#Professor Pitoni
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sciatu · 4 years ago
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PITONI ED ARANCINI - COME FERMARE LO SCORRERE DEL TEMPO
Si disse che l’avrebbe aspettato solo un altro minuto e poi se ne sarebbe andata. Guardò l’orologio impaziente e si guardò di nuovo intorno. Vide un signore dal portamento distinto ma vestito come un banale impiegato del catasto e sperò con tutto il cuore che non fosse lui. “Ciao – fece invece lui sorridendo – siamo entrambi puntuali” “Mi sembra che dovevamo vederci mezz’ora fa” fece lei con una malcelata punta di accidia, e allungo la mano per stringere la sua e tenerlo lontano da lei con le solite formalità. Lui non vi fece neanche caso e invece di stringerle la mano la porto vicino alle labbra facendo un educato baciamano che lei non si aspettava. “No, il tuo messaggio diceva ‘ alle 12:30 di fronte al tribunale’ e adesso – fece lui mostrando un orologio che lei riconobbe non solo di marca ma anche di qualche decennio prima, e riconobbe in quel prezioso meccanismo un piccolo balenio di vintage elegante e pregiato, che rendeva il baciamo adeguato e signorile – vedi, sono le 12:30 proprio adesso! io odio arrivare in ritardo, il tempo è troppo prezioso per sprecarlo” Lei capì che se lei era precisa e puntuale in tutto il suo fare, cosa che la rendeva abbondantemente antipatica a familiari e conoscenti, lui forse lo era di più ma in modo amabile, sereno e affascinante. “Ma forse sarai stanca o avrai fame per aspettarti un mio arrivo anticipato” Lei capi che voleva solo metterla a suo agio scusando la sua accidia e motivando la sua impazienza “Si ho un po' di fame - fece lei cercando di riportare tutto alla serenità che un primo incontro doveva avere – ma non voglio perdere tempo in un ristorante. Fra un’oretta devo rientrare in ufficio e ho molte cose da fare” Sottolineo il tutto toccandosi gli occhiali come faceva quando voleva sottolineare l’importanza del suo lavoro e della sua posizione nell’ambito lavorativo (cosa che la rendeva ancora più antipatica della precisione e puntualità che ostentava inutilmente). “No, hai ragione – concordò lui sorridendo – la cena o il pranzo sono cose troppo impegnative, presuppongono che dopo vi sia un seguito adeguato. Qui vicino c’è Famulari, la rosticceria, ti va di mangiare due cose veloci. Sarà come tornare a quando si marinava la scuola e si andava li a mangiare un arancino” Lei sorrise. “Io non ho mai marinato la scuola: ero la prima della classe” disse stringendo le labbra come la sua professoressa di Latino quando, con sadico piacere, dava due a chi aveva saltato la versione in classe. “Anch’io ero il primo della classe – fece lui sorridendo – ma marinavo la scuola lo stesso. Per amore d’avventura” e di nuovo quel suo disarmante sorriso che non si sapeva come vincere. “Allora sarà la tua prima volta….” continuò con aria di mistero e intrigo come se attraversare la strada per entrare in rosticceria fosse la più grande avventura che le potesse capitare. Lo seguì disorientata. Era la prima volta che non era lei a controllare la situazione, ma questa le sfuggiva di mano ed andava in una direzione tutta sua. Per strada lui non finiva di parlare, le spiegò di come uscivano dal liceo e si avventuravano per la città liberi e felici. In rosticceria il cameriere trovò subito un tavolo per loro e lo chiamò con familiare rispetto “Professore” Lui continuava a parlare mentre il cameriere arrivò portando un vassoio con arancini, pitoni fritti e due bottiglie di birra fredde. “Ma qui ti conoscono?” chiese lei sottovoce “Si vengo spesso” “Chissà quante donne hai portato qui…” occhiata di traverso e frecciatina “Solo quelle importanti” sorriso disarmante, morso ad un pitone fritto ed espressione di beatitudine “Importanti come moglie o amanti” sottolineatura caustica e cattivella “Importanti come fondamentali, non è necessario darle un ruolo o una veste. Alcune persone contano per quello che possano rappresentare e che riassumono, non per come la società le definisce” “Ed io quindi cosa rappresento o riassumo?” “Come ogni nuova persona che si incontra su un livello emotivo rappresenti l’avventura e riassumi la probabilità di un piacevole futuro.” “Piacevole come” “Come lo saprai rendere tu piacevole” Lei lo guardò. Pensò che la stava sottilmente (ed anche piacevolmente) intortando con parole e galanterie. Era più furbo di quanto appariva, aveva una galante e sottile seduzione con cui sicuramente voleva lui garantirsi un piacevole futuro da maiale con lei! Cambiò discorso. “Questi pitoni fritti sono buonissimi. A te piace cucinare? “No a me piace mangiare. Cucinare è questione di attimi di conoscenza e abilità: il tempo è il direttore d’orchestra dell’opera. Mangiare è questione di attimi, di sottili sensazioni che devi sposare con ricordi ed esperienza: il tempo diventa un nemico, non dovrebbe passare mai per raccogliere tutte le emozioni che il gustare fa nascere, come quando si scopre di incominciare ad amare qualcuno. Il tempo diventa un nemico perché lasciare chi si ama diventa un deserto da attraversare.” Lei lo guardò attentamente. Ora capiva la sua attenzione al tempo: lui amava gustare la vita. “Senti questo arancino, la sua croccantezza, la fragilità del riso, il salato della mortadella, la dolcezza dei pisello la dolce gommosità della mozzarella. La vita è così, come questo arancino, per gustarla devi sapere, devi conoscere, devi poter ricollegare quanto gusti a quanto hai già gustato per apprezzare e ricordare. Questo vale per ogni cosa vivi, un tramonto, un viaggio, un incontro, una donna …” “Una donna ?” “Si certo, una donna non è un arancino ha di più, dà di più, è un piccolo universo pieno di vortici e maree quello che ti dona, che ti lascia ogni volta che tu vivi un momento con lei, non avrà mai altri momenti uguali e simili e tutto in lei è fonte di gusto, di ricordi e desideri. Come si tocca gli occhiali, come ti guarda severo, come per difendersi ti aggredisce, come vorrebbe scappare ma continuare a sognare…” D’improvviso lei si ricordò che era tardi, che doveva correre in ufficio, ma non volle interrompere quel momento, se lo voleva gustare fino in fondo. Lui stava parlando di lei anche se non lo sapeva. Non poteva lasciare diventare nulla quell’istante, far tornare il tempo a scorrere troppo velocemente. Osservandolo attentamente diede un morso al pitone fritto e cercò di sentire il gusto della pasta fritta contro la mozzarella fusa e il controcanto della verdura amarognola. Avrebbe voluto chiudere gli occhi per trattenerlo per sempre nella sua memoria.
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nuovo-universo · 7 years ago
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Le Scoperte Straordinarie del Professor Pitoni …dimenticate nel tempo
Vi sono addirittura casi di esploratori che hanno scoperto cose sensazionali e ci si dimentica sia di loro che delle loro scoperte.
È senza dubbio il caso del professor Angelo Pitoni, un esploratore che ha scoperto oggetti che teoricamente non dovrebbero esistere, e proprio per questo motivo non se ne parla molto, nonostante tali scoperte si possono sia vedere che toccare.
Il professor Angelo Pitoni è una persona fuori dal comune, e descrivere la sua vita è davvero un impresa titanica. In breve si può dire che egli è un geologo della FAO, botanico, scopritore di miniere di smeraldi, esperto in pietre rare, esploratore di luoghi remoti e scopritore di reperti archeologici unici.
E prima di essere tutto ciò, Pitoni fù partigiano ed è stato anche medaglia d’oro della resistenza e agente nel 1943 del commando delle Special Force inglesi e dell’Oss americano (Office Strategic Service, antenato della CIA), esploratore in Venezuela di zone sconosciute e selvagge, etc.
Pitoni nella sua vita di esploratore ha fatto innumerevoli scoperte di “piccola” importanza, che vanno da statuette antichissime ad una città Maya. Ma egli ha anche scoperto alcune cose di un importanza notevole come la Sky Stone e la Dama del Mali.
La Skystone
Nel 1990 Angeli Pitoni ha scoperto in Sierra Leone (Africa occidentale) l’esistenza di una anomala pietra azzurra che egli ha poi portato ad analizzare presso diversi laboratori nel mondo. Gli esami effettuati ai laboratori dell’università di Ginevra, della Sapienza di Roma, di Utrecht, di Tokyo e di Freiberg affermano tutti la stessa cosa, cioè che la pietra azzurra ”non esiste” perché non è neanche simile a qualsiasi tipo di roccia conosciuta in natura. Di conseguenza deve trattarsi di una pietra artificiale. Poiché tale pietra è di colore azzurro con sottili venature bianche, essa è stata chiamata “Skystone”, cioè pietra del cielo.
Le Scoperte Straordinarie del Professor Pitoni …dimenticate nel tempo
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I Nomoli
Sempre in Sierra Leone, nello stesso terreno in cui Pitoni ha trovato la Skystone, egli ha anche trovato delle statuette di individui dall’aspetto deforme, che la gente del luogo chiama “Nomoli”. Pitoni ha dichiarato che, in base ad analisi, risalgono a circa dodicimila anni fa.
Tali statuette furono scoperte anch’esse anni prima, ed alcune di esse si trovano al British Museum di Londra e al Musèe de l’Homme di Parigi, dove non è stato possibile attribuirle a nessuna cultura africana conosciuta e alla fine le statuette hanno finito per essere dimenticate.
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LA DAMA DEL MALI
La terza scoperta rilevante di Pitoni nella zona è quella che è stata chiamata la “Dama del Mali”, una gigantesca scultura femminile alta 150 metri che domina la vetta inaccessibile di un monte in Guinea, alto tra l’altro ben 1500 m.
La “Dama del Mali” si presenta come l’inequivocabile gigantesca effigie di una figura femminile con in testa una specie di corona, scolpita su un’enorme parete di granito che in tempi antichissimi potrebbe essere stata una costa rocciosa di un lago o di un mare, considerando anche il fatto che essa è rivolta verso l’Atlantico.
I tratti somatici della figura femminile sono decisamente indoeuropei, ed in particolare colpisce l’espressione regale ed imponente, che ben si accosta con la specie di corona sulla testa e con il vestito simile ad una tunica regale.
È inoltre d’obbligo sottolineare la perfetta modellazione della testa e del dorso, nonché il loro pressoché ottimo stato di conservazione. Questa scultura fu già scoperta da alcuni studiosi, che incredibilmente la ritennero l’effetto di una erosione eolica, e questo è sicuramente il mistero più grande dato che anche un bambino capirebbe che si tratta di una raffinata scultura umana, senza contare che analisi hanno dimostrano l’inesistenza di fattori perché si verifichi una erosione eolica, e senza contare che la scultura è stata studiata anche dal dottor Moussa Courouma, archeologo e direttore del Museo Nazionale della Guinea.
A causa del sua aspetto regale e di quella che sembra una corona, tale scultura sembra rappresentare una regina non identificabile poiché non riconducibile a nessuna nozione posseduta dall’uomo moderno, dato che teoricamente quando fu scolpita la “Dama del Mali” non esistevano ufficialmente civiltà tanto progredite da poter compiere un opera simile, per non parlare poi della Skystone che nemmeno oggi si riesce a capire come l’abbiano prodotta.
Analizzando la struttura geografica in cui è posta, si ha l’idea che tale scultura sia stata realizzata in epoche remotissime quando delle acque arrivavano nei pressi del monte dove vi è la “Dama del Mali”, dato che sembra essere scolpita appositamente su una specie di scogliera affinché guardasse verso una distesa d’acqua, probabilmente l’oceano o un grande lago.
Inoltre la “Dama del Mali” sembra essere logicamente collegata alla “Skystone”, tracciano così i confini di una antica civiltà avanzata che si estendeva dalla Sierra Leone alla Guinea (ma forse anche nel Mali), risalente ad un periodo che va dai 12.500 ai 35.000 anni fa.
Ciò è in realtà molto possibile, dato che ci sono reperti archeologici tangibili dell’esistenza di civiltà avanzate in quell’epoca in tutto il mondo, come dimostrano la molte strutture sommerse al largo della costa di Cuba e l’enorme struttura sommersa a Yonagumi (Giappone), entrambe frutto di civiltà avanzate sviluppatesi nell’ultima era glaciale, che va appunto dai 12.500 ai 35.000 anni fa.
A questo punto è evidente l’esistenza anche in quelle zone dell’Africa di un’antichissima civiltà evoluta oramai dimenticata, forse proprio Atlantide, di cui ci rimangono ampie tracce concrete, come i resti di materiali artificiali e la gigantesca scultura scoperti da Angelo Pitoni.
Di conseguenza è ovvio che una tale civiltà abbia lasciato anche altre tracce consistenti nella vasta zona in cui sembra che si sia sviluppata, ma non ci si deve stupire che non sono siano state ancora trovate, dato che la ricerca archeologica in questa zona continua ad essere nulla, se si escludono i pochi tentativi del coraggioso esploratore Angelo Pitoni.
Le Scoperte Straordinarie del Professor Pitoni …dimenticate nel tempo
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Fonte
Le Scoperte Straordinarie del Professor Pitoni …dimenticate nel tempo Le Scoperte Straordinarie del Professor Pitoni …dimenticate nel tempo Vi sono addirittura casi di esploratori che hanno scoperto cose sensazionali e ci si dimentica sia di loro che delle loro scoperte.
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pangeanews · 6 years ago
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“Mai comprato un libro perché lo devo leggere… comunque, oggi è quasi tutta fuffa”: dialogo con Luigi Mascheroni, l’uomo da 20mila libri
Ogni tanto mi manda le fotografie delle sue ultime ‘prede’. Pochi giorni fa mi invia la copertina de Il solstizio di giugno di Henry de Montherlant. Sa che mi morderò gli alluci per l’invidia. Quando mi dice che lo ha pagato due euro, mi disintegro le falangi con il ‘Meridiano’ del Doctor Faustus di Thomas Mann. Io e Luigi Mascheroni, micidiale firma de il Giornale, siamo agli antipodi: lui ama il contenitore io il contenuto, lui la forma io il senso, lui la copertina del libro io cosa c’è scritto dentro. Posso passare ore alle fatidiche bancarelle dei libri tormentato dall’amletica domanda, lo leggerò? non lo leggerò?, senza comprare nulla; Mascheroni invece, Diabolik della bibliomania, afferra e va via. Ha ragione ‘Gigi’, ovviamente, l’estetica è tutto, io sono un bilioso reazionario che ancora pensa alla scrittura… Così, quando mi dice che “sono arrivato a 20mila libri!”, gli dico, fermi tutti. Faccio qualche rapido calcolo a mente. 20mila libri diviso 30 anni (suppergiù) di devota ‘caccia’ libraria fa un numero magnetico, diabolico, anzi: 666,6 libri all’anno, cioè una media di due libri comprati – o rubati – al giorno. Esulto – il numero diabolico mi stimola l’estro – facciamo una intervista! Quella di ‘Gigi’, in effetti, mi pare una ossessione che sfocia nel romanzesco. Mascheroni, uomo tutto d’un pezzo, alto, elegantissimo fino allo snobistico cinismo, raffinato fino allo sfottò, intelligente come una faina, editore per sfizio e per vanto, devoto al libro – che è lì, chiuso, una seduzione di innumerevoli possibilità – più che all’uomo – che è sempre lo stesso: banale, corrotto, mentitore – pare una creatura libresca che si libra per il mondo sorniona, l’incarnazione di un fulminante epigramma di Carlo Dossi. Se non fosse che sono certo che già ce l’ha, nei precordi della sua biblioteca infinita, regalerei a Mascheroni un Sellerio del 2006, Delle tesorerie dei re, firmato John Ruskin: il grande inglese, che non aveva molta fiducia nella facoltà intellettuale umana (“le menti della maggior parte degli uomini sono invero poco più che lande desolate di sterpaglie… la prima cosa da fare, per il bene loro e per voi stessi, è di appiccarvi subito il fuoco, bruciare tutta la giungla, sì da renderla un fecondo mucchio di ceneri”), sapeva che “il libro, nella sua essenza, non è una cosa che parla, ma una cosa scritta; e scritta non con la finalità della mera comunicazione, ma della permanenza”. Con 20mila libri, in fondo, Mascheroni si garantisce un viaggio di 20mila leghe sotto l’ottusità dominante, si prenota l’immortalità: la sua casa ne contiene altre 20mila, la sua vita si riverbera in migliaia – un libro chiuso, emblema dell’unica perfezione possibile nel mondo corrotto, è l’avvio di una avventura, il precipizio nell’avvenire, l’unico tempo degno di essere perduto; il mondo corre e tu sei lì, avvinghiato in una festa ferale di frasi, simili a pitoni, a desiderare il prossimo libro, una leccornia. (d.b.)
Ventimila volumi: dove li tieni? Cosa pensano di te i tuoi eredi? Come può sopportarti tua moglie?
Li tengo in casa, perlopiù: un’unica libreria rigorosamente in legno di ciliegio cileno. Calcoliamo 150 libri a scaffale, in doppia fila, per sette pareti su due piani di appartamento, sotto la sala e sopra lo studio, in tutto fanno 140 scaffali, aggiungendo tre grandi armadi strapieni in redazione e la parte di libri sul cinema nella vecchia casa di famiglia, siamo a ventimila libri. Millennio in più, Meridiano in meno… Cosa dicono i miei figli? Quando torno a casa, ogni giorno, con uno, due, tre libri nuovi, davanti ai loro sguardi di rassegnata disapprovazione cerco di giustificarmi dicendo “Lo faccio per voi! Vi lascerò un patrimonio economico (più che culturale…) straordinario! Vi renderò ricchi!”. Ma non ci credono, naturalmente. Meno di tutti mia moglie. Ma con lei è più facile: se mi rinfaccia la mania dei libri io faccio lo stesso con la sua. Le scarpe.
Immagini in esclusiva della fatidica libreria privata di Luigi Mascheroni. Al momento, è impedito l’accesso al pubblico.
Ventimila volumi: ti ricordi il tuo primo libro? E il libro numero 100? E il millesimo? E il decimillesimo? E l’ultimo che hai comprato?
Avendoli tutti accumulati personalmente, senza aver ereditato alcunché – soltanto rubato qualcosa a mio fratello maggiore, essendo il furto da sempre la fonte di approvvigionamento principale della mia biblioteca… – certo che mi ricordo il primo libro, o comunque uno tra i primissimi, sul quale ho fondato la mia collezione. Era alla fine del liceo: il “Manfred” di George Gordon Byron nell’edizione dei Quaderni della Fenice della Guanda. Gliel’aveva fatto leggere il suo professore di inglese al Liceo, che da lì a poco sarebbe stato anche il mio. Franco Buffoni, insegnante straordinario peraltro. Un bell’inizio, no? Tra l’altro la veste grafica di quei Quaderni è meravigliosa, se ne trovo qualcuno in giro lo compro. Il numero 100, mille, diecimila, no… quelli non me li ricordo. Anche perché non li ho mai contati, solo fatto calcoli approssimativi. L’ultimo invece è di stamattina: Il solstizio di giugno di Henry de Montherlant, edizioni Akropolis del 1983. Ho una certa predilezione per la letteratura della collaborazione… i Brasillach, i Céline, i Drieu, i Rebatet… Comunque l’ho pagato due euro a un bouquiniste di piazza Cordusio, qui a Milano.
Dove li compri i libri? Ti guida il masochismo bibliografico, il sadismo, il feticismo, cosa? Ma poi: t’importa ciò che c’è scritto dentro?
Li compro sulle bancarelle, appunto. Poi nelle librerie dell’usato o antiquarie, qualcosa su Maremagnum o eBay – dove si possono trovare ancora cose belle a pochi euro, la gente spesso non sa cosa vende – poi alle fiere e ai mercatini, il posto più divertente: è dove i libri trovano te, non tu i libri. Poi molto, e parlo delle novità, mi arriva dalle case editrici per il mio lavoro di giornalista, ma tengo davvero poco. La maggior parte di quello che esce oggi, diciamo nove libri su dieci, è fuffa… Cosa mi guida nella scelta? Nella stragrande maggioranza dei casi l’eleganza o la particolarità della veste editoriale. Possiedo decine e decine di libri della Rizzoli e della Mondadori degli anni Settanta e Ottanta che mai mi verrebbe in mente di leggere, ma che colleziono perché hanno le copertine disegnate da John Alcorn o Ferenc Pinter… Oppure, cito a caso, i libri delle vecchie edizioni Fògola di Torino, quei libri con la sovraccopertina muta in carta velina… Gli autori erano Vintilă Horia, Astolphe de Custine, Guido Ceronetti… L’importante è che siano copie perfette: senza strappi, segni, tagli. Altrimenti non li considero. Anche per questo motivo il contenuto è secondario. Mai comprato un libro perché lo devo leggere. Lo compro prima di tutto perché mi piace come oggetto, poi posso anche sfogliarlo… Sì, credo sia puro feticismo.
Un gioco. Il libro che ti è costato di più e quello che hai pagato due centesimi.
La mia è una collezione di quantità, prima che di qualità. È un accumulo malato, irrazionale, disorganico e disordinato. Non ho mai speso tantissimo per un solo libro, è più facile che lo stesso giorno spenda moltissimo per diversi libri. Sì, certo. Ho pagato un po’ per una copia immacolata della prima edizione Corbaccio del 1938 di Bagattelle per un massacro. Che peraltro non ho mai letto. E anche per una copia con dedica del Poema a fumetti di Buzzati. Che ho soltanto sfogliato. È molto più divertente pagare pochissimo i libri rari o introvabili. Mi succede spesso. Qualche settimana fa – per dire – ho trovato in una libreria famosa di Milano, specializzata in modernariato, una copia del libro di Oreste Del Buono La nostra età, in edizione comunissima, la collana Nuovi Coralli di Einaudi, anno 1974. Niente di che. Però io tutto quello che trovo di Del Buono lo compro – non chiedermi perché – e istintivamente l’ho preso in mano, anche se ce l’ho già. E nel foglio di guardia c’era un elaboratissimo disegno a penna Bic di Del Buono, una caricatura molto curata e molto bella, siglata OdB. Il libro era prezzato cinque euro, perché il libraio non se ne era accorto. Io correttamente – e non è da me – gliel’ho fatto notare. Ma lui correttamente me l’ha fatto pagare come l’aveva valutato. Ma devo dire che sono un suo cliente fedele. Un’altra volta un amico mi ha chiesto di valutargli la biblioteca del nonno, che voleva vendere. Io l’ho messo in contatto con un antiquario, che poi gli ha rilevato tutto in blocco. Però prima mi sono fatto regalare una cinquantina di pezzi. I più pregiati, ovviamente. Lì sono stato molto meno corretto…
Il libro che ami di più. E quello che non sopporti, ma di cui non puoi fare a meno.
Il libro che amo di più – dal punto di vista editoriale – è il “Libro illeggibile” di Bruno Munari stampato nell’officina grafica di Giorgio Lucini. Lucini peraltro è appena morto, qualche giorno fa… Quando andavo a trovarlo nel suo studio-laboratorio finivo che stavo male. Avrei voluto possedere tutto. Come quando andavo nello studio di Franco Sciardelli, altro maestro stampatore… Poi alla fine cercavo di evitare, mi veniva mal di testa, cattivo umore, depressione… Vedere cosa c’era in quegli scaffali, senza poterlo avere, era come essere in una pasticceria senza soldi. O alla finale di un concorso di bellezza senza non potere toccare le miss… Meglio stare a casa. Ah, il libro che non sopporto… La conosci la storia della prima edizione italiana de Il codice da Vinci di Dan Brown? Esce nel novembre 2003 per Mondadori. Nel retro della sovraccopertina c’è una foto di Dan Brown seduto con alle spalle un quadro raffigurante una maschera elaborata. Poi anni dopo si sparge la voce che questa prima tiratura del libro sia diversa dalle successive in cui la foto dell’autore è cambiata: Dan Brown è in piedi, con dietro un orologio. Non è che sia rarissima quella copia, però in futuro potrebbe diventarlo. La tengo, con pochissima convinzione. E comunque non ho mai letto il romanzo. Sono il tipico intellettuale snob. Detesto per principio tutto ciò che vende, ha successo o è di moda.
L’autore defunto di cui ti vanti di possedere l’opera omnia. Meglio. L’autore defunto a cui sei devoto. E il vivente che ti piace di più leggere.
Il defunto più vivo di tutti è Sua Magnificentia Carlo Emilio Gadda. Ho tutto ovviamente, anche se non tutto in prima edizione… Dovessi leggere e rileggere solo un autore nella vita, è lui. Poi compro anche ogni edizione che trovo delle opere di Kafka: tra brossura e tascabili i Racconti ad esempio li avrò in venti edizioni diverse, anche di più. Perché? Non lo so. Ma continuo a comprarle… Tra i viventi? Parlo degli italiani. Arbasino, Ceronetti e il primo Busi, diciamo fino a Sodomie in corpo 11. Al massimo Altri abusi… Dopo basta. Per il resto, non credo di avere finito di leggere con soddisfazione un solo premio Strega dopo Sillabario di Parise, anno 1982. Sì, dài: La chimera di Vassalli, 1990…
Senti, ma… ti dessero da dirigere Tempo di Libri, la prima cosa che faresti è…?
“Tempo di Libri” temo purtroppo che non si rifarà… Esperienza finita. Siamo praticamente a settembre e ancora nessuno ha detto niente della prossima edizione… strano, no? Secondo me vogliono chiuderlo. Peccato, io ci avevo creduto tantissimo. Milano quando si muove è micidiale: un paio d’anni per rodare e poi sarebbe diventato un evento che avrebbe reso obsoleto il polveroso, stanco e sempre uguale a se stesso Salone del Libro di Torino. E invece le vecchie logiche del culturame italico, le abitudini rassicuranti, le paure degli editori e soprattutto l’ideologia progressista – in realtà il massimo del conservatorismo – che avvolge fino all’asfissia il mondo intellettuale italiano, hanno fatto passare l’idea distorta che Milano fosse il simbolo negativo di un libro succube del Mercato e dei manager mentre il salone di Torino il simbolo esemplare del libro come vera Cultura degli scrittori e dei lettori. Con risultato che, affossato Tempo di libri, si perde l’occasione di una vera grande fiera per tutti, moderna efficiente e internazionale: non ideologica, pesante e provinciale come Torino, che può portare al Lingotto anche venti premi Nobel eppure resta sempre una manifestazione con una mentalità casalinga che non riesce a uscire dal tinello Einaudi-Radio3-pagine culturali di Repubblica-talk show de La7… Ma tant’è. Mentre il Paese sta andando da tutt’altra parte, il salottino del libro rimane fermo alla prima Repubblica. Intesa non solo come forma di governo…
L’editore del passato che ti piace di più. E quello di oggi. 
Gli editori di ieri sono tanti: la Longanesi quando era di Longanesi, ovviamente. E la collana i “Centolibri”. L’Einaudi che si inventava la collana “Centopagine” con la grafica di Bruno Munari. Il vecchio Saggiatore (e un po’ anche il nuovo) delle Silerchie, ad esempio. La Rusconi di Cattabiani. La vecchia Vallecchi. La vecchia Bietti che ora è rinata e fa ancora cose molte belle. E tra gli editori di oggi, dal punto di vista dell’attenzione alla qualità materiale oltre che dei testi, il più bravo è Vincenzo Campo con la sua Henry Beyle, anche se volutamente resta una casa editrice per bibliofili e lettori fortissimi. Poi ci sono sigle molto ben strutturate dal punto di vista imprenditoriale che portano avanti progetti editoriali interessanti, come Sur per la letteratura latino-americana. E poi ci sono piccoli editori molto agguerriti, e coraggiosi. Mi vengono in mente Historica o Gog, che ritirano fuori cose molto belle per la saggistica, la politica e certa letteratura dimenticata del ’900, Raffaelli per ciò che riguarda la poesia, e poi Italo Svevo, Giometti & Antonello…
Il libro che vorresti fosse studiato nelle scuole. E quello scolasticamente sopravvalutato. 
Vado controcorrente: e cito quello che moltissimi reputano scolasticamente sopravvalutato e che io invece vorrei fosse continuamente studiato nelle scuole. E sono I promessi sposi. Come mi disse una volta in un’intervista Cesare De Michelis, gli scrittori italiani ormai scrivono un romanzo ogni due anni. Manzoni scrisse un romanzo solo perché sapeva che lì dentro c’era tutto.
Ho un vago presentimento. I libri che non riesci a trovare li fai stampare: o dai raffinati tipi De Piante – casa editrice che hai fondato con due amici – o da Aragno, per cui curi una anomala collana. Ergo: cosa fai stampare prossimamente?
Sia la De Piante editore sia Aragno ragionano in modo inverso rispetto al mercato editoriale. Tutti dicono: faccio libri che vendono, cercando di farli anche belli. Noi invece facciamo libri belli, poi se vendono meglio. Nino Aragno mi dice sempre, e non è solo una battuta: “Mascheroni, mi raccomando! Se i libri che decidiamo di fare poi vendono anche, abbiamo sbagliato tutto… Se piacciono a troppi, non sono buoni libri!”. A lui non interessa fare business, a lui interessa restare nella storia dell’editoria. E infatti lo è già… Mentre il pay off della De Piante editore è: “Pochi libri per pochi”. E ho detto tutto. Comunque, per Aragno, dopo aver ripubblicato gli elzeviri di Emilio Cecchi, Firenze, e l’Ideario di Giuseppe Prezzolini, usciremo a breve – tra l’autunno e l’inverno – con i reportage di viaggio di Piero Chiara per la prima volta raccolti in volume, e una straordinaria raccolta di tutte le interviste italiane di Ezra Pound… Mentre con De Piante pubblichiamo a breve alcune lettere inedite di Leonardo Sciascia, con in copertina una foto del grande Ferdinando Scianna, e poi un elogio del vino di Gianni Brera, ritrovato dal figlio Paolo… Ti piace l’idea?
L'articolo “Mai comprato un libro perché lo devo leggere… comunque, oggi è quasi tutta fuffa”: dialogo con Luigi Mascheroni, l’uomo da 20mila libri proviene da Pangea.
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todayclassical · 8 years ago
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February 01 in Music History
1603 Birth of composer Michael Trumper.
1633 Birth of composer Gabriel Schutz.
1669 Birth of composer Miguel Lopez. 
1671 Birth of Italian violin craftsman Francesco Stradivari in Cremona. 
1690 Birth of Italian composer Francesco Veracini in Florence. 
1701 Birth of Swedish composer Johan Joachim Agrell, in Löth. 
1743 Death of Italian composer Giuseppe Ottavio Pitoni, at age 85. 1789 Birth of composer Hippolyte-Andre-Baptiste Chehard.
1795 Death of Italian composer Giacomo Insanguine, at age 66. 
1801 Birth of Swedish composer Adolf Fredrik Lindblad in Skanninge. 1818 Death of Italian composer Giuseppi Gazzaniga, at age 74 in Crema. 1824 Death of Austrian pianist and composer Maria Theresia von Paradis. 1837 Birth of baritone Gustave Garcia in Milan. 1856 Death of bass Henri Etienne Derivis. 
1859 Birth of Irish born-American composer and cellist Victor Herbert.
1866 Birth of bass Henri Albers in Amsterdam. 
1856 Death of bass Henri Etienne Derivis.
1869 Birth of American popular music composer Kerry Mills. 
1869 Birth of Russian composer and violinist Julius Conus.
1871 Death of Russian composer Alexander Nikolayevich Serov. 1872 Birth of English contralto Clara Butt in Southwick Sussex. 
1875 Death of English composer William Sterndale Bennett, at 58, in London. 1876 Birth of soprano Lucette Korsoff in Genoa. 
1877 Death French of composer Joseph-Leon Gatayes, at age 71 in Paris. 
1877 Birth of English composer Thomas Frederick Dunhill in London. 1880 Birth of Italian composer Francesco Balilla Pratella. 1881 Birth of composer José Ignacio Quintón. 1889 Death of Hungarian composer, oboist and bandmaster Joseph Gungl, at 78 in Weimar. 
1890 Birth of soprano Germaine Lubin in Paris. 
1891 Birth of American pianist and composer James Price Johnson.
1892 Birth of composer and musicologist K. Rudolf Mengelberg in Krefeld. 1893 FP of Puccini's opera Manon Lescaut, in Turin. 
1896 FP of Puccini's La Boheme, Toscanini conducting, in Turin. 
1902 Birth of Cuban composer Carlo Borbolla. 1902 Death of German composer Salomon Jadassohn, at age 70, in Leipzig.
1906 Birth of French composer and conductor Pierre Capdevielle. 1907 Birth of Brazilian composer and conductor Mozart Camargo Guarnieri in Tiete. 1907 Birth of Hungarian-Swiss composer and pianist Sandor Veress in Kolozsvar. 
1908 Birth of Swiss composer Edward Staempfli in Bern. 1908 Death of baritone Dennis O'Sullivan. 
1916 FP of Carl Nielsen's Symphony No. 4 The Inextinguishable. Orchestra of the Copenhagen Music Society, the composer conducting. 
1916 Death of composer Anton Simon, at 65.
1918 FP of Franz Lehar's operetta Wo die Lerche singt, in Budapest.
1919 Birth of soprano Philine Fischer in Leipzig.
1922 Birth of Italian soprano Renata Tebaldi in Pesaro. 
1927 Birth of tenor Flaviano Labo in Piacenza. 
1928 Birth of German-American composer Ursula Mamlok in Berlin. 1929 Death of composer August Otto Halm, at age 59. 1930 FP of Arnold Schönberg's opera Von Heute auf Morgen at the Frankfurt Opera.
1931 Birth of American composer Nancy Bloomer Deussen. 
1934 Birth of baritone Andrei Fedoseyev in Tiraspol. 
1935 Death of tenor Adolphe Marechal. 
1936 Birth of bass-baritone Max van Egmond in Java. 
1940 Death of tenor Julius Lieban.
1944 Birth of bass Aage Haugland in Copenhagen.
1944 Death of composer Martin Lunssens, at 72. 1946 Birth of soprano Carol Neblett in Modesto California. 
1946 Death of tenor José Palet. 
1946 Death of soprano Tina Poli-Randaccio. 
1947 FP of Paul Hindemith's Sinfonia Serena by the Dallas Symphony, Antal Dorati conducting.
1947 Russian composer Dmitri Shostakovitch named professor at music conservatory of Leningrad. 1949 Death of American composer Herbert Stothart, at age 63.
1953 FP of Dimitri Kabalevsky's Piano Concerto #3. Composer conducting in Moscow. 
1961 Death of bass Charles Gillig. 
1962 Death of soprano Ida Quaiatti. 
1965 Death of mezzo-soprano Anna Gramegna. 
1970 Death of Slovenian composer Blaz Arnic, at age 69 in Ljubljana. 
1975 Death of bass Pierre Froumenty. 
1978 FP of Vittorio Rieti's Concerto for String Quartet and Orchestra in NYC. 
1981 Death of German composer Ernst Pepping, at age 79, in Berlin. 1981 Death of Norwegian composer Nils Geirr Tveitt. 1984 FP of John Harbison's chamber orchestra version of Mirabai Songs to poems of Mirabai, translated by Robert Bly. Mezzo-soprano Janice Felty and the Ensemble Collage, Gunther Schuller conducting at Sanders Theater in Cambridge, MA.
1996 FP of George Walker's Lilacs for voice and orchestra. Soprano Faye Robinson and the Boston Symphony, Seiji Ozawa conducting. Won the Pulitzer Prize for music.
1999 Death of mezzo-soprano Joann Grillo. 
2001 Death of Dutch composer Willem Strietman in Amstelveen.
2002 FP of Michael Torke's An American Abroad for orchestra. Royal Scottish National Orchestra, Marin Alsop conducting in Edinburgh, Scotland. 
2002 FP of Benjamin Gutierrez Pavana Para Cuerdas Pavane For Strings. San Antonio Symphony, Giancarlo Guerrero conducting.
2007 Death of Italian-American composer Gian Carlo Menotti in Monaco.
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frontiera-rieti · 7 years ago
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Il 19 maggio si è svolta, presso l’istituto Marconi, la manifestazione di «Rieti ’18 colleziona», organizzata dal professor Sabato Fabi presidente dell’associazione Ulma di Rieti. Hanno partecipato numerosi collezionisti e non solo di numismatica e filatelia, ma anche appassionati ed esperti di piante erbacee perenni e legnose.
Alla presenza dell’assessore all’innovazione tecnologica Elisa Masotti, del pittore Giorgio Vaccari e dei dirigenti scolastici Galluzzi, Testa, Galli e Pitoni, è stato assegnato il premio Guglielmo Marconi agli alunni della classe quarta C della primaria Marconi che si sono distinti nel riconoscimento e  nella classificazione del maggior numero di piante erbacee perenni e legnose presenti nel cortile dell’istituto Marconi, in particolare gli alunni M. Holban e G. Pianu.
Il tutto dopo un’attività di cartellinatura delle specie botaniche individuate nel giardino della scuola. La dirigente Mirella Galluzzi, che ha da sempre dimostrato un’attenzione particolare verso il tema del collezionismo, ha ricevuto da Stefano Scarani, presidente del Lions Club Antrodoco Velina Gens, delle monete per iniziare una collezione numismatica e avvicinare gli alunni a tali temi.
«Rieti '18 colleziona» tra gli studenti della primaria "Marconi" ------------------------ Il 19 maggio si è svolta, presso l'istituto Marconi, la manifestazione di «Rieti '18 colleziona», organizzata dal professor Sabato Fabi presidente dell'associazione Ulma di Rieti. Il 19 maggio si è svolta, presso l'istituto Marconi, la manifestazione di «Rieti '18 colleziona», organizzata dal professor Sabato Fabi presidente dell'associazione Ulma di Rieti.
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nielsonniloblog · 7 years ago
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Bill Ryan (BR): Eu sou Bill Ryan do Projeto Camelot e Avalon e é meu grande privilégio me reunir novamente com Klaus Dona. Nesta apresentação de vídeo teremos uma entrevista com uma diferença, porque, na verdade, eu vou falar muito pouco, talvez nada no todo!
Uma outra questão é: – existiu realmente uma antiga civilização global em algum tempo na Terra? Penso que muitos de nossos pesquisadores estão realmente nos dizendo que uma vez há um longo, longo tempo, existiu uma civilização global, mas a quantos milhares de anos atrás, ainda não sabemos .
 . .O tamanho desta estátua do topo da cabeça até o meio do tronco é exatamente de 150 metros. Portanto, esta é, na verdade, uma grande questão: Quem poderia ter sido capaz de fazer tal meio-retrato de granito enorme em uma montanha há, pelo menos, 10  ou 12.000 anos?O geólogo italiano, Professor Pitoni, esteve no local. Ele fez essas fotos. Ele verificou a terra na base desta montanha e o cálculo dele era de que esse monumento de pedra deve ter sido feito pelo menos há 10 ou 12 mil anos (antes do dilúvio). Mas, então, temos uma questão importante: Quem poderia ter sido capaz de fazer tal um monumento de pedra tão grande? Mesmo nos nossos dias seria impossível, ou isso custaria tanto dinheiro que não seria possível faze-lo.
Anjos Caídos (Livro de Enoch) presos na AntárticaE se você olhar para o close-up do rosto, alguns especialistas disseram-me que esse cara definitivamente não é da raça européia, mas também, evidentemente, não é do negro africano. Deve ser uma de uma cultura sul-americana ou asiática. Mas, novamente, recuamos no tempo de 10 a 12.000 anos. O rosto talvez seja da civilização, a civilização perdida de Atlântida.Perto desta área na Serra Leoa, o Professor Pitoni foi responsável pelas escavações de diamantes. Foi quando ele ouviu, nesta área, uma lenda sobre Deus estar zangado com alguns anjos e os transformou em pedra e os lançou na Terra. Ele pegou o céu… Também o transformou em pedra e o atirou para a Terra. E pegou as estrelas e as jogou na Terra.
A lenda diz que o céu, você pode ver nesta pedra – eles a chamam Pedras do Céu, pedras  azul-celeste (foto à direita), encontradas nesta área sob a terra. Fizemos uma pesquisa em Viena… esta é uma pedra definitivamente artificial, não é uma pedra natural e outros materiais podem ser encontrados. Mas a única coisa que não puderam nos informar é que tipo de cor que eles usam para conseguir esta cor azul-celeste real.Outras figuras de pedra foram encontradas enterradas a 20 metros, até mesmo 50 metros. O Professor Pitoni sempre pegava alguns materiais orgânicos do local e a idade desses artefatos de pedra variam de 2.500 anos anos, até a mais antiga de 17 mil anos. No lado inferior direito, você tem uma pedra de granito, chamada de Nomoli, com um entalhamento muito bom.Lá você tem um homem sentado em um elefante, como há também as lendas de gigantes em toda a África. Você sabe quão grande é um elefante! É uma escultura de pedra maravilhosa, é muito dura e muito pesada.Existem também alguns artefatos mostrando seres meios-humanos ou humanos, com a cabeça de um réptil segurando uma espécie de pote na mão e que se poderia colocar algo dentro deste pote. E também em cima de vários Nomolis há um buraco para se colocar algo dentro e muito provavelmente eles foram usados para cerimônias.
Esqueletos com cerca de 2,60 metros foram encontrados próximos à Puma Punku, que ser humano foi este e de qual “cultura”?
E a foto mais interessante é esta, porque você pode ver que o topo do crânio não tem as três placas que temos como a espécie do Homo sapiens. Isso mostra-nos que estes esqueletos não são do atual Homo sapiens, seres humanos da nossa espécie.
O que deveremos fazer é uma verificação de ADN e uma datação destes esqueletos, porque estamos curiosos para saber que tipo de seres humanos existiram há muito tempo e há quanto tempo.
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pangeanews · 6 years ago
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Siamo quello che la macchina fotografica immortala: da Bresson a Brunelli, gli 11 fotografi di cui non potete fare a meno
Martedì 28 agosto, caffè in pausa pranzo. San Marino, bar alla porta “alta” della Paese. Vedo la Giulia, 18 anni, lavora in un hotel. La invito al tavolo: parliamo come sempre. Ha un nuovo moroso, o meglio, è tornata con il suo ex. Mi fa vedere alcuni selfie che il ragazzo si è fatto e che le ha inviato. Non tutti però, alcuni, mi dice, “non me li può mostrare perché sono intimi”. Li osserva e si lecca i baffi, anche se non li ha. Me ne mostra alcuni, quelli meno scabrosi. Palestrato, tatuato. E soprattutto edonista. Categoria POV, per dirla alla maniera più moderna.
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“Un po’ alla Robert Mapplethorpe” le dico, ma senza malizia: potrebbe essere ampiamente mia figlia, la Giulia, 25 anni di differenza. Rimarco quel “un po’ alla”, per dare sfoggio del mio fisico non da culturista ma da culturale. “Map chi?” ribatte subito. Si apre una voragine generazionale: il mio mondo a pellicola, fatto di mostre e letture, abbarbicato e inturrito nei miei 43 anni, e il suo, immediato e di rapido consumo, figlio dell’età che si porta addosso. Con tutta l’energia e i sogni moderni dell’età sua contemporanea.
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Tra pochi giorni, a metà settembre, si apre il “Si Fest” di Savignano sul Rubicone, tradizionale appuntamento con la fotografia. Ci andrò, ovviamente, ma senza grandi slanci: le immagini di oggi non mi piacciono. “Fermare” il quotidiano che è anche “terzo paesaggio” è un esercizio di stile deciso a tavolino dalle agenzie: “Oggi devo promuovere questo artista lì da voi, poi tu me ne dai uno dei tuoi, lo espongo da me, magari lo pompo con i media locali, e facciamo patta”. Sono i fili invisibili delle relazioni lavorative inurbanizzate. Interessi e conoscenze al primo posto, a discapito della qualità poetica.
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“Te sei vecchio: ti piacciono i classici. La fotografia è cambiata, oggi non è più quella di Cartier Bresson o di Capa. Oggi la fotografia si chiama…” e giù una lista di nomi a me quasi tutti ignoti. Lei è ben incesellata nella manifestazione romagnola. A tal punto che davanti alle immagini di “Genesi” di Salgado ha storto il naso dicendo: “Per noi nate e cresciute a ‘SI Fest’, Salgado è un fotografo se non minore perlomeno vecchio e superato”.
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Più che “SI Fest”, direi piuttosto “NO Fest”. Spesso. Olivo Barbieri per esempio, o Andrea Modica, artista americana di origini italiane presente nei più importanti spazi museali, dal The Museum of Modern Art al Metropolitan Museum of Art al Whitney Museum of American Art. Sono passati a Savignano assieme ad altri. Il primo lo conosco di nome, la seconda no: ho visto i suoi scatti al “Si Fest” due anni fa. Ok, quindi? Ricordo invece con sommo piacere Mike Brodie, classe 1985 che dopo un bellissimo lavoro intitolato “A period of juvenile prosperity” ha già abbandonato la carriera. Ha conseguito il diploma presso il Nashville Auto Diesel College, attualmente lavora come meccanico a Oakland e ha interrotto definitivamente la sua attività di fotografo. Ha detto quello che doveva dire, e in maniera egregia. Poi ha mollato.
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“Non puoi vivere il presente se non conosci i classici”. Qualcuno me l’ha detta, oppure l’ho letta da qualche parte. Nulla di personale contro i nuovi, ma prima di parlare di fotografia devi aver visto o sfogliato o letto questi “Dieci piccoli maestri” non indiani, più 1: le partite si giocano in 11 contro 11, a calcio. Accetto anche una “googlata”, almeno ti sei fatto un’idea. Meglio ancora l’acquisto in qualche bancherella di alcuni libri. Le foto sono materiche e hanno un odore.
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Henri Cartier Bresson (1908-2004), “l’occhio del secolo”. Scoprite i motivi osservando le sue immagini scattate con la Leica.
Sebastiao Salgado (1944). Lo ha rilanciato Wim Wenders con “Il sale della terra”. Le foto che aprono il film e che raccontano la miniera del Brasile non richiedono spiegazioni.
Robert Capa (1913-1954). Racconta lo sbarco degli Alleati in Normandia con 11 foto, “Le magnifiche Undici”. Da ammirare senza respirare.
David LaChapelle (1963). “Heaven to Hell”, viaggio VIP dissacrante, sensuale e cazzone. Saturo di colori e di suppellettili, contemporaneo, pop, trasformista, quasi carnascialesco.
Robert Mapplethorpe (1946-1989). Nessuno come lui ha fotografato il nudo. Per alcuni è al limite della pornografia (nerchie nere lunghe come pitoni), per me è un Maestro.
Helmut Newton (1920-2004). Ho imparato ad apprezzarlo al Museo che Berlino gli ha dedicato. Glam, ironico, circondato da femmine amazzoni e bellissime, l’occhio sul mondo fashion.
Robert Doisneau (1912-1994). Suo il “Bacio davanti all’hotel De Ville”. L’occhio più limpido, assieme a quello di HCB, su Parigi, forse quello più “superficialmente profondo”.
Man Ray (1890-1976). Tutto quello che oggi si fa con Photoshop lui lo faceva nella sua mente. Maestro surrealista, guardatevi le sue rayografie e la schiena di donna con il violino d’Ingres.
Tina Modotti (1896 -1942). Bella, bellissima. Brava, bravissima. Amante del fotografo Edward Weston, raccontò il Messico con la lucidità primordiale e arcaica del b/n.
Elliott Erwitt (1928). È il fotografo che mi fa più ridere: le sue immagini dei cani sono micidiali in quanto ironiche ma allo stesso tempo “imbrattanti”, non te le togli più di dosso.
Giacomo Brunelli (1977). L’ho conosciuto al “SI Fest”: le sue immagini raccolte in “The animals” e fatte con una vecchia Miranda da due soldi congelano il sangue.
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Di ognuno, solo poche righe. Le fotografie non vanno spiegate, mai. Contengono, se rientrano nell’alveo delle opere d’arte, quel linguaggio unico e universale, quello cioè che non richiede la parola. Una comunicazione per immagini e non per fonemi.
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Ci sta tutta l’attenzione che la Giulia mette nel guardare e difendere dagli occhi delle altre femmine il corpo del suo ragazzo. Oggi ci si presenta con l’aspetto, e poco importa che i giovanissimi si bombino di Viagra per soddisfare una coetanea: la vecchia “sindrome da spogliatoio” oggi è emigrata sui siti a luci rosse, ed è sulle piattaforme, e non nella vita reale, che si misura la virilità. Un “canto alla durata” che non ha lo spessore delle parole scritte di Peter Handke (che non è un fotografo).
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Le teen non le guardo. Non ancora: per me le affinità culturali vanno di pari passo con un bel culo. Poi quando diventerò un rimbambito “invecchiato rigorosamente senza maturità”, (ma pur sempre dandy), probabilmente correrò dietro alle “còtole dee tose”. Mi seducono le caviglie, le mani, il profumo, la pelle levigata, il tono della voce e le parole. Quando non riuscirò ad afferrare più queste ultime, mi lascerò andare agli istinti. Oppure andrò a vedere le mostre dei fotografi che mi piacciono, per fantasticare ancora una volta sui culi, tette, labbra socchiuse e colli modiglianeschi. Sempre meno faticoso che aprire un libro.
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Sexting. Come a dire che ti mando foto intime e tu me ne mandi di tue. Poi quando il maschietto si trova davvero la patata tra le mani fa flop e non la sa maneggiare, come se fosse bollente. Segarsi è meno impegnativo perché non devi soddisfare le voglie del/lla partner ma solo le tue. Però in questo modo ti perdi il contatto della pelle, i sorrisi, i respiri, le carezze. La veridicità dell’intimità. Più facile quindi con Internet dove si sceglie “il soggetto” a cui dedicare le proprie attenzioni: colore dei capelli, misure, età, numero, predisposizione e specializzazioni. Più facile certo ma non più bello…
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Difficile meravigliarsi quando i quotidiani danno ampio spazio alla cronaca a luci rosse: di solito lui chiede a lei qualche foto intima, che poi diffonde tra gli amici che a loro volta le inviano ad altri amici. La fanciulla, una volta finita al centro del “pissi pissi” dei corridoi, dalla vergogna lascia la scuola. Vengono intervistati i Presidi, i compagni di classe, gli psicologi, il cane del vicino, la tartaruga e il gatto che, offeso dalle poche attenzioni e dal fatto di essere stato interpellato dopo gli altri, smette di miagolare. I giornalisti ci ricamano per una settimana e poi “Ciaone”, finito lo scoop-scandalo si aspetta quello successivo. Purché sia piccante, meglio se poi viene coinvolto qualche professore.
“Lolita” di Vladimir Vladimirovič Nabokov, che non era un fotografo.
Succedeva anche con le Polaroid, che hanno avuto successo perché scattavi e vedevi (si sviluppavano da sole) senza dover passare dal fotografo. Solo che le immagini non venivano diffuse in ogni angolo terracqueo ma al massimo tra amici e conoscenti. E le foto erano “pezzi unici”: alla peggio, rimanevano incollate tra di loro.
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Semmai il problema è più profondo: siamo quello che la macchina fotografica immortala. Non siamo (più) strette di mano ma pixel. Siamo selfie, a tutte le età. Dalla ragazzina che inizia ad arrotondarsi alla donna matura che “fa le facce” davanti allo smartphone in ogni situazione, dal matrimonio al funerale, passando per il bagno o la camera da letto. Bocche a culo di gallina o imbronciate. Qualche volta si potrebbe anche sorridere…
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Io sono colei che mi si vuole, io non sono colei che mi si crede. Tra Pirandello e gli autoscatti passa la A1. Passa, soprattutto, il tempo. Saper sedurre è un’arte che oggi è solamente fotografica, quindi visiva, e non percettiva. Rispondere alle richieste di immagini personali è una biscia con due teste, non solo soddisfa gli appetiti di chi le riceve ma anche quelli edonistici di chi le invia. Faccio fatica a credere all’ingenuità di chi si scatta “e poi non sapeva”. Basta leggere un quotidiano o, se questo sforzo richiede uno sforzo immane, andare in Rete e informarsi. Informarsi, appunto. Se non invii una foto delle tue tette o della tua passerina come prova d’amore (de càz) lui non ti lascia. E si ti lascia, non era innamorato di te. Eri solo una preda da far vedere agli amici, uno scalpo, un trofeo. “Vedi cosa riesco a farle fare? È ai miei comandi”. Impara a rispettarla e a corteggiarla, stronzo.
*
È capitato anche a me, lo ammetto. Non di inviare ma di ricevere. Via mail e successivamente via telefonino. E di contraccambiare. Le ho fatto avere le mie lastre, il palmo della mia mano, il collo, il naso, gli occhiali. Si è incazzata. L’ho invitata a scoprirmi dal vivo, mi ha dato del finocchio. Evidentemente non conosce gli effetti benefici dell’omonima tisana, che aiuta a digerire anche i rospi.
*
Sarebbe bello che le persone potessero farsi i selfie ai pensieri. Non alla cultura. Ai pensieri e alle idee, alle passioni e alla… cultura. No, alla cultura no. Alle passioni e a quello che pensano, che sognano. Ma forse il rischio sarebbe quello che per vedere “qualcosa” servirebbe un microscopio. Meglio allora continuare così. Forse.
Alessandro Carli
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