#NON SIAMO CALMI PER NIENTE QUI
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attento a non macchiarti d'olio eh
#NON SIAMO CALMI QUAGGIÙ#NON SIAMO CALMI PER NIENTE QUI#colapesce#dimartino#la primavera della mia vita
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L' 8 dicembre 1943 nasceva Jim Morrison
Soprannominato "il Re Lucertola"
Dal pezzo " Celebration of the Lizard".
Cantato nella sua completezza nel disco dal vivo " Absolutely Live".
Sotto la traduzione del testo
"Leoni che vagano per la strada
Cani in calore, rabbiosi, con la schiuma in bocca
Una bestia rinchiusa nel cuore della città
Il corpo di sua madre
Marcisce nella terra estiva
Lui scappa dalla città
E’stato nel profondo sud e ha attraversato i confini
ha lasciato caos e disordine
alle sue spalle
Una mattina si é svegliato in un verde hotel
Con una strana creatura che geme al suo fianco
Sudore gocciolava dalla sua pelle splendente
C’é qualcuno?
la cerimonia sta per iniziare
Svegliati!
non riesci a ricordare dov’era
Era finito il sogno?
Il serpente era di un oro pallido
Smaltato e lucente
Avevamo paura di toccarlo
Le lenzuola erano calde prigioni di morte
Ora, corri verso lo specchio in bagno
guarda!
Non riesco a vivere quei suoi lenti movimenti
Perdo il controllo
Le fresche e lisce piastrelle
Sentono il buon sangue fresco e pungente
I calmi sibilanti serpentidi pioggia..
Una volta facevo un piccolo gioco
Mi piaceva strisciare indietro nel mio cervello
Penso che sai di che gioco sto parlando
Intendo il gioco chiamato “impazzire”
Ora devi provare questo piccolo gioco
Chiudi gli occhi e dimentica il tuo nome
Dimentica il mondo, dimentica la gente
E costruiremo un campanile differente
Questo giochetto è divertente da fare
Chiudi gli occhi, non puoi perdere
Io sono qui, lo faccio anch'io
Lasciati andare, stiamo entrando dentro
La strada del ritorno nel profondo dei ricordi
Indietro dove non ci sarà mai sofferenza
e la pioggia scende gentile sulla città
nel labirinto delle correnti
Al di sotto, la presenza quieta e soprannaturale
di nervosi paesani nelle calme colline circostanti
Abbondante di rettili
Fossili, cave, fresche alture
Ogni casa della stessa forma
finestre aperte
Auto bestiali chiuse fino al mattino
Tutti dormono ora
Coperte silenti, specchi assenti
Polvere cieca sotto i letti di coppie oneste
Ferita nelle lenzuola
e figlie soddisfatte
con occhi di sperma nei capezzoli
Aspetta
C’è stato un massacro qui
(non smettere di parlare o di guardare in giro
I tuoi guanti & i fan sono a terra
Stiamo scappando dalla città
Stiamo scappando di corsa
E tu sei quello che voglio che venga)
Non toccare la terra
Non guardare il sole
non si puo fare nient'altro che
correre, correre, correre
corriamo
La casa sulla collina
La luna scende lentamente
Ombre degli alberi
testimoniando la brezza selvaggia
Vieni baby corri con me
corriamo
corri con me
corri con me
corri con me
corriamo
La villa è calda, in cima alla collina
Camere eleganti e confortevoli
Braccioli rossi di lussuose poltrone
e tu non saprai niente finché non entri dentro
Il corpo del presidente morto nella sua auto
Il motore gira su colla e catrame
Vieni, non andiamo molto lontano
Verso est per incontrare Czar
Alcuni fuorilegge abitano sulle rive del lago
La figlia del ministro innamorata del serpente
Che abita nel pozzo al bordo della strada
Svegliati, ragazza! Siamo quasi a casa
Sole, sole, sole
Brucia, brucia, brucia
Presto, presto, presto
Luna, luna, luna
voglio averti
presto!
presto!
presto!
Lascia suonare le campane del luna-park
Lascia cantare il serpente
Lascia ogni cosa
Arrivammo laggiù
I fiumi e le autostrade
arriviamo laggiù dalle
Foreste e dalle cascate
Arrivammo da
Carson e Springfield
Arrivammo da
Phoenix affascinati
e posso dirti
I nomi del regno
Posso dirti
Le cose che sai
Ascoltando per un minuto di silenzio
Scalando vallate nell’ombra
Sono il re lucertola
posso fare tutto cio che voglio
Posso fermare la terra nel suo cammino
Ho fatto in modo che le macchine blu se ne andassero
Per sette anni ho vissuto
nel palazzo perduto dell’esilio
giocando strani giochi
Con le ragazze dell’isola
Ora sono tornato
Nella terra del giusto, del forte e del saggio
Fratelli e sorelle della pallida foresta
o bambini della notte
Chi tra voi vuole correre con la caccia?
Ora la notte arriva con la sua legione viola
Ritirati ora nelle tue tende e nei tuoi sogni
Domani entriamo nella mia città natale
voglio essere pronto".
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Passeggiamo tra le rovine per mano E sembra una città di diamanti Quanto tempo Quanta strada ho fatto Per ritrovarti Quanto sei stato fermo ad aspettarmi? Quante lacrime ho mischiato all’acqua della vasca da bagno Quanto dolore ho finto di non portare sulle spalle Per riabbracciarti Per rivederti Ora sei qui E ti vedo appannato perché ancora piango Ma ora è tutto calmo Questa guerra ha distrutto tutto Ma noi no Brilliamo ancora come quelle due stelle Che sembra siano sempre rimaste lì ferme Che ne sanno loro di tutto questo Non sono mai cadute O forse stiamo guardando indietro nel tempo e già hanno smesso di esistere Ma noi lo abbiamo sempre detto Che il tempo è solo un’illusione Siamo rimasti sempre qui forse Seduti in questo posto Da dove guardavamo il mondo dentro un quadro che avevano disegnato noi soltanto entrambi Ad aspettarci Calmi Come adesso Ti bacio con gli occhi chiusi mentre mi guardi E finalmente mi guardi O è ancora ieri E non ho mai avuto altro Il futuro mi tende la mano incerto O sono io che tentenno Perché se potessi resterei qui in eterno Dove tutto ha inizio Al principio Quando sapevo credere ancora a tutto Accanto a te Senza dire niente. #karenlojelo #poetryofinstagram #loveforever #movimentoperlemancipazionedellapoesia #poesiadistrada #captions #didascalia #word #parole #wordsoftheday #moltimondi #tempo #poesia #wattpaditalia https://www.instagram.com/p/CEGZl96HuGW/?igshid=f6tfrmm5qih5
#karenlojelo#poetryofinstagram#loveforever#movimentoperlemancipazionedellapoesia#poesiadistrada#captions#didascalia#word#parole#wordsoftheday#moltimondi#tempo#poesia#wattpaditalia
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AmilcareGrassi, poeta Castelnovese, Assessore alla Cultura del Comune di Fosdinovo narra Sòfia gnò c'a t'arespòndo , una raccolta di poesie scritte in quarantena.
Mail: [email protected]
DPCMproject
[email protected] dpcmproject.tumblr.com
Sófia gnò c’a t’arespóndo
Occhi di cane
Tu forse lo senti / nell'aria di casa /
nei giri più corti che facciamo / quello che ci è capitato
ma insieme qui siamo / di passaggio a questo mondo /
tu forse lo senti di più / il brusìo di quel fondo /
da dove tutti veniamo / con i tuoi occhi rovesciati.
Al tramonto quando il sole / bacia i poggi e poi si ritira /
e la collina trema di calore / dentro alle ossa ti sentivo
e una voglia strozzata mi prendeva /
di camminare con te / in mezzo agli ulivi.
Glicine
Le lacrime della bambina / fiori azzurrini diventano /
pezzi di cielo caduti / nel verde della collina /
voci di speranza e amicizia / a lenire nella lontananza /
la nostra mestizia.
Anche l'ombra / illumina il suo guardare /
tutto colora, confonde / nebbia di calore che vela /
schiuma di mare il suo sorriso / che la sabbia bacia e sparisce /
di sé ti lascia il sale.
I piedi dovevo baciarti / che ti hanno portato in paese da ragazzina /
mi tengo il tuo guardare / pieno di sospiri /
di ricordi, mamma / di occhi sempre vivi
rinasci ogni volta / che ti rivedo morire.
Con la tua lana tante volte/ ho provato a lavorare/
mi sono messo a cucire/ i nostri vespri a ricordare/
io attaccato alla cucina/ tu mamma a sferruzzare/
Studia ragazzo mi dicevi/ la vita per me è stata meschina/
cattivo è il mondo/ con la conoscenza e la pietà/
forse lo puoi cambiare.
Quando più non potevi camminare/ ho guardato il tuo scomparire
come la luce che la sera/ si adombra per sfinire /
e il borgo si ritira/ lo senti spignattare. /
Si era perso il sorriso / che sempre avevi
e l’azzurro dei tuoi occhi / una nuvola copriva.
A prenderla come te vorrei riuscire / non come fosse l'ultimo /
ma il primo giorno da ricominciare. /
Tu ridevi babbo / - Al vivere mi sono abituato /
- tu dicevi - una disgrazia / a novant'anni doverlo lasciare.
Tu babbo non capivi /-Dove sei, ritorna al mondo /
lunatico - mi dicevi /- solleva a testa dai libri /
esci, cammina tra gli ulivi. - / Come la mamma mi guardavi /
dentro il vivere / come avessi d'andare via.
Andiamo dove abbiamo da andare/ chi ha trovato le parole/
il nostro vivere a dire? / tu no, babbo, ma chi? /
indietro fammi tornare / a quel primo sentire /
a chi così l'ha cantato / per quietare.
Si sente un Re con la sua corona/ non guarda in faccia nessuno /
si infila in mezzo al respiro / a dirci di stare calmi /
di pensare al poco che siamo / di abbassare la crésta /
a stare insieme di imparare.
Si nasconde il vivere/ scappa al nominare /
al pianto e al ridere / si fa forse sentire /
nel brusìo del silenzio. / La città così zitta /
che vi guardo tutti ritornare.
Con questo silenzio si fanno sentire / mi vengono tutti a trovare /
a farmi compagnia / Eliano di poche parole /
non c'è niente da buttar via / mia madre dolce sospira /
di mio padre il parlare più antico / Ginon con gli altri in fila /
a dirmi di ricordare / quello di loro che mi rimane /
come nuvola sopra ai monti / quando il sole scende al mare, /
che di qui hanno nostalgia.
Abbarbagliare di muri / nella nebbia di calore /
dei meriggi di festa / un ritornare di ombre tra i vivi/
mi fermavo ad aspettare / un fischio, un sospiro/
un segno d'amore / per me che ero vivo.
I tempi è vero sono duri/ ma basta il soffio /
della fucsia ballerina / a far partire la musica del mondo /
che prima non si sentiva / il brillare delle foglie verdi /
agli acùti dei limoni in allegria / della tortora neppure l'ombra /
sono pochi anche i gabbiani / ma l' arenaria spunta già dai muri.
Denudato al freddo e al sole / è rinato il mio ulivo /
ha rimesso le foglie / giovane si lascia guardare /
con le sue verdi voglie / l'ha salvato il dolore /
si è ricordato come fare.
C'è una palma là davanti / verso il cielo sembra scappare /
tanti i verdi della collina /tutti insieme in armonia /
è la bellezza a mettere insieme / l'amicizia fa sognare /
che questo mondo butta via. /E se fosse questo il mondo vero /
svuotare occhi e cervello / avere tempo per sentire /
il soffio del vivere leggero / di là dal fare e strafare?
Vola rasente ai tetti / rondinella che dentro /mi struggi /
vai presto a casa sua / ai piedi della mia collina /
cantale per me una canzonetta / aspetta che sorrida /
come faceva da ragazzetta / fai un giro per i nostri posti / mi raccomando, prima di ritornare.
Stracci stési al sole / tremare di luce e fiori /
abbaiare di cani, una voce di bambina /
tutto è un andare / ai miei occhi che non tengono /
specchi opachi dell'amore / che tutto smuove /
una baraonda di colori.
Con lei mi viene da giocare / come da ragazzo col soffione /
- Mi vuole o non mi vuole? - Mi rimane il gambo in fondo /
alla fine del domandare /.... / Soffia ragazzo che ti rispondo.
A Maurizio Maggiani
Mauri, cosa fai? / Anche tu in testa alla fila / non sgomitare, sta lì /
anche da qui , ti posso parlare/ non avere fretta di partire /
aspetta, se posso torno indietro/facciamo un pezzo insieme. /
Come stiamo vogliono sapere / gli ossi è un po' che scricchiolano /
per stare meglio lì facciamo tirare / quanti passi su e giù per quella collina / l'aria buona a respirare / ora sono qui sopra a casa tua /
porto il cane a pisciare/sono tra quelli a rischio /
mi hanno voluto ricordare.
Mauri Mauri... / rammenti? / zolle secche e sassi /
dove i piedi sprofondavamo / a sentire l'odore buono
dei campi vangati / che cambiavano di colore? /
mettevano voglia di pane / olio, acetoe serpollino /
poi con le ginocchia scrostate / seduti a mangiare /
in qualche angolo.
Si sfanno ai miei occhi / le case che guardo al sole /
di questa mattina chiara / l'azzurro del cielo a colorare /
non c'è un' anima in giro / neppure gli uccelli fanno compagnia /
abbiamo fatto troppa confusione. / Ora zitti e spaesati / con una paura da cani / un altro mondo ad aspettare.
Oggi mi lascio sfinire / tra veglia e sonno /
e tutto mi ritorna / di certi meriggi i brividi /
quando i muri respirare / mi sembrava di sentire /
e dai portici uscivo / con l'affanno, alla luce /
piéna, della mia via. / Mi batte il cuore, come da ragazzo /
i passi ad accompagnare.
Sogni, favole e amori / portati negli anni/a l'ultima Maestà /
del mio continuo camminare /occhi e voci aggrumati /
nascosti nei canaloni /nelle polle di acqua scura /
diventassero dei fiori /a festeggiare le resurrezioni.
Sarà come scendere al mare / che nell'aria si fa prima sentire? /
non avere fretta però di arrivare / non è un andare e venire /
di qui lasci gli stracci / qualche parola messa in fila /
un po' di bene se lo hai fatto / due o tre fotografie
Fermati a guardare / gli occhi di una donna /
tengono le sensazioni / niente buttano via /
i solchi del suo viso / negli anni si riempiono d'oro /
ti chiamano a cercare.
In questi tempi di paura/ piango in silenzio quelli che se ne sono andati /
ora che la vita duri / tutti non facciamo che sperare /
le lacrime vanno sempre seminate / per raccogliere la poca gioia /
che ci possiamo aspettare.
Io lo conosco questo zittire / di voci e passi, questo brividìo di grigi /
che fa fuggire anche gli uccelli / i cani più quieti lo sembrano capire /
ma due sax hanno cominciato a suonare / al scendere giù della sera /
e da una finestra a un terrazzino / è stato tutto un abbracciare.
Per i nostri boschi ora non andiamo / la Lulù pare capisca /
da retta, resta in casa / fa la pecora, lei pastora /
la guardo come incantato / dai suoi occhi così buoni /
la mia vita è anche la sua / è il bene che ci vogliamo
#dpcm#dpcmproject#diamopoterecreativoallamente#ponticreativi#quarantena#fase2#fase3#covid#poesia#parole#liguria#castelnuovomagra#amilcaremariograssi#irenemalfanti#fotografia#mariagigliopsicologa#simonadeluca#digitaldesigner
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Notte tra domenica e lunedì: dice già tutto, non trovi? Non riesco più a dormire, ho perso il sonno come perdo tempo durante il giorno per non pensare: sistemo la stanza e poi la sistemo ancora, ho pensato persino di mettere in ordine i panni nell’armadio, ti rendi conto? Io che i panni li ho sempre lasciati su una sedia per giorni interi, finché non erano troppi da guardare persino per me. Sono le 2 e non riesco a dormire, penso che sarebbe perfetto se tu adesso fossi qui, proprio accanto a me. Non mi faresti compagnia, ci proveresti, certo, ma dopo mezz’ora passata a parlare, essendo stanco ti addormenteresti, e allora, presa dall’insonnia, resterei a guardarti sorridendo: incantata a pensare, senza pensare a nulla che non sia “Quanto è bello”. Quanto è bello cosa? Tutto. Tu, il modo in cui dormi e quello che siamo. Il modo in cui mi ami e quanto ti amo. Penso che averti qui cambierebbe tutto, che si sa, non sarebbero così pesanti questi giorni, ma non fa niente, passeranno come sempre. Mi calma pensare alle tue mani che mi accarezzerebbero, che mi accarezzeranno. Mi calmi. Chissà cosa starai sognando mentre io resto qui a fissare il soffitto buio, malinconica ed un po’ rassegnata, con la tua maglietta addosso che non profuma più di te: che brutto, il tempo malvagio che cerca di cancellare i ricordi, non sapendo che ho tutto dentro me. Non sa perdere, ma neanch’io. 02:02, esprimerò un desiderio e poi lascerò gli occhi chiusi in attesa che il sonno mi rapisca: riprendo a contare i giorni che dividono le mie labbra dal tuo collo, sembrano tanti ma diventeranno nulla. Buonanotte amore.
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10/7/2018
Stasera ero stanchissimo, quasi mi mancavano le forze per prendere il pullman e venire da te, ma la voglia di stare con te era troppo forte.
Come sempre appena ci vediamo ci saltiamo addosso, come se non ci vedessimo da anni, e io sono troppo felice di questo. Amo quando ti aggrappi a me forte forte con le gambe e mi stringi, amo quando appena apri la porta ti spunta un sorriso (che probabilmente c’era già prima di aprire la porta), amo sapere che al quinto piano di quella via c’è la ragazza della mia vita. ❤️
Essendo stanco, stasera siamo stati più calmi, ma non mancava di certo il nostro amore.
Infatti mi hai detto “ascoltiamo la musica?” La nostra musica. E come potevo dirti di no. 😍❤️
Tutta la sera fino alle 11:15 ad ascoltare musica, ma questo è niente.
E il modo con qui l’abbiamo fatto che mi ha fatto sentire al sicuro. Mi sentivo strano. Accoccolato completamente su di te sulla pancia, poi abbracciato..
Amavo stare in quel modo.
Io, te e la nostra musica.
Poi mentre ascoltavamo “la mia ragazza” anche se “dormivo” non ho fatto altro che pensare a noi.
A quando avremo un bambino anche noi, a te che lo coccolerai e lo guarderai, a me che sarò innamorato di voi due.
Ti amo vita mia, mi manchi davvero tanto.. Non vedo l’ora che sia domani per vedere superquark e dormire con te. ❤️
Buonanotte mia panda. ❤️❤️
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Adore you (capitolo 7)
La notte non ho chiuso occhio, un po' per gli incubi, dai quali non riesco a liberarmi, e un po' per Louis. A scuola sembravo uno zombie. Liam e Niall hanno provato a capire il motivo per il quale non avessi dormito, ma declinavo le loro domande e cambiavo argomento. Nessuno sa dei miei incubi, nemmeno la mia famiglia, e non ho intenzione di raccontarglielo. Se sapessero da cosa sono causati non mi guarderebbero più nello stesso modo, ma lo farebbero con compassione, e mi tratterebbero come un'oggetto fragile che può rompersi da un momento all'altro. Oramai il periodo in cui mi sentivo così l'ho superato, ed ora, riesco a conviverci tranquillamente. È vero, la notte dormo poche ore, ma ho fatto progressi. I primi tempi avevo gli attacchi di panico e ho sfiorato l'anoressia. Non riuscivo a mangiare niente, ed ogni volta che chiudevo gli occhi rivivevo il momento più brutto della mia vita. Mamma ha cercato invano per mesi di capire il motivo per il quale non mangiavo, non parlavo, non uscivo e non dormivo. Ricordo che mi portò da uno psicologo, ma non servì a niente. Non raccontai nemmeno a lui per quale motivo stessi in quel modo. Passavamo le ore in silenzio, senza dirci nulla. Lui mi osservava e analizzava ogni mio movimento. Un giorno, dopo l'ennesima seduta in totale silenzio, decise di parlarle. Le disse che era solo uno spreco di tempo e denaro portami da lui, e quando in macchina, tornando a casa, vidi la sua faccia disperata scattò qualcosa dentro di me. Decisi di provare ad andare avanti. Decisi di non pensare che potesse riaccadere, e soprattutto, decisi di non lasciare che il tempo passasse senza viverlo. Con il passare dei giorni ho ricominciato ad uscire dalla mia stanza, a mangiare e a parlare. Poi è iniziato il liceo. Mi sono fatto degli amici, di gran lunga migliori di quelli che avevo, e adesso sono felice. La mia vita è migliorata sotto tutti gli aspetti, l'unica cosa a non migliorare è la notte. Quando mi addormento non riesco a controllare i miei pensieri, ma spero che con il tempo anche quest'aspetto migliori.
Per tutto il giorno mi sono trascinato da una lezione all'altra, ma ho comunque notato che Kendall non era presente. Louis non mi ha rivolto la parola, non che mi aspettassi che lo facesse, però ne sono rimasto deluso. Forse una piccola parte di me sperava che mi salutasse e mi trattasse gentilmente davanti agli altri. Tutte le volte che l'ho visto era con i suoi amici e con Eleanor sempre accanto.
<Harry che fine ha fatto Kendall?> chiede Niall.
<Non lo so. Non risponde ai miei messaggi. Credo che oggi andrò a trovarla>
<Sai dove abita?>
<Ho chiesto il suo indirizzo in segreteria. Ho dovuto insistere un po' per averlo, ma alla fine ci sono riuscito>
Annuisce, e dopo che un clacson suona, ci saluta e se ne va. Liam fa lo stesso ed io raggiungo la fermata. L'autobus che porta a casa di Kendall arriva dopo venti minuti. Durante il tragitto la paura che le fosse successo qualcosa è aumentata. Ho provato a chiamarla, giusto per avvisarla che sarei andato da lei, ma come previsto non ho ottenuto una risposta.
Quando finalmente l'autobus si ferma a pochi metri da casa sua, scendo, e mi avvio velocemente verso l'indirizzo scritto sul foglietto. Suono il campanello due volte e quando la porta si apre, un'uomo giovane, con i capelli neri, gli occhi marroni e la barba mi squadra.
<Tu chi sei?>
<Ehm....un'amico di Kendall. Lei è in casa?>
<Sta in camera sua da sabato. Non vuole uscire e non vuole che nessuno entri>
<Posso provare?>
Alza le spalle e mi fa entrare.
<La sua camera è la seconda porta a destra> dice, e scompare in salone.
Salgo le scale e busso alla sua porta. Non risponde.
<Kendall sono Harry. Possiamo parlare?>
Nessuna risposta.
<Per favore Kendall. È da sabato che non ti sento. Se ti è successo qualcosa possiamo parlarne>
Non ottengo risposta nemmeno questa volta. Sospiro e faccio per andarmene, ma quando sento la chiave girare nella serratura mi giro di scatto e sorrido. Entro nella stanza e non appena la vedo mi si gela il sangue. Ha le occhiaie, le ginocchia strette al petto e le guance rigate dal trucco. Noto che indossa il vestito di sabato sera. La stanza è totalmente buia. L'unica luce è quella che entra dalle tapparelle. Vado immediatamente a sedermi accanto a lei, ma quando mi avvicino sobbalza e si sposta.
<Kendall cosa succede?>
Vedo che fatica a trattenere le lacrime.
<Kendall qualunque cosa sia successa può risolversi. Devi solo parlarne con qualcuno. Capisco se non vuoi farlo con me. Non ci conosciamo da molto tempo, però puoi sempre parlarne con la tua migliore amica>
Scuote la testa, ed una lacrima le bagna la guancia. Mi si stringe il cuore a vederla in questo stato. È sempre sorridente, allegra ed emana tranquillità, invece ora le uniche emozioni che sembrano dominarla sono la paura e la tristezza. La guardo in silenzio. Parecchi minuti dopo decide di parlare.
<I-io non mi ricordo nulla> dice con una voce irriconoscibile, scoppiando a piangere.
L'abbraccio, e anche se è tesa ed impaurita, pian piano si rilassa tra le mie braccia.
So che il motivo delle sue condizioni non può essere dovuto solo al fatto che non ricorda niente, perciò aspetto che si calmi per farle qualche domanda.
<Cosa devi ricordare?>
Inizia a tremare e le accarezzo delicatamente la schiena per darle sicurezza.
<Credo....io....io credo d-di essere stata violentata> conclude con voce spezzata.
Smetto di accarezzarle la schiena e la guardo. Ho il sangue gelato e sento le lacrime farsi strada nei miei occhi. Lei continua a piangere e singhiozzare. Le parole che vorrei dirle mi si bloccano in gola e tutti ciò che riesco a fare è abbracciarla il più forte possibile.
<Cos'è successo sabato?> chiedo, ritrovando l'uso della parola.
<Non mi ricordo. Ho delle immagini offuscate nella testa. Ci sono io ed un ragazzo sopra di me. Io provo a spostarlo ma lui non se ne va. Mi continuava a dire che sarebbe andato tutto bene e continuava a togliermi il vestito e far vagare le sue mani sul mio corpo. L'ultima cosa che riesco a ricordare è lui che mi bacia>
<Chi è questo ragazzo?>
La mia voce è irriconoscibile. È incrinata e stridula.
<Non lo so>
Capisco dalla sua faccia che mi sta nascondendo qualcosa.
Provo a darle sicurezza e a farle capire di continuare a raccontare.
<Domenica mi sono svegliata, e....e ho trovato alcune foto sulla mia galleria>
Prende il telefono, poggiato accanto a lei sul comodino, e me le mostra.
Nelle foto c'è lei sdraiata su un letto con indosso solo le mutandine. Me ne mostra un'altra con scritto "è stato magico". Vedendo la sua faccia nel vedersi in quelle condizioni, le tolgo il telefono dalle mani e lo spengo.
<Possiamo denunciarlo> inizio, ma lei fa una risata amara.
<E come? Non ricordo nemmeno la sua faccia>
<C'era molta gente alla festa, sicuramente qualcuno ha visto qualcosa>
<Non voglio raccontarlo a tutta la scuola>
<Non per forza. Puoi anche chiedere se qualcuno ti ha visto con un ragazzo alla festa>
Lei sospira ed annuisce.
<Ho paura a tornare lì dentro> ammette.
<Ci sono io con te> la rassicuro.
Mi alzo dal letto e vado ad aprire le tende. La luce del sole invade la camera e lei si copre gli occhi con le mani. Apro le finestre per far entrare un pò d'aria pulita, dopodiché la prendo per mano e la faccio alzare.
<Non servirà a nulla restare in camera tua isolata dal mondo. Ora va a farti una doccia. Ti porto a mangiare qualcosa>
<Non ho fame> protesta.
<Non fa niente. Devi uscire. Non ti fa bene restare chiusa in camera>
Sospira, ma alla fine fa come le dico. Prende un'asciugamano, dei vestiti puliti nell'armadio e va in bagno.
Mentre l'aspetto le rifaccio il letto e le butto i fazzoletti sparsi per terra. Non posso pensare che le sia successa una cosa del genere. Forse se fossi rimasto con lei non sarebbe successo niente. Forse se avessi insistito nel rimanere a casa mia quando l'ho vista ubriaca non sarebbe successo. Di sabato sera non ricordo nulla nemmeno io. Le uniche cose che ricordo sono che lei era ubriaca e Louis e Eleanor che ballavano. Non ricordo altro. Non so quanto abbia bevuto per svenire. Forse ho preso qualche droga? Cazzo non mi ricordo!
<Sono pronta> dice Kendall, interrompendo i miei pensieri.
Indossa una tuta, e i capelli neri sono legati in una coda. Ha gli occhi gonfi e arrossati però adesso non ha le guance sporche di mascara.
<Andiamo?>
La prendo per mano e scendiamo al piano di sotto. Il padre inizialmente sembra sorpreso nel vedere la figlia fuori dalla camera, ma poi lascia spazio ad uno sguardo privo di emozioni. Porta gli occhi sulle nostre mani intrecciate, ma non dice nulla. Si limita a salutarci. Camminiamo sul marciapiede, ancora illuminato dal sole, e nel tentativo di tirarle su il morale le racconto qualche aneddoto divertente.
Qualche isolato dopo entriamo in un fast-food e ci sediamo in un tavolo appartato.
Ordino per entrambi un'hamburger con patite e coca-cola, che ci arrivano in poco tempo. Senza sforzarmi troppo riesco a convincerla a mangiare almeno le patatine.
Dopo che entrambi siamo sazi andiamo in una piazzetta e continuiamo a chiacchierare.
<Harry grazie> mi interrompe lei.
Le sorrido e lei si avvicina un po' di più.
<Sei stato l'unico che ha provato a parlarmi. Mio padre ha bussato un paio di volte alla porta, ma non so se volesse veramente che gliel'aprissi> continua abbassando lo sguardo.
Annullo le distanze e l'abbraccio. Posa la testa sulla mia spalla e sento il suo corpo tremare, proprio come poche ora fa. Non so esattamente cosa sia giusto fare in questi casi. A me nessuno ha dato una mano. Ne sono uscito da solo. Non so come comportarmi per farla stare meglio. L'unica cosa che posso fare è continuare ad abbracciarla e farle capire che sono qui per lei. Per darle una mano ad andare avanti.
<Kendall andrà tutto bene. Troveremo chi ti ha fatto del male e la pagherà. Te lo prometto> le sussurro continuando a tenerla stretta.
Restiamo seduti in quella posizione per una mezz'ora, finché non si scosta dal mi petto.
La sua faccia distrutta mi riporta alle mente il me di qualche anno fa, ma al contrario mio, lei ha qualcuno al suo fianco, e non passerà tutto quello che ho passato io.
Non appena scopriremo chi ha abusato di lei non sarà costretta a rivederlo o a parlarci. Non appena lo sapremo, farò tutto il possibile per farlo marcire in carcere. Lontano da lei e da altre ragazze ingenue, pure ed indifese.
<Vorrei tornare a casa. Non mi sento molto bene, ed ho bisogno di dormire>
Annuisco e mi alzo. Le prendo la mano e la stringo per rassicurarla. Abbozza un sorriso e ripercorriamo la strada per tornare a casa. Davanti la porta la sento irrigidirsi, perciò mi fermo e le poso un leggero bacio sulle labbra. Nei suoi occhioni neri c'è tanta tristezza, paura e frustrazione. Le sorrido, ma questa volta invece di ricambiare sospira sconfitta.
<Cosa c'è che non va?> chiedo, ma quando mi rendo conto della stupidità della domanda abbasso lo sguardo e arrossisco.
Mima con la bocca un "niente" ed entra in casa. Rimango qualche secondo imbambolato davanti alla porta per poi dirigermi verso la fermata dell'autobus.
Tornato nel mio appartamento sento tutta la stanchezza della giornata sulle spalle.
In questo momento vorrei solamente sprofondare nel letto e dormire, ma puzzo e ho bisogno di una doccia per rilassarmi.
Mi spoglio ed entro sotto il getto d'acqua calda, che immediatamente mi scioglie i muscoli e lava via le lacrime. Vedere Kendall in quelle condizioni mi ha fatto rivivere i primi momenti del periodo più brutto della mia vita. Momenti che ho seppellito e che non ho intenzione di tirar fuori. Sono riuscito ad andare avanti, però non li ho mai affrontati veramente. Probabilmente se rivivessi da capo tutto quanto non penso che riuscirei a riprendermi. Un conto è avere gli incubi dai quali mi sveglio, prima che il tutto accada, e un conto è parlarne con qualcuno.
Esco dalla doccia e in lacrime mi infilo sotto le coperte. Prima di addormentarmi decido di scrivere un messaggio a Kendall.
Domani verrai a scuola?
La sua risposta si fa attendere, ma arriva.
Non mi aspettavo che rispondesse. E non mi aspettavo nemmeno questa risposta.
Si ci sarò. Chiunque sia stato non deve vedere che sono distrutta.
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Traduzione discreta del finale ... non ci sto capendo più niente di sto gioco...
Baby / Elizabeth: hai giocato proprio nelle nostre mani. Pensi davvero che questo sia appena caduto dal cielo per te? No. Questo era un regalo ... per noi. Li hai riuniti tutti insieme in un unico posto, proprio come ha chiesto anche a te. tutte queste piccole anime in un unico luogo. Solo per noi Un regalo. Ora possiamo fare ciò che siamo stati creati per essere ed essere completi. Ti renderò orgoglioso papà. Guarda, ascolta e sii pieno. ???: Connessione terminata. Mi dispiace interromperti, Elizabeth. Se ricordi ancora quel nome. Ma temo che tu sia stato disinformato. Non sei qui per ricevere un regalo, né sei stato chiamato qui ma l'individuo che hai assunto. Sebbene sia stato effettivamente chiamato. Siete stati tutti chiamati qui. In un labirinto di suoni e odori, cattiva direzione e disgrazia. Un labirinto senza uscita; un labirinto senza premio. Non ti accorgi nemmeno di essere intrappolato. La tua brama di sangue ti ha spinto in cerchi infiniti, inseguendo le grida dei bambini e qualche camera invisibile sembra sempre così vicina ... eppure in qualche modo irraggiungibile. Ma non li troverai mai. Nessuno di voi lo farà. Questo è dove finisce la tua storia. E a te, mio coraggioso volontario, che in qualche modo ha trovato questo annuncio di lavoro non destinato a te. Sebbene ci fosse una via d'uscita pianificata per te, ho la sensazione che ... non sia quello che vuoi. Ho la sensazione che tu sia ... proprio dove vuoi essere. Sto rimanendo pure. Sono vicino Questo luogo non sarà ricordato, e il ricordo di tutto ciò che è iniziato in questo modo svanirà definitivamente, come dovrebbe essere l'agonia di ogni tragedia. E a voi mostri intrappolati nei corridoi - state calmi e rinunciate al vostro spirito. Non ti appartengono. Per la maggior parte di voi, credo che ci sia pace, e forse più che ti aspetta dopo che il fumo è sparito. Anche se per uno di voi, il pozzo più oscuro dell'inferno si è aperto per inghiottirvi ... quindi non tenere il diavolo in attesa, vecchio amico. Figlia mia, se riesci a sentirmi, sapevo che saresti tornato anche tu. È nella tua natura proteggere gli innocenti. Mi dispiace che quel giorno, il giorno in cui sei stato escluso e lasciato a morire, nessuno era lì per sollevarti tra le loro braccia come hai sollevato gli altri nel tuo. E poi, che ne è stato di te? Avrei dovuto sapere che non ti saresti accontentato di sparire. Non mia figlia. Allora non potevo salvarti, quindi permettimi di salvarti ora. È tempo di riposare. Per te e per quelli che hai portato tra le tue braccia. Questo finisce per tutti noi. Fine comunicazione
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17 FEB 2020 15:20
UNA "FOGNA" CHIAMATA COLOSSEO – RONCONE REPORTAGE: SPACCIATORI, ABUSIVI CHE VENDONO BIGLIETTI SALTAFILA A 25€, UN GESU' CRISTO "RISORTO" E IL CENTURIONE CHE CHIEDE 50EURO A UN TURISTA AMERICANO PER UN SELFIE – “I PERMESSI? A BBBELLO, IO È NA' VITA CHE VIVO D'ESPEDIENTI. MO' TE PARE CHE PE' VESTIMME DA ANTICO ROMANO CIÒ BISOGNO DER PERMESSO?” - VIDEO
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Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
State a sentire.
Ecco qui il Colosseo. L' idea era: vediamo che succede intorno al monumento più famoso del mondo. Luogo di crimini reiterati. Sulle pagine delle cronache locali: notizie di risse, inseguimenti, furti, spaccio. Traboccante sensazione di impunità.
Quando sei sotto al Colosseo, pensi sempre: Dio mio quanto è grande. Allora provi a guardarlo meglio: solo che a quel punto ti sembra ancora più grande (oggi, poi, è appeso a un cielo azzurro, assolutamente azzurro). Sono riflessioni un po' infantili, ma piene di uno stupore inevitabile e commovente e almeno 7 milioni e mezzo di visitatori, quelli dell' anno scorso, possono confermare che è proprio ciò che capita. Poi, però, regolarmente, qualcosa spezza l' incantesimo del bello.
Come adesso.
Laggiù.
Oltre la transenna, dietro a quel matto che, con una banana sbucciata in mano, dice di essere Gesù di Nazareth. Subito dietro: dove un tipaccio travestito da centurione romano - il naso a becco, un ricamo sulla guancia, una rosa rossa tatuata sull' avambraccio - ha attaccato un turista americano all' inferriata del Palatino. Sono anni che questi ceffi travestiti da centurioni continuano a infestare la zona. Ed è incredibile che continuino a farlo.
Stavolta è andata così.
Il turista, circa cinquant' anni, giacca a vento dei New York Yankees, chiede in inglese quanto costa farsi un selfie insieme. Il centurione mette su un sorriso fasullo e, aiutandosi a gesti, spiega che servono appena 50 euro, ci mettiamo calmi calmi e ti fai con me tutte le foto che vuoi. L' americano è indeciso, l' amico intanto si è allontanato, e così finisce che l' americano cincischia, chiede uno sconto, poi ci ripensa, si scusa, dice che tornerà più tardi. Si volta come per andarsene, ma il centurione lo prende per il braccio: «Me stai a fa' perde tempo...». Il turista cerca di liberarsi dalla presa, invece si ritrova appiccicato all' inferriata. Il centurione gli urla addosso, gli sputa addosso.
Poi, con disprezzo, lo molla.
La scena è durata meno di due minuti.
Nessuno è intervenuto.
I turisti sono soli e abbandonati dentro questa tremenda confusione, questa bolgia di stampo medievale: lo sguardo scorre sui mendicanti che fingono di essere storpi e le batterie di giovanissime borseggiatrici nomadi pronte ad attaccare con le loro manine veloci, ci sono i cestini dei rifiuti colmi, c' è quell' oscenità dell' eterno cantiere della metro C,
ci sono due prostitute che rimorchiano una coppia di messicani increduli e un mangiafuoco con la barba nera come quello di Pinocchio, ci sono due ubriachi con la radio accesa che cercano di trascinare a ballare due ragazze di Verona («Ma non c' è un poliziotto, qui?») e davanti a loro la scorribanda degli ambulanti che provano a venderti caricabatterie per gli smartphone e ombrelli, occhiali da sole e bottigliette d' acqua a 5 euro l' una, e non un euro di meno, tanto o paghi o muori di sete, perché non c' è un bar, non c' è un bagno, non c' è un cartello che indichi al turista dove sono gli ingressi per entrare dentro il panorama pazzesco che è venuto a visitare: con l' Anfiteatro Flavio e l' Arco di Costantino, il Palatino e i Fori e, in alto, il Colle Oppio e la Domus Aurea.
(Tutti i siti fanno parte del Parco Archeologico del Colosseo che, dal 2018, è diretto da Alfonsina Russo.
«Lo so: la situazione, fuori dai siti, è complicata».
Una vergogna planetaria, direi.
«Senta, io mi occupo di ciò che accade dentro. Premesso questo, con la sindaca Virginia Raggi abbiamo aperto un tavolo permanente dove affrontare l' emergenza della criminalità e del malaffare che attanaglia i turisti».
Lei è ottimista.
«In che senso?».
Nel senso che se aspetta dalla sindaca Raggi la soluzione di un problema, la vedo dura.
«Io, però, non posso arrendermi. Mi incoraggia perciò sapere che, ultimamente, sono stati almeno effettuati controlli straordinari sui responsabili della truffa "saltafila"» ).
Immigrati clandestini assoldati dalle organizzazioni che gestiscono il racket dei biglietti.
Indossano pettorine verdi e arancioni simili a quelle degli addetti che lavorano per il centro informazioni ufficiale di via dei Fori Imperiali.
Promettono di far saltare la lunga coda per entrare al Colosseo: al turista chiedono 25 euro a biglietto (che, al botteghino, ne costa 16; 18 acquistandolo online). L' altro giorno, i vigili urbani ne hanno denunciati 17. I vigili compiono questi blitz - chiamiamoli così - a bordo di auto civetta, cioè senza insegne, ma indossando la divisa. L' effetto sorpresa diventa un effetto comico.
Adesso, comunque, ci sono solo due vigili urbani. E, come spesso capita ai vigili urbani di Roma durante il servizio, fumano (uno fuma e parla con la moglie al cellulare: «Amò... e niente, io sto qui ar Colosseo... du' palle»).
Disturbiamoli un po'.
( Buongiorno, posso farle una domanda?
«Dica».
Perché non siete intervenuti poco fa? Un centurione, laggiù, ha aggredito un turista americano.
«Ma dove?», risponde quello che sembra essere il capo pattuglia.
Laggiù.
«Ah, boh. Non ce ne siamo accorti».
Questi centurioni non sono...
«I centurioni so' centurioni... Ah ah ah!».
Vi sarete accorti degli ambulanti.
«Quali? Ci sono venditori ambulanti?».
Guardi, lì c' è persino un mangiafuoco.
«Ma mica è pericoloso... comunque, mi dia retta: c' è il sole, sembra una mattina di primavera... perché invece di intervistare due poveri vigili, non si fa una bella passeggiata?» ).
Facciamola, una passeggiata.
All' inizio e alla fine di via dei Fori Imperiali, chiusa al traffico, e costeggiando quindi la meraviglia dei Fori, quattro blindati dell' esercito e otto militari. Sperando, si suppone, che un terrorista arrivi in macchina e venga quindi fermato ai checkpoint, e non preferisca invece arrivare camminando sul marciapiede, o proprio in metropolitana, con lo zainetto. Due carabinieri di pattuglia incontrati in via degli Annibaldi (dove i furgoni Mercedes degli Ncc sono parcheggiati in quadrupla fila). Lo scorso 23 agosto, un autotrasportatore tedesco fermò il suo Tir in via di San Gregorio, mise le quattro frecce, e scese a scattare foto ricordo con il cellulare (le agenzie riferirono il suo commento: «Solo per me divieto in porca città»).
Una settimana prima, un turista vietnamita aveva fatto alzare in volo un drone. Cinque li hanno sorpresi mentre incidevano i loro nomi sui ruderi. Una coppia di punkabbestia risale via della Domus Aurea: intorno ai resti della villa di Nerone, visitabile solo nel fine settimana, vive una comunità cenciosa di sbandati e clandestini, nelle fessure dei ruderi gli spacciatori nascondono le dosi destinate ai consumatori del centro storico.
( «È una fogna, questa zona: e sarei io, il problema?», s' interroga - in romanesco stretto - il centurione che prima ha aggredito quel turista americano.
Quanti siete?
«Una decina. Tutti onesti lavoratori, eh».
Avete una licenza?
«A bbbello, io è na' vita che vivo d' espedienti... mo' te pare che pe' vestimme da antico romano ciò bisogno der permesso?».
I vigili urbani non le dicono niente?
«Fanno i bravi. Chiudono un occhio. So' padri de famiglia pure loro».
Prima però lei ha maltrattato quel turista...
«Io? Ma quando? Io so' na personcina a modo...» ).
L' ultimo sguardo è sulla «botticella» che arriva trainata da un povero cavallo ormai sfiancato. Ci sono turisti che non rinunciano. Il vetturino: «Per 150 euro, un giro di un' ora».
Che bestiaccia.
Il vetturino, intendo.
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...ti sono state concesse delle grazie per la tua opera. Nello stesso attimo in cui lo Spirito Santo è entrato nella tua anima...
Sì, Mia dolce bambina, ti sono state concesse delle grazie per la tua opera. Nello stesso attimo in cui lo Spirito Santo è entrato nella tua anima, eri già pronta a lavorare.
11 Novembre 2010 - Secondo messaggio della Vergine Maria
E tu, forte figlia di Dio, sei molto speciale. Lavorerò sempre con te poiché hai visto entrambi i lati della vita qui sulla terra. Tu, figlia Mia devi comprendere cos’é l’opera di Dio. Dio ti benedica Mia amata e ti ringrazio.
Sì, Mia dolce bambina, ti sono state concesse delle grazie per la tua opera. Nello stesso attimo in cui lo Spirito Santo è entrato nella tua anima, eri già pronta a lavorare.
Il Mio amore incondizionato per te ti renderà più forte col passare dei giorni. Ti prego di non preoccuparti, poiché si tratta di un’emozione negativa che ti tiene solo indietro. Prega ogni giorno per Me, la Tua Madre eterna. Io non ti lascerò e non ti deluderò con il tuo lavoro. A te Mia dolce bambina è stato dato un dono molto speciale e ora è necessario utilizzarlo nel modo che solo tu sai. Sì, figlia Mia, capisco che tutto ciò è molto spaventoso per te in questo momento. Sii sempre fiduciosa che Io sono con te ad ogni passo del tuo cammino. La pace sia con te.
Rimarrò sempre nel tuo cuore. Dio ti benedica figlia Mia e ti ringrazio per avermi risposto.
Madre della Pace e della Speranza Maria.
https://gesuallumanita.blogspot.com/2010/11/11-novembre-2010-secondo-messaggio.html
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║*˛˚ღ •˚ ˚˚ ✰* ★
║✰Informazioni da non dimenticare ✰
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- ✝✝ TUTTI I MARTEDÌ RECITIAMO 50 VOLTE LA CROCIATA DI PREGHIERA 132, PER SALVAGUARDARE QUESTA MISSIONE CONTRO LA MALVAGITÀ DI SATANA, qua
- Triduo di preghiera per l'Italia, la Chiesa Rimanente e i Sacerdoti ( 20, 21, 22 settembre) , qua
- ▅ ▆ ► UMANESIMO - Libro della Verità (Messaggi per argomento). "Fate attenzione quando accettate l’umanesimo, poiché quando lo fate, voi troncate ogni legame con Me", Gesù, Libro della Verità, 27 Luglio 2013, qua - ➽✒ ⌨ Ci sono aggiornamenti importanti nella nostra Rassegna Stampa, qua
- ღ❤ღ Pubblicando questo su richiesta di Maria della Divina Misericordia. Per favore, pregate per questa Santa Missione, qua
♦ IN EVIDENZA, le informazioni da non perdere. GIORNATE DI PREGHIERA, •♥ Settembre♥•, qua
-- ❤¯`•.¸☆ UN PICCOLO SUGGERIMENTO: Per seguire il nostro gruppo ogni giorno senza perdere niente , raccomandiamo di leggere il post del giorno con le informazioni da non dimenticare qua o qua e poi leggere tutti gli altri aggiornamenti su twitter qua
- (¯♥♥¯) ¯¯-:¦:-¯¯¯¯-:¦:-¯¯(¯♥♥¯) Cerchiamo 100 persone che recitino 3 Rosari ogni giorno per salvare l'Italia,qua Vorremmo sapere il numero effettivo delle persone che lo stanno realmente ancora facendo, perciò se vi siete inscritti in precedenza vi preghiamo di confermare la vostra adesione, in modo da capire quanti siamo al giorno d'oggi. Se ancora non vi siete decisi, vi invitiamo calorosamente ad iscrivervi, per il bene dell'Italia. Fino ad oggi 21 settembre 2019 hanno aderito, confermando le iscrizioni precedenti ed includendo nuovi iscritti, 40 persone.
- ┊☆┊★ ORA CONCEDERÒ POTERI E GRAZIE SPECIALI A TUTTI VOI CHE ADERITE AL MIO DESIDERIO DI RECITARE LE MIE CROCIATE DI PREGHIERA.Le vostre preghiere saranno sempre ascoltate in Cielo, quindi dovete continuare a pregare con fervore per mitigare le azioni malvagie... qua
- L’amore e l’adorazione in abbondanza vi rendono più forti e più calmi (facciamo al meno un'ora di adorazione eucaristica alla settimana), qua-I favori concessi quando ricevete il Corpo di Mio Figlio (andiamo a messa e riceviamo la eucaristia tutti i giorni), qua
- ┊✝✝ Per favore PREGATE PER QUESTA MISSIONE e in particolare per il nostro gruppo Gesù all'umanità, Italia, abbiamo bisogno della vostre preghiere. Si prega di essere consapevoli che ci sono presunti veggenti che stanno cercando di collegarsi a questa Missione, rivelando falsi messaggi che non vengono da Dio e, nel processo, stanno portando le persone lontano dalla verità, qua
- ✝✝ 🛐 DIRETTA GRUPPO DELLA CROCIATA DI PREGHIERA, ogni giovedì alle 20.30, qua
►►PER TUTTE LE INFORMAZIONI LEGGERE qua
source http://messaggidivinamisericordia.blogspot.com/2019/09/ti-sono-state-concesse-delle-grazie-per.html
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11 Novembre 2010 - Secondo messaggio della Vergine Maria
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Sì, Mia dolce bambina, ti sono state concesse delle grazie per la tua opera. Nello stesso attimo in cui lo Spirito Santo è entrato nella tua anima, eri già pronta a lavorare.
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Rimarrò sempre nel tuo cuore. Dio ti benedica figlia Mia e ti ringrazio per avermi risposto.
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Ho chiuso gli occhi, ci ho appoggiato sopra le mani ed ho cercato di dimenticare, dimenticare il presente con il passato. Quando sogno, i miei ricordi d'infanzia e di giovinezza mi tornano uno ad uno, dolci, calmi, radiosi, come isole fiorite sopra il gorgo di pensieri neri e confusi che mi vorticano nel cervello. Mi rivedo bambino, scolaro allegro e vivace, giocare, correre, gridare assieme ai miei fratelli nel grande viale alberato del giardino incolto dove sono trascorsi i miei primi anni, antico chiostro di monache dominato dalla fosca cupola del Val-de-Grace con la sua copertura di piombo. E poi, quattro anni più tardi, eccomi ancora lì, sempre bambino, ma già sognatore appassionato. C'è una ragazzina nel giardino isolato. Una piccola spagnola, con gli occhi grandi ed una gran massa di capelli, la pelle bruna e dorata, le labbra rosse e le guance rosa, un'andalusa di quattordici anni, Pepa. Le nostre madri ci hanno detto di andare a fare una corsa insieme: siamo venuti a fare una passeggiata. Ci hanno detto di giocare e noi chiacchieriamo, ragazzini della stessa età, non dello stesso sesso. Eppure, solo un anno fa, correvamo, facevamo la lotta insieme. Contendevo a Pepita la mela più bella dell'albero; la picchiavo per un nido di uccello. Lei piangeva e io le dicevo: "Ben ti sta!" e andavamo tutti e due a recriminare dalle nostre madri, che ci davano torto a voce alta e ragione a voce bassa. Ora lei mi dà il braccio, e io sono tutto fiero ed emozionato. Lei lascia cadere il fazzoletto, io lo raccolgo. Le nostre mani tremano sfiorandosi. Lei mi parla degli uccellini, della stella che si vede laggiù, del tramonto vermiglio dietro gli alberi, oppure delle sue compagne di collegio, dei suoi vestiti, dei nastri. Ci diciamo cose innocenti e arrossiamo entrambi. La ragazzina è diventata ragazza. Quella sera - era una sera d'estate - eravamo sotto gli ippocastani, in fondo al giardino. Dopo uno di quei lunghi silenzi che riempivano le nostre passeggiate, lei lasciò d'improvviso il mio braccio e mi disse: "Facciamo una corsa!". La vedo ancora, tutta vestita di nero, in lutto per la nonna. Le passò per la testa un'idea da bambina, Pepa ritornò Pepita e mi disse: "Facciamo una corsa!". E si mise a correre davanti a me con la sua vita sottile come il corpino di un'ape ed i piedi minuscoli che le rialzavano la gonna fino a mezza gamba. Io la inseguivo, lei scappava: il vento della corsa le sollevava a tratti la mantellina, lasciandomi intravedere la schiena bruna e fresca. Ero fuori di me. La raggiunsi accanto al vecchio pozzo in rovina; la presi per la vita, era mio diritto di vincitore, e la feci sedere su un tappeto d'erba; non oppose resistenza. Era senza fiato e rideva. Io invece ero serio e guardavo le sue pupille nere attraverso le ciglia nere. "Sedetevi qui", mi ha detto. "C'è ancora una bella luce, leggiamo qualcosa. Avete un libro?". Avevo con me il secondo tomo dei Viaggi di Spallanzani. Lo aprii a caso, mi feci più vicino, lei appoggiò la spalla contro la mia e ci mettemmo a leggere, ciascuno la sua parte, sottovoce, la stessa pagina. Prima di girarla, era sempre costretta ad aspettarmi. La mia mente era meno veloce della sua. "Avete finito?" mi diceva, ed io avevo appena iniziato. Intanto le nostre teste si sfioravano, i nostri capelli si confondevano, i nostri respiri a poco a poco si fecero più vicini e le nostre bocche di colpo. Quando volemmo continuare la lettura, il cielo era pieno di stelle. "Oh mamma, mamma!" disse lei rientrando, "sapessi quanto abbiamo corso!". Io restavo in silenzio. "Non dici niente tu", disse mia madre, "hai l'aria triste". Io avevo il paradiso nel cuore. E' una sera che ricorderò per tutta la vita. Tutta la vita!
L’ultimo giorno di un condannato a morte, 1829. Victor Hugo (1802 - 1885)
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❋ 𝐜𝐚𝐦𝐞𝐧𝐚 ❋
📍 𝖼𝖺𝗌𝗍𝗂𝗅𝗆𝗈𝗋𝖾'𝗌
( . . . )
Len Gilmi 🐸 ⋅ Stasera mi infastidisci tu ⋅ E Sal Camzi 🍌 ⋅ Carino Len Gilmi 🐸 ⋅ Che non mi molla un attimo ⋅ Vero? Un amore Camzi 🍌 ⋅ Ce ne usciamo ⋅ No prob Len Gilmi 🐸 ⋅ Buona passeggiata ⋅ Sempre se riesci a staccarmelo di dosso Camzi 🍌 ⋅ Poi magari mi spieghi perché ti infastidisco io Len Gilmi 🐸 ⋅ Me lo levi di dosso??? ⋅ O giuro che si becca una botta sul muso
Carmen posa immediatamente il cellulare e a passo celere va in camera da letto per portare con sé il beagle. È infastidita e glielo si legge chiaramente in faccia: anche per questo non degna nemmeno di uno sguardo l’altra, pronta ad abbandonare immediatamente la stanza. Lena, però, sembra essere di tutt’altro avviso e la tira, prendendola per una manica della felpa gialla. Una volta ottenuta la sua attenzione, le mostra la parete che sovrasta il letto, da lei sapientemente decorata nelle ore immediatamente precedenti: ci sono delle polaroid unite da un lungo filo rosso ed immediatamente sopra una citazione – “quiero hacer contigo lo que la primavera hace con los cerezos”, che dice spesso alla colombiana e che hanno precedentemente usato per completare un graffito nel parcheggio in cui si sono scambiate il primo bacio.
« – Scema babbea che ci cadi subito. » Carmen continua, almeno inizialmente, a mantenere un’espressione dura, persino quando passa in rassegna le foto; alla fine, però, le scappa un sorriso che provvede a mascherare prontamente con un broncio. « Non è colpa mia » le dà un pugnetto sulla spalla. « Sei stata credibile! » « In effetti mi hai dato buon mate–ehi! » si imbroncia, Lena, e si massaggia il punto colpito, prima di baciarle la tempia. « Per messaggio è più facile. Menomale che non mi hai guardata, altrimenti avresti capito subito – la sai la faccenda del filo, no? » « La conosco, ma voglio sentire come la racconti tu. » le passa un braccio attorno alla vita, posa un bacio sulla spalla e riprende ad analizzare nuovamente la parete. « Mi sento tanto papà in questo momento. » « Beh, in parte sei comunque un papà — » Lena le dedica un sorriso, prima di assumere un tono da narratore. « La leggenda del filo rosso è nata in Oriente, dove si crede che gli innamorati, fin da appena nati, siano legati da questo filo – per essere precisi, al mignolo della mano sinistra. E che questo filo possa essere davvero molto molto lungo a volte, si può aggrovigliare o annodare e questo rappresenta le possibili difficoltà da attraversare. » « Il nostro sembra abbastanza teso — » si è sporta per guardare il dito della fidanzata, da cui partirebbe il loro filo rosso. « Fortuna che non è possibile da spezzare. » « Proprio niente può spezzarlo? »
Lena prende un respiro profondo.
« – ho trovato la pistola. O meglio, ci sono quasi inciampata sopra. » Carmen non collega prontamente, sta lì con la fronte aggrottata, come per chiederle silenziosamente che cosa stesse blaterando. Alla fine realizza, però, e passa la mano libera sugli occhi precedentemente chiusi. « Quando? » « E ti amo Camelia, ti amo da morire e ho provato a fare questa cosa scema per dirti che non potrà mai cambiare ma – Ieri notte. » Annuisce e si sposta un po' per guardarla meglio. « Ma? » « Ho urtato la libreria e – Ma non voglio armi. Né ora, né mai. Non posso nemmeno pensare all'idea di averne una qui, in casa nostra. O a te che la impugni. » si irrigidisce e passa la mano tra i capelli. « Sai che la pensavo anche io così, quindi capisco il tuo punto di vista, ma ti va se ti spiego il mio? » « Noi siamo questo – » le indica le foto e la scritta. « Non – semplicemente non posso permetterti di vivere così. » « E quindi come vuoi che viva, paralizzata dalla paura di non poter fare nulla se ci attaccano di nuovo? Vuoi che mi recluda in casa e che implori anche te di fare altrettanto? L'altra volta ci è andata "bene", ma potrebbero esserci persone ancora più pericolose in giro ed è una sorta di garanzia — sembra una stupidaggine, ma sono molto più tranquilla da quando l'ho comprata. » « No. Ci sono vie di mezzo in tutte le soluzioni, si può dire che me lo hai insegnato tu, Amor. » « Non ne vedo in questa situazione. » « Non ne vedi perché hai un peso enorme sul cuore. Ma ti assicuro che esistono altri modi. Lascia che ti ponga una domanda – » Carmen si è nel frattempo seduta sul letto, quindi Lena si inginocchia di fronte a lei e le prende le mani tra le sue. « Se succedesse a me da sola, avere una pistola cambierebbe in qualche modo? » « Se ne avessi una anche tu — » « Se un giorno ti trovassi davvero nella necessità di usarla... premeresti mai il grilletto? Camz, non è così semplice. » « No, magari soltanto mostrarla servirà a farli scappare. » « Avere un'arma rivoluziona l'ordine delle cose e non solo per te. » « Se così non dovesse essere, e fossi tu in pericolo, io — io lo farei. Credo. » « Sai – » Lena le bacia le dita e si posa con il viso sul grembo della minore. « Tu sei da sempre la mia ancora. Le persone pensano che sia io quella seria, con i piedi per terra e organizzata. Non sanno di quello che succede qui. » si indica la testa e sorride. « E oggi ho capito che devo essere te in questa situazione. Tu mi calmi sempre, anche quando vaneggio o sono talmente giù che non disegno. E – e non meriti di vivere con un effetto placebo di tale portata. Perché se non lo risolvi ora, questo problema si presenterà più forte ogni volta. » « Hai usato la parola latina per conquistarmi? » Carmen le accarezza i capelli, mentre qualche lacrima comincia a rigarle le guance. « Ci sono riuscita? » « Un po', ma continuo a non avere proprio idea di che cosa fare per risolverlo. Mi sento davvero – paralizzata. » « Ti va – ti va di farlo insieme? » Annuisce piano, la minore, mentre l’altra si mette seduta e le asciuga il viso delicatamente. « Grazie. » Scuote la testa, Lena. « Scusa se non ho saputo farlo prima. » « Non lo sapevi, come avresti potuto? » « Sapevo che il tuo cuore non era sereno. Come mai non mi hai detto della pistola, Pacu? » « Credo di non averlo fatto perché sapevo che saresti stata contraria e poi — non volevo deluderti, tipo? » « Non potresti mai farlo. Ed è vero, non sono d'accordo ma – ma resta fino a quando non riuscirò a farti passare la paura. » « Una parte di me, piccolissima, mi dice che forse sarebbe meglio sbarazzarcene subito. » « L'altra? » « L'altra è d'accordo con te! » « Ti va di pensarci domani? » « La notte porta consiglio. » « Direi che è da un po' che è lì, un giorno in più non cambia nulla. » « Posso darti un bacio? » « Ay. Se me lo chiedi vuol dire che hai dei ripensamenti! » « No, è soltanto perché ho mangiato roba alla cipolla e non ho ancora lavato i denti – »
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COMA Hey you caught me in a coma And I don’t think I wanna Ever come back to this… world again Kinda like it in a coma ‘Cause no one’s ever gonna Oh, make me come back to this… world again Now I feel as if I’m floating away I can’t feel all the pressure and I like it this way But my body’s callin’ My body’s callin’ Won’t ya come back to this… world again Suspended deep in a sea of black I’ve got the light at the end I’ve got the bones on the mast Well I’ve gone sailin’, I’ve gone sailin’ I could leave so easily While friends are calling back to me I said they’re They’re leaving it all up to me When all I needed was clarity And someone to tell me What the fuck is going on Goddamn it! Slippin’ farther an farther away It’s a miracle how long we can stay In a world our minds created In a world that’s full of shit Help me Help me Help me Help me Bastard Please understand me I’m climbin’ through the wreackage Of all my twisted dreams But this cheap investigation just can’t stifle all my screams And I’m waitin’ at the crossroads Waiting for you Waiting for you Where are you? No one’s gonna bother me anymore No one’s gonna mess with my head no more I can’t understand what all the fightin’s for But it’s so nice here down off the shore I wish you could see this ‘cause there’s nothing to see It’s peaceful here and it’s fine with me Not like the world where I used to live I never realy wanted to live Zap him again Zap the son of a bitch again Ya live your life like it’s a coma So won’t you tell me why we’d wanna With all the reasons you give it’s It’s kinda hard to believe But who am I to tell you that I’ve seen Any reason why you should stay Maybe we’d be better off Without you anyway You got a one way ticket On your last chance ride Gotta one way ticket To your suicide Gotta one way ticket An there’s no way out alive An all this crass communication That has left you in the cold Isn’t much for consolation When you feel so weak and old But is home is where the heart is Then there’s stories to be told No you don’t need a doctor No one else can heal your soul Got your mind in submission Got your life on the line But nobody pulled the trigger They just stepped aside They be down by the water While you watch ‘em waving goodbye They be callin’ in the morning They be hangin’ on the phone They be waiting for an answer But you know nobody’s home And when the bell’s stopped ringing It was nobody’s fault but your own There were always ample warnings There were always subtle signs And you would have seen it comin’ But we gave you too much time And when you said that no one’s listening Why’d your best friend drop a dime Sometimes we get so tired of waiting For a way to spend our time An “It’s so easy” to be social “It’s so easy” to be cool Yeah it’s easy to be hungry When you ain’t got shit to lose And I wish that I could help you With what you hope to find But I’m still out here waiting Watching reruns of my life When you reach the point of breaking Know it’s gonna take some time To heal the broken memories That another man would need Just to survive COMA Mi hai trovato in coma E mi sa che non mi va Di tornare… nel mondo In coma un po’ mi piace Perché nessuno lo farà mai Tornare… nel mondo Mi sento galleggiare via Non sento pressione E mi piace Ma il mio corpo chiama Non vuoi tornare… nel mondo? Sospeso nel profondo di un mare nero Ho trovato la luce alla fine Le mie ossa sull’albero maestro navigo, navigo Sarebbe facile Mentre gli amici chiamano Dico che loro Mi hanno lasciato lì ad arrangiarmi E io avevo solo bisogno di chiarezza Di qualcuno che mi dicesse Che ca##o succede Porca miseria! Scivolo sempre più lontano È un miracolo quanto riesci a stare In un mondo creato nella mente In un mondo pieno di niente Aiutami Aiutami Aiutami Aiutami Bastardo Ti prego di capirmi Mi arrampico fra i relitti Dei miei segni contorti Quest’indagine da poco non può Trattenere le mie urla E io aspetto al crocevia Aspetto te Aspetto te Dove sei? Nessuno mi darà più fastidio Nessuno mi farà più confusione nella mia testa Non riesco a capire per cosa tutti combattono È così bello qui vicino alla riva Vorrei lo vedessi questo Perché non c’è niente da vedere Qui è tranquillo e io sto bene Non come il mondo in cui vivevo prima Non ho mai voluto veramente vivere Attaccalo ancora Attaccalo di nuovo il figlio di puttana Tu vivi la vita come fosse un coma Dimmi perché dovremmo volerti Quando le tue ragioni Sono difficili da credere Chi sono io per dirti che ho trovato Un motivo per cui dovresti restare Forse è meglio anche senza di te Hai un biglietto di sola andata Il viaggio dell’ultima occasione Un biglietto di sola andata Per il tuo suicidio Un biglietto di sola andata Non ne uscirai vivo Tutto questo parlare maleducato Che ti ha reso un escluso Non è una gran consolazione Quando ti senti debole e vecchio Ma se la casa è dove sta il cuore Allora ci sono storie da raccontare Non hai bisogno di un dottore Nessuno può guarire la tua anima La tua mente è sottomessa La tua vita al limite Ma nessuno ha premuto il grilletto Si sono solo fatti il là Sono sulla riva Li vedi che fanno ciao Ci chiameranno al mattino Aspetteranno al telefono Attenderanno una tua risposta Ma tu sai che a casa non c’è nessuno E quando lo squillo smetterà Non sarà colpa di nessuno solo tua Hai sempre avuto chiari avvertimenti E segnali sottili Potevi accorgertene Ma ti abbiamo dato troppo tempo E quando hai detto che nessuno ti ascoltava Perché il tuo amico migliore doveva forse dire qualcosa? A volte siamo così stanchi di aspettare Una maniera per passare il tempo E’ “così facile” essere socievoli “E’ così facile” essere calmi Si, è facile aver fame Se non hai niente da perdere Vorrei poterti aiutare A trovare qualcuno in cui speri Ma sono ancora qui fuori ad aspettare Guardo le repliche della mia vita Quando arrivi al punto di rottura Sai che ci vorrà tempo Per guarire i ricordi spezzati Che a un’altra persona servirebbero Solo per sopravvivere
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ʜᴇᴀᴛʜᴇʀ ' 𝗻𝗱 ( && ) sᴛᴇᴘʜᴇɴ “ ⤷ ╱ 💘🌺 “ ❜ ··· #ʜᴀʀᴠᴀʀᴅʀᴘɢ — ʜᴇᴀᴛʜᴇʀ Trattiene il respiro mentre, in preda al panico, continua a premere i pulsanti dell'ascensore con foga. Non è claustrofobica, Heather, ma capiamo bene che rimanere bloccati nell'ascensore di un campus non è certamente una delle migliori situazioni che la vita ti offre. Rinuncia, dopo l'ennesimo tentativo; le mani finiscono tra i capelli — il ragazzo poi, spezza il silenzio. Lentamente alza lo sguardo, quelle parole le hanno nuovamente stretto lo stomaco in una morsa. `` Non capisci ``, quello lo dicono tutti — ma può perdonali, non la conoscono e la rossa è da sempre vittima di pregiudizi. Ma lui ... perché anche ╱ lui ╱ non la reputa all'altezza? ‹ L'hai già detto. Ti sembrerà strano, ma questa volta `` ho capito `` ciò che vuoi dire. Il concetto è arrivato, tranquillo. › un sorriso amaro si dipinge sul volto; una sensazione di freddo attanaglia il suo corpo nonostante i riscaldamenti. Gli occhi bruciano, ma non sono lacrime. Forse è delusione ... forse, semplicemente, inizia a credere a tutte quelle voci su di lei. Forse non è all'altezza, forse non capisce — sᴛᴇᴘʜᴇɴ Il tempo scorre silenziosamente, troppo silenziosamente, eppure potrebbe dichiarare ╱ quasi certamente ╱ di riuscire a sentire il rumore delle lancette del suo orologio, ben stretto al polso, che si muovono con il passare dei secondi e, di conseguenza, dei minuti. Minuti che sembrano interminabili, lì, accanto a quell'ascensore che non si decide ad arrivare e Heather non sembra voler smettere di pigiarci sopra come se fosse l'unica cosa che al momento la tiene ancorata lì. Quel gesto che sa quasi di nervoso gli fa ribollire il sangue nelle vene, è già difficile per lui essere lì. Stephen non ha tolto gli occhi di dosso — da quando è arrivato, lui non si è permesso di spostare lo sguardo altrove seppur Heather lo guardi negli occhi solo dopo aver spezzato quel silenzio. « Fammi sentire ╱ Heather ╱ cosa hai capito? Perché a me non sembra così, fai fatica a guardarmi negli occhi e non ci riesci solo quando sai di aver torto! » La maschera che ha tirato su, il giovane ragazzo, è destinata a vacillare nel momento in cui la sua voce scavalca le labbra secche e sporche di quei piccoli taglietti che si è inflitto con i denti. Perché Heather non capisce? E' questo ciò che si chiede eppure ╱ infondo ╱ nemmeno sa perché la sera precedente si è fatto scappare quelle parole e ora, si è solamente alzato un polverone. — ʜᴇᴀᴛʜᴇʀ Cosa ha capito? Distoglie lo sguardo, un gesto che le viene naturale; le rosse ciocche di capelli le scivolano sul viso, nascondendo quel volto troppo fragile al momento, in bilico sul burrone delle emozioni. Chiude gli occhi, cercando di reprimere tutto ciò che la confonde, cercando di alleviare quel peso sul petto che non sembra voler abbandonarla. Ha capito che è lei il problema, che se tutti la rimproverano per essere la bambina che, a suo parere, non ha mai avuto l'opportunità di essere, un fondo di verità c'è. Ha capito che perfino Stephen non la reputa adatta. Un sospiro, rumoroso — l'ascensore non collabora; è costretta a rimare lì, ancorata nelle sue fragilità. Si volta, si nasconde con il suo stesso corpo. Non vuole mostrarsi in quelle condizioni, non vuole apparire ferita. Vorrebbe fuggire, ma non può. ‹ Cazzo, Stephen, smettila di reputarmi una stupida. › quell'affermazione suona come una preghiera, nonostante il tono alto e quel briciolo di acidità a coronare il tutto. `` non fare lo stesso errore degli altri `` . Si volta, prendendo coraggio e sfidando gli occhi cerulei del ragazzo. Occhi che non sembrano voler trasmettere nulla, silenziosi nella loro rigidità. Uno, due, tre passi. La rossa si è avvicinata, la mascella è contratta. Delusione, rassegnazione ... non sa dare un nome a tutto quello che le si muove dentro. Spera solamente che il ragazzo si sbagli, che non abbia quella considerazione ... che non abbia quella considerazione di ╱ lei ╱. — sᴛᴇᴘʜᴇɴ Possibile che Stephen non riesca a farsi capire da Heather? Non è mai successa una cosa del genere, si conoscono già da parecchio tempo eppure mai come ora, si sono trovati in tale situazione. E per cosa, poi? Nemmeno lui sa cosa sta succedendo realmente. Sente solo i nervi tendersi sotto la pelle e il controllo delle sue emozioni scemare piano piano. E lui non perde mai il controllo delle sue emozioni, non dall'ultima volta che è stato rinchiuso per problemi di rabbia. Heather continua ad insistere con l'ascensore e lui proprio non ce la fa a resistere all'impulso di stare zitto. « Smettila di insistere con quel maledetto ascensore, santo cielo! » esclama irritato e le sue mani vanno a posarsi sul proprio viso, prima di insinuarsi nei morbidi capelli biondi e spingerli verso la nuca. Deve respirare profondamente, si deve concentrare sul proprio respiro per ritrovare la calma ma è così difficile con Heather che non l'aiuta. Infatti le parole che giungono al suo udito sono la goccia che fa traboccare il vaso; gli occhi si sgranano appena e la voce si blocca in gola. Non può credere a quello che ha appena sentito. E' questo che crede Heather? Che lui la reputi una stupida? Dopo un primo momento da frastornato e incredulo, Stephen serra le labbra ma a differenza di lei, non si muove dal posto dove ha piantato i suoi piedi. « Quindi è questo che pensi, Heather? Che cazzo ti passa per la testa? Non l'ho mai pensato e una cosa del genere non ha mai sfiorato nemmeno l'anticamera del mio cervello! Senti, fai finta di non aver mai letto quel cazzo di messaggio, ho sbagliato ad inviartelo e a questo punto non credo che tu sia stupida, semplicemente non vuoi capire che è ben diverso! Ho sbagliato anche a venire qui a cercarti, maledizione. » E' così arrabbiato, il giovane ragazzo. Sì, quello che sente scorrere nelle sue vene, insieme al sangue, è proprio la rabbia. Deve andare via, lontano da quella discussione che ha già perso troppo i toni calmi e pacati. — ʜᴇᴀᴛʜᴇʀ Le sue parole sembrano perfrarla, un tono così duro. Un tono che non appartiene al loro rapporto. Non appartiene ai ricordi che ha di loro. Ricordi di quella che la madre di Heather chiama `` vacanza in Inghilterra ``, ricordi di quel luogo freddo, angusto — di un ragazzo e di una ragazza che potevano riscaldarsi con sguardi, sfiorarsi con parole.
Le labbra di Heather tremano ripensando a quei momenti che, improvvisamente, sembrano non appartenerle. Avrebbe semplicemente voglia di sfiorare quel viso, avvertire il solletico a contatto con la ispida barba appena accennata. Vorrebbe calmarlo come quei giorni lontani — ma il corpo non risponde a questi stimoli.
‹ E allora smettila di ripeterlo, smettila di dirmi quello che già so. Io non capisco, non capisco nulla, ma tu lo sai ... sai cosa pensano gli altri di me. Sai quanto le parole che sussurrano nei corridoi mi facciano male. Sai che mia madre non aspetta altro che rinfacciarmi sempre la stessa, medesima cosa. › un profondo e rumoroso respiro la interrompe, deve riprendere quelle forze che sente scemare mentre, immobile, si rivolge al ragazzo. Sono le sue stesse parole a ferirla. Una lacrima solca la sua guancia, solitaria. L'unica che si è concessa di farsi scappare. Uno sfogo, quello della rossa. Il tono alto. ‹ Posso far finta di niente, sentire i commenti degli altri e rimanere in silenzio, accettando di essere la stupida ragazza che, troppo preoccupata di apparire la perfetta reginetta del liceo, si è ritrovata sola e con un figlio. Posso accettare le accuse di superficialità, posso accettare perfino mia madre che continua a darmi della stupida, a descrivermi con quel velato disprezzo. Ma quel maledetto `` non capisci ``, detto da te, non posso accettarlo. Perché sei ╱ tu ╱ l'unico che può capirmi. Ma come vedi ho sbagliato di nuovo, quindi meglio far finta di niente. › cerca di ricomporsi, lo sguardo spento scivola via verso il pavimento, mosso da un sospiro che tenta di calmarla. Si sente improvvisamente sola, ma quel burbero ragazzo dell'Inghilterra questa volta non può venire a riscaldarla. — sᴛᴇᴘʜᴇɴ “ Stephen, calmati. „ Ancora, ancora e ancora. Quelle due paroline risuonano nella sua mente, lo incitano a calmarsi ma non ci riesce. Step non ci riesce. Tutto sembra vorticare attorno a lui e la terra tremare sotto i piedi, brutto segno. Comincia sempre così, quella strana sensazione di vuoto sotto di lui, i nervi a mille e la confusione nella testa. E' questo l'inizio di uno Stephen diverso dal solito. L'inizio di uno Stephen che fa paura anche a se stesso. Semplicemente è tutto uno scherzo. Non sta davvero discutendo con Heather, quella ragazza che ha condiviso con lui un determinato & importante momento della sua vita. Lei è stata quella salvezza che non cercava ma che comunque è arrivata, è riuscita a buttar giù quel muro che il giovane ha innalzato. Heather l'ha salvato e — è importante. Che sia dannato per questo, ma lei è così importante per lui. Nemmeno se ne accorge ma sta incanalando la sua rabbia nei pugni stretti dentro le tasche della felpa grigia, ascolta in silenzio quelle parole amare e piene di delusione che la rossa pronuncia. Lui l'ha delusa. Questo è quanto basta per portarlo a limite della ragione. Sta per dire ciò che il suo cuore ha chiuso bene in una parte remota di esso e se sbaglia o meno, poco gli interessa. Si odia per questo, non ha mai voluto deluderla o ferirla. Sì, perché l'ha ferita. Ma più passa il tempo, più le parole si affilano come una lama e più capisce di essere tutto un gran errore. « Heather io mi riferivo al messaggio precedente, non al “ non capisci „ ! Ma cosa cazzo stai dicendo, me lo spieghi? Ti ho sempre sostenuta e difesa a spada tratta sin dal primo giorno che ti ho incontrata. Ti ho protetta senza neanche accorgermene e tu cosa fai? Pensi questo di me! Potevi pensare di tutto, ╱ tutto ╱ ma non questo. Non paragonarmi al resto del mondo che ti giudica. L'unica cosa che dovevi fare, era concentrarti su quel determinato messaggio invece di rispondermi “ ah, quindi siamo finiti a letto? „ Non so perché mi sono esposto tanto ma l'ho fatto e basta e tu ti sei solamente soffermata a leggere la parte finale. Sai cosa? Se non hai capito quanto sei ╱ importante ╱ per me non vale nemmeno la pena restare qui. Tanto a te cosa interessa, no? Dopo che hai esposto il tuo pensiero, ho capito tutto. » Veleno. Ecco cosa si mescola a quelle parole sincere e dette con il cuore seppur nel momento sbagliato e pieno di rabbia. Nemmeno la guarda più negli occhi, niente di niente. Al momento si sente svuotato, privo di ogni emozione. Ogni singola emozione, buona o cattiva, ha abbandonato il suo corpo lasciandolo freddo, privo di qualsiasi cosa.Non sono più Stephen e Heather, quei due che si sono salvati l'uno con l'altra ma semplici sconosciuti con un grande muro a separarli. Si volta lentamente, lo sguardo fisso d'innanzi a se non ha altro da aggiungere. — ʜᴇᴀᴛʜᴇʀ Non ha molte alternative, se non quella di guardare i ragazzo — guardare il suo volto, il suo naso delicato, le labbra secche, screziate da qualche taglio; guardare le sue ciglia che lentamente, con un ritmo estenuate, sbattono celando quegli occhi `` rigidi `` . Si perde in quegli occhi dove vi può leggere soltanto rabbia. Si sente come morire dentro ma non riesce a reagire, a dare un segno di cedimento al di fuori. Quel contato visivo viene spezzato troppo presto, troppo bruscamente. Le labbra soffici le si increspano in un sorriso amaro `` tanto a te cosa interessa ``. `` Tu, mi interessi ``. Un pensiero che le provoca un brivido lungo tutta la schiena, che le fa momentaneamente dimenticare la situazione. Una confessione, quella, fatta a se stessa — parole che non immaginava, che teneva nascoste. Non aveva il coraggio di ammetterlo, forse per paura; una paura stupida, insensata. Quel ragazzo era la sua salvezza, l'unico che non l'aveva mai abbandonata che, senza saperlo, aveva riscaldato il suo cuore nei giorni più freddi — eppure ha parlato, senza pensare. L'ha accusato nonostante tutte quelle carezza, nonostante quella solitudine vissuta assieme. Si morde la lingua, vorrebbe spiegare, confessare quello che non è chiaro, ma che sente di provare. Ma è solo un'illusione e lei lo ha deluso. Ha rovinato quello che lentamente, senza fretta, avevano costruito. Si sente vuota, improvvisamente fuori posto. Stephen è davanti a lei, eppure le manca. Ha sbagliato. Lei è sbagliata. Lentamente, con la paura di fare l'ennesimo passo falso, allunga la mano. Non può lasciarlo andare, non vuole farlo perché lui è il suo ╱ tutto ╱ in una vita piena di ╱ niente ╱. Eppure non riesce, il ragazzo è lì, potrebbe tranquillamente sfiorarlo — ma le sembra già così distante. E così il braccio cade, silenzioso lungo il suo fianco. “ you’re the one that i love and i ’ m saying goodbye say something, i’ m giving up on you and I’m sorry that i couldn’t get to you and anywhere, i would’ve followed you Un passo indietro, non può fare nulla, solo rinunciare — non capisce quello che il ragazzo voleva dirle in quel messaggio. Ha commesso un errore interpretandolo nel modo sbagliato ; quel vuoto che, lentamente, sta prendendo possesso del suo corpo, assieme al dolore, lo merita. Forse è la giusta `` punizione ``.
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Tanti auguri Burgess! I consigli del cinico Anthony per il buon recensore di libri: “Bisogna resuscitare i romanzi dimenticati. Una volta ho stroncato un mio romanzo… mi hanno licenziato in tronco”
Anthony Burgess sconvolge per la sua attualità nonostante sia nato più di un secolo fa, era il 25 febbraio 1917. Ecco allora qui i punti salienti di un suo testo: spegniamo con lui le candeline!
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Si tratta di un pezzo concepito per esser letto, sta tra il monologo e il saggio. Fu composto da Burgess per la commemorazione di Terence Kilmartin, suo editor storico. Fu letto al Dartington Ways With Words Festival del 1992 e apparve su Observer nello stesso anno. È pubblico online ma in italiano non circolava ancora.
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Il titolo originario è Confessions from the hack trade. Hack è la sbozzatura, l’intagliatura. La metafora ha quindi un senso riposto: il recensore, sostiene Burgess, svolge quella sorta di critica che, come diceva il caro Marx, è tipica dei roditori: sgranocchiare.
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Nel suo saggio metaletterario su Arancia meccanica Burgess raccoglie gli allori del successo grazie a Kubrick. Riflette così sulla violenza delle arance meccaniche: “lo scrittore fa passare il tempo, tra un’azione utile e l’altra; contribuisce a riempire i vuoti che si creano nell’ordito serioso della vita: è un mero intrattenitore, una specie di clown. Imita, fa gesti grotteschi, è patetico o comico e talora entrambe le cose, lancia le parole in aria, a vorticare come palloncini colorati”.
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Questa è l’eternità paradossale della scrittura, se vogliamo. Però adesso che sono passati degli anni da quando quel genio si aggirava per l’Italia ci rendiamo conto che alla fine hanno vinto i “comportamentisti”, gli odiosi poliziotti intravvisti da Burgess in Arancia meccanica. Hanno vinto quelli che vorrebbero fare di questa vita, di questa polpa di arancia, qualcosa di meccanico e irreale – hanno vinto loro con la relativa ingegneria classista a base di algoritmi che ti danno i risultati di ricerca sul telefono in base alle tue preferenze.
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Solo degli idioti in perfetta buonafede, gli utili idioti come li chiamava il compagno Lenin, solo loro potevano credere che l’ingegneria che sorregge internet e il nostro vivere oggi, che questa rete insomma, ci potesse garantire la libertà. Immaginatevi un banco di tonni finiti nella rete che dicono ehi guarda che bello essere in questa rete!
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Il tonno siamo noi. Burgess l’aveva preconizzato, previsto, subodorato col suo cinismo avventuriero su come usare i libri. Mettetela come vi pare, basta togliere il poster del Che da sopra il letto e smettere di credere alle favole. (Andrea Bianchi)
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Estratti da Burgess, Confessioni di un roditore
Ritratto del recensore seduto. I recensori sono pigri, i critici no. I recensori sono visti dagli scrittori di razza con un misto di presentimento e disprezzo. Lo status e, di più, la condizione materiale del recensore è riassunta in un articolo tagliente di Orwell: il recensore sembra un tipo invecchiato velocemente che siede a un tavolo ricoperto di spazzatura che non osa spostare perché ci potrebbe essere un piccolo assegno, là sotto. Il nostro recensore ha cominciato la sua carriera inesistente come ogni vero letterato, tutto grandi speranze e nobili aspirazioni. Però gli tocca subito sprofondare nelle condizioni dello sbozzatore. Ha imparato il trucco per recensire tutto, anche libri che non può sperare di capire. Guadagna due soldi ed è improbabile che guadagni encomi di merito per servizi resi allo stato della letteratura. I servizi di recensione non sono riconosciuti né da Buckingham Palace né dall’ufficio del Primo Ministro. Questo deprecabile sorcio, che ancora rosicchia i margini della letteratura, è nobilitato solo per essere una parte di un branco di sorcetti ingabbiati da un qualche editor letterario. O, per esaltare la metafora del sorcio, il nostro è lo sfigato della scuderia dell’editor. E con questa immagine del recensore come “roditore” abbiamo trovato la sua giusta connotazione.
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Aneddoti di un recensore di provincia. Dovevo sfornare un articolo quindicinale su cinque o sei libri trattati con serietà toccando nella coda del pezzo altri dieci titoli (circa). Nella coda si facevano cenni con una frase sola come Tutti richiedono davvero molta attenzione o in modo ambiguo del genere Libro per insonni o magari Un libro che vi mette l’India in capsula mentre vi godete la vostra focaccia indiana. O ancora ricordo una coda che sbatacchiava così: Sesso sulla brughiera Inkle – e voi sarete lì. Quando cominciai a lesinare nel gennaio del 1960, sentii che la faccenda era abbastanza facile. Mi erano arrivati solo pochi romanzi e mi ero dimenticato che capodanno era sempre un tempo morto per pubblicare. Quando l’anno fioriva, così faceva anche il settore invenzione. Vivevo in un piccolo borgo del Sussex e dovevo portare i miei articoli cianfrusaglia all’ufficio postale locale: avrebbero svolto miglior servizio se li avessero usati per tamponare le esondazioni del fiume locale. La paga per quei miei articoli era davvero bassa, se considerate che si trattava di qualche decina di sterline, mentre le ricompense occasionali erano variabili e lì si largheggiava. Ogni lunedì barcollavo fino alla locale stazione ferroviaria, appesantito da due valigie colme di romanzi nuovi. Gli indigeni, gente dalla memoria corta, avranno pensato ogni volta che ero lì lì per separarmi da mia moglie. Queste valigie le svuotavo sul pianerottolo che dava sul retro di Louis Simmonds, libraio sullo Strand. Pagava ogni libro il 50% del prezzo di vendita.
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Dilemmi. Ma i giudizi estetici esistevano dentro le case editrici? Nessuno lo sa con certezza. Nelle accozzaglie della gente che recensivo c’era un nuovo romanzo di Greene o Waugh o Powell o Amis e sapevo quel che andava fatto ma c’era sempre la possibilità che qualche nuovo genio sbucasse dall’angolo. Non si dovrebbe nemmeno osare di sprezzare gli altri, anche se ci sono stati esempi lampanti di questa disattenzione negli annali dell’editoria letteraria. V.S. Naipaul mi disse che il suo primo romanzo, ora ritenuto classico, non aveva avuto alcuna recensione. Il quarto che scrissi non riuscì a farsi notare dai molti domenicali sul mercato e allora dedussi che fosse una congiura. Probabilmente era così. Se esaminate gli archivi dell’ora defunto Punch per il 1922 troverete recensioni di Sheila Kaye-Smith e Ethel Mannin ma niente per Ulisse o Terra desolata.
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Una voce nel deserto. Ero diventato in un certo senso refrattario e scagliavo le mie recensioni in quel che pareva un grande silenzio. Nessun lettore replicava mai alle mie recensioni, ricevetti solo una lettera da un lettore del giornale e si trattava di una signora esperta di orticoltura la quale rispondeva al mio rilievo incidentale secondo cui le orchidee britanniche non hanno profumo. Lo hanno eccome, sa mi scrisse, elencando molte varietà di profumi. Questo non aveva nulla a che vedere con la letteratura. Incappai nell’abitudine di gettare giudizi insostenibili addosso miei presunti lettori, dicendo per esempio che Barbara Cartland era assai influenzata dal monologo di Molly Bloom nel finale di Ulisse o magari che uno poteva scorgere l’impatto di Charles Dickens su Lawrence. Arrabbiato per i silenzi calmi e mai rabbiosi, decisi di sollevare qualche interesse recensendo un mio libro. Qui c’era un precedente: quel che Walter Scott aveva fatto per Waverley in un lungo articolo su Edinburgh Review e non era stato sferzato da nessuno una volta scoperto. Bisogna dire qualcosa sulla concessione fatta al romanziere di render nota la sua opera: ne conosce le colpe meglio di un lettore casuale, e perlomeno ha letto il libro. Pubblicai quindi un romanzo, Inside Mr Enderby, che avevo affibbiato a uno pseudonimo e lo recensii con un articolo discretamente lungo sul giornale, indicando come quel lavoro fosse osceno e sostanzialmente zozzo, allertando i lettori contro di esso. Un colonnista di gossip di Daily Mail raccolse il mio atto di esortazione immorale e lo riportò allegramente pari pari. Fui attaccato dall’editor del mio giornale su Yorkshire Television e mi furono fatte dare le dimissioni su due piedi, forse anche giustamente. Ma in quello stesso tempo avevo scritto per Observer un articolo in cui notavo i nuovi libri di Naipaul, Iris Murdoch e Brigid Brophy. Il tutto non si poteva pubblicare perché non ero più fededegno e poteva darsi il caso che fossi io volta per volta uno di quegli autori, mascherato da Anthony Burgess; di più, poteva essere una mascherata lo stesso nome di Anthony Burgess.
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Malizia o cinismo? Tornando al tema malizia. Nel suo saggio sul recensore, Orwell fa un rilievo molto astuto: la maggior parte dei libri non lascia alcuna impressione sul recensore e di qui proviene una sua attitudine al libro che deve essere artificiosa. Si deve fabbricare un sentimento verso qualcosa che da sola non lo suscita. Di qui la congiura di un’attitudine verso l’autore o l’autrice, giacché il libro ha fatto perdere del tempo: e potrebbe essere malizia. Personalmente, la esibisco molto raramente: la mia attitudine generale verso ogni libro, per quanto cattivo, è di una vaga simpatia. Scrivo libri anch’io e so bene quanto lavoro serva per formare un autore; di qui simpatia, e probabilmente non è giornalismo. Ma posso capire perché alcuni recensori sviluppino una simile attitudine quando sia dato loro un libro che potrebbero fraintendere o che li annoierà durante la lettura.
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Arnesi in pelle. Quando nel 1960 elaborai un romanzo che trattava del proletariato londinese fui rimproverato da un giovane recensore di Oxford per aver usato il termine kinky (perverso) – terribilmente desueto. Infatti era giunto alla ribalta l’arnese erotico in pelle e la parola stava tornando in auge e io anticipai di poco il trend. Queste seccature sono semplici punzecchiature, ma tutte insieme fanno sentire l’inizio della malaria.
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Le Carré bocciato. Quanto agli americani, le cose vanno diversamente. New York Times mi mandò un romanzo di spionaggio abbastanza noioso di John le Carré, dicendomi: Come privilegio speciale, siamo pronti a offrirti 2000 parole per dimostrare che è chiaramente un libro importante. Mandai 400 parole, che era più o meno quel che il romanzo si meritava. Mi guardarono come avessi insultato il gusto e l’acume dell’editor: l’autore, al solito, non importava. Se si deve continuare col detestabile artigianato della recensione, detestabile ma necessario, si deve mantenere l’integrità. A un libro, per quanto cattivo, va accordata simpatia perché è qualcosa difficile da produrre. Non vi è agonia simile a quella della cattiva scrittura. Il bravo editor la apprezza ed è buona cosa per lui confrontarsi quotidianamente con la peggiore agonia di provare a scriver bene, o perlomeno di tradurre bene.
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L’editoria italiana? Un macello. Scrivo abbastanza regolarmente per il prestigioso giornale nazionale italiano, Il Corriere della Sera. Ho dato una sbirciata a cosa va in stampa adesso: ho visto una nuova edizione di Svetonio e un nuovo compendio di Mickey Mouse – Topolino in Italia. Erano sulla stessa carta da stampante; presumibilmente più tardi sarebbero stati spezzati in via chirurgica lungo la spina dorsale. La totale indifferenza della macchina era quel che sbigottiva. Finché la stampante va, lasciamo andare in stampa tutto. Il vero orrore insito in questa pletora è la disponibilità di libri, come per ogni paccottiglia. I libri devono apparire, ma devono anche essere distrutti per lasciare spazio agli altri. Tenere un libro in stampa è maledettamente difficile. Noi conservavamo l’ingenua convinzione che se un libro è di valore si terrà in vita da solo, sconfiggerà i forni e il distruttore di documenti e i riciclaggi e, essendo il prezioso sangue vitale di uno spirito sovrano, continuerà a circolare e nutrire il corpo della civiltà. Ma non è così.
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Questa è vera critica! Uno dei compiti del letterato non è tanto conservare i grandi libri, o quelli di valore, quanto resuscitarli… The rack, di Ellis, è un romanzo che quando apparve fu considerato superiore alla tubercolosi di Mann e de La montagna magica. E apparve nel 1961 ma non se lo ricordano neanche gli editori. Che dire al riguardo dei romanzi di Rex Warner, William Sansom, H.G. Wells, che alcuni di noi impongono a un nuovo pubblico con delle prefazioni elogiative? Respirano ancora ma brevemente, poi ripiombano nella dimenticanza.
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E se proprio volete una morale… Nel frattempo il flusso continua – biografie, resoconti di vita provenzale, libri di storia secondo le femmine e libri di storia secondo i maschi, libri su fianchi e cosce, ricettari di cucina curda, brevi compendi di storia mondiale. L’editor che si trova davanti la sua valanga quotidiana deve scegliere e spesso lo fa malamente. E in fin dei conti questo non conta. Quel che leggeremo domani, lo bruceremo… La scossa del nuovo libro, lindo e scintillante, fresco di stampa, sostiene sia il recensore che il suo artefice. Come la scossa dell’incontro sessuale, non dura ma la si può rinnovare. E c’è sempre la speranza di un capolavoro. Ecco perché andiamo avanti. Pure, dovrei concludere su una nota meno cinica. Niente, in vita mia, tranne l’amore di una donna per bene, è stato più importante dei libri. Lo scrittore è spinto dal suo desidero di raggiungere l’onore ed essere parte degli altri spiriti magni. Orgoglio e umiltà convivono nella vita dello scrittore. L’editor e il suo recensore sono agenti ancillari della sua convinzione che nulla sia tanto importante quanto la scatola magica il cui acronimo è L.I.B.R.O. Potrà anche essere una convinzione folle ma è la stessa che sostenne la nostra civiltà nel passato e, a dispetto delle nuove tecnologie e dell’omogeneizzazione dei valori, è inverosimile che venga rimpiazzata da nuovi modi di comunicare tra spirito e spirito: sempre che si diano ancora per reali gli spiriti. Noi abbiamo queste usanze. E qui si chiude nostro caso.
Anthony Burgess (1992)
* traduzione di Andrea Bianchi, primavera 2019 Milano
L'articolo Tanti auguri Burgess! I consigli del cinico Anthony per il buon recensore di libri: “Bisogna resuscitare i romanzi dimenticati. Una volta ho stroncato un mio romanzo… mi hanno licenziato in tronco” proviene da Pangea.
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