#Racconto romantico italiano
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scritturacreativa-85 · 5 months ago
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Un'estate in Toscana
Il sole estivo brillava alto nel cielo mentre Sara e Martina scendevano dal treno nella pittoresca stazione di San Gimignano. L’aria era calda e profumata di lavanda e rosmarino, e le colline ondulate della Toscana si stendevano davanti a loro, promettendo un’estate di avventure e nuovi inizi. “Finalmente siamo qui!” esclamò Martina, alzando le braccia al cielo e girando su se stessa. “Non posso…
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weirdesplinder · 2 years ago
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Questo fine 2022 invece dei soliti post dedicati ai libri natalizi o ai riassuntoni di cosa si è letto durante l’anno, siccome per me questo è stato un anno horribilis da dimenticare, ho deciso di regalarvi una serie di post e video dedicati ai LIBRI CON VIAGGI NEL TEMPO.
Cosa c’è di meglio per fuggire alla realtà che viaggiare nel tempo?
Spero queste lista vi saranno utili e vi intratterranno, e come sempre vi invito ad aggiungere i vostri titoli preferiti di questo genere.Ogni lista è specifica di un genere per agevolarvi e suddividere il LISTONE che altrimenti sarebbe stato lunghissimo.
Questo è il terzo video della serie quello dedicato a: LIBRI IN ITALIANO CON VIAGGI NEL TEMPO SEZIONE ROMANCE:
-L'ultimo dei templari, Karen Marie Moning (serie di 8 libri)
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Nel  Quattordicesimo secolo l'Ordine dei Templari viene messo al bando; i  suoi cavalieri, perseguitati in tutta Europa, vengono accolti in Scozia,  in grande segretezza. Circenn Brodie è uno di loro, un guerriero  immortale, custode delle reliquie sacre dell'Ordine e di una boccetta  dal contenuto magico, appartenente al popolo delle fate. Il suo è un  mondo retto da formule magiche e regole antichissime. Quando Lisa Stone  viene catapultata dai giorni nostri in un castello medievale, tra le  braccia dell'affascinante guerriero, la sua vita sembra crollare in un  istante. Sarà un sogno o un terribile scherzo del destino? Nessuno dei  due è pronto a questo incontro, ma nulla potranno contro la magia che  sta per travolgerli.
-La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo, di Audry Niffenegger
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Quando  Henry incontra Clare, lui ha ventott'anni e lei venti. Lui non ha mai  visto lei, lei conosce lui da quando ha sei anni… Potrebbe iniziare così  questo libro, racconto di un'intensa storia d'amore, raccontata da due  voci che si alternano e si confrontano. Si costruisce così sotto gli  occhi del lettore la vita di una coppia e poi di una famiglia cosparsa  di gioie e di tragedie, sempre sotto la minaccia di qualcosa che nessuno  dei due può prevenire o controllare. Artista, professore  all'Interdisciplinary Book Arts MFA di Chicago, Audrey Niffenegger firma  con questo libro il suo primo romanzo.
-Patto col passato, di Susan Price (serie di 3 libri ma solo il primo è stato pubblicato in italiano)
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Viaggio  nel tempo tra il Ventunesimo e il Sedicesimo secolo: una Metropolitana  del Tempo garantisce il collegamento e consente a un gruppo di  scienziati di entrare in contatto col passato, quando la Terra era  ancora ricchissima di risorse inesplorate e con i suoi abitanti, il clan  degli Sterkarm che vivono in una cupa torre. Andrea, una ragazza grassa  e goffa del Ventunesimo secolo spedita come spia nel Sedicesimo diventa  popolarissima e si fidanza con il bellissimo Per Sterkarm, il figlio  del capoclan. Sarà Andrea a salvargli la vita quando, ferito, lo farà  curare nel suo secolo. Il romanzo prosegue tra avventure e passioni.
-Le parole del nostro destino, Beatriz Williams
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Amiens,  Francia, 1916. Incurante della pioggia battente, una donna è in attesa  fuori della cattedrale. Tra i fedeli raccolti in preghiera, c'è il  capitano Julian Ashford, l'uomo per cui lei ha sacrificato ogni cosa e  che tuttavia non rivedrà mai più. Quando tornerà in trincea, Julian  morirà. Ma lei è lì per riscrivere il loro destino. Il nome della donna è  Kate… New York, oggi. Incurante del gelo, una donna è in attesa  davanti alla porta di Julian Laurence: sebbene sia la vigilia di Natale,  deve consegnargli dei documenti urgentissimi. I due si sono conosciuti  il giorno precedente, eppure, quando lei entra in casa, lui si comporta  come se l'aspettasse da sempre, come se l'amasse da sempre. Ricambiare  quell'amore le sarà facile: Julian è uno degli uomini più ricchi e  affascinanti di Manhattan, è romantico, appassionato, intenso, Per  qualche mese, la vita diventa un sogno da cui non ci si vorrebbe  svegliare mai più… Ma poi, dal nulla, spunta un libro: la biografia di  Julian Ashford, un prezioso volume corredato di foto e di lettere  scritte dal celebre poeta-soldato durante la prima guerra mondiale. La  donna non ha dubbi: la calligrafia elegante e ordinata, gli occhi  gentili, il volto che s'intravede sotto il berretto sono del suo Julian.  E quel libro sta per segnare il loro destino. Il nome della donna è  Kate… In un turbine di sentimenti e di misteri, di speranze e di  passione, “Le parole del nostro destino” racconta la storia di un amore  vero, un amore unico, un amore eterno.
-La straniera, di Diana Gabaldon (serie di 9 libri)
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Nel  1945 Claire Randall, un'infermiera militare, si riunisce al marito alla  fine della guerra in una sorta di seconda luna di miele nelle Highland  scozzesi. Durante una passeggiata la giovane donna attraversa uno dei  cerchi di pietre antiche che si trovano in quelle zone. All'improvviso  si trova proiettata indietro nel tempo, di colpo straniera in una Scozia  dilaniata dalla guerra e dai conflitti tra i clan nell'anno del Signore  1743. Catapultata nel passato da forze che non capisce, Claire si trova  coinvolta in intrighi e pericoli che mettono a rischio la sua stessa  vita e il suo cuore.
- Verde oscurità, di Anya Seton
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Una  residenza aristocratica e misteriosa, Medfield Place, nel Sussex. Una  donna che cade in coma e rivive nell'incoscienza il tormentato amore di  una sua ava per un monaco dell'epoca Tudor. Un peccato da redimere, in  bilico tra passato e presente… Un affascinante romanzo sull'enigma della  reincarnazione.
-L'uomo dei miei sogni, di Jude Deveraux
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La bella americana Dougless aveva fatto di tutto perché quella  vacanza in Inghilterra con il fidanzato Robert fosse perfetta e  indimenticabile. Invece, per colpa di un litigio, lui la pianta in asso  senza bagagli né denaro in una chiesa sperduta in mezzo alla campagna.  Mentre lei è in lacrime sulla tomba di un cavaliere, appare al suo  fianco un uomo straordinario, alto e prestante, con un'armatura che gli  arriva alla vita, calzoncini a palloncino e tanto di calzamaglia. È  Nicholas Stafford, conte di Thornwyck, morto nel 1564 ma verso il quale  Dougless si sente spingere da una forza sconosciuta. Legami misteriosi e  insondabili sembrano unirli fuori dal tempo, in un amore sospeso tra  due epoche senza possibilità di un futuro. A meno che Dougless trovi il  modo di cambiare il corso della storia, salvando così l'unico uomo che  lei abbia mai veramente amato.
- Grande amore, Ann Brashares
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Trama: Daniel  ha attraversato gli oceani del tempo per trovare Sophia. La “memoria”,  la capacità di ricordare la sua vita passata, è per lui un dono ma anche  una maledizione. Ora Sophia è Lucy, una studentessa liceale, e non  crede a una sola parola di ciò che le dice Daniel: le sembra impossibile  che nelle loro precedenti vite si siano amati e poi siano stati  separati da una crudele forza misteriosa. Ma Daniel sa che loro due sono  stati insieme: in Asia Minore nel 552, nell’Inghilterra del 1918, e poi  in Virginia nel 1972. Brevi, fugaci attimi di passione che la morte ha  sempre brutalmente spezzato. Anche oggi le loro anime si stanno  cercando, e ancora una volta quella misteriosa forza è pronta a  separarli. Un’avventura romantica che si snoda attraverso i secoli per  abbracciare non una ma tante vite, inseguendo l’unico, vero, grande  amore.
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deliziosamentepoetica · 4 months ago
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BIG MOUTH 🐭 📺 Kdrama disponibile su Disney+ ⏳ 16 episodi di circa un'ora ciascuno  📝 DOPPIATO in Italiano
Subire un'ingiustizia atroce e cercare vendetta e giustizia è probabilmente una realtà per tantissime persone nel mondo in questo momento; dal punto di vista narrativo, è uno dei motori più efficaci per raccontare una storia in maniera scorrevole e intrigante, stimolando l'attenta curiosità dello spettatore. Se cercate una serie coreana avvincente, iperadrenalinica e ricca di colpi di scena posso consigliarvi un titolo che ho scovato su Disney+ e che ho appena finito di vedere: 'BIG MOUTH'.
🎞 Park Chang-ho è un avvocato di scarso successo: ha una bassa percentuale di cause vinte e viene chiamato appunto BIG MOUTH, vale a dire "bocca larga", per la sua abitudine a promettere grandi cose senza riuscire a mantenerle e perché spesso parla tanto invece di agire. È arrivato a fare questo mestiere grazie al supporto di un amico nonché collega, del suocero che palesemente gli vuole un gran bene (in alcuni siparietti, sembra voler bene più a lui che alla stessa figlia) e soprattutto grazie alla dolce e simpatica moglie Go Mi-ho, una brava infermiera. Una sera, Park Chang-ho viene chiamato dal sindaco in persona: durante il loro fugace incontro quest'ultimo gli rivela che cerca un azzeccagarbugli che faccia il doppio gioco, vale a dire difendere degli imputati in un processo per omicidio che finirà sicuramente in assoluzione e riferirgli esattamente come sono andate le cose la sera del misfatto. L'avvocato non ha nemmeno il tempo di riflettere sull'accaduto: viene arrestato con l'accusa di esere BIG MOUSE, uno spietato truffatore che è riuscito a intascarsi e nascondere una vera fortuna e che a quanto pare ha creato una vera e propria organizzazione. Ben presto Park Chang-ho capisce che non è stato un malinteso legato a un gioco di parole col suo soprannome: nel suo studio durante una perquisizione vengono trovati molti soldi, è stato incastrato. In prigione Park Chang-ho capisce che deve far credere a tutti questa bugia perché altrimenti sarà in pericolo di morte e, combattendo contro le violenze e le ingiustizie perpetrate dagli altri carcerati e dalle guardie, nonché da un corrotto e avido direttore, lascia la corazza dell'avvocato bonaccione per indossare l'armatura di un cinico criminale, mentre la moglie e le sue persone care lottano all'esterno per scoprire la verità e trovare un misterioso articolo che sembra collegato a doppio filo a tutta la vicenda. Da qui iniziano tutte le avventure della serie coreana, che in un ritmo battente (fa venire voglia di guardare subito la prossima puntata) risulta scorrevole e adrenalitica mentre ci poniamo le stesse domande dell'avvocato: chi è davvero BIG MOUSE? Perché ha orchestrato tutto per far credere che lui sia Park Chang-ho? Cosa c'entra l'uomo assassinato e il relativo processo che l'avvocato doveva seguire come un burattino?
Corruzione, menzogne, azioni spietate, ingordigia: c'è tutto questo parallelamente alla ricerca di una verità e di una giustizia che sembra sempre più il premio alla fine di una difficile partita a scacchi, strada che a metà della serie si trasformerà a sua volta in un bivio. BIG MOUTH è la classica serie dove c'è un buono che diventa il cattivo e che inevitabilmente si lascia macchiare da un mondo di potere economico ma soprattutto psicologico. Devo avvisarvi: questo non è il classico kdrama super romantico; le scene più struggenti e dolci sono affidate a dei flashback dell'inizio della storia d'amore tra i due coniugi, vi sono molte scene nel carcere crude e schiette nella loro violenza, di fatto BIG MOUTH vuole essere il racconto di una collaborazione di anime che freneticamente persegue un suo obiettivo e sa che scrupoli e senso di colpa sono degli inutili ostacoli. A me è piaciuta molto e vi consiglio di guardarla, io grazie alla possibilità del doppiaggio italiano ci ho messo un paio di puntate per realizzare nel frattempo una gustosa parmigiana di melanzane di circa 4kg, ottimo no? 😁
Emilia Sensale
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micro961 · 5 months ago
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Junior Luis - Il nuovo singolo “Mi Diamante”
Il brano dell’artista sugli stores digitali e dal 14 giugno nelle radio
“Mi Diamante” è il nuovo e atteso singolo del poliedrico artista Junior Luis, sui principali stores digitali e dal 14 giugno nelle radio in promozione nazionale. Produzione impeccabile dagli arrangiamenti attuali e di tendenza, dalla forte ispirazione latina che strizza l’occhio alle radio. Melodie ben strutturate e curate nei minimi dettagli con un potente ritornello che entra in testa sin dal primo ascolto, su cui scivola l’interpretazione vocale di Junior Luis che evidenzia la sua forte personalità. Il brano narra di un incontro causale che si evolve in una passione sfrenata e coinvolgente.
L’artista è seguito dall’esperto manager musicale Gabriele Schifanella, fondatore della GS MANAGEMENT ITALIA, tra i leader nello scoprire e accompagnare talenti nel mondo discografico italiano, con la preziosa collaborazione di Concetto Cardì.
Guarda il video
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Storia dell’artista
Un giovane artista catanese classe 1988 ovvero Luigi Junior Compagnino, in arte JL (Junior Luis). Junior Luis ha iniziato la sua carriera nel mondo della musica alla tenera età di undici anni, scrivendo il suo primo testo musicale ispirato dai “dolci sospiri” degli amori adolescenziali. Una delle sue più grandi fonti di ispirazione è stato Mango, celebre cantautore lucano scomparso nel 2014 ma rimastogli sempre nel cuore come una sorta di spirito guida.
Da lui ha mutuato la tendenza agli stili rock e pop, con il sound inconfondibile della musica italiana, ma senza mai rinunciare all’influsso latino-americano, agli stili rap e funk. Una commistione di stili ben amalgamati fra loro che rende JL unico nel suo genere, grazie alle sue rime e ai suoi versi inconfondibili. Nel 2017 JL parte alla grande pubblicando il primo singolo “Non ti penso”, apprezzatissimo per la sua sonorità da hit, testo e metrica davvero coinvolgenti. Prosegue con “L’amore vuole amore”, un duetto d’eccezione con Francesco D’Aleo che gli garantisce oltre due milioni e mezzo di visualizzazione su YouTube, traguardo notevole per un artista giovane come lui. La sorpresa, in termini di sonorità, arriva con la fantastica ballata “Parlerò di te”, con cui si rivolge a un pubblico vasto raccontando la “poesia dei sensi” che è l’amore in modo soave ed elegante.
A inizio 2019 esce poi “Dimmi cos’è”, pezzo che in molti hanno definito come candidato ad essere una hit estiva, non soltanto per il suo ritmo accattivante ma per un testo allo stesso tempo allegro e romantico. Sulla scia dell’allegria Junior compone il brano con cui si afferma definitivamente, ovvero “Non te la tirare”, che tra le altre cose ha ottenuto premi e riconoscimenti sia sul web che in eventi musicali. Qui JL parla del vissuto nell’anno corrente, della vanità di molti soggetti in un racconto che sviscera tutti i paradossi della realtà sul web con il sorriso sulle labbra e l’ironia che lo contraddistingue.
Il suo settimo singolo si chiama “Selfie” e vede la partecipazione della bellissima (e bravissima) Claudya Stella. Le due voci si intrecciano alla perfezione completandosi a vicenda in un mix perfetto tra soave e graffiante in una sonorità prettamente funk. Junior vede concretizzarsi un’ascesa sia in termini personali che professionali e lo dimostra al meglio con un
testo che trasuda maturità e consapevolezza, insieme a un sound rifinito e sempre più coinvolgente. Ed è questo il bello di JL: non è mai uguale a se stesso, cresce e si rinnova di continuo portando una costante ventata di freschezza insieme ad ogni suo brano.
Ascolta il brano
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carmenvicinanza · 6 months ago
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Cristina Rivera Garza
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Penso che tra i compiti di chi scrive ci sia quello di costruire uno spazio di ascolto, in cui si possa praticare la cura gli uni degli altri e l’attenzione. E grazie a questa energia poter costruire un mondo diverso.
Cristina Rivera Garza è la scrittrice che ha vinto il Premio Pulitzer 2024 per Liliana’s Invincible Summer: A Sister’s Search for Justice, memoir autobiografico tradotto in italiano con il titolo L’invincibile estate di Liliana.
Docente di Studi Ispanici all’Università di Houston, ha fondato e dirige il dipartimento di scrittura creativa, il primo in lingua spagnola in tutto il paese.
È autrice di racconti e romanzi. Nessuno mi vedrà piangere ha vinto numerosi premi nazionali e ricevuto elogi da scrittori del calibro di Carlos Fuentes.
Nata il primo ottobre 1964, in Messico, nello stato di Tamaulipas, vicino al confine con gli Stati Uniti, ha iniziato a scrivere sin da giovanissima.
Laureata in storia dell’America latina, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Houston e insegnato in diverse università tra Messico e Stati Uniti. I suoi studi sono stati pubblicati su riviste prestigiose.
Accanto alla carriera accademica, ha continuato a coltivare l’amore per la scrittura, diventando la scrittrice messicana più prolifica e premiata della sua generazione. Oltre ai suoi libri, ha partecipato ad alcune antologie e sperimentato la scrittura attraverso diversi blog, che oltre a sperimentare la partecipazione anche del pubblico, sono diventati degli spazi di editoria indipendente. Ha coniato il termine “tweetnovel” (tuitnovela in spagnolo) una sequenza temporale di un racconto scritta dai personaggi.
Ha impiegato trent’anni per scrivere L’invincibile estate di Liliana, sul femminicidio della sorella Liliana, studente di architettura uccisa a Città del Messico il 16 luglio 1990 dal suo ex fidanzato che non accettava che lei volesse lasciarlo e rifarsi una vita senza di lui.
Pubblicato nel 2021, è entrato subito a far parte delle migliori opere dell’anno del New York Times, del Washington Post, Economist e utilizzato come manifesto contro la violenza di genere e il femminicidio.
Ha ricostruito la storia della sorella partendo dalle indagini dell’epoca, raccontando la storia personale ma universale dell’ennesimo caso di violenza di genere, affinché la memoria della sorella, il suo passaggio terreno, non siano più messi a tacere nel silenzio del dolore.
Credo che gli scrittori non usino una lingua privata, che la lingua nella quale ci muoviamo sia sempre quella della collettività, della comunità a cui apparteniamo. Non avrei mai potuto scrivere questo libro senza la lingua che le donne hanno elaborato negli ultimi anni su questo tema, senza il linguaggio dei movimenti femministi che hanno cambiato i nostri paesi negli ultimi trent’anni, ha spiegato in un incontro pubblico.
In Messico undici donne ogni giorno vengono ammazzate per mano di un uomo, una cifra incredibile.
Il crimine di femminicidio è stato riconosciuto ufficialmente come un reato nel 2012, quando è stato incluso nel codice penale federale con l’articolo 325 che dice: “Commette il delitto di femminicidio chi priva della vita una donna per questioni di genere”. In molti paesi del mondo, tra cui l’Italia, questo tipo di reato non è stato ancora inserito nel codice penale.
Negli anni novanta avrei avuto a disposizione solo le parole del delitto passionale, che come sappiamo dà spesso la colpa alla vittima per la violenza subita. Avrei fatto del male a mia sorella e a me stessa. Ci sono voluti anni di cambiamenti. Avevo bisogno di un altro vocabolario. Abbiamo cambiato il nome alle cose, abbiamo smesso di chiamare la violenza con il lessico dell’amore romantico. Come sorella di Liliana e come scrittrice avevo bisogno di questo cambiamento, di rivoluzionare lo sguardo, di altre parole.
Determinante è stato, per la scrittrice, il momento in cui ha assistito alla performance Un violador en tu camino (uno stupratore sulla tua strada) del collettivo femminista cileno Las Tesis, è stato così che ha capito finalmente esistevano le parole per raccontare il femminicidio della sorella e delle orecchie pronte ad ascoltare un altro tipo di storia.
Ne è scaturito così un libro che racchiude diversi generi letterari: il memoir, l’autofiction, l’inchiesta, l’epistolario e il racconto.
Per Cristina Rivera Garza scrivere questo libro è stato anche un lavoro di restituzione e di memoria. “Riportare alla luce queste vite, sentire la mancanza di queste donne uccise è un modo di riportarle tra noi, sentire la loro mancanza è un modo per fare giustizia”, dice la scrittrice, che sta ancora aspettando che si svolga un processo sull’omicidio della sorella Liliana. L’uscita del libro ha contribuito ad accelerare le pratiche per riaprire il fascicolo d’indagine sull’omicidio.
L’invincibile estate di Liliana è stato scelto perché è “una storia che mescola memorie, giornalismo investigativo femminista e biografia poetica uniti a una determinazione nata dalla perdita”, questa la motivazione della giuria del Pulitzer.
L’attribuzione del prestigioso premio rappresenta una speranza per il presente: la promessa, forse, che qualcosa possa cambiare nel futuro.
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orchardinconcrete · 7 years ago
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Sogni di Spade - capitolo 2
Capitolo 1 - Il Colpo di Fulmine Neil Young - A Man Needs a Maid Nick Cave - Are you the one that I've been waiting for? Poets of the Fall - Shadow Play Tra i tanti compiti da serva che Gaulyn doveva svolgere, pulire e riordinare gli appartamenti di Kaiern Avlakaj era l’unico che svolgeva con piacere. Un pomeriggio particolarmente silenzioso le venne ordinato di rassettare un ripostiglio che non veniva aperto da mesi, se non da anni, pieno di cose vecchie di cui il governante voleva fare l’inventario. Gaulyn si ritrovò quindi a doversene stare rinchiusa tra cianfrusaglie polverose per un intero pomeriggio. Inaspettatamente, mentre si rigirava tra le mani un oggetto che non riusciva veramente a capire cosa fosse, la porta alle sue spalle si aprì e fece capolino la testa di un ragazzino. “È permesso? Sei tu Gaulyn?” domandò. “Sì.” rispose lei. “Il mio signore vorrebbe parlarti.” “E chi è il tuo signore?" “È il Condottiero di Tattica, il Maestro Avlakaj." Per un istante pensò di aver sentito male, ma poi si rese conto che no, aveva sentito bene, e non seppe cosa dire o cosa fare: era pietrificata. Fissò per qualche silenzioso secondo quello strambo ragazzino lentigginoso, poi tornò in sé e appoggiò da qualche parte il congegno misterioso. “Adesso?” domandò balbettando, mentre si ripuliva le mani nel grembiule. Doveva vederlo ora, in quelle condizioni? “Sì, per favore." “Ma la capocameriera non…" “Le ho già parlato io, è tutto a posto." “Ah." Evidentemente non aveva scelta. Seguì il giovane valletto, che la condusse alle stanze del Maestro che lei conosceva molto bene, tanto che quando entrarono non si sentì per niente a disagio. Solo che di solito, quando ci andava, la casa era vuota. Invece adesso lui era lì a pochi metri da lei, in piedi davanti al camino che armeggiava con le spade appese sul muro. Quando si accorse della loro presenza lasciò perdere quello che stava facendo e si voltò per salutarli. “Oh, quindi questa sarebbe Gaulyn?” disse in tono allegro. Il valletto annuì “Sì, signore."
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Il ragazzino fece un inchino e si dileguò. Il gerarca si avvicinò al divano e le fece cenno di sedersi. “Vieni, mettiti comoda." Gaulyn obbedì, pallida come se avesse visto un fantasma. Era certa di avere un’espressione veramente stupida, ma non riusciva a farci niente. Si sedette sul divano piano, stando attenta a non urtare niente. Il Maestro si accomodò su una poltrona davanti a lei. Era la prima volta che lo vedeva così da vicino e le fece tremare il cuore. Lo sfregio che lo storpiava era terribile, ma non era quello che attirò l’attenzione di Gaulyn. Quello che l’aveva colpita la prima volta, che la attraeva come un magnete, era il carisma che trasudava, la profondità abissale del suo stupendo occhio grigio, la fermezza dei suoi movimenti. Involontariamente si soffermò a osservarlo forse un po’ troppo a lungo, tanto che lui sorrise divertito. Imbarazzata, distolse lo sguardo immediatamente.     “Scusa se ti ho strappata al tuo lavoro, spero che non sia stato un disturbo."     “Oh,” bofonchiò Gaulyn “non era niente di così importante…"     “Ti ho fatta cercare perché mi hanno detto che sei tu a occuparti della pulizia delle mie stanze. Sai dirmi qualcosa riguardo a quei fiori che ultimamente trovavo sempre sulla credenza? Eri tu a portarceli?"     Gaulyn cominciò a sudare freddo “Non erano di vostro gradimento?"     “No, no, erano molto belli” la rassicurò lui, “però non riesco a capire cosa significassero. Chi ti ha detto di portarmeli?"   Annusando un possibile fraintendimento, Gaulyn tornò immediatamente in controllo delle sue facoltà verbali. “Oh, nessuno, mio signore. Ero io a lasciarveli, è stata una mia iniziativa. Ho pensato che la vista di un bel fiore vi avrebbe conciliato il riposo, quindi li raccoglievo ogni mattina apposta per voi. Purtroppo ora non lo posso più fare perché... - non poteva certo dirgli che li rubava dal giardino privato della Regina - li ho finiti.” Non le venne in mente niente di meglio.     L’ufficiale sgranò l’occhio, incredulo “Li raccoglievi apposta per me? Quindi nessuno ti ha detto di farlo?"     “No, certo che no.” ribadì convinta.     “Ah. Capisco… Allora ti ringrazio, è stato un bel gesto."     “Quindi vi sono piaciuti!” esclamò, forse con troppo entusiasmo. Aveva avuto ragione e finalmente i suoi sforzi stavano dando i loro frutti “Ne sono veramente contenta."     Il suo piano aveva funzionato. Non solo era riuscita ad avvicinarsi a lui, l’aveva fatto in modo da lasciare su di lui un’impressione positiva. Molto gentilmente, il Maestro di Spada la lasciò tornare al suo triste ripostiglio pieno di cianfrusaglie antiquate che ora non le sembrava più così triste. Niente di più che un insignificante momento nel tempo che la separava da un nuovo, emozionante incontro con il suo amore. Con un sospiro languido cominciò a riflettere su un nuovo stratagemma per comunicargli il suo interesse, qualcosa che non contemplasse il furto e che non le facesse rischiare la prigione.     Se non poteva avere dei fiori veri, pensò, ne avrebbe creati di finti. Elettrizzata per l’illuminazione che aveva avuto sulla via di casa, Gaulyn corse da suo padre e gli chiese di scolpire per lei dei fiori. Il vecchio vetraio era un artigiano stimato, ma i lavori che gli venivano commissionati di rado gli permettevano di esprimere la sua vena artistica; per questo motivo accolse subito con entusiasmo la curiosa richiesta della figlia. Gaulyn provò a insistere che le facesse delle rose e dei gigli, ma lui non le diede retta e dopo qualche giorno le presentò davanti una meravigliosa composizione di fiori di magnolia dai petali sfumati di azzurro, viola e rosa. Il lavoro era di una delicatezza tale che Gaulyn rimase a bocca aperta, perché avrebbe giurato che quei fiori fossero veri e li dovette toccare per accertarsi che si trattasse di semplice vetro. Meravigliata, trovò un sistema per trasportarli fino all’Hasvaraja senza danneggiarli e, raggiunte le stanze del Maestro di Spada, li sistemò sulla credenza. Avrebbe voluto lasciargli anche un messaggio, ma non sapeva scrivere bene e aveva paura di fare una brutta figura con i suoi errori da plebea.
    Dopodiché si limitò ad aspettare. Ogni giorno entrava e spolverava i fiori con cura, ma non c’erano indizi che suggerivano che il Maestro avesse apprezzato il regalo. Poi, una sera che stava ritirando delle lenzuola stese al sole ad asciugare, mentre ripiegava l’ultimo lembo di tessuto sentì il clangore delle spade riecheggiare tra le mura. Seguirono delle voci concitate, poi altre spade; Gaulyn si sporse da un terrazzo che dava sul lato opposto dell’edificio. Nel cortile vide Kaiern in compagnia di altri due soldati impegnati in quello che sembrava un allenamento. Si soffermò a studiare il modo in cui si muovevano, e non potè fare a meno di notare quanto i movimenti di Kaiern fossero più fluidi e rapidi di quelli dei suoi allievi. E questo, pensò, nonostante avesse un solo occhio! Era incredibile, riusciva a schivare fendenti che non aveva modo di vedere. La sua bravura la rendeva orgogliosa di essersi innamorata proprio di lui; più lo conosceva più trovava incomprensibile che nessuna donna in quella corte se lo fosse già preso. Ma aveva già capito che il problema era la sua faccia, una vera stupidaggine.
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Alcuni giorni dopo il valletto del Maestro tornò a chiamarla, dicendole che il suo signore le voleva parlare ancora. Questa volta Gaulyn cercò di prepararsi qualcosa da dire. Era quasi certa che volesse ringraziarla per i fiori di vetro, ma voleva provare a raccontargli la sua storia.     Come la volta prima andarono agli alloggi del Maestro Avlakaj e lo trovarono che studiava una grande mappa aperta sul tavolo. Accolse Gaulyn con molta cortesia, offrendole una sedia per sedersi mentre lui restava concentrato sulla mappa e prendeva appunti su un quaderno. Per un po’ restò in silenzio a guardare quello che faceva, sentendosi un po’ a disagio, ma a un certo punto lui chiuse il quaderno, arrotolò la mappa e disse:     “Vieni, andiamo fuori." Si spostarono sul terrazzo che dava su un cortile interno dell’Hasvaraja. Sotto di loro i soldati andavano e venivano. L’ufficiale chiese al valletto di far portare del tè.     “Quei fiori di vetro che hai lasciato nella mia camera sono molto belli.” disse “Dove li hai presi?"     “Visto che i fiori freschi vi erano piaciuti volevo trovare un modo per farveli avere lo stesso. E visto che non sapevo dove andare a prenderli ho chiesto a mio padre di scolpirne alcuni con il vetro. Forse sono anche meglio di quelli veri, non trovate? Non profumano, ma almeno non appassiscono."    Lui la osservò con curiosità: aveva uno sguardo affilato, come di una volpe che studia la preda, ma il tono della sua voce era suadente. “Perché lo fai? Perché mi porti questi fiori?" Una cameriera arrivò a portare il tè e dei pasticcini. Gaulyn la conosceva, non le stava simpatica, ma la ringraziò per non sembrare maleducata. “Perché è il mio lavoro, farvi trovare una camera pulita e accogliente." “Ed è per questo che la Regina quasi ti metteva in prigione?" Gaulyn sbiancò “Ma allora vi hanno raccontato tutto?" Kaiern si lasciò scappare una risata “Le voci corrono, sai." “Però è tutto vero. Ho fatto quello che ho fatto perché voi mi piacete molto. Volevo attirare la vostra attenzione." Lo spadaccino sembrò sorpreso da tanta sincerità “Sono lusingato." “Vi ho visto esibirvi per i festeggiamenti del trentennale e sono rimasta molto colpita. Volevo conoscervi e ho pensato che trovando lavoro qui come cameriera avrei avuto più possibilità di avvicinarmi." “Ma cosa speravi di ottenere?" “Volevo solo conoscervi” disse lei arrossendo “Nient’altro." “Bene, credo che te lo sia meritato. Cosa vuoi sapere?” disse lui, lasciandola spiazzata perché non si era aspettata certo tanta apertura da parte sua. “Niente in particolare, sire, vorrei solo poter passare un po’ di tempo con voi e magari darvi una mano come posso." “Vuoi prendere il suo posto?” chiese facendo cenno al valletto fermo immobile a pochi passi da loro, che si era già irrigidito al sentire quella proposta. “Oh, no, per carità, non sarebbe giusto." “Stavo scherzando, non potrei fare a meno di lui." Gaulyn era ancora un po’ confusa “Quindi potrò rivedervi?" “Ci prenderemo del tempo per conoscerci un po’, magari alla fine diventeremo amici." Fu così che Gaulyn e il Maestro di Spada cominciarono a incontrarsi quando lui aveva tempo. La faceva assistere agli allenamenti, la mandava a fare commissioni assieme al suo valletto - il cui nome, scoprì, era Peiur - e a volte facevano merenda assieme, e lui la inondava di domande sulla sua famiglia, sulle sue aspirazioni e a volte le faceva anche domande molto difficili e strane di natura più filosofica.     Una sera cercarono i fiori che Gaulyn aveva rubato alla regina su un libro pieno di bellissime illustrazioni botaniche; un’altra rimasero seduti sul terrazzo a guardare un’eclissi di Luna sorgere e tramontare sopra i tetti di Ranaan. A volte capitava che Peiur venisse a chiamarla, ma quando si presentavano da Kaiern lui era ancora impegnato con il lavoro e la lasciava libera di sfogliare i suoi libri seduta sul divano. Una volta in particolare, Kaiern era talmente preso dal lavoro e la fece aspettare così tanto che lei si addormentò come un sasso, cullata dalla morbidezza di quel divano pregiato. Quando si risvegliò si trovò addosso una coperta, e l’unica luce ancora accesa era una lanterna appoggiata sul tavolino. Appena realizzò dove fosse e cosa fosse successo saltò in piedi imbarazzata, balbettando qualche scusa, ma Kaiern le disse che era lui a doversi scusare per il ritardo: infatti lo trovò che ancora scriveva e scartabellava tra documenti e mappe. Non voleva disturbarlo, quindi decise che era meglio tornare a casa. In cambio, lei poteva chiedergli tutto quello che le passava per la testa.     “Come avete perso l’occhio?” osò domandargli.     “È successo tanto tempo fa,” aveva risposto lui tranquillamente, senza alzare lo sguardo dal piatto "durante la Guerra delle Tre Valli. Ero ancora giovane e inesperto e mi sono trovato davanti l’avversario sbagliato."     “Chi?"     “Conosci il Signore della Steppa?" Il nome non le diceva niente.     “È il re del Blegodas.” spiegò lui. Gaulyn era ammirata “Siete riuscito a tenere testa a un re, è incredibile!"     “Se ci incontrassimo oggi le cose andrebbero diversamente. Non che abbia importanza, è comunque il segno della sconfitta che porto indelebile sulla mia faccia. Se non altro serve a ricordare a tutti i miei allievi che nessuno, tranne forse qualche Ideale, nasce invincibile." Gaulyn non sapeva cosa dire. Era molto dispiaciuta per la sofferenza che doveva aver provato, e avrebbe voluto poterlo aiutare in qualche modo.     “Come ti trovi qui?” chiese Kaiern, cambiando argomento. Lei scrollò le spalle “Non c’è male. Non ho conosciuto nessuno di particolarmente interessante tranne voi, ovviamente."     “Tu mi sembri una persona molto curiosa e molto sincera, due cose che non credo vengano molto apprezzate tra la servitù."     “Non mi trattano male, ma lo vedo da come si comportano che non sto molto simpatica alle altre domestiche. Non vengono mai a cercarmi, non mi includono nei loro capannelli quando raccontano pettegolezzi… non che mi interessino."     “E cosa ti interessa?"     “Non ho un interesse in particolare, ma mi faccio tante domande."     “Per esempio?"     “Per esempio... posso farvi una domanda che mi ha sempre incuriosita? Come fate a sapere in tempo se l’esercito agrate si muove? Come fate a saperlo prima che raggiungano Tirsi o il Sati?"     “Beh, abbiamo spie, ovviamente."     “All’interno della corte di Valkaya?"     “Certo, come sono convinto che loro ne abbiano qui. E poi ci sono i corpi marittimi di stanza sullo stretto di Vebivolene e a Monrabi, e poi ci sono i forti di guardia sul confine edele."     “Quindi il nostro esercito può avere delle basi anche negli altri Regni?"     “Certo, sono nostri alleati."     Kaiern le spiegò che per far fronte all’esercito di Valkaya c’era bisogno di addestramenti speciali a causa dei deformi. Lei non ne aveva mai visto uno, ma sembrava che fuori dai territori dell’Alleanza la loro presenza fosse cosa comune. Si trattava di creature mezze umane e mezze bestia, incarnazioni dell’Anamepsi per le quali il culto Nahiraavij riservava solo la condanna a morte. Le avevano raccontato che, uscendo dalla città, lungo le strade di campagna, ogni tanto si potevano incontrare delle forche con queste creature impiccate. Servivano per mostrare a tutti l’oscenità dell’Errore e ricordare che la sua esistenza non poteva essere tollerata.     “Queste persone sono cattive? - domandò Gaulyn a Kaiern - Sono possedute?"     “Non chiamarle persone, sono bestie. La maggior parte di loro non esita a uccidere, se può. Se prendiamo come esempio il Generale Shula…"     “E chi è?"     “È il Generale dell’esercito di Valkaya… la sua ferocia è celebre. Non tutti i deformi sono come lui, ma di solito hanno un’indole simile a quella delle bestie selvatiche. Non pensano come noi e non sono capaci di provare empatia, obbediscono alla Luce di Valkaya come segugi ammaestrati. Pensa che forse, addirittura, lei stessa è un deforme."     “Sono contenta che qui non ci siano cose del genere - decise Gaulyn - anche se non fossero così cattivi, sarebbe difficile convivere con uomini-ragno o donne-ratto." Non avendone mai visto uno, Gaulyn si immaginò mostri spaventosi, enormi e sproporzionati, che sibilavano nelle ombre. Solo a pensarci le venivano i brividi. Però era affascinata da queste cose dall’aria così esotica, e sebbene si augurasse di non incrociarle mai le piaceva sentirne parlare.     “Mi piace sapere come funziona il mondo. Io non sono mai uscita da Ranaan. Voi siete nato qui?" Kaiern scosse la testa “Sono originario del confine sud. Mia madre ha origini blegodi."     In effetti, il Maestro di Spada non aveva i tratti tipici della gente malagia; il suo aspetto le evocava le steppe brulle del sud di cui aveva sentito parlare nei racconti. Gaulyn scoprì che Kaiern era il Condottiero di Tattica dell’Esercito Malagio. Il nome di Maestro di Spada si riferiva al suo ruolo di primo spadaccino e insegnante degli ufficiali. Con il passare del tempo, i due scoprirono di andare molto d’accordo. Non provavano alcun disagio neanche quando rimanevano soli nelle grandi stanze vuote, i momenti che passavano assieme sembravano volare. Questa affinità aveva sorpreso entrambi, che mai avrebbero pensato, o sperato nel caso di Gaulyn, che una persona così distante nella gerarchia sociale potesse rivelarsi una compagnia piacevole. All’interno dell’Hasvaraja si cominciò a vociferare che il Maestro di Spada si fosse invaghito di una cameriera.
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elsirason · 4 years ago
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Zaffiri multicolor
Lingua pubblicazione: Italiano | Rating: Arancione | Categoria: Originale | Lunghezza: Multicapitolo 
Tags: Romantico, Angst, Commedia, Introspettivo, Slice of life, Introspettivo | Avvertimenti: Tematiche delicate  
Aggiornamenti: Martedì & Venerdì 
Gli antichi greci credevano che un tempo l’essere umano fosse un essere perfetto e, soprattutto, completo. Era formato da quattro braccia, quattro gambe, due volti. Ma un giorno, Zeus, temendo la perfezione umana, lo divise in due, rendendolo così imperfetto… Incompleto. Da quel momento, l’uomo cerca disperatamente la sua metà, per tentare di ritornare al suo stato originario. Per tornare a essere completo.
Salve a tutti, questa è la storia di Camilla e di Arkin, e del loro tentativo di metterla in tasca a Zeus.
Se mi chiedeste come ci siamo conosciuti, non saprei rispondervi. So solo che da quel giorno, quella mattina indefinita del primo anno di scuola materna, ci mettemmo insieme e, tutt'oggi, non ci siamo ancora burocraticamente lasciati.
In realtà, la storia non parla solo di loro, ma ognuno è protagonista della propria vita e loro due sono indiscussamente i protagonisti delle vite l'uno dell'altra. Anche se non lo sanno. Anche se non vorrebbero.
Quand'ero piccola, mio padre e mio nonno mi dicevano sempre che non c'era nulla che non potesse essere risolto. Ci si può ammalare, si può perdere il lavoro, si può litigare con una persona cara... Ma le malattie si curano, i soldi si riguadagnano, i rapporti si ricuciono. A tutto c'è rimedio, tutto può essere affrontato serenamente e superato. Tutto. Tranne la Morte. 
Questa storia doveva uscire, prima o poi. E non ne potevo più di tenerla su drive. La moodboard è solo ed esclusivamente perché oggi a pranzo non sapevo più che inventarmi. Qui c'è bisogno di uscire e prendere una boccata d'aria fresca... ma tanto bisogno. Mi mancava EFP, erano anni che non ci tornavo seriamente e alla fine ho deciso di tornare con questa storia qua. È classificata tra le romantiche, ma dell'amore inteso per romantico in realtà questo racconto ha ben poco; il suo amore è più di tipo universale. Per "tematiche delicate", in questo caso, si intende morte e disturbi ansiosi dei personaggi, giusto per stare tutti allegri. La storia comunque ha molti momenti spensierati, tranquilli... Penso di essere riuscita a raggiungere un buon equilibrio, alla fine. In fondo è slice of life, quindi l'ago della bilancia non può puntare troppo da una parte sola, dico bene? 
A chi è dedicata? Mmmh... A Cam e Arkin, a Aurora e Leo, a Mattia, Paolo e Sergio. Ai suoi personaggi. Stavolta niente dediche esterne. 
L'ultimo commento che vi lascio è che mi sono divertita un sacco a scrivere in Toscano. Bello il mio Toscano ❤
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Qualcuno salvi il Natale 2 Film streaming completo italiano
Guardare - https://qualcuno-salvi-il-natale-2.blogspot.com/
Kate Pierce, ora un'adolescente cinica, si riunisce inaspettatamente con Babbo Natale quando un misterioso piantagrane minaccia di cancellare il Natale - per sempre.
Non molto tempo fa, c’erano tre o quattro nuovi film di Natale all’anno. Ora sembra che ce ne siano 30 o 40, e se ti stai chiedendo come si riempie quella catena di montaggio di prodotti per le vacanze, la risposta è: riciclando infinite variazioni sullo stesso kitsch fiabesco natalizio e siamo tutti uno -grande-ortiche-famiglia-natalizia-glorificata-allegria-sitcom. Prendi “The Christmas Chronicles 2”. Diretto da Chris Columbus, con il suo tocco sintetico-è-il-nuovo-vero-globo di neve degli anni ’80, è un film in cui Babbo Natale, interpretato con la spavalderia macho vincente di Kurt Russell, deve salvare il Natale dalle depredazioni di un elfo caduto arrabbiato. Ma è anche un film di terapia familiare; un racconto sulla logistica del Natale ambientato in un Polo Nord che è come un centro commerciale di un resort pieno di neve che sembra una coltre di trucioli di sapone d’avorio; un film d’azione sulla corsa in slitta “Raiders of the Lost Santa”; e una pallina da commedia che è così irriverente riguardo alla seconda mano dei suoi tropi natalizi che in qualche modo trasforma il cinismo in sentimentalismo. Nella moda vintage di Netflix, “The Christmas Chronicles 2” dura un’ora e 55 minuti (i classici TV “A Charlie Brown Christmas” e “How the Grinch Stole Christmas” duravano 25 minuti ciascuno; “Rudolph the Red-Nosed Reindeer” era 55 minuti; “Elf” di Will Ferrell era di 97 minuti), il che lo rende una cosa troppo mediocre, come una dozzina di calze imbottite in un film. Tuttavia, nel momento in cui i personaggi cadono in un coro malinconico di ��O Christmas Tree”, solo i Paperoni tra noi non riusciranno a asciugare una lacrima di Natale pavloviana. Per il film di Natale di questa settimana, “The Christmas Chronicles 2” fa il suo lavoro. Il Babbo Natale di Russell, che sembra uno di quei dipinti dei primi del XX secolo di un Babbo Natale che ride, tiene il centro delle cose, e questa volta la signora Claus è più di una presenza fuori campo. È interpretata da Goldie Hawn nel suo momento più roseo, e lei e Russell, riuniti sullo schermo per la prima volta da “Overboard” (1987), sfruttano al massimo il loro splendore romantico da invecchiamento simile a un buon vino. Ma il personaggio principale, come nel primo “The Christmas Chronicles” (2018), è la precoce, rattristata Kate (Darby Camp) dai capelli ricci, che è ancora alle prese con la morte del padre pompiere. Trascorrendo il Natale a Cancun con sua madre (Kimberly Williams-Paisley) e il nuovo fidanzato di sua madre (Tyrese Gibson), Kate e suo figlio, Jack (Jahzir Bruno), vengono fatti girare attraverso un wormhole fino al Polo Nord, dove Babbo Natale, ancora una volta, potrebbe usare il suo aiuto. Non che sia esattamente privo di assistenza. Gli elfi di Babbo Natale sono un vasto equipaggio di omuncoli in computer grafica che balbettano in una lingua straniera grugnita come i Minion. “Il villaggio ospita oltre un milione di elfi”, dice Babbo Natale con spavaldo orgoglio. “Se abbinassi Amazon, FedEx, il servizio postale e UPS a tutte le aziende manifatturiere del mondo e la loro produzione quadruplicasse per un anno intero, potresti avvicinarti a quello che possiamo realizzare qui nel villaggio di Babbo Natale … in un unico giorno.” Parla come il Babbo Natale orientato al mercato di un film Netflix! (È incredibile che non abbia elencato il piano di stock option degli elfi.)
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weirdesplinder · 4 years ago
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Cosa guardare dopo i Bridgerton seconda parte
Ecco altri suggerimenti su cosa guardare se vi è piaciuta la serie Bridgerton su Netflix e state cercando qualcosa di simile. Per tutti i film citati ho aggiunto anche il link dove trovarli e i link ai libri da cui sono stati tratti.
Buona visione e buona lettura.
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L’ussaro sul tetto, un film con  Juliette Binoche e Olivier Martinez
Provenza 1832. Un patriota italiano è rifugiato in un villaggio e sfugge agli agenti austriaci che vogliono ucciderlo. Chiede l’aiuto di una donna (sposata) e con lei attraversa il nord della Francia cercando di rimpatriare attraverso le Alpi. Nel frattempo diventa il cavalier servente della giovane e la salva da mille pericoli, peste compresa. 
Tratto dal romanzo omonimo di  Jean Giono
Disponibile su Chili
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Katia regina senza corona, film con Romy Schneider
Russia, seconda metà dell'Ottocento. Lo zar Alessandro II si innamora di una collegiale e la incontra di nascosto: la zarina, per evitare al marito il pericolo di un attentato, installa la ragazza a corte. I due si amano, ma il periodo storico in cui vivono è difficile. E lo zar che vorrebbe riformare la Russia è osteggiato sia dai nobili che dai rivoluzionari.
Potete leggere la storia di Katia anche nella biografia intitolata Katia: Wife before God di Alexandre Tarsaidze            
Disponibile su Prime video
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La donna più bella del mondo, film con  Gina Lollobrigida
Storia romanzata, con molte concessioni alla fantasia, di Lina Cavalieri, soprano del secolo scorso, celebre per la sua bellezza. Un collega  innamorato di lei, ma respinto, uccise per gelosia un tenore, suo rivale in amore, durante una rappresentazione della Tosca che la vedeva protagonista nella scena della fucilazione di Cavaradossi. Il film si chiude con il suo primo matrimonio che fu con un principe russo. Un film romantico, ironico, avventuroso, che contine anche un duello di spada tra donne.
Tratto dalla biografia intitolata appunto Lina Cavalieri. La donna più bella del mondo,  di Franco Di Tizio
Disponibile solo in Dvd al momento, e forse su You tube. 
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        Miss Potter, film con Renée Zellweger
Londra, 1902. Beatrix Potter è una donna nubile di buona famiglia, determinata e anticonformista che aspira a diventare autrice di libri per bambini. Per questo, insieme alla sua accompagnatrice Miss Wiggin, visita la casa editrice Frederick Warne & Co. per convincere i proprietari a pubblicare Il racconto di Peter Coniglio; Harold e Fruing Warne accettano pur pensando che sia destinato al fallimento, e solo perché hanno promesso la direzione di un progetto al fratello minore Norman. 
Contiene i personaggi dei libri del mondo di Beatrix Potter
Disponibile su Chili
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L’altra donna del re, film con Natalie Portman
La storia di due sorelle, Mary e Anne Boleyn, e dei loro rapporti con il re Enco VIII d'Inghilterra, che fu mante della prima ma ripudiò la moglie Caterina d'Aragona per sposare la seconda. 
Tratto dall’omonimo romanzo di Philippa Gregory.
Disponibile su Netflix
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Giulietta + Romeo, film del regista Baz Luhrmann.con Leonardo di Caprio
Nella bella Verona Beach, due adolescenti innamorati si tolgono la vita seppellendo per sempre l'odio dei loro genitori. Lo annuncia una speaker di un notiziario televisivo, declamando in versi rimati il loro amore tragico e avversato dalle rispettive famiglie: anglosassoni e protestanti i Montague, ispanici e cattolici i Capulet. Signori di Verona e nemici giurati, governano sciaguratamente il destino della città a colpi di pistola e quello dei loro figli con regolamenti e castighi. 
Disponibile su Rakuten tv e Google play
Tratto dalla tragedia Romeo e Giulietta di Wiiliam Shakespeare
Vi consiglio, anche se non li ho citati nell’elenco sopra, di guardare il film Guerra e Pace con Audrey Hepburn, i film della serie Sissi con Romy Schneider, la serie tv The Spanish princess, e i film della serie Angelica tratti dai romanzi di Anne e Serge Golon. Quelli degli anni '60, non il remake del 2013, mi raccomando. I titoli sono: Angelica, Angelica alla corte del re, La meravigliosa Angelica, L'indomabile Angelica, Angelica e il gran sultano.
Link: https://weirdesplinder.tumblr.com/post/13684874712/angelica
Se amate l’intreccio di cinema e letteratura forse vi interesserà sapere che su IBS.it nella sezione intitolata  Dal libro al film potete trovare una selezione di libri da cui sono stati tratti lungometraggi famosi.
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svediroma · 4 years ago
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Consigli per una gita fuori porta: Tivoli
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Un posto tranquillo, connesso alla natura ed allo stesso tempo vivace, con tanti abitanti e bambini che giocano per strada – un weekend a Tivoli.
La passeggiata che vi propongo inizia con la visita ad una splendida abitazione di un cardinale, dalle cui finestre si gode una vista spettacolare.
Uno spettacolo che non ho mai visto prima nella mia vita: Villa D'Este.
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La stanza della Gloria (realizzata da Federico Zuccari tra 1540-1609) rappresenta le quattro Virtù Cardinali: Giustizia, Fortezza, Prudenza e Temperanza.
Nella Sala della caccia sono raffigurate diverse scene di caccia subacquea e terrestre negli ampi riquadri, con diversi trofei come lepri e cinghiali.
A quanto pare la prima pittura fu realizzata da un pittore sconosciuto della prima metà del Seicento.
Si trova perfino rappresentato un incendio che, insieme a immagini raffiguranti acqua, aria e terra, completa il racconto dei 4 elementi.
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Anche i dipinti esposti sono straordinari. Molti di questi sono stati recuperati dai Carabinieri a seguito di alcuni furti.
Le origini di questa meravigliosa Villa risalgono all’anno 1550, quando il Cardinale Ippolito d'Este la fa costruire. Il pittore e architetto Pietro Ligorio la progetta e Alberto Galvani la realizza.
Nel 1572 erano pronte quasi tutte le sale costruite come le vediamo oggi (anche con i dipinti sui muri).
 Già nel 1605, su richiesta del Cardinale Alessandro d'Este, cominciano i lavori all’esterno: nel giardino, un miglioramento delle Fontane e una nuova struttura.
Nel XVIII (18) secolo la villa attraversa un periodo di decadenza, che peggiora fin quando diventa proprietà del distretto austriaco Asburgo.
 Dopo la prima guerra mondiale Villa d’Este torna ad essere proprietà italiana (1920-30) e inizia una nuova fase di restaurazione per aprire le sale al pubblico.
I bombardamenti della seconda guerra mondiale però colpiscono tutta Tivoli e così capita che, dopo una ristrutturazione radicale ed un altro periodo di restauri, la villa risorga come un edificio rinascimentale, con il bellissimo giardino nello stile manierista, che sfrutta anche una collina naturale. Proprio qui sono state esposte opere come la fontana dell'organo e il "canto degli uccelli".
Scendendo le scale, si arriva allo spazio all’aperto... da togliere il fiato per quanto è bello!
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Un parco incredibilmente grande e un paesaggio straordinario, in cui ci si perde se non hai la mappa in mano, tra piccoli vicoli e una zona che assomiglia ad un labirinto. Statue grandi, come quella di Madre Natura – forse la più importante e più conosciuta - quella di Nettuno o i giochi d’acqua, grazie all'adduzione delle acque con un acquedotto e un traforo sotto la città che rievocano la sapienza ingegneristica degli antichi romani.
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Ovviamente questo spettacolo è inserito nella lista UNESCO del patrimonio mondiale.
Uscendo dal Portone del Giardino si accede alle scale della piccola piazza accanto. Il sole piano piano spariva, come le ultime persone che uscivano dal parco e tutto era tranquillo da un momento all'altro.
I gatti conquistavano la piazzetta, arrivavano da tutti i lati andando incontro agli avventori. E così accade che un uomo si mette seduto davanti al parco e tutti loro (parliamo di una ventina) si mettono intorno a lui. Una scena come non avevo mai visto prima, un gatto diverso all’altro.
Passeggiando per i vicoli, le strade, le piazze, mi sento rilassata, si prova una grande quiete. I vestiti lavati stesi fuori le finestre, le piccole piante, la gente che sta con la famiglia: Tivoli è un posto meraviglioso e pieno di vita.
Era la migliore scelta da fare come primo viaggio dopo il lockdown...e la compagnia del mio amore ha reso tutto più bello. Ma questa cittadina ve la posso consigliare come piccolo viaggio per scappare dalla metropoli!
Abbiamo fatto una piccola passeggiata nel centro dove, a differenza del pomeriggio in cui non c’era molta gente, la sera piano piano si riempiva di vita. Bambini che giocavano, gente che faceva l’aperitivo. I piccoli vicoli, ancora tranquilli, con i vestiti fuori dalle finestre per farli asciugare, e le piccole piante che rendevano tutto più carino.
Tra le strade di Tivoli, ci si muove la sera, la gente esce e si diverte. Ci sono gelaterie, bar, pub, locali, ristoranti e tanti abitanti in giro. In questa cittadina ci si sente subito accolti.
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Ci siamo fermati in uno di questi vicoli, nascosto, per fare un aperitivo, ma a quanto pare si trattava di un posto conosciuto tra i giovani abitanti tiburtini.
Anche la cucina di Tivoli è molto buona. Ci sono posti sofisticati, come per esempio “Il Borghetto”, con un’offerta di menù molto popolare: arrosticini non-stop, ma anche antipasti e cucina romana.
Tra le strade di Tivoli ci si muove la sera, la gente esce e si diverte. Ci sono gelaterie, bar, pub, locali, ristoranti, e tanti abitanti in giro. In questa cittadina ci si sente integrati e subito accolti.
Un altro posto conosciuto di Tivoli è la Villa Gregoriana. La passeggiata era bellissima: si tratta di un percorso più naturale, un luogo straordinario e estremamente complesso, che non ha subito molte variazioni nel tempo.
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Nella Valle dell'inferno, anticamente, l'Aniene formava un piccolo lago, in seguito denominato come il Pelago, di cui oggi rimane solo una traccia. Da questa radura ci si gettava con un salto verso la campagna romana.  Le acque si inabissarono in un nuovo passaggio sotterraneo (la grotta delle Sirene) creando un ponte naturale che si chiama Radura di Ponte Lupo.
Inizialmente si può camminare verso la Valle dell'Aliene e durante tutta la giornata il mio pensiero è stato… “WOW!”. Abbiamo continuato la gita e visto fontane naturali, piccole cascate, mole e grotte, come la grotta di Nettuno, che era veramente grandissima ma purtroppo poco accessibile a causa di alcune scale da salire.
Uno dei primi interventi (realizzato sotto il governo francese) era il “Cunicolo del Miollis”, un tunnel nella roccia viva, con un traforo finestrato. I lavori iniziali risalgono ai primi decenni dell’800, nel sito dove i visitatori potevano percorrere – proprio come oggi – la grotta di Sibilla Albunca, il Pelago, e la grotta di Nettuno.
Grazie a Papa Gregorio XVI Villa Gregoriana prospera, vengono portate a termine le opere di ripristino del tempio di Tiburno, che restituiscono all'acropoli le sembianze tardo imperiali, completando l'ideale paesaggio archeologico e romantico.
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Numerose sono pure le testimonianze lasciate da pittori o scrittori famosi come Goethe, con grande valore artistico.
Dopo un abbandono nella seconda metà del 900 segue la chiusura al pubblico e la natura prende il sopravvento. Si verifica una crescita spontanea e incontrollata della vegetazione, ma grazie al FAI (Fondo per l'Ambiente Italiano) – che dal 1975 opera per la difesa e la valorizzazione del patrimonio d'arte, natura e paesaggio italiano – è stata curata e ripulita.
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Spero di aver stimolato la vostra curiosità condividendo la mia piacevole esperienza a Tivoli, dove tutto è un po’ più tranquillo, ci si trova a contatto con la natura e la gente è accogliente. Ci sono attività da fare per ogni tipo di short-holiday e mi sono trovata molto bene. Insomma, un luogo ideale per amici, coppie e famiglie, dove riprendersi dopo i mesi passati in lockdown.
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- Elisabeth Bianchi
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micro961 · 11 months ago
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Alessandro Ragazzo - Piove
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Un brano tra cantautorato e atmosfere dell’alternative anglosassone
“Piove” è un film in bianco e nero che parla del momento in cui, finita l’adolescenza, ti scontri con la vita vera. Un racconto romantico che scava nella memoria dei giorni spensierati, oramai passati, in cui andava tutto bene. Una sequenza di immagini raccontate da un sound vintage e nostalgico che scolpiscono il suono di una serenità finita. “Piove” si ispira al vecchio cantautorato italiano mischiandolo con le atmosfere dell’alternative anglosassone e i soundscape delle colonne sonore anni 60’.
Alessandro Ragazzo è un cantautore, chitarrista e musicista; vive di opposti e pensa che la coerenza sia sopravvalutata. Un giorno puoi trovarlo all’alba dopo una festa techno a progettare una rivoluzione, e il giorno dopo, a piangere sul divano guardando un film d’autore. Crede che la musica, e in generale l’arte, possano essere l’unico palliativo per la nostra specie, ormai condannata all’estinzione. Nasce e cresce a Marghera, periferia di Venezia, come chitarrista elettrico. Scopre a vent’anni la bellezza della semplicità e con qualche accordo e delle parole sincere inizia a scrivere canzoni. Così pubblica 3 Ep in inglese, tra cui uno registrato ai Flux Studios di New York (US), e un ep in italiano. Gli piace raccontare ciò che lo circonda, cose tristi tendenzialmente, ma con romanticismo. Negli anni con le sue canzoni è riuscito a condividere il palco con artisti come Giorgio Poi, Galeffi, Generic Animal, Matt Elliott, Hugo Race, L.A. Salami, Ainè, Alberto Ferrari, La Municipal e suonare un po’ in giro per l’italia da Roma a Milano, da Bologna a Trieste, arrivando anche a Londra. Ha frequentato il biennio di Officina Pasolini a Roma avendo la possibilità di stare a contatto con grandi personalità del cantautorato italiano. Il 29 Maggio 2020 è uscito il suo primo Ep in italiano, intitolato “Ricordi?”, per Rokovoko Records.
 Il videoclip del singolo “Domani” è stato scelto tra i migliori 45 video usciti quest’anno dal MEI e ha vinto il concorso “Artefici del nostro tempo” indetto dalla Biennale di Venezia. A novembre 2023 collabora alla scrittura del testo della canzone “Fiore Bianco”, sigla della serie Rai “Per Elisa - Il Caso Claps”.
Sta attualmente lavorando al suo nuovo e primo disco di inediti insieme al produttore e autore Matteo Buzzanca. Il suo album ha un’estetica retrò e rispolvera il vecchio cantautorato italiano mischiandolo all’alternative anglosassone e i soundscape delle colonne sonore anni 60’.
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giancarlonicoli · 5 years ago
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21 MAR 2020 17:44
“C’È CHI LA CHIAMA POESIA, IO LO CHIAMO GIANNI MURA” - CROSETTI: "LUI LE PAROLE LE CONOSCEVA TUTTE, AMANDO DI PIÙ QUELLE FRANCESI COSÌ COME AMAVA IL TOUR QUASI PIÙ DI OGNI COSA. DA GIANNI HO IMPARATO CHE IL RACCONTO È MOVIMENTO. LUI È IL PIÙ GRANDE GIORNALISTA ITALIANO DI TUTTI I TEMPI, È PIÙ GRANDE DI BRERA CHE GLI FU MAESTRO, PERCHÉ È PIÙ BUONO" – VERDELLI: “CHE LA TERRA TI SIA LIEVE”. SOTTO QUELLA TERRA ADESSO, INSIEME ALLA TUA BARBA RUVIDA, C’È UN PEZZO DI REPUBBLICA” – IL RICORDO DI MALAGO’ – LA CRONACA DEI FUNERALI DI DE ANDRE’ E QUELLE SIGARETTE PASSATE A MERCKX, VIDEO
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CARLO VERDELLI per repubblica.it
Si è fermato proprio nei giorni in cui si è arreso anche lo sport. E’ sceso di bicicletta, è andato a sedersi in panchina, ha lasciato il campo di cui è stato l’ultimo campionissimo. Pochi giorni fa mi aveva detto: dai, diretur, che ce la facciamo.
Sì, dobbiamo proprio farcela, Gianni. Te lo dobbiamo: noi, tuoi allievi di Repubblica, la comunità grande dei nostri lettori, e chiunque si sia emozionato per le tue cronache dal Tour, per le migliaia di montagne che hai scalato con i tuoi ciclisti, per tutte le partite di calcio che ci hai fatto vivere come se fossimo lì, per il talento purissimo e brusco che hai sparso in ogni articolo, intervista, ritratto, per essere stato l’arbitro, volutamente di parte, nell’appuntamento imperdibile e perduto con i tuoi “Cattivi pensieri”, fino all’angolino in ultima pagina, “Spassaparola”, che oggi lasceremo bianco e magari anche domani e dopo.
Quando scrivevi l’addio a qualcuno, terminavi sempre con questa frase: “Che la terra ti sia lieve”. Sotto quella terra adesso, insieme alla tua barba ruvida, c’è un pezzo di Repubblica, che ti starà accanto per farti compagnia, come tu l’hai fatta a noi.
MALAGÒ: "CI HAI DONATO POESIA PURA"
GIOVANNI MALAGO' per repubblica.it
A nome personale e del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, interpretando i sentimenti dell’intero mondo sportivo, mi stringo al dolore del Direttore Carlo Verdelli e di tutta la redazione di Repubblica nel ricordo di Gianni Mura, un gigante del giornalismo e un indimenticabile fine dicitore del nostro mondo, abbracciando idealmente la famiglia e tutti quelli che hanno voluto il privilegio di conoscerlo e di apprezzarlo.
Ci hai donato poesia pura, traslandola sul ‘tuo’, nostro mondo. Oggi hai voluto riservarci un dolore immenso, tanto difficile da raccontare che, forse, avresti fatica anche tu, caro Gianni. Tu che con le parole hai sempre disegnato arcobaleni e descritto sogni, riuscendo a decodificare con la scrittura anche quello che le sensazioni più intime raccontano solo al cuore.
Te ne sei andato in punta di piedi, in un attimo interminabile che ci lascia sgomenti. Non c’è un aneddoto, un momento per ricordarti. C’è una vita intera da celebrare, dedicata a quella passione travolgente chiamata sport, vissuta e raccontata con inimitabile maestria, grazie alla tua sapienza stilistica e alla tua visione illuminata.
Ci hai ‘accompagnato’ attraversando i decenni, ci hai regalato pagine indimenticabili, narrando le vittorie e le sconfitte del nostro mondo con lucida e mirabile capacità, senza risparmiare critiche, senza lesinare consigli, senza mai dimenticare di essere te stesso. Hai fatto la storia del movimento, raccontandolo nella sua accezione multidisciplinare, nella sua dimensione, universale come i messaggi che hai scolpito nel cuore di tutti noi. Hai meritato stima e credibilità, avvicinato i giovani e coinvolto gli appassionati, incantato i protagonisti. Hai scritto e descritto tanti fuoriclasse ma il vero campione eri tu e oggi tocca a noi ricordarlo. Con emozione e gratitudine, certi che il tuo esempio non verrà disperso. Ciao, Gianni. E grazie. A nome di quello sport che hai portato nel cuore. Lì, dove noi conserveremo il tuo ricordo intramontabile.
IL RICORDO DI GIANNI MURA
MAURIZIO CROSETTI per repubblica.it
Prima le persone e poi le parole, e lui le parole le aveva bellissime, le più belle di tutti. E andare, andare sempre a guardare. Parlare con gli altri, osservare i dettagli, gli oggetti, le forme e le tinte delle cose. Scrivere, quello viene dopo. Scrivere, diceva Gianni, è come cucinare, ma conta molto di più fare la spesa. Quando hai le cose giuste sul tavolo, quando al mercato hai scelto bene, poi i piatti vengono buoni per forza.
Gianni, mi spieghi come giocava Peirò? Gliel’ho chiesto l’altro ieri sera al telefono, quando Gianni mi disse che aveva ancora una discreta scorta di Settimana Enigmistica e Domenica Quiz, e poi sul comodino la saga familiare di Giorgio Fontana, “un bel Sellerio spesso così”, e un giallo di Robecchi. Com’è Robecchi?, gli ho chiesto. Non male, mi ha risposto Gianni.
E poi ha cominciato a parlarmi di Peirò, di come nell’Inter giocasse quasi solo in Coppa, di quel gol al Liverpool naturalmente. E poi mi ha parlato delle matite e dei pennarelli, mi ha detto che era stato giusto scriverne su Repubblica. Lui, le matite le usava per i cruciverba. Gianni Mura mi ha insegnato che scrivere è prima di tutto leggere, ed è ascoltare una canzone. E’ curiosità degli altri, altrimenti cosa scrivi a fare. Scrivere è ricordare, certo, ma anche immaginare. Gli piaceva quella cosa della nostalgia del futuro, quella malinconia che ci prende quando le cose non ancora accadute ci mancano già.
Da Gianni ho imparato che una coppa di pesche e spumante è formidabile contro la febbre alta. Lui mi curò così, una notte, nel nostro mondiale tedesco del 2006, tornati a Dusseldorf da Dortmund. Era la sera della semifinale vinta. Febbre a 39°, viaggio in treno in piedi, caldo torrido. Poi, nel bar deserto dell’albergo quell’insalatiera piena di pesche e spumante, lasciata lì chissà perché, come un sogno, un’invenzione. Ci sedemmo, bevemmo, mangiammo. Poi una dormita biblica, e la mattina freschi come rose.
Da Gianni ho imparato che in qualunque posto del mondo bisogna creare casa: la trattoria, il giornalaio, il fruttivendolo. Se ci torni ogni giorno, sei a casa. E bisogna mandare cartoline, non lettere ma cartoline, alle persone che amiamo. Lui alla sua Paola ne mandava sempre, da qualunque posto del mondo. Il fruttivendolo è molto importante. Bisogna comprare un po’ di frutta la mattina delle partite in notturna perché poi, tornati in albergo, è meglio mangiare quella piuttosto che le schifezze.
Da Gianni ho imparato che la cosa degli aggettivi da togliere è una scemenza. Bisogna metterli, invece, ma solo quelli giusti, Ma vale per tutto, i nomi, i predicati, i complementi, le virgole, i punti. Solo il punto e virgola non gli garbava: è come il vino rosé, diceva. E il vino o è rosso o e bianco, meglio naturalmente il rosso. A proposito: mica vero che si deve rinfrescare in frigo solo il bianco. Anche col rosso si può, anzi si deve. E poi l’altra stupidata: col pesce solo il bianco. Ma quando? Certo non un barolo, ma un buon barbera non troppo vecchio sì. Tutto questo mi ha insegnato Gianni.
Da Gianni ho imparato che le parole sono un gioco. Nella loro forma più intima, corporea, le assonanze, le sillabe, lo sposalizio tra vocali e consonanti, la rima, il ritmo, c’è già il loro destino nel mondo. Scivoleranno nella frase proprio dal modo in cui sono fatte. C’è chi la chiama poesia, io lo chiamo Gianni Mura. Lui le parole le conosceva tutte, amando di più quelle francesi così come amava il Tour quasi più di ogni cosa. Da Gianni ho imparato che il racconto è movimento: prima di noi stessi, poi delle nostre frasi. E mai fare le mnemoniche con lui (calciatori con la effe, scrittori con la erre): avresti sempre perso.
Da Gianni ho imparato che i maschi, quando si vogliono bene, si abbracciano come orsi. La sua guancia pungeva, la sua pancia arrivava prima di lui. E tu eri timido, sempre un po’ in soggezione di fronte al più grande giornalista italiano di tutti i tempi, non il più grande sportivo, il più grande e basta, non ci sono giornalisti sportivi, o sei giornalista o sei altro. Per me, Gianni Mura è più grande di Brera che gli fu maestro, perché è più buono.
Da Gianni ho imparato che le cose si dicono e si scrivono, costi quel che costi. E che la tenerezza è la migliore forma di forza. Lui era un mite duro, un romantico con la faccia da romanzo. Il bicchiere, diceva Gianni, sempre mezzo pieno. E il pezzo, sempre dieci righe in più che in meno: per chi lavora in redazione sarà più facile metterlo in pagina, tagliare si può sempre, aggiungere no.
Quando morì Brera, Gianni scrisse il suo articolo più commovente. Un flusso, come galleggiare da un’altra parte, in qualche spazio perduto nell’universo. Le parole vennero chissà come, in tutto quel dolore. Arrivavano dalla vita di prima, tutto arriva da lì. Ma io adesso non riesco a immaginare una vita di parole senza le sue parole.
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nomeutenteerrato · 7 years ago
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Il magico mondo LGBT+ (il + è importante!)
Vi racconto una cosa. Ho deciso di portare un po' di informazione anche qui perché ho notato che l'ignoranza avanza in fretta. Forse non lo sapete, ma parlare senza conoscere non fa bene né a voi né a chi vi sta ascoltando. Parlare da ignoranti non può far altro che produrre ignoranza (e non fa bene!). Quindi, BENVENUTI NEL MAGICO MONDO ACE spiegato e illustrato dalla vostra cara e dolce Abby che si è stufata di leggere atrocità in giro su Twitter & Co.
C'era una volta, in una sigla chiamata LGBTQIA, una A che molti ignorano. Si crede che la A sia riferita agli "alleati", persone etero e cis che combattono per i diritti della comunità; però la A definisce anche (e soprattutto) lo spettro asessuale.
"Chi sono gli asessuali?" Molti dicono siano "quelli eccitati da nulla", ma no. Gli asessuali sono persone (perché sì, si parla di persone, non di creature mitologiche, unicorni fatati, bradipi albini o malati mentali) che semplicemente non provano attrazione sessuale nei confronti di altre persone. Ed essendo uno spettro ha diverse sfumature.
"L'asessualità è una fase? Poi passa?" No, non è una fase. No, non passa. Ripeto, essendo uno spettro è vario, come varie sono le sfumature dei colori. C'è chi prova attrazione sessuale dopo aver costruito un legame emotivo/romantico forte con una persona precisa (demisessuali); chi sperimenta attrazione A VOLTE, ma non sempre (greysexual, o grey-sessuali in italiano, ma credo che in inglese sia più carino); e chi invece proprio mai e va bene così.
"Gli asessuali fanno sesso?" Sì, può essere. Se uno non è sex-repulsed sì, può fare sesso. Sì, è una cosa difficile da spiegare e compendere, ma capita.
"Sei asessuale perché non hai trovato la persona giusta?" NO. Sei così e basta.
"Quindi sei asessuato?" NO. Per definizione asessuato: "Privo di organi sessuali differenziati". Gli angeli, per esempio, sono asessuati perché non sono né maschi né femmine, perché lì sotto non hanno nulla.
"Asessualità è sinonimo di castità?" No. Tu decidi di essere casto, di astenerti, di non fare sesso fino al matrimonio e lì decidi tu. L'asessuale lo è e basta. Non lo decide, ma scopre di esserlo.
"Ma quindi non possono avere una relazione?" CERTO CHE POSSONO! Esiste anche l'attrazione romantica oltre a quella sessuale. Biromantico, eteroromantico, omoromantico, panromantico, aromantico, lithromantico eccetera; insomma, avete capito dai.
"Gli asessuali vanno rinchiusi in centri di psichiatria" Discriminazione! Questa è discriminazione perché è una frase offensiva. Gli asessuali non sono malati, non sono da aggiustare, non sono in una fase critica della loro vita che tanto poi passa.
Gli asessuali vogliono, semplicemente, che la gente capisca che quella A li rappresenta perché esistono, non sono fantasmi. Gli asessuali vogliono che la stessa comunità LGBT+ smetta di discriminarli perché sì, voi non lo sapete, ma esiste la discriminazione all'interno della comunità stessa, come se non bastassero i bigotti scemi che hanno paura della diversità.
Quindi, perché invece di stare lì a guardare quello che fanno gli altri e ad etichettarci a vicenda, non facciamo che ognuno vive la propria vita come vuole, definendosi con l'identità che più lo fa sentire a suo agio, facendo ciò che vuole guardando sempre e solo se stesso?
Basta guardare nell'armadio del vicino per cercare i suoi scheletri.
Concludo con la frase che ha colpito la commissione d'esame alla maturità: "Siamo diversi, ma non sbagliati.". Buona giornata.
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tempi-dispari · 6 years ago
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Jack Jaselli da Pavia a Roma, 34 tappe, 40 giorni, 15 concerti, 800 km a piedi lungo la via Francigena
Jack Jaselli da Pavia a Roma, 34 tappe in 40 giorni, 15 concerti, 800 km a piedi, camminando lungo la via Francigena. “Torno a casa a piedi” è un progetto legato ai temi del territorio, della sostenibilità, della condivisione e dell’accoglienza. Un viaggio ricco di incontri, personaggi, luoghi e storie meravigliose. Jack Jaselli sarà raggiunto via via da figure di rilievo, come Boosta, fondatore e tastierista dei Subsonica, Michele Dalai, giornalista e conduttore, così come altri scrittori, autori musicali, registi ed ospiti speciali che stanno via via aderendo con entusiasmo all’iniziativa. Con loro, l’artista incontrerà alcune tra le più significative realtà locali ed eccellenze italiane. Grazie al patrocinio di Legambiente, delle Regioni e alla collaborazione dei Comuni, Jack visiterà luoghi unici in cui porterà la sua musica come la cavea naturale di Orio Litta, un romantico bosco a Pontremoli, la maestosa Torre Tentennano che domina la Val d’Orcia. Si esibirà tra le antiche botti di una rinomata cantina toscana, in altri posti simbolo delle eccellenze italiane e nelle antiche e scenografiche piazze che i comuni lungo il percorso hanno messo a disposizione per questo progetto. LE PERSONE e GLI INCONTRI Il racconto si svilupperà attraverso incontri che Jack farà durante il suo percorso: Avventori, ospitanti, persone del luogo pronte ad accoglierlo e persone incontrate casualmente sul cammino, amici di Jack e grandi artisti. LA MUSICA  Live in posti speciali (una sosta lungo la strada, un bosco, botteghe, luoghi di interesse culturale). Oltre alle tappe ufficiali del tour, definite con i Comuni e le associazioni locali, Jack si presterà anche a jam session con allievi di scuole di musica, band locali o semplicemente artisti che hanno voglia di mettersi in gioco e passare una serata insieme. IL VIAGGIO E IL DOCUFILM  Il viaggio partirà il 16 aprile da Pavia con il primo live mercoledì 17 Aprile al Teatro della Cavea di Orio Litta (LO) e si concluderà a Roma giovedì 23 Maggio. Il cammino di Jack sarà seguito dalle telecamere: tutti i contenuti, infatti, faranno parte di “TORNO A CASA”, un docufilm di 60’ prodotto da Willy The Whale per Discovery Italia, ricco di esperienze, musica, incontri, che andrà in onda in prima assoluta prossimamente su Real Time (canale 31). I canali digitali dell’artista e social di Real Time proporranno contenuti con cadenza quotidiana e settimanale durante tutto il percorso, oltre che dirette live durante il viaggio.  JACK JASELLI è un cantante, chitarrista e autore nato a Milano e cresciuto girando il mondo. Nel 2010 esce “It’s Gonna Be Rude, Funky, Hard” registrato in una cantina e promosso dal vivo con più di 80 date, entrando con ben tre singoli nella classifica “ear one” dei brani più trasmessi dalle radio. Nel 2013 esce “I Need The Sea Beacuse It Teaches Me”, minialbum acustico registrato in trio da Jack interamente dal vivo, in una casa scavata negli scogli a picco sul Mar Ligure. Nel luglio 2013 Jack vince il Cornetto Summer Of Music Tour Negramaro Contest, che gli ha dato l’opportunità di aprire i concerti della band salentina negli stadi di San Siro e dell’Olimpico, davanti a 80.000 persone. Nel 2016 esce “Monster Moon”album registrato ai Fonogenic Studios di Los Angeles, e prodotto da Ran Pink. Il disco viene preceduto dal singolo “The End” che gode di un ottimo airplay nelle radio. Nello stesso anno Jack lavora insieme a Lorenzo Jovanotti a due brani che faranno parte della colonna sonora de “L’Estate Addosso” di Gabriele Muccino. Uno di questi è “Welcome To The World” scelto come singolo per rappresentare la colonna sonora del film e incluso nel repack di “Monster Moon”. Il video del singolo viene girato in California dallo stesso Gabriele Muccino. Tra il 2016 e il 2017 collabora con Gue Pequeno a una sessione acustica di alcuni brani che verranno pubblicati nella versione bonus del suo album e nello stesso anno con Elodie per cui scrive il brano “La Differenza” e Danti con cui compone e interpreta il singolo “Solo Per Te”. Jack ha suonato al fianco di numerosi artisti (Ben Harper, Gavin DeGraw, Xavier Rudd, Lee Ranaldo, Fink, Lewis Floyd Henry, The Heavy, Giusy Ferreri, Alberto Camerini, Jack Savoretti per citarne alcuni). Da sempre interessato alle contaminazioni con la musica elettronica, Jack ha collaborato con artisti e produttori come Dj Aladyn e Pink Is Punk. Nel 2017 iniziano le registrazioni del primo album in italiano prodotto da Max Casacci e ad ottobre dello stesso anno esce il primo singolo “In Fondo Alla Notte”. Nel dicembre 2017 partecipa al format “Due Di Uno” su Fox Sports insieme a Michele Dalai facendo da controparte musicale alla narrazione. Nel marzo 2018 esce il secondo singolo “Nonostante Tutto” il secondo singolo in italiano di Jack Jaselli, composto a 76 mani insieme alle detenute del carcere femminile della Giudecca di Venezia. “Nonostante Tutto” non è solo un brano ma è anche un documentario scritto, interpretato e narrato da Jack trasmesso sul canale televisivo Real Time che racconta la peculiare genesi della canzone e documenta le registrazioni dei cori delle ragazze effettuate all’intero del carcere insieme a Max Casacci. L’estate del 2018 viene dedicata al tour e a Luglio Jack partecipa al Premio Bindi ricevendo la “Targa Giorgio Calabrese” come Migliore Autore. Il Novembre 2018 segna l’uscita di “Torno A Casa”, il primo lavoro in italiano di Jack, prodotto da Max Casacci e registrato agli Andromeda Studios di Torino. L’uscita dell’album è accompagnata da singolo “Balla”.
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tmnotizie · 5 years ago
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TOLENTINO – Daniela Scarlatti, grande attrice di teatro, cinema e fiction, darà voce a Notre-Dame de Paris, il romanzo che consacrò Victor Hugo come uno dei più grandi scrittori romantici. L’evento apre la rassegna Racconti d’Attore, dedicata alle grandi opere del Novecento riadattate in recital coinvolgenti. Daniela Scarlatti alternando dolore e ironia, stupore e comico “terrore”, ripercorre gli episodi che scandiscono il capolavoro di Hugo domenica 20 ottobre alle ore 18,00 al Politeama di Tolentino. Cura la messa in scena Patrick Rossi Gastaldi, regista di punta del teatro italiano, con la partecipazione di Fulvio Palese al sax.
 Monumentale feuilleton romantico ambientato nell’autunno di un medioevo reinventato con maestria da Hugo, Notre-Dame de Paris racconta il tragico destino di Esmeralda, conturbante creatura che scatena passioni e desideri. Molti uomini si contendono il suo amore: il colto arcidiacono di Notre-Dame, Claude Frollo, uomo di chiesa e di scienza; il capitano Phoebus de Châteaupers, incallito seduttore che riesce a conquistare il cuore della gitana; il gobbo Quasimodo, campanaro della cattedrale, anima sensibile imprigionata in un corpo deforme, che cercherà invano di salvare la bella sventurata.
Daniela Scarlatti inizia la sua carriera a teatro al fianco di Antonio Salines, Augusto Zucchi, Walter Manfrè, Luca De Bei, Piero Maccarinelli e con attori come Rocco Papaleo, Mascia Musy, Massimo Bonetti, Marinagiulia Cavalli, Sebastiano Somma, Edoardo Siravo, Cesare Bocci, Debora Caprioglio, Alessandro Haber. È però la soap-opera “Vivere” che la renderà famosa al grande pubblico. I suoi ultimi lavori televisivi sono A Un Passo Dal Cielo 3 serie TV con Terence Hill, Rocio Munoz Morales e La Porta Rossa accanto a Lino Guanciale, Ettore Bassi, Valentina Roma, Antonio Gerardi.
Un’occasione speciale per conoscere la grande letteratura attraverso la voce di una grande attrice come Daniela Scarlatti e il sassofono di Fulvio Palese che partecipa e scherza nello sviluppo del racconto, con brani di musica classica e jazz. La rassegna Racconti d’Attore è organizzata in collaborazione con Estra e prosegue domenica 24 novembre con Roberto Alpi in La metamorfosi di F. Kafka.
I biglietti per lo spettacolo sono disponibili al Botteghino del Politeama, aperto tutti i giorni (escluso sabato e domenica) dalle 17,00 alle 20,00 e da tre ore prima di ciascun spettacolo. Biglietti disponibili anche online all’indirizzo http://www.liveticket.it/politeamatolentino. Il costo del biglietto è di 20 euro+ prevendita.
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senzasterischi · 6 years ago
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La sensualità estiva adolescenziale (PCSEIT #1)
Parole Che Spero Esistano In Tedesco, Parte 1.
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Parte 1 non perché io dia per scontato che ce ne saranno altre (ricordiamo com’è andata l’ultima volta?) ma perché voglio lasciare la porta aperta al fatto che magari, forse, un giorno ce ne saranno altre.
Intendiamoci, io non capisco una parola di tedesco. Anzi, una la capisco, me l’ha insegnata un amico: Tintenkiller, che vuol dire cancellino, bianchetto. Beh, è un bel composto, non c’è che dire. Poi capisco le parole che per qualche motivo mi sono capitate davanti quando andavo al liceo, tipo Sturm und Drang o Sehnsucht, le solite cose. E poi c’è la terza categoria: quelle che becco ora, all’università, nel bel mezzo dell’introduzione all’autore latino di turno o al commento a questa o quell’opera.
Se davvero nella vita mi occuperò di lettere antiche dovrò seriamente imparare il tedesco come una persona seria. Fino ad allora, la mia reazione davanti a quella parola è, nell’ordine: sbuffare, prendere il cellulare, digitare su google la parola seguita da “significato”, leggere il significato, giurare a me stessa che me lo ricorderò, ritrovare la stessa parola due pagine dopo, darmi una manata sulla fronte perché non mi ricordo cosa voglia dire, ripetere il procedimento fino a esaurimento testi e/o voglia di fare.
Però questo procedimento non rende giustizia a un momento. Quel momento. Il momento in cui leggo il significato e penso: Acciderbolina. (Non penso davvero acciderbolina, chi mi conosce dal vivo sa che sono una persona abbastanza sboccata, però qua facciamo finta che io pensi acciderbolina). Poffarbacco. Hanno proprio una parola per tutto. Io neanche sapevo di pensarla, questa cosa, e loro c’hanno la parola.
Sarà che hanno il composto facile, sarà la filosofia, resta il fatto che ormai ho la convinzione irrazionale che i parlanti nativi tedeschi possano per miracolo planare in mio soccorso dall’alto ogni volta che ho una sensazione che non so definire.
Magari non succederà stavolta. Io spero di sì. Sono cose che non puoi cercare sul vocabolario, perché in italiano sono interi sintagmi. In attesa del germanofono salvatore, io provo a definire una cosa per cui mi è manca la parola.
Perché le parole sono importanti.
(Mi è appena casualmente venuto in mente il romanzo “Volo nella notte” di Frances Hardinge. Lo cito perché è un’enorme dichiarazione d’amore alle parole, e anche perché non se lo fila nessuno anche se è un bel romanzo).
Ti accorgi che ti manca una parola non mentre speculi in astratto, ma mentre stai parlando. (Scrivendo, in questo caso, ma scrivere per messaggio è quasi parlare, o almeno è una via di mezzo).
Si parlava di Call me by your name, il film di Luca Guadagnino – wow, che originalità! – e, nello specifico, un’amica mi aveva appena chiesto un parere. Io l’avevo visto poche ore prima, lei non l’aveva visto e voleva chiedermi se ne valeva la pena. Io le ho scritto (detto?) circa: «È bello. Però è sopravvalutato. Però è bello. Però non è un film indispensabile, capisci? Diciamo che ad alcuni lo consiglierei tanto e ad altri no, dipende tanto dai gusti. A me sono piaciute due cose in particolare, se ti interessa almeno una di quelle guardalo».
Spiegare la prima cosa che mi è piaciuta in particolare non è stato difficile: la concezione dell’amore del quale è impregnato sin dal titolo. Se si è interessati a un film romantico che non si limiti a mostrare l’amore ma ci rifletta anche sopra, Call me by your name è un’ottima scelta. (Potrei aggiungere due osservazioni: uno, la concezione dell’amore descritta nel film è molto molto simile alla mia e mi sono sentita meno sola al mondo; due, purtroppo nel film c’è una discreta forbice fra quel che viene detto e quel che viene mostrato, e questo è il difetto principale del film, ma per discuterlo a fondo servirebbe un articolo a parte).
La seconda cosa che mi è piaciuta è stata più complicata da spiegare. All’inizio l’ho chiamata “sensualità estiva”, ma mi rendevo conto che era un’etichetta insufficiente. Fin quando questo concetto era nella mia testa (da ben prima del 2017) quelle due paroline funzionavano benissimo, ma ora che si parlava di trasmettere il concetto a un’altra persona, una che non aveva neanche visto il film, ecco, il meccanismo si inceppava.
Ho preso una scorciatoia, allora. Ho cambiato medium. Per tutto il tempo della visione del film mi era risuonata in testa una canzone che catturava lo stesso esatto genere di sensualità: le ho mandato quella.
La canzone è Le vacanze dell’83 dei Baustelle e, a rifletterci, la coincidenza è impressionante (anche Call me by your name è ambientato nelle vacanze del 1983, e certi versi della canzone sono davvero molto adeguati anche alla trama del film, a patto di essere un po’ flessibili con le desinenze, ma io non vi dico altro, andatevela ad ascoltare).
La mia amica ha ascoltato e ha detto di aver capito bene quello che volevo dire. Io naturalmente non ero sicura che lei avesse capito quello che volevo dire. Classico pensiero che ti porta rapidamente al solipsismo se ti lasci prendere. Il punto è che di solito abbiamo le parole a rassicurarci, e se io dico giallo o triste o sorprendete tutto sommato mi aspetto che l’altra persona provi lo stesso che provo io, anche se in fondo in fondo non saprò mai se davvero è così.
Illudersi quel tanto che serve per comunicare è più difficile se non sei tedesca e non hai le parole
Io ho continuato a parlare della sensualità estiva, però. Non ho provato neanche allora a descriverla (sarebbe stato più coraggioso, forse) ma ho cercato di ricordarmi quando mi era venuta in mente per la prima volta.
Se non la prima, una delle prime volte era stata – così ho detto alla mia amica – mentre leggevo un libro di Carlos Ruiz Zafòn. Ci tengo a sottolineare che, a mia memoria, io e quest’amica non abbiamo mai parlato di Zafòn, nessuna di noi l’ha proprio mai menzionato all’altra, lei non sapeva che avessi letto suoi libri, né io sapevo che ne avesse letti lei.
La mia amica ha risposto: «Il principe della nebbia».
Allora ho capito che aveva capito.
Okay, io ho un problema con Zafòn. Non è che non mi piaccia (oddio, non prendo in mano un suo libro da almeno tre anni, ma non vuol dire nulla). Il problema è che ho letto credo tre dei suoi libri e non so cosa sia successo in quale. Fra le trame intricate e l’atmosfera monocorde non solo all’interno del singolo romanzo, ma anche fra un romanzo e l’altro, le scene, i personaggi eccetera nella mia testa sono diventati pappetta, un unico impasto.
Del Principe della nebbia, poi, sommando tutti i miei flash ricordo più che altro delle statue in cortile che mi avevano fatto una leggerissima paura, e che poi avrei ritrovato non tanto cambiate nei capolavori topiari di Shining di Stephen King. (Ho appena scoperto che tagliare i cespugli per farli sembrare animali si dice arte topiaria. Che bello avere le parole per dire le cose!).
Poi, un pagliaccio da qualche parte, un qualche galeone. Nebbia, parecchia, ma forse mi faccio influenzare dal titolo. Molti racconti nel racconto, ma forse quelli erano in Marina. Boh.
Però c’è una cosa che mi ricordo molto bene: la spiaggia, il protagonista che, nascosto dietro qualcosa, spia un ragazzo e una ragazza, che sono i suoi migliori amici o qualcosa del genere, che si stanno baciando o poco più. È una scena che mi è rimasta impressa, proprio perché catturava esattamente quell’idea che si potrebbe chiamare sensualità estiva adolescenziale, oppure sensualità estiva puberale, se avessi più coraggio nel dare i nomi ai post.
L’elemento adolescenziale è fondamentale, perché questo genere di sensualità è esattamente quello ingenuo, quello teso alla scoperta del corpo più che al suo semplice uso. E poi c’è l’estate, che molto difficilmente è un’estate in campagna o passata a fare alpinismo; di solito richiede sabbia e mare, ma in Call me by your name se la sono cavata benissimo coi laghetti lombardi. Direi che è fondamentale l’acqua, comunque, e poi il sole.
Ma non starò qui a spiegare il concetto, io sto semplicemente aspettando la parola tedesca.
Fino ad allora guardate il film, leggete il libro e, cosa più immediata, ascoltate la canzone.
Poi calcolate l’m.c.d. e riflettete su quanto è bello avere le parole per dire le cose.
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