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#Sassetti
jacopocioni · 1 year
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Famiglia Sassetti terza parte
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Storia di una nobile famiglia fiorentina prima parte seconda parte TERZA PARTE DONNE ENTRATE IN CASA SASSETTI Elenco delle donne sposate con un componente della famiglia Sassetti, per mezzo di parentadi delle quali fino ad oggi si ha notizia. Raccolta fatta da Francesco di Giambattista Sassetti nel 1600. “E nota (che), che alcune si è trovato il nome e non il casato e d’altre per il contrario e tutte lì metteranno in quel modo che li sono arrivate per lì libri di ricordi di Paolo di Alessandro Sassetti e d’altri”. - La moglie di Dosso di Pierozzo di Federigo, che visse dal 4 1300 al 1350, si chiamò Pilla ma non si sa il casato; - La moglie di Banchino di Pacino d’Azzo Sassetti, si chiamò Niccolosa, di Simone vocato Magaldo; che visse dal 1250 al 1300; - La moglie di Manente poi di Banco Sassetti, che visse dal 1340 al 1380, si chiamò Ghilla Pilli; - La moglie di Pellaio di Sassettino di Banco Sassetti, che visse come sopra, si chiamò Filippa, ma non si sa il casato; - La moglie di Sassettino padre di Pellaio suddetto, che visse dal 1300 al 4 1350, fu dei Pellai o Pellari da S. Gimignano; ma non si sa il nome; - La moglie di Banco di Sassetto di Azzo Sassetti, che visse dal 1250 al 1300, fu dei Tornaquinci e non si sa il nome; - La moglie di Piero di Sassettino di Banco Sassetti, che visse dal 1320 al 50 o 70, ebbe nome Giovanna, ma non si è trovato il casato; - La moglie di Piero suddetto fu chiamata Cara, ma non s’è trovato il casato; - La moglie di Ghino di Banco di Sassetto Sassetti, che visse dal 1300 al 1340, fu degli Scolari, ma non si sa il nome; - La moglie di A’ Alessandro o Federigo Sassetti, che fu dal 1330 al 1380, fu dei Pazzi addimandata Simona; - La moglie di Federigo di Pierozzo di Federigo, che fu dal 1350 al 1390, fu dei Ghinazzi, addimandata Chiara; - Tommaso di Federigo di Pierozzo Sassetti, che visse dal 1370 al 1420, ebbe tre mogli: la prima Caterina Falconi da Lucignano, che non gli fece figlioli; la seconda Pippa Strozzi, della quale oltre le femmine ebbe Federigo e Bartolomeo la terza fu Betta Pazzi, della quale di masti ebbe Francesco, del quale è fatta lunga menzione in questo scritto; - La moglie di Bartolomeo di Tommaso di Federigo Sassetti, che visse dal 1420 al 1470, fu della Tosa; - La moglie di Bernardo di Gentile suddetto, che visse dal 1490 al 1560, fu del Vigna e addimandata Caterina; - La moglie di Tommaso di Federigo Sassetti, che visse dal 1481 al 1570, fu di Guasconi, addimandata Cammilla; - La moglie di Carle di Federigo suddetto, che visse dal 1500 al 1540, fu di Minerbetti, chiamata Gostanza; - La moglie di Vincenzo di Tommaso suddetto, che visse come sopra, e vel circa, fu degli Squarcialupi, chiamata Isabella; - La moglie di Galeazzo di Francesco di Tommaso Sassetti, che visse dal 1460 al 1515, fu de Valori, chiamata Fiammetta; - La moglie di Cosimo di Francesco suddetto, che visse dal 1464 al 1550, fu dei Niccolini, chiamata Maria; - La moglie di Teodoro di Francesco suddetto, che visse dal 1480 al 1515, fu de Nerli, addimandata Lena; - La moglie di Giambattista di Teodoro suddetto, che visse dal 1505 al 1565, e fu de Gondi, chiamata Maddalena; - La moglie di Federigo di Carlo di Tommaso Sassetti, che visse dal 4 1520 al 1580, fu de Machiavelli, addimandata Ginevra; - La moglie di Filippo di Galeazzo di Francesco Sassetti, che visse dal 1495 al 1555, fu de Mazzinghi, chiamata Lessandra; - La moglie di Filippo di Galeazzo suddetto, che visse come di sopra, fu dei Mori, chiamata Lessandra; - La moglie di Galeazzo di Filippo di Galeazzo, che visse dal 1550 al 1595 in circa, fu de Bicci, chiamata Diamante; - La moglie di Galeazzo di Federigo di Galeazzo, che visse dal 1555 e ancor vive, è dè Fortuna, che si dice da Rabbia Canina, chiamasi Lavinia; - La moglie di me Francesco di Giambattista di Teodoro Sassetti, che nacque a 12 aprile 1539, è ancora per la Dio Grazia, viva. Fu degli Strozzi, e si chiama Gostanza (che morì di gennaio 1592. Iddio gli abbia dato il vero riposo).
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Sassetti
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caviarsonoro · 5 months
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Bernardo Sassetti: Sonho dos Outros (TIMBUKTU SOLO SESSIONS).
Me acuesto a la muerte sin amparo o sombra Como el grano Me acerco de la flor que vendrá y vengo A la superficie de tu sueño.
Daniel Faria
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oacasodaspalavras · 8 months
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Sérgio Godinho + Bernardo Sassetti, Em Dias Consecutivos I Mútuo Consentimento, 2011
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musicwithoutborders · 10 months
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Francisco Sassetti, Music For Her I Home, 2023
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osomdaspalavras · 1 year
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 Sérgio Godinho · Bernardo Sassetti,  Em Dias Consecutivos I Mútuo Consentimento, 2011
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fabiansteinhauer · 2 years
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Das eigene Bild
1.
Mit großem Stolz schreibt Aby Warburg seinem Bruder Max 1901, dass es ihm gelunden sei, Personen auf den Bildern in Santa Trinita zu identifizieren. In dem Jahr muss Max auch (nicht zum ersten und nicht zu letzten mal) die Institution Warburg, die Bibliothek unterstützen. Die Bibliothek und die Bank sind getrennt, aber nicht vollständig getrennt. Aby und seine Familie haben etwas vereinbart, auch eine Trennung und ein Austauschmanöver, aber das Geschäft ist nicht aus, schon gar nicht ausdifferenziert.
2.
Mit Selbstverständlichkeit assoziierte Warburg schon in seiner Dissertation Bilder mit Texten, so weit, dass er in den Bildern die Referenzen aus den Texten wiedererkannte, als ob Bilder Texte zitieren würden. Im Bild das Vorbild erkennen, auch wenn das Vorbild ein Text ist, das ist ein Zug aus Warburgs Dissertation zu Botticelli. Auch die Bilder in der Cappella Sassetti assoziierte Warburg selbstverständlich mit Texten, in dem Fall auch mit Rechnungen, Verträgen und Urkunden, mit einem Testament zum Beispiel. Zu den Vorbildern gehören in dem Sinne auch Vorrechte, also etwa das in einer Urkunde verbriefte Patronatsrecht, das den Träger zeichnet, weil es vom Träger mit seinem Namen unterzeichnet ist. Warburg erkennt im Bild den Namen, im Namen das Bild, in der Unterschrift das Gesicht et vice versa. Wenn das, was Warburg macht, Medientheorie oder Bildwissenschaft sein soll, dann sicher nicht nach dem Muster großer Trennung, nach dem der Unterschied eines Mediums gleich auch den Unterschied von Gesellschaften tragen soll. Warburgs Medientheorie ist eine Übersetzungstheorie, eine Verstellungstheorie, eine Transfertheorie. Seine Bildwissenschaft ist Wissenschaft von Objekten, die erstens bestritten werden sollen (das ist jede Bildwissenschaft, das ist angewandter Ikonoklasmus) und zweitens Wissenschaft von Objekten, deren Aufgabe nicht primär darin besteht, Abwesenheit zu meistern oder zu bewältigen, sondern deren Aufgabe darin besteht, Polarität zu operationalisieren, indem sie (sich) wenden, kehren, kippen, beugen oder falten lassen. Seine Bildwissenschaft ist Polarforschung, Wissenschaft von Polobjekten und von diplomatischen Objekten, von gesandten Objekten.
3.
Peter Stephan erzählte in einem Vortrag, sein Buch über Tiepolo und die Würzburger Residenz sei zuerst gescheitert, weil es eine Dissertation war. Eine These lautete, man müsse das Bildprogramm im Treppenhaus als Verfassungstheorie, als eine Art Verfassungsurkunde, das Treppenhaus als ein Verfassungsobjekt der Schönborns lesen. Der Betreuer wendete ein, jemand wie Tiepolo sei doch autonom, das sei doch kein Illustrator, kein Bürokrat, kein Jurist, das sei doch ein Künstler. Ende der Rhetorik, Ende des decorum, Ende der Kunst: das Sortiment ist riesig, mit denen solche Doktorrväter darauf pochen, der Ausdifferenzierung gerecht zu werden. Frankfurt war jahrelang voll und geradezuverstopft davon, langsam werden sie weniger, aber es sind immer ziemlich viele. Die Monster, das Monströse, die sind schon darum auch nicht weg. Wo Reinheitsexerzitien geübt werden, da sind Monster.
Klappte dann doch, der Doktorvater musste nur kurz ausgetauscht werden. Heute ist Stephans Buch ein Standardwerk, nicht nur für die Würzburger Residenz, auch für die Geschichte und Theorie des decorum, der Bildrhetorik, der Bildregeln und der Bildregime, der Architekturen des Ordners, der Treppenszenen, sogar der Verfassungs- und Rechtsgeschichte. Zu jeder Zeit ist das, was umstritten ist, auch Grenze. Jeder Zeit gehen die Grenzen mitten durch das, was sie begrenzen. Die Grenzen der Moderne gehen mitten durch die Moderne. Die Grenzen des Rechts gehen mitten durch das Recht, die Grenzen des Bildes gehen mitten durch das Bild. Und hören im Mittesten auf zu sein, und fangen an, händelbar zu werden. Auf solchen Linien arbeitet Warburg, an solchen Linien arbeitet Warburg, die sich bei näherem Hinsehen nicht als eine Linie, eher schon als Fäden, als multiple Linien heraustellen.
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torelli-ltd · 6 months
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SILVANO SASSETTI
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manysundays · 2 years
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sweetmorninglamb · 2 years
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i don’t forgive you (but please don’t hold me to it)
1. the front bottoms; father 2. shameless; the american dream 3. phoebe bridgers; kyoto 4. unknown 5. ocean vuong; someday i’ll love ocean vuong 6. domenico ghirlandaio; francesco sassetti and his son teodoro 7. mitski; a burning hill 8. unknown 9. halsey; i would leave me if i could 10. euphoria; the theater and its double
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Bernardo Sassetti - Noite (Alice)
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jacopocioni · 1 year
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Famiglia Sassetti seconda parte
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Figlie di Sassetti SECONDA PARTE DONNE USCITE DI CASA SASSETTI Con i loro matrimoni hanno aggiunto quarti di nobiltà ad una antica nobile casata - Filippa o Lippa Sassetti, fu moglie di Bernardo Anselmi nel 1350 o circa; - Bartolomea di Sinibaldo di Ghino Sassetti, fu moglie Bartolomeo Lamberti nel 1350 o circa; - Niccolosa di Neri di Manfredi Sassetti, fu moglie di Adriano de Rossi nel 1310, o vel circa (significa che Neri e Manfredi si datano almeno al 1250); - Lisabetta di Federigo di Pierozzo Sassetti, fu moglie di Filippo Anselmi nel 1350, o vel circa; - Betta di Federigo detto, fu moglie di Nofferi degli Atti in detto tempo; - Maria di Federigo detto, fu moglie di Giovanni Ambrogi in detto tempo; - Masa di Federigo suddetto, fu moglie di Simone Cenni in detto tempo, anzi nel 1320 o circa (anche Federigo di Pierozzo si datano almeno al 1260); - Lena di Bernardo di Alessandro Sassetti, fu moglie di Filippo Tolosini, e poi di Iacopo Covoni nel 1360 o circa (Bernardo può essere collocato almeno al 1290); - Bandecca di Lapo di Sassetto Sassetti, fu moglie del Corbo Pucci nel 1360, o vel circa (quindi Lapo e Sassetto si collocano al 1250); - Sandra di Alessandro Federigo Sassetti, fu moglie di Cambio Arrighi, e poi di Beltozzo Bartoli nel 1360 o circa; - Fiondina di Pellaio di Sassettino Sassetti, fu moglie di Talamo Adimari nel 1400, o vel circa; - Una figliola di Federigo di Sassetta Sassetti, che non si è trovato il nome fu moglie di Messer Filippo Cavalcanti nel 1300 in circa; - Una figliola di Federigo di Pierozzo di Federigo, che non si trova il nome, fu moglie di Gregorio Tornaquinci nel 1340 circa; - Sandra di Gio. Di Lapo Sassetti, moglie di Francesco Buonomini, detto Morello, nel 1360, o vel circa; - Ginevra di Tommaso di Federigo Sassetti, moglie di Domenico Zecchini l’anno 1420, o vel circa; - Caterina di Tommaso suddetto, moglie di Paolo Bomboni in detto tempo; - Antonia di Gentile di Bartolomeo Sassetti, moglie di Minerbetti nel 1490, o vel circa; Bartolomea di Gentile suddetto, moglie di de’ Rossi, nel suddetto tempo; Manimetta di Gentile suddetto, moglie di Acciaioli, nel suddetto tempo; Filippa di Federigo di Tommaso Sassetti, moglie di Benedetto Alberti nel 1490, o vel circa; Cammilla di Federigo suddetto, moglie di Lorenzo Strozzi, nel suddetto tempo; Fiammetta di Federigo di Tommaso, fu moglie di Simone Folchi, nel 1490 in circa; Lena di Reda di Alessandro Sassetti, fu moglie di Marco Arrighi nel 1320 in circa; Lena di Tommaso di Federigo Sassetti, fu moglie di Bartolini nel 1420, o circa; - Vaggia di Francesco di Tommaso Sasselli, fu moglie nel 1480 in circa, di Antonio Carnesecchi; - Lisabetta di Francesco suddetto nel medesimo tempo, fu moglie di Giambattista de’ Nerli, e poi d’Antonio Gualterotti;  - Sibilla di Francesco suddetto, fu moglie in detto tempo d’Antonio Pucci;  - Violante di Francesco suddetto, nel tempo medesimo fu moglie di Neri Capponi;  - Lena di Francesco suddetto, nel medesimo tempo fu moglie di Bertoldo Corsini;  - Ghilla di Sassetto d’Azzo Sassetti, fu moglie di Messer Ruggierino de’ Pigli, nel 1300 in circa;  - Ginevra di Sassetto suddetto, nel medesimo tempo fu moglie di Iacopo Soldi;  - Violante di Galeazzo di Francesco Sassetti, fu moglie di Giovanni Gerini nel 1520, in circa;  - Nera di Teodoro di Francesco, fu moglie di Batista Buondelmonti nel 1540, o vel circa;  - Dianora di Teodoro detto, moglie nel medesimo tempo, di Carlo Marucelli;  - Ginevra di Teodoro detto, moglie di Pierfilippo di Ridolfo nel 1538, o vel circa;  - Margherita di Francesco anzi Teodoro suddetto, moglie del suddetto Alessandro Bardi di Vernio, l’anno 1540 in circa;  - Ginevra di Carlo di Tommaso Sassetti, fu moglie di Iacopo Pinadori l’anno 1550 in circa;  - Cammilla di Vincenzo di Tommaso Sassetti, fu moglie di Valore Valori l’anno 1558 in circa;  - Nera di Giambattista di Teodoro Sassetti, fu moglie di Girolamo Gondi nel 1555, e poi di Dietisalvi Rinieri 1561;  - Maria di Giambattista suddetto, fu moglie di Niccolò Bartoli nel 1557, o vel circa;  - Nera di Federigo di Galeazzo Sassetti, fu moglie di Baldino Martellini nel 1575, o vel circa;  - Fiammetta di Filippo di Galeazzo Sassetti, fu moglie di Filiromoli 1565, o vel circa, e poi di un capitano del Monte a S. Savino;  - Lucrezia di Filippo suddetto, nel medesimo tempo, fu moglie di Gio. Lopez di Zuniga spagnolo, e poi di Giambattista Griselli;  - Lena di Tommaso di Federigo Sassetti, fu moglie di Neri Bartolini nel 1430, o vel circa;  - Pippa di Tommaso suddetto, moglie di Lorenzo Baroncelli nel 1440, o vel circa.  L’elenco delle donne uscite negli anni dalla famiglia Sassetti, è frutto del lavoro di ricerca di Francesco Sassetti, ricavato dalle memorie lasciate dai suoi antenati. 
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rideretremando · 10 months
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"Mi aveva colpito, al culmine dell'isteria social sul fatto del giorno, la dedica di una donna tra i miei contatti al suo compagno ovvero quanto si ritenesse fortunata ad averlo incontrato, perché lui, fra tutti i degni (cioè indegni) rappresentanti del patriarcato, si distingueva per probità e virtù. Naturalmente mi aveva fatto sorridere l'ingenuità della dichiarazione e mi aveva un po' indispettito l'arroganza, la presunzione manichea di riconoscere e sapersi accaparrare il grano, mentre il loglio toccherebbe alle altre. Queste altre, chi sarebbero. Io, per esempio. Credo di potermi dire emancipata, sono indipendente economicamente, non soffro di deficit affettivi conclamati, e vengo considerata persona dal carattere forte, a torto o a ragione. Questo anche anzi soprattutto vent'anni fa, quando ero in formazione come studiosa, cominciavo a guadagnare da poterci vivere certo senza fasti e avevo una famiglia ancora integra, genitori vivi etc. Eppure. Eppure avevo un fidanzato ossessivo, geloso, qualche volta violento. Per lo più con le cose, che usava sbalestrare sul pavimento o scaraventare contro il muro, ma qualche volta anche contro di me. Mi strattonava, per lo più. Piatti rotti, ogni tanto. Mi controllava il telefono? Sì. Mi permetteva di avere accesso al suo? No. Una volta finse di essere a Roma (abitava in un'altra città) intimandomi di tornare a casa (ero a cena con due amiche). Io gli obbedii. Non c'era nessuno ad aspettarmi al portone. Invece c'era, eccome, la volta in cui mi prese a calci. Uno solo, per la verità, ma con vistoso ematoma, formularmente. Perché lo racconto? Perché questo fidanzato non era affatto un troglodita paracadutato nella civiltà direttamente dalle caverne. Era un intellettuale, colto, raffinato, con una educazione affettiva nutrita di classici e poesia contemporanea. Ora ha un lavoro, una famiglia, figli, vedo dai social. Ma io perché sopportavo le sue scenate, ne subivo il controllo, le scariche di rabbia? Perché ero fragile, debole, vittima del patriarcato insieme a lui? La risposta è molto banale, e anche, mi rendo conto, pericolosa. Perché ero innamorata di questa persona. Non della violenza, logicamente. Non del controllo, che mi esasperava. Ma di tutti gli altri aspetti della sua vita e della nostra relazione che violenti non erano, e tutt'altro. Bianco bianco no, e nero nero nemmeno. Mi avrebbe potuto uccidere, in un accesso di ira? Non lo so, chi può dirlo. Posso dire perché me ne sono andata. Non per istinto di sopravvivenza, ma perchè le cose alle volte si aggiustano da sole, alle volte serve una spinta (una persona a me vicina con diplomazia churcilliana parlò con entrambi e ci convinse ad allontanarci perche insieme eravamo "un sistema instabile"). Lui trovò subito un'altra (che vidi, spero per puro accidente, con una stampella, in un'occasione pubblica). Con questo non voglio sostenere e rappresentare nessuna posizione e nessuna idea definita meno che mai assiomatizzare. Solo riflettere sul fatto che nessuno può dire se non in falsa coscienza ''io no''. Perché io sì, invece, e quasi tutti, nella vita affettiva, abbiamo avuto a che fare con la violenza (controllata, certo, ma forse è anche peggio perché se si ha questo potere, di tenerla sotto la soglia di rischio, si avrebbe anche quello di non lasciarle alcun margine, penso) e non necessariamente in un contesto estremo, retrogrado o patriarcale. La passione è violenta, le relazioni hanno sempre qualcosa di terrificante e patologico (citofonare Groddeck). Io, mio, tuo: moratoria anche su aggettivi e pronomi possessivi? Tutto da rifare, nel discorso soprattutto. La scompostezza, l'egolalia, l'accoramento emotivo e compulsivo. E togliersi i sassetti dalla scarpa, con la trave nell'occhio."
Gilda Policastro
Sempre bravissima.
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caviarsonoro · 4 months
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05 SONHO DOS OUTROS (TIMBUKTU SOLO SESSIONS #5).mp4 (Bernardo Sassetti)
Cuando pronuncio la palabra Futuro,
la primera sílaba pertenece ya al pasado.
Cuando pronuncio la palabra Silencio,
lo destruyo.
Cuando pronuncio la palabra Nada,
creo algo que no cabe en ninguna no-existencia.
Wisława Szymborska
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autolesionistra · 1 year
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Breve cronistoria dei viaggi nel tempo
[Ho scritto questo raccontino agostano vagamente sci-fi per la (bella) newsletter dello scartafaccio, facendo un giretto fuori dalla mia comfort zone. Lo incollo pure qui.]
A differenza dei princìpi che li regolano, per scalfire superficialmente i quali è stato - letteralmente - necessario un Einstein, la meccanica empirica dei viaggi nel tempo è incredibilmente rozza; realizzare strumenti per sfruttarla è di relativa semplicità ed è un traguardo raggiunto cinque volte nella storia dell’umanità (se dopo la stesura di questo testo se ne aggiungessero altre il lettore tenga conto che questo numero potrebbe sia aumentare che diminuire).
Il primo essere umano a costruire una rudimentale macchina del tempo fu l’assiro Adad-Nirari, nell’810 a.C. a Tarso. Tuttavia, non ne capì il vero funzionamento e ritenne di aver creato un sistema magico per fare sparire le cose. Non avendo gli Assiri all’epoca grossi problemi di smaltimento rifiuti, fu per lo più ignorato o preso per pazzo. Nel tentativo di convincere i suoi concittadini dell’importanza della sua scoperta fece sparire un ingente quantitativo di oggetti e animali, fra cui spiccano:
- una coppetta in terracotta che si materializzò nel 1912 sotto la coltre di permafrost svedese, creando una serie di grattacapi all’archeologo Erik Sjöqvist e costandogli quasi la carriera - una pecora che fu spedita nel giurassico superiore, prontamente divorata da un allosauro che passò il resto della sua infruttuosa esistenza a cercare altre prede così gustose. La sparizione della pecora fu mal digerita (tranne che dall’allosauro): il proprietario pretese un risarcimento da Adad-Nirari che distrusse poi la sua creazione per stizza.
Per la seconda macchina del tempo toccò attendere il 1652 quando il gesuita Giuseppe Adami, di stanza al Collegio di Messina, riuscì a costrurine una nei sotterranei dell’edificio. Fu il primo a capire l’importanza del legame fra coordinate spaziali  e temporali ma per un misto di impazienza e di ostinata devozione al sistema tolemaico il suo primo esperimento finì in tragedia: tentò di mandare Agostino, il gatto del collegio, di una frazione di secondo nel futuro e se lo ritrovò materializzato nel basso ventre. I suoi confratelli attratti dalle urla lo trovarono riverso con il muso di Agostino che gli spuntava dalla schiena. Per non correre rischi lo arsero al rogo ancora agonizzante.
Quasi contemporaneamente, nel 1653, una nobile di Guangzhou di raro intelletto, Mei Zhaozhong, arrivò a scoperte analoghe. Passò dodici anni mandando di pochi istanti nel futuro sassetti del suo giardino e misurandone le apparizioni fino ad arrivare a capire con buona approssimazione la corretta correlazione fra coordinate temporali e spaziali. I suoi studi furono bruscamente interrotti da una malattia debilitante. Allo stremo delle forze decise di visitare il futuro nel poco tempo rimastole e si materializzò nel mercato del pesce di Huanan nel dicembre 2019, dove riuscì appena a guardarsi intorno prima di spirare circondata da una folla di curiosi che iniziarono ad avere sintomi febbrili qualche giorno dopo.
La quarta macchina del tempo fu costruita nel 1997 da Roberto Saluzzi, un dottorando del dipartimento di fisica e astronomia dell’università di Padova. Scoprì mentre ne stava ultimando la messa a punto che non gli sarebbe stata rinnovata la borsa di studio per l’anno successivo e considerazioni di carattere personale sopravanzarono quelle di ricerca accademica: usò la sua creazione per andare nel 1969 e gambizzare quello che sarebbe poi diventato il coordinatore dei corsi di dottorato di ricerca (evento che fu erroneamente attribuito a moventi politici); utilizzò poi la sua istruzione avvantaggiata per fare a sua volta carriera accademica. Evitò accuratamente ogni rischio di incontrare sé stesso nel timore di creare un paradosso temporale fino ad un preciso giorno del 1997, arrivato il quale tornò al suo vecchio appartamento immaginandoselo deserto con la macchina del tempo appena utilizzata. Lo trovò invece occupato da tre albanesi e si interrogò se questo andasse a conferma dell’esistenza del multiverso o del fatto che si fosse in qualche modo rintanato in un mondo di sua invenzione (dubbio per la verità che attanaglia chiunque prima o poi) e abbandonò ogni studio nel campo per darsi ai tornei di burraco.
La quinta e ultima vicenda vide come protagonista Aidana Komi, un’anziana professoressa dell’università di Tirana che dopo aver realizzato il suo dispositivo nel 2023 venne assalita da sensati timori di alterazione del continuum. Decise quindi di alimentare un’intelligenza artificiale dandole in pasto un quantitativo ingente di libri di storia e quotidiani interrogandola su quale sarebbe stato il viaggio temporale più utile per il benessere dell’umanità e imponendosi di seguire alla lettera la risposta, qualunque sarebbe stata. Il verdetto fu di recarsi a Padova nel 1996 e convincere il dottorando Roberto Saluzzi a cambiare appartamento. Aidana con qualche perplessità portò a termine il compito, approfittandone per collocare nell’appartamento rimasto sfitto un paio di cugini desiderosi di trasferirsi in Italia.
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musicwithoutborders · 2 years
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Bernardo Sassetti,  Realejo I  Solo, 2019
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