#Stile funzionale
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Stile "Gorpcore"
Stile Gorpcore: incentrata sull'incorporazione di capi di abbigliamento a tema escursionistico e da montagna. #stilegorpcore #gorpcore #tendenzamoda #perfettamentechic
Gorpcore è una tendenza della moda in cui i capispalla tipicamente progettati per le attività ricreative all’aperto vengono indossati come streetwear. Ovvero … ... indossare abbigliamento outdoor funzionale in uno stile urbano e trendy. Gorpcore include capi tecnici come piumini, scarponi da trekking e felpe. Sebbene la tendenza abbia una base pratica, gorpcore è stata accolta anche per il suo…
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Ipotizzo che se Leonardo da Vinci fosse vissuto in questi tempi moderni dove ti viene imposto uno stile di vita e, quindi, senza poter fare i suoi pisolini ogni tot ore di veglia, non sarebbe mai stato Leonardo da Vinci. Probabilmente avrebbe sofferto d'insonnia abbestia per chissà quanto tempo, cosa che avrebbe sicuramente influito sul suo genio, rendendolo una persona stanca e con molte più difficoltà a far ragionare la mente.
Mi sto paragonando a Leonardo da Vinci? No
Sto insinuando che probabilmente se la società non mi imponesse il suo ritmo potrei essere una persona diversa e più funzionale? Chissà.
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MAGP008 - Girando a vuoto
[Episodio precedente] [Indice TMAGP]
[Il computer dell’O.I.A.R. si accende]
NORRIS
Valutazione dell’elaborato 13718BTutor: Joseph Peterson (#ARCSTAF-12) Studente: Terrance Stevens (ID# ARCSTU-39609) Risultato: Bocciato – consegnato in ritardo (28%)
Valutazione:Struttura e Organizzazione – 50% Conoscenze – 40% Comprensione – 30% Analisi – 10% Uso delle fonti – 10%
Giustificato nel caso di: Seri problemi medici, trauma, altro. Commenti del tutor: “Venga a vedermi."
ALLEGATO:
Titolo: La Liminalità Brutale di Forton - un caso di studio dei fattori di stress psicologico indotti dall'architettura come risultato di un'esposizione prolungata agli spazi liminali in modalità brutalista, come mostrato dalla Forton Service Station.
Introduzione:
Questo saggio presenterà un’analisi dettagliata del Forton Services come esempio chiave per lo studio dell'intersezione tra brutalismo e spazi liminali nel design, con un focus secondario sui fattori di stress psicologico che un tale luogo può causare.
Per prima cosa, combinerò i framework teoretici per il brutalismo e la liminalità. Prenderò poi in esame le stazioni di servizio come uno spazio liminale stressante a livello psicologico, prima di proseguire con un’analisi architettonica del Forton Services e la sua storia come luogo brutalista. Il tutto terminerà con un caso di studio degli effetti della mia prolungata esposizione agli spazi liminali con architettura brutalista, tramite il mio impiego al Forton Services.
Per cominciare, stabiliamo un fondamento teorico per questo articolo collegando lo stile architettonico del brutalismo alla teoria antropologica della liminalità. Lo farò fornendo interpretazioni compatibili di entrambi e proponendo il nuovo concetto di “liminalità brutale”.
Brutalismo - ha origine dal Francese ‘béton brut,’ cemento grezzo - è un movimento architettonico che si concentra sullo scopo funzionale. Questo spesso risulta in materiali grezzo a vista, forme nette, forme geometriche ripetitive, e strutture monolitiche. Questo spesso può portare le persone esposte a questo stile a sentirsi sopraffatte o oppresse (Zumthor, P. 2006).
Spazi ‘liminali’, derivato dal termine latino ‘limen,’ che vuol dire ‘soglia,’ sono spazi di transito solitamente occupati per periodi brevi. È stato dimostrato che hanno effetti considerevoli sulla psiche di coloro che sono esposti ad essi, e si è scoperto che l'esposizione a lungo termine suscita risposte ansiose (Augé, M. 1995), (Bachelard, G. 1994) e una sensazione ‘perturbante’( Trigg, D.2012).
La mia ipotesi è che il Forton Services, un luogo di intersezione di questi due elementi psicologicamente significativi, può essere considerato un luogo di quello che ho denominato liminalità brutale, ed è per questo che ha un marcato effetto su coloro che ne sono esposti nel lungo periodo, come dimostrato dalle mie esperienze. Nello specifico, crea un senso di assenza che nonostante la presenza, una sorta di “fame architettonica.”
Le stazioni di servizio come Forton sono state originariamente concepite come un luogo in sè per sè, piuttosto che solo una pausa in un viaggio. Comunque, con il diffondersi delle automobili personali e il conseguente sovrasviluppo dell’infrastruttura stradale del Regno Unito, questi luoghi si sono trasformati in spazi liminali.
Questo aumento nel numero di viaggiatori, ben oltre i parametri della progettazione originale, ha portato a un flusso fugace di persone che transitano nelle stazioni di servizio a tutte le ore, lasciandosi dietro solamente rifiuti.
Non solo, a questi spazi è associata la percezione distorta del tempo, aggravata dalla voluta assenza di orologi (per incoraggiare soste più lunghe) e orari di apertura di 24 ore su 24 con routine di apertura, chiusura, pulizia e rifornimento scaffali.
La mia teoria è che poiché questi spazi sono privi di presenza umana costante e una corrente percezione del tempo, si sono così separati dal panorama psicologico condiviso dall’umanità, e ci sono dei rischi per la salute di natura unica per le persone che sono esposte per periodi prolungati a questo fenomeno. In breve, ritengo che la “fame architettonica” di uno spazio che prova risentimento nei confronti della propria natura di luogo di transito può essere pericolosa, e ho un’esperienza diretta di questo fenomeno semplicemente unica.
Ho accettato la posizione di inserviente per il turno di notte al Forton a seguito di un prolungato divorzio che mi è costato la maggior parte delle mie amicizie. L’episodio di stress che ne è seguito mi ha portato a lasciare il mio lavoro come vice amministratore dei servizi fiduciari. Così ho fatto domanda per un colloquio e ottenuto con successo un impiego a bassi livelli di stress come inserviente, nonostante le mie notevoli qualifiche. Allo stesso tempo mi sono iscritto al Programma di Architettura all’Università di Lancashire, come studente maturo di 51 anni.
Mi sono presto accorto che il Forton Services è un perfetto esempio di liminalità brutale, dato il suo status sia come popolare stazione di servizio sull’autostrada e come monumento di architettura brutalista. E ritengo che questo sia principalmente dovuto alla Pennine Tower,che raggiunge i 20 metri e che è stata messa in vendita nel 2012, nonostante fosse chiusa al pubblico.
L’area è 17,7 acri, include una zona picnic all'aperto e delle strutture su entrambi i sensi dell’Autostrada M6, con posti a sedere per 700 persone, 101 bagni e 403 parcheggi.
In cima alla torre originariamente c’era un ristorante di classe con una terrazza sul tetto, entrambi avevano una vista senza pari sulla campagna rurale che la circonda su ogni lato.
Sfortunatamente, gli effetti della liminalità brutale hanno presto fatto effetto, con un rapporto del governo che definiva il luogo “un’area fieristica priva di anima,” il ristorante divenne una lounge per camionisti prima che fosse chiuso al pubblico nel 1989. Sono passati decenni dall’ultima volta che qualcuno ha mangiato lì.
In seguito ci sono stati tentativi fallimentari di dare un nuovo scopo all’area, ma nel 2017, i due ascensori pentagonali al centro della torre sono stati sostituiti, rendendo i piani più alti abbandonati e inaccessibili.
La torre svetta ancora sulla campagna circostante, l’unico accesso è tramite il Forton Services sottostante, esempio di liminalità brutale. Ma l’ingresso è sbarrato, e questo forse è per il meglio.
Nonostante non potessi entrare nella torre, anche io nel corso dei mesi in cui ho lavorato lì ho accusato un cambiamento psicologico.
Inizialmente era talmente lieve che non me ne sono accorto, e quando è successo, ho pensato che ci fosse una spiegazione razionale. In termini semplici, ogni notte c’erano sempre meno persone. All’inizio ho pensato che fosse un qualche cambiamento che non avevo notato dovuto al periodo, ma ogni giorno diventava sempre più marcato finché alla fine, una notte, non mi sono reso conto che non avevo visto una singola persona.
Questo era ovviamente impossibile, ma era confermato dal mio registro (vedere tavola 1). Mi sono arrovellato, cercando di ricordare se avevo visto o anche solo intravisto qualcuno, ma no, nessuno. Intrigato, sono uscito fuori per controllare il parcheggio. Non c’era nemmeno una singola auto. Ma c’era… qualcos’altro.
Mentre i miei occhi si abituavano alla distesa ambrata, ho notato delle strisce di luce sospese nell’aria. C’era una foschia luminosa che attraversava tutto il parcheggio, un miscuglio di colori attenuati attraversati da rossi più vividi, bianchi e gialli, ma cosa ancora più curiosa, mi sono accorto che principalmente era sospesa sopra l’asfalto. Le aiuole e i marciapiedi ne erano quasi tutti privi. L'effetto era stranamente familiare, ma non riuscivo a collegarlo. Da allora non sono stato ancora capace di determinare se la causa di questo effetto è di natura psicologica, fisiologica o atmosferica, ma confermo che questo fenomeno era accompagnato da un’inquietante senso di mancanza. Di fame.
Ho aguzzato nuovamente lo sguardo, cercando di cogliere dei dettagli in quelle lunghe strisce ondulate e iridescenti. Nel caos potevo distinguere dei percorsi più densi che portavano dalle porte principali alle strutture. Mentre osservavo, un ricordo delle fotografie della mia ex-moglie mi è tornato in mente, la mia foto preferita, che mi aveva regalato per il nostro settimo anniversario: “Uno studio del traffico.”
È stato in quel momento che ho capito perché mi sembrava tutto così familiare. Esposizione prolungata. Se fossi potuto entrare in quella fotografia, l’effetto sarebbe stato questo. Sarebbe stato bellissimo, se non fosse stato così destabilizzante.
Ripensandoci stavo chiaramente avendo un qualche tipo di grave episodio di allucinazioni causato dalla prolungata esposizione a quell'ambiente. Sapevo che probabilmente avrei dovuto semplicemente starmene seduto in silenzio ed aspettare che passasse, ma la nebbia luminosa era già entrata nell’edificio, e sentivo solo l’istinto di nascondermi, di trovare un posto, un posto qualsiasi, purché fossi lontano da quel miasma opprimente che sciabordava avanti e indietro nell’ingresso, minacciano di portarmi via con sé.
Sono tornato indietro, allontanandomi dall’ingresso principale, allontanandomi dalle aree più dense di quel caleidoscopio, nella speranza di trovare un posto meno saturo e schiacciante.
Ed è stato allora che ho visto la donna.
Era alta, giovane, e magrissima, al punto da sembrare quasi denutrita, vestita come una steward con un gilet blu avvitato, abbottonato sopra una gonna grigia e seria. Stava sorridendo, tenendo la porta dell’ascensore aperta e invitandomi dentro. C’era una targhetta di ottone sul suo gilè, ma invece di un nome c’era scritto solo “Sei qui.”
Ho esitato per un istante, poi prima che potessi valutare la sua stranezza, una marea di colore particolarmente alta ha invaso il corridoio avanzando verso di me. Sono andato nel panico e prima che mi rendessi conto di cosa stavo facendo ero saltato dentro l’ascensore e avevo schiacciato il bottone per chiudere le porte.
Le ho detto un “Grazie,”con la voce spezzata per il disuso. Lei a quanto pare non l’ha notato e ha continuato a sorridermi con calore quando ha allungato un braccio e ha pigiato il bottone per il penultimo piano etichettato “Ristorante.” Un bottone che sapevo essere disabilitato. L’ascensore ha iniziato a salire.
Ero in piedi, appoggiato contro le porte, e cercavo di riprendere fiato mentre lei ha iniziato a parlare:
“Buonasera!” ha esclamato. “È un piacere darti il benvenuto! Sei qui! Fermati un po’!”
Ho borbottato qualche domanda indistinta, e il suo sorriso è rimasto largo come non mai, ma non ha detto niente. Poi le porte dell’ascensore si sono aperte con un ding e io sono caduto all'indietro sul pavimento.
“Fermati un po’!” ha ripetuto, prima che le porte dell’ascensore si chiudessero, lasciandomi nella torre.
Molly, la persona che avevo sostituito, mi aveva fatto vedere che le scale della torre erano sbarrate, e sapevo che sù in cima non c’era niente se non dei mobili rotti e bagnati dall'umidità. O almeno, così sarebbe dovuto essere.
Di fronte a me, però, c’era un ristorante, immacolato e luminoso con un arredamento retrò, stile anni ‘60, e il dolce profumo della carne di maiale sul fuoco veniva verso di me dalla cucina centrale. Sedie e tavoli erano allineati lungo la parete perimetrale, su ogni lato c’erano delle gigantesche finestre che avrebbero mostrato una vista impressionante del paesaggio sottostante, se non fossero state oscurate. Questo non sembrava infastidire gli ospiti, comunque, che erano felicissimi di mangiare mentre chiacchieravano gli uni con gli altri.
C’è stato un attimo di sollievo in quel momento, perché per quanto fosse strana quella situazione, almeno c’erano delle persone. Non ero più intrappolato in quel bizzarro limbo albeggiante e solitario al piano di sotto.
La sensazione è svanita, comunque, quando ho sentito cosa stavano dicendo. O meglio, cosa non stavano dicendo.
Guardandomi intorno, il ristorante era quasi al completo, con un solo tavolo libero, ma quando ho cercato di ascoltare una sola conversazione, questa era solamente… rumore. Un mormorio ovattato che all’orecchio sembrava un discorso ma non conteneva alcun significato. Le loro bocche si muovevano ma potevo solo sentire un gorgoglio privo di senso, solo l’imitazione della parola, niente di più.
In maniera simile, quando ho guardato gli ospiti stessi con più attenzione, ho notato degli elementi che si ripetevano in maniera strana tra di loro. Tre donne stavano indossando gli stessi tacchi rosso-sangue. Due uomini gli stessi cappotti blu. E peggio, c’erano addirittura dei tratti ripetuti su volti diversi: gli stessi occhi verdi su due donne, baffi identici su tre uomini. Queste erano imitazioni di persone così come il suono era un’imitazione della parola. Ed erano tutti così orribilmente magri.
Uno chef si è girato verso di me, lo stesso sorriso sul suo volto sotto una quarta versione di dei baffi cespugliosi, e la stessa identica targhetta “Sei qui” sul petto. Ha indicato da dietro il bancone l’unico tavolo disponibile:
“Buona sera!” Ha urlato. “Sei qui! Speriamo che ti fermi per un po’!”
Automaticamente mi sono avvicinato al tavolo, prima di fermarmi. Nello stesso istante è sembrato che tutti nella sala si sono inclinati leggermente in avanti per l’anticipazione.
Ed è stato in quel momento che mi sono accorto della brezza che soffiava dalle finestre oscurate, solo che non erano oscurate. Non erano nemmeno finestre. Erano buchi quadrati spalancati e oltre i quali c’era il nulla assoluto. Qualsiasi ospite poteva allungare un braccio, se voleva, e affondare la mano nel vuoto buio, inquietante e completamente privo di dettagli. Non c’era niente. Niente verso l’alto, niente verso il basso, niente di niente. Niente, se non la torre e il ristorante.
Ho sentito l'istinto di allontanarmi da quella terrificante assenza in tutto il corpo, e sono indietreggiato verso l’ascensore. È stato in quel momento che il delicato mormorio di non-parole si è fermato di colpo, per essere rimpiazzato dal più totale e assoluto silenzio.
Stavano sempre tutti sorridendo, ma i loro volti ripetuti si erano bloccati, gli sguardi puntati su di me.
Lo chef ha parlato di nuovo, e anche se il suo tono non era cambiato, era chiaro che questa non era più una richiesta:
“Fermati un po’!”
Gli ospiti hanno fatto eco alle sue parole, un coro graduale sparso nella sala, che si sovrapponeva e si intrecciava, che mi ha avvolto e mi ha trascinato verso il tavolo.
“Fermati un po’!”
La loro presa su di me si è fatta più stretta, una dozzina di mani mi spingeva e mi tirava come se fossero una cosa sola. Poi un uomo con gli stessi baffi si è chinato verso la mia gamba, ha aperto la bocca, e mi ha morso.
Il dolore mi ha attraversato il corpo, ma i miei tentativi di liberarmi erano invani e poi una donna mi ha affondato i denti nella spalla, e potevo sentire il sangue caldo che scorreva lungo la mia schiena, mentre allo stesso tempo lo chef mi ha strappato un dito, l’osso ha a malapena rallentato la sua mandibola ben definita.
Ho urlato, ma il suono è soffocato, scivolando fuori dalle finestre e nel nulla.
Con una scarica improvvisa di adrenalina, ho spinto e scalciato e combattuto per liberarmi da quella folla emaciata, i loro corpi magri e fragili facevano poca resistenza, nonostante il numero. Ma non avevo vie di fuga. L'ascensore era sparito come se non fosse mai esistito e oltre le finestre c’era, ovviamente, il nulla. “Sei qui,” ho pensato amareggiato.
E così quando mi sono ritrovato di fronte al prospetto di essere mangiato vivo, o di buttarmi da una di quelle finestre nel più completo oblio… non era di una scelta. Mi sono buttato.
[Pausa]
NORRIS
I paramedici hanno attribuito il mio dito mancante e le altre ferite alla caduta dalla torre, e salvo ulteriori prove del contrario (per le quali non ho intenzione di tornare a Forton), sono costretto ad accettare la loro diagnosi di ferita da caduta e trauma associato come il risultato di un episodio psicotico causato dallo stress.
Per concludere, non c’è dubbio che il periodo in cui ho lavorato al Forton Services ha avuto un impatto considerevole su di me. Questa esperienza è prova di un intenso disagio mentale che la liminalità brutale può infliggere a una persona esposta troppo a lungo a una tale “architettura affamata.”
Posso solo scusarmi per la mia non voluta e prolungata assenza. Spero che questo possa fornire un po’ di contesto, anche se sono dolorosamente consapevole che non è stata fatta alcuna denuncia di persona scomparsa alla polizia, poiché a quanto pare nessuno dei miei colleghi, tutor o colleghi studenti si è accorto della mia assenza.
Ciò nonostante, spero che questa possa comunque essere considerata una circostanza attenuante e che quanto ho scoperto meriti uno studio approfondito. Anche se in tal caso richiederei che altri ulteriori lavori vengano assegnati a un altro studente.
[L’audio assume il tono riecheggiante della CCTV della saletta del personale]
[Passi che entrano]
[Qualcosa viene inclinato, senza risultati]
[Qualcosa viene appoggiato con rabbia]
GWEN
Alice.
[Una pausa]
GWEN
Alice.
ALICE
(si toglie un’auricolare) Hm?
GWEN
L’hai fatto di nuovo.
ALICE
Hmmm.
GWEN
Non farmi ‘hmmm’. Eravamo d’accordo che se finisci l’acqua nel bollitore dopo lo devi riempire.
ALICE
(sempre distratta) Non è vuoto.
GWEN
Non c’è nemmeno un terzo di una tazza qui dentro.
ALICE
(a voce più alta, finalmente prende parte alla conversazione) Quindi non è vuoto, giusto, no?
GWEN
Già è grave che cerchi deliberatamente dei casi parlanti e li lasci in play solo per darmi fastidio -
ALICE
Secondo l’accusa.
GWEN
– ma lasciare il bollitore pieno è il minimo!
[Pausa]
[Gwen inizia a riempire il bollitore]
ALICE
Sembri stressata. Problemi nella piramide aziendale? Accusi già il peso del ruolo di Deputata Presidente della Sinergia Esecutiva?
GWEN
“Collegamenti Esterni.”
ALICE
E ovviamente, sappiamo entrambe cosa vuol dire. Giusto?
GWEN
Presumo che gestirò una manciata di subappalti.
ALICE
(Interessata suo malgrado) Subappalti per cosa?
GWEN
Riceverò una spiegazione più dettagliata “a breve.”
ALICE
Cielo! Quanta adrenalina! Spero che deciderai di spiegarlo anche a noi infimi soldati semplici quando Lena avrà finalmente capito qual’è il tuo lavoro. Presumendo che per allora qui sarà rimasto qualcuno di noi.
GWEN
E cosa vorresti dire con questo?
ALICE
Solo che ultimamente qui ci sono stati molti cambiamenti. Non mi esalta. Teddy, Sam, Celia - e hai sentito che Lena ha messo Colin in “congedo per la salute mentale”?
GWEN
(Sorpresa) Cosa?
ALICE
Oh sì, c’è stata una scenata. Ha dato di matto e ha spaccato il telefono di Sam.
GWEN
L’ho sempre detto che era disturbato.
ALICE
Tu dici molte cose, per la maggior parte cagate. Non so… ho la sensazione che qui c’è sotto qualcosa.
GWEN
L’unica cosa che “c’è sotto” è il gigantesco carico di casi che tu non stai facendo niente per recuperare. A tal proposito, dove sono Sam e Celia?
ALICE
Hanno finito i loro casi prima, quindi sono andati via insieme.
GWEN
Non possono andarsene così senza nemmeno timbrare l’uscita!
ALICE
Forse erano troppo impegnati a darci dentro con la voce sexy di Norris in sottofondo e non se ne sono accorti.
GWEN
(fermamente) Non essere disgustosa.
ALICE
Ricevuto, “capo.”
[La CCTV si spegne]
[Suono di un telefono]
[L’audio cambia e ha la qualità metallica del telefono]
[Siamo al chiuso, con dei passi che si avvicinano]
GERRY
(Allegro) Scusate per il disordine, non aspettavo visite.
CELIA
Una tazza vuota non è “disordine”.
GERRY
Oh, sei troppo gentile!
(adesso un po’ più lontano, ad alta voce) C’è del pane a lievitazione naturale, se vi va?
SAM
No grazie mille!
GERRY
(ad alta voce) Sicuri? C’è anche del lemon curd fatto in casa da abbinarci…
SAM
(ad alta voce) Davvero, siamo apposto!
GERRY
(ad alta voce) Tè? Caffè? Succo d’arancia?
CELIA
(ad alta voce) Sei davvero gentile, ma per noi niente, davvero grazie!
GERRY
Beh, se siete sicuri…
[Gerry si siede]
GERRY
Allora. Dove eravamo, mi sa che mi sono perso i vostri nomi!
SAM
Sam.
CELIA
Celia.
GERRY
Piacere conoscervi entrambi. Io sono Gerry!
SAM
(Sorridendo) Lo sappiamo.
GERRY
(ridendo) Oh già, certo! Avete chiesto se ero in casa, ah! Allora, che cosa posso fare per voi?
SAM
Già, beh -
CELIA
Abiti qui da solo?
GERRY
(ridendo) Con gli affitti di Londra? Impossibile! Non fraintendetemi, il padrone di casa è adorabile e tutto il resto, ma no. Devo sempre fare a metà con Gee Gee.
CELIA
Gee Gee?
[Passi che si avvicinano]
GERTRUDE
Sarei io.
GERRY
(Ad alta voce) Ci sono ospiti, Gee Gee!
GERTRUDE
Sì, questo posso vederlo, Gerry.
(freddamente) A che cosa dobbiamo questa… gradevole visita di prima mattina?
SAM
Oh sì, scusi, lavoriamo di notte, quindi…
GERTRUDE
Quindi?
[Una pausa]
[Sam si schiarisce la voce]
SAM
Beh… uh… ci stavamo chiedendo -
CELIA
Questo l’hai dipinto tu?
GERTRUDE
Prego?
GERRY
Oh sì! Lo chiamo “Epifania di Camden.” Ti piace?
CELIA
È bellissimo!
GERRY
Se vuoi puoi averlo.
CELIA
Oh no, non potrei…
GERRY
Va bene, onestamente, ne ho molti altri di là. Ci faresti un favore, ad essere sinceri.
[Celia si fa scappare una risata]
GERRY
Gee Gee dice sempre che portano via troppo spazio, no, Gee Gee?
GERTRUDE
Di preciso che cosa avete detto di volere da mio nipote?
CELIA
Uh… Sam?
SAM
Già. Certo. Mi stavo chiedendo se sapevi qualcosa dell’Istituto Magnus?
[Una pausa, nessuno si muove]
[Si schiarisce di nuovo la gola]
SAM
Ero in uno dei loro programmi per bambini precoci e - um - ho trovato un elenco con qualche altro bambino, e ho pensato che sarebbe potuto essere bello se potessimo ritrovarci e scambiare storie e tutto il resto…
GERTRUDE
Capisco. Beh, mi dispiace, ma non credo che Gerry possa aiutarvi -
GERRY
(Con noncuranza) Sì, me lo ricordo a malapena.
[Gertrude fa un leggero sospiro]
SAM
Oh, allora eri un candidato?
GERRY
Oh sì, ma ero piuttosto piccolo. Ricordo di aver riempito una serie di schede e questionari, poi qualche vecchio che mi faceva domande sul genere di libri che mi piaceva leggere, chi ammiravo, quel genere di cose. E poi sono andato via.
SAM
(deluso) Tutto qui?
GERRY
Sì, temo di sì. Oltre che a trovarmi seduto con altri bambini in una stanza che odorava di libri vecchi.
[Una pausa]
GERTRUDE
(alzandosi in piedi) Beh, se questo è tutto, noi davvero dovremmo iniziare la nostra giornata…
SAM
(abbattuto) Ma certo, noi andiamo allora. Ah, beh.
GERRY
Oh, non prenderla troppo sul personale. È una mattina così bella.
[Gerry sembra così felice]
SAM
(Sorridendo) Non ha torto.
GERTRUDE
(aprendo la porta) Non vi tratterremo oltre. È stato un piacere conoscervi.
GERRY
(Allegro) Non dimenticare L’Epifania di Camden.
CELIA
Nemmeno per sogno.
[Le passa il quadro]
GERRY
(sempre allegro) E tornate presto! È sempre un piacere chiacchierare con dei vecchi amici!
GERTRUDE
Non penso ne avranno motivo, Gerry.
(a Sam) Buona caccia, ma altrove.
SAM
Di nuovo grazie per il tuo tempo.
[Passi che se ne vanno]
CELIA
Ciao, Gerry!
GERRY
Ciao, Celia!
[La porta si chiude]
GERRY
(ovattato da dentro) Mi piacevano.
GERTRUDE
(ovattato) Ovviamente.
[Suoni di un telefono]
[L’audio continua ad avere un tono metallico quando Sam e Celia escono, passi sul marciapiede]
SAM
Beh è stato -
CELIA
Niente male!
SAM
(diverto dal suo entusiasmo) – un vicolo cieco.
CELIA
Già. Però c’è il quadro gratis!
SAM
(inizia a camminare) Come pensi di portarlo sulla Metro?
CELIA
Mi inventerò qualcosa.
SAM
…Grazie per essere venuta con me, Celia. So che lavoriamo insieme solo da poche settimane.
CELIA
Hey, è stata una mia idea, ricordi?
SAM
So che Alice vuole che lasci perdere questa cosa del Magnus, ma, beh, dovevo provarci.
Non che faccia alcuna differenza. Vicolo cieco dopo vicolo cieco.
CELIA
Beh… forse puoi aiutarmi con il mio mistero?
SAM
E che mistero sarebbe?
CELIA
Sto cercando di indagare… nelle cose strane dal punto di vista fisico: viaggi nel tempo, altre dimensioni, teletrasporto, tutte quelle belle cose. Freddy a quanto pare non fa ricerche, quindi potresti tenere gli occhi aperti e farmi sapere se succedono nei tuoi casi?
SAM
Uh, sembra un po’ fantascientifico rispetto alle solite cose. Per cosa ti serve? (divertito) Non è che stai facendo ricerche per quel podcast a cui hai partecipato, no?
CELIA
(Sorpresa) Lo conosci?
SAM
Potrei averti googolata.
CELIA
Allora… sì. Sto facendo un favore a Georgie.
SAM
Okay.
[Una pausa]
CELIA
Allooora…. Abbiamo un accordo? Ci aiutiamo a vicenda con i nostri misteri?
SAM
Sì, va bene. Affare fatto.
CELIA
Fantastico.
Inoltre, come parte dell’accordo, devi portare questo dipinto sulla Metro.
SAM
Ehi aspetta -
[Il telefono si spegne]
[Traduzione di: Victoria]
[Episodio successivo]
#the magnus protocol#il protocollo magnus#tmagp ita#tmagp#gli archivi magnus#tma ita#traduzione italiana#tma#tmagp008
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Fiat 500 D: la versione Sprint della Cinquecento d'epoca
Dal 1960 la Fiat 500 D ha fatto la storia. Un auto che ha segnato un'epoca e continua anche oggi a vivere nei cuori degli appassionati.
La Fiat Nuova 500 D, conosciuta affettuosamente come "Cinquino", rappresenta un capitolo fondamentale nella storia automobilistica italiana. La sua introduzione nel 1960 segnò una svolta per la Fiat, grazie a prestazioni e finiture migliorate rispetto ai modelli precedenti. Questo articolo esplora la storia, il design, e le specifiche tecniche della Fiat 500 D, un'autovettura che ha lasciato un'impronta indelebile nel cuore degli italiani e degli appassionati di auto d'epoca.
La Nascita di un Simbolo: La 500 D
Nel 1960, il Salone di Torino fu testimone del lancio della nuova Cinquecento D. Questo modello, evoluzione della Nuova 500 lanciata nel 1957, si distingueva per il suo motore più potente e le rifiniture di qualità superiore. Con un bicilindrico da 499,5 cm³ e 17,5 CV, la 500 D sfiorava i 100 km/h, un notevole incremento rispetto alla versione originale.
Un Design Funzionale
La Fiat 500 D ereditava la linea della Nuova 500 con alcune modifiche estetiche significative, tra cui un tettuccio apribile più corto e la parte posteriore del padiglione in lamiera. Il suo design compatto non era solo un simbolo di modernità, ma rispondeva anche alle esigenze di mobilità in un'epoca di grandi cambiamenti sociali e urbanistici in Italia.
Motore e Prestazioni: Un Salto di Qualità
La Cinquecento D si distingueva per le sue prestazioni migliorate, grazie al motore derivato dalla precedente versione Sport. Con una velocità massima di circa 102 km/h, la 500 D garantiva un'esperienza di guida più dinamica, ideale per le nascenti autostrade italiane. Le modifiche apportate al motore e ai rapporti del cambio rappresentavano un progresso tecnico significativo per l'epoca.
Economia e Accessibilità: Il Prezzo della 500 D
Nonostante le sue caratteristiche avanzate, la Fiat 500 D era venduta a un prezzo competitivo, fissato a 450.000 lire. Questa politica di prezzo accessibile contribuì notevolmente al suo successo commerciale, rendendola una scelta popolare tra gli automobilisti italiani.
Innovazioni e Aggiornamenti: Evoluzione Continua
La 500 D vide una serie di aggiornamenti nel corso degli anni, tra cui modifiche ai deflettori, al serbatoio, e miglioramenti all'interior design come l'introduzione di un portacenere e di alette parasole imbottite. Queste innovazioni rispecchiavano le mutevoli esigenze e aspettative degli automobilisti italiani.
Colori e Stile: L'estetica della Cinquecento D
La gamma colori della Cinquecento 500 D era vasta e variava nel tempo, offrendo una scelta quasi ventennale di tinte. Dai classici avorio, blu scuro, e verde chiaro, a tonalità più vivaci come il rosso e il celeste, la Cinquecento D si presentava in una varietà di colori che rifletteva la sua personalità vivace e versatile.
La Fiat Cinquecento D nelle Città Italiane: Un Fenomeno Urbano
La Fiat 500 D divenne un elemento caratteristico delle città italiane durante gli anni del boom economico. La sua dimensione compatta e la maneggevolezza la resero l'auto ideale per gli spazi urbani, testimoniata dalla sua presenza onnipresente nelle fotografie d'epoca.
L'Eredità della D
La Cinquecento D non fu solo un'auto: divenne un simbolo di un'era, un'icona di design e ingegneria. La sua evoluzione continuò con l'introduzione della versione F nel 1965, che incorporò ulteriori miglioramenti in termini di sicurezza e design. L'ingegner Dante Giacosa, padre della 500, continuò a guidare queste innovazioni, assicurando alla 500 un posto nella storia dell'automobilismo. Con oltre 640.000 esemplari prodotti, la 500 D rimane una delle auto più amate e ricordate, un simbolo di un'epoca di cambiamento e progresso.
E voi?
Avete storie o aneddoti particolari che legano voi o la vostra famiglia a questo iconico modello? Condividete con noi le vostre esperienze personali e ciò che la Fiat 500 D significa per voi! Read the full article
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Ciao Cho. Faresti il pavimento uguale in tutta la casa? Se si come?
Mmmm, madonna mo scrivo un papiro.
Dipende da tante cose. Di base non ho preferenze, né sulla tipologia di pavimento né sul fatto che sia continuo o interrotto, perché dipende tantissimo dalla casa, da dove sta, se ha il giardino, se ha una base "antica" o è una nuova costruzione. Deve essere un pavimento che sta bene con la casa, il suo intorno e che ha un senso per essere utilizzato lì.
A me piace il parquet, vero, magari non troppo biondo, un po' rossiccio ma poco, vario non troppo omogeneo, a spina con doghe non troppo grandi. Ma ha senso in un appartamento di un certo stile. Il parquet (vero), per me, non ha molto senso se hai una casa con giardino e quindi il continuo fuori dentro rischia di diventare una schiavitù per i graffi, a meno che non sia un parquet (vero) con il giusto essere consumato dal tempo. Il parquet finto non mi piace, è un vorrei ma non posso che non comprendo, ma quello è gusto mio, di sicuro in molte case sta bene. Mi piace il cotto, ma per la campagna, che senso ha in appartamento? Non so. Mi piacciono alcuni pavimenti effetto cemento, infatti me lo sono messo a casa. Se trovi le giuste variazioni su mattonella credo sia molto bello. Ed è pratico. Mi piacciono i pavimenti vecchi con graniglie grandi e tante sfumature di colore, quelli che adesso nessuno si sognerebbe di mettere, a me piacciono. Quelli che fanno tanto casa anni '70 romana. Mi piacciono i pavimenti antichi, nelle case antiche. Mi piace tutto se ben collocato. Non mi piacciono i pavimenti molto chiari, soprattutto i parquet sbiancati o sul grigio. Ecco, trovo sia davvero difficile trovare una casa che sta bene con quel pavimento. Che sia continuo o no, non mi fa differenza, perché ad esempio nei bagni e nella cucina mi interessa di più che sia un pavimento funzionale. Non deve diventare una schiavitù il "mi è caduta una goccia d'acqua" e cose così.
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Eva Besnyő
https://www.unadonnalgiorno.it/eva-besnyo/
Eva Besnyő, fotografa e giornalista che ha fatto parte di quella schiera di apolidi ungheresi che tra gli anni 20 e 30 del ‘900 hanno girato l’Europa alla ricerca di una libertà civile e artistica.
Si è occupata di reportage, ritrattistica, si è specializzata in fotografia di architettura, è stata la reporter ufficiale del movimento femminista dei Paesi Bassi.
La sua fotografia, realista e militante, l’ha resa una professionista indipendente che è riuscita a scegliere di vivere come sentiva di fare, nonostante fosse una donna, ebrea, attiva politicamente durante la seconda guerra mondiale e dopo. Ha viaggiato, frequentato importanti circoli artistici formandosi con grandi maestri, sperimentato stili e tematiche differenti.
Nacque a Budapest il 29 aprile 1910 da una famiglia ebrea benestante, da madre ungherese e padre ebreo che, nonostante avesse cambiato il suo cognome ebraico, Blumgrund, in quello ungherese Besnyő, morì a Auschwitz, nel 1944.
Suo amico d’infanzia e vicino di casa era Endre Friedmann che, ispirato da lei, che lo portava in giro a fotografare con la sua prima Kodak Brownie, sarebbe poi diventato il celeberrimo Robert Capa. La loro amicizia è durata per tutta la vita.
Dopo il liceo è andata ad apprendere il mestiere nello studio di József Pécsi, specializzato in ritratti e fotografia pubblicitaria, un importante luogo di ritrovo per i futuri artisti visivi degli anni ’20 e ’30.
La sua visione e tecnica fotografica è scaturita dal libro Die Welt ist schön (Il mondo è bello) di Albert Renger-Patzsch, precursore della Nuova oggettività in fotografia, che prevedeva un atteggiamento asettico verso la vita e l’arte, accentuando solo alcuni particolari per aumentarne l’effetto espressivo. Da quel momento in poi le sue fotografie hanno scrutato il mondo senza sentimentalismi o accenti lirici, guardando la realtà in maniera diretta e senza fronzoli.
Trasferitasi a Berlino nel 1930, allora centro dell’avanguardia e della sperimentazione artistica, vendeva le sue foto a riviste che le firmavano con nomi maschili.
Entrata a far parte della cerchia di artisti e intellettuali impegnati socialmente e politicamente, ha frequentato i corsi serali della Scuola marxista per lavoratori, conosciuto il teatro sperimentale, il cinema russo, la Bauhaus e le nuove correnti di architettura, facendo propria l’estetica della Neue Sehen, basata sulla sperimentazione tecnica, sull’uso di inquadrature inconsuete, diagonali, angoli di ripresa dall’alto verso il basso e viceversa, contrasti di luci e ombre, costruzione geometrica della scena.
Alla fine del 1931 era riuscita ad aprire il proprio studio fotografico, continuando a lavorare su reportage giornalistici commissionati da agenzie di stampa. La famosa fotografia del bambino che cammina lungo una strada, portando sulla schiena un violoncello, Boys with Cello, risale a quel periodo, così come la serie di foto dei portuali sulla Sprea, dei carbonai in strada, degli operai ad Alexanderplatz, allora il più grande cantiere in Europa.
Nell’autunno del 1932, per l’ondata crescente di antisemitismo, si vide costretta a lasciare Berlino per trasferirsi ad Amsterdam, dove era entrata a far parte della schiera di artisti che ruotavano intorno alla pittrice Charley Toorop (dedita a sviluppare lo stile pittorico del realismo sociale).
Le immagini di quel tempo includono molte iconiche fotografie su temi sociali. Il suo lavoro diventava sempre più politico, mentre si consolidava anche la sua reputazione come fotografa di architettura secondo l’idea di Nuova costruzione funzionalista, edifici creati dando priorità all’utilità funzionale, anziché all’estetica.
Ha fatto parte del Vereeniging van Arbeiders Fotografen (VAF), associazione di fotografi affiliata all’allora Partito Comunista dei Paesi Bassi, collaborato con la rivista socialista illustrata Noi. Il nostro lavoro, la nostra vita e fatto parte della BKVK (Associazione delle arti per la protezione dei diritti culturali) con cui ha organizzato la mostra di protesta del 1936 contro i Giochi Olimpici di Berlino “D-O-O-D” (De Olympiade onder Diktatuur).
Nel 1937 è stata fautrice della mostra internazionale Foto ’37, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, a cui parteciparono i più noti fotografi del tempo.
Per la resistenza olandese produceva fototessere per carte d’identità di persone appartenenti a gruppi clandestini.
L’invasione tedesca del maggio 1940, la costrinse, come ebrea, a vivere in clandestinità.
Dopo il Decreto Giornalistico del maggio 1941, non poté più pubblicare con il proprio nome a causa delle sue origini ebraiche e venne costretta a usare uno pseudonimo, Wim Brusse.
Attratta da una visione del mondo plasmata dall’umanesimo, negli anni del dopoguerra, le sue fotografie divennero stilisticamente decisive per il neorealismo.
Ha partecipato a mostre collettive al MoMa di New York e ricevuto la medaglia d’oro alla Prima Biennale della Fotografia di Venezia, nel 1957.
Negli anni ’70 è stata la “portavoce visiva” del movimento femminista marxista olandese Dolle Mina partecipando, come attivista, alle performance di strada che mescolavano umorismo e provocazione in un’atmosfera giocosa.
Nel 1980 rifiutò il Ritterorden (cavalierato) che le avrebbe voluto conferire la Regina dei Paesi Bassi.
Nel 1982 c’è stata la sua prima retrospettiva all’Amsterdam Historical Museum, dove era esposto circa mezzo secolo del suo lavoro.
Nel 1999, a Berlino, ha ricevuto il premio Dr. Erich Salomon per il lavoro svolto nella sua carriera e alla fine dello stesso anno il Museo Stedelijk le ha dedicato una mostra.
Si è spenta a Laren, in Olanda, il 12 dicembre 2003.
Gran parte delle sue foto sono conservate al Maria Austria Instituut di Amsterdam.
Nel 2021 una mostra online in corso al Museo Kassák di Budapest ha esplorato i punti di vista e di svolta della sua vita, dai primi autoritratti e fotografie sociali in Ungheria, agli anni esteticamente formativi a Berlino, fino al successo e alle prestigiose commissioni nei Paesi Bassi.
Eva Besnyo: 1910-2003: Fotografin / Woman Photgrapher: Budapest. Berlin. Amsterdam è il libro che racconta il suo percorso artistico.
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Da: SARA’ DIPINGERE! - di Gianpiero Menniti
L'EMOZIONE DELLA GRAMMATICA
[...] intuizione che si forma sotto il pennello mentre scorre sulla tela. Fatica. Enorme fatica. Lunga gestazione. Come quella che caratterizzava il processo creativo, prolisso fino allo sfinimento, di Paul Cézanne: le forme, i fenomeni, nel loro apparire im-mediato, come pura percezione. L’oggetto nell’istante della visione, un attimo prima che la memoria lo riconosca. Oblio che rivela. Per l’artista francese, rivela geometrie essenziali, come fossero strutture profonde del linguaggio, il mistero semiotico della sintassi innata, l’idioma materno originario:
«L'una vegghiava a studio de la culla, e, consolando, usava l'idïoma che prima i padri e le madri trastulla��. (Dante Alighieri, “Divina Commedia”, Paradiso, Canto XV)
Dunque, non resta che accettare il collegamento tra un’arte “astratta” da un interesse funzionale di kantiana memoria e un’arte liberatrice già espressamente richiamata con Schopenhauer. L’una si tiene con l’altra. Ed entrambe con Platone, nella misura intesa come μίμησις (mímēsis) della visione ideale. Nel nostro caso, direi in questo passaggio di tempo, nella misura che non deduce ma è indotta. Lungo questo solco si può intuire una parte consistente dell’arte contemporanea. Ed è seguendo questo ragionamento che mi sono entusiasticamente imbattuto nelle opere di Maria Casalanguida. Lasciandomi affascinare proprio dal processo creativo, intenso, strutturato in una complessità che non è ricercatezza ma necessità estetica che fonde geometrie e colori in accostamenti misurati fino alla loro definitezza. Mi basterà richiamare “Raggio di luce”, “Esplosione caleiodoscopica”, “Colori al vento”, assieme a “Volo in deltaplano” e “Ritmo ondulatorio sincopato al quadrato”, tutte opere del 1990. Certamente, si tratta di anni nei quali si afferma una svolta: in apparenza è il passaggio dalla figurazione all’astratto, dalla “rappresentazione” alla “presentazione”. Ma se il dipinto muta il suo soggetto, lo stile dell’artista mantiene il suo rigore estetico, la ponderazione geometrica e coloristica, la misura strutturale, la ricerca di espressività che sorge e appare in una forma autonoma, voce dell’ente im-mediato e in sé che precede ogni logos, che precede ogni linguaggio, che è il “vocativo” di una grammatica senza “casi”, inopia della parola, noumeno, cosa ultima, esperienza di un infinito in una traccia di finito. Manca un aggettivo a questi predicati: emozionante. [...]
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Mi sento completamente senza direzione
Vorrei qualcuno che mi prendesse per mano e mi dicesse cosa fare, verso dove andare, come andare
Ma questo non è possibile perché spetta a me.
Penso che i ragazzi in etichetta siano tanto fortunati: sono seguiti a 360 gradi e hanno qualcuno che comunque li conduce verso la via giusta, almeno quella più funzionale agli scopi di tutti ecco
E davanti a tutto questo, davanti ad un mare di gente che pubblica musica ogni giorno
Io mi sento ferma, ingessata
Non so dove andare, cosa fare
Non so quali sono i miei riferimenti
Non si capisce nemmeno quale sia il mio stile
Mi sento quasi retrò, poco proiettata sul presente
Non capisco chi cazzo sono, non capisco a cosa rimando
Penso solo che prima o poi il giorno in cui tutto questo sarà chiaro arriverà
Ma sono stanca di star ferma ad aspettare l'arrivo di qualchd angelo
Sono stanca di star ferma
Ma non so come muovermi
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MEZZANINE
Progetto di un coworking al piano mezzanino di un edificio del Settecento in centro a Verona. Ci troviamo proprio di fronte alla Casa di Giulietta in via Cappello a Verona. Lo stabile, Palazzo Negri è uno palazzo settecentesco nel cuore della città, lo spazio coworking è nel piano ammezzato e si affaccia sul cortile interno. La richiesta dei committenti è stata di farne uno spazio per il coworking con scrivanie in condivisione, con alcuni uffici privati e una sala riunioni con uno stile informale e semplice. Lo stato di fatto si presentava al grezzo, senza impianti, l’interno presenta volti e travi in legno di grandi dimensioni, le aperture sono grandi archi vetrati e si affacciano sul cortile interno. Il primo lavoro è stato di sottrazione: eliminando dalle superfici tutte le aggiunte, gli intonaci, le pitture, i controsoffitti e i pavimenti che si erano accumulate negli anni, per riportare lo spazio alla situazione di partenza, lasciando a vista le travi. Le travi sono state ripulite e trattate una ad una a cera, mentre per le pareti e i soffitti abbiamo usato intonachino a base d’argilla con finitura bianco caldo. Le nuove pareti divisorie sono state pensate con una struttura leggere e funzionale realizzata con telai di legno di betulla e policarbonato rigato per lasciare passare più luce possibile senza perdere la privacy. Sono state realizzate su disegno di co.arch da Rabatto una falegnameria, tutta veronese, che si è specializzata nella realizzazione di arredi custom made. Come rivestimento a pavimento, avendo pochissimo spessore a disposizione, è stato scelto un tappeto vinilico, con un pattern puntinato IQ Tarkett surface in modo da creare una superficie omogenea e continua con un motivo divertente che ricorda la graniglia tipica dei palazzi veneti. I tavoli sono stati progettati e realizzati insieme a Reverse, hanno struttura metallica verniciata nera e piano in legno multistrato di betulla chiara. Le luci sono integrate nei soffitti, che sono stati interamente recuperati e sono sottili profili led talvolta appesi talvolta inserite tra le travi in legno. Arredi / Furnishing Pareti divisorie / RABATTO Verona Tavoli in metallo e legno di betulla / REVERSE Verona Tavolini SM22 disegno di co.arch studio Materiali IQ Surface di Tarkett design by Note design Studio Luci / Lights FLOS Taccia Lamp di Achille and Pier Giacomo Castiglioni, per FLOS Wall lamp TEN by FARO Barcellona Architetti co.arch studio / Giulia Urciuoli e Andrea Pezzoli https://www.coarchstudio.it/ https://www.instagram.com/co.arch.studio/ Photos by Diambra Mariani https://www.diambramariani.it/ on Tarkett website https://professional.tarkett.it/it_IT/node/mezzanine-spazio-coworking-a-verona-15770 on Archiportale https://www.archiportale.com/news/2022/03/case-interni/mezzanine-il-coworking-nel-centro-di-verona_87510_53.html
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La giacca è molto spesso il punto di partenza di ogni outfit proposto in negozio. Per questo intorno ad ognuna di esse costruiamo decine di alternative in un lavoro instancabile di ricerca, finalizzato ad offrire ad ogni nostro cliente uno spettro di possibilità molto ampio in cui costruire il proprio stile e completare in modo funzionale il proprio guardaroba. . #thegeorgesstyle #gentlemanstyle #relaxedelegance #menwithstreetstyle #georgesroma #menswear (presso Rome, Italy) https://www.instagram.com/p/CleLww9KvSh/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Stile "Sportswear" - "American Look"
Stile "Sportswear" - "American Look" #abbigliamentosportivo #Sportswear #AmericanLook #Stilesportswear #stileamericanlook #perfettamentechic
Sportswear è un termine di moda americano originariamente utilizzato per descrivere i capi separati, a partire dagli anni ’30, invece, è stato utilizzato nella moda per indicare i capi da giorno e da sera con i vari gradi di formalità. Il termine non è necessariamente sinonimo di activewear, sebbene l’abbigliamento sportivo fosse disponibile presso le case di alta moda europee e gli indumenti…
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Vale la pena provare VOZOL Vape!
Noi di VOZOL siamo appassionati nell'aiutarti a REALIZZARE GIOIA fornendoti prodotti per sigarette elettroniche della massima qualità. Dal nostro lancio nel 2019, siamo diventati un marchio di fama mondiale con un sistema completo di progettazione, ricerca e sviluppo, produzione e vendita globale. Crediamo che un prodotto veramente soddisfacente non debba essere solo funzionale, ma anche progettato per darti gioia.
Ecco il Vozol Star 20000 Puffs Dual Power, progettato per incarnare la più grande tecnologia di svapo monouso. È dotato di prestazioni eccezionali che forniscono 20.000 tiri per garantire un'esperienza di svapo continua e duratura. La tecnologia a doppia alimentazione nella costruzione del Vozol Star 20000 Puffs garantisce prestazioni costanti con un sapore straordinario a ogni inalazione.
Ecco il VOZOL VISITA 20000 Puffs Disposable Vape rappresenta il picco dell'innovazione dello svapo. Questo gadget innovativo fornisce fino a 20.000 tiri, rendendolo uno dei monouso con la più alta capacità disponibile. Il VOZOL VISITA vanta una potente batteria ricaricabile Type-C da 650 mAh e un'enorme capacità di e-liquid da 24 ml, garantendo un piacere continuo. È progettato per semplicità e facilità d'uso, eliminando la necessità di ricariche e manutenzione regolari, con conseguente esperienza di svapo senza problemi.
Vozol Gear Power 20000 Puffs offre prestazioni potenti e durature per lo svapo tutto il giorno. Con una capacità di 20000 tiri, puoi goderti un'esperienza fluida e soddisfacente. Il suo design ergonomico e la struttura resistente garantiscono comfort e affidabilità. Perfetto per qualsiasi appassionato di svapo alla ricerca di un dispositivo efficiente e di alta qualità.
Come il miglior dispositivo nel cosmo dei dispositivi di svapo disponibili oggi, il Vozol Star 12000 rappresenta lo stile creativo di un design marmorizzato con opzioni di prodotto. Chi cerca prestazioni, così come soddisfazione estetica, non avrà bisogno di cercare oltre poiché ha una tecnologia moderna abbinata a una batteria di lunga durata e un bell'aspetto. Se sei un principiante o un vaper esperto, non c'è dubbio che il Vozol Star 12000 ti presenterà una forma di svapo davvero unica. Ordina il tuo oggi finché le offerte durano!
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"Serena", il nuovo singolo della band bresciana Polo Territoriale
Dal 25 ottobre 2024 è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica "Serena", il nuovo singolo della band bresciana Polo Territoriale con il sostegno del MiC e di SIAE, nell'ambito del programma "Per Chi Crea".
"Serena", il secondo singolo dei Polo Territoriale, è una ballad pop rock dal tono spensierato, che descrive l'illusione dei sentimenti delle relazioni giovanili. Il brano è cosparso di descrizioni di situazioni intime e dichiarazioni d'amore che contrastano con un sotto-testo malinconico, che trova sua espressione verso la fine della canzone.
Il tema principale è l'idealizzazione del partner, dovuta dall'inesperienza e dalla giovane età, che porta all'inevitabile discrepanza fra le dinamiche reali della relazione e quelle vissute nella mente del protagonista.
All'interno del brano questa si presenta nei panni dell'assoluta assuefazione nei confronti di "Serena", che porta ad immaginarla come ideale e perfetta. Un amore come quello di Serena però ha vita breve: il protagonista presto si rende conto della realtà dei fatti e il futuro ideale da lui immaginato non può fare a meno di crollare su sé stesso.
Commenta la band a proposito del brano:"Serena nasce inizialmente come classica ballata con accordi strimpellati sulla chitarra. Pur funzionando bene in ambito live, in studio ci fu l'esigenza di costruire attorno al brano un arrangiamento più accattivante e funzionale al disco, in linea con gli standard che si sono elevati dall'inizio dell'esperienza con Roberto Vernetti. Mettendoci a improvvisare tutti insieme sui giri della canzone, questa prese la direzione e le sonorità che si possono apprezzare."
Il videoclip di "Serena" è stato interamente girato a Pontoglio (Bs) dal videomaker Luca Rapuzzi.
Talea (cantante e chitarrista) trascorre il suo tempo in compagnia di una ragazza, Pablo (bassista) parte per un viaggio, Bech (batterista) si prepara per uscire e Manza (chitarrista) organizza una festa nel suo garage.
Tali spaccati trovano nell'esito delle azioni una certa analogia con la storia di Serena: il tema della disillusione.
Talea nel tentativo di baciare la ragazza la vede trasformarsi in un manichino, Pablo annulla il viaggio perché nessuno è disposto a dargli un passaggio, Bech non riesce a sistemarsi a modo e decide di rasarsi a zero, e Manza, dopo che gli amici gli danno buca, si ritrova solo nel suo garage. Come in un amore sbocciato dall'illusione, i membri della band, delusi, realizzano che le proprie aspettative non sarebbero mai state soddisfatte.
Guarda il videoclip su YouTube:
Line up:
Filippo Farolfi (Talea) – cantante e chitarrista
Pablo Lorenzo Almansi (Pablo) – basso
Luca Manzella (Manza) – chitarra solista
Lorenzo Apollonio (Lore) – batteria
Biografia
Il gruppo Polo Territoriale nasce all'inizio del 2019 a Brescia, per un contatto casuale fra aspiranti musicisti. Sin da subito la band ha trovato grande sintonia e il proprio stile, iniziando così un percorso di composizione musicale e scrittura di testi. Le influenze della scena indie punk underground italiana ed internazionale si sono presto fuse con il sound del Polo Territoriale, caratterizzato da una voce graffiata, linee di basso portanti, batteria aggressiva e chitarre distorte. I testi, in italiano, descrivono personaggi e situazioni suburbane concentrandosi soprattutto sulle dinamiche sociali e introspettive. A Maggio 2024 i Polo escono con il loro primo singolo ufficiale "Pamela" (uno dei primi pezzi scritti dalla formazione Bresciana) e intraprendono un mini tour di presentazione del brano che servirà ad introdurre anche qualcosa di molto più grande. "Serena" è il secondo singolo ufficiale dei Polo Territoriale disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale e in rotazione radiofonica dal 25 ottobre 2024 con il sostegno del MiC e di SIAE, nell'ambito del programma "Per Chi Crea". Il brano sarà accompagnato da una mini-serie che documenterà tutto il processo di creazione dell'album e del videoclip.
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Pannelli filomuro per ridare nuove forme e funzionalità agli spazi
Skema di Ferrerolegno è un sistema funzionale e su misura di pannelli filomuro per risolvere con stile ogni esigenza di chiusura degli spazi salvaguardando l’estetica. Tecnologicamente avanzato e caratterizzato da un design minimale, Skema è costituito da pannelli filomuro di varie dimensioni e di ridotto spessore in MDF idrofugo. Questi, scompaiono per ridare nuove forme e funzionalità agli ambienti. Infatti, si possono creare ripostigli o cabine armadio su misura, chiudere vani sottoscala, vani cucina, nicchie e quadri di controllo. Una soluzione estremamente versatile e discreta, disponibile a battente, con chiusura a libro o a ribalta, che risolve ogni problematica dimensionale, estetica e progettuale permettendo di ottenere continuità assoluta nella parete, offrendo infinite possibilità. L’opportunità di progettare chiusure su misura diventa così totale: si possono realizzare anche in forma trapezoidale - in particolar modo per i sottoscala - rialzata dal piano pavimento - per chiudere elegantemente ogni nicchia garantendo un effetto di ordine e continuità – ed è possibile dotarle di griglie di areazione per i locali tecnici e di servizio.
Skema libro qui proposto nella versione a 4 ante nella nuova finitura ecosostenibile ULTRAopaco Corallo Pure
Finiture
Innumerevoli sono anche le finiture: alla gamma RAL e NCS e ai colori base FerreroLegno si sono aggiunte nuove cromie tra cui il Bianco Optical e la finitura ecosostenibile ULTRAopaco, una palette di 25 nuance dal tocco piacevolmente morbido, vellutato e sofisticato, espressione di un nuovo modo di abitare attento alle tendenze e all’ambiente. Ideale per una massima personalizzazione è la variante grezza, che permette la colorazione dei pannelli nella stessa tonalità della parete oppure l’applicazione di carta da parati, ottenendo così un mimetismo assoluto.
Skema Infinito, composizione con pannelli di diversa misura in laccato opaco Bianco, aperture sia a battente sia a libro abbinate a maniglie verticali o al sistema Push-pull.
Varianti dei pannelli filomuro Skema di Ferrerolegno
I pannelli filomuro della collezione Skema sono la soluzione ottimale sia in fase di progettazione sia in caso di intervento su ambienti esistenti. Ciò è possibile grazie alle sue due declinazioni: Skema Infinito e Skema su Vano finito. Skema Infinito dà al progettista la possibilità di sviluppare infinite soluzioni estetiche con continuità nella sequenza di pannelli. È disponibile con pannelli di varie dimensioni che possono essere montati con sistemi ad anta singola o doppia, sovrapposta o asimmetrica, con chiusure a 4 o a 3 lati, per aperture molto ampie o in situazioni in cui è necessario sfruttare al meglio ogni spazio. Massima personalizzazione ma anche grande versatilità dimensionale: il telaio esterno può arrivare infatti fino a una dimensione massima di L 530 x H 350 cm.
la nuova soluzione Skema Infinito Trapezoidale, finitura grezzo prefinito, apertura a battente e telaio a tre lati con maniglia a vaschetta Skema Infinito Trapezoidale è la nuova variante pensata per rispondere alle esigenze abitative contemporanee di nuovi sistemi di chiusura capaci di coniugare design, flessibilità e praticità. La particolare forma trapezoidale dei pannelli realizzati ad hoc e la massima libertà compositiva che garantisce questo nuovo modello permettono sia di sfruttare spazi difficili come i sottoscala o i soffitti spioventi facendoli vivere di nuova vita sia di arredare con stile.
Nella foto, Skema su Vano Finito utilizzato per un vano cucina, variante grezza personalizzata nella stessa tonalità della parete, apertura a battente e telaio a tre lati. Skema su Vano Finito, invece, nasce per essere impiegato in fase di cantiere, dove non è più possibile intervenire andando a murare il profilo perimetrale. Il particolare telaio in nobilitato bianco, grazie alla sua elasticità, si adatta alle piccole irregolarità della parete su cui viene applicato. Questo rende possibile l’inserimento a lavori finiti. È disponibile con chiusura a battente o battente trapezoidale.
sistema Skema Infinito per creare una cabina armadio su misura nella nuova finitura ecosostenibile ULTRAopaco Ombra Light, con apertura a battente. Caratteristiche tecniche Pannelli filomuro di ridotto spessore - soli 18 mm - in MDF idrofughi. Il telaio è composto da una cornice in alluminio a 4 o a 3 lati, giuntata a 45° tramite squadrette. Quest’ultima proposta - il 3 lati - è indicata soprattutto per armadi, chiusure vani cucina o sottoscala. Skema è disponibile infatti con pannelli di varie dimensioni che possono essere montati con sistemi ad anta singola o doppia, sovrapposta o asimmetrica, con chiusure a 4 lati – a battente, vasistas o ribalta – o a 3 lati – a battente o a libro, per aperture molto ampie o in situazioni in cui è necessario sfruttare al meglio ogni spazio. Dimensioni - Skema Ribalta/Vasistas: dimensioni anta singola: altezza da 30 a 60 cm // larghezza da 30 a 120 cm. - Skema Libro 2/4 ante: dimensioni anta singola: altezza da 30 a 260 cm // larghezza da 30 a 60 cm. - Skema su Vano Finito: dimensioni anta singola: altezza da 30 a 260 cm // larghezza da 30 a 60 cm. - Skema Infinito: dimensione massima composizione di L 530 x H 350 cm. - Skema battente e battente Trapezoidale: dimensioni anta singola: altezza da 30 a 260 cm // larghezza da 30 a 60 cm. Finiture disponibili - Grezzo - Laccate opaco: bianco, bianco optical, grigio lux e tortora e in tutti i colori della gamma Ral e della cartella NCS - ULTRAopaco Maniglie È possibile scegliere tra 7 tipi di maniglie per Skema su Vano Finito e Skema Infinito: le nuove Asola 1 e Asola 2, Verticale, Verticale Mini, Vaschetta, Premi-apri e per gli amanti delle soluzioni invisibili il Sistema Push-pull. È possibile scegliere tra 5 tipi di maniglie per Skema Libro 2/4 ante: le nuove Asola 1 e Asola 2, Verticale, Verticale Mini e Vaschetta. In tutte le sue declinazioni Skema di FerreroLegno rappresenta un’ampia gamma di soluzioni per soddisfare ogni esigenza abitativa e tipologia di ambiente. Read the full article
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"Serena", il nuovo singolo della band bresciana Polo Territoriale
Dal 25 ottobre 2024 è disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica "Serena", il nuovo singolo della band bresciana Polo Territoriale con il sostegno del MiC e di SIAE, nell'ambito del programma "Per Chi Crea".
"Serena", il secondo singolo dei Polo Territoriale, è una ballad pop rock dal tono spensierato, che descrive l'illusione dei sentimenti delle relazioni giovanili. Il brano è cosparso di descrizioni di situazioni intime e dichiarazioni d'amore che contrastano con un sotto-testo malinconico, che trova sua espressione verso la fine della canzone.
Il tema principale è l'idealizzazione del partner, dovuta dall'inesperienza e dalla giovane età, che porta all'inevitabile discrepanza fra le dinamiche reali della relazione e quelle vissute nella mente del protagonista.
All'interno del brano questa si presenta nei panni dell'assoluta assuefazione nei confronti di "Serena", che porta ad immaginarla come ideale e perfetta. Un amore come quello di Serena però ha vita breve: il protagonista presto si rende conto della realtà dei fatti e il futuro ideale da lui immaginato non può fare a meno di crollare su sé stesso.
Commenta la band a proposito del brano:"Serena nasce inizialmente come classica ballata con accordi strimpellati sulla chitarra. Pur funzionando bene in ambito live, in studio ci fu l'esigenza di costruire attorno al brano un arrangiamento più accattivante e funzionale al disco, in linea con gli standard che si sono elevati dall'inizio dell'esperienza con Roberto Vernetti. Mettendoci a improvvisare tutti insieme sui giri della canzone, questa prese la direzione e le sonorità che si possono apprezzare."
Il videoclip di "Serena" è stato interamente girato a Pontoglio (Bs) dal videomaker Luca Rapuzzi.
Talea (cantante e chitarrista) trascorre il suo tempo in compagnia di una ragazza, Pablo (bassista) parte per un viaggio, Bech (batterista) si prepara per uscire e Manza (chitarrista) organizza una festa nel suo garage.
Tali spaccati trovano nell'esito delle azioni una certa analogia con la storia di Serena: il tema della disillusione.
Talea nel tentativo di baciare la ragazza la vede trasformarsi in un manichino, Pablo annulla il viaggio perché nessuno è disposto a dargli un passaggio, Bech non riesce a sistemarsi a modo e decide di rasarsi a zero, e Manza, dopo che gli amici gli danno buca, si ritrova solo nel suo garage. Come in un amore sbocciato dall'illusione, i membri della band, delusi, realizzano che le proprie aspettative non sarebbero mai state soddisfatte.
Guarda il videoclip su YouTube:
Line up:
Filippo Farolfi (Talea) – cantante e chitarrista
Pablo Lorenzo Almansi (Pablo) – basso
Luca Manzella (Manza) – chitarra solista
Lorenzo Apollonio (Lore) – batteria
Biografia
Il gruppo Polo Territoriale nasce all'inizio del 2019 a Brescia, per un contatto casuale fra aspiranti musicisti. Sin da subito la band ha trovato grande sintonia e il proprio stile, iniziando così un percorso di composizione musicale e scrittura di testi. Le influenze della scena indie punk underground italiana ed internazionale si sono presto fuse con il sound del Polo Territoriale, caratterizzato da una voce graffiata, linee di basso portanti, batteria aggressiva e chitarre distorte. I testi, in italiano, descrivono personaggi e situazioni suburbane concentrandosi soprattutto sulle dinamiche sociali e introspettive. A Maggio 2024 i Polo escono con il loro primo singolo ufficiale "Pamela" (uno dei primi pezzi scritti dalla formazione Bresciana) e intraprendono un mini tour di presentazione del brano che servirà ad introdurre anche qualcosa di molto più grande. "Serena" è il secondo singolo ufficiale dei Polo Territoriale disponibile su tutte le piattaforme di streaming digitale e in rotazione radiofonica dal 25 ottobre 2024 con il sostegno del MiC e di SIAE, nell'ambito del programma "Per Chi Crea". Il brano sarà accompagnato da una mini-serie che documenterà tutto il processo di creazione dell'album e del videoclip.
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