#Prima di tornare e purtroppo trovare nulla
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the-evil-pizza · 2 months ago
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@tetrachlorobenzene purtroppo ci si abitua a leggere commenti del genere, anche se rattristisce sempre.
Il peggio è quando vedi persone del sud che, avendo completamente bevuto la zuppa propagandistica, dicono "schifo il sud abbandonatelo".
Poi, quando gli insulti non funziona cercano di giustificare con "eh, ma abbiamo uno stipendio più grande" che, ok, va bene. Ma se prendi 3.000 al mese e 1.5/2m di quelli vanno in affitto SOLTANTO lo stesso il problema del vivere male persiste.
Davvero non capisco il giustificare i prezzi tremendi che inpongono. Per cosa? Per l'essere razzisti? Per sentirsi superiori? Siamo tutti sfruttati dallo stato dal primo all'ultimo, quello dovrebbe essere il target.
Alas, chiamare persone che si fanno il culo in altri campi "terroni sfaticati ed ignoranti" più facile, presumo
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dilebe06 · 5 months ago
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A Portrait Of Jianghu: Reicarnated Displiple
Episodi 19 - 20 - 21
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Un baratro.
Ormai questa serie - e me - è caduta nel baratro delle cose senza senso, degli equivoci immotivati, dei giri a vuoto, della scrittura poveraccia, delle storie d'amore a cui non frega una beneamata minchia a nessuno...
Almeno le prime puntate qualche risata te la strappavano. Ma arrivata alla soglia del finale mi rendo conto che non consiglierei questo drama manco alla persona che odio di più su questa terra.
Ma andiamo con ordine:
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Il Nostro Only Fans, turbato dal fatto che probabilmente tutto il suo viaggio fino a qui è stato inutile, va di nuovo nella biblioteca di Ariel Minore per cercare il secondo libro. Quel libro con le pagine bianche che se gli fai il bagno appaiono cose. Sì, quello. Non so esattamente come il nostro eroe sapesse dell'esistenza di un secondo volume ma poco ci importa - onestamente non mi importa NULLA di questa serie se non Ariel Minore e di vedere finalmente Barbie Centrino morta male - la cosa seria è che ci viene rivelato come la città dove abitano questi disgraziati sia stata fondata dal padre delle due Ariel e da una donna chiamata Goccia D'acqua. -Quella che si vede nel flashback del padre delle due Ariel e che assomiglia terribilmente a Divin Codini. -
Ora... il mistero si infittisce e siccome viene spalmato in più di venti episodi e per di più di solito cambiano pure informazioni tra un episodio e l'altro, farò un lavoro di sintesi per fare chiarezza:
La Sacerdotessa del Sogno della prima puntata - sì, quella che ha mandato in questo universo Only Fans - in realtà non è preoccupata per la vita di Barbie Comunione e non è per salvarla che ha mandato Only Fans in giro per gli Universi. Bensì lo ha semplicemente usato come Corriere Bartolini: deve trovare la donna con il segno rosso alla caviglia e riportarla nell'Universo di provenienza Yuan. Questo perché la suddetta donna dai piedi più ricercati del paese è la copia della Sacerdotessa del Tempo dell'Universo Yuan. Chiaramente questa fantomatica donna è Divin Codini: ha i super poteri, assomiglia alla tizia del flashback del Padre delle due Ariel ed è scampata da morte certe troppe volte perché sia solo un personaggio normale. Tanto più che in queste ultime puntate gli viene data un importanza stratosferica...
La cosa divertente qui è che se ho ragione - e la ho - e Divin Codini è la donna con il segno rosso alla caviglia, allora bisogna rigirare diverse scene: tipo quella dove Divin Codini fa la modella e le sue gambe e caviglie sono in bella mostra e NON HA NESSUN SEGNO SU ALCUN ARTO INFERIORE.
Non sono tuttavia ben certa se le due donne si siano scambiate e la sacerdotessa del Sogno rivoglia la sua copia per tornare a casa - forse due copie nello stesso universo non ci possono stare?! - o sono io che mi immagino le cose.
Una cosa però è chiara: la Sacerdotessa ha mentito al lead sulla sua missione. Ergo, Barbie Comunione non rischia di morire, giusto?! Ergo possiamo accoppare a badilate la Barbie di questo Universo. Giusto?!
A darci chiarezza ci potrebbe aiutare il padre delle due Ariel che incalzato da un Only Fans oramai disperato per la sua missione chiede il suo aiuto per raccappezzarsi su Goccia D'acqua e sulla Sacerdotessa.
Il buon uomo accetta di aiutare il nostro Only Fans dandogli informazioni ma ad una condizione: che partecipi e vinca il Torneo Birra Moretti. Perché? non ne ho idea. Per...ragioni. Per esigenze di trama che gli sceneggiatori capre non si sono manco degnati di spiegare.
Purtroppo il Padre delle due Ariel non sa che costringendo Corriere Bartolini a partecipare a questa baracconata di Torneo, costringerà me a sorbirmi interi episodi di dramma sentimentale.
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Chi si oppone alla partecipazione al Torneo di Only Fans è ovviamente Divin Codini che non capendo un cazzo e avendo un cervello limitato ad una scatoletta di tonno, pensa che il suo amato voglia partecipare per sposare Ariel Minore.
Divin Codini in queste puntate mi ha MASSACRATA. Non solo è un personaggio scritto malissimo - monotematico, noioso, molesto, petulante, infantile e profondo quanto una pozzanghera - ma è pure stupida. Innamoratissima di Only Fans si è più e più volte dichiarata sentendosi dire dal lead che le vuole bene ma che la vede come una sorella e nulla più. Mostrandosi sorda ad ogni rifiuto costringe me ed il lead a minutaggi di struggimenti amorosi e tentativi di flirt imbarazzanti.
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Io vivo per le espressioni di totale disagio di Only Fans ogniqualvolta Divin Codini gli dimostra il suo amore.
Impedisce al lead di partecipare al Torneo perché non vuole che lui sposi un altra donna che non sia lei - è Divin Codini la cattiva del drama? sto rivalutando Barbie Camorra- e si comporta come una bambina di 5 anni.
E poi rega'... è noiosa. Ma seriamente sta tizia vive solo per Only Fans?! Non ha una storia sua, un background, un sogno, un progetto di vita. E' persino peggio di Barbie Camorra. Lei almeno si fa le sue. Ha dei piani, delle intenzioni che esulano dall'infilare la lingua in gola a Only Fans.
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Chi invece ha passato l'infanzia da un bel po' è Barbie Primavera che con il Torneo in arrivo ordina al Nano di partecipare e vincere. Mentre lei...complotterà. Riuscirà Barbie per una volta a far andare in porto un suo piano o fallirà anche questo?
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Intanto per non sapere né leggere né scrivere, Barbie va da Cazzo Duro per rivelargli che la sua amata Capo della polizia è implicata nella morte di suo padre - rivelando quel segreto che si doveva portare nella tomba - e che il Padre delle Due Ariel ne sa un sacco e ... se ne va. Così. Come è arrivata. Scena da 3 minuti. E' venuta fino a qui solo per dirci questo. Sta chiacchierata avrà un senso? l'avrà fatta per mettere zizzania tra la coppia poiché è gelosa che questi stanno assieme mentre lei è sola come un cane?
Più sensata la visita ad Ariel Maggiore, dove Barbie Mafia le propone subdolamente un accordo puntando sulla gelosia della rossa più grande. E tirando su un piano complicatissimo.
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Detta spicciola: Barbie dell'Anonimi Sequestri, rapisce Ariel Minore e la scambia con la Maggiore per essere il trofeo del torneo al posto della sorella. La maggiore otterrà di sposarsi per prima e Barbie... otterrà il Molo? Ma che vuol dire? Il Molo andrà a chi vince il Torneo. Qual è il senso di scambiare le sorelle? A che pro? E se vince il lead? O Trinciabue? E poi anche se vincesse il Nano - come a Barbie pare ovvio a questo punto - il Molo lo avrebbe la famiglia Kong. A prescindere da quale sorella fa da Trofeo. I piani di Barbie mi confondono sempre.
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Che poi a me dispiace da impazzire perché Ariel Minore aveva organizzato la cosa del Torneo in modo perfetto: aveva chiesto ad Only Fans di partecipare e vincere ma al suo tentennamento - PERCHè ONLY FANS è FIDANZATO CON UN ALTRA - la piccola Ariel aveva tristemente anche messo in campo il divorzio: Only Fans vince il Torneo, ottiene il Molo, si sposano e poco dopo divorziano. Lui si tiene il porto e lei ottiene la libertà. Piano perfetto.
Ariel è innamoratissima di Only Fans ma a differenza di quella psicopatica di Divin Codini è disposto a lasciarlo libero e fare ciò che vuole. E soprattutto, più che l'amore, Ariel vuole la libertà.
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Ma noi no, ci dobbiamo sorbire Divin Codini che invita Only Fans ad un appuntamento a cui si presenta vestita esattamente come Barbie - tesoro, "sai quanti cereali sottomarca di devi mangiare ancora" per essere anche solo un decimo Barbie. - ed io non capivo il perché questa scelta di vestiario. Ma quando l'ho vista accusare Barbie di voler rubare il suo uomo, mi volevo sparare in un ginocchio.
Cose a caso. Ma quando mai a Barbie è piaciuto Only Fans?! ma da dove cazzo è uscita questa? Ma se ha tentato di ammazzarlo più volte, gli ha dato fuoco, gli ha mandato al creatore mezza famiglia... COSA CAZZO HA PORTATO DIVIN CODINI A CREDERE CHE BARBIE PROVI QUALCOSA PER ONLY FANS??!!! quale scena/frase/momento gli ha dato questa idea???
Allora, sceneggiatori. Io so che siete dei cani senza appello. La sceneggiatura, montaggio, dialoghi, scenografia, regia... è un qualcosa che meriterebbe la gogna in pubblica piazza. Ma che vi inventate cose a caso che poi non portano manco a niente solo per fare minutaggio è da ergastolo.
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Tanto più che - come dicevo sopra - Only Fans è fidanzato. Perché non dire a Divin Codini che è già impegnato? Sua sorella, Ariel Minore e suo Padre, persino Barbie sanno che viene da un altro Universo - non ricordo se Divin Codini lo sa - perché non dirle direttamente che non può stare con lei per questo?
No. Noi ci DOBBIAMO ingollare pure l'ennesimo bacio tra Only Fans e Divin Codini. Bacio che porta Divin Codini a scappare poiché viene ovviamente rifiutata di nuovo.
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E via, a cercare la donzella per mezzo paese in scene da drama vero: lei che si strugge e cammina per la città...Ron che guarda vetrine sognando di sposarla...e Only Fans che si sente in colpa per averla rifiutata...
Tutto questo struggimento romantico senza senso, porta Only Fans direttamente tra le braccia dei Daoke che lo fanno cadere in una trappola per orsi e lo feriscono quel tanto da non farlo partecipare alla seconda parte del Torneo.
Ma perché il Torneo è già iniziato?
Yes. Ma è talmente stupido che non mi va manco di commentarlo. Se mi immaginavo una buona e sana rissa tra combattenti - dove magari ci scappava pure il morto - ciò che mi sono trovata davanti è una gara tra partecipanti per rubarsi tra loro degli anelli. Vince chi ne ha di più e passa così il turno.
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Only Fans e il Vecchio Zio, dopo aver creato una specie di imbarazzante Gira la Ruota versione ittica per ottenere anelli dai partecipanti e aver fallito, si ritrovano a dover rubare gli anelli ai Daoke. E giustamente quelli poi lo gambizzano.
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Ma l'aver perso gli anelli per i Daoke non è un problema visto che Barbie gliene dà altri generosamente. Bontà d'animo?! Sì certo. E domani gli asini voleranno. Questo atto di gentilezza è solo il preludio per un alleanza - l'ennesima - tra Barbie e i Daoke contro Only Fans e la sua famiglia. Che questa intesa regga fino alla fine?!
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Barbie è intanto la donna più impegnata della città: rapisce Ariel Minore, complotta con la Maggiore, stringe alleanze con i Daoke, minaccia Only Fans, mette zizzania tra Cazzo Duro e la sua fidanzata e nel tempo libero organizza sequestri. Non ci fosse lei sta serie sarebbe durata tre puntate.
Inoltre, nella sua reggia di Versailles un piccione viaggiatore la informa che Bogart chiede aiuto. Chi è Bogart?! il vecchio segretario del primogenito. Quello che si era infiltrato dai Wuzong e ne aveva ucciso il Capo. Quello scappato da Cazzo Duro settordici episodi fa. E che mo' ci ricorda che esiste anche lui nel complesso della serie. Mi ero totalmente dimenticata della sua esistenza. Comunque sia, Barbie CapoMafia risponde con estrema tranquillità che lo proteggerà. E fine. Scena che non serve ad un cazzo se non a ricordarci che Barbie lascia molliche di pane dei suoi piani e che forse ad andarle dietro a raccattarle non ci sarà Pollicino...ma la Polizia.
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Polizia che stufa dei ricatti di Barbie Messina Denaro le ricorda di non tirare troppo la corda: è vero che La Capa è invischiata con la morte del padre del suo uomo e che non vuole che lui lo sappia ma è anche vero che pure Barbie ha segreti che è meglio che non siano svelati.
Ed a proposito di Cazzo Duro. Memore delle parole di Barbie, anziché mettere sotto torchio la sua ragazza per farsi dire cosa accadde 10 anni fa a suo padre, va dal padre delle due Ariel a chiedere spiegazioni sulla morte del genitore.
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Come è ovvio però, nessuna spiegazione diretta - altrimenti si risolverebbe subito sto mistero e noi di che parliamo per le altre tre puntate finali?! - ma una bella letterina del padre di Cazzo Duro dove c'è scritto che è morto per la città. Punto. E basta. Niente grandi segreti, rivelazioni o qualche coinvolgimento del padre delle due Ariel o della fidanzata. Wow. Bene. Mi terrò questo momento assieme a tutti gli altri di cui non me ne frega un cazzo e non serve a niente.
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Chiudiamo questo triste commento con il confronto tra le due Ariel. La maggiore le rivela che c'è lei dietro al suo rapimento poiché gelosa di tutto il successo che la più piccola stava avendo mentre Ariel Minore ancora incredula di tutto questo, cerca di spiegarle che l'unica cosa che vuole è la libertà.
Ma come tutte le donne di questa serie, anche Ariel Maggiore ha gravissimi problemi di sordità che la porta a non ascoltare quello che la sorella le sta dicendo. Altro dialogo che pare che non porti a nulla. Vedremo.
Ormai mancano tre puntate al finale e la serie si sta avviando alla sua conclusione senza che ci sia stato un minimo di costruzione per questo benedetto finale. Abbiamo girato in tondo per interi episodi, le cose che abbiamo scoperto le abbiamo scoperte per caso ed a questo punto mi aspetto per il finale una sequela di rivelazioni una dietro l'altra per concludere la storia e per risolvere tutte le puttanate che si sono verificate.
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cate81 · 4 years ago
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UN PENSIERO SUGLI STUPRI E GLI ABUSI.
 Stavo seguendo il caso del figlio di Grillo, accusato di stupro insieme ad alcuni amici. Non ho gli strumenti necessari per sapere se lo stupro sia avvenuto o meno, ma sicuramente non trovo particolarmente nobile farsi una ragazza in tre. Per carità, nessuno vuole moralizzare, ognuno vive la propria sessualità come preferisce, tuttavia se nel rapporto consenziente fra due individui esiste complicità fra i due individui, in un caso come questo esiste più probabilmente complicità fra un gruppo di amici e una ragazza che funge soltanto come trastullo. Se poi tale ragazza abbia scelto o meno di essere il trastullo, questo non ci è dato saperlo. Sul caso di Ciro Grillo non mi interessa dunque esprimere giudizi, non ero lì e non posso sapere. Quello che invece mi interessa approfondire con voi è la facilità con cui oggi si arrivi a parlare di stupro. Siamo sempre lì: come per la violenza sulle donne, anche con gli stupri spesso a denunciare è chi nei fatti quel tipo di dolore non lo ha mai davvero vissuto. Qualcuno in passato mi ha accusato di essere poco sensibile all'argomento, poiché manifestavo dissenso verso l'ipocrita propaganda di oggi, ma la verità è che la mia reazione è dovuta semmai ad un'estrema sensibilità all'argomento, la sensibilità di chi davvero ha conosciuto certi orrori nella sua vita. Perché, parliamoci chiaro: la donna che realmente ha subito violenze si sente soltanto offesa da tutta questa propaganda, sfruttata quasi sempre da una certa politica e da donne che nei fatti non hanno mai conosciuto il vero dolore e la vera paura. Tutti parlano senza osservare il reale tessuto sociale in cui viviamo, sento discorsi anacronistici di vecchi parolieri che sbraitano di come "le donne non vengano mai credute se denunciano" e che "occorre coraggio a denunciare". Mi spiace, ma questo senza dubbio era così ieri, non certo oggi. Oggi la realtà è che a una donna basta volersi vendicare di un ragazzo che magari non le dà più attenzioni per denunciarlo e accusarlo di violenze e nessuno metterà in discussione la sua parola, perché farlo significherebbe sembrare dei "maschilisti misogini". La verità è che oggi subiamo una propaganda a favore delle donne a prescindere e questo mi disgusta per due motivi: il primo è che odio le ingiustizie e pertanto come odiavo un tempo la prevaricazione del maschilismo, trovo oggi odiosa la prevaricazione del femminismo. Il secondo è che non sopporto l'attuale politica del vittimismo: io sono una donna e non ho alcuna voglia di essere una vittima, una creatura fragile, non ho voglia di essere parte di una categoria protetta da tutelare, perché ciò offende e sminuisce ciò che sono. Questa politica del vittimismo non fa altro che alimentare il desiderio di essere martiri. Se un tempo era incoraggiato l'eroismo e la forza, oggi viene incoraggiato il "martirismo". Il debole viene coccolato dal buonismo popolare e quindi le persone anziché cercare di rafforzarsi cercano sempre nuovi motivi, anche fittizi, per alimentare la propria debolezza, arrivando persino a inventare traumi e disgrazie mai vissute, solo per ricevere attenzioni e consensi. In tutta questa propaganda occorre poi fare i conti con uno Stato che nei fatti non esiste, dove se denunci rovini soltanto la reputazione di un individuo ma nessuno ti tutelerá poi davvero legalmente e concretamente dal tuo carnefice. Accade così che le vere vittime tacciono per paura e impotenza, leccandosi le ferite in un angolo e portando dentro un dolore che i più nemmeno possono immaginare, mentre i viziati figli del benessere odierno si creano i propri drammi, spendendo i soldi di mamma e papà per andare in terapia e poterlo poi raccontare sui social, dove una manica di coglioni buonisti condividerà i loro hastag da justice warriors del momento. Ho sentito discorsi assurdi, di ragazze che gridavano allo stupro solo perché dopo essersi ubriacate si sono concesse allegramente a ragazzi, per poi pentirsene il giorno dopo. E poi via subito al gran galá della demagogia, con discorsi della serie: "Poverina, era ubriaca e lui se n'è approfittato". Ah, davvero? Quindi lui non era altrettanto ubriaco? Lui non era poco lucido esattamente come lei? Perché a meno che lui non fosse un integerrimo mormone astemio, a vedere i ragazzi di oggi mi pare che tutti, uomini e donne, si diano all'alcol in egual misura. Quindi mi spiegate perché una lei ubriaca dovrebbe essere considerata incapace di intendere e volere e un lui ubriaco non può essere giustificato allo stesso modo? Ipocrisia da farisei! Mi spiace essere arrabbiata, ma lo sono, e molto. Sono arrabbiata per tanti motivi. Sono arrabbiata perché mi offende vedere donne che non hanno mai conosciuto orrori usare certi drammi reali per fare le ego-vittime. E purtroppo avrei numerosi esempi di casi in cui mie conoscenti hanno millantato abusi. E fa incazzare, perché non solo non hanno il minimo rispetto delle vere abusate, ma spesso rovinano per sempre la vita di ragazzi che magari non hanno mai fatto male a una mosca. E sono arrabbiata perché non ho più voglia di vedere gente stupida o che ci tratta da stupidi. Donne, non lo sapete che bere fa perdere lucidità? Siete tutte candide e ingenue Heidi scese dal monte? Io non credo, penso anzi che ormai già a 14 anni ne sappiate più di me. Quindi, se non volete l'indomani pentirvi di un rapporto sessuale che da sobrie probabilmente non avreste avuto, non potreste semplicemente prendervene la responsabilità ed eventualmente non bere? Perché se una persona non è capace di bere, allora non beva! Tutti bevendo hanno fatto cazzate, ci mancherebbe, in modo diverso ne ho fatte anche io, però mi son sempre assunta la responsabilità dei miei errori. Perché se scegli di bere, se scegli TU di renderti vulnerabile, dopo non puoi accusare nessuno delle tue cazzate. Se un uomo ti prende, ti blocca in un angolo e ti violenta, allora è stupro. Se un uomo ti fa ricatti morali per ottenere favori sessuali, allora è una forma di abuso. Ma se tu per scelta ti ubriachi con lui e decidete di divertirvi e fare le teste di cazzo, allora siete solo e semplicemente due teste di cazzo, entrambi, nessuna vittima e nessun carnefice. O forse in quanto donna vuoi essere trattata come imbecille, incapace di intendere e volere? Non so te, ma io sono donna e non mi sento affatto imbecille e se sbaglio, proprio come un uomo, mi prendo ogni responsabilità delle mie azioni. Per concludere, le vitttime di stupro esistono? Certo che sì, come esistono però anche le stronze bugiarde. E il fatto che un tempo ogni donna ingiustamente non era quasi mai creduta non significa che oggi si debba al contrario credere a tutte. E gli stupratori esistono? Sì, ovvio, e sono dei figli di puttana, nature marce che nessuna campagna di sensibilizzazione potrà mai cambiare. Non serve far campagne di sensibilizzazione contro gli stupratori o i "bulli", perché chi è una brutta persona non diventerà certo buono. Ciò che semmai possiamo fare è insegnare alle vittime a diventare forti, a difendersi, a rendersi meno attaccabili, a scegliere di non essere più vittime. Io per tanto tempo, soprattutto da giovane, mi son sentita una vittima. Avevo vissuto cose orrende e mi sentivo soltanto una creatura ferita, giustificata pertanto ad essere debole. A quel tempo non sapevo manifestare certe emozioni e quando finalmente son riuscita a farlo mi sono accorta che tutto quello che potevo ricevere era la compassione. Non era vero sostegno, non era era vera stima o vero affetto, era solo falsa pietà. Ed io trovai quella compassione più umiliante persino delle ferite ricevute, così ho capito che tutto ciò che potevo fare era diventare forte e circondarmi di donne e uomini forti. Sapevo di non essere wonderwoman, sapevo che qualcuno avrebbe potuto farmi del male, ma sapevo anche che per quel che potevo non lo avrei più permesso. Non potevo tornare indietro e sfondare di botte chi mi aveva fatto del male, ma potevo scegliere, dentro di me, di non vivere più quel dolore da vittima, di andare oltre quel ruolo degradante. Alzare la testa anziché piangersi addosso! Ogni persona ha le sue situazioni e ciò che ho vissuto io non ha nulla a che fare con le dinamiche odierne, dove dominano i locali, l'alcol e la noia, ma lo stesso principio di forza e auto determinazione può comunque essere applicato. Se ad esempio sai che bevendo ti rendi più vulnerabile, non puoi semplicemente controllarti? Non sto dicendo di non bere, tutti hanno diritto di divertirsi, ma c'è bisogno di devastarsi al punto da non riuscire nemmeno più ad avere il controllo di te stessa? Se tu arrivi a bere così tanto, al punto da accettare consapevolmente di non essere più padrona di te stessa, allora sei tu che ti sei stuprata, sei tu ad aver fatto violenza su te stessa, sei tu a non rispettarti. E non te lo dice una astemia moralista, te lo dice una che ha conosciuto anche l'auto-distruzione e che per amor proprio e dignità ad un certo punto ha saputo dire No, Vafanculo. Una società che ti tratta da martire e ti dice poverina se nei fatti ti auto-distruggi non è una società che ti ama, é solo una società di deboli e mediocri che ti vuole debole e mediocre. Non è vero amore, è solo gente bassa che sta ad applaudire la tua caduta per sentirsi meno sola nel proprio degrado. Se vuoi l'amore devi in primis dartelo tu, imparando ad innalzare te stessa. Non pretendere il rispetto dell'uomo, impara tu per prima a rispettarti. Se ti ubriachi fino a non ricordare più il tuo nome, se frequenti uomini che come te fanno altrettanto, di preciso cosa ti aspetti di trovare? Il principe azzurro non credo stia lì nella merda in cui hai scelto di sguazzare. E per rivolgermi anche all'uomo, va da sé che nemmeno tu troverai in certi contesti la tua principessa. Che posso dire? Questa non è un'autobiografia, non voglio scendere nei dettagli, però posso assicurarvi di aver vissuto esperienze realmente difficili, che spesso non son nemmeno dipese da me. Eppure ho scelto di non essere una vittima, l'ho scelto in primis dentro di me. Ho scelto di affrontare ciò che ho vissuto, di farne una fonte di rafforzamento anziché un pretesto di vittimismo. Ho iniziato persino a vedere il mio dolore come uno strumento per capire e sentire il dolore degli altri, quello vero, perché le persone ferite esistono, nonostante la moltitudine di commedianti in cerca di attenzioni. Il mio post non è una condanna verso chi parla di certe disgrazie, anzi, parlarne va bene. Il mio post è semmai contro chi mistifica, protetto da una società che vuole il martire. È contro chi ne parla perché vuole muovere negli altri pietismo, anziché trovare in sé stesso orgoglio, forza e fierezza. Alle persone che hanno vissuto certi orrori, donne e uomini, va il mio più sincero affetto, reale e privo di pietà, nonché il mio invito a scegliere di non essere più vittime. A tutti gli altri che vivono di menzogne, vittimismo e ipocrisia va invece il mio disgusto e sí, forse davvero anche la mia compassione. Avete scelto il caos, avete scelto di farlo entrare dentro di voi e ora che state bruciando continuate a buttarvi benzina addosso, perché nei fatti vi fa schifo il vostro mondo. E la verità è che potrebbe esistere un mondo ben migliore ma non avete più la voglia e la forza di crearlo. Siete anestetizzati da un falso benessere, da falsi valori, da un caos cancerogeno che vi hanno spacciato come normalità. Ma vi basterebbe guardarvi dentro per capire che nessuno di voi sta bene e che nel profondo sentite chiaramente che qualcosa non va. In nome di una falsa libertà siete diventati schiavi. E finché non capirete questo non credo di aver molto altro da potervi dire.
trovata sul web
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whitepagesrevenge · 4 years ago
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Dissolvenze arcobaleno
Ho sempre desiderato di vivere un’avventura per cui valesse la pena morire, ma ho sempre temuto che la morte arrivasse davvero.
Ho sempre voluto essere notata, ma ogni volta che uno sguardo si posava di me era solo terrore. Desideravo dissolvermi nello sfondo, sparire nel suolo, diventare un tutt’uno col paesaggio circostante. “Ogni volta che qualcuno ti parla diventi invisibile”, mi ha detto una mia amica, ed era così perché in realtà non ero io a voler essere notata. Era quell’incorporea creatura che abitava nel mio petto, che si nutriva di una vanità che non veniva alimentata né dal corpo che la ospitava né da ciò che lo attorniava, una creatura ambiziosa che per supplire la mancanza di nutrimento aveva cominciato a vivere di sogni irrealizzabili.
Mentre mi fondevo con lo sfondo, diventando roccia, legno e perfino aria, lei riscriveva la realtà. C’era questa bella ragazza, piccola ma luminosa, con i capelli biondi, il volto d’angelo e il vuoto dentro, che come una succube si nutriva delle parole e delle attenzioni dei giovani uomini affamati attorno a lei. La me manifesta la osservava ammirata, la me nascosta con invidia e pena; sì, lei poteva avere quel che desiderava, ma non le sarebbe mai bastato. La mia succube, invece, possedeva lo straordinario potere di riscrivere ciò che vedeva. Non c’era più l’angelo biondo al centro di quella scena, bensì una donna bruna, un po’ più in carne, un po’ più alta, ma ancor più luminosa e dentro cui non c’era alcuno spazio per il vuoto. Era piena di passione, di sicurezza e nell’ammirazione degli occhi di quegli uomini non leggeva affermazioni ma conferma. Loro non le stavano dicendo nulla che lei già non sapesse e, in quel sogno, loro erano completamente in suo potere, marionette avvolte attorno alle sue ben curate dita. Rideva, e di quel forte suono che usciva dalle sottili labbra non aveva paura, né provava vergogna. Tutti potevano sentirla; tutti dovevano ascoltarla.
“Diventi invisibile” era vero, diventavo invisibile, ma soltanto perché in effetti non ero più lì. Mi trovavo in un altro mondo, parallelo alla sua realtà, e tutto era perfetto, nulla poteva andare storto perché su quel mondo avevo il totale e incodizionato controllo.
Ho cominciato a tingermi i capelli quando avevo sedici anni. Un disastro, ma non mi sono fermata. Negli anni la mia chioma è diventata di tanti colori: rossa, nera, blu, verde, viola e bionda, come quella dell’angelo o ancora più chiara. Tutti in quelle sfumature vedevano un atto di ribellione, l’urlo sregolato di una ragazza timida ad una platea che la ignorava. E questa cosa la pensavo anch’io, nonostante fosse del tutto sbagliata.
Due anni fa sono tornata in classe. Non era un’aula universitaria, come quelle da cui scappavo, bensì più piccola, intima e raccolta, come quella gabbia dorata di falsità e finta arguzia del liceo. Ero bionda a quel tempo, anzi, “una polacca” come suggerivano i disgustosi fischi che di tanto in tanto mi seguivano per strada. Potremmo soffermarci su quanto sciocco e razzista sia il significato di queste parole e dell’atto che le ha evocate, ma ai fini di questa storia non ci serve, lascio a voi che leggete la riflessione anonima. Ero bionda, dicevo, e amavo i miei capelli. Non mi ero mai sentita tanto potente, tanto attraente, forse proprio a causa di quei maledetti fischi, che se da un lato rivoltavano la fiera femminista che avrei tanto voluto essere, dall’altro accarezzavano la succube che avevo nel petto, che in segreto bravama le più viscide attenzioni che lo sguardo maschile poteva darle. Mi piaceva quel colore e desideravo tanto conservarlo che alla fine lo persi, perché ero testarda, perché ero impaziente, perché ero arrogante. E il biondo, ancora una volta, venne coperto dal nero. Trascorsero mesi da quel giorno e il nero diventò grigio, poi d’un colore strano che fortunatamente andava di moda. M’importava, ma non così tanto, fino a quando uno degli angeli che invidiavo tanto non mi avvicinò chiedendomi se, come molti altri, avessi notato quella ragazza bionda che sedeva in prima fila la prima settimana di corso e se sapessi dov’era finita. Quella ragazza, manco a dirlo, ero io.
Fu in quel momento che capii. Collegai tutti i pezzi e quel che venne fuori fu un mosaico di cui non mi aspettavo la comparsa. Durante tutti quegli anni non avevo fatto altro che sparire: c’era chi mi ricordava bionda, chi mi ricordava mora, chi rossa, chi blu, chi verde e chi viola; tutte le persone che avevo incontrato e con cui timidamente avevo scambiato due parole per poi dissolvermi non ricordavano il mio nome, tanto odiato, o quel viso che avrei voluto a tutti i costi cancellare, ma soltanto il colore dei miei capelli. E loro cambiavano sempre.
Cominciai a far caso solo in quel periodo quando fosse frequente: tornata nel mio paese natale, rincontravo persone che avevo visto tempo prima e, come da copione, si ripresentavano a me, una a una, come fosse la prima volta. E io, codarda ma superbamente furba, non dicevo nulla, pronta a lasciare in loro un nuovo effimero ricordo di una me che sarebbe scomparsa di lì a poco.
Una volta terminati quegli incontri, brevi o lunghi, imbarazzanti o piacevoli, qualsiasi gesto avessi compito, qualsiasi sbaglio avessi commesso, sarebbe stato cancellato con un po’ di shampoo e una nuova tinta.
Vorrei dirvi che questa nuova consapevolezza è riuscita a farmi trovare di nuovo la fiducia in me stessa, che smettendo di cambiare colore io sia riuscita a ritrovare la mia voce e tornare alla realtà senza più il peso di una succube nel petto... ma non è così, purtroppo questa non è una di quelle storie ispiranti e falsamente eroiche, che per un attimo ti spingono a sperare che il cambiamento anche per te sia vicino. 
Questa è una storia brutalmente realista e la scrivo poco prima di cambiare nuovamente colore. Ho cercato per qualche mese di rimanere fedele a una sola versione di me, ma così facendo la succube s’è solo assopita e quando s’è risvegliata è tornata più forte di prima. Quella ragazza bionda sta per tornare, ma in tempo per diventare rosa, poi azzurra, poi di nuovo viola, in tempo per riapparire e scomparire dalla vita delle persone come ha sempre fatto perché quello che ho capito davvero da tutta questa storia è che quello che ho sempre desiderato è essere un camaleonte: esotico e bellissimo per un istante, sfuggente e misterioso per il resto del tempo. 
Lo sguardo altrui deve seguire le mie regole, come le parole, le azioni, i sentimenti di tutti coloro che mi circondano seguono quelle della succube nei miei sogni. E non può esistere me senza succube in questa realtà, così come io non posso esistere senza dissolvermi.
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Cara Nicole del passati
Oggi è il tuo compleanno e come ogni anno mi ritrovo a scrivere una piccola lettera ricapitolando l’ultimo anno. I ventitré sono arrivati anche per te assieme a tantissimi cambiamenti che quest’anno ha comportato.
L’anno scorso a quest’ora riposavi tra le lenzuola nel piccolo paesino Svizzero che ti aveva ospitato per più di un anno mentre ora sarai sicuramente accucciata sotto le coperte tra le tue montagne o a guardare il cielo stellato mentre il tabacco di una Camel brucia tra le tue labbra.
Un anno fa eri come una cucciola impaurita dal fracasso di questo mondo tumultuoso. Vivevo in constante ansia, tra le tue paranoie e paure e riuscivi a trovare rifiutino soltanto in una persona anche se sapevi che era solo un conforto fisico fatto di abbracci, ma mai mentale perché in fondo quella persona non ti aveva mai capita davvero.
Un anno fa, ti eri allontana dagli amici per portare avanti una relazione disequilibrata e nonostante ti mancassero come l’aria non potevi fare altro che vederli allontanarsi.
Avevi al tuo fianco un'amicizia nata sette anni fa sui banchi di scuola che consideravi quasi fraterna.
Condividevi ogni week-end il letto con il ragazzo con cui ti sei legata per due anni,anche se in una relazione sbagliata e piena zeppa dei numerosissimi problemi che la distanza, le troppe differenze caratteriali e comportamentali portavano.
Tutto ora diverso da oggi, ma non rimpiangere nulla del tuo passato cara “piccola” Nicole ,ma sii grata del tuo presente.
Sii grata della persona solare, allegra, spesso spensierata e addirittura felice che sei diventata. Certo, i tuoi momenti di paura e crollo li avrai ancora, ma ora hai la forza e la capacità di rialzarti da sola sulle tue gambe senza bisogno di nessuno che ti sorregga.
Sei maturata tanto e ora vedi la vita in un modo completamente diverso, hai smesso di autodistruggerti ed hai finalmente iniziato a vivere veramente.
Purtroppo alcune amicizie, anche quelle più longeve, si sono perse in questi 365 a causa di stade intraprese diverse, ma si grata comunque del passato che c’è stato.
Alcuni amici, quelli di sempre ti sono ancora accanto, altri invece si sono allontanati per un po’ ma ora ti stanno tornando a camminare affianco. Altri invece hanno iniziato ora il percorso in tua compagnia e ciò sono sicura ti riempie di gioia.
L’altra metà della mela se n’è andato assieme alle sue scuse banali e senza senso, (molti le chiamano bugie, ma senza prove concrete al 100% non mi sbilancio ad usare quel termine),ha fatto male si, ma poi hai capito anche tu che era meglio così perché non sarebbe mai potuta funzionate in modo sano, ma ora, dopo tante lacrime sei finalmente riuscita a ritrovare il sorriso e ad amare ancora grazia a colui ha ha saputo far tornare a battere tachicardico il tuo cuore.
Sei riuscita a portare a termine il corso che sognavi di fare e a ottenere l’attestato che tanto bramavi con una valutazione ottima (non avresti mai immaginato un 95/100 immagino ).
Presto inizierai il tirocinio, la tua prima vera opportunità lavorativa, che se tutto va bene si trasformerà in un apprendistato al suo termine.
Soni davvero fiera di tutti questi cambiamenti che hai fatto. Nonostante la rovinosa caduta a Gennaio, dopo tutte quelle bugie, non hai mai mollato. Ti sei rialzata e hai combattuto a testa alta fino ad arrivare addirittura ad apprezzare te stessa per come sei.
Sei forte, non dimenticarlo mai.
Buon compleanno guerriera.
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olstansoul · 4 years ago
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Sacrifice, Chapter 9
PAIRING: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
"Quindi quello che hai perso è solo uno dei millemila libri che hai letto?"
"Beh si...non è come un grande classico, tipo il ritratto di Dorian Gray, ma si può considerare come un vero e proprio bestseller"
"Sento puzza della professoressa Potts"disse lui e lei rise.
"Guarda che non è colpa sua, da quando sono piccola leggo molto. Ho iniziato con le avventure dei Dei Norreni, Thor, Odino e quella roba cosi e poi man mano sono passata ai grandi classici...non sono mica mio fratello"
"Lui è più grande?"
"No, è più piccolo ed è completamente immerso con la testa nei videogiochi"
Erano passati solo venti minuti da quando la campanella di fine lezioni era suonata e tutti gli studenti erano usciti per poter tornare a casa. Wanda e James stavano percorrendo insieme il percorso per tornare a casa e stavano ammazzando il tempo conoscendosi di più, cosa che lei stava apprezzando. Era la sua occasione per conoscerlo meglio.
"Come ti capisco, anche se la mia non è immersa completamente con la testa nei videogiochi"
"Hai una sorellina?"chiese lei con un leggero entusiamo.
"Si...e a volte giocare con lei e i suoi mille accessori di Barbie può essere una distrazione"
"Almeno hai il vantaggio che lei ti chiede di giocare con te, se chiedo a mio fratello di giocare mi liquida subito"
"Si, hai ragione, ho il vantaggio che me lo chiede ma dopo mi ritrovo la stanza piena di  vestiti e scarpe rosa. Ed io, purtroppo, sono costretto a riportargliele indietro...vuole che il loro armadio sia perfetto"
"Beata lei, mi ricordo che quando ci giocavo io non avevo la minima idea di dove andavano a finire, le portavo da una parte all'altra della casa e spesso perdevo pezzi durante il tragitto. Poi vedendo che non riuscivo a tenerle perfette, mia madre iniziò a comprarmi quelle di pezza,che ora saranno piene di polvere su quella mensola"
"Una ragazza dai gusti molto semplici"disse lui.
"Si, non sono mai stata una tipa appariscente, suonavo la chitarra ma facevo anche danza però le cose sono cambiate..."
"E cosa è successo?"chiese lui.
E a quella domanda lei rimase interdetta. Non poteva certamente dirgli tutto, ora che si stavano conoscendo e poi cosa sarebbe successo se gliel'avrebbe detto? Ci avrebbe creduto? Sarebbe rimasto scioccato? L'avrebbe aiutata? Che cosa avrebbe pensato di lei? Non sapeva cosa fare, certamente quello che gli stava per dire era solo una piccola barriera che divideva la finzione da quella che era la realtà vera e propria. E cosa sarebbe successo se quella barriera si fosse rotta?
"Beh...quando hai i due pali più importanti della tua vita, ovvero i tuoi genitori, che non si amano più e ovvio che poi, di conseguenza, non riesci più a fare nulla e...ti cadono le braccia, non sai quello che devi fare e ti senti morire"
"Mi dispiace, non volevo procurarti un tuffo doloroso nel passato..."
"Tranquillo, ormai crescendo impari a farci l'abitudine e non riesci neanche più a coglierne la differenza"disse lei facendo un respiro profondo e allargando le braccia ma un mucchio di fogli cadde sul marciapiede.
La stessa scena di questa mattina con Natasha si stava ripetendo, in quello stesso istante però c'era James che non perse un secondo a raccoglierli tutti. Lei provo ad abbassarsi ma il dolore alla schiena la fermò.
"Non ho fatto nessun tipo di sforzo che potesse permettermi di avere un mal di schiena del genere,quindi per favore che ne dici se te ne vai e mi lasci in pace?"chiese lei, nella sua mente, rivolgendosi al suo caro e unico amico tumore.
"Scusami, ero...ero distratta"
"Tranquilla, va tutto bene...credo che ne usufruirò molto spesso"disse lui riferendosi agli schemi lavorati della professoressa di storia che Wanda aveva preparato.
"Vuoi che ti ricambi il favore? Non ti basta pensare di aiutare il signor Lang con chissà quale idea malsana?"
"No, no ma ci studierei volentieri...e poi gli sto dando solo una mano"
"Chissà come...beh, io dovrei essere arrivata"disse lei indicando una casa sulla destra.
"Oh, si...ehm, ci vediamo in giro?"chiese lui e lei annuì.
Iniziarono a prendere due strade diverse, lei verso il portico di casa sua e lui proseguendo dritto verso casa. Ma in quello stesso istante c'era qualcosa che Wanda non aveva ancora fatto. Prima ancora di mettere la chiave nella toppa e girarla, si voltò e vide il castano proseguire il suo cammino e presa da una felicità improvvisa scese di nuovo le scale e si trovò di nuovo sul marciapiede.
"James..."lo chiamò e lui si girò subito percorrendo quella poca distanza che lo divideva da lei.
"Hai ancora bisogno di qualcosa?"
"Oh! Ma che carino!"pensò lei ma subito tornò con i pensieri su quello che gli voleva dire.
"Io...io volevo solo dirti grazie...per questa mattina intendo"disse lei e gli occhi di James si spalancarono.
"Si, lo so forse...non sono una tipa a cui escono facilmente dalla bocca parole di questo tipo ma stavolta è perché lo sento davvero"disse lei abbassando la testa.
"Non c'è di che Wanda...mi sono davvero preoccupato per te"
"Ti ringrazio, sul serio..."disse lei alzando definitivamente lo sguardo dalle scarpe.
"Per quanto riguarda le tue ripetizioni? Ecco non ci siamo visti da giovedì scorso..."
"Oh, beh...questa settimana ho alcuni impegni e non credo che.."
"Potresti darmi il tuo numero di telefono, cosicché puoi informarmi e dirmi quando sei libera..."le propose lui.
Non aspettò risposta da parte della castana che subito James tirò da fuori la tasca destra del suo jeans il suo cellulare.
"Tieni..."
"Beh, se proprio dobbiamo fare le cose per bene..."disse lei iniziando a prendere il suo cellulare nella sua tracolla.
Se li scambiarono ed entrambi segnarono il loro numero sul telefono dell'altro.
"Mi scrivi tu?"
"Si, ti farò sapere io..."
E ognuno prese la sua strada, Wanda salì una seconda volta le scale del portico e infilò le chiavi nella toppa entrando finalmente in casa dove regnava un buon profumo di pasta.
"Ehi...sei tornata, non ti avevo sentito"disse sua madre appena la vide apparire sulla soglia della cucina.
"Non ho bussato, mi sono portata dietro le chiavi"
"Come è andata la giornata? Tutto okay?"
Si sedette e provò a pensarci su. Certo non era iniziata col piede sbagliato, perché se fosse stato così sarebbe stata sicuramente colpa del signor Stark. Ma oltre a quello che era successo durante l'intervallo tutto era andato per il meglio.
"Bene, oserei dire quasi benissimo..."disse lei addentando una fetta di pane messa nel cesto in mezzo alla tavola.
"Addirittura benissimo? Cosa ti succede?"
"Nulla, perché?"
"Sembri felice..."
"Colpa di Barnes"disse lei nella sua testa ma provò a zittire i suoi pensieri.
"Ho solo incontrato una nuova amica"disse lei riferendosi alla bionda Natasha.
"Davvero? E chi sarebbe?"
"Natasha Romanoff, una mia alunna" disse la voce di Clint alle loro spalle ed entrambe si girarono.
"Da come ne parli, sembra davvero una persona carina"
"Lo è..."disse lei sorridendo mentre stava masticando con la bocca chiusa.
"Ho assegnato loro un lavoro sull'età Vittoriana, spero che farete un bel lavoro"
A quella affermazione lei sorrise, non avrebbe mai pensato di trovare una persona come Natasha che dal primo momento si prende cura di te. E questo la rendeva molto felice.
Dall'altra parte della città...
Prese le chiavi per poter aprire la porta, una volta chiusa alle sue spalle notò che dentro casa non c'era nessuno. Si diresse nella cucina, cercando qualcosa da mettere sotto i denti, aprendo il frigo per quasi quattro volte ma nulla faceva al caso suo.
"Grazie mamma che vieni incontro alle mie esigenze di cuoco perfetto"disse lui ad alta voce.
Ma chi lo conosceva, sapeva benissimo che non era per niente un cuoco perfetto. Si arrese e fece il giro della penisola prendendo dalla dispensa la busta di panini del giorno prima. Si fece un panino veloce che mangiò seduto sullo sgabello, sua madre non voleva che le briciole si spargessero per tutta la casa sennò avrebbe dovuto pulire e sarebbe stata solo una fatica in più, oltre alla sua ordinaria fatica da infermiera. Una volta finito si lavò le mani mettendo tutto ciò che aveva usato, al solito posto. Fu quando chiuse il cassetto che si accorse che la porta di casa fu sbattuta e da lontano vide la figura robusta di suo padre.
La stessa persona che non vedeva da giorni, ma stavolta era accompagnato da un'altra persona. Doveva essere una ragazza, poco più bassa di lui, non riusciva a raggiungerlo neanche con le scarpe alte che aveva, con i capelli biondi legati in una coda alta. Si mosse lentamente, posando il canovaccio sulla penisola e uscendo dalla porta che dava sulla cucina. La porta del ufficio di suo padre era socchiusa e vide, dal piccolo spazio rimanente che la ragazza bionda era seduta sulle sue gambe.
Non reagì come se fosse impazzito da un momento all'altro. Piuttosto si allontanò dalla porta e da quella scena con una faccia schifata e con un leggero ghigno ironico sulle sue labbra.
"Me lo sarei dovuto aspettare..."disse lui sottovoce prendendo lo zaino da sopra il divano e salendo le scale.
Aprì la porta di camera sua, la chiuse alle sue spalle e si buttò sul letto dove da lì non si sarebbe alzato fino all'ora di cena.
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demonsanders · 6 years ago
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Ti fai in quattro per aiutare le persone, anche se stai peggio di loro. Provi a conoscere nuove persone perchè credi che magari, da qualche parte, ci sia qualcuno disposto ad amarti, o magari anche solo apprezzarti per ciò che sei. Metti da parte le tue esigenze, ti metti da parte, per dedicare più tempo possibile agli altri. Non chiedi nulla in cambio, ma dentro di te speri che qualcuno resti, che qualcuno ti aiuti ad uscire dal fottuto inferno che hai dentro. Ma non succede mai. La tua è una maledizione, sei destinato a conoscere tante persone, ad aiutarle e a farle stare meglio, ma, appena ti affezionerai loro se ne andranno via, portandosi via un altro frammento di te. Non per forza del tuo cuore, perchè tu non dai solo quello. Tu metti tutto te stesso in ciò che fai, e ormai non ti è restato più nulla perchè ognuno ha preso un pezzo di te, lo ha usato e lo ha buttato via, e, per quanto tu possa provare a raccogliere quei piccoli pezzi e a rimetterli a posto non riuscirai mai più a tornare come prima. Continuerai a trovare frammenti di te per terra, rotti, usati e abbandonati. E ti chiederai il perchè di tutto questo. Ma purtroppo non troverai una risposta. Ne ora ne mai. Quindi ora dimmi, vale ancora la pena affezionarsi?
-fonte: @demonsanders
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omgmyriamlove · 5 years ago
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Cap.4
Sakura uscì dall’edificio di corsa; non si sarebbe mai aspettata una reazione del genere da Gaara. Di solito si lasciavano sempre in modo freddo e distaccato, non le aveva mai rivolto una parola, figuriamoci una battuta del genere. E soprattutto era la prima volta che il ragazzo avanzasse una richiesta così esplicita.  
“se gli dicevo di sì cosa sarebbe successo? Cioè so dove voleva andare a parare... ma perché proprio me? E poi perché dovrei farlo? E se mi rovinassi la reputazione? No probabilmente me la sono già rovinata... fare certe cose con il tuo capo è già scavarsi la fossa da soli...” le guance di Sakura divennero ancora più rosse. Non poteva ammetterlo apertamente, ma avere certe attenzioni da un ragazzo come Gaara non le dispiaceva affatto. Nonostante le frecciatine e l’umore altalenante, Gaara era un perfetto amante. Sempre pronto a regalare “emozioni” senza pretendere nulla in cambio.  
“a parte oggi...” ma qualcosa la interruppe dai suoi pensieri. Un uomo dai capelli lunghi e neri era appoggiato sulla portiera della sua macchina a braccia conserte. Non riusciva a riconoscerne il volto per via dell’oscurità, ma la corporatura le era alquanto famigliare.
Si avvicinò alla macchina con cautela ed estrasse il cellulare, cercò di essere il più naturale possibile e far finta di rispondere a qualche messaggio per poi iniziare a comporre il numero della polizia locale. Purtroppo nella sua vita poche persone si erano presentate così, e la maggior parte erano strozzini oppure gente che aveva tutta l’intenzione di cancellarla dalla faccia della terra.  
“ed è proprio per questo che ho accettato questo lavoro lontano da casa”
Avanzò cauta, cercando di riconoscere quel volto oscurato dal buio; il cuore aveva iniziato a galoppare e la paura iniziava a farsi sentire.  l’uomo d’improvviso si mosse, avanzando un passo verso di lei, mettendosi finalmente sotto la luce che la luna stava offrendo al paesaggio. A quel punto a Sakura sembrò che il suo cuore smise di battere per qualche secondo.  
-cosa... cosa ci fai...tu... qui - per poco non svenne quando l’uomo davanti a sè le rivolse un sorriso ambiguo a 32 denti
-è così che accogli il tuo vecchio? - dicendo questo le si era avvicinato e con una mano le aveva preso una ciocca di capelli rosa per portarsela sotto il naso. Sakura strinse ancora di più la borsa iniziando a sudare freddo.  
“se lui è qui allora vuol dire che...”
-mi sei mancata piccola- si piegò con il busto verso quella creatura dai capelli rosa e le lasciò un piccolo bacio a fior di labbra.
A quel contatto Sakura si pietrificò all’istante, erano poche le volte che quell’uomo le aveva dato un bacio a fior di labbra e ogni volta le cose finivano male per tutti.
-cosa ci fai qui? - questa volta cercò di essere più decisa possibile nel porgli la domanda.
-sono venuto a trovare il figlio di un mio vecchio amico... ho un piccolo progetto da proporgli e sono sicuro che gli interesserà... e quando ho saputo che c’eri tu al suo fianco... Bhe ne ho approfittato nel passare a trovare la mia piccola stella -   mentre diceva questo l’uomo accarezzava dolcemente il viso di Sakura. La trovava più in forma del solito, a parte le occhiaie.  
“sicuramente stare dietro al più piccolo dei Sabaku è alquanto impegnativo...”
Sakura si ritrasse da quelle carezze alquanto strane; da quando aveva riconosciuto il suo volto, i suoi sensi l’avevano messa in allerta. Era strano, troppo strano che LUI fosse qui. E soprattutto era STRANO che LUI proponesse qualcosa di SUO a qualcuno. Per quanto fosse abile negli affari, quell’uomo custodiva gelosamente i suoi progetti, e in pochi ne erano a conoscenza, ancora meno quelli in cui ne facevano parte.  
-non credo che il Signor Sabaku sia interessato al tuo progetto... Ha cose più importanti da gestire- l'uomo trattenne a stento una risata, allontanandosi da lei per poi avanzare verso l’ingresso dello stabile
-”Signor Sabaku”? Capisco che è un po' più grande di te... Ma mi sembra che voi siate alquanto... Intimi- disse sfoggiando un altro sorriso, questa volta ancora più perfido del primo
-noi non siamo...-
-ah no? Eppure sulla tua pelle c’è il SUO odore e nei tuoi capelli ci sono ancora dei granelli di sabbia... Se non siete intimi cosa siete? - si voltò lentamente verso Sakura e questa volta assottigliò lo sguardo
-siete amici con benefici? O semplicemente... il suo nuovo giocattolo? - a quella affermazione perse un battito. Troppe volte aveva pensato alla stessa cosa e per la maggior parte delle volte ne era quasi certa, ma sentirselo dire in faccia, soprattutto da una persona a cui doveva la vita... faceva davvero male. Abbassò lo sguardo d’istinto per poi ricambiarne uno di fuoco al suo interlocutore.
-quello che siamo non ti deve interessare. È troppo tardi per i colloqui, sicuramente non vorrà riceverti. Prova domani mattina- detto questo si girò e aprì lo sportello della macchina.
Come un fulmine l’uomo le fu’ dietro le spalle e si appoggiò letteralmente su di lei tenendo delicatamente le mani sui polsi si lei
-ops.. A quanto pare ho detto qualcosa che non andava... ma non ti preoccupare. Purtroppo quel simpatico rossino ha la fama di usare le persone, e tu non sei nè la prima e nè l’ultima... ti conviene dimenticare tutto, qualsiasi cosa sia successa. Te lo dico per il tuo bene bambina mia- si abbassò per scoccarle un bacio sulla testa, per poi tornare all’ingresso
-sai, mi sei mancata tantissimo. E manchi tanto anche agli altri... Dovresti venire a trovarci ogni tanto... è11p anzi dovresti mollare questo stupido lavoro da schiavetta e tornare da noi. Lo sai, non ti mancherebbe niente e verresti trattata da regina, piccola stella- si girò verso di lei, e questa volta oltre al sorriso due occhi rossi avevano preso posto a quelli color pece.
-mi mancherebbe la libertà, quella che tu non hai mai dato a nessuno. Nemmeno a me...Madara- Sakura cercò di ignorare quegli occhi e si mise a sedere sul sedile. La cosa iniziava a puzzargli troppo. Non era un caso che lui sapesse che lei fosse lì...
-ogni cosa ha il suo prezzo... E tu lo sai meglio di tutti... Lo stai ancora pagando- detto questo l’uomo dagli occhi rossi sparì dietro la porta scorrevole dell’edificio. Lei volse lo sguardo in alto e le lacrime che a stento era riuscita a trattenere, finalmente potevano cadere libere.  
“no, non è un caso che sia qui... la mia libertà ha un prezzo... E lui è venuto a riscuotere”
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Madara varcò la soglia di quel piccolo edificio, immerso nei suoi pensieri. Cercò distrattamente l’ascensore per poi infilarcisi dentro e premere il pulsante del 3° piano. In testa risuonava ancora la voce di Sakura, forte ma allo stesso tempo insicura. Era certo che l’avesse messa in allerta, poiché l’ultima volta che le aveva rivolto la parola, quella ragazza dai capelli rosa, era scappata lasciandolo solo nell’ideale di mondo che aveva progettato per lei. Ancora non capiva il senso di quel gesto. Le aveva dato tutto e lei comunque era scappata.  
“ma non questa volta... tornerà da me. Tornerà ad essere la mia stella”  
Uscì svelto dall’ascensore per poi percorrere il piccolo corridoio che dava all’ufficio principale, durante il percorso sbriciò qua e là le scrivanie e riuscì a trovare anche il piccolo ufficio di sakura. Curioso entrò nella piccola stanza, socchiudendo la porta. Era impregnata del suo odore, i fogli con i vari post-it erano sparsi sulla scrivania, il piccolo pc ancora acceso era sommerso di note e fogli. Ne prese in mano alcuni, senza leggerli davvero. Girò intorno alla scrivania e prima di mettere mano sul computer una presenza lo bloccò. Alzò la testa e sorrise difronte ad un viso molto familiare.
-cosa ci fai qui? - Gaara aveva udito i passi di qualcuno arrestarsi in un punto preciso ed era andato a controllare. Quando si era ritrovato il volto di quell’uomo dietro la scrivania della sua segretaria si alterò non poco, ma cercò di essere il più distaccato e freddo possibile
-sono venuto a trovarti e a farti i miei complimenti Gaara- iniziò l’uomo allontanandosi dalla scrivania e andando incontro al ragazzo
-e lo fai sbirciando dove non dovresti- la sua non era una domanda; da quando aveva memoria l’uomo dagli occhi rossi aveva sempre creato qualche grosso problema che a stento gli “adulti” riuscivano a risolvere. E se era lì non era di certo per una semplice visita di cortesia. Lentamente fece scendere la sabbia dalla giara che aveva nascosto dietro di sé, era pronto ad attaccarlo al muro e imprigionarlo in uno delle vergini di sabbia che si era divertito negli anni a costruire per i suoi nemici. Ma sapeva anche che l’uomo davanti a sé probabilmente aveva già calcolato le sue mosse, tutto grazie al suo potere oculare. Uno dei pochi poteri che potevano essere trasmessi integri di generazione in generazione.  
Madara non si scompose nel vedere la sabbia scivolare sotto il ragazzo, in fondo lo aveva previsto un benvenuto del genere. Anzi era anche stupito del fatto che non fosse ancora schiacciato a terra, intrappolato in una prigione di sabbia letale. A passo lento si avvicinò al ragazzo e gli mise le mani sulle spalle
-hai ragione, ho sbagliato. Ma lo sai, sono sempre stato una persona curiosa. Ma tranquillo, i vostri progetti non mi interessano, ho altro per la mente...- erano uno difronte all’altro. Il moro superava il ragazzo di quasi 10 cm, tutti e due attenti ad ogni mossa dell’altro.
-e sei venuto qui a proporla, ma cosa ti fa pensare che la cosa mi interessi? - Gaara aveva incrociato le braccia al petto e si era appoggiato allo stipite della porta. Voleva chiudere la conversazione il prima possibile e soprattutto doveva trovare un modo per mandare quello svitato fuori dalla sua azienda e dalla sua vita prima che fosse troppo tardi
-oh sono sicuro che ti interessa. Io e te siamo piuttosto simili...-  
-e cosa te lo fa pensare? - Gaara interruppe l’uomo, sempre più convinto di voler usare il suo potere per cacciare via l’uomo.
-siamo uomini d’affare noi... Sempre pronti per nuove scoperte, sempre pronti a metterci in gioco. Siamo sempre al centro dell’attenzione, qualunque cosa noi facciamo- Madara lentamente si diresse verso la scrivania della ragazza e prese tra le mani l’unica foto presente in quella stanza. La spolverò con la manica per poi guardare teneramente l’immagine, poi rivolse l’immagine verso il ragazzo dai capelli rossi per poi riprendere a parlare
-niente riesce a fermarci, soprattutto se ci siamo fissati un obbiettivo. Ho notato che tra te e la signorina Haruno c’è una piccola intesa- Madara si mise a sedere sulla scrivania, tra le pile di fogli, facendone cadere alcuni
-non è di tuo interesse-  
-oh certo che è di mio interesse. Vedi, per chi non conoscesse le tue “passioni”, quello che regali a quella ragazza potrebbe essere facilmente frainteso. Cosa che a te va più che a genio visto che il tuo obbiettivo è di trovare un nuovo giocattolo con cui divertirti-
-Sakura non è un giocattolo-
-sisi certo... È questo quello che ti ripeti ogni volta che ti guardi allo specchio?- con un piccolo scatto del corpo Madara fu’ dietro le spalle del ragazzo, che non si era scomposto minimamente
-scommetto che dentro di te la voglia di avere un’altra schiavetta non ti è ancora passata...-
Gaara si girò lentamente, indurendo lo sguardo. Con un gesto della mano la sabbia si raccolse dietro di lui in tanti piccoli proiettili appuntiti, pronti a lanciarli verso il loro obbiettivo
-ho saputo dei guai che hai procurato in Giappone... nonostante tuo padre abbia coperto il fatto, qualcuno ancora sospetta di te... ed è per questo che sei venuto qui vero? Essere spedito dall’altra parte del globo per dare tempo laggiù di dimenticarsi di tutto per poi ricominciare. E devo dire che metterti a fianco una ragazza così... tenace è stata una mossa davvero intelligente... - Madara fece un passo verso il ragazzo, restando a pochi centimetri dal suo corpo. La sabbia aveva iniziato a tremare, la faccia del ragazzo aveva iniziato a creparsi e far cadere dei piccoli pezzi, come se fosse fatto di creta. Lo sguardo omicida gli procurava un piccolo brivido in tutto il corpo. Nonostante sapesse di essere il più forte, Madara temeva quel ragazzino.
-tranquillo, io ti capisco. Certe “passioni” hanno conseguenze più o meno gravi. Anche a me è capitato di aver rotto qualche “giocattolo”, ma è normale. Non tutti i “giocattoli” sono fatti di buona qualità... soprattutto sei uno di questi si ribella...- assottigliò lo sguardo cercando di tenere testa a quello omicida del rossino
-però, se il mio progetto prendesse forma, non ci saranno più conseguenze spiacevoli- Gaara alzò un sopracciglio. Aver portato a galla una storia che stava tentando di insabbiare in tutti i modi lo aveva fatto incavolare in tutti i modi. Una parte di sé lo avrebbe impalato lì sul momento, mentre l’altra cercava di trovare un senso alle parole di quel pazzo di un Uchiha
Senza avere il consenso Madara estrasse un piccolo fascicolo dalla borsa che aveva a tracolla e la porse al ragazzo. Gaara la prese in mano e iniziò a sfogliarla
-vedi il progetto che ho in mente, non solo soddisferà i tuoi bisogni personali, ma potrà essere utilizzato anche per scopi più grandi... ti basterà applicare questo piccolino sulla mano della persona interessata e potrai ottenere quello che vuoi- Madara estrasse dalla borsa, questa volta, un piccolo led che lasciò sulla sua mano. Era più piccolo di un’unghia, ed era estremamente sottile e trasparente.  
Gaara lo prese e lo tenne nella sua mano. “sembra uno di quegli aggeggi che mi ha descritto papà nelle sue storie. Uno di quelli che avevano sperimentato per il controllo delle persone prima della tempesta solare”
-e in tutto questo Haruno cosa c’entra? - Gaara continuò ad osservare il piccolo aggeggio per poi posare gli occhi sul suo interlocutore
-vedi Sakura è una mia vecchia conoscenza.... e proprio grazie a lei che sono riuscito a ideare questo piccolo giocattolino-
Gaara iniziò a insospettirsi. Il fatto che quello svitato l’avesse descritta come vecchia conoscenza non gli piaceva affatto
-una vecchia conoscenza? E per di più ti avrebbe aiutato in questo progetto... mi fa strano che sia ancora viva- Gaara aveva colpito nel segno. Non immaginava che tipo di relazione avessero quei due, ma di certo il moro non avrebbe mai lasciato uno dei suoi collaboratori lavorare per la conocorrenza. Sapeva che chi ci aveva provato aveva fatto una brutta fine
-bella battuta, non sapevo riuscissi a farne una- Madara finse una piccola risata per poi continuare
-vedi Sakura è stata la prima a sperimentare questa tecnologia-
-poi cos’è successo? - Gaara aveva di nuovo assunto una sguardo tagliente
-abbiamo avuto qualche piccolo battibecco ed ha abbandonato il progetto- “e me” finì di pensare Madara.
-mi fa ancora più strano che sia ancora VIVA. Anche se immagino cosa potesse aver vissuto per essere scappata-
A quel punto Madara attivò lo Sharingan, rabbia trasudava dalla sua pelle. Dove prima c’era un sorriso benevolo, ora c’erano labbra serrate in una piccola smorfia di disgusto.
“dopotutto siamo simili. Avrai torturato quella poverina fino a che se l’è data a gambe...”
Una voce più oscura si intrufolò nella sua mente
“non male per una ragazzina fuggire da questo svitato ed essere ancora in piena salute... a meno ché non l’abbia lasciata in vita a posta...”
-che cosa cerchi da lei Madara?-
-voglio che ritorni a far parte del progetto, AIUTANDOCI a svilupparlo al meglio-
-aiutando-CI?- Gaara marcò le ultime parole  
-ovviamente se accetterai. Pensaci bene ragazzo mio. Con questo piccolo oggetto...- gli fu di nuovo alle spalle, ma questa volta un pochino più lontano  
– potresti avere tutto il mondo ai tuoi piedi. Chi indossa questo piccolino è totalmente SUCCUBE delle tue parole e azioni. Non solo avresti la possibilità di ricostruire l’harem che hai distrutto, ma avresti la possibilità di ampliare la tua rete di informazioni ed accrescere la vostra azienda per farla diventare il numero uno non solo di poche nazioni, ma del pianeta intero-
Aveva gli occhi che brillavano e un leggero affanno nel respiro
“si sta’ eccitando solo all’idea, vecchio bastardo” la voce oscura aveva azzeccato il commento a quella scena  
-e che cosa vorresti in cambio? -
-ovviamente saremo soci in affari. Mi prenderò il 30% dei guadagni-
-ma? -a Gaara puzzava sempre di più le richieste di quel pazzo
-Ma ho BISOGNO di Sakura. Senza di lei non funzionerebbe-
Gaara prestò massima attenzione alle ultime parole del moro. Quella affermazione non le era piaciuto affatto. Attese qualche istante prima di dara una risposta alla domanda silenziosa che le aveva proposto l’Uchiha
-per quanto mi sforzi a capire le tue intenzioni, l’unica risposta che posso darti è NO. Non prenderò parte ad un progetto del genere. Ho già problemi adesso, se accetto l’azienda cadrebbe ancora più in basso-
Madara aveva incassato il colpo silenziosamente. Sperava che il rossino prendesse parte al suo progetto, ma a quanto pare aveva maturato una lealtà nei confronti della sua famiglia che qualche tempo prima non aveva
-allora lascia solo che Sakura mi dia una mano nel tempo libero. Ho VERAMENTE bisogno di lei. Mi prenderò CURA di lei-
-assolutamente no. Qui in azienda abbiamo bisogno di lei, e io ho bisogno di lei nel tempo libero-
A quel punto accompagnò l’ospite indesiderato all’ingresso, porgendogli il piccolo oggetto e il fascicolo.
-Madara lascia che ti dica una cosa. Qualsiasi cosa ti legava a quella ragazzina, ora non c’è più. Se hai bisogno di realizzare il tuo progetto ci sono tante aziende e altrettante persone pronte a farti da cavia-
Madara rimase di stucco a quella affermazione. Ma ne era contento in fondo.
-capisco... allora mi dispiace averti portato via del tempo prezioso. Lascia però che ti dia un piccolo consiglio... non ti ci affezionare troppo. Quella ragazzina ha la strana abitudine di “mordere la mano che la nutre” -  
-dipende da che mano le arriva. Se in quella mano il cibo è veleno, dubito che voglia rimanere. Comunque sia non preoccuparti. Come hai detto tu noi due siamo simili, non puntiamo ad avere relazioni, ma solo giocattoli che ci tengano impegnati -  
“sei veramente spregevole, degno di essere il mio contenitore” la voce oscura continuava a ridere mentre sul volto di Gaara apparve un piccolo ghigno. Madara  quel punto non restò che allontanarsi, la rabbia iniziava a ribollire nello stomaco. Non solo non aveva ottenuto la collaborazione che aveva sperato, ma si era lasciato sfuggire l’occasione di riavere la sua piccola stella
“certo deve essersi affezionato il piccolo bastardo, ma lo troverò un modo per portartela via. Come hai detto tu, ci sono tante aziende che accetteranno di collaborare... Soprattutto se questo potrebbe portarli sulla vetta e spodestarti”  
Una risata malvagia risuonava nel silenzio di quella notte di luna piena. Una risata di un uomo che aveva un obbiettivo in mente e che nessuno lo avrebbe fermato.  
Gaara era tornato nel suo ufficio, davanti al grande Mac aveva iniziato a comporre una decina di email, tutte con la stessa frase scritta. Una frase corta e concisa. Inviò le email e guardò il telefono. Era tentato di chiamare quella ragazzina per incontrarla e chiederle spiegazioni, ma non lo fece. Era tardi ed era molto stanco. Costruì una piccola rosa di sabbia che posò sulla scrivania  prima di alzarsi e uscire di lì.  
“la chiamerò domani, e ne parleremo insieme. Se lei sa qualcosa è bene che la tenga aggiornata sugli avvenimenti e soprattutto lontana da quel pazzo”
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erisriderblog-blog · 6 years ago
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Ballate nelle Terre di Confine
                            Un viaggio inizia con una stretta di mano
Tumblr media
Sanctuary.
Una delle -se non l'unica- città più importanti di Pandora. Suggestiva per il fatto che volasse, ma per Rider era una come le altre; in fondo era andato lì per lavoro.
Non ci mette molto per trovare la casa del proprio cliente, fermandosi a guardare l'insegna sopra di lui: Zed, l'unica persona su quel pianeta che potesse venire chiamata e definita come medico. Certo, nulla a che vedere con i medici di Concordia, ma per un luogo squallido come questo era già tanto.
Prende un respiro prima di sistemarsi il cecchino sulla schiena ed entrare. Viene subito accolto da delle urla di due persone che cercano di comunicare da una parte all'altra della casa, ma decide di aspettare lì all'entrata, non volendo impicciarsi nel discorso. 
Nella sala medica, in mezzo a tutto quel casino, nota una piccola cornice appoggiata sul bancone con una foto all'interno. Si guarda intorno, assicurandosi che non ci sia nessuno in giro: preferiva mantenere i rapporti con i propri clienti al minimo, ma acquisire qualche informazione in più su Zed gli faceva comodo. Bastava che il medico non ne guadagnasse su di lui e sarebbe andato tutto per il meglio.
Prende in mano la foto guardandola: una bambina con i boccoli sta sorridendo verso l'obiettivo, con a fianco una gamba di una persona su cui corre una lunga sfilza di punti. Nell'angolo c'è scritto "Prima operazione andata bene!", ma senza contesto non si capisce se è la prima operazione della bambina ed è andata bene, o è la prima in assoluto ad essere andata bene. Guardando più attentamente, nota che è molto coperta in fatto di vestiti, ma sul collo si intravedono dei segni azzurri che corrono su fino all'occhio sinistro.
Purtroppo non fa in tempo a guardare di più poiché sente dei passi, allora rimette subito la foto al suo posto, allontanandosi da essa.
Difatti, dalla porta che dà al resto della casa esce una ragazza che corre subito all'altro lato della stanza, raccogliendo una pistola da sotto il tavolo. Al passare di nuovo davanti al mercenario lo nota, guardandolo dritto negli occhi ma urlando subito dopo verso le scale.
<Papà, c'è qua quel tizio che aspettavi!>
E con questo corre di nuovo via, senza dire nulla al mercenario.
Dopo qualche secondo finalmente arriva Zed, stranamente senza essere sporco di sangue e vestito in borghese, ma portando sempre la sua mascherina.
Va da Rider porgendogli la mano e lui ricambia il gesto.
<Zed, tu sei Rider, giusto?>
<Esatto.>
<Bene, allora non perdiamo tempo. Eris!>
L'uomo grida verso la porta da cui è arrivato, aspettando una qualche risposta; poco dopo si sente il legno della scale scricchiolare e torna la ragazza di prima con un borsone a tracolla. 
Adesso che ha tempo di guardarla meglio, capisce che è la bambina raffigurata nella foto. Stessi boccoli e capelli dalla sfumatura particolare: viola, arancioni e gialli, per poi tornare viola. Come nella foto è molto coperta, portando un dolcevita a maniche lunghe come i pantaloni, senza lasciare spazio libero alla pelle, tranne per la mano destra, l'unica parte del corpo libera da vestiti visto che quella sinistra aveva un guanto.
<Rider, lei è mia figlia Eris.>
Figlia adottiva, probabilmente.
<Visto che ormai è abbastanza grande e continua ad insistere, ho deciso di farle fare delle commissioni in giro per Pandora da parte mia per la clinica.>
Ai commenti su sé stessa, la ragazza sbuffa con un sorrisetto, ma Zed la ignora. Un discorso che avevano fatto molte volte, probabilmente.
<Vorrei che tu la accompagnassi in giro per queste prime volte, insegnandole a sopravvivere, combattere e altre cose. Insomma, fai in modo che non si uccida.>
Lui non aggiunge altro, mantenendo un tono secco. All'apparenza potrebbe sembrare un comportamento menefreghista, ma Rider ormai sa leggere bene le persone. Per un uomo così cinico che vive di persone ferite o malate, dire una frase del genere non è roba da poco.
Porge la mano verso Eris che a sua volta gliela stringe con una stretta troppo energica e un sorriso troppo grande.
<Non vedo l'ora di passare del tempo con te- Mr, Ms..?>
<Mr Rider. Ma Rider va bene>
<Perfetto Rider! Allora partiamo subito che abbiamo un botto di robe da fare. Ciao papà!>
L'energia e l'entusiasmo della ragazza gli sembra troppo per una che sta per andare nel territorio desolato e ostile di Pandora. Eris si gira a salutare il padre, dandogli un bacio sulla guancia. Lui si toglie un filo della mascherina e da quanto vede il mercenario, la zona nascosta da essa è sfigurata e istintivamente Rider si porta la mano al petto, togliendola subito. Quando Zed ricambia il bacio sulla guancia e guarda la figlia con così tanto amore, lui gira la testa di lato, concentrandosi su un'interessantissima piastrella del muro. Sono proprio necessari tutti sti saluti?
<Se avete finito, io avrei anche un lavoro da fare.>
<Tu vai dove vado io, no? Quindi sei io rimango qua, pure tu ci rimani.>
Rider spalanca gli occhi a quel commento e si gira guardando Eris, che in quel momento ha un sorrisetto furbo stampato in faccia: vuole pure fare la furba.
<Dai scherzo, era una battuta! Ciao papà, ci vediamo!>
L'uomo si rimette la mascherina e saluta le due mentre escono. Appena uscite, Eris si stiracchia, sospirando.
<Finalmente! Non vedo l'ora di andare in giro per Pandora!>
<..Hai un desiderio di morte o l'aria di quassù ti ha dato alla testa?>
Qualsiasi altra persona che abbia conosciuto durante la sua vita lo avrebbe insultato o avrebbe cercato di picchiarlo e non si aspettava nulla di meno da una ragazzina, ma invece Eris scoppia a ridere, lasciandolo spiazzato.
<Chissà, forse la seconda!>
Mentre si teletrasportano giù a terra la sente ancora ridere: certo che era strana.
Finito il teletrasporto, vanno subito al "Catch a Ride" dove aveva parcheggiato la moto. Quando però da lontano non la vede più, il mercenario corre dove l'aveva parcheggiata, guardandosi intorno confuso, cercando tracce della sua amata moto.
No, non possono averla portata via, non vede tracce di ruote a terra. Oppure-
<Scooter? Non è che hai tu la moto del bel tenebroso?>
<Tranquilla, ce l'ho io. Ho dovuto solo fare un ritocco, omaggio per il tuo primo viaggio!>
Sentendo quelle voci, Rider gira così velocemente la testa che sembrava stesse per staccarsi, correndo al monitor e prendendolo fra le mani facendo quasi cadere Eris.
<Che cazzo hai fatto alla mia moto?!> 
<Calmati bello! Fidati, adesso che la vedrai mi ringrazierai. Volevi sul serio andare in giro con Tatsu su una moto? Na nah, adesso capirai.>
Rider subito si gira alla sua sinistra e guarda insieme a Eris la moto che si materializza, o almeno- il sidecar che si materializza.
Eris si lascia scappare un urlo di gioia e dopo aver ringraziato Scooter corre verso il veicolo.
<Amico, la moto è perfetta come prima e così sarà più comoda per questa lavoro. Fidati, Eris È IPERATTIVA.>
Scooter scandisce bene le parole assicurandosi di farsi sentire, ma lui non risponde, andando alla moto dove la ragazza si è seduta al posto di guida. Lui incrocia le braccia, aspettando che si tolga, ma lei lo imita guardandolo con uno sguardo divertito. Ha voglia di giocare col fuoco?
<Togliti.>
<Potrei dire la stessa frase alle robe che hai in faccia. Dai, fatti vedere!>
Non ha tempo per stare dietro a dei giochi di una bimba, quindi con un sospiro si abbassa la bandana e toglie gli occhiali. Aspetta una qualche reazione da lei: schifata, sorpresa, dispiaciuta, qualsiasi cosa, ma lei invece rimane impassibile.
<Tutto qua? Eddai, tragico! Susu, andiamo. Dobbiamo trovare un sacco di cose!>
Si butta nel sidecar tenendo sulle gambe il borsone pieno di munizioni a giudicare dal rumore. 
Rider mette in moto il veicolo e mentre si allontana da Sanctuary, accompagnato dalle chiacchiere di Eris, si domanda: ma chi glielo ha fatto fare questo lavoro da babysitter?
-
Ehilà! Questo è un nuovo blog creato per la storia “Ballate nelle Terre di Confine”, concentrata sulle avventure di Eris e Rider in giro per Pandora. Nonostante questa sia una storia basata su Borderlands, gli eventi canonici rimarranno di background per il momento. Siamo in due a gestire il blog e fra poco ci presenteremo. Spero che questa prima fanfiction vi sia piaciuta e spero di rivedervi nelle prossime!
Io, scrittrice, sono Greg e il mio profilo Tumbrl è @proteccdabees
La copertina è stata fatta dall’altra povera cristiana che mi sopporta e ha creato questo blog con me, @ladydate9652!
Infine @astrapanda ci ha aiutati colorando la copertina <3
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hurracanesinside97 · 5 years ago
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Anch'io tempo fa avevo quel sorriso, quello che dice che va tutto bene, che sei felice per davvero. Col passare degli anni, purtroppo, non è stato più così. I miei sorrisi ci sono ancora, ma sono, perlopiù, armature, fanno da scudo. Si sorride per fare finta che vada tutto bene, per evitare di tirar fuori il dolore che hai dentro, per non far arrivare domande scomode. Si sorride per dare un messaggio a chi ci vede, e uno a chi ci guarda. Ai primi, che meritano solo ciò vedono, i sorrisi finti. Ai secondi tutto quello che riescono a percepire. E alla fine sai chi ti ha capita e chi invece non ha capito nulla, sai che anche se non hai detto nulla qualcuno ha osservato un po' più a lungo, o forse ti accorgi che nessuno è andato abbastanza a fondo. Sono quelli i momenti in cui arrivano tante domande, alla fine. Ti chiedi come sia possibile che persone che conosci da anni e che vedi ogni giorno possano fermarsi ad una facciata che sembra il sole, quando hai tempeste dentro che distruggono ogni cosa. Ti chiedi se è giusto, se riuscirai ancora a fare finta di nulla, o se prima o poi guarderai oltre e cercherai qualcuno che riesca a cogliere ogni gesto, ogni smorfia, ogni lampo nei tuoi occhi. Sono quelli i momenti in cui decidi se fuggire o restare, se dormire e andare avanti oppure restare sveglio e affrontare tutto. E questa sera vorrei scappare, ma sono scappata così tanto che ho perso la strada, che non mi riesco più a trovare, e l'unico modo per capire dove sono e mandare via chi non ha capito, chi da anni non osserva, non guarda, non capisce. Perciò resto sveglia, affronto, perché i sorrisi di facciata mi hanno stancata, voglio tornare a sorridere in maniera autentica, leggera.
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elabrazodelaserpiente · 6 years ago
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Metto il body nuovo e mi guardo allo specchio. Non me ne sono accorta ma ho un livido sul petto, ha una forma strana, allungata. Mi chiedo se sia stato il rugbista ieri notte visto che non sa dosare la forza, ma no. Ho il flash del tuo visto sconvolto e i tuoi occhi fuori dalle orbite mentre mi tieni per il collo del vestito attaccata al muro e l'altro cerca di liberare la presa. Penso alla fine che ho fatto. Un loop di una vita, "prima mi picchia poi si tranquillizza", lo dicevo a 8 anni. Perché nessuno voleva giocare con lui.
Si, la verità è che ti ho provocato. Volevo avere una reazione ma non volevo essere presente a quella reazione. Ti ho guardato con sguardo di sfida e ti ho detto no. Non sono più tua. Non faccio più quello che vuoi. Non ti accontento solo per averti con me. Io lo so che volevi solo dimenticare quello che è stato e quello che mi hai fatto, ma mi hai vista lì e non hai potuto. Solo per questo mi vuoi indietro. Così come so che tornerai e continuerai a tornare. Tu puoi abbandonare ma non accetti che gli altri ti abbandonino. Come un bambino che non vuole più giocare col suo giocattolo ma nessuno glielo può buttare. Lo sai che stavo chiudendo e ti sei opposto con la forza.
Un giorno mi hai detto che eri convinto di poter essere una persona normale, fare cose normali. Poi hai capito che non ce la facevi. Io rappresento questo per te. Una vita normale. Amore, famiglia, obblighi. Una vita per obiettivi. Non è che non vuoi, non ce la fai. Per questo sei andato esattamente dove sapevi che non ti veniva richiesto.
Quando mi dici che sono ancora la tua Odo Yewu io lo so che è vero. Ma è più facile amare chi non pretende nulla da noi. Chi non chiede niente. Chi non ha apparentemente bisogno di niente se non di un fantoccio per poter dire di non essere da sola.
Ho fatto la fine di tante donne e dentro di me un po' lo sapevo. Che vado dove mi fanno del male. L'ho imparato a 16 anni quando ho subito il mio primo abuso e non sono riuscita a farmi toccare da nessuno per anni. L'ho imparato in quel momento che l'amore mi avrebbe fatto brutti scherzi.
Non meriti di essere amata.
È la voce che ho nella testa da sempre. È una storia vecchia come il mondo, che subiamo cercando amore e riceviamo maltrattamenti confondendoli per amore. La mia testa lo sa, il mio cuore ancora non l'ha capito.
Mi hai mentito di nuovo, dicendomi che non sei con lei e invece lo so che è così. E lo so che pensi a me quando sei con lei, dopo il sogno che hai fatto. Così come so che pensavi a lei quando eri con me, e sei in una vita con un loop senza fine.
Mi auguro di essere libera così come auguro a te di esserlo. Non mi interessa con chi, ma vorrei tu fossi libero di scegliere davvero chi ami, ma so che non ne sei in grado.
Si, è vero, dovrei odiarti. No, non lo farò. Non sono fatta così, purtroppo. Se riuscissi ad odiarti sarebbe come averti ucciso davvero dentro di me e invece io non uccido nessuno mai davvero. Ti amo anche se mi odi. Ti amo anche se mi menti, mi tradisci, mi picchi. Ti amo così tanto che spero che un giorno tu possa trovare la tua strada, ripulirti, essere libero, essere te stesso e non in balia di tutto il resto.
Forse sono stupida, forse sono malata, ho sicuramente qualcosa che non va, ma continuo a pensare che la mia capacità di amare sopra ogni cosa sia sempre la mia forza.
#R.
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heresiae · 5 years ago
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Storia di una regolare idiozia lavorativa
backstory time!!
abbiamo un cliente molto importante non sveglissimo con la tecnologia, che purtroppo pretende che ogni singola pagina del sito venga disegnata (sigh). naturalmente la colpa non è solo del loro gap culturale, ma anche dei nostri account che, invece di dirgli “a signò, è solo un mock up, non il sito vero e proprio, state bboni e scrivete”, dicono a me “oh, disegna” (inserite numero infinito di bestemmie dopo ogni richiesta).
ieri ho giusto disegnato la pagina per l’attività Pincopallo, aggiornato un’intera sezione con tutte le voci di menu che sono cambiate negli ultimi tre mesi (perché è assolutamente importante che il disegno sia completamente allineato a quello che sarà poi il sito che andrà online tra due mesi... sigh), inviato i link a tutti.
fine back story!!
oggi arriva la solita email di AccountStronza. dico solita perché i 2/3 delle sue mail sono “per favore mi aiutate a rispondere a Tizio/Caio/Sempronio?” su cose che dovrebbe ovviamente sapere lei (nel caso non lo sapeste, l’account di un progetto dovrebbe sapere TUTTO del progetto, non usare le persone che ci lavorano come il suo personale repository di conoscenza ogni 5 minuti).
leggo la mail. la cliente è perplessa perché non capisce il motivo per cui le è arrivato il design della sezione Pincopallo. nulla di strano nella sua confusione, soprattutto perché il thread della mail era tutto incentrato sulla sezione Mazzolandia.
mi partono in automatico tre facepalm, otto bestemmie e uno scazzo potentissimo. incapace di trovare parole per non bestemmiarle male addosso, scrivo a PMWallFlower (che però è simpatico, quindi glie lo si perdona) chiedendogli “oh, perché le hanno mandato Pincopallo mentre parlavano di Mazzolandia??”. PMWallFlower riesce a metterle la questione in politichese e io posso tornare alla mia attività di quality checking, non prima di aver divertito MiglioreAmica con l’aneddoto.
e niente, se avete trick per sopprimere istinti omicidi verso la pigrizia mentale dei colleghi, condivideteli, perché prima o poi il Motivatore™ lo userò per davvero e non solo per scherzo.
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olstansoul · 4 years ago
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Sacrifice, Chapter 18
PAIRING: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Mancavano esattamente due ore al fischio di inizio e, come ogni ragazza che si rispetti, Wanda non aveva ancora trovato qualcosa da mettersi per questa sera. Sembrava banale, certo come lo è stato la prima volta. Ma credeva, chissà per quale assurdo motivo, che stavolta sarebbe andato diversamente.
Perché? Non lo sapeva neanche lei...
"Non ho niente da mettermi!"disse lei a voce alta attirando l'attenzione di sua mamma che era al piano di sotto.
Presa dall'esasperazione rimise a posto tutti i vestiti che aveva cacciato, ma senza metterli sulle grucce e piegarli. Pensava veramente che sua mamma aveva ragione, cosa sarebbe successo se magari avrebbe avuto un'appuntamento?
Beh, la soluzione era parecchio facile...non avrebbe mai avuto un'appuntamento.
"Ehi, cosa succede?"chiese sua mamma che era appena entrata in camera sua.
"Ciao mamma! Succede che non ho nulla da mettermi per una partita di basket. Penso che avevi ragione quando hai detto che probabilmente farò di peggio quando avrò un primo appuntamento...sempre se lo avrò"
"Ehi, ehi tranquilla! È solo una partita da basket e poi per il primo appuntamento è ancora presto..."
"Decisamente presto"
"Bene, allora vediamo un po'..."disse sua madre avvicinandosi all'armadio.
"Mamma, è inutile che cerchi di trovare qualcosa di decente, mi troverò una scusa e dirò a James che non andrò"
"Ma come non ci andrai! Hai davvero tanta roba carina"
"Perché quella roba non va bene per una partita da basket"
"Sei per caso diventata una cheerleader come Sharon Carter?"
Appena disse quel nome, la faccia di Wanda cambiò espressione e da che era preoccupata per non aver trovato ancora l'outfit giusto per quella serata, cambiò in una di disapprovazione.
"Davvero?"
"Okay, stavo scherzando! Ma credo veramente che dovresti andare, insomma sarà un sabato sera diverso rispetto a tutti gli altri che passi qui in camera"
"Bene, se credi che sia cosi allora cercami tu qualcosa che vada bene questa sera..."
"Oh, guarda non avevo nulla da fare!"disse sua mamma e iniziò a cercare qualcosa che sua figlia potesse indossare.
"Allora...vediamo un po'..."
Nel mentre che sua madre aveva la testa completamente infilata nell'armadio, lei prese il suo cellulare vedendo se c'erano alcuni messaggi e trovò due da parte di Natasha.
Natty🍒
Allora? Hai deciso cosa metterti questa sera?
Wan🌸
Non ancora...sono talmente presa dall'esaurimento che è venuta mia madre dal piano di sotto.
Natty🍒
Davvero?😂😂
Spero per te che troverai qualcosa...
"Ho trovato!"disse a voce alta sua madre e Wanda saltò per lo spavento.
"Mamma!"
"Oh, scusa...ma credo che ho appena trovato qualcosa che vada bene per te"
Wan🌸
Okay, non so se avere paura di te o meno ma appena hai detto questo lei ha trovato qualcosa. Prevedi il futuro? 😂
"E cosa sarebbe?"
"Questo"
Sua madre prese da terra un vestito a giromaniche con fantasie bianche e nere con delle calze che le arrivano al ginocchio e degli stivaletti con tacco, non troppo alto, anch'essi neri.
Natty🍒
Purtroppo non ancora, ma buon per te 😂
Ci vediamo dopo 😘
"Non credi che con quelli possa cadere?"
"Non sono troppi alti e inoltre sono stanca di vederti sempre indossare quegli anfibi e poi stanno perfettamente con l'outfit"
"E se ho freddo alle spalle?"
"Mh aspetta, l'ho vista da qualche parte..oh eccola!"
Con i suoi occhi scrutava per bene quello che sua madre aveva scelto per lei, e poteva considerarsi perfetto. Non troppo eccessivo come lei odiava ma neanche troppo impegnativo, insomma era solo una partita di basket e non una cerimonia.
"È perfetto"
"Hai visto? Tua madre ha sempre la soluzione perfetta per tutti i tuoi problemi..."
"Lo so mamma...credo che dovresti tornare al piano di sotto, sento puzza di bruciato"
"Oddio! Il pollo nel forno!"disse sua madre in preda al panico e facendo cadere i vestiti per terra.
Wanda rise e appena sua madre chiuse la porta recuperò i vestiti da terra e mise a posto quelli che aveva lanciato per tutta la stanza.
"Prova anche a truccarti, sarai più presentabile"disse sua madre scendendo le scale e lei la sentì da dentro camera sua.
"Grazie mamma"disse lei e appena finì di mettere tutto a posto iniziò a prepararsi.
Negli spogliatoi della scuola...
"Non pensare a come è finita due settimane fa, puoi sempre rifarti questa sera"
"Si, lo so Steve è che ho proprio la testa da un'altra parte..."
"Sarebbe?"
"Alla sua compagna di classe di fisica, Wanda Maximoff...Steve, mi meraviglio che non l'hai presente"
"Shh...sta zitto, non urlare il suo nome così!"
"Perché? Andiamo che ieri ti saranno serviti almeno trenta pacchetti di fazzoletti per poter asciugare..."
"Okay, okay...diciamo che è stato molto concentrato a guardarla durante la sua esposizione di fisica ma perché evitare addirittura di dire il suo nome?"
"Sharon ce l'ha ancora con lei..."
"Ma basta! Andiamo ma quella bionda non ha altro da fare se non romperti le palle?"chiese Sam mettendosi le scarpe.
"Beh, non so se lo sai ma ha smesso...si è fidanzata con Rumlow e mio padre ancora insiste sul fatto che debba stare con lei per un fottuto posto di lavoro nell'azienda di suo padre"
"Non hai provato a parlargli?"chiese invece Steve.
"L'ultima volta che l'ho fatto ha osato prendersela con lei"
"Con chi?"chiesero insieme sia Steve che Sam.
"Wanda"
"Oh...e come mai?"
"Le sue solite considerazioni futili, dice che con me non starebbe bene e che non vuole sentire ragioni. Dovrò stare solo con Sharon per ottenere quel posto nell'azienda così lui ne potrà trarre frutti"
"Molto profondo il vostro amore..."disse Sam.
"E con Wanda come è andata a finire?"chiese Steve.
"Prima se l'è presa ma dopo che l'ho rincorsa e le ho parlato si è ricreduta, pensava fossi come mio padre e l'ho accompagnata a casa"
"Vive di pregiudizi la ragazza?"chiese Steve mentre Sam stava sistemando il suo borsone nell'armadietto.
"Abbastanza credo, ma le ho fatto capire che con me non sarà così"
"E poi dici che non ne sei innamorato!"
"Sam, inizia a conoscere una ragazza anche tu e poi ne riparliamo"
Fuori scuola intanto...
Non aveva mai visto cosi tanta gente entrare  in quella scuola, giustamente erano il doppio delle persone che di solito entravano lì.
Tutti con le proprie famiglie e con scorte di cibo infinite, era ovvio che per godersi lo spettacolo non bisognava farlo a stomaco vuoto. Controllò il suo cellulare e vide che mancavano quasi dieci minuti prima di entrare e lei stava aspettando Natasha completamente da sola.
"Che ci fai qui tutta sola?"chiese una voce alle sue spalle.
Si fermò sul posto, non sapeva di chi si trattava e provò a mantenere la calma prima di andare nel panico.
"Oh, sto aspettando Natasha. Tu dovresti essere Brock giusto?"
"In carne ed ossa. Aspetti Natasha, mh? Che ne dici di aspettarla dentro, posso farti compagnia io..."
"Veramente ci siamo date appuntamento qui fuori e non vorrei farle credere che io non sia più venuta..."
"Oh, andiamo non è un reato aspettarla dentro...con me"
"Tranquillo non..."
"Sta lontano da lei Rumlow"
Wanda si girò di scatto e vide la faccia infuriata di Natasha, rivolta completamente verso il bruno di fronte a lei.
"Angelo custode in arrivo?"
"Forse il tuo peggior incubo"disse lei camminando velocemente verso Wanda e prendendola poi sottobraccio.
"Come mai stavolta non ti sei presentata con minigonna e calze a reti, è stato il tuo amichetto Steve a convertirti?"
"Forse è la tua ragazza a presentarsi così e tu continua pure a scopartela"
Wanda non rimase per niente scioccata, sapeva perfettamente che fra James, i suoi amici e Brock non scorreva buon sangue ma finì di pensarlo quando finalmente entrò nella scuola per poter entrare nella palestra.
"Sei davvero carina questa sera"disse la bionda vedendo per la prima volta, da quando era arrivata, cosa Wanda aveva indossato.
"Grazie..."
"Accelleriamo il passo, fra dieci minuti dovrebbero iniziare"
Una volta entrate nella palestra, salirono le scale per potersi sedere sulle sedie messe sugli spalti.
"Dovrebbero uscire da lì..."disse Natasha indicando una porta che dava su una discesa, che portava agli spogliatoi dei ragazzi.
"Bene, quanto manca ancora?"
"Credo cinque minuti..."disse lei con un leggero entusiasmo.
"Sembri su di giri, va tutto bene?"
"Si...cioè, in realtà no. Sono solo felice di stare qui con te in questo momento"disse lei abbracciandola di sprovvista.
"Oh...beh, potrebbe essere la mia stessa reazione"
"Non sei felice di essere qui?"
"Oh no, no certo che lo sono..."
"Perfetto..."disse lei con lo stesso entusiasmo di prima e abbracciando di nuovo Wanda.
"...oh, guarda eccoli!"continuò Natasha indicando il gruppo dei ragazzi che iniziava ad uscire.
Uscirono prima due ragazzi, entrambi con i capelli lunghi ma uno con i capelli neri e l'altro biondi. Poi Sam insieme a Steve che salutò Natasha e infine James.
"Oddio mi ha salutata, non credevo che lo facesse!"disse Natasha in preda al panico.
"È solo un saluto da parte di Steve, se reagisci così mi fa dedurre che ci sia qualcosa fra voi due oppure che ti piaccia"
"Non è nessuna delle due cose...e poi pensa a te, James continua a cercarti"
Wanda non era per niente convinta delle parole di Natasha, fin quando smise di guardarla e si girò verso il campo notando solo ora James che la guardava sorridendo. Un sorriso così bello e luminoso che avrebbe ricordato per tutta la vita, se ne avrebbe avuto l'occasione e quello che temeva di più non l'avrebbe portata via prima per sempre.
Ebbe solo il coraggio di alzare la mano in segno di saluto e per il resto della serata non smise di guardarlo. Ci si poteva mai innamorare se c'era un grande problema, come quello di Wanda, per mezzo?
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ventodoro12 · 5 years ago
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ITA - Giorno Giovanna x Reader
Varcai con il solito fare annoiato l'ingresso del ristorante e fortunatamente Antonio, il titolare, non fece caso a me e al mio solito ritardo. Andai subito nello spogliatoio per indossare la divisa e venni raggiunta dalla mia collega Elena che, al contrario mio, alle dieci di mattina riusciva ad essere allegra come non mai.
"Buongiorno, T/N! Come andiamo oggi?" domandò armandosi dello spruzzino di disinfettante pronta ad iniziare le pulizie.
"Stanca. Come al solito, insomma." risposi sbadigliando.
"Ahah!" rise. "Oggi Antonio mi ha detto che avremo un ospite speciale! Sono super curiosa!"
"E chi sarebbe?"
"Non ne ho idea! Ma dice che è una persona molto stimata da queste parti!"
"Fantastico...Cercherò di evitare di fare figuracce oggi." sbuffai finendo di abbottonarmi la camicia.
"Sarai fantastica come sempre! Non preoccuparti!" concluse la ragazza uscendo dallo spogliatoio.
Sospirai per l'ennesima volta di quella mattina, mi legai i capelli e dopo essermi data un ultima occhiata allo specchio uscii dallo spogliatoio.
Il servizio iniziò nel più normale dei modi. Parecchi lavoratori in pausa pranzo frequentavano quel ristorante ma noi ragazze dello staff eravamo più che abituate e riuscivamo a rispondere con ironia alle loro battute poco piacevoli. Passarono le ore senza che ce ne accorgessimo correndo per la sala e destreggiandoci tra i piatti sporchi e la cucina sotto l'occhio vigile del titolare che, come suo solito, non aveva intenzione di spostarsi dalla cassa per darci una mano nemmeno nei momenti critici.
Quando i primi commensali arrivati si alzarono per andarsene la sala iniziò a svuotarsi, così presi lo spruzzino e la pezza per andare a pulire i tavoli dopo che la mia collega li aveva prontamente sparecchiati.
Iniziai a lavare la superficie di due tavoli uniti vicino all'ingresso del ristorante quando udii il suono della campanella che annunciava l'ingresso di altri clienti e sospirai osservando l'orologio. Io volevo solo andarmene a casa.
"Oh salve, signor Giorno!" sentii parlare il titolare. "E benvenuto! Ho tenuto la sala libera tutta per lei."
"Mi chiami solo Giorno, la prego. Non c'era bisogno di tenere occupata la sala, mi dispiace se vi ho causato disagio." fu la pronta risposta del nuovo arrivato.
"Affatto, affatto!" rise Antonio.
Ero intenta a strofinare una macchia di qualcosa di indefinito collocata esattamente tra i due tavoli che si ostinava a non andare via quando lentamente voltai lo sguardo verso l'ingresso presa dalla curiosità; non avevo mai sentito quel nome nell'elenco dei clienti abituali e probabilmente era proprio lui l'ospite importante di quella giornata.
Mi aspettavo un uomo sulla trentina tremendamente elegante e invece scoprì che si trattava di un ragazzo, probabilmente della mia stessa età con lunghi capelli biondi legati in una specie di treccia.
Bloccai ogni mio movimento quando lo vidi, rapita dall'incredibile bellezza che trasudava e più lo osservavo parlare con il titolare e più facevo caso ai suoi lineamenti assurdamente perfetti. Cosa ci faceva un ragazzo come lui in un ristorante per lavoratori in pausa? Non riuscivo a spiegarmelo. Persa come ero nei miei pensieri non mi accorsi che con la mano che ancora stringeva la pezza stavo facendo peso nello spazio tra i due tavoli e persi l'equilibrio quando si aprirono allontanandosi tra loro facendomi cadere a terra rovinosamente.
"T/N!" mi chiamò il titolare.
Io mi alzai di scatto forzandomi di ignorare il forte dolore al ginocchio che aveva toccato per primo a terra assorbendo tutta la caduta.
"S-SI!" sbottai completamente rossa in viso ed iniziando a mettere a posto i tavoli. "M-Mi scusi tanto! Metto tutto a posto!"
Lanciai un'occhiata veloce verso il ragazzo e vidi che era pronto a fare un passo verso di me probabilmente per aiutarmi, ma il titolare lo bloccò.
"Prego, prego! Mi segua!" disse trascinando il ragazzo verso la saletta.
Com'era prevedibile, anche durante quella giornata mi ero fatta la mia tipica dose di pessime figure e non riuscii a fare a meno di sbuffare contrariata da me stessa.
Ormai pochi commensali sedevano nella sala principale e, dopo aver sistemato i tavoli, andai a controllare se avessero bisogno di qualcosa.  Raccolsi i piatti sporchi e mentre mi dirigevo verso il lavapiatti venni bloccata da Antonio.
"Il signor Giorno lo servo io. Tu e la tua collega non osate entrare nella saletta." disse seccato per poi andarsene e tornare dal fantomatico ospite speciale con un finto sorriso sulle labbra.
Posai i piatti nel lavandino e tornai in sala quando venni bloccata nuovamente da Elena.
"Miseria, ma hai visto quanto è figo?!" sussurrò emozionata indicando la saletta.
"B-Beh..." biascicai sforzando un sorriso.
"Io purtroppo sono fidanzata, ma tu potresti farci un pensierino! Che ne dici?"
"EH?! Ma stai scherzando?" sbottai arrossendo completamente.
"Eddai! Io tengo impegnato Antonio con una qualche scusa e appena la cucina chiama tu porta al figone quello che ha ordinato!"
"N-Non so se..."
"Niente scuse!" disse spingendomi verso la sala per poi scendere le scale verso il magazzino. "Ci penso io!"
Sentivo che da lì a poco mi sarei esibita in un'altra discutibile figuraccia e sperai con tutto il cuore che Elena cambiasse idea o non riuscisse a trovare una buona motivazione per tenere lontano il titolare dalla sala.
Ripresi il mio lavoro come se nulla fosse e mentre gli ultimi commensali pagavano il conto, la mia collega si avvicinò al titolare sussurrandogli qualcosa all'orecchio.
"Di nuovo quei maledetti topi?!" sbottò a voce contenuta Antonio dopo che i clienti furono usciti.
"Credo sia un emergenza! Hanno anche rosicchiato i sacchi della pasta!" continuò Elena interpretando la sua parte.
"Dannazione..." grugnì il titolare lanciandomi un'occhiata torva per poi rivolgersi a me. "Non fare idiozie, chiaro?"
"C-Certo!" asserii come un perfetto soldatino.
Sia Elena che Antonio scesero nel magazzino lasciando il locale praticamente vuoto dove la musica di sottofondo ne faceva da padrona. Pochi secondi dopo udii il campanello della cucina suonare e una forte ansia da prestazione mi rapì dal profondo.
Mi mossi a passi svelti e raccolsi il piatto dal pass stupendomi di quello che aveva ordinato il commensale speciale: una normalissima pasta all'amatriciana.
Presi un profondo respiro prima di varcare la saletta in cui sedeva il ragazzo intento a sfogliare un giornale per ingannare l'attesa ed alzò lo sguardo quando mi sentì entrare. Posò il quotidiano e mi osservò con un leggero sorriso sulle labbra mentre posavo il piatto davanti a lui.
"H-Ha bisogno di qualcos'altro?" domandai intimorita dalla sua perfezione.
"Dammi del tu, ti prego. Tranquilla comunque, sono a posto così." disse.
"V-Va bene..."
Detto ciò, mi voltai per tornare verso la cucina ma con mia sorpresa venni chiamata dal ragazzo facendomi posare nuovamente gli occhi su di lui.
"Si?" domandai con un sorriso sperando che il rossore delle mie guance si fosse attenuato in un qualche modo.
"Ti fa ancora male il ginocchio?"
Se il mio viso aveva assunto un colorito normale negli ultimi secondi, in quell'istante sentii il sangue affluire nuovamente nelle mie guance come un fiume in piena.
"N-No!" risi imbarazzata. "V-Va tutto bene, ti ringrazio per l'interessamento!"
"Nessun problema. Fammi sapere se ti fa ancora male." sorrise impugnando la forchetta.
"Certo!"
Uscii dalla sala e avrei voluto prendermi a schiaffi da sola: non mi era mai successo nulla del genere. Non riuscivo a capire perchè quel ragazzo mi colpisse così nel profondo e mi infastidiva quella sensazione. Allo stesso tempo, non riuscivo a smettere di domandarmi perchè fosse considerato tanto speciale. Mi chiedevo cosa avrebbe potuto fare un ragazzo così giovane per essere talmente ben visto dalla società al punto di far comportare il mio titolare come se avesse a che fare con un personaggio famoso.
Mi incuriosiva parecchio e passai più volte davanti alla saletta buttando l'occhio sul suo piatto e soprattutto su di lui, non riuscivo a farne a meno.
Quando concluse il pasto mi avvicinai timidamente per prendere il piatto ed i suoi bellissimi occhi si incrociarono nuovamente con i miei.
"Ti porto qualcos'altro?" domandai ricordandomi la sua richiesta di dargli del 'tu'.
"Uhm..." sospirò pensieroso. "Due caffè, grazie."
"Intendi un caffè doppio?" chiesi togliendo anche il pane dal tavolo.
"No, no." sorrise mostrandomi il numero due con le dita di una mano. "Proprio due caffè."
"Va bene! Arrivo subito."
Dopo aver posato il piatto sporco mi diressi verso la macchina del caffè iniziando a preparare la sua ordinazione quando sentii dei passi alle mie spalle.
"Allora, allora?!" domandò euforica Elena.
"Direi tutto bene. Non gli sono ancora caduta addosso, quindi direi che è un buon inizio." sospirai posando le tazzine di caffè sui piattini ed in seguito sul vassoio.
"Uhm? Due caffè?" chiese la ragazza.
"Lo so, è strano."
"In effetti...Ah, Antonio sarà impegnato ancora per un pò, ho dovuto mettere a soqquadro il magazzino per tenerlo impegnato, ma se riuscirai ad ottenere almeno il suo numero ne sarà valsa la pena!"
"Mi dispiace Elena. Non succederà." conclusi avviandomi verso la saletta con il vassoio tra le mani.
"Ma come...?!" la sentì sbottare in lontananza ma cercai di non darci peso.
Entrai nella stanza e quando Giorno mi vide sorrise nuovamente procurandomi l'ennesima fitta al cuore. Posai i due caffè sul tavolo insieme alla zuccheriera, ma prima che potessi allontanarmi, il ragazzo attirò la mia attenzione.
"Ehm, Ehm." disse schiarendosi la voce e tamburellando più volte le dita sul ripiano del tavolo davanti alle tazzine. "Prego, si sieda con me."
"Eh?! S-Sta scherzando...? N-Non credo di poter..." cercai di parlare arrossendo violentemente.
"Insisto." sorrise alzandosi e spostando la sedia libera per invitarmi a sedere. "Ci penserò io a risolvere ogni tipo di problema che ne conseguirà."
Rimasi interdetta per quella proposta e nella mia mente si susseguirono svariate conseguenze a quella scelta e nessuna di esse aveva un risvolto positivo.
"La prego." insistette con un leggero inchino.
Deglutii a vuoto e, come se le mie gambe fossero controllate da qualcun'altro, presi posto al tavolo davanti al ragazzo che si sedette nuovamente mostrandomi l'ennesimo sorriso ed incrociando le dita sotto al mento.
"Posso sapere il tuo nome?" domandò.
"T-T/N..."
"Bellissimo nome." disse facendomi un veloce occhiolino. "Quanto zucchero metti nel caffè, T/N?"
"D-Due bustine."
"Ahah, sei da cose dolci eh?" disse prendendo due bustine dalla zuccheriera e versandomele nel caffè.
Ero convinta di essere sul punto di morire dall'assurdità di quella scena troppo bella per essere vera. Non riuscivo a parlare nè tanto meno avevo idea di quanto avrei potuto spingermi in quella conversazione surreale. Cercai di rimanere calma e, dopo aver girato il caffè un paio di volte, mi portai la tazzina alle labbra tentando di convincermi che andasse tutto bene. Anche i nostri abiti, come tutta la situazione d'altronde, cozzavano sonoramente: io in una semplice divisa ormai sporca dal lungo servizio e lui splendido nel suo completo su misura.
"Ti metto a disagio?" domandò sorseggiando il caffè.
"N-No, è che...E' molto strano, tutto qui." risi imbarazzata. "Insomma, non mi succede spesso che un cliente mi inviti a bere un caffè durante il servizio nel ristorante in cui lavoro."
"Lo capisco e ti chiedo scusa per questo. Non volevo mancare di rispetto a te o ai tuoi impegni lavorativi."
"A-Affatto, anzi! M-Mi fa piacere..."
"Sul serio?" domandò alzando un sopracciglio e lanciandomi uno sguardo profondo come non ne avevo mai visti.
"S-Si..."
Il mio cuore era ormai sul punto di esplodere e non riuscivo a sbloccare la mia mente. Non avevo mai parlato così poco in una conversazione e mi stupii di me stessa, neanche mi riconoscevo. Il ragazzo parve accorgersi della mia insicurezza e si guardò intorno studiando l'ambiente.
"Le propongo un gioco." disse Giorno indicando la saliera. "Se le dicessi che posso trasformarla in qualunque cosa che lei desidera, ci crederebbe?"
Rimasi stranita da quella domanda e feci scorrere gli occhi più volte tra lui e la saliera che aveva appena preso tra le dita.
"Sei...Sei un prestigiatore o qualcosa di simile?" domandai con tutta l'ingenuità possibile.
Il ragazzo si lasciò sfuggire una lieve risata per poi posare gli occhi su di me continuando però a deliziarmi con quel suo angelico sorriso.
"Mi sfidi." disse. "Mi dica qualunque cosa di vivo le venga in mente ed io la farò apparire. Le chiedo però di non esagerare, quindi non mi chieda animali particolarmente grossi o alberi."
"Di vivo?" chiesi stranita dalla sua specificazione.
"Esattamente. E aggiungerei una piccola scommessa se a lei va bene."
"C-Cioè?"
"Se riuscirò a soddisfare la sua richiesta accetterà di uscire cena con me questa sera." annunciò con un lieve sorriso.
Il mio cuore mancò un battito.
Avrei accettato all'istante con o senza scommessa se non ci fosse stato il rischio di apparire strana o peggio, quindi rimasi interdetta ed immobile ad osservarlo.
"Sto scherzando, T/N." disse Giorno risvegliandomi dalla mia trance. "Non otterrò un appuntamento con te in questo modo, non credo sia corretto. Quindi nessuna scommessa, sfidami e basta."
In parte ne rimasi delusa, ma mi resi conto che in fondo era stato onesto da parte sua. Dire certe cose ad una sconosciuta sarebbe potuto apparire da malati.
"Qualunque cosa?" domandai.
"Qualunque cosa che abbia delle dimensioni ragionevoli." precisò Giorno accarezzando la saliera con un dito mentre era impegnato ad osservarmi.
Ci pensai su parecchio. Se dovevo metterlo in difficoltà doveva essere un qualcosa di particolare, non reperibile in una città tanto meno in un ristorante. Nel frattempo i suoi occhi non mi abbandonarono un istante studiando ogni angolo del mio viso come se fossi un'opera da contemplare, nessuno mi aveva mai guardato in quel modo.
"Ce l'ho." annunciai certa che non sarebbe riuscito a soddisfare la mia richiesta. "Un gerboa del deserto."
Il ragazzo sorrise nascondendo la saliera tra le mani.
"Oh, il topo delle piramidi. Che scelta singolare." disse riaprendo le mani poco dopo non accennando a spegnere quel suo dannato e bellissimo sorriso.
Rimasi di sasso. Tra le sue dita si trovava davvero un gerboa intento a sonnecchiare tranquillo come cullato dal calore delle sue mani. Scattai in piedi incredula e, non distogliendo gli occhi dall'animale, mi posizionai di fianco a Giorno. Quel topo sembrava tremendamente vero.
Nel frattempo lo sguardo del ragazzo si posò su di me mentre sorrideva soddisfatto della sua impresa.
"Sono animali prevalentemente notturni. E' normale che a quest'ora preferisca dormire." spiegò.
"C-Come hai fatto?" chiesi allibita. "C-Come facevi a sapere che..."
"Un prestigiatore non svela mai i suoi segreti."
Mi fece nuovamente l'occhiolino ed i miei occhi si incrociarono ai suoi dandomi modo di osservarlo ancora meglio da quella distanza ravvicinata. Ci guardammo per infiniti secondi e mi accorsi definitivamente di quanto quel ragazzo rasentasse davvero la perfezione.
"T/N, vieni qui per favore." mi chiamò il titolare con aria furiosa comparendo all'ingresso della sala.
"I-Io..."  tentai di giustificarmi voltandomi verso di lui.
"E' colpa mia." disse Giorno alzandosi. "T/N ha svolto egregiamente il suo lavoro, non se la prenda con lei."
Antonio rimase interdetto e si portò una mano alla nuca mostrando imbarazzo mentre il ragazzo mi superò muovendosi verso l'uscita.
"C-Certo, certo signor Giorno. Non era per quello che..."
"Era tutto buonissimo." disse il ragazzo posandogli una mano sulla spalla per poi lanciarmi un'occhiata complice. "Soprattutto il caffè, a dir poco perfetto. Ne è valsa la pena di venire fino a qui per il meraviglioso servizio."
Giorno sparì oltre la porta seguito dal titolare che continuava a cercare di scusarsi per il suo atteggiamento ed io li seguii con il desiderio di salutare quel ragazzo così particolare che insistette per pagare il pranzo nonostante Antonio avesse tutte le intenzioni di offrirglielo.
Infine il ragazzo uscì dalla porta a vetro e lo vidi passare davanti ad uno dei finestroni. Solo allora si voltò vedendomi nascosta dietro all'angolo della cassa e, dopo avermi mostrato un altro sorriso, mi salutò con un lieve gesto della mano prima di andarsene definitivamente.
Mi sembrava di aver appena preso parte ad un sogno, ad un qualcosa di talmente assurdo che era impossibile qualificare come reale. In cuor mio speravo che l'avrei rivisto prima o poi, ma mi sarei anche stupita del contrario; sembravamo appartenere a due mondi diversi.
Sospirai provando uno strano tipo di malinconia, come se sentissi la mancanza di qualcosa che non era mai accaduto e tornai nella saletta a testa bassa per sparecchiare il tavolo di Giorno, l'ultimo della giornata.
Appena mi avvicinai notai qualcosa che prima non c'era. Sul tavolo, poggiata tra le due tazzine di caffè ormai vuote, si trovava una rosa bianca. Nel locale non avevamo mai avuto fiori del genere e la presi in mano osservandola con attenzione. Poco dopo notai che su alcuni petali spiccavano delle piccole righe scure che più studiavo e più avevano un senso, scoprendo infine che si trattavano di piccole parole incise.
Quando riuscii a comprenderne il senso mi ritrovai a sorridere come una ragazzina alle prese con la sua prima cotta e sentii il cuore stringersi in una piacevole stretta.
Era segnato il nome di un ristorante con indicata un'ora precisa, probabilmente riferita alla sera stessa come aveva annunciato nella sua finta scommessa. Mi domandai come avesse fatto a scrivere in maniera così precisa sui petali di una rosa ma mi limitai alla convinzione che quel ragazzo era davvero pieno di sorprese.
Trovai incredibile come in poche ore fossero successe delle cose così assurde, ma non riuscii a smettere di sorridere all'idea che la sera stessa avrei potuto rivedere quel ragazzo tanto bello quanto affascinante sorridermi davanti agli occhi.
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ministrello · 6 years ago
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Dopo quattro ore, due birre e una crisi di stress somatizzata davvero male e annegata nella nicotina mentre temevo mi scoppiasse il cuore mi sento di dire che dopotutto sono davvero contento di avere dalla mia parte amici che tengono a me davvero, sempre pronti ad ascoltare e a starmi accanto quando serve. So di aver sempre agito a cuore aperto e mai nel tentativo di farle del male. Nonostante la rabbia, i litigi, i pianti e le umiliazioni sono sempre riuscito a tenere fisso dentro di me il pensiero di agire nel nome di un “Lei non deve stare male mai” a cui mai ho cessato di credere.  Purtroppo questo non è bastato e non basta, non posso fare tutto da solo ed è giusto così. Mi sono reso conto da tempo ormai che questo costante mettermi da parte mi ha lentamente logorato, mi sono perso e ci vorrà del tempo prima di tornare a brillare come qualche anno fa. Ultimamente mi sono anche reso conto però che la voglia di vivere in me non ha ancora cessato di ardere, che ho imparato a stare in piedi da solo e che sono ancora una persona splendida. Nonostante tutto non mi pento di nulla, per quanto male mi abbia fatto e per qualche ragione continui a farmene ho la coscienza pulita, so di aver amato e sono fiero di me stesso. Sto riscoprendo il lato di me che negli anni ho abbandonato, quello meno meschino e più vivo. Sensibile ma leggero e in grado di trovare la felicità in una canzone cantata a squarciagola alle quattro di notte con qualcuno. Ritrovo anche negli occhi degli altri, amici di una vita o nuove e splendide conoscenze, un apprezzamento sincero ed un senso di complicità che da troppo tempo non sentivo e che francamente mi mancava. Sto ricominciando a respirare. Detto questo, sembra che ormai lei sia felice e che non abbia più alcun bisogno di me. Mi sa che è ormai giunto il momento di voltare definitivamente pagina e, un po’ a malincuore devo ammetterlo, di dimenticare (per sempre o temporaneamente lo si scoprirà in itinere). Potessi scegliere, rifarei tutto alla stessa maniera.
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anybodybutlebron · 6 years ago
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Cari compagni proprietari, una nuova stagione si sta schiudendo avanti a noi, ma quale nuova annata sarebbe senza il power ranking di benvenuto? Si, certo, avete visto quello di Mario, avete sentito parlare di quello di Ale (mai pervenuto), ma siamo sinceri, è questo il solo e l’unico che attendevate con ansia, e quindi ecco la risposta ai vostri desideri più incofessati, che come la rete nella notte del draft arriva all’ultimo istante così da essere ancora più anelato.
1. TEAM GUARNERI: 2013, e ho detto tutto, è da 6 anni che Giuseppe non vince, ormai è l’unico campione a non essersi ripetuto, tanto che in molti si domandano se non sia stato più il caso che altro nella notte dei tempi a portarlo al trionfo. Quest’anno Giuseppe non si è presentato alla notte del draft (come successe nel 2013), si dice perché altrimenti avrebbe dovuto noleggiare un camion per trasportare tutto il materiale consultabile, e questo spiega anche perché si sia preso tutti i 120 secondi per ogni singola presa. Non ci sono punti deboli e la panchina è la più profonda, è l’anno del riscatto per il venerabile maestro?
2. FRANCOFORTE LINCI: Primo nel power ranking dell’anno scorso ed in quello di 3 anni fa, Daniele porta sempre a casa un draft solido, ma a fine anno i risultati non riflettono le aspettative; non fraintendete, siamo di fronte ad uno dei proprietari più competitivi: la seconda media vittoria più alta e due regular season vinte, ma solo un terzo posto come risultato migliore. CP3 a OKC e Beal a Washington predicano nel deserto ed in logica fantasy questo non è necessariamente un male.
3. CREMONA 3TITANS: Mario arriva da una stagione difficile: partito con un draft sospetto ha sistemato il roster con 37 mosse di mercato (record della stagione passata), giunto ai playoff (unico proprietario a non averli mai mancati) è uscito al primo turno in modo anacronistico. Nessuno più di lui è capace di rimestare nel torbido dei bassifondi per trovare le gemme nascoste e con il passaggio a 14 squadre questo talento diventa un super potere. Dalla sconfitta all’ultimo canestro contro Giacomo di 3 anni fa non si è ancora ripreso pienamente; quest’anno può contare su un gruppo di guardie con molti punti nella mani ma sembra un po’ leggerino sotto canestro.
4. BEOGRAD JUGOSLAVIA: L’annata del matrimonio è sempre difficile per tutti, è complesso coniugare bomboniere e palle rubate; il draft di quest’anno è molto più imponente con tanti ma tanti chili a rimbalzo e nonostante il peso ridotto delle stoppate i centimetri hanno storicamente innalzato le nostre franchigie alla meta dei playoff. Le spalle di PG13 sono la grande incognita mentre lo spogliatoio di Boston detossificato da Kyrie dovrebbe garantire a Kemba la solita stagione iperproduttiva.
5. DARK SIDE: Stefano agisce nell’ombra da tanti anni, ha visto i suoi sforzi sprecati dalle scelte scombinate del compagno di professione, ma ora è giunto il suo momento di brillare nella luce della ribalta. Ci piace il suo gruppo in cui in tanti sanno fare tanto, ed anche nelle notti in cui il tiro sarà un po’ fuori fase potranno contribuire nelle altre categorie. Certo Kanter non è detto che arrivi a fine stagione, Porter Jr non ne ha ancora iniziata una, e molti dovranno ambientarsi in nuove realtà ma le triple doppie di Westbrook sono come la morte e le tasse.
6. LAGUN ARO MARISCOS: Ale ha lottato per 4 anni per giungere ai playoff, poi si è ripetuto in back to back ma gli manca ancora quell’elusiva prima vittoria. De’Aaron in tutte le guide per il draft era il giocatore “da prendere” ma il suo compagno di backcourt Donovan Mitchell dopo aver spezzato il cuore del commissioner si è prodigato in un mondiale storicamente deludente. Anthony Davis ha dimostrato negli anni di valer per tre, quattro anche cinque giocatori ma poi non lo abbiamo visto in campo per lunghi mesi, lo scorso anno si è vigliaccamente riposato per cui parte fresco ma ormai sappiamo che la lebronite ha azzoppato le statistiche di innumerevoli compagni.
7. G FORCE: Dario è stato in fuga per tutta la prima parte del campionato, ha iniziato a gozzovigliare ed è arrivato bolso alla fine mancando clamorosamente la finale. Ci riprova quest’anno con tanti giocatori dal nome poco sexy ma molto abili a fare quello che devono fare. Drummond e Gobert metterebbero paura a chiunque, Rozier è chiamato ad onorare un contratto per molti insensato e LeVert deve provare ad una squadra praticamente nuova che l’infortunio è ormai cosa vecchia.
8. CREMONA BIG CREAMERS: Lore ha studiato per giorni e giorni prima del draft ed i risultati si vedono, Lamb è stata la sorpresa fantasy della scorsa stagione ed ha permesso a Giak di alzare la coppa, Lillard domina da anni la regular season e se non fosse al confino in terra di Portland non sarebbe costretto a vergognarsi di pubblicità discutibili ma sarebbe il volto della NBA e Draymond Green può finalmente smettere di essere la brutta copia del vaso di coccio Bosh schiacciato tra i vasi d’acciaio della Miami di Lebron e tornare a macinare triple doppie.
9. NORTH LONDON BULLS: Il draft di Maffo è ovviamente influenzato dall’entità dell’infortunio di Zion che fino ad ora si è dimostrato sospettosamente delicato nonostante la stazza ercolinea, purtroppo al fantasy non vanno bene campioni trattati con i guanti bianchi, servono onesti lavoratori che ogni sera timbrano il cartellino, detto questo il commissioner è segretamente innamorato di Zion per cui promuoviamo comunque la scelta purtroppo sfortunata (il record del commissioner non è particolarmente di buon auspicio). Tante novità impattano i giocatori di Maffo che potrebbe avere un inizio di stagione complicato: Conley deve abituarsi al deciso cambio d’aria dopo tanti anni di Memphis che nel frattempo ha accolto Valanciunas, Brook Lopez si è reinventato sharpshooter ed Ibaka deve scoprire la vita senza Kawhi ma crediamo che a regime il nostro rookie potrà togliersi molte soddisfazioni.
10. READY FOR GO HOME: Che anno sarebbe se il dottore non partisse fuori dalla zona playoff? Tanto lo sappiamo che come ogni volta assisteremo alla stessa trama: un inizio di campionato da incubo seguito dall’interminabile sequela di infortuni seguita da una sfilza di vittorie inspiegabili per poi terminare in una amara sconfitta nei playoff. Sempre la stessa solfa con in più l’aggravante dell’assenza dell’essenza segreta di questa franchigia che ora è diventato proprietario indipendente.
11. NEW YORK KNICKERBOCKER: Prima figlia, prima maratonina e soprattutto prima finale di fantasy basket. Solo un Giacomo con un squadra irreale ha fermato Andrea ad un passo dal triplete. Manca poco e scopriremo se l’effetto delle ceneri del vulcano islandese intossicherà anche il nostro campionato; RJ Barrett e Coby White sommati assieme non fanno l’età del proprietario ma saranno chiamati ad avere in mano le chiavi dell’attacco dei Knickerbocker della bassa. Ma più che l’inesperienza, sono i giorni di riposo che saranno concessi a Kawhi sulle spiagge californiane che pongono dubbi sulle possibilità di ripetere il successo nella postseason.
12. CHEZ CHAMOIS: “the pick heard around the world”: dopo un’annata che più anonima di così quasi non ci si accorgevamo che avesse partecipato, il commissioner ha deciso di farsi notare subito da tutti nel modo più eclatante possibile, senza badare agli effetti a lungo termine: per cui porte aperte alla gragnuola di triple by the bay e poi per non farci mancare nulla abbiamo deciso di andare in Africa ed ai Caraibi, se stessi preparando un piatto di cucina fusion potrebbe saltare fuori qualcosa di interessante peccato che si stia giocando a fantabasket e la pallacanestro sia stata inventata negli Stati Uniti...
13. DEPORTIVO LA CORUNA: L’altro Splash Brother ha condiviso gli onori della cronaca la notte del draft ma ha creato ancora più sgomento perché non vedremo Klay fino alla fine della regular season. Una terza scelta arruolabile sarebbe tornata decisamente utile a Ciccio per raggiungere finalmente i playoff al sesto tentativo ed evitare che i nuovi rookies gli possano bagnare il naso nella corsa alla terra promessa dei playoff. L’unicorno si presenta ai nastri di partenza in forma smagliante e Herro parte come favorito per il trono di Rookie of the Year ma non sono loro a preoccuparci quanto l’effetto LBJ che intristisce tutto ciò che tocca.
14. RASTA SUPERSONICS: Gli opposti si attraggono, gli estremi si toccano, l’eterna competizione tra discepolo e maestro si ripete con una nuova declinazione: Giacomo tenta di replicare la mossa del Barone, che l’anno dopo il trionfo si accaparrò la coppia di Philadelphia, per dimostragli di riuscire dove l’altro si è dimostrato mancante. Siamo troppo severi con il Campione? Se nessuno è mai riuscito a ripetersi ci sarà un perchè: Mario ci è andato vicino, Gasta sembrava destinato, sarà il giovane orobico a porre termine al sortilegio? Se l’abbiamo messo qua è perchè noi lo riteniamo tanto probabile quanto che Ben Simmons vinca la gara del tiro da 3.
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