#Raffaello Morghen
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Zeus. 19th.century. by Raffaello Sanzio Morghen Italian 1758-1833. engraving with aquatint. http://hadrian6.tumblr.com
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“Theseus” (engraving of Canova’s sculpture), by Raffaello Sanzio Morghen (1758-1833), Italian artist.
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The superb engraving (1787) shows Theseus, mythical king of Athens seated on the body of the conquered Minotaur by Raffaello Sanzio Morghen (1758-1833), Italian – after the white marble sculpture in (1781-82) by Antonio Canova (1757-1822).
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Vomero: NO alla ZTL! soluzione semplicistica quanto dannosa. Riaprite al traffico piazza degli Artisti e via Luca Giordano
Da realizzare subito la bretella tra viale Raffaello e via Tito Angelini, la quarta fermata della funicolare di Montesanto e il parcheggio a raso sotto i viadotti della tangenziale in via Cilea Piazza degli Artisti: traffico paralizzato ” In questi giorni, a seguito della voragine in via Morghen, una delle strade più dissestate e abbandonate del quartiere Vomero, come denunciamo…
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#Comitato Valori collinari#Gennaro Capodanno#Napoli#piazza degli Artisti#via Luca Giordano#via Morghen#via Scarlatti#via Solimena#Vomero
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“Asclepius And Hygieia - Ὑγιεία Or Ὑγεία”, engraving by Morghen Raffaello.
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diciannove settembre
Wayne Miller, Girl reading Ebony magazine, Chicago, Illinois. 1947.
Nun mi lassari sulu
Ascutami, parru a tia stasira e mi pari di parrari o munnu. Ti vogghiu diri di non lassàrimi sulu nta sta strata longa chi non finisci mai ed havi i jorna curti. Ti vogghiu diri chi quattr’occhi vidinu megghiu, chi miliuna d’occhi vidinu chiù luntanu, e chi lu pisu spartutu nte spaddi è…
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#Andrea Canevaro#Carlo Fruttero#Eugenia Bulat#Ignazio Buttitta#Julien Blaine#Mika Waltari#Pierre Magnan#Raffaello Morghen#Viktor Vladimirovič Erofeev#Wayne Miller#William Golding
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Leonardo da Vinci, Raffaello Morghen, Cleveland Museum of Art: Prints
Medium: engraving
https://clevelandart.org/art/1949.111
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Nuovo post su https://is.gd/hJTEsX
Gli Arcadi di Terra d'Otranto: Gregorio Messere di Torre S. Susanna (20/20)*
di Armando Polito
* Questo post corregge ed integra quanto apparso in http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/23/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-13/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/25/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-708-di-torre-s-susanna-23/
http://www.fondazioneterradotranto.it/2015/10/26/gli-emblemata-di-gregorio-messere-1636-1708-di-torre-s-susanna-33/
La prima biografia del nostro (1636-1708), originario di Torre S. Susanna1, è la Vita di Gregorio Messere Salentino detto Argeo Caraconasio scritta dal D. Gaetano Lombardo Napolitano detto Emio Caraconasio, in Le vite degli Arcadi illustri scritte da diversi autori, v. II, De Rossi, Roma, 1710, pp. 47-59, col testo preceduto dal ritratto che riproduco di seguito. Va rilevato, anzitutto, che al Caraconasio del titolo, replicato a p. 58 dove sono riportate due dichiarazioni di voto favorevole alla pubblicazione della biografia, a firma la prima di Milesio Meneladio (nome pastorale di Giusto Fontanini di Cividale del Friuli e di Faunio Stomiate (nome pastorale di Biagio Garofalo di Napoli), la seconda di Arato Alalcomenio (nome pastorale di Domenico De Angelis di Lecce), si oppongono il Choraconasio della didascalia del ritratto e il Coraconasio presente in una delle pagine iniziali, non numerate, dell’indice.
C(OETUS) U(NIVERSI) C(ONSULTO)
ARGEO CHORAGONASIO PASTORI ARCADI
D(E)F(UNCTO) PHILOLOGO EMIUS CHORAGONASIUS
PASTOR ARCAS PRAECEPTORI ET
DECESSORI B(ENE) M(ERITO) P(OSUIT)
OLYMPIAD(E) DCXXI AN(NO) III AB A(RCADIA) I(NSTAURATA)
OLYMPIAD(E) V AN(NO) II
(Per decisione dell’intera assemblea/ad Argeo Coragonasio pastore arcade filologo defunto Emio Coragonasio, pastore arcade, al maestro e predecessore benemerito pose. Olimpiade 621a del terzo anno dall’istituzione dell’Arcadia/Olimpiade quinta anno secondo2)
Ai due angoli inferiori il nome degli autori: P(etrus) L(eo) Ghezzius del(ineavit)=Pietro Leone Ghezzi disegnò e D(ominicus) Franceschini sculpsit=Domenico Franceschini incise. Il Franceschini, tra i più famosi incisori Romani del XVIII secolo, fu autore, fra gli altri, del frontespizio di Collectanea antiquitatum Romanarum quas centum tabulis aeneis incisas et a Rodulphino VenutiAcademico Etrusco Cortonensi notis illustratas exhibet Antonius Borioni, Bernabo, Roma, 1736. La sua arte immortalò anche in una incisione donata a Vincenzo Giustiani l’uccisione di un capodoglio avvenuta nei pressi del porto di Pesaro il 18 aprile 1713, secondo la notizia che si legge in una lettera indirizzata da Vito Procaccini Ricci a Ottaviano Targioni Tozzetti e pubblicata in Giornale di fisica, Chimica, Storia naturale, Medicina ed arti, decade II tomo VIII, Fusi, Pavia, 1825, p. 46. Pier Leone Ghezzi è famoso per gli affreschi di Villa Falconieri a Frascati e per le caricature. Le sue opere raggiunsero quotazioni elevate mentr’era ancora in vita. Non era digiuno di poesia se nel 1702 sul retro del suo primo autoritratto (1702) vergò questi versi: Pier Leone son io/di casa Ghezzi che dì 28 giugno/quando al mille e seicento/anni settanta quattro ancor/s’aggiunse io nacqui e si congiunse/a questi l’età mia di vent’ott’anni/ch’ora nel mille settecentoedue/mi mostra il tempo, e le misure sue./Or mentre questo fugge e mai s’arresta/io mi rido di lui e mi riscatto/col dar perpetua vita al mio ritratto.
In Vittorio Giovardi3, Notizia del nuovo teatro degli Arcadi aperto in Roma l’anno MDCCXXVI, Antonio De Rossi, Roma, 1727, p. 21-22: Voltando la fronte verso il Portone si comincia a godere della veduta di Roma, e insensibilmente salendovi si rimirano a destra, e a sinistra ripartiti in quattro quadrati i folti Lauri, che dividendosi, formano di quà4 , e di là due brevi, ma spaziosi viali, al fine dei quali con vaga, e propria simmetria vengono collocate le Lapidi di Memoria de’ nostri defunti Pastori, che in numero fin’ora di quarantadue sono state dalla nostra Adunanza inalzate, e sono le seguenti …
Questa trascrizione appare decisamente sciatta, tanto più che si presume frutto di un esame autoptico. Sorprende non tanto CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS quanto PHILOGO, errore di cui ci si dovette accorgere troppo tardi, visto che si rimediò dopo qualche decennio, essendo custode dell’accademia Michele Giuseppe Morei, in Memorie istoriche dell’adunanza degli Arcadi, De Rossi, Roma, 1761, p. 133, dove, però, permangono CHORAGONASIO/CHORAGONASIUS.
Apprendiamo, così, che il dedicatore della tavola fu Emio Coragonasio, nome pastorale di Gaetano Lombardo di Napoli, cioè l’autore di questa prima biografia, che nella seconda parte del nome pastorale assunse quella del suo maestro, il che appare confermato dal fatto che in L’Arcadia del can. Gio. Mario Crescimbeni, Antonio De’ Rossi, Roma, 1708, p. 116 compare solo la prima parte (Emio)5. Chi pensa che su Coragonasio il discrso finisce qui, si sbaglia di grosso.
In Domenico De Angelis, Le vite de’ letterati salentini, s. n., Firenze, 1710, v. I, a p. 167 leggo: nostro saggio, e dotto Emio Caraconasio.
In Acta Eruditorum anno MDCCXIII, Muller, Lipsia, 1713, a p. 502 si legge Argeus Carconasius.
In Dell”istoria della volgar poesia scritta da Giovan Mario Crescimbeni, Basegio, Venezia, 1730, v. V, a p. 316 si legge Argeo Caraconasio e a p. 365 Argeo Coraconasio.
In Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, a cura di Domenico Martuscelli, Gervasi, Napoli, 1817, s. p., in cui è inserita la seconda biografia di cui ci occuperemo fra poco, si legge: Argeo Caraconessio e il bello è che dopo qualche parola si fa riferimento preciso (con citazione della p. 47) alla prima biografia con cui ho iniziato.
E poteva mancare, a questo punto, l’Argeo Caroconasio che si legge in Versi d’occasione e scritti di scuola/ Giambattista Vico ; con appendice e bibliografia generale delle opere a cura di Fausto Nicolini, Laterza, Bari, 1941, p. 42?.
In conclusione: mi pare che la forma corretta tra tante, esclusa l’ultima, pressoché contemporanee, debba individuarsi in Coragonasio, non solo per il carattere “ufficiale” del ritratto ma anche perché esso fu il secondo nome pastorale (il primo è Astildo), oltre che, come s’è detto, del Lombardo, anche di Giovanni Battista Lanfranchi Lanfreducci di Pisa.
Definito questo dettaglio (ma le altre varianti sono solo per il momento accantonate) , prima di accennare alla seconda biografia, cercherò di dare ragione del nome pastorale nelle sue due componenti.
Argeo è piuttosto ambiguo (e tale ambiguità, forse, anche in questo caso fu assunta ad arte) perché può derivare direttamente dal latino Argeus=argivo (Argo era considerata dai Greci come la loro città più antica), ma Argo era anche il nome del mostro della mitologia greca, fornito di molti occhi (e in senso figurato può valere come persona alla quale nulla sfugge). Come non pensare, però, pure al greco ἀργός (leggi argòs), che significa splendente, luminoso e al suo omofono che significa pigro? Tutto ciò, secondo me, è perfettamente in linea col Gregorio ironico ed autoironico tramandatoci dalle biografie, col suo spirito direi socratico, consapevole dei suoi mezzi ma anche dei loro limiti. E questo, sempre secondo me, spiega abbondantemente il fatto che di lui non ci sia rimasta nessuna opera autonoma, ma solo componimenti in versi, inseriti, come vedremo, in raccolte curate da altri6.
Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali spesso è legata ad un toponimo (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Coragonasio (parto dalla variante che ho appena ritenuto la più attendibile) appare come forma aggettivale di Coragonaso. La seconda parte dei nomi pastorali spesso è legata ad un toponimo (detto campagna, quasi ideale ambiente personale del socio che, com’è noto, era chiamato pastore), ma poteva pure evocare un personaggio del mito o contenere altri riferimenti più o meno criptici. Escluso il toponimo7, si può supporre che sia un nome composto (poteva esserlo pure l’eventuale toponimo); e qui il ventaglio delle voci, tenendo conto pure delle varianti, che potrebbero entrare in campo, è abbastanza ampio: χώρος (leggi choros) o χώρα (leggi chora)=terra+ἀγών (leggi agòn)=lotta+ ἄζω (leggi azo)=rispettare; χορός (leggi choròs=coro)+le due altre componenti indicate per l’opzione precedente; per coraconasio: χώρος/χώρα+ἀκοναῖος (leggi aconàios)=pietroso oppure χορός+ἀκονάω (leggi aconao)=eccitare oppure κόραξ (leggi corax)=corvo+νήσιον (leggi nèsion)=isoletta; per Caraconasio il primo componente potrebbe essere κάρα (leggi cara)=testa. Lascio alla fantasia del lettore la possibile giustificazione semantica di ogni combinazione, convinto del fatto che solo l’interessato, qualora se ne fosse dato cura, avrebbe potuto lasciare un lumicino acceso a diradare, almeno in parte, le tenebre.
Di Andrea Mazzarella da Cerreto, invece, è la seconda biografia inserita nel tomo IV di Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli, op. cit., preceduta dal ritratto, un’incisione, cosa ricorrente in questa raccolta, della scuola di Raffaello Morghen (1758-1833). Il nome pastorale che qui si legge è, come s’è detto, Argeo Caraconessio, per il quale, come se non bastasse quanto al riguardo s’è detto, potrebbe essere messo in campo come componente finale Νέσσος (leggi Nessos)=Nesso, il mitico centauro ucciso da Ercole.
S’è detto che del Messere non c’è neppure una pubblicazione esclusiva. Nella compilazione di quella che vuole essere ambiziosamente la documentazione testuale (per così dire dal vivo, con immagini in dettaglio tratte daile pubblicazioni originali) di tutta la produzione del nostro con l’aggiunta di qualche mia nota di commento, non trascurerò quanto da lui scritto prima del 1690 (data di fondazione dell’Arcadia), anche se la suddivisione adottata è, dal punto di vista artistico, piuttosto fittizia.
PRIMA DEL 1690
Sono tutti componimenti encomiastici, in distici elegiaci, di un’opera altrui, inseriti in questa, insieme con quelli di altri letterati, nelle pagine iniziali per lo più non numerate.
In Notizie di nobiltà. Lettere di Giuseppe Campanile8 Accademico Umorista et Ozioso indirizzate all’Illustrissimo et Eccellentissimo D. Bartolomeo di Capova Principe della Riccia, e Gran Conte di Altavilla etc., Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1672, s. p.:
(Del signor Gregorio Messere. Afflitto gemerà a causa delle lacrime di Partenope spuntate poiché la terra ha sepolto illustrissimi cavalieri. Frattanto passa a volo la fama e si sfiora le ali. Una piuma e solo una cade sul lido campano. Campanile è lì: prende la piuma caduta dal cielo, la prende e comincia a celebrare le gesta per gli uomini estinti. Lui comincia, gli eroi, abbandonate le tombe, cominciano a risorgere e ad essere elevati alle stelle mentre la morte manifesta il suo malcontento. Dico evviva Giuseppe! Ora lo grida l’illustre sirena; mentre tu fai tali doni, dico evviva. Evviva, ma vivrai in eterno: i tuoi scritti degni del cielo già ti hanno fatto meritare eterna vita)
In Giovanni Giacomo Lavagna, Poesie, Conzatri, Venezia, 1675, parte I, p. 245:
(Quale musa t’insegnò la poesia, quale sirena la musica? Quale fiume ti offrì un’acqua tanto dolce? Tu agiti il plettro: l’onda della Sebetidea immobile tace; pizzichi le corde: muovi le pietre e i cuori crudelib. O Lavagna, o sarai, lo dirò io, un poeta ismarioc o la lira ismaria a te è stata mandata dal cielo)
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a Patronimico, epiteto attribuito alla figlia del fiume Sebeto inteso come divinità.
b Così, secondo il mito, faceva Orfeo con la sua lira.
c Dell’Ismaro, monte della Tracia, dove, secondo le fonti più antiche, a Lebetra, era nato Orfeo.
In Tomaso di S. Agostino, Strada franca al cielo per il peccatore, Mollo, Napoli, 1677, s. p.:
(Se, dice il Poeta a, è facile la discesa dell’Averno ma tendere in alto questo è il compito, questa la fatica, con questo libro pra è facile la scalata dell’Olimpo né è una fatica andare verso il cielo)
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a Virgilio, Eneide, VI, 126-129: … facilis descensus Averno:/noctes atque dies patet atri ianua Ditis;/sed revocare gradum superasque evadere ad auras,/hoc opus, hic labor est. Da notare che Averni è la lezione di alcuni manoscritti abbandonata per Averno dagli editori moderni.
In Stefano Tropeano Sessa, Il palagio della sapienza fondato sù le sette colonne dell’arti liberali, Porsile, Napoli, 1680, s. p.:
(Per il nobile furto stellare di Stefano Tropeano Sessaa. Ora è tempo di sollevare audaci sguardi al cielo, ora di apprendere i vari moti degli astri. Il Toro percorre l’ultima orbita mentre le stelle brillano e il Capricorno è sommerso dalle acqueoccidentali. Arturo, Cefeo, Procione, Delfino, Orione, Auriga e Perseo, Pegaso, Andromeda e l’erculeo Leone ammirano il furto di suo nipote, furto degno della fatica di Prometeob. Piccolo uccello illustre nei segni di Archimede per il quale volle la sfera, mentre il cielo stupiva. Qui si affretti chi vuole essere un grande indovino: con questo libro da scorrere potrà conoscere cose acute)
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a Nel frontespizio del volume correttamente si dichiara che essa è una traduzione da Latino nell’Idioma Italiano dall’Opere manoscritte (sull’astrologia) del Dottissimo Sig. D. Fabrizio Sessa suo Zio, e maestro.
b Rubò il fuoco agli dei per donarlo rlo agli uomini. Zeus lo punì incatenandolo ad una rupe ai confini del mondo dove un’aquila gli rodeva di giorno il fegato ricresciuto durante la notte e poi facendolo sprofondare nel Tartaro, al centro della Terra. È uno dei simboli della lotta del progresso e della libertà contro il potere.
In Giovanni Canale, Amatunta, dedicata all’Illustrissimo Signore Antonio Magliabechi eruditissimo Bibliotecario del Serenissimo Cosimo Terzo Gran Duca di Toscana, Conzatti, Venezia, 1681, s. p.:
(Epigramma del tarantinoa Gregorio Messere. Come Arione canta tra i veloci delfini, come il Cigno canta presso le rive dell’Eridanob, così la zampogna del defunto Sinceroc cantò presso le onde, così prossima a Sincero canta la tua musa)
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a Segue l’opinione, errata, di Carlo Susanna, per cui vedi nota 1.
b Nome mitico e poetico del Po.
c È il nome del pastore personaggio principale dell’Arcadia di Iacopo Sannazzaro (1457-1530), dietro il quale si nasconde lo stesso autore, il cui nome umanistico era Actius Sincerus.
DOPO IL 1690
In Componimenti recitati nell’Accademia a’ dì 4 di Novembre ragunata nel Real Palagio in Napoli per la ricuperata salute di Carlo II, Parrino. Napoli, 1697, pp. 170-172.
(Mio re austriacoa insigne per devozione e valore militare, grazie al quale solo protettore la luna barbarab cadrà, giace con una gran debolezza negli anni giovanili. Onnipotente, avendo pietà, portagli aiuto! Ti muova il gemito del Libano, la flebile onda del Giordano, i pii voti di Sionc . Viva, e mi liberi dalle catene, cinte le tempie delle palme idumeed, importante si diriga alle stelle. Aveva detto Gerusalemme in lacrime. Tuona l’alto Olimpo, la malattia è scomparsa, viene l’amica salute)
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a Carlo II d’Asburgo (1661-1700) re di Spagna, dei territori spagnoli d’oltremare, nonché re di Napoli col nome di Carlo V. Fu di salute cagionevolissima.
b La mezzaluna, simbolo della potenza turca.
c Sineddoche per Gerusalemme, che è costruita sul monte Sion.
d Idumea era il nome di una contrada della Palestina.
(Smetti, o Vesuvio, di scuotere gli astri col terrificante gemitoa; placide acque del Sebeto, non addoloratevi; tu, Mergellina, dirigi sul monte le allegre danze: tu Antinianab, cingi le chiome di nitide rose! Toccate, o Sirene, toccate le corde dal dolce suono; o Amadriadic, giocate, o Nereidid, applaudite! O muse, aprite il Parnasoc e muovete i canti! O secolo felice! O giorno benigno! Vive la nostra salvezza,vive l’unica speranza del mondo: Carlo, gloria degli Austriaci, sta bene)
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a L’anno 1697 registrò un’intensa attività eruttiva del vulcano.
b Nome di una ninfa che Giovanni Pontano (1429-1503) s’inventò come trasfigurazione di Antignano, località sulla collina del Vomero, dove c’era la sua villa, in Ad Bacchum consecratio, quinto carme del secondo libro del De amore coniugali.
c Un particolare tipo di Driadi , cioè di Ninfe boscherecce, la cui vita dipendeva da quella delle querce. La voce è dal greco ἁμαδρυάδες (leggi Amadriuàdes), composto da ἄμα (leggi ama)=insieme+δρῦς (leggi driùs)=quercia.
d Ninfe acquatiche, figlie di Nereo.
e Monte della Grecia. Nell’antichità sacro ad Apollo e a Dioniso e considerato sede delle Muse,divenne simbolo della poesia.
(Tespiadia Muse, figlie di Giove, date inizio al canto, battete il barbitob o la lira. Sul Pindo eseguite danze coi morbidi piedi. Si gioisca delle argentee acque di Castaliad. L’austriaco Carlo, che lo splendente Apollo ha amato, Carlo, luce dell’Oriente e dell’Occidente, si è liberato della mancanza di forze, sta bene. O giorno armonioso, o età felice, o beata notizia!)
a Perché onorate a Tespie, città della Beozia.
b Specie di lira.
c Monte della Grecia sacro ad Apollo ed alle Muse.
d Mitica fanciulla di Delfi che per sfuggire ad Apollo si suicidò gettandosi in una sorgente presso il santuario di Delfi, che da lei ebbe nome. Coloro che si recavano a consultare l’oracolo dovevano compiervi un bagno di purificazione. Dai poeti romani le fu attribuita la virtù d’ispirare la poesia.
Lo stesso destino, quello di non comparire in una pubblicazione destinata solo a loro, toccò agli Emblemata, che risultano inseriti in Pompe funerali celebrate in Napoli per l’eccellentissima signora D. Caterina d’Aragona e Sandovale, duchessa di Segorbia, Cardona etc., con l’aggiunta di altri componimenti sul medesimo soggetto, Roselli, Napoli, 1697, pp. 57-68. Lo stesso volume, sul quale ritornerò più avanti, ospita pure alle pp. 185-189 altri componimenti del nostro, cinque in latino e due in greco. Il numero complessivo di pagine del volume ospitanti il Messere (17 su un totale di 165) è prova evidente del credito di cui egli godeva e in particolare l’estensione degli Emblemata (12 pagine) non avrebbe certo fatto gridare allo scandalo se l’autore li avesse pubblicati come un opuscoletto, tanto più che essi appartenevano ad un genere letterario che vantava nobili natali9. A tal proposito vale la pena approfondire. Emblèmata è voce latina trascrizione dal greco ἐμβλήματα (leggi emblèmata) plurale di ἔμβλημα (leggi èmblema). All’ἔμβλημα greco corrisponde in latino emblèma, da cui la voce italiana usata nel senso generico di simbolo. In greco la parola [derivata dal verbo ἐμβάλλω (leggi emballo)composto da ἐν (leggi en)=dentro e da βάλλω (leggi ballo)=gettare] indicava qualsiasi cosa inserita, come, fra l’altro le tessere del mosaico; tale significato passò in latino, dove emblema veniva chiamato l’intero mosaico. Ed è proprio partendo dall’idea delle tessere musive che è nato il significato generico moderno di simbolo[non a caso dal latino symbolu(m), trascrizione del greco σύμβολον (leggi siùmbolon), composto da σύν (leggi siùn)=insieme e dal già visto βάλλω . Ciò avvenne nel XVI secolo con l’avvento di un vero e proprio genere letterario che ha il suo antesignano in Andrea Alciato (1492-1550) e nei suoi Emblematum libellus10, raccolta di rappresentazioni simboliche accompagnate talora da un titolo e sempre da una didascalia per lo più in versi, il tutto in funzione moraleggiante.
Passeremo ora in rassegna i veri e propri emblemi contenuti nelle pp. 57-68, successivamente quelli delle pp. 185-189, che per comodità definirò spuri in quanto mancanti, a differenza degli altri, dell’immagine.
Ricapitolando: in base a quanto si legge nel frontespizio le Pompe in morte di Caterina sono dedicate a suo figlio Luigi della Cerda, discendente di Ludovico. I meriti di quest’ultimo sono indicati nella seconda dedica ed occupano la prima pagina della stessa e la parte iniziale della seconda. Luigi ricompare ancora in DI TANTO PRINCIPE, ma è evidente come la composizione tipografica faccia risaltare, con gradazioni diverse, il nome della defunta [DI D(ONNA) CATERINA D’ARAGONA] con quello che sembra essere il suo merito principale (DEGNISSIMA MADRE) e quello di Napoli (PARTENOPE) che le tributa l’omaggio.
Passo ora agli emblemata spuri delle pp. 185-189.
Tre suoi componimenti, sempre in distici elegiaci (il primo in latino, gli altri in greco), sono in Componimenti in lode del giorno natalizio di Filippo V, Re di Spagna, di Napoli, etc. recitati a dì XIX di Decembre l’anno MDCCIV nell’Accademia per la Celebrazione di esso Giorno nel Real Palagio tenuta dall’illustriss. ed eccellentiss. Signor S. Giovanni Emanuele Pacecco Duca di Ascalona, Vicerè, e Capitan Generale del Regno di Napoli, Niccolò Bolifoni, Napoli, 1705, pp. 259-261:
(Quando l’alma genitrice partorì dall’augusto grembo FILIPPO DI BORBONE a, le fatidiche Parche tessendo gli aurei filib dissero: – Nasci, nasci, grande fanciullo. Ti attendono come re i duplici confini del mondo, quelli dell’Europa da soli non sufficienti al tuo impero)
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a Filippo V. figlio di Luigi, il gran Delfino, e di Anna Maria di Baviera, nonché nipote di Luigi XIV, era nato nel 1683 e diventerà re di Spagna nel 1700. Qui si direbbe che il Messere riveli doti profetiche, se non fosse più che normale per un rampollo di discendenza reale l’augurio che il salentino gli esprime nei due versi finali.
b Nella mitologia greca le tre Parche (Cloto, Lachesi ed Atropo) rispettivamente tessevano, misuravano e tagliavano il filo simboleggiante la vita di ogni uomo. Si fosse trattato di un poveraccio, il filo sarebbe stato di materiale infradiciato; trattandosi di un futuro re, poteva non essere d’oro?
(Filippo, re potente e buono delle regioni occidentali, amato allo stesso modo dagli dei e dagli uomini, oggi è nato presso le dolci sponde del Rodano. Correte, Muse dell’Olimpo, incoronate i capelli di fiori primaverili, battete le corde dal bel suono, ascoltate anche le notizie della nascita del Borbone, ascoltate! Egli certamente con molte vittorie, con molti trionfi farà giungere di nuovo l’età dell’oro sulla terra)
(Per la nascita dello stesso monarca. Quando il sole è nel segno del toro nella stagione primaverile spunta la rosa, ma dura poco. Il fiore borbonico nato nel bel mezzo dell’inverno è sempre rigoglioso di foglie di oro)
Un distico elegiaco funge da didascalia al ritratto di Antonio Sanfelice senior (1515-1570) frate minorita autore di Campania uscito per i tipi di Cancer a Napoli nel 1562. Il ritratto è a corredo dell’edizione curata da Antonio Sanfelice iunior (vescovo di Nardò dal 1707 al 1736) uscita per i tipi di Giovanni Francesco Pani a Napoli nel 1726 e dedicata dal fratello di Antonio, architetto, a Benedetto XIII. In basso a destra si legge And(reas) Maillar sc(u)lp(sit)=Andrea Maillar incise. Il Maillar, nato a Napoli verso il 1690, incise soggetti storici alla maniera di Solimena e , fra gli altri ritratti, anche quelli dei membri della famiglia Carafa. Il concittadino architetto Giovanni De Cupertinis m’informa che il disegno del ritratto del frate fu eseguito dall’architetto Ferdinando Sanfelice, che per l’occasione realizzò un bozzetto a penna, acquerello e sanguigna, attualmente conservato presso il Gabinetto dei Disegni del Museo di Capodimonte di Napoli.
O utinam posset pingi, ut mortalis imago,/sic genus et Pietas, CUIUS ET INGENIUM./d. Gregorius Messerius.
Volesse il cielo che si potesse dipingere come l’immagine mortale così la nobiltà e la devozione e la sua indole.
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1 Carlo Susanna erroneamente lo crede tarantino in Vita di Carlo Buragna inserita in Poesie del Signor D. Carlo Buragna, Castaldo, Napoli, 1683, s. p. e pure, probabilmente da lui attingendo, Giangiuseppe Origlia Paolino in Istoria dello studio di Napoli, Giovanni Di Simone, Napoli, 1754, v. II, p. 102.
2 Antonio Caraccio, l’arcade di Nardò, op. cit., p. 58 n. 27
3 Di Veroli; il suo nome pastorale era Zetindo Elaita. Nell’opera descrive il Bosco Parrasio, la villa fatta costruire dall’accademia, grazie alla munificenza di Giovanni V di Portogallo. Fu la sua prima sede stabile, inaugurata il 9 settembre 1726. Dal volume la tavola che segue: disegno di Antonio Canevero, incisione di Vincenzo Franceschini (Roma 1680-Firenze 1740; quest’ultimo, della stessa famiglia di Domenico autore del ritratto inserito nel volume del 1710, risulta vincitore del primo premio della terza classe della pittura nel 1711 (Le belle arti pittura, scultura, e architettura, compimento, e perfezione delle bellezze dell’universo mostrate nel Campidoglio dall’Accademia del disegno il dì 24 settembre 1711, essendo Principe della medesima il Sig. Cavalier Carlo Marattti e Viceprincipe il Signor Cavalier Carlo Francesco Person. Relazione di Giuseppe Ghezzi pittore, e segretario accademico e fra gl’Arcadi Afideno Badio dedicata dagl’Accademici alla Santità di N. S. Clemente XI Pont. Ott. Mass., Zenobi, Roma, 1711, s. p.
4 Forma in uso fino agli inizi del XX secolo.
5 Così anche in Vincenzo Lancetti, Pseudonimia ovvero tavole alfabetiche de’ nomi finti o supposti degli scrittori con la contrapposizione de’ veri, Luigi Di Giacomo Pirola, Milano, 1836.
6 In prosa ci restano tre lezioni tramandateci da un manoscritto settecentesco in due volumi (mss. 9221 e 9222), custodito presso la Biblioteca Nazionale di Spagna, intitolato Raccolta di varie lezioni accademiche sopra diverse materie, recítate nell’Accademia dell’Eccmo. Signore Duca di Medina Celi & c., Vicere et Capitan Generale 6 C. nel Regno di Napoli. Nel primo volume: Dell’Imperador Nerva Cocceio (carte 168r-174v) e Della vita di Trajano Imperadore (carte 175r-199v); nel secondo: Della poesía (carte 195r-203v). La raccolta è stata pubblicata a cura di Michele Rak per dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli dal 2000 al 2005.Nel manoscritto si leggono pure lezioni di altri arcadi: Giuseppe Valletta (nome pastorale Bibliofilo Atteo) Sopra la vita dell’Imperadore Galba Ragionamento 1° cc. 36r-48v, Ragionamento 2° carte 49r-59v, Ragionamento 3° carte 60r-69v, Della vita dell’Imperadore Pertinace lezione unica cc. 355r-363v, Della vita di Massimino Imperadore carte 364-374, Della vita di Gordiano Imperadore carte 375r-384v, Della vita di Aurelio Alessandro Severo Imperador di Roma carte 385-393; Niccolò Crescenzi (nome pastorale Liburno Sopra la vita di M. Aurelio filosofo Lezione 1a carte 255r-262v, lezione 3a carte 263r-271v, lezione 4a carte 272r-282v, Della vita dell’Imperador Lucio Antonino Commodo (carte 283r-312v, Considerazioni su l’lmperio di M. Didio Severo Giuliano Imperador di Roma carte 313r-323v), Della vita di Settimio Severo Imperador Romano carte 324r-335r, Della vita di Aurelio Antonino Bassiano detto Caracalla (carte 336r-342v), Considerazione sopra la vita e l’Imperio di Opilio Macrino carte 343r-354v; Filippo Anastasio (nome pastorale Anastrio Liceatico) Intorno all’arte nautica carte 183r-194v; Giuseppe Antonio Cavalieri (nome pastorale Floridano Ateneio) Delle Sibille carte 216r-228v; Giuseppe Lucina (nome pastorale Filomolfo Corebio) Dell’agghiacciamento e della cagione di quello carte 236r-245v.
Le lezioni sulla poesia sono conservate pure in un manoscritto (ms. XII G. 58)custodito presso la Biblioteca Nazionale di Napoli.
7 Vorrei tanto chiedere all’autore della scheda in wikipedia
(https://it.wikipedia.org/wiki/Gregorio_Messere), dove si legge Coraconasio, “dalle campagne dell’isola Coraconaso”, visto pure il virgolettato, da dove ha tratto il nome di questa fantomatica isola. La disgrazia è che in rete l’invenzione in rete è destinata a diventare infezione molto più rapidamente di quanto succede con la carta stampata.
8 Pubblicò anche:
Parte prima delle poesie, Cavallo, Napoli, 1648.
Prose varie, divise in Funzioni Accademiche, mandate al Sig. D. Francesco Carafa Principe di Belvedere, in ettere Capricciose al Sig. Principe di Sant’Agata D. Pietro Farao, in Dialoghi morali a’ Sign. D. Pietro, e D. Lorenzo Casaburo, suoi Amici, Luc’Antonio di Fusco, Napoli, 1666.
9 Tanto più che, a quanto ne so, fu l’unico salentino ad applicare originalmente questo genere alla commemorazione funebre, quasi una versione dotta dei “ricordi” in uso ancora oggi spesso con l’immagine del defunto (in passato un’altra con il tema cristiano della morte e della resurrezione) e una frase più o meno importante, per lo più una citazione di carattere sacro, raramente poche semplici parole. Da aggiungere anche all’originalità l’abilità nel trattare ripetutamente in modo non banale lo stesso tema. Al solito, dominante sottofilone filosofico-letterario, invece, è da ascrivere l’unico emblema di un altro salentino, il neretino Alberico Longo, inserito nell’opera di Achille Bocchi (alle pp. CCCXL-CCCXLI) registrata nella nota successiva a questa.
(FILOLOGIA SIMBOLICA. Dì che bisogna avere
grande indulgenza per le fatichea)
10 Wechel, Parigi, 1534. Solo nel corso del XVI secolo l’opera contò altre 8 edizioni. Ne seguirono 6 nel secolo successivo, in cui ne uscì pure una (la prima e l’ultima che conosco) con la traduzione in italiano di Giacomo Pighetti (tozzi, Padova, 1626). Dopo l’Alciato, solo per citare i nomi più importanti:
Achille Bocchi, Symbolicarum quaestionum libri quinque, Società tipografica Bolognese, Bologna, 1574
Cesare Ripa, Iconologia overo descrittione dell’immagini universali cavate dall’antichità et da altri luoghi, Eredi di Giovanni Gigliotti, Roma, 1593 (altre 8 edizioni nel secolo XVII)
Jean Jacques Boissard, Emblematum liber, Theodor de Bry, Francoforte sul Meno, 1593
Giorgio Camerario, Emblemata amatoria, Tipografia Sarcinea, Venezia, 1627
Non tardarono a mancare, data l’ampiezza di scelta del materiale pubblicato e del successo editoriale del genere, i compilatori fin dal secolo XVII; basti citare Filippo Piconelli, Mondo simbolico, Pezzana, Venezia, 1678 (650 pagine escludendo i corposissimi indici).
(FINE)
Per la prima parte (premessa): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/08/gli-arcadi-di-terra-dotranto-premessa-1-x/
Per la seconda parte (Francesco Maria dell’Antoglietta di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/15/gli-arcadi-di-terra-dotranto-2-x-francesco-maria-dellantoglietta-di-taranto/
Per la terza parte (Tommaso Niccolò d’Aquino di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-3-x-tommaso-niccolo-daquino-di-taranto-1665-1721/
Per la quarta parte (Gaetano Romano Maffei di Grottaglie):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/07/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-4-x-gaetano-romano-maffei-di-grottaglie/
Per la quinta parte (Tommaso Maria Ferrari (1647-1716) di Casalnuovo): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/16/gli-arcadi-di-terra-dotranto-5-x-tommaso-maria-ferrari-1647-1716-di-casalnuovo/
Per la sesta parte (Oronzo Guglielmo Arnò di Manduria, Giovanni Battista Gagliardo, Antonio Galeota e Francesco Carducci di Taranto):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/08/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-6-x-oronzo-guglielmo-arno-di-manduria-giovanni-battista-gagliardo-antonio-galeota-e-francesco-carducci-di-taranto/
Per la settima parte (Antonio Caraccio di Nardò):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/17/gli-arcadi-di-terra-dotranto-7-x-antonio-caraccio-di-nardo/
Per l’ottava parte (Donato Capece Zurlo di Copertino): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-8-x-donato-maria-capece-zurlo-di-copertino/
Per la nona parte (Giulio Mattei di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/09/28/gli-arcadi-di-terra-dotranto-9-x-giulio-mattei-di-lecce/
Per la decima parte (Tommaso Perrone di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/03/gli-arcadi-di-terra-dotranto-10-x-tommaso-perrone-di-lecce/
Per l’undicesima parte (Ignazio Viva di Lecce): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/11/gli-arcadi-di-terra-dotranto-ignazio-viva-di-lecce-11-x/
Per la dodicesima parte (Giovanni Battista Carro di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/18/gli-arcadi-di-terra-dotranto-12-x-giovanni-battista-carro-di-lecce/
Per la tredicesima parte (Domenico de Angelis di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/21/gli-arcadi-di-terra-dotranto-13-x-domenico-de-angelis-di-lecce-1675-1718/
Per la quattordicesima parte (Giorgio e Giacomo Baglivi di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/26/gli-arcadi-di-terra-dotranto-14-x-giorgio-e-giacomo-baglivi-di-lecce/
Per la quindicesima parte (Andrea Peschiulli di Corigliano d’Otranto): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/10/31/gli-arcadi-di-terra-dotranto-15-x-andrea-peschiulli-di-corigliano-dotranto/
Per la sedicesima parte (Domenico Antonio Battisti di Scorrano): https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/05/gli-arcadi-di-terra-dotranto-16-x-domenico-antonio-battisti-di-scorrano/
Per la diciassettesima parte (Filippo De Angelis di Lecce):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/11/24/gli-arcadi-di-terra-dotranto-17-x-filippo-de-angelis-di-lecce/
Per la diciottesima parte (Mauro Manieri di Lecce) https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/02/gli-arcadi-di-terra-dotranto-18-x-mauro-manieri-di-lecce/
Per la diciannovesima parte (Felice Zecca di Lecce, Tommaso possente di Trepuzzi, Riccardo Mattei e NiccolòArnone di Alessano):
https://www.fondazioneterradotranto.it/2019/12/23/gli-arcadi-di-terra-dotranto-19-x-felice-zecca-di-lecce-tommaso-possente-di-trepuzzi-riccardo-mattei-e-niccolo-arnone-di-alessano/
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Prólogo de Claudio Mutti a Las Cruzadas del Tío Sam de Tahir de la Nive
“Hay algo en el Corán de belicoso y de fuerte, algo viril, algo que se puede denominar romano”.
Maurice Bardeche, Qu´est-ce que le Fascisme?
“Nos atrevemos a proseguir y explorar las pistas abiertas por un visionario, un tal Friedrich Nietzsche”.
Así nos exhorta en su Archéofuturisme (París, 1998) [1] Guillaume Faye, que cita el Anticristo como uno de los dos libros que le han “marcado para siempre”. Pero, por lo que parece, al teórico del arqueofuturismo no le ha dejado una huella demasiado profunda el parágrafo 60, en el cual Nietzsche exalta la civilización de la España musulmana, “más cercana a nosotros, en último término, que Grecia y Roma, porque nos hablaba con mayor fuerza a nuestra sensibilidad y a nuestro gusto”, haciendo suyo el programa de Federico II de Suabia: “Paz, amistad con el Islam”.[2]
Una meditación correcta sobre estas páginas de Nietzsche tal vez hubiera inducido a Guillaume Faye a reflexionar de forma positiva acerca del papel que tuvo el Islam en la visión política y metapolítica de este Emperador… arqueofuturista, al cual los musulmanes se dirigían con la fórmula de saludo reservada a los verdaderos Creyentes. Historiadores como Michele Amari, Ernest Kantorowicz y Raffaello Morghen se han detenido sobre la “inclinación al islamismo” [3] del gran Stauffen y su admiración por la institución del Califato, demostrando cómo el Emperador suabo, que “al coránico Rey de reyes, más que al Dios cristiano, había elevado milagrosamente por encima de todos los príncipes de la tierra” [4], soñaba con un Imperio teocrático semejante al islámico, no en vano sus detractores lo llamaban “sultán bautizado”.
Aún así, Nietzsche ha gozado entre otros lectores de mayor fortuna que la encontrada junto a Guillaume Faye. De hecho, ya en 1913, “Nietzsche y el Corán” [5] eran las lecturas de Benito Mussolini, que en el trascurso de su triunfal visita a Libia rendiría homenaje al sepulcro de un Compañero del Profeta y empuñaría la Espada del Islam, estableciendo posteriormente, en el punto 8 del Manifiesto de Verona, que el “respeto absoluto de los pueblos musulmanes” debería constituir un principio básico de la política exterior de la Nueva Europa.
Mientras tanto en Berlín, donde la bandera de Palestina fue la única que tuvo el privilegio de ondear junto a la del Reich, el Führer declaraba: “Los únicos a los que considero dignos de confianza son los musulmanes” [6] y promovía las conversiones al Islam. Evocando las páginas del Anticristo olvidadas por Guillaume Faye, el mismo al que los Musulmanes designaban con el título honorífico de Hajji o con los patronímicos de Haydar y Abu Alí, confesaba a sus íntimos: “En España, bajo la dominación de los Árabes, la civilización alcanzó un nivel que raramente se ha repetido. La intromisión del cristianismo ha traído el triunfo de la barbarie. El espíritu caballeresco de los Castellanos es efectivamente una herencia de los Árabes. Si Carlos Martel hubiera sido derrotado, el mundo habría mudado su faz. Ya que el mundo estaba condenado a la influencia judaica (y su subproducto, el cristianismo, ¡es algo tan insípido!), hubiera sido mejor que triunfara el Islam. Esta religión recompensa el heroísmo, promete a los guerreros la gloria del séptimo cielo… ” [7] Por otro lado, según Hans F.K. Günther, “Hitler bien podría evocar la figura de un Muhammad”.[8]
En la patria de Nietzsche otro gran Europeo había proclamado su adhesión a los principios islámicos. Las cartas de Goethe incluyen frases de este tenor: “Antes o después deberemos profesar el Islam”: “Es en el Islam donde encuentro totalmente reflejadas mis ideas”; “Que el Corán sea el Libro de los libros, yo lo creo como lo cree un musulmán”; “Debemos perseverar en el Islam”. En sus Noten und Abhandlungen zum West-östlichen Divan, Goethe se expresa de manera inequívoca acerca de los dos puntos fundamentales que constituyen la esencia doctrinal del Islam. De hecho, atestigua la doctrina de la Unidad divina en los siguientes términos: “La fe en el único Dios tiene siempre el efecto de elevar el espíritu, porque señala al hombre la unidad de su propio ser”. En cuanto a la misión profética de Muhammad, Goethe la define con estas palabras: “Él es un profeta y no un poeta, por ello el Corán debe considerarse como una ley divina, no el libro de un ser humano, escrito con fines ilustrativos o de entretenimiento”.[9]
Tras haber hecho mención de Goethe y de Nietzsche, consideramos de interés citar un hecho, poco conocido, de otro escritor alemán. En los días 16,17 y 18 de octubre de 1989 se celebró en Bilbao un Congreso en honor de Ernst Jünger, que concluyó con la entrega del doctorado honoris causa a dicho autor por parte de la Universidad del País Vasco. En el acto participaron algunas personalidades de la cultura europea, entre ellas el escritor rumano Vintila Horia, que hizo hincapié en la relación de Jünger con Heidegger y Heisenberg. Por su parte el shayk Abdelqader al-Murabit, maestro de un grupo sufí particularmente extendido en España, Alemania y Escocia, pareció querer proponer la conclusión islámica como solución a la problemática planteada desde la obra jüngeriana: “Freiheit ist Existenz”. La libertad es existencia. Es decir que no ha de haber sumisión fuera de la Divinidad, y a esto se le llama Islam. Pero esto –concluía el shaykh- es un tema para ‘otra ocasión’. También el profesor Omar Amín Kohl, del Freiburg Institut für Freiheitstudien, enmarcó simultáneamente la obra de Jünger y de Heiddeger siguiendo una perspectiva análoga. (Por lo demás, en lo que concierne específicamente a Heidegger, sabido es el interés mostrado por su obra en ambientes musulmanes). Al final del Congreso, Jünger declaró públicamente que reconocía la validez de los principios del Islam. A este respecto, resulta muy elocuente el texto de la dedicatoria que el escritor estampó sobre su propia fotografía, de la cual hizo entrega al shaykh Abdelqader.
El otro autor del que Guillaume Faye afirma haberle “marcado para siempre” es Walter F. Otto. Pero ni siquiera en este caso su lectura parece haber sido provechosa para su lector francés, que sostiene que el politeísmo constituiría el aspecto característico de la tradición europea y, en particular, del denominado “paganismo”. Y sin embargo, Walter Otto ha sido claro: “La multiplicidad de los dioses en la religión griega, piedra de escándalo para hombres de otra y contrapuesta fe, no está en disconformidad con el monoteísmo, sino que es quizá la forma más viva y abierta de él. Cualquier opinión puede expresarse en lo que respecta a cada dios particular, pero al final se mantiene siempre que la voluntad de Zeus todo los determina. La grandeza de Zeus es por tanto única y omniabarcante”.
Escuchemos a Esquilo (Agamenón, vv. 160-165): “Zeus, sea quien fuere, […] no puede ser comparado a nadie fuera de Él mismo” (Zeus, hostis pot´esin […] ouk echo proseikasai plen Dios). Son palabras que parecen anticipar la primera shahâda (lâ ilâha illâ Allâh) y que ratifican absolutamente la doctrina de la unidad divina, tres siglos después de que el propio Homero, en el VIII libro de la Ilíada, hubiera proclamado el carácter puramente aparente de la multiplicidad de los dioses.
Pero la escuela de pensamiento en la que se ha formado Guillaume Faye está convencida de que la antigüedad europea es “politeísta” y que el “monoteísmo” pertenece en exclusiva al judeo-cristianismo, incluso, a la denominada “familia abráhamica”. Para desmentir una afirmación de este tipo, sería suficiente remitirse a la autoridad del Emperador Juliano. Este último ha dejado escrito que Abraham, en tanto Caldeo, “de una raza sagrada y teúrgica”, ofrecía frecuentes sacrificios al igual que los Griegos y practicaba métodos adivinatorios análogos a los utilizados por el propio Juliano. (Contra Galileos, 345B-358D. Además, Juliano dispuso una serie de inscripciones que, según Spengler, sólo pueden traducirse de este modo: “Hay un solo Dios y Juliano es su Profeta” [10]. Así, más recientemente, Jacques Fontaine ha vuelto a proponer, en referencia a la religión que Juliano ejerció como pontifex maximus, el concepto de “monoteísmo solar”[11]. Según este profesor de La Sorbona, que ha trazado un curioso paralelismo entre Juliano y el Imam Jomeini, la forma que la tradición greco-romana asumió bajo el principado juliánico fue la de “una síntesis de todas las religiones y las teologías paganas, bajo el signo del monoteísmo solar “[12]. En otros términos: “Juliano quiere demostrar a todos que el dios Helios es el único, verdadero dios”, así como en el diálogo Sobre la E de Delfos Plutarco había señalado al Apolo solar como el principio de la manifestación universal, el Supremo Sí de todo cuanto existe; del mismo modo a como Plotino había reconocido en el Uno el principio del ser y el centro de la posibilidad universal; así como Porfirio, que había hecho del neoplatonismo una especie de “religión del Libro” [13], había dedicado un tratado completo a la teología del monoteísmo solar.
El parentesco ideal entre la teología solar antigua y el Islam ha sido subrayado por un estudioso del calibre de Franz Altheim, que definió a los neoplatónicos como “la vanguardia de Muhammad y de su odio apasionado contra toda fe que asocie a Dios un ‘compañero’ ” [14], mientras un célebre estudio de Henry Corbin sobre la doctrina de la unidad divina en el Islam chiíta se abre con una evocación de la literatura surgida en los años veinte del novecientos alrededor del “drama religioso del Emperador Juliano”.[15]
Por su parte, el Islam ha reconocido en distintos representantes de la sabiduría griega a los abanderados de esa doctrina de la unidad (tawhîd) que constituye el núcleo y el fundamento esencial de la Tradición primordial: Tradición que el Islam, lejos de presentarse como una nueva religión, vuelve a plantear en la forma más adecuada a la presente fase de la historia humana.
Entre los maestros de la antigüedad europea reconocidos como tales por el Islam hay que citar en primer lugar a Platón, que los musulmanes han llamado a menudo “imâm de los filósofos” y que en las páginas inspiradas de Gelaleddin Rumî figura como el “Polo de su tiempo”, es decir: como la máxima autoridad espiritual de la humanidad de su tiempo. Un papel análogo le ha sido atribuido a Pitágoras, que en un texto medieval de origen árabe, la Turba philosophrum, preside la asamblea de los sabios de la antigüedad; y a Aristóteles, que fue simbólicamente proclamado “visir de Alejandría” cuando las tropas musulmanas conquistaron la ciudad egipcia. Tampoco podía faltar entre los astros griegos del firmamento sapiencial islámico Plotino (el shaykh de los Griegos), el neoplatónico Proclo (Ubruqlus para los Árabes) y el mismo Apolonio de Tiana (Bâlînûs), por citar sólo algunos.
Pero los antiguos, según Guillaume Faye, deben ser asociados a los futuristas. Es preciso, escribe, “reconciliar Evola con Marinetti”. Tal vez Faye no recuerda que precisamente Evola ha definido al Islam como “tradición de nivel superior no solo al judaísmo, sino también a las creencias que conquistaron Occidente” [16] y que en un escrito de 1933 titulado La fascinación de Egipto la atención de Marinetti quedó cautivada por el “sacro mecanismo de los Derviches”. Y si existió un intento de lograr la reconciliación entre el tradicionalismo y el futurismo, ocurrió bajo el signo del Islam, cuando Valentine de Saint-Point, la nieta de Lamartine autora del Manifiesto de la mujer futurista, se hizo musulmana frecuentando la casa de René Guénon hasta la muerte de este último.
Confiemos en que Guillaume Faye lo haga mejor…
Por Claudio Mutti (Prólogo a Las Cruzadas del Tío Sam [17])
NOTAS
[1] NdelT.- Existe traducción on-line al castellano de esta obra en la web de la Asociación cultural Disidencias
[2] En lo concerniente a la relación de Nietzsche con el Islam y la suerte de Nietzsche entre los musulmanes, a falta de algo mejor remitiremos al lector a nuestro ensayo Nietzsche y el Islam, Êditions Hérode, Chalon-sur-Saône, 1994
[3] Raffaello Morghen, Medioevo cristiano, Laterza, Bari 1970, p. 175
[4] Michele Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Catania 1933, vol. III, p. 659
[5] Leda Ravanelli, Una donna e Mussolini, Rizzoli, Milano 1946, p. 24.
[6] “Die einzigen, die ich für zuverlässig halte, sind die reinen Mohammedaner” (Hitlers Lagebesprechungen im Führerhauptquartier, compilación de H. Heiber, Darmstadt-Wien 1963, p. 46).
[7] Adolf Hitler, Bormann-Vermerke; edizione italiana: Idee sul destino del mondo, Edizioni di Ar, Padova 1980, vol. III, pp. 582-583. [Ndel T.- Cf. Anatomía de un dictador. Hitler. Conversaciones de sobremesa en el cuartel general del Führer, 1941-1942. Grijalbo, 1965]
[8] Hans F. K. Günther, Mon témoignage sur Adolf Hitler, Pardès, Puiseaux 1990, p. 42.
[9] NdelT.- Cf. “Goethe como musulmán” por Hajj Abu Baker Rieger, en Handschar.Revista de Historia y Pensamiento, nº2, año II, primavera-verano 2001/1422
[10] Oswald Spengler, Der Untergang des Abendlandes, vol. II (Welthistorische Perspektiven), Beck, München 1922; edizione italiana: Il tramonto dell’Occidente, Longanesi, Milano 1957, p. 970. [NdelT.-Edición española: La Decadencia de Occidente, pg. 240, II, Espasa-Calpe, Madrid, 1983]
[11] Imperatore e khomeinista, Intervista con Jacques Fontaine di Sandro Ottolenghi, “Panorama”, 7 giugno 1987, p. 143.
[12] Jacques Fontaine, Introduzione a: Giuliano Imperatore, Alla Madre degli dèi e altri discorsi, Fondazione Lorenzo Valla, Mondadori, Milano 1990, p. lV
[13] Nuccio D’Anna, Il neoplatonismo. Significato e dottrine di un movimento spirituale, Il Cerchio, Rimini 1988, p. 22.
[14] Franz Altheim, Dall’antichità al Medioevo. Il volto della sera e del mattino, Sansoni, Firenze 1961, p. 15. Véase sobre todo, di F. Altheim, Il dio invitto. Cristianesimo e culti solari, Feltrinelli, Milano 1960, donde la relación entre teología solar e Islam es situada en el transfondo del progresivo avance del monoteísmo solar en la antigüedad tardía. “Recientemente ha sido subrayada la íntima afinidad entre del monofisismo con el Islam. Se ha definido a Eutiquio, uno de los padres de la doctrina monofisista, como uno de los precursores de Muhammad. La predicación de Muhammmad está inspirada efectivamente en la idea de unidad, en la idea de que Dios no podía tener ningún ‘compañero’ colocándose de esta forma en la misma línea de sus predecesores y afines neoplatónicos y monofisistas. Sólo que la pasión religiosa del Profeta supo dar un relieve mucho más vigoroso a lo que otros antes de él había sentido y anhelado” (F. Altheim, Il dio invitto, cit., p. 121). Este estudio de Altheim no ha vuelto a ser impreso por el editor italiano. ¿Quizás la Feltrinelli se ha enterado que Altheim fue nacionalsocialista y SS durante el Tercer Reich y Nacionalcomunista en la Alemania Oriental?
[15] Henry Corbin, Il paradosso del monoteismo, Marietti, Casale Monferrato 1986, p. 3.
[16] Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Bocca, Milano 1951, p. 324. [NdelT.- Cf. Rebelión contra el mundo moderno, Heracles, Buenos Aires, 1994. p.307]. Sobre las relaciones de Evola con el Islam, remitimos a nuestro estudio: Evola e l’Islam, en Avium voces, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1998, pp. 67-87.
[17] Tahir de la Nive, Les Croisés de l’Oncle Sam: Une Réponse européenne à Guillaume Faye et aux islamophobes; Préface de Claudio Mutti. Postfaces de Tiberio Graziani et Christian Bouchet Avatar éditions ([email protected]), 220 pages, prix: 21 euros
Traducción: Comunidad Política de RESISTENCIA
Fuente: RESISTENCIA WEB
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Друзья, всем привет!))
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Неаполе. Автор кулинарного хита, использовав в начинке три основных ингредиента (моцарела, помидоры, базилик), воспроизвел цвета итальянского флага и назвал свое творение «пицца Маргарита» в честь тогдашней королевы. Члены высокой фамилии дружно сказали «одобряем» и пицца пошла в массы, космическими темпами завоевывая всемирное признание.
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Etching by Raffaello Morghen after Antonio Canova.
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Vomero: il presidente della municipalità si dimetta! Mai il quartiere collinare è apparso così degradato. Una vergogna!
Vomero: il presidente della municipalità si dimetta! Mai il quartiere collinare è apparso così degradato. Una vergogna!
” Credo che ai napoletani, e segnatamente ai vomeresi, poco o nulla interessino le beghe interne al partito che attualmente esprime il vertice sia dell’amministrazione comunale partenopea che della municipalità 5, la quale ultima comprende i territori del Vomero e dell’Arenella, un’area dove risiedono quasi 120mila persone – afferma Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori…
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Poesis, Raffaello Morghen, Cleveland Museum of Art: Prints
Medium: engraving
https://clevelandart.org/art/1931.436
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Leonardo da Vinci, Raffaello Morghen, Cleveland Museum of Art: Prints
Medium: engraving
https://clevelandart.org/art/1949.111
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Leonardo da Vinci, Raffaello Morghen, Cleveland Museum of Art: Prints
Medium: engraving
https://clevelandart.org/art/1949.111
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