#Più forte ragazzi
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…più forte ragazzi! (1972)
Directed by : Giuseppe Colizzi
Cinematography : Marcello Masciocchi
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Brogliaccio di … Più forte ragazzi! di Giuseppe Colizzi (Aprile 1972)
[Disclaimer: il testo che segue non mi appartiene. È di creazione e proprietà di Giuseppe Colizzi, scrittore, montatore, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, direttore artistico televisivo. Si tratta di una bozza di quello che in seguito diventerà la sceneggiatura di uno dei suoi film: ...più forte ragazzi! del 1972, con protagonisti Bud Spencer e Terence Hill. A fine testo i relativi crediti]
Più forte ragazzi, di Giuseppe Colizzi, Aprile 1972
Anni fa, quando ancora le grandi compagnie aeree non erano in grado di controllare con linee regolari tutto il paese, date le immense distanze del Sud America, i trasporti aerei sia di merci che di persone, il più delle volte, erano esclusivo appannaggio dell’iniziativa privata, di piloti cioè che con aerei il più delle volte inadeguati tecnicamente, sfidavano la foresta volandovi sopra con minuscoli monomotori privi di strumenti, fidando solo nel loro coraggio e nello spirito di avventura che li animava.
Un vecchio proverbio dice: “abbi fede in Dio, tocca legno e via” e loro toccavano legno e andavano senza porsi altri problemi.
Certo non erano tutti stinchi di santi!
PLATA Y SALUD, i nostri due protagonisti, hanno una cosa in comune: volare. Non molto, ma già qualcosa. Ovviamente, per il mestiere che fanno, vivono alla giornata anche se, prospetticamente nei confronti del futuro, hanno aspirazioni diverse.
Plata – del quale anche noi ignoriamo la reale provenienza (forse americano di origine o forse inglese o francese o tedesco, non lo sappiamo) in attesa, come un animale da preda, del colpo grosso che possa introdurlo nel ristretto mondo dei privilegiati, dei ricchi, di quelli veri.
Salud, di origine italiana, napoletana per l’esattezza, è invece di quelli che dove e come li metti continuano a star bene nella propria pelle.
In effetti la sua più grande aspirazione, anche se molto spesso la dimentica (e, certo, non ci perde il sonno a pensarci) è quella di possedere un piccolo monomotore, attaccarci dietro un bello striscione pubblicitario e fare un giretto la domenica sugli stadi, guadagnando abbastanza per spassarsela il resto della settimana. Sì, insomma, Salud, almeno nelle aspirazioni, è quel che comunemente si definisce uno stacanovista del non lavoro. Ovvio che nelle nostre peregrinazioni attraverso il Sud America incontreranno altri tipi, il mondo è fitto di tipi. Cercheremo, per quanto ce ne permetta il tempo, di accennarne qua là man mano che se ne presenterà l'occasione.
Un vecchio, vecchissimo bimotore vola basso rasentando le cime degli alberi della foresta. Ha il motore di sinistra in fiamme che si lascia dietro una pesante scia di fumo nero.
All'interno, nello spazio riservato ai passeggeri, un negro con gli occhi bianchi dal terrore si tiene arpionato ai braccioli di un seggiolino di fortuna. Una pesante gabbia di galline, a seconda del beccheggio, viaggia come sui pattini a rotelle sbattendo contro le pareti quando se le trova davanti. A ogni colpo i polli starnazzano disperatamente. Nella cabina di pilotaggio, alla cloche, Salud. È un omone di trentacinque anni o giù di lì che madre natura ha tagliato fuori misura, come dire centoventi chili di ossa e muscoli, due spalle da ex massimo e un faccione coperto da una barba ispida sormontato da un berrettaccio a visiera unto d'olio.
L'uomo sembra osservare gli strumenti di bordo. In realtà sta leggendo con molto interesse le avventure di Paperon dei Paperoni.
Steso dietro di lui in una bizzarra cuccetta, nudo come l'ha fatto mamma, c'è Plata, l'altro pilota. Ha il volto bruciato dal sole dei tropici e dorme come un angelo.
I due, dopo un soggiorno di un mesetto nell'interno per recuperare il vecchio Dakota, stanno rientrando alla base.
Atterrano alla base mettendo l'aeroporto un po' in subbuglio, ovviamente, ma atterrano. Sono felici di tornare in città.
All'uscita dall'aerostazione, una signora distratta e frettolosa consegna a Salud le chiavi di un'imponente decappottabile, scambiandolo per un parcheggiatore, e Salud gliela parcheggia: con Plata al fianco, fanno un ingresso molto piacevole in città sulla molto confortevole automobile.
Naso Balsam è un uomo sui quarantacinque di chiara origine ebreoamericana, ormai in pianta stabile in Sud America.
Ha un bel ufficetto moderno e molto efficiente dove vende, compera, affitta terreni, aziende, case, barche, aerei e quant'altro c'è da comperare, vendere, affittare in una grande città. Ovviamente si occupa anche di turismo, di pullman, di trasporti. Ha persino l'esclusiva di un certo tipo di piscina “installazione e funzionamento nelle ventiquattr’ore” made in U.S.A.
Non è che tutti i suoi affari vengano conclusi alla luce del sole. Naso ha un fitto pelo sullo stomaco e c'è stato anche in passato chi ha tentato di introdurre attraverso quel pelo un paio di pillole nient'affatto curative, ma Naso è di quelli fortunati, è riuscito a digerire anche quelle, e c'è chi dice che tramite amici è persino riuscito a restituirle al mittente, nessuno può giurarci, naturalmente, comunque il tutto gli ha giovato in prestigio, come dire che molti in città lo considerano un duro e lui lascia dire e bada al sodo, il che significa badare solo e unicamente a concludere affari vantaggiosi.
Questo nei giorni migliori! Nel momento in cui facciamo la sua conoscenza ha le vene del collo talmente gonfie che sembrano scoppiargli e urla come un ossesso. Ma come? Lui paga per il recupero dell'aereo, lui paga le spese di andata e ritorno, paga perché ha un acquirente che ha bisogno di quell'aereo, paga al vecchio proprietario l'aereo, lui paga, anticipa e che si ritrova? Un aereo con un motore in meno. Che se ne fa di un aereo con un motore in meno...
Plata e Salud lo ascoltano senza scomporsi: sono usi a scene del genere. Al momento del saldo per il loro lavoro Naso Balsam, ogni volta, trova sempre una scusa, ha sempre qualcosina da ridire. Basta lasciarlo sfogare, basta avere un pochino di pazienza…
Al crepuscolo Salud, salendo verso una chiesetta sulla collina, compera un mazzo di candeline. Un omaggio alla sua protettrice alla quale fà anche un voto: per tutto il tempo in cui rimarrà in città, stavolta, rimarrà fedele alla sua sempre fedele fidanzata.
Plata invece si paga una birra nel solito bar, frequentato da piloti come lui.
Una birra veramente ghiacciata come da tempo non ne beve.
Ambedue hanno il portafogli ben fornito e puoi giurarci che ne approfitteranno per godersi a piene mani le gioie che le città più importanti possono offrire senza alcuna preoccupazione di trovare altri ingaggi.
Naso, invece, nonostante le apparenze, è in un momento difficile. Deve aver fatto alcune speculazioni sbagliate e non ha certo tempo da perdere in frivolezze. Convoca Melampo detto la Folaga, un altro pilota che saltuariamente lavora per lui e, insieme, raggiungono l'officina di Ciuenlay. Naso deve a quest'ultimo un bel po' di quattrini e il giapponese non molla certo il Beechcraft di cui ha appena finito di revisionare i motori senza prima vedere tra le mani il colore della carta moneta. Naso non si lascia smontare per così poco: sfodera il libretto d’assegni, domanda quant’è, e riempie l’assegno poi, mentre il proprietario dell’officina sta stropicciandosi le mani soddisfatto, si fa prendere dai dubbi:
E la prova in aria? – domanda.
No, la prova in aria ancora non è stata fatta.
Il dettaglio viene presto risolto: mentre Ciuenlay gli offrirà il thè può farla la Folaga, suggerisce Naso. Questione di cinque minuti. Un giretto sul campo controllando che tutto sia in ordine, e quando torna giù, lui paga. Ciuenlay abbocca. La Folaga è appena decollato che Ciuenlay cerca invano Naso Balsam: servendosi di un’uscita di “fortuna” sul retro di una toilette, anche il nostro uomo d’affari ha preso il volo, dimenticandosi, nella fretta, di lasciare l’assegno.
Ora il Beechcraft è al sicuro in un campetto fuori mano. Chi non si sente affatto al sicuro è la Folaga. Naso non gli ha fatto certo ritirare l’aereo per farci una passeggiatina, Naso desidera che l’aereo, durante un trasporto regolare, vada giù con tutte le regole per poter incassare il premio dell’assicurazione, e Melampo detto la Folaga sa bene che tirare giù un aereo non è uno scherzo: o ci affondi le mani e finisci all’ospedale se non peggio o ci vai leggero e i tecnici dell’assicurazione si accorgono del trucco e allora anche se riesci a evitare la galera per truffa, quantomeno ti tolgono il brevetto.
La Folaga, purtroppo, è stato costretto ad accettare. Quel figlio di puttana di Balsam lo tiene in pugno come una nocciolina, come dire che ha in mano carte abbastanza pesanti nei suoi confronti per non rischiare un rifiuto. Tirarsi indietro adesso è impossibile. Ci vorrebbe una “causa di forza maggiore”. Ma dove la trova la causa di forza maggiore se crepa di salute a parte quei maledetti piedi.
Già perché Melampo detto la Folaga, ci siamo dimenticati di dirlo, ha i piedi un po’ piatti ma questo non significa un fico secco in quanto, per tirare giù un aereo, non occorrono certo piedi da bersagliere.
Così mentre il sole, del tutto indifferente, tramonta, la Folaga pedala tristemente verso la città ciucciando bevande a forte percentuale alcolica da ogni bar che incontra e quando arriva in centro ne ha abbastanza in corpo per capire che o trova subito una soluzione o l’indomani mattina è la volta buona per dire addio alla vecchia pellaccia, e occorre dire che Melampo detto la Folaga, come ogni bravo cittadino, alla sua ci tiene mica poco.
Le auto corrono veloci lungo le grandi arterie. Il pilota le considera con molta attenzione. Sì, ficcarsi sotto una di quelle non è poi una brutta idea! Si fà il segno della croce, si prepara “Uno, due, tre!” ma il semaforo, in quel momento, scatta al rosso. Le auto si fermano e lui considera il tutto come un segno del cielo e riprende a pedalare. Comunque, deve riflettere, auto in giro ci sono tutta la notte, ha ancora tempo per una bevutina.
Plata e Salud stanno giocando a carte con Josè il Fischione, il Pellicano e con Santo detto anche la Poiana. Il Pinguino osserva e segna i punti e tutto fila nel più perfetto dei modi giù dallo Svedese quando la Folaga, ubriaco fradicio, fa il suo ingresso nel bar, e dopo un'occhiata in giro, e un'ennesima ciucciata alla vecchia bottiglia, comincia a sfottere Plata. “Lascia perdere” gli suggerisce il barista, ma alla Folaga l'inglès deve essergli molto ma molto antipatico se continua a intignare (1), e la faccenda va avanti finché non lo prende per il petto e allora Plata lo spedisce al tappeto con un pulisci denti, ma la Folaga si rialza e torna all'attacco e Plata lo rispedisce chiappe all'aria e quello torna a rialzarsi e il gioco chissà per quanto tempo andrebbe avanti se Salud, il bestione, non se ne stancasse e, per poter continuare la partita interrotta, la prossima volta che la Folaga torna alla carica non fosse lui a fermarlo e spedirlo nel mondo dei sogni con un carico da undici che è un punto a capo. Come dire che la Folaga adesso dorme con un sorriso soddisfatto sul grugno e la mascella che sembra del tutto indipendente dalle altre ossa del cranio tanto è fratturata.
Occorre chiarire a questo punto che fin da quando la Folaga entra nel bar tutti sanno quello che gli tocca l'indomani: le notizie nell'ambiente corrono e anche Plata lo sa, così non è vero, come sembra, che è giù di forma quando fa volare la Folaga via senza fargli troppo male. L'unico a esserne all'oscuro è Salud. Ma, ormai, la frittata è fatta: Melampo detto la Folaga viene spedito ancora nel sonno in un comodo ospedale e i nostri due amici, l'indomani mattina, sono costretti per onor di firma a prenderne il posto a bordo del Beechcraft.
Se tu vuoi buttare giù un aereo in una certa zona dell'interno non hai che l'imbarazzo della scelta: niente strade, niente case, niente occhi indiscreti, niente di niente, tanto niente di niente che una volta giù, per uscirne, magari ti tocca camminare nella foresta per un mesetto prima di trovare un mammifero della tua specie e loro, appunto dopo circa un mese, finalmente ne trovano uno. Da lì con uno sgangheratissimo monomotore e un’ora e mezzo di volo raggiungono un piccolo centro dove c'è il telefono e s'affrettano a chiamare Naso per farsi mandare il denaro necessario per tornare a casa. Ma Naso, nel frattempo, è fallito e non solo non è più al numero da loro chiamato ma nessuno sa attualmente dove si trovi visto che sono in molti a cercarlo.
Così, per sbarcare il lunario, i nostri due amici mettono insieme un antiquato biplano trovato in una stalla e fanno, per un po' di tempo, vita di garimpo portando viveri ai cercatori della zona.
Non che si annoino, tutt'altro, ma, col passare del tempo, la nostalgia per le grandi città si fa sentire e quando Naso torna a farsi vivo offrendo loro un “prosciutto” da trasportare in città non ci pensano certo due volte. Un prosciutto, per chi non sia uso al gergo aviatorio, è un cadavere regolarmente incassettato il cui ultimo desiderio evidentemente è stato quello di tornare nella città natale. Non che i piloti amino questo genere di trasporti, ma anche i morti hanno i loro diritti e Plata e Salud tornano finalmente in città con il loro prosciuttino e il ‘papa-defunto’ che lo accompagna.
Quando abbiamo occasione di rincontrarli sono nel Nord che trasportano, con una vecchia ‘Catalina’, quarti di bue dall’interno.
Un giorno, mentre volano a pieno carico, da un piccolo aeroporto nell’interno li pregano di scendere per caricare un malato.
Atterrano e il malato è un pazzo che arriva sotto il pesante bimotore accompagnato da due tipi armati. Il caldo sul campo è terribile. Il pazzo si lascia accompagnare tranquillamente fin sotto la Catalina poi, d’un tratto, con un balzo si impossessa di un fucile e lo spiana contro i due piloti e i tipi che lo hanno accompagnato, terrorizzandoli per alcuni minuti mentre il sole picchia su tutte le teste presenti e sul carico di carni macellate che rischia di imputridire. Infine, e altrettanto all’improvviso, prende a darsi degli ordini e a eseguirli. Presentat’ arm! e presenta il fucile, spall’arm e lo mette in spalla, avanti march! e via: unò dué, dietro front, unò dué, unò dué, dietro front, dietro front e quelli a guardarlo esterrefatti senza sapere a che santo votarsi, finché uno dei due piloti ha l’idea giusta. Improvvisandosi sergente è lui che comincia a dare ordini e il pazzo, dopo un momento di esitazione, li esegue. Unò dué e dietro front e fianco sinistr, il pazzo marzialmente sale a bordo. Ancora fianco sinistr e avanti march, si dirige nella toilette.
Squadra alt! e Plata, dopo averlo chiuso a doppia mandata, tergendosi il sudore che gli scorre copioso dalla fronte, ordina con voce stentorea:
“Riiiposo!” E, finalmente, il bimotore può ripartire.
Il Pellicano è un po’ di tempo che sta spupazzando quà e là con il suo piccolo bimotore un uomo d’affari nordamericano, quando gli capita che la moglie deve partorire e lui vuole stare accanto alla sua dolce metà, così chiede a Plata una sostituzione di un paio di giorni. Il nordamericano è alla fine del suo giro e deve rientrare in città. A Plata l’idea di una corsetta nella grande città lo allappa assai, così accetta. Salud resta a trasportare quarti di bue su nel Nord e lui carica l’uomo d’affari e fila in città. Quando arrivano, l’americano lo prega di passare nel pomeriggio in albergo per incassare. Plata trascorre una piacevole giornata nella immensa metropoli, si concede una magnifica colazione che gli va di traverso apprendendo, quando arriva in albergo, che il tipo è partito già da alcune ore su un volo di linea intercontinentale verso il suo paesello natio.
Plata ha in tasca sì e no i soldi per mezzo pacchetto di sigarette. Telefona a Salamandra, uno spagnolo zoppo che bazzica nel sottobosco locale. Vuole un incarico, uno qualsiasi, non ha altra scelta, e Salamandra non tarda ad accontentarlo: ha, appunto, tre tipi che hanno urgente bisogno di passare la frontiera. Tre rapinatori che alcuni giorni prima hanno alleggerito di una grossissima cifra una banca. Plata esita, non ha alcuna voglia di infilare il collo in una storia del genere, poi pensando al Pellicano che deve ancora finire di pagare le rate del suo aereo, ai figli del Pellicano (sette anzi otto, ormai) finisce coll'accettare. D'accordo, si farà trovare in un certo punto a una certa ora pronto al decollo. Salamandra organizza il resto ma, all'ultimo momento, qualcosa va storto e i tre arrivano all'Aereo Club con la polizia alle calcagna.
Salamandra ci rimette la pelle ammazzato brutalmente da uno dei rapinatori.
Il piccolo aereo, comunque, riesce a partire…
In volo, sentendosi ormai al sicuro, i tre cominciano a litigare tra loro e finiscono col farsi fuori l'uno con l'altro, e Plata, dopo aver rischiato anche lui di venire ammazzato, all'improvviso si ritrova padrone di un enorme cifra di biglietti di banca. È il colpo grosso stavolta!
Un piccolo aereo con un lungo striscione pubblicitario vola pacioso sulla città. Alla guida c'è un Salud molto soddisfatto di avere finalmente ottenuto il giocattolo più ambito della sua vita.
Plata gioca al golf. Vive ormai nell'ambiente che ha sempre sognato di frequentare.
Naso Balsam, in un ufficio favoloso che mai si è sognato di possedere, ormai lavora sul solido amministrando per Plata e Salud il capitale piovuto dal cielo, è il caso di dirlo.
Sembra tutto perfetto, tutto risolto. I nostri tre amici, ognuno per il suo verso, sono riusciti a realizzare i loro sogni più ambiti. Ma i sogni, quanto meno certi sogni, è meglio restino tali: a poco a poco, fatalmente, non solo i rapporti tra Plata e Salud si guastano ma ambedue, anche se per motivi diversi e senza rendersene chiaramente conto, finiscono col prendere a noia quel mondo in cui cercano di muoversi più o meno spigliatamente. È un mondo che non gli appartiene, un mondo che non ha niente a che vedere con loro.
Il primo a comprenderlo appieno è Salud che alla prima occasione e per un banale incidente, la cosiddetta goccia del cosiddetto vaso, ne viene fuori e senza compromessi. Capita un giorno in cui sono ospiti di una ricca villa. Il bestione, pur di uscirne, decide di farsi a piedi quattrocento chilometri che lo separano dal primo centro abitato e dopo aver detto senza uso di metafore a Plata ciò che pensa di lui, degli ospiti e della loro nuova esistenza, gli molla un leccamuffo (2) di quelli delle grandi occasioni, e se ne va senza che nessuno dei tanti che gli sono intorno osi trattenerlo, amareggiato per aver perso un amico, incurante della distanza, semplicemente mettendosi in moto e andandosene come dovesse attraversare una piazza o andare al caffè.
E il giorno dopo è ancora lì che cammina con la pervicacia, la caparbietà di un bufalo infuriato in quella immensa pianura che si stende davanti a lui a perdita d'occhio e, d'un tratto, ode alle spalle un leggero ronzio, dapprima confuso con il frinire dei grilli poi sempre più distinto...
Ma Salud non si volta, cocciutamente continuando a marciare… Poi il piccolo aereo scende in picchiata e allora è costretto a voltarsi e fa bene perché quel pazzo sta venendo dritto contro di lui, puntandogli addosso...
Il terreno acquitrinoso ha un fondo di melma densa, marrone come cioccolato liquido, ma non ne ha il sapore deve pensare Salud quando è costretto a infilarvi la faccia gettandosi a terra in tempo per evitare di essere investito dal Piper... e la cosa si ripete finché la rabbia impotente del bisonte, costretto ogni volta a tuffarsi nel fango come un giocatore di rugby placcante un immaginario avversario, non esplode e, come l'aereo gli passa sopra un'ennesima volta, gli spara addosso i due colpi della doppietta sentendo i pallettoni frinire come gragnuola di grandine sulla fusoliera e vedendolo impennarsi, scivolar d'ala, riprendersi all'ultimo momento, poi venir giù di fianco come un uccello ferito. “Sangre de Dios, l'ho ammazzato!” già in movimento, già correndo verso quel ciuffo d'alberi dietro il quale è scomparso venendo giù il Piper…
E arrivandoci senza fiato, al limite delle forze, disperato di aver fatto fuori l'amico, urlandone il nome e aprendo di scatto il portello in tempo per ricevere in pieno muso un terribile cazzottone che gli squassa la faccia spedendolo a terra.
“Così a quanto sembra la vita comoda non ti piace” sembra dirgli Plata mentre scende calmo a terra. “Dobbiamo chiarirci un po' le idee noi due” e si picchiano a morte senza esclusione di colpi: un modo come un altro per ritrovarsi...
Il Piper vola ora verso un gruppo di montagne, prende quota.
All'interno pesti, contusi, ammaccati, sanguinolenti ma con la luce di sempre negli occhi – quantomeno in quelli rimasti aperti, Plata y Salud siedono di nuovo uno accanto all'altro.
Di fronte a loro, in basso, c'è il Sud America, quella terra meravigliosa ancora tutta da scoprire per loro e che merita più di qualsiasi ricchezza...
Il piccolo aereo si allontana nel cielo, vi scompare come assorbito dal nulla…
fine
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Bibliografia
Terence Hill & Bud Spencer - la vera storia di Giuseppe Colizzi - l’uomo che inventò la coppia, di Francesco Carrà, edito da Falsopiano nel 2012
1 Intignare: verbo d'uso regionale, centromeridionale, con il significato di ostinarsi, intestardirsi
2 leccamuffo: espressione dialettale, Roma e provincia, con il significato di schiaffo, ceffone. In base alla zona, potrebbe variare di significato, indicando anche un pugno in faccia che produce lividura
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Not to be horny on main but gdi Terence Hill is so fine in Zwei Himmelhunde auf dem Weg zur Hölle
Like... his look in the whole movie is lit but especially during their last fight it's *chef's kiss*
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Fandom: Bud Spencer and Terence Hill
Movie: Zwei Himmelhunde auf den Weg zur Hölle/ più forte, ragazzi!
Pairing: Plata/Salud, (romantic or platonic)
Language: German
Words: 210
Titel: eine Autofahrt
Plata sprang grinsend in das grüne Capriolet. „Na los, steig ein!“
Salud seufzte nur und warf ihre Taschen nach hinten.
Währen der Fahrt waren sie still. Salud konzentrierte sich auf die Straßen und Plata tat… was auch immer der Verrückte tat.
„Plata!“ rief Salud plötzlich und blickte kurz von der Straße zu Plata. Dieser grinste schelmisch und tat dann unwissend. „Was ist denn, Keule?“
Platas Füße, die auf Saluds Schoß lagen, bewegten sich leicht, bewusst, dass es genau das war, was Salud beanstandet hatte.
„Die Treter bleiben unten, ich fahre.“ Mit einer Hand schubste er Platas Füße herunter. Plata seufzte tief.
Salud spürte schon wenige Minuten später wieder, Platas Schuh, der diesmal gegen seinen Oberschenkel drückte.
„Deine Quadratlatschen bleiben unten.“ brummte Salud genervt und schob den Fuß wieder von den Sitzkissen herunter.
Diesmal dauerte es nicht einmal eine Minute, bis Salud wieder ein sanftes Stupsen von Schuhen spürte.
„Sag mal, bist du schwerhörig? Ich fahre!“ Er sah Plata wieder an, der mit seinem großkotzigen Grinsen dasaß und das unsichere Funkeln in seinen blauen Augen überspielte.
Salud seufzte und konzentrierte sich wieder auf das Fahren. Und als dann Platas Beine wieder hoch auf seinem Schoß wanderte schob er sie nicht weg. Stattdessen tätschelte er ungelenkt mit seiner freien Hand Platas Knöchel.
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Sei incredibile sai?
Ti credi la più forte del mondo però poi non ti piaci mai,
non ti perdoni mai gli sbagli, non ti guardi mai come ti guardano gli altri.
Ti guardi con uno sguardo severo,
come se per te stessa non fossi mai abbastanza.
Sei orgogliosa, a volte cinica, hai quell'ironia diretta e sincera
che taglia le persone in due, il cuore certe volte sembra che tu l'abbia perso.
Ti fai odiare, se vuoi ci riesci, è un gioco da ragazzi per te se davanti ai tuoi occhi hai persone che scelgono di renderti ridicola o cattiva, ma sai anche farti amare da morire.
Sai farti consumare perché tu dai l'anima e pretendi altrettanto. Ti piace la schiettezza,
la sincerità e ti piacciono le persone
che ti dicono la verità in faccia.
Sei fatta per stare con i più coraggiosi,
non sei fatta per chiunque, sei per quelli
che non hanno paura di farsi male,
quelli che davanti ad una come te
invece di andarsene ti prendono per mano.
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"A volte... Trovi persone fragili, che vanno trattate con cura, e a volte 'ste persone se rompono, perché pure se noi le amiamo tanto, non sempre semo capaci de proteggerle. Sentono le cose in modo diverso, le sentono de più, e finiscono pe' subille, perché tutto c'ha 'na proporzione: se te colpiscono così forte da farti male, anche le cose belle diventano troppo, e allora non riesci più a distingue' la differenza tra quello che te fa bene e quello che te fa male, perché te pare che ogni cosa c'abbia conseguenze negative."
L'estate dei bravi ragazzi — Camilla Graciotti
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Ciao Liam,
Ti scrivo questa lettera qui, dove non la leggerai mai, perché ho bisogno di buttare fuori quello che sento e penso che questo sia il posto migliore per farlo.
E te la scrivo in italiano perché so che dove sei adesso non ha davvero importanza.
Ti ho conosciuto tardi nella vita, avevo già 30 anni ed ero incinta del secondo figlio quando ho scoperto te e i tuoi fratelli. Non avete fatto parte della mia infanzia o della mia adolescenza, ma questo non rende la perdita meno dolorosa, anzi. Sono una vostra coetanea (una manciata di anni in più, ma l'età non si chiede mai a una signora) e proprio per questo, forse, mi sento così incredibilmente vicina a voi in un modo che non mi sarei mai onestamente aspettata.
Liam, anima fragile, ho assistito con gioia al tuo periodo in riabilitazione e mi ricordo i sorrisi genuini e pieni di vita che ci regalavi in quel periodo. Stavi bene e si vedeva.
Ma il mondo in cui vivevi ha deciso che tu non ne valevi la pena, perché alla fine questo è. La stessa industria che non ha pietà per nessuno e ha triturato gente del calibro di Michael Jackson e Withney Houston ti ha gettato sul fondo del mare con un'ancora al collo. Ho assistito, impotente e distrutta dietro a uno schermo dall'altra parte del mondo, alla spirale di distruzione che ha ti condotto esattamente là dove avevo previsto che ti avrebbe condotto.
Ti hanno isolato dalla tua famiglia e dai tuoi affetti, portandoti in un paese sconosciuto dalla lingua sconosciuta e senza riferimenti culturali né affettivi, circondandoti di persone che erano lì solo per un contratto e non perché veramente interessati al tuo cuore dolce e buono. Ti hanno tenuto lontano dai tuoi fratelli acquisiti, gli unici che potevano davvero capirti. Ti hanno boicottato la musica, impedendoti di fare una delle poche cose che ti teneva in vita. Avevi un figlio, e da madre so che il suo volto deve averti dato una ragione per svegliarti più di una volta, ma ti hanno tolto pure quello, chissà con quale lavaggio del cervello. Ti hanno fatto credere di non valere niente, di non essere abbastanza, che nessuno ti amasse più. Ti hanno fatto credere di essere un peso e che il mondo, compresi i tuoi genitori che ti hanno messo al mondo, i tuoi fratelli - di sangue e non - che ti hanno amato infinitamente e il tuo bambino, sarebbe stato meglio senza di te. E lo hanno fatto alimentando le tue debolezze, fornendoti la droga e l'alcool con cui potevano controllarti.
So che sicuramente hai sbagliato nella vita, commettendo errori più o meno gravi anche con le persone a cui volevi più bene, ma eri malato, Liam. Non eri rotto, eri malato e meritavi di essere curato. Meritavi una sincera e seria possibilità di uscirne e fare ammenda dei tuoi sbagli, qualunque siano stati, tornando a fare parte della vita delle persone che ti hanno sempre amato. Meritavi la possibilità di riabbracciare la tua famiglia e i tuoi ragazzi e di dare altri baci al tuo bambino.
Ti hanno fornito corda e sgabello e poi hanno aizzato il popolo dei social a dirti di ucciderti.
Non ho mai vissuto quello che hai vissuto tu, né conosco di persona qualcuno che abbia sofferto della tua stessa malattia. Non ti biasimo per aver cercato la via più facile, la colpa non è tua. Ci hai provato a dirci come stavi e a chiederci aiuto, hai gridato forte con tutto il cuore, e vorrei che fosse bastato.
Dovunque tu sia, spero che troverai la pace e la serenità che quaggiù ti era stata rubata. Non perdonarli, Liam, perché non lo meritano.
Però, se puoi, veglia su chi è rimasto quaggiù e ti piangerà per sempre.
Vorrei aver potuto fare di più per te e, anche se so che non ero nella posizione per farlo, è un rimpianto che mi accompagnerà a lungo.
Riposa in pace 🤍
- Sara -
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È morto Liam Payne, ho letto questa mattina la notizia e sono rimasta sconvolta. Mi dispiace per il Liam che ho conosciuto a tredici anni, per il Liam che mi ha accompagnata durante l’adolescenza e per il Liam che ho sempre sognato di abbracciare. Mi dispiace per il Liam da cui mi sono allontanata ma che ha sempre occupato un piccolo pezzo di cuore.
Aggiornamento lunedì 21/10: sono passati quattro giorni, ogni giorno il mio pensiero va a lui. Liam nella mia adolescenza ha significato così tanto, gli devo così tanto, è stato per anni la mia ragione per sorridere. Con la band hanno salvato i miei momenti più bui. Sono stati il mio primo concerto. La mia prima band. Sono stati la mia àncora. Sono stati coloro che mi hanno fatto entrare in una famiglia enorme, in un fandom appassionato. In questi giorni ci stiamo stringendo tutti su twitter, il social che ha creato legami ed esperienze importanti per me. Avevo quindici anni quando Liam ed i ragazzi sono entrati nella mia vita, ne sono passati dodici e io provo ancora quell’amore profondo, quell’adorazione, quell’affetto infinito.
Stanno uscendo molti chiarimenti, ho ancora tante domande in testa, tanti interrogativi ma piano piano le indagini stanno uscendo e a me inizia a nascere la rabbia. Non me ne frega un cazzo di quello che pensate voi che non lo avete mai conosciuto o mai seguito. Poteva essere salvato. Poteva salvarsi cazzo. Spero che la famiglia arrivi fino in fondo, che sia abbastanza forte da farlo. Le sue debolezze sono state la sua rovina. La sua dipendenza lo ha portato via da questo mondo nonostante si stesse ripulendo. Nella vita ha sbagliato, tanto. Ci sono stati momenti in cui le sue azioni mi hanno fatta sentire disgustata, arrabbiata, infuriata. Ha sbagliato così tanto. Mi sono allontanata da lui per un periodo, non riuscivo a sopportare quello che leggevo. Ho pensato così tanto che avrebbe dovuto pagare per ciò che ha fatto, ma non avrei mai immaginato che invece si sarebbe spento così. A me resta il cuore pesante. Poteva essere salvato. Poteva essere ancora con noi ed iniziare un percorso riabilitativo, migliorare quella versione di sé che ha sbagliato così tanto. Poteva essere qui cazzo.
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Lighter & Princess
"You don't love someone because they're perfect, you love them in spite of the fact that they're not."
Mi sono mangiata letteralmente le mani.
Oh...se avessi ascoltato @lisia81 che mi consigliava di vedermi questa serie l'anno scorso, mi sarei evitata l'imbarazzo di cosa dover scrivere nel quiz di fine anno alla domanda "miglior storia d'amore", "miglior bacio" o anche "miglior drama". ma sono quasi convinta che avrei potuto infilare questa serie anche in altre categorie.
Esattamente come per Moving, trovare un difetto in Lighter and Princess (L&P per brevità) è tosta: regia, montaggio, sceneggiatura, ambientazione, dialoghi, ritmo della narrazione, recitazione... ho trovato tutto fantastico.
PS: Ci saranno spoiler.
Partiamo dalla storia: la trama è semplice e non è niente di trascendentale o epico.
Li Xun è un freddo e calcolatore asso della programmazione informatica che è entrato al college come primo agli esami di ammissione all'università nazionale, guadagnandosi l'ammirazione di tutti i suoi compagni di classe. Tuttavia, non è interessato a partecipare alle normali attività universitarie con i suoi compagni e ha i suoi progetti per il futuro. Questa mentalità lo porta in conflitto con molti dei suoi compagni di gruppo poiché spesso rifiuta di collaborare con loro. #asociale Zhu Yun, nel frattempo, è una giovane donna amichevole e innocente che ha appena iniziato la sua vita universitaria dopo aver fatto tutto ciò che i suoi genitori e la società si aspettavano da lei. Quando incontra Li Xun, si sente in conflitto. Si preoccupa che lui sia un possibile piantagrane, ma si sente comunque in qualche modo attratta da lui. Anche se all'inizio sembrano scontrarsi, iniziano ad apprezzare il tempo trascorso insieme. Ma quando un incidente cambia le loro vite e minaccia di separarli – proprio mentre la storia d’amore stava iniziando ad evolversi – la loro relazione è alla prova finale! [mydramalist]
Come si evince la trama non è nulla di rivoluzionario o lontanamente leggendario. Sono ragazzi dell'università che affrontano i drammi di tutti i giorni mentre crescono piano piano ed imparano sempre di più dalla vita.
Dal punto di vista narrativo ho adorato come L&P avesse un impostazione alla The Untamed, ossia farci vedere una situazione del presente per poi tornare indietro nel tempo e mostrarci come si sia arrivati a quella circostanza. E' una modalità molto furba perché mette lo spettatore in condizioni di sapere già che andrà "tutto a skifio" più va avanti la storia ambientata nel passato...di soffrire più la storia prosegue. E allo stesso tempo da speranza allo spettatore che si torni presto nel presente cosicché l'agonia finisca.
Andando invece alle tematiche del drama esse sono tante e raccontate magnificamente. Come detto sopra la serie è una storia di crescita. I personaggi di L&P ci vengono presentati sin dall'inizio con le loro personalità, convinzioni e desideri per il futuro. Mano a mano che la storia avanza, ognuno di loro dovrà fare i conti con le difficoltà della vita di tutti i giorni, amicizie, decisioni per il futuro... ci saranno scontri, riappacificazioni e tanti sbagli, errori. Come è la vita.
Si perdono amici e se ne trovano altri, si cerca di capire "cosa vogliamo diventare da grandi" e ci sta stretto che qualcuno decida per noi. E quello che pensavamo di volere nel nostro futuro, risulta non del tutto veritiero. Tutti i personaggi di L&P crescono ed imparano dai loro errori: per fare un esempio superficiale, Zhu Yun che sul finire della serie si schiera dalla parte di Li Xun andando contro alla madre e decidendo lei stessa per il suo futuro e con chi vuole passarlo.
A fare da paio al concetto di crescita, c'è quello dell'essere "il migliore" che riguarda prettamente Gao e Li Xun. Per il marito di Lina essere il migliore vuol dire sconfiggere Li Xun. Che sia al computer o a chi piscia più lontano, l'importante è vincere contro il lead. Un ossessione così forte che lo porta a preferire la morte - letteralmente - piuttosto che lasciar prevalere Li Xun. Anche il lead relega l'essere il migliore alla vittoria su Gao - anche per motivi personali - mostrando all 'ex migliore amico che non riuscirà mai a batterlo, guidato dall'odio e dal risentimento.
Alla fine però entrambi capiscono che il miglioramento non è in relazione verso gli altri, nella competizione. Ma verso se stessi. L'essere una persona migliore rispetto al passato, perdonando vecchi rancori ed imparando ad andare avanti amando le cose e le persone che gli stanno più vicine. Capendo dove si è sbagliato, cercando di fare ammenda e comprendendo che ci sarà sempre qualcuno migliore di te in qualcosa.
Ma se ho adorato come la serie mostri e sviluppi questi due concetti, la cosa che ho amato ancora di più è stata la scrittura dei personaggi: umani, sfaccettati, fallaci. Pieni di insicurezze, rabbia, egoismo, arroganza ed inclini all'emotività.
Zhu Yun, interpretata da una fantastica Zhang Jing Yi, è uno di quei personaggi protagonisti femminili che io adoro. Perché è tosta e determinata senza essere badass o violenta. E' intelligente e coraggiosa, a tratti delicata ed elegante. Non fa scenate, non urla. Lei silenziosamente fa la sue cose ed una volta che ha preso una decisione è molto risoluta nel perseguirla. sposarsi il lead come missione di vita
Ma allo stesso tempo è insicura, cerca continuamente conferme e si lascia prendere dalle emozioni. Ad esempio nella sua relazione con Li Xun e Lina. Non c'è storia: ogni volta che il lead passa dieci secondi con questa ragazza, Zhu Yun va in paranoia totale. Sia nel passato che nel presente della storia. Come dice giustamente @lisia81 sarà poi questa insicurezza a non permettergli di "vedere" il piano di Li Xun nel passato e di stargli davvero vicino nel momento di bisogno. Ed anche se fa male, adoro questa imperfezione della lead che la rende molto umana.
Interessantissima poi la sua relazione con la madre. Io mi lamentavo di quell'altra mamma famosa dei drama cinesi - non dirò il nome perché solo nominarla mi fa salire il crimine e perché @lisia81 deve ancora vederlo e non voglio spoilierargli nulla- ma a ben pensarci, la madre di Zhu Yun è peggio. Almeno quella era malata e depressa e cercava di ammazzarsi a giorni alterni. RIP
Questa invece, ha instaurato con Zhu Yun un rapporto ossessivo e controllante. Lei sa cosa è meglio per sua figlia. Lei decide cosa deve studiare, fare, andare e "provare per il lead". E se da una parte posso comprendere il fatto che voglia le cose migliori per la figlia - tutti i genitori vogliono le cose più belle per i figli - dall'altra inorridisco quando impedisce a Zhu Yun di fare la sua vita, le sue scelte.
Senza parlare poi di come tratta quel povero lead. Nel finale quando gli dice che il marito di sua figlia deve avere una buona famiglia ecc ecc... sapendo benissimo che Li Xun una famiglia non ce l'ha, non è stata cattiva. E' stata meschina. Crudele.
Ma è stata utile. Perché "grazie a lei" Zhu Yun prende in mano la sua vita ed il suo futuro, dimostrando che non gli importa di cosa pensi o provi sua madre e concludendo così il suo percorso di crescita.
Poi c'è Li Xun che ha il volto di Chen Fei Yu e a cui devo letteralmente inchinarmi. Perché l'avevo già visto in Ever Night e non mi era piaciuto. Avevo trovato la sua recitazione rigida e non mi sembrava che fosse entrato nel personaggio.
Ma in L&P fa il salto di qualità: lui è Li Xun. La naturalezza con cui porta in scena il bel tenebroso mezzo tsundere �� encomiabile, così come l'espressività. Li Xun è un uomo di poche parole - una è poca e due sono troppe XD - e spesso mostra i suoi pensieri tramite espressioni: l'alzamento del ciglio, il sorrisetto, il socchiudere gli occhi. Li Xun non parla ma grazie all'ottimo lavoro di Chen Fei Yu tu spettatore puoi supporre cosa sta provando e pensando.
La poca loquacità non è ovviamente un caso: il giovine ha avuto una vita di merda - e soffre di preoccupante artrosi a trent'anni XD @ili91-efp - così come è perfettamente normale che non gli importi nulla degli altri e persegue i suoi piani a prescindere da tutto e tutti. All'inizio di questa storia Li Xun è un blocco di ghiaccio che risponde male a tutti e se ne frega di qualsiasi cosa. Vive per se stesso ed è unicamente interessato a raggiungere i suoi obiettivi. Il resto è nulla.
Poi arriva Zhu Yun. Il suo amore per lei, la loro relazione, gli permette di sciogliersi diventando piano piano più aperto e disponibile tanto che anche la sorella nota il suo cambiamento. Zhu Yun d'altronde è l'unica persona al mondo disposta a combattere al suo fianco, che si fida ciecamente di lui, che si preoccupa per lui...
Ma ahimè tutti i progressi s'infrangono alla morte della sorella e relativa prigione. Li Xun cade nel vortice della vendetta, mandando a puttane la sua relazione con Zhu Yun ed il suo futuro.
Ci sarà modo di parlare della relazione tra i due. Quello che mi preme è mettere in risalto come il protagonista di questa storia non sia minimamente perfetto e che va benissimo così.
Li Xun, anche per via del suo vissuto, può essere cattivo e spietato. Ha ignorato le richieste e le preghiere di Gao per più di metà serie. Ha lasciato la sua ragazza facendo espressamente leva sulle sue insicurezze e paure e facendole volontariamente del male. Li Xun è un genio che può creare piani diabolici senza preoccuparsi di chi ha intorno e come essi reagiranno alla cosa. Una volta che si pone un obiettivo va avanti come uno schiaccia sassi.
Ma allo stesso tempo è capace di grandi gesti d'amore, di gentilezza e rispetto. Intelligentissimo, è sempre un passo avanti a tutti ed è un piacere vederlo spiegare i suoi piani o ammirarlo mentre lavora al pc.
Quando esce di galera pare tornato ai vecchi tempi dell'università. Chiuso, introverso, a tratti scortese. E di nuovo impelagato con vecchi rancori. E' straziante vederlo guardare la lead con gli occhi a cuore e sapere che fosse per lei sareste già sposati con 10 figli non pensa di meritarla e che secondo lui non torneranno più assieme.
Nel finale poi, fa il salto di qualità riuscendo a lasciarsi alle spalle l'odio e la vendetta per vivere felicemente la sua vita. Riconosce i suoi errori con Zhu Yun, accetta che i genitori della ragazza difficilmente daranno la loro benedizione alla coppia ce ne faremo una ragione e comprende finalmente che la sua ex fidanzata è ancora la donna che ama e che vorrà sempre.
Il personaggio di Li Xun è quello con cui ho avuto più difficoltà ad interpretare i pensieri: avendo il POV bloccato e dovendomi spesso basare sulle espressioni o su poche parole, ho dovuto qualche volta decodificarlo.
Infatti la mia scena preferita è quella dove Li Xun, geloso del pittore, sbrocca malamente con Zhu Yun. In quella scena il lead non riesce a trattenere la gelosia che diviene rabbia quando la ragazza sembra sminuire la loro passata relazione " chi non è mai stato innamorato a 18 anni?" - una cosa cosi. Adoro questo momento perché Li Xun pare un fiume a cui hanno rotto gli argini e dove si mostra la vulnerabilità ed il dolore di questo personaggio.
Ed infine c'è Gao. A livello di scrittura credo che sia il migliore tra tutti i personaggi. Dovrebbe essere il villain di questa serie ma la narrazione fa in modo che non lo sia fino in fondo.
Gao che voleva battere il lead e dimostrarsi il migliore. Gao che era sempre primo al liceo e non poteva accettare che qualcun altro, senza troppi sforzi, lo superasse. Gao innamoratissimo di Lina anche se lei amava il lead. Gao che consapevole dei propri limiti e desideroso di allontanarsi dall'ingombrante bravura di Li Xun, fa un passo indietro per andarsene all'estero...
Gao, come tutti i personaggi di questa storia, compie azioni non sempre condivisibili ma che sono comprensibili. Tu come spettatore capisci da dove proviene l'odio e la disperata voglia di sconfiggere Li Xun che Gao mostra così sfacciatamente.
Nella prima parte della serie, Gao è un bravo ragazzo. Studia, si impegna ma non riesce a superare Li Xun. Nonostante lavorino assieme c'è un baratro tra loro, spesso perché Li Xun attua scelte che riguardano il lavoro di tutti senza tenere conto di chi ci ha lavorato oltre a lui. Non posso dare torto a Gao quando si arrabbia con il lead per questi motivi.
Finché Gao perde la specializzazione. Nonostante avesse pregato Li Xun di non fare casino per non creargli problemi, Li Xun lo ignora e Gao non raggiunge l'agognato risultato.
Qui c'è forse uno dei pochi appunti che posso fare alla serie, per quanto riguarda la trasformazione di questo personaggio in uno così crudele e che sorride nel vedere Li Xun essere arrestato dopo che gli è morta la sorella. Secondo me, questa trasformazione così lapidaria è stata un po' frettolosa per uno che fino a 3 episodi prima, era impensabile facesse una cosa così cattiva.
Comunque sia, poiché non riesce a sconfiggere il lead per vie normali, Gao usa quelle "traverse", sforando nell'illegalità. Ma finché può battere Li Xun, vale tutto.
Quando lo ritroviamo nel presente, Gao è il Presidente della L&P, copia i giochi degli altri ed è sposato niente popò di meno che con Lina, la donna che ha sempre amato ma che non lo ricambia.
L'uscita di galera del protagonista metterà sotto pressione Gao in tutti i modi possibili ben sapendo che Li Xun rivuole la L&P. E Gao piano piano cadrà nell'ossessione.
E se da una parte godo nel vederlo in difficoltà visto tutti i danni che ha fatto, dall'altra mi dispiace anche un po': alla fine ha raggiunto tutti i risultati che voleva...ma a che prezzo? E davvero questo, era quello che voleva?
Dal finale di serie s'intuisce di no. Una volta venuta fuori la malattia, l'ossessione si acuisce e diventa quasi follia: Gao si rifiuta di operarsi finché Li Xun non si arrende. Che è illogico. E' stupido. Ma è perfettamente comprensibile per il personaggio di Gao.
Ed il finale... da una parte temevo che la malattia di Gao fosse un motivo per darci il buonismo finale con tutti i personaggi che s'abbracciavano felici perché oh...Gao sta male e bisogna fare pace. Lighter and Princess invece, mi stupisce ancora non dando alla malattia il ruolo risolutore dei conflitti ma rendendola un modo per i due di riflettere sulle loro azioni e su cosa sia davvero importante.
Nota a margine sulla espressione felice ed un po' stupida di Gao quando Lina si presenta all'ospedale dicendogli che rimarrà con lui. Non l'ho mai visto così felice come in quella scena. Adorabile. Mi si è stretto il cuore per lui.
Ma se ho amato come siano stati scritti i personaggi, quello che mi ha davvero preso il cuore è stata la storia d'amore. Spesso i drama romantici scadono nello smielato e nei cliché: perdita di memoria, second lead che fanno gli stronzi, lei che inciampa e casualmente cade tra le braccia del fusto di turno...insomma le solite cose.
L&P non solo non presenta niente di tutto questo ma riesce ad essere adorabile e romantico con una coppia giocosa e divertente, amorevole e davvero piacevole da guardare. Sorridevo involontariamente ogni volta che Li Xun faceva il solletico a Zhu Yun, ad esempio!
I due lead infatti, hanno una chimica spaventosa ed ogni volta che si guardavano negli occhi pare veramente che non esistesse nient'altro che l'altro. Il modo in cui di guardano, toccano, si abbracciano, invadono lo spazio uno dell'altro, è così naturale che sembra che siano sposati da anni.
Inoltre, l'altro motivo per cui ho amato questa coppia è perché sono tutto tranne che perfetti. Sono imperfetti presi singolarmente e sono imperfetti come coppia. Nonostante si amino molto e si sostengano sempre, ognuno di loro porta nella relazione i proprio difetti: Zhu Yun diventando insicura e ansiosa e Li Xun volendo fare tutto da solo. Ricordo ad esempio che sia nel passato che nel futuro, Zhu Yun si lamentava di come il lead non la includesse nei suoi piani e la tenesse sempre all'oscuro di tutto. Gli chiedeva se era inclusa nei suoi piani, del loro futuro ecc ecc....
Questo succede anche nel presente con dei notevoli miglioramenti ma ancora siamo lontani dalla perfezione...e va benissimo così. E' perfetto così!
Le relazioni impeccabili non esistono. E non mi piacciono le storie dove i due protagonisti perfetti si giurano amore eterno e dove sono così bravi uno con l'altro che sai che l'unico motivo per cui si potrebbero lasciare sono per interventi esterni.
Sicuramente Li Xun e Zhu Yun sono una delle mie coppie preferite di quest'anno. Così come lo è questo drama.
Poi oh...ci sarebbe tantissimo altro da dire: dal second lead pittore che non è mai stato veramente un second ma anzi un buon amico. Da Lina che da brava egoista pensa solo ai fatti suoi salvo poi rinsavire nel finale, dai ragazzi della compagnia dei due lead, da Ren Di e la sua storia con il cantante del suo gruppo... ma per adesso basta così.
Consiglio comunque a tutti la visione di questa serie!
Voto: 9
#lighter and princess#cdrama#chinese drama#Li Xun#zhe yu#Zhu Yun#Chen fei Yu#chen feiyu#zhang jingyi#Zhao zhi wei#gao jian hong
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Vorrei tornare a crederci.
Vorrei poter riassaporare la magia del Natale.
Come quando ero piccino e credevo a Babbo Natale, alla bontà dell'uomo e al candore della neve.
Come quando erano piccini i miei figli e mi fecero diventare Babbo Natale, credere nella loro bontà e al silenzio ovattato della neve.
Come quando stanco di sentire della crudeltà dell'uomo verso chiunque, senti la voglia di tornare a credere nella magia di una notte. Che per molti è speciale davvero.
Perché sei un bambino affamato e riceverai una razione più generosa di cibo.
Perché sei un ragazzino, che rivedrà seduti allo stesso tavolo mamma e papà che non si parlano più.
Perché sei povero e all'addiaccio e per una notte sentirai il calore umano scaldarti il cuore.
Perché sei in difficoltà economica e la tredicesima ti aiuterà a pagare qualcosina in più.
Vorrei trovare conforto, vorrei dare conforto.
La magia è lo scambiarsi buone azioni e non solo darle o riceverle.
Una carezza a un cuore freddo, un abbraccio a un'anima persa e protezione a chi sente paura. I doni migliori.
Vorrei esprime un desiderio, grande.
Che gli occhi di chi ha paura non debbano mai vederlo il terrore.
Che nessuno debba più sentire i timpani saltare per un'esplosione fragorosa, oppure il corpo trafitto dalle lame o, ancora, mani che si stringono troppo forte attorno al collo.
Ho bisogno di credere in questo Natale, anche se non sono più un bambino e padre di ragazzi ora consapevoli.
Perché sono un uomo diverso, che sa riconoscere il valore di coloro che sono ritenuti inferiori o ultimi per retaggi di un passato buio.
Aspetto questo Natale, cercando di tramutarlo in forza interiore e non respingerlo come negli anni passati.
E mentre lo aspetto, il ritornello di una canzone di qualche anno fa riecheggia come in un loop nel mio cervello: "immensamente Giulia..."
#libero de mente#frase#pensiero#vita#amore#Natale#Giulia Cecchettin#violenza#bambini#crederci#umanità#pace
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[da siciliana dico che l'isola si sta spopolando sempre di più. Della mia classe del liceo sono rimasti soltanto 2 alunni su 23, e il trend è questo un po' ovunque. Restano principalmente vecchi apatici e corrotti. C'è poca consapevolezza/azione politica perché la gente che nasce lì sa già da principio che deve emigrare una volta finite le superiori, e per la propria regione si prova soltanto un forte risentimento ✨✨
No ma lo so bene, non è che nel resto del Mezzogiorno sia tanto meglio, e tbh il solito assenteismo alle varie elezioni è dovuto a questa sfiducia verso la classe politica
Però ragazzi qua la situazione peggiorerà ancora di più dopo questa riforma
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Capitolo Sei
«Pesa» lamenta piano Salud, mentre trainano il piccolo velivolo al sicuro verso uno degli hangar del campo volo.
«Probabilmente meno di te» rimbecca il pilota, non meno affannato di lui.
«Non sono così pesante. Solo un poco» protesta appena.
Lo sente sospirare. «Forse avrei dovuto provare ad avviarlo e farlo rullare fino al coperto.»
«Scordatelo. Non ci si vede a un palmo dal naso. Poi domattina avremmo dovuto raccattare la carcassa del tuo aereo disseminata lungo il prato.»
«Questo sì che si chiama ottimismo! Probabilmente dovrei offendermi per il fatto che mi ritieni una simile frana nel condurre un velivolo.»
«Non è quel che ho detto» ribatte testardo. Non sa neppure perché sta discutendo con il ragazzino invece di risparmiare fiato e forze per arrivare agli hangar.
«Manca ancora molto, secondo te?»
Ha una vocetta che gli arriva piccola e incerta. Sembra abbastanza scoraggiato. Salud prova a orientarsi nel buio, ma non è per niente facile. Se almeno ci fosse stata la luna avrebbe avuto un’idea abbastanza certa della strada ancora da percorrere, ma quella sera ci sono unicamente le stelle, e lui non è un marinaio e non saprebbe in che modo sfruttarle, quindi sbuffa e scuote la testa.
«Non saprei dire» borbotta.
〜
«È stata una brutta idea, eh?» lo riscuote dai propri pensieri nebulosi la voce abbastanza stremata del fottuto pilota.
«Stai zitto» ringhia piano.
«Oh? Altrimenti?»
«Altrimenti mollo questo trabiccolo, ti prendo a pugni e poi ti carico nella cabina e vi porto entrambi fino all’hangar.»
Doveva essere una sorta di promessa minacciosa. Un lungo silenzio le fa seguito, poi il silenzio viene spezzato da una lieve risatina.
«Sai che forse mi conviene? Almeno la fatica la faresti solo tu.»
Salud grugnisce indispettito. «Non esserne troppo entusiasta. Di solito ci impiegano un bel po’ per tornare coscienti.»
«Bah! Questo è tutto da vedere» ribatte a tono.
Pare proprio che non gli riesca di farlo stare al suo posto. Ma dopo tutto è pur sempre un pilota: brutta razza, son di quelli che dell’essere seccanti e tronfi hanno fatto un vanto, se non addirittura la loro ragion di vita.
«Come ti si spegne, a te? Non ce l’hai, da qualche parte, un interruttore per mandarti a nanna?»
«Guarda, io ci andrei volentieri anche da solo, se sapessi dove sta il tuo magazzino. Ma siamo in mezzo al nulla e… Ahi! Cazzo» mugola, dopo aver prodotto un tonfo attutito.
Salud si è fermato, perché è rimasto il solo a tirarsi appresso l’aereo e perché vorrebbe capire che ne è stato di quell’impiastro di pilota.
«Qual è il problema, a questo giro?»
«Che la tua pista ha pure delle buche, oltre a non essere affatto illuminata, e io ci sono finito dentro con tutte le scarpe» sbotta.
«A parte che la pista non è mia ma di un mio amico, sono piuttosto sicuro che non abbia affatto buche. Quindi direi che non siamo più sulla pista.»
«Ci siamo persi? È questo che cerchi di dirmi?»
«Credo di no» replica Salud, pensieroso. «Aspettami qui un momento.»
«Cosa? Non starai cercando di mollarmi in questo… buco, vero?» si altera il piccoletto.
«No, sto cercando di controllare se siamo arrivati dove penso. Adesso, per favore, puoi restartene zitto e buono un maledetto momento? Sai, non vorrei ritrovare la strada per poi scoprire che sei scomparso tu. Sarebbe una gran rottura di palle.»
«Fai come ti pare» ringhia, sembrando tutto fuorché lieto dell’ultima trovata di Salud.
Sospira e scuote la testa. Che razza di grana si è ritrovato per le mani. Come se non ne avesse già a sufficienza ogni santo giorno.
〜
La buona notizia (l’unica di quella dannata giornata che volge finalmente al termine) è che ha ritrovato uno dei loro magazzini. Come sospettava, sono arrivati alla fine della pista e si sono inoltrati appena un poco nella zona sterrata. Avrebbe preferito evitarlo, ma è anche colpa sua, dato che non ha pensato di passare prima dal magazzino per appropriarsi di una torcia e poi tornare a recuperare il monomotore. Ora, dato che se lo può permettere, oltre alla luce si frega anche uno dei loro rimorchiatori, così non dovranno più spaccarsi la schiena per trainare il velivolo del pilota al coperto. Ha pure i fari, il trattore; ha una mezza idea di vantarsi con il ragazzino indisponente e sfotterlo un po’... Magari la mattina seguente, perché a quel punto sono entrambi abbastanza stanchi e preferirebbe di gran lunga concedersi una lunga dormita, prima di attaccar briga, forse anche una bella colazione.
Presto ritrova l’aereo, tutto rosso fiammante e bianco neve nel mezzo dello sterrato polveroso. Il pilota, ovviamente, non è in vista. Sbuffa esasperato. Fottuti piloti! Dove accidenti sarà andato a cacciarsi quell’impiastro volante? Smonta dal suo veicolo, fa il giro dell’aereo ed eccolo, stravaccato accanto al timone di coda.
«Che fai, dormi?» sbotta, raggiungendolo.
«No, anche se mi sarebbe piaciuto. È solo che ci hai impiegato un’eternità!» lamenta piagnucoloso.
Salud leva gli occhi al cielo. «Sei sempre così fastidioso, oppure oggi è un’occasione speciale?»
Il ragazzino schiude le labbra, trae un respiro, tentenna, ci riprova, infine sospira e imbastisce un piccolo broncio che scatena una risatina divertita da parte del meccanico.
«A meno che tu non voglia passare la notte appoggiato al tuo aeroplano, muovi il culo e aiutami ad agganciarlo al rimorchiatore.»
I suoi occhi lo fissano un attimo di troppo, in un modo che, come sempre, non riesce a interpretare, ma infine annuisce. «D’accordo» accetta, rimboccandosi le maniche e aiutando Salud a fissare le ruote del velivolo al gancio del trattore.
Il breve viaggio fino alla rimessa trascorre in silenzio. Sistemano con cura il velivolo in uno spazio libero all’interno dell’hangar più vicino, il pilota si attarda in un ultimo controllo del suo mezzo. Salud si limita a osservarlo a braccia conserte e attendere che abbia terminato la sua ispezione che, in verità, somiglia molto a un commiato fra due amici di lunga data. Per un momento Salud ha l’impressione di averlo perfino veduto passare un palmo sulla fusoliera rossa in una sorta di carezza. Potrebbe essersi sbagliato, considerato che casca dal sonno, e non è certo se preferire un’ipotesi piuttosto che l’altra, ma infine fa spallucce e fa strada al ragazzo, accompagnandolo al suo magazzino mentre rischiara il loro cammino con la torcia recuperata in precedenza. Alle stranezze di quell'incontro tornerà a pensare l’indomani mattina; ora, francamente, è troppo stanco anche solo per mettere in fila un ragionamento sensato.
#...più forte ragazzi!#All the Way Boys (1972)#Plata/Salud#Ali dal Nord#R_Roiben_R#plata & salud#Plata#Salud#Naso Balsam#Airplanes#Pilots#First Meeting#from the work of Giuseppe Colizzi#Comper Swift#all the way boys
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- Motore!
- Partito!
- CIAK!
ANATOMIA DI UN AMORE PERDUTO - Scena 110, primo piano, interni…
Tenendole le mani strette - non andartene lo sai che ti amo…
- NOOO, STOP! STOP! maledizione, non è questa la battuta… é la centodecima che giriamo e me la sbagli ancora? E che cazzo sei de coccio? Le devi dire “Si ho sbagliato tutto… vai per la tua strada, me ne farò una ragione” questo le devi di’
- Ma io la amo!!!
- “Ma io la amo! Ma io la amo!” Ma che c’hai tre anni?…
- cinquantano…
- e non mi interrompere, coglione! Lo so che c’hai cinquantanovanni sonati. E che non lo so? E proprio per questo che la tua battuta non va bene, sa de vecchio, de romantico stantio. Devi da esse’ moderno, emancipato, anche un po’ sboccato, tipo “ma si fai quello che cazzo ti pare, sei adulta e vaccinata e…”
- e non sai che te perdi…
- e daje! Ma sei coglione forte? Innanzi tutto sei tu che l’hai mollata, che l’hai tenuta sulla corda come uno stronzo per due anni, con un “non è cosa, ci siamo fatti troppo male e bla bla…”
- ma lei ha…
- “ma lei” un cazzo! E statte zitto quando ti dico una cosa importante! Te dicevo, l’hai tenuta sulla corda, tutte le pippe dell’orgoglio ferito, del sentirsi tradito, morto! E c’hai rotto bello mio. Lo vedi che t’ha detto ciao, s’é trovato n’antro e se lo scopa pure? (Scusa ma se non parlo così sto stronzo non capisce)
- e che non ce lo so che sta con un altro? Ma mica me sento de morì per questo? É andata!…
- E dimmi perché te senti di morire? Non perché se la scopa un altro? (Scusami ma se non glielo sbatto ‘nfaccia lo stronzone non capisce)
- É che mi sento un coglione…
- ecco bravo: l’hai detta una buona…
- che mi sento il cuore in gola, che mi sembra di vederla ad ogni angolo, che mi vengono i vuoti al cuore, che c’ho una tristezza infinita… Ma che non lo sai?
- e si che lo so. Stai tutto inciancicato, e che non lo vedo? Ma allora perché non gliel’hai detto prima che l’amavi? Che era la ragione della tua vita? Perché non le hai ammollato un bacio quando potevi e pure qualche altra cosa (e d’occasioni sto stronzo in due anni ne ha avute che ne avute, vero?)
- si le ho avute, vero. Ma lei non se ne può venire, dopo manco 15 giorni che c’eravamo lasciati (Lasciati poi... almeno per me non lo era, cercavo di mantenere il punto. Nella incazzatura del momento, si, lo abbiamo detto e ripetuto. Incazzati violentemente, so volate parole grosse, troppo grosse, come sempre, abbiamo scantonato di brutto) dopo che stavamo per fare davvero, almeno così ci eravamo detti quella maledetta sera, e se ne viene con “sto con un altro, sento che è una cosa importante…” e allora la nostra che era? m'ha preso per il culo? Che c’avevo da pensare se nell’arco di un mese (maledettissimo agosto di ogni stramaledetto anno) é cambiata come il giorno e la notte e mi porta all’esasperazione (coglione che ci casco sempre e poi sempre), evidentemente cercando il pretesto per fanculizzarmi e farsi fanculizzare… e poi la storia importante… che c’avevo da pensa’? Che c’avevi il serpe nel manicone? Che ti stavi già guardando attorno? Che la cosa per te non era così seria? Mi so’ sentito ferito a morte.
- ma quando la fai tragica. Ma se sei stato il primo a cacarti addosso? Che temevi che la cosa diventasse così seria da perdere il controllo e non riuscire a risolvere tutte le cose rimaste appese cinque anni prima? (tua figlia, sua figlia, le incomprensioni? Le INSODDISFAZIONI! la parte economica e tutto il cazzo che vi fotte!) Che è? Mo' ti brucia? Non parli più? St'orgoglio del cazzo! Te lo ficchi adesso lì l’orgoglio… mo te lo tieni tutto e ti stai zitto.
- ma io…
- muto! Concentrati, ripeti la battuta e non diciamo cazzate.
Forza ragazzi, attivate le macchine che giriamo
- Motore!
- Partito!
- CIAK: ANATOMIA DI UN AMORE PERDUTO - Scena 111, primo piano, interni… Azione!
Tenendole le mani strette - ti auguro tutta la fortuna possibile. Vivi la tua vita. Ti voglio bene...
- BUONA QUESTA! C’è un "ti voglio bene" di troppo ma va bene così. Tu non sei Redford ed io non sono Neil Simon.
Pausa di dieci minuti e poi giriamo in esterni.
E tu coglione, ricomponiti, asciugati quelle lacrime del cazzo. Lei è andata, fattene una ragione una volta per tutte. Hai una vita davanti e tanti film ancora da girare.
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Fandom: Bud Spencer and Terence Hill movies
Movie: Zwei Himmelhunde auf den Weg zur Hölle/ più forte, ragazzi!
Pairing: Plata/Salud, romantic or platonic
Language: German
Words: 232
Titel: die vergessene Blume
Plata ging lächelnd in die Hinterräume, wo er wusste, dass Salud war.
Er roch an der roten Blumen, die das schöne Mädchen ihm gegeben hatte.
Ein sanftes Grinsen teilte seine Lippen, als er an die Schönheit dachte, die er vor kaum einer Stunde verführte. Die Blume roch genauso frisch und süß wie sie es war.
Er ging mit lockeren Schritten durch die Billard-Spielhalle und schwelgte in diesem Duft.
Schon beim betreten des Raumes hörte er die vertrauten schmerzerfüllten Jammer und das Klatschen von Saluds Fäusten, die auf etwas… Jemanden einschlugen.
Plata sah sich kurz verwirrt im Raum um, bevor er seufzte und sich an die nächstbeste Säule lehnte und sich den Kampf ansah.
Er wollte gerade wieder an der Blume riechen, als Salud von hinten angesprungen wird. Er seufzte und hing seine Weste an den Hacken neben ihn. Dann stürzte er sich mit in das Getümmel, bis auch der letzte sich schmerzerfüllt auf dem Boden räkelte.
An der Bar angelehnt fragte Plata dann, worum es ging.
„Sie sagten mein Bruder sei ein Betrüger.“ brummte Salud
„Mh, unhöflich… Aber recht haben sie ja.“ Er trank einen Schluck.
„Natürlich haben sie recht, aber er ist immer noch mein Bruder.“
„Auch wieder wahr.“
Und als Plata dann seine Weste wieder mitnahm, bemerkte er nicht einmal, wie die Blume herunterfiel. Während er Salud hinterher ging, war sowohl die Blume, als auch das Mädchen von vorhin vergessen.
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Ho dormito un po' di più, mi sono svegliata sempre alle 6, ho bevuto un bicchiere d'acqua e mi sono bagnata la faccia e i polsi, ho fatto stretching, il caffè e mi sono preparata per andare a lavoro. Ho corso per prendere il bus ma l'ho perso, ho sorriso, ripreso il fiato e aspettato quello dopo. Oggi ho assistito il veterinario, abbiamo fatto un prelievo di sangue a una capretta e tolto il gesso a un vitello, ho imparato come bloccare e coricare le pecore in situazioni di emergenza, come prendere la temperatura, controllare le mucose e le altre varie parti del corpo, abbiamo anche fatto un po' di teoria sulla fisionomia e fisiologia animale in generale. Poi ho pulito come il solito, dato la pappa e fatto tante coccole a tutti, ho riso con gli altri ragazzi, constatato che il verso dei porcellini d'india è molto simile a quello delle zebre, ho finito puntuale e sono tornata a casa, sul pullman ho progettato insieme a una mia collega un parco giochi per le capre (si accettano consigli per il nome) e una libreria da tenere nell'ufficio sul tema dell'antispecismo per sensibilizzare i visitatori. Ho pranzato e sistemato la casa, poi ho fatto meditazione e ho letto un libro mentre fuori c'era un temporale assurdo, ho fatto la doccia e sono uscita a suonare l'handpan al fiume. Ora sono sul ponte, è tranquillo... faccio ancora un po' di musica poi rientro. Ho avuto delle brutte ipoglicemie in questi giorni e mi sono di nuovo scottata, a volte ho davvero tanti pensieri... da soffocarmi, corrono forte, tipo che mi sdraio e sento il cuore battere impazzito e la testa annebbiata. Ho delle sensazioni orribili, ma cerco di lasciarle andare. Di calmare la mente e respirare. Di accettare e non contrastare, di accogliere ma non trattenere. Soffro ma va bene. Perché so che starò meglio, perché so che il mio passato non torna e ciò che ho vissuto non mi identifica. Sono già libera dalla sofferenza e lo so bene. Anche se c'è, perché esiste e ci sarà sempre, ovunque. Ma sta a me scegliere cosa vedere, sentire e quali parti illuminare. Non c'è felicità senza dolore, come non c'è il buio senza la luce, giorno senza la notte, destra senza sinistra. Gli opposti sono facce della stessa medaglia e sono inseparabili, uno non esiste senza l'altro.
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Veneziani: In treno verso il nulla, stranieri a casa propria.
di Marcello Veneziani – 13 Agosto 2023
L’altra sera ho preso un treno locale tra Foggia e Bari. Ero nella mia terra, dovevo raggiungere il mio paese natale, ho preso l’ultimo regionale della sera. Non ero in prima classe, non leggevo Proust, non ero tra lanzichenecchi, come era capitato ad Alain Elkann ed ero curioso di chi mi stava intorno. Ero l’unico anziano in un treno zeppo di ragazzi, pendolari della movida, che si spostavano per andare a fare nottata in paesi vicini. Ero su una tratta che un tempo mi era famigliare, ma mi sono sentito straniero a casa mia. No, non c’erano stranieri sul treno, come spesso capita nei locali. Ricordo una volta su un locale, ero l’unico italiano tra extracomunitari, in prevalenza neri, con forte disagio perché ero pure l’unico ad avere il biglietto. Stavolta invece ero tra ragazzi dei paesi della mia infanzia e prima giovinezza, eppure mi sentivo più straniero che in altre occasioni.
Li osservavo quei ragazzi e soprattutto quelle ragazze, erano sciami urlanti che agitavano il loro oggetto sacro, la loro lampada d’Aladino e il loro totem, lo smartphone. Si chiamavano in continuazione, la parola chiave per comunicare era “Amò”, ed era un continuo chiedersi dove siete, dove ci vediamo. Era come parlare tra navigatori che si dicevano la posizione.
Le ragazze erano vestite, anzi svestite, scosciatissime, come se fossero cubiste o giù di lì, con corpi inadeguati. Era il loro dì di festa, il loro sabato del villaggio, ma in epoca assai diversa da quella in cui Leopardi raccontava l’animazione paesana che precede la domenica. Dei loro antenati forse avevano solo la stessa pacchianeria prefestiva, ma nel tempo in cui ciascuno si sente un po’ ferragnez e un po’ rockstar. Parlavano tra loro un linguaggio basic, frasi fatte e modi di dire sincopati. Mai una frase compiuta, solo un petulante chiamarsi, interrotto da qualche selfie, si mandavano la posizione e si apprestavano a incontrarsi e poi a stordirsi di musica, frastuono, qualche beverone, fumo, e non so che altro. Li ho visti in faccia quei ragazzi, erano seriali, intercambiabili, dicevano tutti le stesse cose, ciascuno in contatto col branco di riferimento. Cercavo di trovare in ciascuno di loro una differenza, un’origine, un qualcosa di diverso dal branco; ma forse erano i miei occhi estranei, la mia età ormai remota dalla loro, però non ravvisavo nulla che li distinguesse, che li rendesse veri, non dico genuini. Eppure parlavano solo di sé, si specchiavano nei loro video, si selfavano, un continuo viversi addosso senza minimamente preoccuparsi di chi era a fianco, insieme o di fronte. Sconnessi.
Magari è una fase della loro vita, poi cambieranno; magari in mucchio danno il peggio di sé, da soli sono migliori. Però non c’era nulla che facesse vagamente pensare al loro futuro e al loro piccolo passato, alle loro famiglie, ai loro paesi, al mondo circostante; tantomeno alla storia, figuriamoci ai pensieri, alla vita interiore, alle convinzioni. Traspariva la loro ignoranza abissale, cosmica; di tutto, salvo che dell’uso dello smartphone. Anche i loro antenati, mi sono detto, erano ignoranti; ma quella era ignoranza contadina, arcaica e proletaria, carica di umiltà e di fatica, di miseria e di stupore; la loro no, è un’ignoranza supponente e accessoriata, non dovuta a necessità, con una smodata voglia di piacere e vivere al massimo il piacere, totalmente immersi nel momento. Salvo poi cadere negli abissi della depressione, perché sono fragilissimi.
Mi sono detto che i vecchi si lamentano sempre e da sempre dei più giovani, li vedono sempre peggiori di loro e dei loro nonni. Però, credetemi, la sensazione più forte rispetto a loro, era un’estraneità assoluta, marziana: nulla in comune se non il generico essere mortali, bipedi, parlanti. In comune non avevamo più nulla, eccetto i telefonini. Per confortarmi mi sono ricordato di quei rari ragazzi che mi è capitato di conoscere e che smentiscono il cliché: sono riflessivi, pensanti, leggono, studiano con serietà, sanno distinguere il tempo del divertimento dal tempo della conoscenza, hanno curiosità di vita, capiscono l’esistenza di altri mondi e altre generazioni, capaci di intavolare perfino una discussione con chi non appartiene alla loro anagrafe. Però ho il forte timore che siano davvero eccezioni. E mille prove personali e altrui confermano questa impressione. Raccontava un amico che fa incontri nelle scuole che davanti a una platea di trecento ragazzi, chiese loro se leggessero giornali, o addirittura libri, se vedessero qualche telegiornale, se sapessero di alcuni personaggi, non dico storici o i grandi del passato, ma almeno importanti nella nostra epoca. Uno su cento, e poi il silenzio. Hanno perso la loro ultima piazza, il video, ognuno si vede il suo film e la sua serie su netflix o piattaforme equivalenti, segue il suo idolo, ha vita solo social.
Qualunque cosa in chiave politica e sociale, storica o culturale, non li sfiora, non li tocca, non desta il loro minimo interesse. Certo, sono sempre le minoranze a seguire attivamente la realtà o a coltivare una visione del mondo e condividerla con un popolo, un movimento, una comunità. In ogni caso non è “colpa loro”, se sono così. E’ anche colpa nostra; anzi non è questione di colpe. E l’impossibilità di comunicare con loro dipende pure da noi. Però, mi chiedo: cosa sarà tra pochi decenni di tutto il mondo che si è pazientemente e faticosamente costruito lungo i secoli, attraverso scontri, guerre, sacrifici, fede, conoscenza, lavoro, lavoro, lavoro? Nulla, il Nulla. Sono questi i cittadini, gli italiani, di domani? Sono forse diversi, e più nostrani, rispetto agli stranieri extracomunitari che sbarcano da noi a fiumi?
Tabula rasa, zero assoluto, il postumano si realizza anche senza manipolazioni genetiche, robot sostitutivi, intelligenze artificiali e mostri prodotti in laboratorio. Quel treno della notte non portava da un paese a un altro, portava solo nella notte.
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