#Pallottoline!
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gregor-samsung · 8 years ago
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Ah, ma anche per le mosche, se Dio voleva, erano gli ultimi giorni di baldoria, come per gli «insetti umani» che, a piedi o su somarelli, s'inerpicavano fin lassù, a circa mille metri sul livello del mare. E per vedere che cosa infine? I laghi d'Albano e di Nemi: un paio d'occhiali insellato su quel gran naso con la punta all'insù, ch'è il Monte Cave. Già cominciavano infatti a spesseggiare i giorni di nebbia: quella nebbia umida e densa che toglie lo spettacolo incantevole dei due laghi gemelli ora vaporosi ora morbidi come azzurri veli di seta: occhi, più che occhiali, tra le folte ciglia dei boschi di ippocastani; occhi della pianura laziale, in cui, come serpente lucido enorme, il Tevere, dall'oscuro grembo di Roma, visibile appena là in fondo, si svolge, ricomparendo qua e là nelle ampie volute, fino al mare visibile appena laggiù.
Luigi Pirandello, Pallottoline!, 1ª pubblicazione nella raccolta Quand'ero matto, Renzo Streglio e C. Editori, Torino, 1902, quindi in Novelle per un anno -  vol. 11 La giara.
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bubblycider · 7 years ago
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I'm Italian and I've never ever heard Culaccino in my entire life, whereas I am a self described Gattara, even though I own no cats due to the fact I'm at university and I cannot afford one right now (plus condominial rules are always a pain for animal owners).
gattara a vita 💕😻💕 gattara for life
Parole intraducibili
Found a website with 30 words that are typical of a language and are hard to translate in other languages. The Italian ones are these:
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sunusaix · 6 years ago
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Le frittelle di s. Antonio abate
Le frittelle di s. Antonio abate
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Per sant’Andò de la vàrba viànga, se non ha sbiangato, sbianga!
Per s. Antonio con la barba bianca, se non ha imbiancato, sbianca!
Vecchio detto popolare marchigiano!
Prendere un pezzo di massa di pane lievitato, fare tante pallottoline grosse come un uovo e schiacciare a forma di crescia, o cresciola o frittella come si chiama da noi. Friggere in olio, spolverare di zucchero o di sale come…
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pangeanews · 4 years ago
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“Io credo soltanto in ciò che è attivo, immediato, personale”. Ti scopre, ti schianta, ti denuda nella tua mediocrità: su Henry Miller, 40 anni dopo
Quest’uomo mi conosce, quest’uomo mi segue, mi perseguita. Quest’uomo sa. Sa di me come donna, sa di me come femmina, quest’uomo respira con me, è accanto a me, mi annusa, il mio odore gli piace. Nessuno come lui sa prendermi, sorprendermi, quest’uomo sa possedermi. Nessuna mano se non la sua sa mettersi tra le mie gambe, le sue dita mi entrano dentro, sanno come muoversi e quanto, la mia voglia le impregna. Nessun umore è uguale e viscido, niente in letteratura eccelle quanto scrivere di quel misto di aspro e di sporco. È dei miei sapori interni che quest’uomo ha fame. Io gli servo. Io che quest’uomo non lo conosco. Mai visto in vita mia.
*
Mai visto, non ho potuto, non ne ho avuto il tempo, è morto 40 anni fa, e a 88 anni. Fernanda Pivano lamenta che Henry Miller è morto troppo presto, lui che era, ed è, troppa vita, lui che dirompe di vita. E la vita ma quando è felice, la vita come la vuoi e non la vivi, non ci riesci, non la abbracci, se non per brevi momenti. Tra un orgasmo e l’altro. La vita di Miller sono le pagine dei suoi libri, libri che sono diari, diari che sono ricordi, e ricordi di un tempo… lontano. Miller per strada, a Parigi, o in America, a New York, negli anni Trenta del secolo scorso: che sorso vitale, che sollievo scoprire che mentre in Occidente si slittava sul ghiaccio post 1929, eccolo, un uomo, lui, Henry Miller, lì per le strade sbertucciate, buie, livide, strade sempre diverse, e sempre le stesse, fatte a incavo, solco che è seno, è sesso di una donna, quale donna, Mona, no, è Mara, o è quella lì che batte, quella col sesso il più lurido, la più vacca che Dio ha messo in terra, e quale Dio, se non quello da bestemmiare nei Tropici?
*
La prima bestemmia scritta, la più infame, impronunciabile, la peggiore, quella di due parole, una che inizia con P e l’altra con D, quella scappata al primo degli uomini, a Adamo, anche se la Bibbia non lo dice, stai pur sicuro che non è stato Miller a scriverla, e però io a leggerla per la prima volta con lui. Vederla lì, e sapere che puoi, letteralmente imprecare e renderlo letterariamente valido. Farlo, chi te lo impedisce, Dio, il governo, la morale, la censura, quale Dio, quale governo, quale morale, quale censura, la morale c’è se tu hai, vuoi moralità. La moralità è la tua, non la mia. Lo puoi fare, puoi bestemmiare, al Cielo e sulla pagina scritta, come su pagina puoi scrivere di sesso, di quello che il tuo corpo è e quello che del tuo corpo un altro fa. Incredibile, leggere le pagine culturali di 80 anni fa e sapere Miller accusato di ricercare il successo tramite la pornografia, mezzo scemamente ritenuto il più facile per la fama. Davvero? Davvero è così scontato, naturale scrivere porno? Ma allora fallo, tu, fatelo, tutti, e a tutti bravi, e a tutti applausi. Veramente lo pensi possibile? Credimi, io lo so. Io so che dannazione è la parola sesso scritta. Non è tua amica, non è tua complice, è imbroglio, è condanna, è vomito che ti sale dallo stomaco e passa e non lo freni, esce dalla tua bocca e ti si imprime lì. Sul foglio bianco. E tu lo devi fissare, e spalmare, mescolare, poi leccare. Ingoiare e cacare. O vomitarlo di nuovo. Si ricomincia. Fissa, spalma, mescola…
*
Stare dentro una donna, un corpo, il corpo di una donna, dentro col pene, no, col pensiero, come se fosse importante, come se uno, dieci, mille sessi maschili che ti entrano e escono, fossero importanti. Valessero. Fossero amore, un sentimento, quando in realtà sono niente. Lo zero assoluto. Oh, beh, qualche volta, un pene dentro ti fa bene, ti fa godere, saziare no, saziare mai, non è possibile, ma tu, che ne sai, quando vedi, senti, la tua donna contorcersi, come se fosse vero, come se fossi tu a farla contorcere, e non quello che lei sta sognando, volendo sul serio dentro di lei immaginato nella sua mente, pensieri che della tua donna non potrai mai controllare, dove diavolo sta, in Sexus, un Tropico, dov’è che Miller nella sua donna sì entra dentro, ma dentro con la testa nelle natiche di lei, Miller che vi combacia, associa, dissocia il piacere supremo che quello squarcio dà, con quello a cui la natura lo ha pur destinato, quei grossi proiettili marroni, in quelle pagine di Miller pallottoline da coniglio. Letteratura escrementizia. Può il sesso di una donna, il delirio, il creduto possesso farti abbaiare, che dico, guaire, e in quell’incanto regalarti di un libro la chiusa?
*
Su Henry Miller ne hanno dette e scritte, George Orwell gli rimproverava di non essere uno scrittore impegnato, ma un menefreghista della politica, e dei destini del mondo. Come se cambiarlo, questo mondo, fosse possibile. Come se una sc*pata non valesse di più. O di meno. “Non voglio portare né una camicia nera, né una camicia rossa: voglio portare la camicia che mi pare”, diceva Henry Miller a Nanda Pivano, “io credo soltanto in ciò che è attivo, immediato, personale”. Miller non fa incaz*are per la sua insuperabile bravura, Miller ti fa incaz*are perché ti scopre, ti denuda nella mia, la tua mediocrità. Lui scrive e ti parla in prima persona ma è nelle sue frasi le più turpi, che tu vivi. Quelle gesta, sono le tue. Quei pensieri di Henry Miller immondi, li hai pensati, li pensi, li penserai pure tu. Quei soldi rubati, a un funerale, davanti al cadavere di uno dei tuoi migliori amici in realtà mai stato tale, perché mai te ne è importato qualcosa, quei 20 dollari sgraffignati… li hai rubati tu. Per andare a p*ttane alla faccia di tua moglie, madre dei tuoi figli, che ancora ti sc*pi di tanto in tanto, in mancanza di meglio. Mentre già sbavi di sbatterti la donna del tuo amico morto. A chi la vuoi raccontare? Quando quello che abbiamo tra le gambe si mette a pensare, non c’è alt, non c’è arresto. Quel pensiero non ti porta in nessun posto, ti porta dappertutto.
Barba Costa
*Bibliografia minima: Fernanda Pivano, La balena bianca e altri miti, Il Saggiatore, 1995.
**In copertina: Henry Miller nel 1950 (la fotografia è tratta da qui)
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chefadriano · 8 years ago
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 Gnocchi  alla  trasteverina > ingredienti e dosi per 4 persone _300 gr di ricotta  - 3 uova  - 100 gr di pancetta  - 150 gr di parmigiano - 100 gr di farina  -150 gr di burro  - salvia  -sale – pepe_
METHOD-
In una terrina lavorate la ricotta in modo da ammorbidirla e renderla pastosa ,aggiungete le tre uova e metà quantità di parmigiano.Unite la pancetta tagliata a dadini e fatta prima rosolare in un tegamino. Spolverizzate con sale e pepe e unite in farina quanta ne occorre per ottenere un impianto consistente. Suddividete l'impasto in tante pallottoline della grandezza di una noce.. dopo averle passate nella farina, fatele friggere in un tegame con poco burro spumeggiante. Disponete gli gnocchi fritti in una terrina e conditeli con il restante burro fatto fondere a parte con due foglie di salvia. Cospargete con il parmigiano rimasto e disponete sulla superficie come guarnizione le foglie di salvia usate per il burro.
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sunusaix · 6 years ago
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Le frittelle di s. Antonio Per sant'Andò de la vàrba viànga, se non ha sbiangato, sbianga! Per s. Antonio se non ha imbiancato, sbianca! Aveva provato a farlo ma era solo grandine! Prendere un pezzo di massa di pane, fare tante pallottoline grosse come un uovo e schiacciare a forma di crescia, o cresciola o frittella come si chiama da noi. Friggere in olio, spolverare di zucchero o di sale come piaceva a mio padre. Le frittelle di s.Antonio dolce povero e tradizionale per questa festa quando un tempo arrivava "lu vecchió" una persona mascherata di brutto, che portava regali ai bimbi! Dove sei finito tempo semplice e meraviglioso? #frittelledipane #desantando #festadisantonio #tradizionepopolare #vecchio #cucinatradizionale #igersmarche #marcheintavola #igersmacerata #tradizionedicasanostra
Le frittelle di s. Antonio Per sant’Andò de la vàrba viànga, se non ha sbiangato, sbianga! Per s. Antonio se non ha imbiancato, sbianca! Aveva provato a farlo ma era solo grandine! Prendere un pezzo di massa di pane, fare tante pallottoline grosse come un uovo e schiacciare a forma di crescia, o cresciola o frittella come si chiama da noi. Friggere in olio, spolverare di zucchero o di sale come piaceva a mio padre. Le frittelle di s.Antonio dolce povero e tradizionale per questa festa quando un tempo arrivava “lu vecchió” una persona mascherata di brutto, che portava regali ai bimbi! Dove sei finito tempo semplice e meraviglioso? #frittelledipane #desantando #festadisantonio #tradizionepopolare #vecchio #cucinatradizionale #igersmarche #marcheintavola #igersmacerata #tradizionedicasanostra
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gregor-samsung · 8 years ago
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Ma perché mai può esser fatta la scienza medica? Per essere applicata, crede ingenuamente il dottor Calajò. E lui la applica; come ne ha, del resto, il dovere e come i casi e la discrezione gli consigliano. Basta questo, perché a Milocca sia inviso a tutti: inviso per principio, senza tener conto dell’esito delle sue applicazioni. Per esser conseguenti, i Milocchesi non dovrebbero mai chiamare al letto dei loro malati il dottor Calajò. E difatti mi consta che non lo chiamano, se non proprio all’ultimo momento, cioè quando finiscono di essere Milocchesi e sono soltanto povere bestie atterrite dalla morte imminente. Di solito, per le malattie lievi (o che in principio credono tali) si servono d’un certo Piccaglione, che tiene in casa la sonnambula, da cui si fa ajutare nelle cure sui generis che impartisce ai malati. Ecco, Piccaglione è proprio il medico che ci vuole per Milocca: non ha laurea; non la pretende a scienziato; non compromette in nessun modo la scienza, dalla quale pubblicamente s’è messo fuori da sé con quella ridicola sonnambula. E servendosi di lui si ha poi questo non disprezzabile vantaggio: che si fa a meno del farmacista; perché Piccaglione, tutta la sua farmacia, la porta in tasca, in una scatola che s’apre come un libro, da una parte e dall’altra scompartita in tante caselline, ciascuna con un tubetto di vetro pieno di pallottoline di zucchero intrise d’alcool con le essenze omeopatiche. Cinque o sei di quelle pallottoline sotto la lingua, e via! Guarigione sicura. Perché poi, quelli che Piccaglione non riesce a guarire con le sue pallottoline, non li uccide mica lui, ma Calajò, sia maledetto una volta e quando l’hanno chiamato!
Luigi Pirandello, Acqua e lì, «Rassegna settimanale universale», 25 aprile 1897 col titolo Il dottor cimitero, poi con il titolo definitivo e in una redazione completamente diversa in «Corriere della Sera» 14 settembre 1923, poi in Tutt'e tre Bemporad, Firenze 1924, infine in Novelle per un anno - Tutt'e tre
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