#Poesia visionaria
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klimt7 · 10 months ago
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POETI
Raffaello Baldini ( 1924 - 2005 )
Le sue poesie sono vere e proprie narrazioni, immagini, in versi, spesso così taglienti da far male.
I personaggi sono coloro che non avrebbero mai voce, popolari, a volte fino al grottesco. Soli. Insoliti. Di una solitudine che si esprime in monologhi chiusi, di un’umanità spesso sghemba.
Frammenti di vite, ritratti in versi, spesso visionari, a volte struggenti.
Una su tutti, la mia preferita: in un dialetto che è il mio - il Romagnolo - (ma non è il mio, per una questione di suono, perchè ogni zona, in Romagna, ha pronunce e accenti diversi, oltre a differenti varianti della stessa parola) e che comprendo ma non saprei replicare con le stesse sonorità ma con le mie, [dialetto cesenate].
LA MAESTRA DI SANT'ERMETE
La mèstra ad Sant’Ermèid
dal vólti, e’ dopmezdè,
la s céud tla cambra e la zènd
una Giubek. La n fómma.
Stuglèda sòura e’ lèt
la guèrda ch’la s cunsómma.
U i pis l’udòur.
Dal vólti u i vén da pianz.
Traduzione:
La maestra di Sant’Ermete
delle volte, il pomeriggio,
si chiude in camera e accende
una Giubek. Non fuma.
Sdraiata sul letto
la guarda consumarsi.
Le piace l’odore.
Delle volte le viene da piangere.
(Raffaello Baldini, in La Nàiva Furistír Ciacri, Torino, Einaudi 2000, p. 14)
Quante volte ho immaginato quella sigaretta
Una sigaretta, come la solitudine, come la vita che consuma... che si consuma.
Amo questo tipo di poesia asciutta.
Che dice, che sa raccontare, che ti regala una storia a partire da una immagine.
A volte, con una sequenza di immagini che hanno la grazia dell’essenziale.
Come le fotografie.
Come una Mostra Fotografica.
Silenziosa sì,
ma che sa raccontare storie.
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molecoledigiorni · 2 months ago
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Non bisogna arrendersi, per continuare a vedere la luce anche dove non c'è.
Continuare a cercare la bellezza dietro le ombre.
Cogliere l'emozione dietro la freddezza apparente di chi ha solo paura.
La poesia è visionaria e testarda.
©b.b.s
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somehow---here · 2 years ago
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La poesia dev'essere visionaria o non è. La condizione visionaria della poesia talvolta è evidente ed esplicita, altre volte è nascosta, implicita, ma comunque non può mancare.
Álvaro Mutis
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silvershadoww · 6 months ago
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diciamo che epra sono punatata verso una visuale piu calma e 'minimalista? quasi infantile, ho uno stle molto vario che si espand in varie cose, non voglio limitarmi in qualcosa, ma voglio fare cose che siano piu spicifche , rappresnetativee d iconiche e che si focalizzino tute su un unica energia, se spendi le energie in troppe cose poi si disperdono, quindi io voglio spenderle su qualcosa di specifico ,la mia arte è molto visionaria ed ampia e voglio sia lasciare qualcosa nel fumetto, intso come illustrazione / disegno ma anke ualcos che abbia a che fare con la moda, le subculture undegound per intenderci, ma devo ancora trovare una chiave , un qualcosa di fisso in tutte le cose mutvoli che ci sono, non mi piaciono le cose eccssvamnete profonde psicologche cc eccc , io voglio rimanere sempre in qualcosa ke sia leggro spensieratoe soft funny un po come la mi infanzia, la chiave un po goth rimane sempre, ma anke quella street . sn tutte varianti ke hnno fatto parte di me . e anke la spititualità ke mi spinge a fare le cose, nn voglio perdere troppo tempo nell'analisi della mia perosna pk io sono smplicemente quetsa , mi sono gia analizzata abbastanza. nonotante io sia una erosna che tende ad isolatsi abstnza, ho bisogno di connessioni, i amiciize e cogloo oltivare queste . diciamo ke un po come tutti, ho il mio mondo introspettivo (che ono i disgenie l poesia, la scrittura , che sono come miei diari perosnali, esposyi alle persone . 9 e poi c'è la me sociale e sinceramnete io voglio splednere nn mi poace stare siolata u knowww .. in raltà in mezzo a utto questo caos sn una perosna abbastanza simpy che si accontenta delle cose semplici, mi basta un tramonto, il mare, stare on persone che mi vogliono ebne , having fun ,a pprezzare ed amare la vita momento per momento per quella che , vale sempre bene sognare in grande ma a volte si guatrd un po troppo lontano da dove si è . ho disprezzato tanto la mia sicily ma andarsene dalla sicilia è difficle, diventa la tua acsa il tuo mondo, è vero che l'isola ti risucchia, ma in ondo m pice , so che fuori c'è il mondo e c'è di piu, e pi persone interessanri , ma è bene anke costruire qui una rete di persone . dicevo questo. è ebne curare il perosnaggio, non posos negar, nikolebka è un perosnaggio, ma sono io, è la mia estenzione !! e curare un personaggio per farlo splendere, nn si puo negre, belelzza carattere perosnaltà e vai dove vuoi ... isolarsi nn fa bene , essere un perosnaggio misterioos è ok .. ma isolaris troppo mmmmhh..... najh! io voglio avere una bella rete di amiciize ! sono una perosna di cuuore, e voglio esser e amaa dalle perosne e mare ! creare dei blocchi e mettere l'ofio è solo un osa infantile, io voglio poratre l'ampre e la lice 11 voglio stare bene me e anche li altri . nel mondo c'è talmente sofferenza etalmnte falsità e ipocrisia , che e-è veramnete brutto... basta vedere cio che sta succedendo in palestina .. e noi siamo povelgiati che posismo almentarcie stare male per problemi futili .. io sono stata male molto spesso per i miei stessi porblemi mentali, per undo mi sono tarscurat , e tutta l'energia e la voglia dentro i me accumolata che doveva esplodere, ma guarre al passato con ebene e male non ha senso .. ogni periodo aveva le sua diverse sfaccettature, ma si va sempre vanti come sempre. anke guardare alle persone in quel modo è stupido. io non riesoc a farti stare male perchè se pensoa te che stai male sto male io . ma non posso iusare troppa della mia empatia ni tuoi confronti, posos solo perdonarti perhcè ti capisco. ma prenderoati . coem perodno me stessa. sono smepre stata io, ma a n preda alla confusione , alla trsitezza a pensieri ed emozioni difficili da gestire .. ma quetse espieinze ti sevono per espanderti ed essere di aiuto all'altro.. quando dico che voglio essere io l'opera d'arte intendo io, il mio aspettofuori edentro e la mi vita .. (poi i dipinti ecc sn solo le mie lttle visioni)nnn sono una punkabbestai. i dont even like smoking cannabis or getting drunk till bad . ma lo dico sempre, alla fine sono solo una little girl..
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levysoft · 8 months ago
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NASA’s Design for Message Heading to Jupiter’s Moon Europa
Tre, due, uno. Accensione del motore. C'è un'eredità delle sonde spaziali della NASA che trasportano messaggi ispiratori dalla Terra, risalente alla Placca Pioneer e al Disco d'Oro Voyager. Ora, Europa Clipper, una nuova missione da un mondo oceanico all'altro, continuerà questa tradizione. Poiché l'acqua collega il nostro pianeta e la luna di Giove Europa, tutta la vita come la conosciamo, e tutte le culture umane, una parte della sonda è stata incisa con disegni ispirati all'acqua e alle connessioni umane. Questa placca metallica fa parte di una struttura che proteggerà l'elettronica della sonda dalla minaccia delle radiazioni di Giove. Su un lato della placca c'è un disegno che chiamiamo "Parole d'Acqua". Queste linee ondulate rappresentano registrazioni della parola "acqua" in una collezione diversificata di lingue umane. L'altro lato della placca è un montaggio di elementi che completano il nostro messaggio in bottiglia. In cima c'è l'Equazione di Drake, un tributo all'idea visionaria che la probabilità di trovare vita nel cosmo è qualcosa che possiamo stimare. Successivamente, queste due linee rappresentano frequenze radio emesse nello spazio da molecole legate all'acqua, considerate un luogo ideale per cercare comunicazioni interstellari, come suggerito da alcuni ricercatori. Rappresentano la nostra capacità di usare il linguaggio della scienza per cercare segni di vita. Poi c'è un ritratto di uno dei fondatori della scienza planetaria, il Dott. Ron Greeley, i cui primi sforzi per sviluppare una missione Europa hanno gettato le basi per Europa Clipper. Al cuore di questo messaggio in bottiglia c'è una poesia scritta a mano dalla Poetessa Laureata degli Stati Uniti, Ada Limón. La poesia collega i due mondi d'acqua. La Terra, desiderosa di tendere la mano e capire cosa rende un mondo abitabile e Europa, in attesa con segreti ancora da esplorare. Infine, la bottiglia, orbitata dalle quattro maggiori lune di Giove, a cui sarà attaccato un microchip inciso con più di 2,6 milioni di nomi di coloro che hanno firmato nello spirito della poesia, mentre il nostro messaggio viene inviato nel suo viaggio verso Europa. Per quanto tecnicamente avanzata sia la sonda, ogni sua parte è stata realizzata da persone. E tutti i segni sulla placca sono o scritti a mano, disegnati a mano, o rappresentano voci e nomi umani. Perché l'esplorazione, "Decollo", è qualcosa che facciamo insieme, qualcosa che ci collega tutti mentre ci dirigiamo nel mare cosmico.
(via NASA’s Design for Message Heading to Jupiter’s Moon Europa - YouTube)
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claudiotrezzani · 9 months ago
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Modellare il movimento modellando il tempo.
In "Il gesto e il tempo" notavo come la sfocatura selettiva può reinterpretare il movimento, separandolo.
Roberto Besana invece modella il movimento con il tempo.
Acqua.
La percezione de visu è l'increspatura, quando scorre.
Ma l'increspatura può assumere la foggia di un bokeh andato a male.
Corrotto nel nervosismo di disordinate nervature, intendo.
Alternative?
Congelarla o modellarla, l'acqua.
La si congela quando la si rende serica con un prolungato tempo d'esposizione.
Ecco così - se il soggetto sono le rocce di un torrente, è questo il terreno d'elezione della summentovata prassi - che non vi è più bokeh andato a male, nel senso che il liquido elemento assume una neutra fluidità che corrisponde ad un plastico fuorifuoco attorno alla parte focheggiata e desiata.
No, con Roberto è l'acqua la protagonista.
La modella, l'acqua, Roberto.
Con il tempo, la modella, scrivevo.
Nè troppo corto nè troppo lungo, occorre effettuare prove.
Roberto canta poesia con visionaria perizia.
Ecco allora delinearsi dolci filamenti, emergere carezzevoli figure.
Sì, figure, oltre che forme.
Onirico lo scenario che Roberto ispiratamente modella.
Luogo dello spirito diviene, oltre che di evanescenti spiriti.
All rights reserved
Claudio Trezzani
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hermioneblk · 2 years ago
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La storia di Emily non è stravagante, da quello che sappiamo era una ragazza che scriveva poesie tranquillamente nella sua casa e forse è questo che ha spaventato i creatori ovvero l’eccessiva normalità perché sembra che ormai per catturare l’attenzione dell’audience bisogna presentare una certa quantità di stravaganza sporca e questa è la strada che si è presa cozzando enormemente con Emily. Così per cercare la stravaganza e il trash hanno costruito false storie su storie intorno agli altri personaggi della sua famiglia cambiandoli distorcendoli e facendoli diventare a volte patetici così che molto troppo tempo è stato dedicato agli altri Dickinson tanto che la serie poteva tranquillamente intitolarsi i Dickinson (The Dickinson) un po’ tipo i Simpson (The Simpsons) anche per il troppo voler divertire. Si è dispersa così la poesia, presentata in secondo piano e spesso dimenticata. Assurdo che Emily non era sempre presente in scena, si è inventato addirittura che era una specie di veggente confondendo il suo essere in realtà visionaria, banale la scelta di affibbiarle ridicole previsioni del futuro quando bastava dire che aveva delle visioni fantasiose che le permettevano di creare poesie interessanti. Altra spreco è stato distorcere indebolire e nascondere con altre futili storielle la grandissima storia d’amore tra Sue e Emily! Ma come la fiction che ormai correre dietro all’idea di inclusione e ha sempre la necessità di mostrarsi dalle larghe vedute mettendo a caso storie gay si ritrova tra le mani una delle più interessanti storie tra due donne e non la sviluppa per niente? Ne sono rimasta infastidita ma neanche troppo sorpresa, alla fine come dico sempre l’inclusione è solo un’utopia Un dovuto plauso però va fatto ai costumi e alla scenografia, impeccabili e curati segno che il potenziale c’era: invece di tentare di istruire gli ignoranti si è preferito far diventare ignoranti gli intellettuali per avere un omogeneo pubblico dalle basse pretese. 🍿 Dickinson (serie tv 📺) dal vostro inviato al Cinema Strop 🍿 Home 🏡 TV 📺 Miao 🐱 🐰 🌸 🐰 🌸 🐰 🐰 #photos ✨ #tv 🧸 🐰 #serie 🍿 #recensione #show #emily 🍿 #photography ☠️ #hermio 🍿 in #instagram (presso Falconara Marittima) https://www.instagram.com/p/Cmbn19XKNOE/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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jollijeff · 6 years ago
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nei meandri dei miei occhi
Palpebre colpiscono
Triangoli gialli,
oggetti,
immagini fluttuanti.
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fashionbooksmilano · 2 years ago
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Kerouac Beat Painting
 a cura di Sandrina Bandera, Alessandro Castiglioni ed Emma Zanella
Skira, Milano 2017, 176 pagine, 16,5 x 24 cm., ISBN  9788857237701
euro 18,00
email if you want to buy :[email protected]
Mostra Museo MA*GA, Gallarate 3 dicembre 2017-22 aprile 2018
Attraverso 80 opere, tra dipinti e disegni, la rassegna presenta un lato finora poco esplorato e inedito in Italia del padre della Beat Generation.Il percorso espositivo si arricchisce di fotografie di Robert Frank ed Ettore Sottsass, materiale documentario storico e un progetto di Peter Greenaway, oltre a un’intervista ad Arnaldo Pomodoro pubblicata in catalogo, che rievoca la sua esperienza alla Stanford University, in California, del 1966.
Attraverso un corpus di lavori inediti in Italia, il volume getta una luce del tutto nuova sull'attività pittorica e grafica di una delle icone letterarie del XX secolo, lo scrittore americano Jack Kerouac, padre della Beat Generation. Dal confronto tra produzione letteraria e artistica emerge il suo labirintico processo creativo che dalla percezione visionaria della realtà, espressa appunto attraverso il medium del disegno e della pittura, arriva alla scrittura, alla musica, alla poesia e al cinema. Per la produzione prettamente artistica, perseguita anche grazie a un vero percorso di "formazione", furono molto importanti non solo le sue relazioni con la tradizione della cultura visiva americana, con gli altri autori del movimento beat (da Alien Ginsberg a William S. Burroughs), ma anche con i maestri della pittura informale e della Scuola di New York che egli iniziò a frequentare dalla seconda metà degli anni cinquanta. La monografia si articola in differenti nuclei che intrecciano la vita e la poetica di Kerouac con l'eccezionalità delle opere presentate. Di particolare interesse sono poi i riferimenti dell'autore che spaziano da Proust a Breton, dai ritratti di personaggi famosi come Joan Crawford, Truman Capote, Dody Muller o il cardinal Montini, alle sue visioni costruite intorno a un sincretismo religioso sospeso tra buddhismo e cattolicesimo, dai riferimenti alla cultura beat, come Robert Frank e William S. Burroughs, fino a lambire l'espressionismo astratto.
10/10/22
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diceriadelluntore · 3 years ago
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Storia Di Musica #174 - Jeff Buckley, Grace, 1994
Per la leggenda basta a volte un unico, grande, disco. Questo sarà il filo rosso delle storie di musica del mese di Giugno. In inglese vengono chiamati “one wonder” e sono legati a momenti creativi particolari, ad esordi clamorosi, a dischi di fuoriusciti da band che non hanno più avuto seguito, per i motivi più vari. Quello che impedì a Jeff Buckley di continuare la sua carriera dopo la folgorazione dell’esordio fu un beffardo e tragico destino di morte: infatti stava lavorando al suo secondo quando, in circostanze romanzesche, annega durante una nuotata in un fiume, un affluente del fiume Mississippi, nel maggio del 1997. Aveva solo 31 anni, e il destino ha legato la sua morte giovane e tragica a quella del padre, Tim, morto a 28 anni. Buckley aveva un grande dono: era davvero innamorato della musica, in senso generale. Quando giovanissimo si trasferì a Los Angeles, affiancò al suo impiego come cameriere quello di chitarrista in un piccolo circuito di locali, dove alternava tutti i generi, dal rock al jazz, persino partiture da lui “tradotte” per la chitarra di grandi maestri di musica classica. Nel 1991 a New York, durante un concerto in memoria del padre, conosce e suona con un chitarrista, Gary Lucas, che diviene il suo braccio destro. Lucas lo accompagna nei locali di Manhattan, soprattutto il Sin-è, dove si esibisce per un anno ogni lunedi sera. Quei lunedi sono ricordati per performance incredibili, che spaziano dai blues di Robert Johnson alla musica pakistana di Nusrat Fateh Ali Khan, dal jazz di Ella Fitzgerald a incursioni punk dei Bad Brains, da Van Morrison, Dylan e Cohen ai cantautori francesi. Il tutto condito dalla sua voce incredibilmente versatile, che si adatta e forma tutte le canzoni in un modo pazzesco e inconfondibile (un piccolo assaggio si trova nell’EP Live At Sin-è del 1993). Si inizia a spargere la voce che a New York ci sia la nuova sensazione della musica americana, file di limousine con produttori e pezzi grossi delle case discografiche prenotano tavoli nel piccolo locale dell’East Village. Buckley firma un contratto per la Columbia per tre dischi, milionario. Prodotto con il fido Andy Wallace (il produttore del momento, che aveva messo le mani su Nervermind dei Nirvana) Grace esce nell’agosto del 1994, ed è uno dei più grandi album del decennio. Ricco di sfumature, psichedelica, richiami hard rock, tutti rielaborati dalla visionaria passione di Jeff, che ha una voce meravigliosa, angelica e drammatica, usata come uno strumento aggiunto. Aiutato in studio da una band stratosferica, tra cui si ricordano Karl Berger (agli archi), Mick Grøndahl (basso), Matt Johnson (batteria e percussioni) e i fidi Lucas (che sarà coautore di molti brani) e Michael Tighe, l’album si apre con il sussurro di Mojo Pin che poi diviene un urlo soffocato, un sogno mistico e bizzarro su una donna afroamericana, un brivido di una necessità, come lo stesso Buckley la ricorderà; Grace, canzone della vita, è magica, e fu scritta da Jeff dopo aver ascoltato un demo di Lucas pensando al momento in cui, in una “cinematografica” giornata di pioggia, dice alla sua fidanzata che la sta lasciando; The Last Goodbye, dal ritmo possente e dalle dinamiche più melodiche, rimane sullo stesso bordo di sofferenza, di nostalgia e di atmosfere dolorose. Lilac Wine è il momento visionario, omaggio alla amatissima Nina Simone che portò al successo il brano, di James Shelton, nel 1963. Lover You Should’ve Come Over è straziante e magnifica, dall’epica meravigliosa; Corpus Christi Carol è una poesia medioevale musicata, rarefatta e mistica, uno sprazzo di canto religioso in una cattedrale. Eternal Life, dal piglio deciso, è una delle prime composizioni in assoluto di Buckley e Lucas, una canzone sulla rabbia, “la vita è troppo breve e troppo complicata perché le persone dietro le scrivanie e le persone dietro le maschere rovinino la vita di altre persone, usino la forza contro la vita di altre persone, sulla base del loro reddito, del loro colore, della loro classe, delle loro credenze religiose, del loro qualunque cosa... (dall’introduzione del brano ne Live At Sin-è). Dream Brother è invece dedicata ad un cantante, Chris Dowd dei Fishbone, nella cui vicenda tribolata Jeff vedeva similitudini con quella del padre Tim. Ma l’apoteosi è la cover di Hallelujah di Leonard Cohen, spogliata dell’erotismo del canadese, e trasformata in una preghiera in musica indimenticabile: rimane una delle cover più straordinarie di tutti i tempi, ed è al primo posto nella mia personale classifica delle canzoni usate nelle funzioni ai Matrimoni ma che non c’entrano nulla. Nella versione anniversario del 2007 c’è un’altra perla, Forget Her, canzone dedicata da Jeff ad un amore giovanile, che per pudore non fu inserita nella prima versione del disco, preferita da So Real. Profetizza anche un annegamento. Disco eccezionale di un artista che avrebbe potuto dare tantissimo, amato sin da subito da giganti come Jimmy Page e Robert Plant (che furono uno dei pilastri ispiratori di Buckley), Bob Dylan, che lo indicò come uno dei più grandi artisti in circolazione, e che è ricordato alla perfezione da un altro suo illustre collega così: Jeff Buckley era una goccia pura in un oceano di rumore (Bono).
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bongianimuseum · 4 years ago
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RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Comunicato stampa
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RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI
“TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”
Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007
a cura di Sandro Bongiani
Preview:  4 dicembre 2020
dal  5 dicembre 2020  al 14 marzo 2021
L’evento partecipa alla giornata del contemporaneo
promossa da AMACI
Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani
#GiornataDelContemporaneo
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  S’inaugura sabato  5 dicembre 2020, alle ore 18.00, la mostra Retrospettiva “TEXTURES - Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, che cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.
Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  
A partire dagli anni 90, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete.
Sandro Bongiani nella presentazione in catalogo scrive: “Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione.
Libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.
Una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto”.    
 BIOGRAFIA
Mauro Molinari Nato a Roma, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle geometrie modulari del ventennio successivo. Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S. Giannattasio. Nel 1975 le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Dal 1974 all’81 partecipa alle rassegne internazionali sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla galleria Il Grifo di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma, pres. M. Lunetta e C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di Cleveland. Nel 1987 personale alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica alla rielaborazione pittorica dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la collana di Orditi & Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante promossa dalla Tessitura di Rovezzano e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998 personale allo Spazio de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al 2014 partecipa ai Rencontres Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna internazionale Miniartextil che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes sculture dipinte ispirate ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione del Giubileo. Nel 2001 personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di Como, pres. M. De Stasio. Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002 personale al Museo S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003 sala personale al Musèe de l’Impression sur Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como, pres. L. Caramel. Nel 2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di Montrouge, pres. L. Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala personale al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti di Roma, pres. C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale Internazionale di Tournai, e personale alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo pittorico dove è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo percorso creativo. Nel 2009 personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010 personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Dal 2011 al 2016 e 2019 partecipa al Festival del Libro d’Artista di Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2012 e 2015 Galleria Gallerati Roma primo e secondo progetto mixed media. Nel 2013 due personali alla galleria Baccina Techne di Roma, pres. G. Evangelista e personale allo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno, pres. G. Bonanno. Nel 2014 personale allo Spazio COMEL di Latina, pres. M. Cozzuto e a Roma presso il Municipio Roma III, Aula Consiliare, pres. G. Evangelista. Nel 2016 Dante e i Papi nella Divina Commedia Fondazione Pescabruzzo a cura di Giorgio Di Genova, donazione delle opere. Dal 2014 al 2019 Artisti per Nuvolari Casa Museo Sartori Castel d’Ario (MN). Nel 2017 Museo Jean Lurçat Angers Francia, donazione bozzetto originale. Personale Spazio Medina e AF CasaDesign pres. F. Farachi. Antologica 1990/2006 Museo Diocesano e Sala Angelucci Velletri, pres. Sara Bruno e Claudia Zaccagnini, donazione di sei sculture. Nel 2018 donazione di un’opera al costituendo museo di arte contemporanea SAmac di Benevento, Antologica 2007/2017 Tibaldi Arte Contemporanea Roma a cura di Carlo Fabrizio Carli. Nel 2019 il Museo Comunale di Praia a Mare ha acquisito l’opera “White and Brown. Nel 2020 Retrospettiva “Textures - Racconti e trame per un immaginario gentile” , Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 - 2007 - Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno a cura di Sandro Bongiani
 Studio: Interno 5, via Paolina 25, 00049 Velletri (RM) Italia, info: cell. 328 6947561 www.facebook.com/mauro.molinari.73 e-mail: [email protected] web: www.mauromolinari.it sito web storico: www.caldarelli.it/molinari.htm
 SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY - SALERNO
COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM
http://www.collezionebongianiartmuseum.it 
Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=14
http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=89
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nibliacartomante · 4 years ago
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O conhecimento da Rainha de ouros é aquele ja bem familiar é como entrar em uma biblioteca antiga cheia de livros minuciosamente estudados por ela. Ela é ética tanto no trabalho como em suas relações pessoais e se dedica ao máximo ajudar as pessoas que estão a sua volta ou ate mesmo aqueles a quem não conhece,geralmente é a nossa base para todos os projetos aquela com maior aptidão para o reconhecimento. Nunca se da por vencida e mesmo que varias vezes pareça introvertida um dos aspectos que fazem com que esta rainha pareça inabalável é a ela a quem recorremos quando buscamos conselhos sobre todas as coisas materiais, ela pode não ser rica ou mesmo ser aquela empresaria de sucesso Mas ela foi e vai atras de saber sobre tudo e de tudo um pouco. Uma caixinha de surpresas sempre livre, que não se prende aos estereótipos e isso a faz visionaria . poesia e romantismos para ela são assuntos para um outro momento mas ela faz com que cada nota seja devidamente contada e recontada e quanto mais melhor obviamente. Então caso queira fazer algo e se sente presa(o) ... não conte moedas ... multiplique-as ! Passe adiante seu conhecimento e pode ser que sirva pra alguém não só como conselho mas também como lição . E plante sementes que gerarão frutos para um bem maior,usando não só o conhecimento adquirido nos livros mas também aquele adquirido na vida pratica Ouse por alguns minutos colocar os pés em terra firme. https://www.instagram.com/p/CDbqIzOHQFE/?igshid=1e8hpqyi5nhez
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alessandrabartomioli · 5 years ago
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1: Mario Petrocchi (pittore)
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Mario Petrocchi nasce a Roma nel 1924 e trascorre in Libia l’infanzia e l’adolescenza col padre Carlo. Quest’ultimo era un noto paleontologo che nel Sahara effettuò scavi di notevole importanza scientifica come la scoperta dell’elephas primigenius (a quattro zanne).
Vivere nel deserto ha notevolmente influito sulla personalità di Mario che ha scelto di laurearsi in medicina coltivando interessi scientifici. Dopo la laurea, conseguita a Roma, ha svolto attività di ricerca presso l’università di Cordoba e Miami. E’ stato docente di Storia della Medicina e ha collaborato all’organizzazione del Museo di Storia della Medicina dell’università La Sapienza di Roma che era stato fondato dal professore Alberto Pazzini.
Accanto all’attività di ricerca e di studi ha sempre continuato a svolgere la professione medica fino al 2001.
La scelta artistica di Mario Petrocchi nasce negli anni’60 e diventa terapeutica, quando accanto alle esperienze dolorose dei pazienti vive anche un dramma personale. Così con un linguaggio semplice e colorato ci trascina in una  realtà colta e a volte  visionaria.
L’ARTISTA SI RACCONTA..
“Ho iniziato a dipingere quadri ad olio all’età di quarant’anni in un periodo difficile della mia vita. Sono autodidatta ed ho adibito a studio una stanza della mia abitazione.
La mia passione per l’arte è stata ricompensata dalla critica e nel 1977 sono stato citato nel catalogo nazionale degli artisti curato da Elio Mercuri.
Nel 1978 ho presentato una quarantina di quadri per una mostra personale presso la Galleria dei 10 di Roma, un evento dal discreto successo
Nello stesso anno ho partecipato alla collettiva del premio Fermo Meloni ai Lidi Ferraresi dove, con la tela intitolata Ultimi passi, ho vinto la medaglia d’oro.
Nel 1981 ho partecipato allo stesso premio a Martina Franca.
Tutte le opere che ho realizzato, più di 400, sono olii su tela o cartone e sono nate da esperienze di viaggio, mostre d’arte o avvenimenti biografici.
Considero la pittura un mezzo terapeutico, come già accaduto a noti artisti, per superare le difficoltà della vita. Con il pennello riesco a trasferire emozioni e sensazioni provate nel tempo. Nascono così dei paesaggi trasognanti dove riverso tutto il mio mondo.
Non amo dipingere all’aperto ma dipingo i ricordi che sono rimasti impressi nella mia mente
Mi hanno definito un pittore difficile da collocare in una sola corrente artistica perché da paesaggista divento metafisico o surrealista, mi ritengo un sognatore che svela a tutti i segreti più intimi.
Attraverso alcune opere che ho appositamente selezionato voglio raccontarvi il mio mondo…”
SINTESI DELL’INFINITO
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Olio su tela 1973
Questo quadro è il ricordo di un viaggio su una nave diretta in Turchia sul Bosforo e poi realizzato nello studio a Roma.
Una linea netta segna il confine dei colori cupi che solo nel cielo lasciano intravedere il sole. In realtà lo scenario visto a mezzogiorno si è poi trasformato in una veduta notturna, proprio come il buio interiore di quegli anni. Sulla tela infatti sono stati trasferite le mie sensazioni.
RAGIONE E SPIRITUALITA’
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Olio su tela 1976
Quest’opera nasce da uno spettacolo teatrale Efigenia visto per caso ad Atene  una sera d’agosto.
Davanti ad uno stilizzato allestimento scenico c’è la figura della divinità avvolta in una nube che contrasta col fondo azzurro. Fu così che le divinità presso gli antichi illuminarono il pensiero, ma col passar del tempo diedero spazio alla ragione
LA CASA DI FILOMENA
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Olio su tela 1980
C’era una volta e c’è a Varapodio, località calabrese, la casa di Filomena, una donna del paese. E’ lì per ricordare un passato di sogno che duri un istante, che duri una vita.
LA GINESTRA
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Olio su tela 2014
La tela omaggia il grande Leopardi che qui è rappresentato seduto su uno scoglio intento ad osservare il Vesuvio e il golfo di Napoli sul quale primeggia un cespuglio di ginestre.
In occasione della recitazione della poesia in una libreria di Roma, l’attore Andrea Mariotti si è commosso davanti alla foto di quest’opera.
DESERTO DEL SAHARA
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Olio su tela 1971
Luci, spazi infiniti, colori violenti, sintesi di sensazioni gelosamente riposte un tempo durante le escursioni nel Sahara e riaffiorate all’improvviso. Quasi si respira l’afa soffocante del deserto.
MOSCHEA SOTTO IL GHIBLI
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Olio su tela 1993
Deserto libico, giornata di ghibli, caldo afoso, apparizione della moschea tra folate di vento e sabbia.
“Così, per ogni tela, ho usato metodologie differenti, seguendo ciò che mi dettava la fantasia, in quanto, proprio quest’ultima, più che la ragione, ha giocato un ruolo fondamentale nella scelta delle immagini e nell’uso del colore fino ad arrivare, talvolta, a non rispettare la logica delle luci e delle ombre” Mario Petrocchi 
curato da Alessandra Bartomioli
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pangeanews · 5 years ago
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“In ciò che creavo potevo essere ciò che ero”. Stephen Spender in Italy. L’epopea del grande poeta e del figlio Matthew sul lago di Garda
Azzurro, così appare il Garda in quella prima estate italiana del 1951: Stephen Spender, la moglie Natasha e i figli Lizzie e Matthew trascorrono l’estate a Torri del Benaco, all’albergo Gardesana in centro al paese – lo stesso frequentato da Gide.
In un libro agile e lieve come la sua conversazione, Within Tuscany, In Toscana, Matthew esordirà ricordando la vita a Torri con gli occhi del ragazzo di allora, un ragazzo che già avverte quella felicità, con i giorni pieni d’azzurro e la luce del Garda, destinata nostalgicamente e comunque a finire, anche come simbolo.
Sua sorella Lizzie è ancora piccola ma lui ha per sé «tutto il mondo all’aperto» e dalla mattina alla sera gironzola per Torri con una banda di ragazzini in cerca di avventure: «Quell’estate non c’era differenza fra quello che mi succedeva, quello che immaginavo e quello che sentivo raccontare». Memorie e affreschi della quotidianità sul lago risentono indirettamente dell’amore di Matthew per la pittura e la scultura, la seconda in effetti sua professione, e leggendo le pagine di Within Tuscany si ha spesso l’impressione di guardare dipinti di scuola Toscana: perché è là che vivono lui e Maro Gorky, sua moglie, figlia di Arshile e anche lei pittrice.
En passant, Bertolucci ha inserito decine delle opere di Matthew Spender nel set di Io ballo da sola, film in parte ispirato alla sua cerchia di amici artisti, inglesi residenti in Toscana. Una tradizione di secoli ormai, questa linea immaginaria che lega l’isola britannica alla dolcezza del paesaggio toscano: da Chaucer agli Shelley e ai Browning, da Byron a Foster e a Lawrence, fino agli americani Ezra Pound e Henry James, tanto per nominarne alcuni. È il Chiantishire, appunto.
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Ho incontrato Matthew Spender per una giornata dedicata al padre Stephen, qualche anno fa: è entrato nella sala conferenze della Società Letteraria a Verona con passo deciso, la stessa altezza, le lunghe gambe e la stessa zazzera candida che Stephen aveva nella maturità, come scrive Brodskij: «con i capelli bianchi come neve, gli occhi grigio-azzurri scintillanti, il sorriso di scusa che presiede al suo metro e ottanta leggermente ricurvo, sembra (…) l’allegoria di un inverno benevolo in visita alle altre stagioni» (In Memory of Stephen Spender, On Grief and Reason).
L’accompagnava Giuseppe Lorenzini, proprietario dell’albergo “Gardesana”, dove gli Spender soggiornavano. In quell’occasione abbiamo parlato di poesia, della Toscana e di una rivista che ricordavo, con foto della sua casa sulle colline italiane. Credo sia stata l’ultima volta che Matthew Spender è venuto a Verona. All’invito di tornarci, rispondeva con humour in una mail di due anni fa: “È da qualche anno che non mi sono mosso verso il nord d’Italia. Al massimo, arrivo ogni tanto a Milano per vedere dottori o avvocati, due categorie di professionisti che si accumulano man mano che s’invecchia”. Il ritratto degli Spender sul Garda è uscito nel volume Poeti, Sognatori viaggiatori, e Matthew l’ha ricevuto per posta.
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Sul loro soggiorno a Torri – quell’estate e la seguente – lui parla anche nella biografia del padre A House in St. John’s Wood, In Search of My Parents, commosso ricordo di entrambi i genitori.
Torri evidentemente piaceva a Spender: da giovane l’aveva frequentato varie volte, da solo o con amici, e in quell’estate del 1951 ci porta la famiglia. Il loro arrivo crea da subito un qualche scompiglio perché la madre Natasha, brillante pianista, ha portato con sé il proprio strumento, che sarà faticosamente issato al Gardesana: «Avevano dovuto sradicare la ringhiera della scala a chiocciola per farlo entrare» (Within Tuscany).
Stephen Spender alla “Gardesana”, Torri, con la famiglia e il piccolo Matthew
Ogni giorno, dalle finestre aperte dell’albergo, la musica di Natasha si spande a lungo in riva al lago. Anche Stephen lavora. «Abbiamo per noi l’intera ala di un albergo – scrive Stephen a John Hayward il 12 luglio –, offertaci a poco dall’albergatore perché André Gide occupava queste stesse camere». Torri, ricorda Matthew, «era affascinata dagli stranieri raffinati che ci arrivavano per le vacanze…» (A House…).
Dalla scrivania di Spender (anche oggi nella stessa posizione di allora) si vede il lago: nel porticciolo le barche oscillano a pelo d’acqua, i nomi dipinti a mano sul legno verniciato di bianco e blu, le funi che le fermano agli ormeggi. Oltre il porto, il fuoco azzurro dell’acqua arretra in lontananza fino al cupo centro profondo, e i giorni limpidi la penisola di Sirmione esce dall’orizzonte nella foschia celeste. Le colline accerchiano la sponda lontana: alla famiglia inglese Torri sembra un “piccolo mondo antico” meridionale.
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A Torri tutto ruota intorno al lago: «Il lago dominava la nostra vita» dirà Matthew. Ci sono gli amici delle gite in bicicletta, le partite di pesca che rendono pesciolini da friggere in padella o esemplari enormi da fotografare, gli scalzi e abbronzati bambini del paese colti in sottofondo dall’obiettivo del fotografo a osservare turisti, passanti e abitanti locali.
Nel 1951 la guerra è finita da anni, ma non il suo lascito: l’Italia frequentata dagli Spender è un paese povero, quasi ottocentesco. «Non era affatto difficile in questo ambiente sprofondare nel diciottesimo secolo», commenta Matthew a proposito di una decorata biblioteca senese. Il che è vero e a maggior ragione per un borgo di pescatori poveri del lago.
Stephen arriva a Torri con dietro di sé molta gloria letteraria. Agli esordi paragonato a Shelley, è tra i poeti emblema della propria epoca, l’interludio tra le due guerre che nei «college di dandy, ricchi e aristocratici» di Oxford – narra in The Temple – ha messo in luce lui e Isherwood, MacNiece e Day Lewis, il “gruppo degli anni Trenta” sotto l’egida di Auden. Evelyn Waugh scolpisce la storia in un mood sarcastico: Auden, Isherwood e Spender per lui sono i tre giovani scrittori «che hanno aggredito e catturato un decennio». Comunque, per loro la poesia è «sacra e segreta vocazione»: così nel celebre World Within World, l’autobiografia di Spender uscita da pochi mesi e già scelta ‘Libro del mese’ dalla Book Society.
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Matthew ricorda di esser rimasto solo a Torri una settimana, perché i genitori tornano in Inghilterra per i rispettivi impegni. La vita del borgo gli offre però molto da fare, molto da fantasticare: «per un bambino dominato da una passione esclusiva, un momento può riempirsi di quella che appare un’eternità di divorante nostalgia».
Decantando gli anni che separano presente e passato, la scrittura ritrova tracce lontane, bagliori e frammenti di memorie, «stralci di ricordanze» leopardiane: o «frammenti della nostra vita in Italia». Il semplice sottotitolo di Within Tuscany – Reflections on a Time and Place – in italiano si colora in “Considerazioni di un artista inglese sull’arte, gli usi, i costumi e le stranezze degli italiani tra i quali vive”. Splendono il pianoforte di Natasha alzato contro lo sfondo azzurro del Garda, il profumo di una pianta dai rami che oltrepassano un muro al sole, il prato dove le orme di piccoli piedi scompaiono in giochi esaltati. Sottratti al flusso eterogeneo del vivere, restano i momenti d’oro, gli attimi puri nella prospettiva dell’adulto che ricorda: occasioni, atmosfere, un viso o un riflesso sull’acqua di un lago italiano. Scene e visioni: «Un silenzio riempito da cicale. Un giardino quadrato ricoperto da un cubo frusciante di insetti».
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Matthew chiama quasi sempre suo padre Spender, semplicemente. Per Spender la poesia è dedizione assoluta, «lo scopo più serio della vita», la «maturità dell’anima»: «In ciò che creavo potevo essere ciò che ero» (World…). Dopo l’impegno civile – la speranza di riuscire a salvare la civiltà e il dovere di contrastare le tirannidi di ogni segno – per lui veniva il disincanto espresso con parole tristi e brillanti: «Siamo stati la Generazione Divisa degli Amleti che trovarono un mondo dissestato e non riuscirono a rimetterlo in sesto». Spender s’impegna a raccontare un’epoca che non ha voluto fermare la propria corsa, s’indigna per l’assenza di orrore all’orrore del nazismo, assiste alla parabola della civiltà europea, definitivamente consegnata al “mondo di ieri” con lucidità visionaria: “La guerra aveva strappato il pavimento della sala da ballo da sotto i piedi della classe media inglese. La gente somigliava a ballerini sospesi a mezz’aria che, malgrado ciò, riuscivano miracolosamente a fingere di ballare ancora. Eravamo consapevoli dell’abisso ma non vedevamo nuovi valori che potessero sostituire quelli che ci avevano sorretto nel passato”. (World…)
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A Torri, il tempo pare invece sospeso. I muri delle case scendono all’acqua, peschi carichi di frutta macchiano di rosa gli orti. Tra i vicoli stretti del paese risuona il tamtam degli zoccoli ai piedi dei ragazzi. Matthew gira con indosso magliette Marx and Spencer, quasi una sorta di uniforme che Natasha ha portato da Londra. Il borgo con il porto e il castello in rovina, ancora lontani dal turismo di massa, offrono pace e lenti ritmi arcaici. I figli dei pescatori raccontano storie locali e «i bambini del paese mi rincorrono gridando ‘Poeta!’ – Stephen riferisce sempre a Hayward –. Suppongo che Catullo abbia loro insegnato a farlo con i poeti in visita».
Gli Spender non sono sempre soli: amici – artisti, scrittori e poeti – vengono a salutarli o si fermano qualche giorno sul Garda, come Day Lewis in viaggio di nozze. Ci sono cene e gite sul lago, ci sono ombre di ulivi tra rovine romane:
La penisola di Sirmione si stende nel lago Come chi parli spingendosi al centro Dell’acqua cerchiata di monti … (Sirmione Peninsula)
Quando gli amici se ne vanno, Natasha torna alla musica, Spender alla letteratura: «Le lettere sono una danza, segni viventi su una pagina patinata: sembrano capaci di vibrare come una ringhiera metallica percorsa dalla punta di un bastone. Sentendo il sangue affluirgli al viso, lo scrittore sa che c’è stato un tormento in cui lui è stato legittimato» (World…). La ringhiera-sequenza di parole precorre casualmente, di poco, quella vera tagliata all’albergo “Gardesana”.
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Il manoscritto della poesia “In Attica” di Stephen Spender
Sul lago Stephen traduce Rilke e prepara una selezione di poesie. Nella grafia inclinata, ringrazia il proprietario del “Gardesana” «per i tre mesi più felici (per noi) dalla guerra, trascorsi a Torri del Benaco». Il paese sul lago gli ricorda la terra di Omero: «Non ho scritto una poesia su Torri, ma eccone una scritta guardando il lago dalla mia camera e pensando alla Grecia». «Settembre 1951» la data. In Attica (in italiano) il titolo:
Ancora, ancora vedo questa forma sdoppiarsi: La spalla nuda di una cima tracciata Contro il cielo, che declina con delicatezza al Gomito; poi di nuovo la discesa all’incavo Del polso di una mano che riposa Sulla solida spianata.
Ancora, ancora, un braccio teso dalla spalla Che s’appoggia a terra. Come se gli dei dall’alto Busto, il capo e le membra invisibili, Avvolti dal cielo o affondati in terra, Qui lasciassero tuttavia dita tese quali segni Tra cielo e piana; e facessero questo paesaggio Dolce, come steli greche, dove i morenti Mutati sono in pietra da un gesto lieve d’aria, Mentre indugiano nel loro addio infinito.
*
La lirica sarà poi pubblicata in raccolta con delle varianti, ma questa versione è ancora oggi alle pareti di una sala dell’albergo:
IN ATTICA.
Again, again, I see this form repeated: The bare shoulder of a peak outlined Against the sky: declining gently to The elbow; then once more the scooped descent To the wrist of a hand which rests On the solid plain.
Again, again, an arm outstretched from the high shoulder And leaning on the land. As though the torsoed Gods, with heads and lower limbs invisible, Plunged in the sky or buried in the earth, Yet left fingers tended here as signs, Between the sky and plain; and made this landscape Gentle, like Greek steles, where the dying Change to stone on a gesture light as air, Lingering in their infinite departure. Stephen Spender, Sept. 1951 (per gentile concessione di Giuseppe Lorenzini).
*
L’estate gardesana al termine si lascia dietro una mareggiata di sogni e di ricordi. Con «questo strano amore per Torri del Benaco», gli Spender riportano a Londra immagini di memoria quasi corale: un muro assolato e una lucertola ferma, attaccata ai sassi. Campi o orti coltivati a fiori, destinati al mercato in Piazza Erbe a Verona. La collina che sale verso il cielo alle spalle del Garda. Le lucertole che «diventano dragoni» e le caprette bisonti sotto la lente d’ingrandimento della fantasia infantile di Matthew. Un compagno indovina bizzarramente l’ora con precisione assoluta, osservando l’obliquità dei raggi del sole che sembrano «un’estensione dei suoi capelli» (Within Tuscany).
A Torri il crepuscolo raduna pieni e vuoti l’acqua del lago sparisce «nell’ombra della sponda lontana». E in quell’ombra s’annida il cuore dell’elegia – da Virgilio a noi –, desiderio acuto d’illuminare di nuovo brani di passato, portarne un riverbero nel futuro.
*
La decisione paterna di soggiornare sul Garda (padre e figlio ci torneranno insieme nel 1988) contribuirà a far amare l’Italia a Matthew, anzi, a “Matteo”: “mi ha convinto che l’Italia è un paese dove la simmetria fra paesaggio, viuzze, orticelli – persino parafanghi delle biciclette – ha un ritmo intrinseco, che non consiste in una serie di pensierini sconnessi come in Inghilterra. È un paese unito da ritmi quasi impercettibili, anche se il suono che ne emerge somiglia talvolta a quello di un remoto conflitto”.
Matthew e Maro Gorky vivono nel Chianti dal 1968, da allora in love with Italy, le sue leggiadre cadenze e i suoi reconditi dissidi. Entrambi continuano a dedicarsi alle loro rispettive arti: la scultura di Matthew, la pittura di Maro.
Paola Tonussi
*In copertina: Stephen Spender, al centro, tra W.H. Auden (a sinistra) e Christopher Isherwood, nel 1931
L'articolo “In ciò che creavo potevo essere ciò che ero”. Stephen Spender in Italy. L’epopea del grande poeta e del figlio Matthew sul lago di Garda proviene da Pangea.
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eularsia · 2 years ago
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Sono anni che ti conosco e questa nuova versione di te mi sconvolge. Ci siamo conosciute sotto il segno della sensibilità: leggevamo ai piedi del salice più grande della radura, guardavamo al cielo con spirito incauto, erano le parole tra noi leggere. Ti avrei protetta dal freddo quelle sere in cui fendevi l'aria con passo inquieto implorando tregua, perché non ci era oscuro il segreto che custodivamo entrambe. Essere simili.
Ma siamo venute fuori dalla bolla degli anni ingenui, tu più di me. Ti sei ritrovata in una città ventuno volte più grande del luogo in cui vivevi e il bisogno di sopravvivere è prevalso. Altro ti ha reso più sicura dei tuoi mezzi e ne hai approfittato per svenderti al primo offerente. Hai spellato i corpi dei tuoi colleghi, hai giocato con gli ideali e la casa conosce solo l'odore acre del gin, il tuo passo barcollante. Ti sei ammantata di superficialità, mi vedi un ostacolo facilmente aggirabile. Lo sai che sono rimasta fedele alle promesse strette con le nuvole: leggo tutti i giorni sotto il salice, percorro le strade della distesa con passo inquieto, imploro anche io pace. È questa la mia vera natura: cedo riflessioni profonde al tuo inusuale silenzio. Mi chiedo chi sbagli: io rispondo a me stessa, ma tu chi sei sempre stata? Gli altri dicono: è lei. Ed io, visionaria di falsi idoli, ti sapevo diversa, che della tua sensibilità ne facevi un'amorevole poesia. Sembravi simile.
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polopsicodinamiche · 2 years ago
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