattro settimane dopo la strage di Durango), a torto ritenuto il primo atto di terrore dal cielo deliberatamente compiuto contro la popolazione civile. Insomma, brandendo il paradigma dell'“italiano buono”, benevolmente assunto dall'opinione pubblica, sui nostri crimini cala l'oblio e l'Italia si auto assolve, cancellando dal senso comune (e dai testi scolastici) la memoria dei nostri omicidi e ogni traccia dei nostri campi di morte.
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dorsalblog · 5 years ago
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REINAUD MATERASSI: A TORINO IL NEGOZIO PER DORMIRE BENE CHE HA ATTRAVERSATO TRE SECOLI La storica rivendita Dorsal in pieno centro storico è giunta alla quarta generazione
Al fianco del cliente e del suo dormire lungo tre secoli. Questo mese di ottobre vi invitiamo ad entrate con noi in uno dei negozi specializzati nel bedding più antico d'Italia: la Reinaud Materassi di Torino. Selezionato da Dorsal tra i suoi migliori rivenditori è, a tutti gli effetti, una delle eccellenze torinesi, non solo per la sua “longevità” (fu aperto nel lontano 1895) ma anche perchè, a distanza di oltre 120 anni, rappresenta ancora un punto di riferimento per i torinesi (e non solo) con la sua rinnovata capacità di guardare al futuro grazie ad Alberto, la quarta generazione Reinaud che oggi guida l'azienda di famiglia, con lo sguardo da architetto e la voglia di innovarsi nel rispetto della tradizione e nel segno dell'esperienza.
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Buongiorno Alberto, dove si trova il suo negozio? Siamo al numero 21 di piazza della Repubblica, una zona centrale di Torino che sta subendo importanti cambiamenti di riqualificazione. Il negozio ha sede qui dal 1946, ma l'attività di famiglia aveva aperto nel 1895 nella vicina via La Salle (dietro la Chiesa di San Gioacchino) per iniziativa delle mie prozie paterne Agnese e Maria. Mio nonno Luigi ha deciso poi di spostare il negozio in piazza della Repubblica in questi attuali locali, che prima del suo trasloco erano già occupati dalla sartoria Peroglio, la quale serviva addirittura il re Vittorio Emanuele II, il quale veniva qui a provare i vestiti da caccia. Uno stabile quindi ricco di storia, rinomato e riconosciuto. Un negozio che oggi è alla quarta generazione e che può dire di aver vissuto tre secoli diversi... Sì, una storia lunga che ci ha visto protagonisti nella vendita di materassi e biancheria da letto lungo lo scorrere di ben tre secoli. Il negozio fu fondato dalle mie prozie a fine '800 le quali vendevano lane, tessuti per pagliericci, crine e foglie di granoturco, quest'ultime utilizzate dai meno abbienti come imbottitura per i materassi. A loro, successe mio nonno Luigi che negli anni '30 ingrandì l'attività di famiglia e nel '46, come detto, acquistò l'attuale sede del negozio. A lui è poi succeduto mio padre Alfredo, che ha iniziato a lavorare in bottega dal 1966. Mio papà ha continuato e continua ad essere presente in negozio insieme a mia madre Renata. Ed eccoci arrivati con me alla quarta generazione.
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Un negozio capace anche di rinnovarsi... Sì, nell'ultimo anno abbiamo apportato importanti opere di ristrutturazione ai locali e abbiamo scelto di rinnovare e dedicare esclusivamente a Dorsaluna sezione del nostro negozio, perché crediamo molto nella qualità dei prodotti Dorsal. Per tanto diamo la possibilità alla clientela di poter provare diverse tipologie di materassi e reti Dorsal. Inoltre io sono architetto, quindi, oltre a consigliare materassi e reti, cerco di aiutare la clientela anche con l'arredamento degli interni, offrendo anche questo servizio.
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Da quanti anni conoscete Dorsal? Da sempre, probabilmente siamo stati tra i primi d'Italia a vendere i prodotti Dorsal. Li trattiamo ormai da oltre 40 anni. Siamo dei rivenditori storici. E in tutti questi anni abbiamo visto crescere questa azienda che ha sempre puntato sulla qualità dei suoi prodotti, appoggiando tutte le sue scelte, non ultime quelle di dare un'impronta sostenibile ed ecologica all'attività.
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Cosa amate di Dorsal? La qualità e il fatto che realizza prodotti naturali. Noi oggi riscontriamo che la gente preferisce dormire su sistemi letto naturali. Per questo sposiamo la filosofia “green” di Dorsal, convinti che la naturalità sia la strada per il futuro, per prendere le distanze dalla concorrenza, distinguersi da tutti gli altri e offrire qualcosa in più alla clientela. Quali prodotti Dorsal trattate? Praticamente tutti, dedichiamo a Dorsal tre stanze del nostro showroom recentemente rinnovato. Trattiamo non solo i materassi, ma anche le reti e i cuscini.
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Quale prodotto Dorsal vendete di più? Un po' tutti, ma vendiamo bene molto bene I Contemporanei: Elisir issimo, Spa e Greener, per la qualità alta, il prezzo accessibile e per il fatto che sono materassi Dispositivo Medico. Un altro materasso su cui puntiamo molto e che sta piacendo è Fitness Memory. Viene scelto soprattutto dai giovani, anche per il suo aspetto grintoso e moderno. E poi, non mancano mai gli Zefiro, gli Elisir e gli Antares. Le caratteristiche che vi contraddistinguono e vi rendono Specialisti del Riposo Dorsal. Il servizio, innanzitutto. Noi puntiamo molto sulla qualità del nostro servizio. Inoltre cerchiamo di venire incontro alla clientela realizzando anche richieste particolari, come ad esempio materassi rotondi o fuori misura. E, terza caratteristica ma non meno importante, vendiamo solo prodotti di alta qualità e naturali. Senza contare che non ci manca l'esperienza e la conoscenza accurata di tutti i prodotti. Chi entra da noi, trova gli specialisti del riposo dal 1895.
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Ci racconta la storia di qualcuno che si è rivolto a voi perchè che non riusciva a dormire bene durante la notte e ha risolto il problema grazie ad un sistema letto Dorsal? Sì, certo, ce ne sono tanti di casi come questi. Ma l'ultimo che ci è capitato, è quello di una signora che soffriva di mal d'anca e non riusciva più a dormire di notte. Le abbiamo consigliato il materasso Zefiro Gel che è accogliente, comfortevole, adatto ad alleviare la sua problematica dell'anca. La signora è rimasta molto soddisfatta dell'acquisto e ci ha ringraziato. Ci capitano poi molti cliente che, dopo aver acquistato un materasso Dorsal tornano in negozio per comprarne un altro uguale oppure dopo tanti anni cercano un altro materasso Dorsal perchè si sono trovati molto bene.
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Reinaud Materassi si trova in Piazza della Repubblica, 21 a Torino. È possibile contattare il negozio al seguente numeri di telefono: 011 5211966, e via email: [email protected]
Il negozio è aperto il lunedì dalle 15.30 alle 19.00 e dal martedì al venerdì dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00, il sabato il negozio è aperto tutto il giorno (orario continuato) dalle 9.30 alle 19.00.
È possibile seguire il negozio anche su Facebook: @LaneMaterassiReinaud
oppure su Instagram: @lane_materassi_reinaud
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blaxco · 5 years ago
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Prosecco: tutto quello che c'è da sapere sulle bollicine più amate d'Italia
Il Prosecco, si sa, è un orgoglio nazionale. Lontani i tempi in cui veniva considerato un “semplice vino spumante”, si è affermato non solo in Italia, ma in tutto il mondo, sorpassando nelle vendite anche lo champagne francese. Sono molte però le cose che si devono sapere per conoscere alla perfezione il Prosecco. È, ad esempio, un vino o uno spumante? Come viene prodotto? Perché si chiama proprio così? E qual è la differenza tra Prosecchi dry, extra dry, brut, extra brut e così via?
A queste e ad altre domande cercheremo di rispondere in questo articolo.
Si tratta di un vino o di uno spumante?
La prima domanda che molti si pongono davanti ad un Prosecco è quella che riguarda la categoria di appartenenza del Prosecco. Un vino? Uno spumante? Un “bollicine”? Come definirlo? Cominciamo col dire che si tratta di un vino, in origine fermo, dalla storia millenaria, che dagli antichi Romani ha poi avuto grande tradizione fino al XVI secolo, in particolare nel Comune di Prosecco, in provincia di Trieste. Il suo utilizzo si è poi perso nei secoli successivi (troppo complesso da “creare”), per ritornare prepotente ai primi dell'800, grazie a Francesco Malvolti, che comincia a capire l'importanza della produzione su larga scala. Ancora oggi alcune cantine producono Prosecco fermo o “tranquillo”, sempre da uve di vitigno Glera, che si trova in Friuli-Venezia-Giulia o in Veneto. Da fermo il Prosecco diventa frizzante, o ricco di bollicine, grazie a diversi processi di lavorazione dovuti in parte al lavoro di lieviti e zuccheri aggiunti alla base di uve. Due sono i principali metodi di fermentazione: il metodo Charmat, più industriale, e quello Classico, più lento e artigianale, il che rende il Prosecco in questione anche più pregiato. Ovviamente il metodo Charmat, più veloce, consente di ottenere risultati maggiori per la vendita di prosecchi. Un vero intenditore, però, preferirà un Prosecco metodo Classico, addirittura ancestrale, altra metologia di lavorazione. Dunque: vino o spumante? È un vino che viene sottoposto alla spumantizzazione, perciò il Prosecco è un vino e uno spumante.
Dry, Extra Dry, Brut ed Extra Brut: quali sono le differenze tra queste diciture?
I Prosecchi, però, non sono tutti uguali. Non solo per quanto riguarda il metodo di lavorazione, ma anche per la quantità di zuccheri e di anidride carbonica che ogni bottiglia contiene. Il Prosecco può infatti essere molto dolce, dolce, secco, o decisamente a zero zuccheri. Il più dolce di tutti, a dispetto del nome (che in inglese vuol dire “secco”) è il Dry, con una quantità di zuccheri tra i 17 e i 32 grammi per litro di vino. Scendendo nella gradazione zuccherina troviamo l'Extra Dry (tra i 12 e i 17 grammi di zuccheri); il Brut (tra i 5 e 12 grammi di zuccheri); l'Extra Brut, vero Prosecco intenso (sotto i 5 grammi di zucchero); ed infine i Brut Nature, noti anche come Prosecchi a dosaggio zero: si tratta di prosecchi che hanno da 0 a 3 grammi di zuccheri per litro di vino. Se quelli più dolci sono perfetti su pietanze piccanti e speziate o con i dessert, soprattutto di piccola pasticceria, via via che il Prosecco diventa secco può essere utilizzato anche come vino a tutto pasto, indicato non solo per gli aperitivi, ma anche per pietanze a base di pesce (primi come risotti di mare, e poi secondi con molluschi e la frittura, che così risulta “sgrassata” al palato), pollame, formaggi non troppo stagionati, ma anzi piuttosto freschi e dalla consistenza di latte.
Infine, una dritta: se siete indecisi su quale vino portare ad una cena informale, acquistate online prosecchi di diverso genere e studiatene le differenze!
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nonee0a · 5 years ago
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Storia d'Italia
La storia d'Italia è l'insieme di numerose vicende locali e cittadine e riflesso della storia universale della sua capitale Roma, sede dell'Impero prima e del Papato poi. Essa è parte fondante della cultura occidentale, europea e mediterranea. L'eredità storico-culturale d'Italia si riflette nell'elevato numero di patrimoni dell'umanità presenti nel paese.
Luogo di incontro di culture arcaiche come quella etrusca, latina, e sabina, di insediamenti celti e colonie greche e fenicio-cartaginesi, l'Italia antica fu federata dalla Repubblica Romana e divenne il centro dell'Impero Romano. Una prima sistemazione amministrativa in regioni le fu data da Cesare Augusto (27 a.c.-14 d.c.). Divenne poi terra a maggioranza cristiana, abbandonando l'antico politeismo, tra la promulgazione dell'Editto di Milano (313) che garantiva la libertà di culto e quella dell'Editto di Tessalonica (380), che impose di seguire la religione del vescovo di Roma.
Con la caduta dell'Impero, l'Italia venne invasa dagli Eruli di Odoacre (476), e poi dagli Ostrogoti di Teodorico (492), dai Bizantini di Giustiniano (535), e dai Longobardi di Alboino (568). Alla dominazione straniera, si accompagnò il processo di divisione politica: l'Italia meridionale fu contesa tra Longobardi, Bizantini ed Arabo-Saraceni, quella centrale si consolidò come Stato Pontificio, e quella settentrionale venne inglobata da Carlomagno nel Sacro Romano Impero Germanico con l'incoronazione di quest' ultimo da parte di Papa Leone III nell'anno 800. Con l'umiliazione di Canossa (1077) prima e la pace di Venezia (1177) poi, il Papa indebolì l'Imperatore germanico, favorendo l'ascesa di autonomi comuni nell'Italia imperiale. Tra questi, le repubbliche marinare di Genova e Venezia acquistarono un grande peso nel corso delle crociate, fatto che provocò una rivoluzione commerciale e mercantile in tutta Italia. Contestualmente, il mezzogiorno veniva unificato nel regno di Sicilia dai vichinghi Normanni. Per intrecci dinastici, corona di Sicilia e diadema imperiale pervennero entrambi a Federico II di Svevia, il quale fece di Palermo il centro di un impero che si espanse nel mar baltico e in terra santa, ma fallì nell'intento assolutista di riunire tutta l'Italia sotto il suo scettro per la resistenza dello stato pontificio e dei comuni.
Dopo le drammatiche crisi del Trecento, la penisola conobbe una nuova epoca di prosperità economica e culturale tra XV e XVI secolo, periodo noto come Rinascimento. Per la sua ricchezza e centralità negli affari europei, divenne teatro delle violente Guerre d'Italia, in cui si scontrarono Francesco I di Francia e Carlo V d'Asburgo e che si conclusero con la perdita dell'indipendenza di molteplici stati italiani. Sul piano culturale, l'Italia conosceva poi la controriforma, il barocco, ed il neoclassicismo. Dopo la parentesi Napoleonica, gli Italiani lottarono per la  loro indipendenza ed unificazione in una serie di guerre sotto la guida del Regno di Sardegna sabaudo, occupando il nord sottoposto direttamente o indirettamente agli Asburgo d'Austria e le Due Sicilie governate da un ramo napoletano dei Borbone spagnoli. Roma, nel mezzo della guerra franco-prussiana (1870-1871), fu fatta capitale a conclusione del Risorgimento.
L'Italia unita divenne uno stato liberale sul fronte economico-politico, mentre in politica estera creò un proprio spazio coloniale in Libia e Corno d'Africa. Le ambizioni territoriali in Europa e la volontà di trovare un suo posto nel concerto di blocchi politici e alleanze sicure portò l'Italia a partecipare alla prima guerra mondiale a fianco della Triplice Intesa. La società italiana, colpita dalla propaganda nazionalista della "vittoria mutilata", aderì gradualmente al fascismo di Benito Mussolini e dei suoi seguaci, saliti al potere nell'ottobre del 1922. L'avvicinamento alla Germania nazista e la formazione dell'asse Roma-Berlino del 1936 saranno determinanti nella scelta italiana di entrare nella seconda guerra mondiale, nel 1940. Dopo il suo fallimento militare, ebbe termine la forma di governo monarchica: l'attuale repubblica fu infatti istituita nel giugno 1946. In seguito alla ricostruzione, vi fu un periodo storico di ripresa economica, militare, sportiva e politica, così come la riaffermazione dell'Italia come potenza industriale, essendo tra le nazioni fondanti del G6 (poi G8 e G20) nel 1975. L'Italia è inoltre tra i sei Paesi fondatori dell'Unione europea, la quale opera tramite meccanismi e politiche sovranazionali (come l'euro).
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ Del miracolo di san Gennaro, fate le alte meraviglie? Quelle vecchie abitanti del Molo che si pretendono sue discendenti, che invadono l'altare maggiore, che non lasciano accostarsi nessuno, gridano il Credo, mentre si attende il miracolo, e ogni volta che ricominciano, alzano il tono, sino all'urlo, che si dimenano come ossesse, che lo gratificano di vecchio dispettoso, vecchio impertinente, faccia verde; vi stupiscono? Vi è il piede di sant'Anna che si mette sul ventre delle partorienti, che non possono procreare il figlio; vi è l'olio che arde nella lampada, innanzi al corpo di san Giacomo della Marca, nella chiesa di Santa Maria la Nuova, che fa guarire i mali di testa; vi è il Crocifisso del Carmine che ha fatto sangue dalle piaghe; vi è il bastone di san Pietro che si venera  nella chiesa sotterranea di Sant'Aspreno, primo vescovo di Napoli, ai Mercanti; vi è l'acqua benedetta di San Biagio ai Librai che guarisce il mal di gola; vi sono le panelle, pagnottine di pane benedette di San Nicola di Bari, che buttate in aria, nel temporale, scampano dalle folgori. Vi sono centinaia di ossicini, di pezzetti di velo, di pezzetti di vestito, di frammenti di legno, che sono reliquie. Ogni napoletana porta al collo o sospeso alla cintura, o ha sotto il cuscino, un sacchettino di reliquie, di preghiere stampate: questo sacchettino si attacca alle fasce del bimbo, appena nato. Credete che al napoletano basti la Madonna del Carmine? Io ho contati duecentocinquanta appellativi alla Vergine, e non sono tutti. Quattro o cinque tengono il primato. Quando una napoletana è ammalata o corre un grave pericolo, uno dei suoi, si vota a una di queste Madonne. Dopo scioglie il voto, portandone il vestito, un abito nuovo, benedetto in chiesa, che non si deve smettere, se non quando è logoro. Per l'Addolorata il vestito è nero, coi nastri bianchi; per la Madonna del Carmine, è color pulce coi nastri bianchi; per l'Immacolata Concezione, bianco coi nastri azzurri; per la Madonna della Saletta, bianco coi nastri rosa. Quando non hanno i danari per farsi il vestito, si fanno il grembiule; quando mancano di sciogliere il voto, aspettano delle sventure in casa. “
Matilde Serao, Il ventre di Napoli. (Corsivi dell’autrice)
[Edizione originale: fratelli Treves, Milano, 1884]
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personal-reporter · 5 years ago
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Fausto Coppi: la leggenda dell’Airone che non ha mai smesso di volare
Castellania, sulle colline tortonesi e il mondo ricordano oggi Fausto Coppi, il Campionissimo. Avrebbe avuto 100 anni, ma gliene sono bastati molto meno per essere indimenticabile. Una storia umana e sportiva quella di Coppi, che si dipana, proprio a tappe per tutta l'Insubria, come se fosse un Giro o un Tour, toccando gli angoli più estremi della regione. Dalle colline di Quarna Sotto, 800 metri d'altezza sul Lago d'Orta, a una decina chilometri da Omegna, paese originario della famiglia, per arrivare alla natia Castellania sui colli tortonesi. Passando per Milano, Legnano, Busto Arsizio, il Lago Maggiore, Varese, Varano Borghi e Lugano.   Non solo luoghi ma soprattutto persone, che hanno segnato le tappe principali della sua carriera e della vita privata. Uomo dai modi semplici, educato ed elegante, timido, per non dire schivo, un qualcosa di malinconico, ma emanava carisma. Fisico asciutto, nervoso, slanciato col viso segnato dalla fatica e dalle privazioni del tempo ma illuminato da due occhi magnetici, seppe infiammare l’Italia dell'immediato secondo dopoguerra, non solo per i suoi successi, le sue imprese, per la sua leggendaria rivalità sportiva con Gino Bartali, ma anche per la sua complicata vita sentimentale, che lo rese anche uno dei primi personaggi al centro del gossip. Un Campionato del modo su strada, primato mondiale dell'ora senza allenatori, due titoli mondiali dell'inseguimento, cinque Giri d'Italia, due Tour de France, cinque Giri di Lombardia, tre Milano- Sanremo, Parigi-Roubaix, Freccia Vallone, cinque campionati italiani dell'inseguimento, tre titoli della strada, due GP delle Nazioni, tre Giri di Romagna, dell'Emilia, del Veneto, tre volte la Tre Valli Varesine, il Trofeo Baracchi. Tappe al Giro e al Tour. Complessivamente Coppi vinse 122 corse, indossò la maglia rosa per 31 giorni e la maglia gialla del Tour per 19. Con Il Grande Torino, è stato il simbolo della rinascita italiana dalle macerie della guerra. E guarda caso era nato nello stesso anno del grande Valentino Mazzola, classe di ferro… Il cantore radiofonico fu Mario Ferretti. Il marchio di fabbrica delle imprese coppiane è proprio il suo: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”. E' l'apertura del collegamento radiofonico della mitica tappa Cuneo-Pinerolo del Giro d'Italia del 1949, dove Coppi, segnò una delle imprese più memorabili della storia del ciclismo. Quello sulla carta stampata fu invece il milanese Orio Vergani, uno dei più importanti giornalisti italiani, che per lui scrisse l'ode funebre, con l'incipit: “Il grande airone ha chiuso le ali...” Due persone segnarono in modi diversi la sua vita, suo fratello Serse e la Dama bianca. L’amatissimo fratello il 29 giugno 1951 mentre correva il Giro del Piemonte, a poche centinaia di metri dall'arrivo al Velodromo di Corso Casale, mentre preparava la volata cadde e picchiò la testa contro il marciapiede. Dopo pochi secondi dopo si rialzò, apparentemente senza aver subito conseguenze, ma due ore dopo, in albergo, iniziò a lamentarsi di forti dolori alla testa e venne condotto in una clinica, ma ormai era troppo tardi, Serse morì in seguito a un’emorragia cerebrale a soli 28 anni. Fausto meditò il ritiro definitivo, ma poi ricomincio a correre anche nel nome di Serse. La seconda persona fu Ilaria Occhini, la Dama Bianca. Per il loro amore andarono contro le consuetudini del tempo, le critiche, la magistratura. Due aspetti di un uomo che non è stato solo Il Campionissimo, ma un fratello dilaniato dal dolore, un uomo innamorato, un padre affettuoso per Marina e Faustino. Read the full article
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idrotermica-blog · 8 years ago
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Guide Arcovolo Verona
Anche una mostra, un museo, un sito archeologico saranno visti con occhi diversi e diventerà un'esperienza interessante e stimolante. Una guida in grado di offrire tutto il posto che hai scelto! Verona è una città rinascimentale. visitare le porte e la parte anteriore del bastione veneziano, la splendida Loggia del Consiglio, gli edifici aristocrazia veronesi progettati dal grande architetto veronese Michele Sammicheli. Si scopre il ponte Scaligero Castel Vecchio, Piazza Dei Signori, la Scaligero, casa di Giulietta e chiese romaniche e gotiche. Ah ... se non si conosce il significato della parola arcovolo io ci rivelerà: Verona, la città dei più visitati d'Italia, è fissato, per le sue meraviglie archeologiche, una piccola rom, è sempre stata conosciuta come la città dell'amore.
2017 Guide Arcovolo Verona Più di duemila anni di storia, ricca di arte, cultura, curiosità e aneddoti, sfileranno davanti ai vostri occhi, ammirando monumenti, case, chiese, palazzi, piazze, strade affascinanti ... angoli magici. Verona è una città medievale. Verona è una città romana. con il suo anfiteatro, l'Arena, e il suo teatro romano, il Museo Archeologico, le porte della città, il Ponte di Pietra. è un termine nato a Verona, già documentata fin dal Medioevo, la cui etimologia deriva da "Arcos voluto" per indicare gli archi dello stadio con volta a botte spazi.
Verona è una città in Austria. Si affidi ad una guida autorizzata può fare un vero e proprio viaggio attraverso i secoli, a partire dall'epoca romana ai giorni nostri. Si scopre palazzi, fortificazioni, l'Arsenale Militare .... e altri luoghi legati alla lotta per l'indipendenza d'Italia e del Veneto.
Visitare una città con una guida è tutta un'altra cosa!
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Guide Arcovolo Verona_2
Verona, conosciuta anche come la città dell'amore, è una delle città più visitate in Italia e grazie al suo patrimonio archeologico è considerata una "piccola Roma". Visitare una città con una guida turistica ...
Guide Arcovolo Verona_1
Se si sceglie di visitare Verona con una guida locale, qualificato e registrato potrai fare una buona esperienza fantastica. Verona è una città medievale dove i secolare lotta tra il Papa e ...
Verona - Venetoguide, Associazione delle guide turistiche del Veneto
Il sito, scavato e studiato tra il 1981 e il 1986, i resti di edifici che vanno dal I secolo aC al XV secolo dC La visita guidata inizia con una passeggiata Castelvecchio ...
Un week-end guide a Verona, Twins che il viaggio
Una volta a Verona, ci # 8217; s molto poco bisogno per il trasporto pubblico come la città è piccola e facile da coprire a piedi. Il treno era veloce, pulito e incredibilmente viene eseguito dalle prime ore del mattino per ...
Verona Tour con guide private locali
Nei mesi estivi, usufruire della spettacolare teatro all'aperto di Verona (un 1 ° secolo dC romana Arena) per ascoltare la performance dal vivo sotto le stelle. Per diventare turistica autorizzata ...
guide Verona e suggerimenti per viaggiare - Lonely Planet Italia
Dai bastioni di Jaisalmer, in India, per il puro piacere di Streetfood Palermo. Prendete l'ascensore situato sul retro del teatro, e aprire di fronte a voi diversi greca, romana e ...
Visita Verona - europeanbmxchampionships2016verona
Monte Baldo e il Parco Naturale Regionale della Lessinia gamma. Trovate tutte le informazioni e suggerimenti per una visita perfetta ai link seguenti: eleganti caffè e osterie antiche (locande tipiche del Veneto ...
Cosa vedere a Verona - Cosa visitare a Verona
Da qui si inoltrerete in Via Mazzini, la storica strada dello shopping veronese che porta a Piazza Erbe e da lì a Piazza Dante e Piazza dei Signori. L'affresco è parzialmente ...
9 Attrazioni Top-Rated turistiche Verona, PlanetWare
Il teatro è la casa della stagione estiva Verona Jazz Festival. Castelvecchio, l'Arena, la Casa di Giulietta, Piazza delle Erbe, la cattedrale, e diverse chiese con opere d'arte a grappolo in questo ...
Verona - Verona Tour Guide - Visite guidate a Verona
Per ulteriori informazioni e prenotazioni, si prega di inviare una e-mail o chiamare, da un telefono fisso, numero verde guida gratuita di Verona: 800 032 847; 345.44.593.01 per telefono. - VERONA "Classic" e DEGUSTAZIONE A VERONA: ...
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gregor-samsung · 2 years ago
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“ Nell’anno 2030 la federazione asiatica comprendeva la maggior parte di quel continente dalla Siria alle Indie ed alla China. Le maggiori varietà di stirpi e di lingue e di razze vi si incontravano per l’eguale ricchezza di agricoltura, di industria e di scienza pratica. La strada ferrata corse quell’anno la prima volta da Stoccolma a Pechino e da Pietroburgo a Calcutta. Allora si pensò ad un congresso di tutti i popoli del mondo, cioè delle tre gran federazioni: l’europea, l’americana e l’asiatica. Quel congresso si raccolse a Costantinopoli sotto la presidenza di Adolf Kurr e trattò tutte le quistioni che interessavano il bene dell’umanità. Prima di ogn’altro si discusse quella della scienza. E il presidente stesso, sorto con una lunga orazione a provare che la moltitudine e malvagità dei libri aveva prodotto infin allora la diversità delle classi e le più perniciose rivoluzioni, propose la distruzione universale di essi libri; dopoché una società di dotti ne avrebbero ricavato un indice enciclopedico. Il che fu fatto a gran vantaggio degli uomini. E poi dopo molte altre deliberazioni di senno altissimo, il congresso si sciolse proclamando Adolfo Kurr gran patriarca del mondo e benefattore del genere umano. Questi contava allora ottant’anni di età, e morì tre anni dopo, e gli successe per libera elezione Samuele Dalnegro di Pisa, economista celebratissimo. “
Ippolito Nievo, Storia filosofica dei secoli futuri, Carlo Mancosu editore (collana Lo Scrigno n° 6), Roma, 1993; pp. 71-72.
[1ª Edizione originale: 1860]
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gregor-samsung · 4 years ago
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“ Per parte mia, non ho alcuna fiducia nelle dittature e soprattutto nelle dittature civili. Io credo che con un parlamento si possano fare parecchie cose che sarebbero impossibili per un potere assoluto. Un'esperienza di tredici anni m'ha convinto che un ministero onesto ed energico, che non abbia nulla da temere dalle rivelazioni della tribuna e non si lasci intimidire dalla violenza dei partiti, ha tutto da guadagnare dalle lotte parlamentari. Io non mi sono mai sentito debole se non quando le camere erano chiuse. D'altra parte non potrei tradire la mia origine, rinnegare i principî di tutta la mia vita. Sono figlio della libertà: è ad essa che debbo tutto quel che sono. Se bisognasse mettere un velo sulla sua statua, non sarei io a farlo. Se si dovesse riuscire a persuadere gli italiani che hanno bisogno di un dittatore, essi sceglierebbero Garibaldi e non me. Ed avrebbero ragione. La via parlamentare è più lunga, ma è più sicura. Le elezioni di Napoli e della Sicilia non mi spaventano. Si assicura che avranno un cattivo esito: e sia. I mazziniani sono meno temibili alla camera che nei loro circoli. L'esperienza della Lombardia mi rassicura: l'anno scorso era di cattivo umore al tempo delle elezioni, e le sue scelte furono detestabili; Cattaneo, Ferrari, Bertani furono eletti con enormi maggioranze. Questi signori vennero alla camera con un atteggiamento minaccioso, con l'ingiuria pronta, quasi col pugno levato. Ebbene, che cosa hanno fatto? Sbaragliati in due o tre circostanze, hanno finito per diventare così inoffensivi che, nell'ultimo grande dibattito, hanno votato con la maggioranza. Non abbiate timore di nulla: agli uomini del mezzogiorno capiterà lo stesso. L'atmosfera calma, addirittura pesante di Torino li calmerà. Se ne ritorneranno ammansiti. A Napoli si son commessi dei gravi errori. Farini [Carlo; patriota romagnolo, “Luogotenente generale delle provincie napoletane” dal 6 Nov. 1860; Nota del Trascrittore], in un primo tempo, non ha avuto abbastanza autorità; poi è caduto malato; ed infine un dramma orribile si è compiuto sotto i suoi occhi. Uomo di gran cuore, Farini non ha saputo resistere a questo seguito di scosse; si è accasciato e non è in grado di continuare il duro compito che aveva accettato con la devozione che porta in tutte le cose. Egli chiede con tutte le sue forze di essere sostituito. Il giorno in cui un uomo energico e non logorato riprenderà il potere a Napoli, tutto rientrerà nell'ordine. La maggioranza della nazione è monarchica, l'esercito scevro di ogni coloritura garibaldina, la capitale è ultra-conservatrice. Se, con tutti questi elementi, non sapessimo cavarcela, saremmo dei grandi imbecilli. “
(Da una lettera di Camillo Benso conte di Cavour ad Anastasia Klustine contessa de Circourt del 29 dicembre 1860)
Denis Mack Smith, Il Risorgimento Italiano. Storia e testi, Laterza (collana Storia e Società), 1968¹; pp. 627-28.
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gregor-samsung · 5 years ago
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Sdraiato in terra, legato mani e piedi, vestito alla siciliana con certa eleganza, custodito da alcuni 'Picciotti' delle squadre del barone Sant'Anna, stava un uomo grande e forte, di viso cattivo. Guardava sprezzante e taceva. I garibaldini che andavano a vederlo, sentivano dire che egli era un tal Santo Mele, il quale sin dallo scoppio della rivoluzione aveva principiato a correre la campagna con alcuni ribaldi, rubando le casse pubbliche e assassinando gente. Aveva fino incendiato il villaggio di Calamina. E tutto aveva fatto in nome di certa sua giustizia che gli pareva d'aver diritto d'esercitare; anzi, se ne gloriava. I Siciliani che dall'esiglio erano tornati nell'isola con Garibaldi, dicevano che colui doveva essere 'Maffioso'; e spiegavano ai compagni la natura d'una tenebrosa società, che aveva le sue fila per tutta l'isola, in alto, in basso, nelle città, nelle campagne, dappertutto. Piace rammentare che i continentali scusavano l'isola, narrando che anche da loro vi erano state compagnie di malfattori che avevano esercitato una giustizia di loro genio, favoriti dalle plebi delle campagne e anche dai ricchi delle città, quando le leggi parevano torte contro la giustizia vera; e dicevano che quelli erano passati e che sarebbe passata anche la 'Maffia'. Quel Santo Mele il giorno appresso sparì. Forse la 'Maffia' potentissima gli aveva dato aiuto fino in quell'accampamento.
Giuseppe Cesare Abba, Storia dei Mille, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1910 (Quarta edizione popolare); pp. 144-45.
[Edizione originale: Storia dei Mille narrata ai giovanetti, R. Bemporad & figlio, Firenze, 1910]
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gregor-samsung · 5 years ago
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“ In effetti, l'inglobamento del Regno di Napoli nella compagine nazionale fu poco più che un'operazione militare e istituzionale. Scarsa fu la partecipazione popolare e di massa al movimento unitario, per il semplice motivo che quest'ultimo era assai povero di contenuti sociali che potessero interessare le popolazioni. Debole, d'altra parte, e poco sviluppato era allora il ceto medio urbano e rurale in grado di far propri gli ideali dell'unità italiana e di scorgervi anche evidenti interessi materiali. Le élites democratiche (garibaldini, mazziniani ecc.) per giunta, provenienti prevalentemente dalle classi borghesi, e che nel Mezzogiorno costituivano le sole forze con qualche legame di consenso fra i ceti popolari, vennero sconfitte dalla soluzione politica moderata con cui si compiva allora l'unificazione italiana. È facile immaginare perciò che gran parte della popolazione sentisse i nuovi dominatori come degli estranei, se non addirittura come una potenza nemica, che aveva deposto con le armi un governo legittimo, addirittura un'antica dinastia. Il Mezzogiorno, dunque, faceva il proprio ingresso nella nuova nazione su esigue e fragili basi di consenso. Non stupisce, quindi, se all'interno di tale quadro, proprio all'indomani dell'unità, prendeva avvio la più vasta, lunga e sanguinosa forma di «guerra civile» della nostra storia: il brigantaggio. A spingere gruppi estesi di uomini — prevalentemente contadini o ex soldati — a darsi alla macchia influiva un insieme di ragioni immediate e concorrenti: la nuova pressione fiscale (molto più dura e indiscriminata di quella, piuttosto mite e paternalistica, praticata dai Borboni); l'antico bisogno di terra delle popolazioni rurali, riacceso e presto deluso dal modo in cui si era conclusa l'impresa garibaldina (la quale, specie in Sicilia, aveva suscitato speranze di trasformazione sociale); lo scioglimento e lo sbandamento dell'ex esercito borbonico che privava d'un colpo migliaia di soldati e ufficiali d'un qualsiasi status sociale e di qualsiasi collocazione; la coscrizione obbligatoria imposta dal nuovo stato, che sottraeva per cinque anni le più giovani braccia da lavoro alla famiglia contadina. Tra il 1861 e il 1866 all'incirca (ma il periodo più intenso è compreso fra il 1861 e il 1863) buona parte dell'Italia meridionale, e soprattutto regioni come la Puglia, il Molise, la Basilicata, la Campania vennero percorse dai movimenti di bande armate formate da contadini o ex soldati datisi alla macchia, che sottoponevano a saccheggio beni e proprietà dei signori locali, decisi spesso a vendicare antichi soprusi sociali e familiari, e che ad ogni modo dichiaravano guerra aperta al nuovo stato. Cresciuti progressivamente di numero, i briganti vennero ben presto a godere dell'omertà o dell'appoggio aperto delle masse contadine, delle cui esigenze elementari costituivano una sorta di emanazione violenta ed extralegale. Al tempo stesso essi ottennero il sostegno attivo dell'ex re, Francesco II, rifugiato a Roma, che sperava per loro tramite di fomentare una rivolta popolare in grado di riportarlo sul trono. Anche la chiesa non mancò di dar sostegno alle bande, soprattutto attraverso l'opera di protezione e aiuto condotta dai conventi. D'altro canto, essa condivideva, e a un tempo alimentava, l'ideologia dei moti briganteschi, che vedevano nel governo liberale il nemico della «buona religione» e del papa, e al tempo stesso un oppressore che aveva rovesciato con la forza le legittime autorità', infrangendo i vecchi istituti e costumi. Tali anarchiche rivolte di matrice contadina, ma animate da profonde e contraddittorie esigenze di giustizia sociale, al tempo stesso avviluppate entro ideologie arcaiche e reazionarie, impegnarono ferocemente la macchina repressiva del nuovo stato. Per soffocarle fu allora impegnato quasi metà dell'esercito italiano che spesso non si comportò meno ferocemente di come si comportarono i briganti. Nel 1863 venne emanata la «legge Pica», che autorizzava lo stato d'assedio nei paesi battuti dai briganti. Proprio in quello stesso anno, il deputato Massari, incaricato dalla Commissione d'inchiesta della Camera di stendere la relazione sul brigantaggio delle province meridionali, forniva alcune terribili e ancora provvisorie cifre della repressione fin lì attuata: circa 3451 morti fra i briganti contro 307 morti fra soldati e ufficiali dell'esercito. E così egli concludeva: «il numero totale [...] approssimativo dei briganti per morte, per arresto e per presentazione volontaria posti fuori combattimento ascende a 7151». Con tale esito si chiudeva, almeno sotto il profilo militare, una pagina sanguinosa e violenta che segnava in maniera grave, sin dalle origini, il rapporto fra stato unitario e popolazioni del Mezzogiorno. Proprio laddove sarebbero stati più necessari adesioni e consensi, un radicamento profondo nella coscienza collettiva, la nuova compagine statale si presentava, agli occhi della grande massa della popolazione, con il volto violento e brutale della repressione armata. “
Piero Bevilacqua, Breve storia dell'Italia meridionale dall'Ottocento a oggi, Donzelli editore (collana Virgolette, n°11), 2005 [1ª ed.ne 1993]; pp. 62-64.
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gregor-samsung · 6 years ago
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Anche si parla per tutta Italia una lingua comune, non c'è dubbio. Ma fate che in un crocchio, per esempio, di milanesi, e non dico di milanesi qualunque, ma di civili, di colti milanesi, i quali stian conversando nel loro particolare idioma, come si costuma generalmente in ogni parte d'Italia, fate che in un tal crocchio sia introdotto un piemontese, un bolognese, un veneziano, un napoletano, e che, smesso perciò il parlar milanese, si metta mano alla lingua comune d'Italia. E dite se la conversazione andrà come per l'innanzi, dite se quei milanesi si troveranno a gran pezza avere, in ogni argomento di discorso, quella dovizia e sicurezza di parole che avevano un momento prima; dite se non dovranno, quando servirsi d'un termine generico o affine, dove prima ne avrebbero avuto alla mano uno speciale e proprio; quando aiutarsi con una perifrasi, e descrivere dove prima avrebber nominato; quando tirare a indovinare, dove prima sarebbero stati certi di dir la cosa appunto; quando anche adoperar per disperati la parola che sanno non essere italiana, facendola passare con un: come si dice qui. Dite se quei colti milanesi, e tanto più quanto più saran colti, non rimarranno anche in dubbio e in sospetto d'aver commesso qualcheduno di questi peccati senza avvedersene, d'avere adoperato, con desinenza o con altra forma italiana, parole e modi di dire milanesi soltanto, d'aver fatto cioè quello che li fa ridere quando lo colgon negli altri. Dite se il sopravvenuto non si troverà allo stesso partito, se potrà credere d'aver portato qui quel pieno, quel sicuro, quel pronto modo di discorso che aveva a casa sua. È egli codesto un posseder davvero una lingua in comune, tanto che non occorra farne altra ricerca?
Alessandro Manzoni, Opere inedite e rare, pubblicate a cura di Pietro Brambilla da Ruggero Bonghi, Fratelli Rechiedei Editori, Milano, 1891, vol. IV, pp. 41-42.
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gregor-samsung · 6 years ago
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Il divorzio tra governanti e governati, tra élite e masse, che si manifestò sin dai primi anni di vita dello Stato unitario, avrebbe potuto forse essere attenuato e mediato, se fosse esistito un movimento di opposizione capace di convogliare il malcontento esistente, di incarnarlo e di suggerirgli alternative realistiche. Ma Garibaldi si era ritirato nell'isolotto di Caprera e Mazzini era ancora un esule. Entrambi poi erano ormai avanzati negli anni e provati e delusi nello spirito: non vi è prova più difficile a superare per un rivoluzionario di quella di veder attuata la parte essenziale del suo programma dai suoi avversari. Essi [...] potevano ancora tener viva l'agitazione per la riunione alla patria di Roma e di Venezia, potevano cercare di stabilire un contatto meno vaporoso di quello che erano riusciti a stabilire in passato con le masse popolari aderendo alla Prima Internazionale o inneggiando al nuovo astro sorgente del socialismo, ma la loro, come quella dei loro non molti seguaci, era più che altro una tenacia di sopravvissuti. E se le dottrine mazziniane potevano suscitare ancora un certo consenso tra la piccola borghesia e l'artigianato cittadino, ben scarso, per non dire inesistente, era il loro mordente nei confronti delle plebi delle città e delle moltitudini delle campagne. Queste ultime, abbandonate a sé stesse, si trovarono così quasi di necessità indotte a esprimere la loro protesta e il loro rancore nelle forme più elementari e immediate. Nell'Italia meridionale, la parte più derelitta del paese, ciò avvenne nella forma tradizionale e disperata del brigantaggio. L'appoggio dato da agenti borbonici e pontifici alle bande costituitesi nell'Italia meridionale sin dal periodo garibaldino, il grosso delle quali era costituito da contadini e da renitenti alla leva, non basta a spiegare l'asprezza della guerriglia che esse condussero per quattro anni contro un contingente di truppe regolari che arrivò a contare 100.000 uomini e al quale inflissero perdite assai maggiori di quelle di tutte le guerre del Risorgimento. Facendosi bandito, il contadino meridionale non intendeva — e lo riconobbe l'inchiesta promossa dal Parlamento italiano e redatta dal deputato Massari con notevole perspicacia di giudizio — esprimere il suo attaccamento al vecchio ordine di cose, quanto piuttosto la sua avversione al nuovo, dare sfogo alla propria delusione e disperazione. La sua fu una guerra rusticana e terribile, senza risparmio di crudeltà e efferatezze. Ma la repressione che alla fine riuscì ad averne ragione non lo fu meno. Sempre nel Mezzogiorno manifestazioni di collera popolare si ebbero anche nelle città, come la rivolta di Palermo del 1866, che dovette essere repressa con l'invio di un corpo di spedizione. Al Nord invece violente e diffuse sollevazioni contadine si ebbero nel 1869, in seguito all'entrata in vigore dell'impopolarissima tassa sul macinato. Anche in questo caso si rese necessario l'intervento della truppa e gli arresti si contarono a migliaia. La protesta delle masse diveniva una costante del panorama sociale e politico della nuova Italia.
Giuliano Procacci, Storia degli Italiani, Laterza, 1975 [1ª edizione 1968]; pp. 391-92.
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