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#Matteo Orfini
m2024a · 1 month
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Dallo ius soli allo ius scholae, come potrebbe cambiare la legge per prendere la cittadinanza italiana È il cosiddetto ius scholae il minimo comun denominatore che unisce le varie proposte di legge presentate in Parlamento, tutte da parte di esponenti del centrosinistra, per rivedere la legge sulla cittadinanza, sulla falsariga del testo approdato in Aula alla Camera al termine della precedente legislatura e poi naufragato anche per lo scioglimento anticipato del Parlamento. A partire dal disegno di legge a firma della senatrice del Pd ed ex capogruppo Simona Malpezzi, che prevede la concessione della cittadinanza italiana al minore stra­niero che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di età, che risieda legalmente nel nostro Paese e che abbia frequentato in maniera regolare per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli scolastici o percorsi di istruzione e formazione professionale ido­nei al conseguimento di una qualifica pro­fessionale. Contenuti che si ritrovano anche nella proposta depositata dalla capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Luana Zanella, e in quella della deputata M5S Vittoria Baldino. Si spingono invece oltre, prevedendo anche il cosiddetto ius soli, le proposte dell’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, del deputato del Pd Matteo Orfini e del senatore Dem Francesco Verducci. Nel primo caso la cittadinanza viene riconosciuta ai nati nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno, al momento della nascita del figlio e a chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di di cui almeno uno nato in Italia. La proposta Orfini prevede lo ius soli per i bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri, di cui almeno uno vi risieda legalmente senza interruzioni da non meno di cinque anni o sia in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo. Contenuti analoghi a quelli del testo di Verducci, in base al quale acquista la cittadinanza chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, dei quali almeno uno sia in possesso del diritto di soggiorno permanente o del permesso di soggiorno di lungo periodo. Requisito decisivo per l’otte­nimento di uno dei suddetti titoli, si ricorda, è il sog­giorno per almeno cinque anni in Italia. Da segnalare infine la proposta presentata la settimana scorsa alla Camera dal responsabile Sport del Pd, Mauro Berruto, per disciplinare il tesseramento dei minori stranieri nati in Italia presso le società e associazioni sportive e i casi di concessione della cittadinanza.
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giancarlonicoli · 10 months
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13 dic 2023 11:04
IL PD HA PASSATO ALLA BANDA DI CASARINI NOTIZIE RISERVATE DELLA GUARDIA COSTIERA DA SFRUTTARE PER LA GRANDE PESCA DI MIGRANTI IN MARE - LE CHAT AGLI ATTI SVELANO GLI INFORMATORI CHE RIVELAVANO ALLA “CIURMA” (SOTTO INCHIESTA) DELLA ONG MEDITERRANEA LA POSIZIONE DEI BARCONI. IN PRIMA LINEA MATTEO ORFINI, GIUDITTA PINI, SANDRO RUOTOLO, L’EX MINISTRO DE MICHELI E MANCONI GRATIFICATO DA UNA FRASE (“QUANDO C’E’ DI MEZZO LUI, TEMO SEMPRE CACATE”) - SUL FOGLIETTO C’È PURE ENRICO LETTA, IN QUEL MOMENTO SEGRETARIO DEL PD, ANCHE SE IL SUO NOME È SEGUITO DA UN PUNTO INTERROGATIVO... -
Giacomo Amadori e Fabio Amendolara per la Verità - Estratti
Il Partito democratico ha strepitato per settimane perché il sottosegretario della Giustizia Andrea Delmastro ha condiviso con il compagno di partito Giovanni Donzelli alcune informative sulla vita in carcere del terrorista Alfredo Cospito e sui suoi incontri con i parlamentari dem dentro al penitenziario.
I piddini hanno sollevato un gran polverone, ma scopriamo ora che erano praticamente gli informatori sotto copertura della banda di Luca Casarini e Giuseppe Caccia (alla sbarra a Ragusa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) con cui condividevano un intenso flusso di informazioni sulla posizione dei barconi e sul loro recupero.
Un capitoletto dell’informativa, con la quale la Guardia di finanza ha riassunto l’esito delle indagini ai magistrati, è stato denominato «Rapporti con le istituzioni». Infatti, stando agli investigatori, le connessioni «sia in ambito politico che militare», avrebbero aiutato i dirigenti dell’associazione Mediterranea, oggi sotto inchiesta, a ottenere informazioni riservate da sfruttare per la grande pesca di migranti in mare.
Un papello sequestrato a bordo della Mare Jonio, la nave di Med, scritto a matita su carta a quadretti, insieme ad annotazioni su spese bancarie, spese generali e di viaggio, proprio sotto la parola «garanti», riportava quelli che gli inquirenti di Ragusa indicano come «i contatti che tutta l’organizzazione», ovvero i Casarini boys, intratteneva «sia con il mondo politico», sia con quello «militare». Della lista fa parte, per esempio, Luigi Manconi, senatore del Partito democratico e responsabile del comitato per il diritto al soccorso, gratificato dalle parole di stima di Caccia: «Quando c’è di mezzo Manconi temo sempre cacate».
Nel pantheon anche Armando Spataro (ex procuratore di Torino) e Gherardo Colombo, ex pm di Mani pulite.
Sul foglietto c’è pure Enrico Letta, in quel momento segretario del Pd, anche se il suo nome è seguito da un punto interrogativo. Fanno parte della rosa anche l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina militare dal 2013 al 2016, e il capitano di fregata Gregorio De Falco, l’uomo simbolo della notte della Costa Concordia poi diventato senatore pentastellato. Tra i contatti compare pure il nome di Chiara Cardoletti, rappresentante per l’Italia, la Santa Sede e San Marino dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati.
In chat vengono scambiati numeri di telefono. Da quello del deputato del Pd Nicola Pellicani a quello di De Falco, che Casarini soprannomina «senatore comandante».
Il contatto chiave è, però, l’ex segretario pro tempore e presidente del Pd (sino a marzo 2019) Matteo Orfini, il quale ricopre un ruolo centrale in questa storia: oltre a far parte della ventina di garanti parlamentari che hanno permesso a Mediterranea di ottenere il mutuo chirografario per acquistare la barca, si è messo a disposizione anche per scrivere emendamenti utili ai pescatori di migranti.
I rapporti tra la politica e l’equipaggio della Mare Jonio emergono dalle chat acquisite dagli inquirenti.
Casarini, per esempio, il 26 settembre 2020, lancia un suggerimento: «Concentratevi di più sui membri del Pd che sostengono Med. Primo per evitare che si dica che siamo una nave di partito (di Liberi e uguali, ndr), secondo perché le contraddizioni sono lì. Giuditta Pini (altra deputata dem, ndr), Orfini, eccetera».
(...)
Caccia chiede se debba mettere in moto Andrea Martella, sottosegretario all’editoria, e la risposta dell’ex leader delle Tute bianche è positiva. A stretto giro l’esponente politico risponde di aver informato la De Micheli. L’ex assessore veneziano invia anche un messaggio al capo di Gabinetto di Conte, Alessandro Goracci.
Ma il messaggio, forse, più interessante è quello che Casarini, l’ex arruffapopoli del G8 di Genova, il 28 dicembre 2020, invia a Caccia, informandolo dell’arrivo di un dossier delicato: «Resoconto riservato ricevuto da Giuditta Pini da Mrcc».
L’acronimo indica il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto.
Quello attribuito alla Pini è un appunto dettagliato sulla ricerca di un barchino partito dalla Libia il giorno di Natale con poco più di 10 migranti.
La nota, che a detta di Casarini proverrebbe dalla Guardia costiera, rappresenterebbe un clamoroso cortocircuito, visto che le informazioni sulle ricerche in mare, mentre sono in corso, sono riservate e non divulgabili, tanto meno a soggetti come partiti e Ong.
Le capitanerie le possono condividere, su richiesta, con i vertici dei ministeri coinvolti, a partire da quello dei Trasporti da cui dipendono, ma non al di fuori di questa ristretta cerchia istituzionale, anche perché queste ricerche quasi sempre innescano fascicoli penali, coperti dal segreto istruttorio.
Ma in questo caso tali basilari regole sarebbero state infrante ed esponenti del Pd avrebbero passato notizie sensibili sui clandestini in viaggio a soggetti che per quegli stessi comportamenti sono oggi alla sbarra con l’accusa di favoreggiamento clandestino, ovvero uno di quei reati che la Guardia costiera deve contrastare.
Significativa anche una chat del dicembre del 2019. Casarini inoltra a Caccia un messaggio che avrebbe ricevuto da Orfini: «Sentita. Ovviamente non sapeva, ma si informa subito». Poi il parlamentare avrebbe anche aggiunto: «I numeri tornano. Dovrebbe essere quella soccorsa dalla Ocean viking».
Caccia condivide un messaggio postato sul social network X da Sos Mediterranee sul recupero in mare di una cinquantina di migranti operato proprio dalla Ocean viking. Casarini esulta: «Il nostro servizio informazioni funziona».
Tra le email acquisite dagli inquirenti, ce ne sono due inviate a vari indirizzi di Mrcc Italia e per conoscenza a Unhcr. Manca il mittente, ma i contenuti sono riconducibili a segnalazioni di soccorsi in mare. In entrambe viene indicata la posizione Gps. E non sono le uniche informazioni che i Casarini boys maneggiano.
Altra chat rilevante è quella datata 23 gennaio 2020. I nostri sono a caccia di un barcone. Casarini commenta: «I libici sono vicini». Orfini inoltra questo messaggio: «Dove segnalato da voi non trovano nessuno. Una barca con 70 a bordo risulta sta altrove. Gli sto dicendo di farvi contattare direttamente». Casarini avverte Caccia, in quel momento capo missione: «Dico che chiamino te. Ministero Difesa».
Dopo circa un’ora l’armatore della Mare Jonio informa l’amico che «non si è fatto vivo nessuno». In serata Caccia inoltra le coordinate precise su «eventi Sar (Search and rescue, ricerca e soccorso, ndr) ancora aperti».
La fonte dovrebbe essere Alarm phone, il numero di emergenza utilizzato dai migranti, che farebbe riferimento anche a un dispaccio nautico (Navtex) «emesso da Mrcc Italia». Casarini inoltra un altro messaggio di Orfini, con questo testo: «Prova a far sentire da Beppe quello che lo ha chiamato...dovrebbe essere un canale informale sempre attivo».
Caccia risponde: «Non mi ha dato un numero. E mi ha lasciato dicendo “passate sempre da Mrcc, non da noi che siamo struttura militare operativa”». Casarini invita il sodale «a sentire Guerini», che in quel momento era ministro della Difesa. Caccia replica che «è più roba da Guardia costiera adesso». Casarini riflette: «Si vede che con G (Guerini, ndr) ha canale diretto e glielo fa fare a loro di chiedere a Mrcc».
E in un messaggio delle 22.34 annuncia: «Tra dieci minuti mi chiama Orfini». Il giorno seguente il gommone di cui parlava Caccia viene rintracciato al largo di Lampedusa. E Casarini gira in chat la comunicazione che avrebbe ricevuto dalla De Micheli: «Li stiamo andando a prendere».
L'1 agosto 2020 ci sono altre informazioni da raccogliere.
Caccia, a proposito di una notizia di Alarm phone, scrive: «Sarebbe davvero importante avere riscontri da Mrcc attraverso Ruotolo (Sandro, senatore del Pd, ndr) od Orfini». Poco dopo Casarini ottiene notizie: «Su Open arms Ruotolo ha parlato con Interni. Entro stamattina li sbarcano. No porto sicuro, medevac (trasporto medico urgente, ndr)». Caccia: «Come i nostri 27, ministero Interno per “ragioni sanitarie”». Insomma con il Pd al potere la Mare Jonio era praticamente un pattugliatore della Guardia costiera ad honorem. Chissà se adesso qualcuno, come ha fatto Angelo Bonelli per il caso Donzelli-Delmastro, chiederà alla Procura di verificare se quell’intenso scambio di informazioni tra i palazzi del potere romano e il rimorchiatore fosse legittimo.
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spistex · 2 years
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toscanoirriverente · 5 years
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italian-malmostoso · 5 years
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Ricordatevi di questa proposta di legge di Matteo Orfini, le persone che appoggia, della parte politica cui appartiene, di come la legge attuale, peraltro approvata dal governo Renzi, tenti di porre un piccolo freno alle occupazioni abusive e salvaguardi la proprietà privata (un vero orrore, per lui ed i suoi sodali.
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corallorosso · 4 years
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“Domattina arriviamo in Italia” “La nave italiana ci ha preso in mare la sera del 1 luglio 2018. Il comandante ci ha detto ‘Adesso dormite. Domattina vi sveglierete in Italia‘”. E dopo le torture, la fame, la sete, dopo la carezza della morte a bordo di un gommone che si afflosciava, alla fine hanno dormito. Ma la mattina, il 2 luglio 2018, è apparso il porto di Tripoli, in Libia. E loro, che su quella nave erano 276, sono finiti tutti in due diversi centri di detenzione, i lager libici per i migranti. È il racconto di un “respingimento” rimasto nell’ombra troppo a lungo e portato alla luce grazie alla tenacia di alcune persone. In primis dall’attivista e blogger Sarita Fratini e dal collettivo di cui è portavoce, ‘Josi e Loni project’. Josi era un ragazzino quando è salito su quella nave italiana: è morto sul pavimento di una di quelle prigioni per migranti, a Zintan, dopo settimane di agonia per una tubercolosi, senza assistenza né medicinali. Loni, invece, è il miracolo, perché in uno di questi centri di detenzione, nell’inferno, è riuscito a nascere. Era il 6 maggio 2019 quando sul suo blog Sarita Fratini ha scritto quello che era riuscita a scoprire fino a quel momento. E in quel post c’è la storia, poi riportata anche un diario di bordo che, non a caso, si chiama Adesso dormite. Quello che hanno detto ai 276 migranti, tra cui 54 bambini e 29 donne, sopravvissuti a un viaggio estenuante a bordo di tre gommoni, uno dei quali è affondato, trascinando nell’abisso la metà delle persone a bordo. I superstiti provenivano da 16 diversi Paesi. Quello che non c’è tra le pagine del diario di bordo è il risvolto a cui si è arrivati: cinque cittadini eritrei che erano a bordo della nave italiana, con il sostegno dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e Amnesty International Italia hanno avviato un’azione civile per far dichiarare l’illegittimità del respingimento in Libia del 2 luglio del 2018 attuato dalla nave Asso Ventinove della flotta napoletana Augusta Offshore “nell’ambito di operazioni coordinate dalle autorità italiane di stanza in Libia – scrivono le associazioni – e con la collaborazione della cosiddetta Guardia Costiera libica”. (...) “Quando sentiamo parlare di questi respingimenti ... siamo abituati a contare i numeri, ma queste sono persone e noi abbiamo voluto portare gli umani in un processo per i diritti umani. E vogliamo dare un peso alle parole. Le cose si riportano (in Libia, ndr), le persone si deportano. E noi parliamo di deportati”. (...) Sono passati due anni e mezzo, che l’attivista ricostruisce, ricordando tutte le tappe, anche i rifiuti di accesso agli atti per le comunicazioni in mare dei ministri Danilo Toninelli e Paola De Micheli, anche la mancata risposta a un’interrogazione parlamentare di Matteo Orfini (Pd) nella quale si chiedeva conto di quanto accaduto e riportato dalla stessa Guardia costiera libica che, però, dava una sua versione dei fatti. L’ora dei misteri, a questo punto, dovrebbe essere finita. E mentre a Napoli sta per partire un processo penale sul respingimento della Asso Ventotto, Sarita pensa alla cosa più importante: “Ora ci sono gli altri ‘deportati’ da trovare, finora ne ho rintracciati circa una sessantina, mentre due persone che potevano essere salvate sono state portate nel luogo che le ha uccise. Dove non ti portano cibo per due, tre, quattro e più giorni. E la cosa che mi amareggia è che sempre più spesso queste verità che riguardano la violazione dei diritti umani vengono fuori grazie al lavoro di persone ‘normali’, scrittori, attivisti, giornalisti e non solo, ma non di chi invece avrebbe il dovere di farlo”. di Luisiana Gaita
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abr · 4 years
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Essere Matteo Orfini è difficilissimo. Bisogna avere una naturale predisposizione a sbagliare, sul più bello, tempi e modi e luoghi della propria esistenza politica. Lui, modestamente, Orfini lo nacque quarantasei anni fa ed essere se stesso gli riesce benissimo: l'ultima prova ce l'ha fornita da poco, presentando un emendamento alla legge di Bilancio (assieme al gemello acquisito Nicola Fratoianni) per riproporre la sciaguratissima tassa patrimoniale che seppellirebbe nella definitiva impopolarità il governo di Giuseppe Conte e la sua ineffabile maggioranza giallorossa. Infatti quell'emendamento, i suoi colleghi, gliel'hanno prima nascosto e poi platealmente bocciato con raffiche di scomuniche corredate da finte sorprese. (...) Sta di fatto che il non più giovane turco, anzi il mai stato giovane Orfini, già presidente del Partito democratico, non è certo un passante, sebbene da tempo venga trattato come tale. Lui lo sa bene e tira avanti, solitario e donchisciottesco, come se niente fosse. Come se la sua carriera, ormai fossilizzata dalla fine dell'èra geologica renziana, non fosse costellata da un'evidente asimmetria tra la realtà e una disperante ostinazione nel cercare d'imprimervi un'impronta, un graffio politico, uno squillo ideale, un segno di sopravvivenza purchessia. La verità è che Orfini è solo e orgogliosamente rabbuiato dalla sopraggiunta irrilevanza in cui giace, dopo essersi intestato un'onesta sequela di fallimenti. Le sue ultime immagini raggiungibili, gli scatti che ne hanno immortalato il decorso più o meno recente, lo ritraggono come un peluche intristito e avvinghiato a Gennaro Migliore mentre battagliava - onorevolmente sconfitto - contro l'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini (estate 2019) per aprire i porti siciliani alle navi delle Ong cariche di migranti. Ma c'è un altro dagherrotipo, se possibile ancora più eloquente, che riassume le ragioni della sventura principale di Orfini: quella famosa partita alla playstation accanto a Matteo Renzi, alla vigilia delle regionali del 2015, un incomprensibile sfoggio d'infantilismo al governo servito al pubblico antipatizzante nel momento di massima popolarità del bullo di Rignano annidato a Palazzo Chigi. (...) (risparmiamoci la biografica di un autoinculnte standard come tanti).  E così, dagli assalti pirateschi tendenza Carola Rackete alla nostalgia per la patrimoniale come prosecuzione dell'esproprio proletario con mezzi aggiornati, passando per il fallimentare tentativo di regalare residenza e utenze agli occupanti abusivi degli immobili altrui (perché «la casa è un diritto costituzionale»), Orfini ha costruito l'ultimo tratto della propria vicenda politica all'insegna del ritorno alle origini, quasi una reimmersione nel liquido amniotico e rigenerante dell'antico Pci, con una spruzzatina di polvere gruppettara in stile anni Settanta. Ogni battaglia una sconfitta, ogni sconfitta un nuovo mulino a vento da assaltare. Ci vuole anche coraggio, per essere Matteo Orfini, bisogna riconoscerlo.
bel ritratto di perdente da bar, elevato al governo in questi tempi ignoranti: “Essere Matteo Orfini” di Matteo Giuli, via https://www.liberoquotidiano.it/video/politica/25542233/matteo-orfini-comunista-sbaglia-tutte-mosse-renzi-carola-rackete-patrimoniale.html
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falcemartello · 5 years
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...
Matteo Orfini del PD lancia la proposta: dare la residenza e la possibilità di allacciarsi ai pubblici servizi a chi occupa abusivamente le case. Avete presente l'attuale Governo?
(@SfigaCatrame)
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paoloxl · 5 years
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Carola Rackete ha agito per necessità. La battaglia è vinta
La comandante della nave Sea Watch 3 Carola Rackete non andava arrestata. A stabilirlo in via definitiva è stata la Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso della procura di Agrigento contro l’ordinanza che lo scorso 2 luglio l’aveva rimessa in libertà. La comandante tedesca il 29 giugno era entrata nel porto di Lampedusa nonostante il divieto della Guardia di finanza, imposto dal Viminale allora retto da Matteo Salvini. Il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, aveva contestato alla capitana i reati di resistenza a pubblico ufficiale, resistenza e violenza a nave da guerra ma la gip Alessandra Vella non aveva convalidato l’arresto bocciando l’ipotesi accusatoria. La Cassazione le ha dato ragione.
«Chi aiuta le persone in difficoltà non andrebbe perseguito – ha scritto ieri su Twitter Rackete -. È un verdetto importante per tutti gli attivisti che salvano vite in mare. L’Ue dovrebbe riformare le direttive contro i “crimini si solidarietà”». In attesa delle motivazioni della Cassazione il legale della comandante, Leonardo Marino, ha commentato: «Carola non andava arrestata, il dovere di soccorso non poteva essere esaurito con la messa in salvo dei naufraghi a bordo della Sea Watch 3, le normative internazionali includono nell’operazione di salvataggio anche lo sbarco in un porto nel quale siano assicurati, oltre che la salvaguardia della vita, anche la tutela dei diritti fondamentali». E ancora: «Adesso sappiamo con certezza che avevamo ragione noi. Vedremo se la procura di Agrigento darà seguito a questa pronuncia della Cassazione ponendo fine alla vicenda giudiziaria o se andrà avanti su questa sua tesi, che riteniamo folle. Arrestata perché aveva salvato vite umane».
All’alba del 29 giugno Carola Rackete decise di entrare senza autorizzazione nel porto di Lampedusa. Salvini aveva lasciato la nave dell’ong Sea Watch bloccata in mare con circa 40 persone per 17 giorni. La comandante già nelle 36 ore precedenti aveva invocato lo stato di necessità. Una motovedetta della Gdf provò a ostacolare la manovra spostandosi lungo la banchina per impedire l’attracco. Rackete proseguì l’accostamento spingendo le Fiamme gialle contro il molo ma il tutto avvenne a velocità bassissima. I finanziari salirono a bordo e l’arrestarono.
Nel ricorso in Cassazione la procura ha sostenuto che «la permanenza nelle acque territoriali era illegittima sulla base del provvedimento dei ministeri di Interni, Difesa e Infrastrutture, confermato dal Tar e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo». Inoltre, «l’obbligo di far sbarcare i migranti incombeva sull’autorità di pubblica sicurezza e non certo sul comandante». Infine, lo stato di necessità non sussisteva poiché «la nave aveva ricevuto, nei giorni precedenti, assistenza medica ed era in continuo contatto con le autorità militari». Di diverso avviso la gip Vella che aveva negato la convalida dell’arresto e, nel farlo, aveva smontato il decreto Sicurezza bis. L’ordinanza della gip spiega perché Rackete ha rispettato il diritto, al contrario della misura bandiera di Salvini.
L’accusa di resistenza e violenza nei confronti della nave della Fiamme gialle viene cassata perché, spiega Vella, le unità della Gdf sono considerare navi da guerra solo «quando operano fuori dalle acque territoriali». Inoltre, «sulla scorta di quanto dichiarato dall’indagata e dai video», la manovra pericolosa viene «molto ridimensionata» e anche giustificata perché l’indagata «ha agito in adempimento di un dovere»: il divieto di ingresso può scattare solo in presenza di attività di carico e scarico di merci o persone, ma non è il caso in esame perché si tratta di un salvataggio e per questo la nave non può considerarsi «ostile».
La resistenza a pubblico ufficiale è poi giudicata inevitabile, come cioè «l’esito dell’adempimento del soccorso» che, ricorda Vella, si esaurisce solo con «la conduzione fino al porto sicuro».
Il dem Matteo Orfini ha commentato: «Un abbraccio a Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E due lezioni per loro: le sentenze le emettono i giudici; chi non ha nulla da temere non scappa dai processi». Il leader leghista ha tirando in ballo il caso Gregoretti: «Per qualche giudice una signorina tedesca che ha rischiato di uccidere cinque militari Italiani non merita la galera, ma il ministro che ha bloccato sbarchi e traffico di esseri umani sì». Da Sinistra italiana la replica di Nicola Fratoianni: «Carola Rackete ha onorato i principi di umanità e solidarietà, Salvini ha disonorato le istituzioni della Repubblica».
Adriana Pollice
da il manifesto
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nonleggerlo · 4 years
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#fotodipolitici - Politici che videogiuocano: #Regionali 2015, ufficio di Matteo #Orfini. Aspettando l’esito delle urne, il presidente del #Pd sfida alla Play il premier Matteo #Renzi. Si gioca a Pro Evolution Soccer, e grazie ad un tweet del portavoce presidenziale Filippo #Sensi si conoscono pure scelte futboliste e risultati. Orfini non lascia prigionieri: “Per la cronaca #Barça (Renzi) - #RealMadrid (Orfini) 1-2, #Milan (Orfini) - #Fiorentina (Renzi) 1-0. #cosedipd #clasico”. Sì, ma il voto? A oggi, sarà l’ultima tornata elettorale a sorridere al #Pd. Tra i governatori eletti annoveriamo alcuni protagonisti dell’attuale scenario socio-politico: #Rossi in #Toscana, #DeLuca in #Campania, #Emiliano in #Puglia (centrosinistra), #Zaia in #Veneto e #Toti in #Liguria (centrodestra)- #Pes #Playstation #cosedipd #politicichegiocano #governoRenzi (foto via @nomfup) https://www.instagram.com/p/B_SKQT4lv9P/?igshid=hf0q3kee9tge
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positive-magazine · 4 years
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I Casamonica a ‘Porta a Porta’. Quando Biagi intervistò Raffaele Cutolo…
I Casamonica a ‘Porta a Porta’. Quando Biagi intervistò Raffaele Cutolo…
Un’intervista ad un mafioso è lesa maestà nei confronti del pubblico onesto? Il servizio pubblico che offre spazio al mafioso va considerato tout court come sponda di colpevole complicità con le mafie? Nel 2015, almeno a sentire molti esponenti politici (in prima fila quelli del PD e del M5S), pare che le due domande trovino la stessa risposta: sì.
Il caso è esploso con la partecipazione a…
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giancarlonicoli · 10 months
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29 nov 2023 09:21
ECCO COME I VESCOVI FINANZIANO, PER SOSTENERE IL SALVATAGGIO DEI MIGRANTI IN MARE, L’EX NO GLOBAL CASARINI ALLA SBARRA PER AVER FATTO BUSINESS SULLA PELLE DEI NAUFRAGHI – “PANORAMA” RICOSTRUISCE COME ALCUNE DIOCESI E ALTI PRELATI, CON IL CONSENSO DELLA CEI DI MONSIGNOR ZUPPI, ABBIANO ELARGITO PIU’ DI 2 MILIONI DI EURO (FRUTTO DELLE OFFERTE DEI FEDELI) ALL’ONG MEDITERRANEA DELL’EX LEADER DELLE TUTE BIANCHE LUCA CASARINI, OGGI IMPUTATO PER FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA – L’INTERCETTAZIONE DELL’EX NO GLOBAL: “CON QUESTA ROBA HO PAGATO L’AFFITTO DI CASA E LA SEPARAZIONE SENZA DOVER ANDARE A LAVORARE IN UN BAR” – LA COPERTURA POLITICA DELL’OPERAZIONE DA PARTE DELLA SINISTRA TERZOMONDISTA: DA FRATOIANNI E ORFINI FINO A…
Esclusiva di Panorama in edicola questa settimana – Testo di Giacomo Amadori pubblicato da la Verità
C’è un passo del Vangelo di Giovanni che racconta la pesca miracolosa di Simon Pietro e di altri discepoli nel lago di Tiberiade. Ma duemila anni dopo c’è ancora chi, in nome di Gesù, fa pesche miracolose, in questo caso di migranti, ma soprattutto di euro. È la banda di Luca Casarini, già leader delle Tute bianche e No global, celebre per aver declamato una «dichiarazione di guerra» al mondo alla vigilia del G8 di Genova, anno del Signore 2001.
Lui e altre cinque persone sono imputati davanti al Tribunale di Ragusa per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre la violazione delle norme del codice della navigazione è contestata a Casarini e ad altri tre. Il prossimo 6 dicembre inizierà l’udienza preliminare propedeutica al rinvio a giudizio, richiesto dalla Procura. Il lavoro dei pm
L’inchiesta ruota intorno, è la tesi accusatoria, all’equivoco o, meglio, all’inganno in base al quale gli indagati, schermandosi con l’associazione di promozione sociale (Aps) Mediterranea saving humans (di cui Casarini è fondatore e membro del consiglio direttivo), hanno costituito una compagnia di navigazione triestina, la Idra social shipping, proprietaria del rimorchiatore battente bandiera italiana Mare Jonio, non tanto per soccorrere in mare i migranti a fini umanitari, ma per farne un business. […]
A quanto risulta a Panorama, Mediterranea e le attività di recupero di migranti della Mare Jonio vengono finanziate da numerose diocesi italiane grazie all’impegno, in primis, del presidente della Cei Matteo Maria Zuppi, dell’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice (l’uomo che avrebbe fatto capire a Casarini e ai suoi il vero senso del Vangelo) e di altri suoi colleghi come il napoletano Domenico Battaglia, all’interno del progetto «Cum-finis, fratelli tutti (come l’enciclica del Pontefice, ndr), alle frontiere di mare e di terra, d’Europa». Un programma sperimentale che, almeno sulle fonti aperte, non è stato pubblicizzato e su cui, all’ufficio stampa della Cei, non hanno saputo darci informazioni.
Eppure ci risulta che, il 26 aprile 2023, proprio la presidenza della Conferenza episcopale, destinataria dell’8 per mille, abbia approvato un finanziamento di 780 mila euro delle arcidiocesi di Napoli e Palermo e delle diocesi di Brescia, Pesaro e Ancona. In pratica avrebbe avallato le erogazioni mensili dell’importo di 65 mila euro previste da questo progetto pilota. E il «sostegno economico determinante di alcuni vescovi» è citato in un dossier interno di Mediterranea sulla relazione con la Chiesa cattolica, dove viene esaltato il ruolo centrale di Zuppi e Lorefice. Probabilmente l’imprimatur è arrivato direttamente da Jorge Mario Bergoglio.
[…]
Oltre alle somme già citate, nel 2021 a Mediterranea sarebbero stati elargiti altri 219 mila euro, nel settembre 2022 ulteriori 200 mila provenienti dalle arcidiocesi di Napoli e Palermo, soldi che avrebbero consentito di coprire le missioni in mare di quell’anno. Sempre nel 2022, 10 mila euro sarebbero stati erogati dalla diocesi di Modena, 20 mila dalla Fondazione migrantes (organismo pastorale della Cei costituito per «la fraterna accoglienza», l’evangelizzazione e l’integrazione degli stranieri), 30 mila direttamente dal vescovo di Palermo, 115 mila euro dagli enti ecclesiastici (diocesi e fondazione). Nel 2023, 200 mila sarebbero stati versati dalla Caritas, 200 mila di nuovo da Napoli e Palermo, altri 270 mila euro da altre diocesi, 25 mila direttamente dal cardinal Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea. In tutto, più di 2 milioni di euro.
Se si considera che Mediterranea nelle uniche quattro missioni condotte con la Mare Jonio tra il 2022 (gennaio, aprile e giugno) e il 2023 (nell’ottobre scorso) ha condotto in porto 422 migranti in tutto, il recupero di ogni naufrago è valso a Casarini e soci 4.900 euro, una vera pesca miracolosa.
La «conversione» […]L’ex ateo Casarini ha da tempo completato il suo percorso da incendiario a pompiere e che nel 2019 ha confessato ai giornali la sua svolta spirituale, a cui, però, non ha voluto dare un nome. Ha solo fatto sapere di avere sul comodino l’enciclica Laudato si’ di Bergoglio. Meritandosi quest’anno un posto al Sinodo dei vescovi come «invitato speciale». […] Il 5 agosto 2020, dopo aver ricevuto la lettera con la proposta da Casarini, monsignor Castellucci si scioglie: «Carissimo Luca, grazie!».
[…] Ed ecco l’ispiratissima risposta di Casarini: «Don Erio Grazie. Grazie per quella che tu chiami “una goccia nel mare”, ma che ha in sé una potenza straordinaria. Queste gocce, come le lacrime, sono calde. Si fanno strada nell’acqua resa gelida dall’indifferenza, nell’aria rarefatta dei senza respiro, e si muovono, scendono dagli occhi e rigano il viso, bagnano il mare e per un attimo lo riscaldano, mescolandosi alle onde. Caro Padre, sappi questo: con questa goccia delle tue lacrime, noi riscalderemo l’acqua del Grande Lago di Tiberiade».
Dopo questa concessione al lirismo, Casarini diventa pragmatico e spiega di essere «in assoluta emergenza», ma offre anche una possibile soluzione da realizzare attraverso un’associazione costituita ad hoc: «Se organizziamo il fatto che una volta al mese le parrocchie delle diocesi possano destinare una lacrima, le offerte raccolte dai fedeli, al soccorso in mare […] Provo a mettere giù uno schema di costruzione della associazione Grande Lago di Tiberiade, cosicché tu possa parlarne a Don Matteo Zuppi. Il giorno 10 incontreremo, io, Beppe e Don Mattia, Don Corrado Lorefice. Poi Monsignor Mogavero (Domenico, ndr), poi Don Pennisi (il vescovo Michele, ndr) e tanti altri. Per intessere insieme la rete dei pescatori di uomini. Grazie dunque per questa prima goccia».
Arrivano i bonifici A questo punto Casarini invia l’iban di Caccia e specifica: «Si tratta del conto di Beppe, per non fare inutili giri di bonifici che farebbero tardare l’arrivo. Ci mettiamo alla ricerca adesso di tutto il resto: entro martedì dobbiamo pagare circa 40 mila euro... ma ce la faremo! Ti abbraccio forte. Luca».
Il fiume di finanziamenti inizia con questa prima goccia, a cui ne seguono molte altre. Il 14 agosto 2020 don Mattia invia lo screenshot della ricevuta di un secondo bonifico bancario da 10 mila euro, disposto dalla diocesi di Brescia. Il 29 settembre, Caccia riceve dall’arcidiocesi di Modena-Nonantola 20 mila euro e chiede di «ringraziare molto Monsignor Castellucci». Il 14 gennaio 2021 giunge una nuova iniezione di cash sempre dalla diocesi di Modena, che tra agosto 2020 e febbraio 2021 invia 45 mila euro. Gli investigatori rilevano «gravi e sistematici elementi di anomalia» nelle movimentazioni bancarie di Caccia.
[…] Per esempio alcune sono state inoltrate alla Idra come «prestiti infruttiferi», pronte per essere richieste indietro dai novelli lupi di mare. In una captazione Caccia ammette che «non è stato bello tenersi i soldi delle donazioni di Facebook e di domandarli in prestito». Al telefono Casarini, destinatario di 6 mila euro di emolumenti mensili, ammette che «’sta roba» è stata messa su da lui, Metz e Caccia e che gli ha permesso di «pagare l’affitto di casa e la separazione» senza dover «andare a lavorare in un bar».
[…] Ma che le parrocchie siano viste come una gigantesca mucca da mungere è dimostrato da un’intercettazione del 27 novembre 2020. Caccia spiega che «la riunione con i vescovi», organizzata per chiedere «un intervento di emergenza sui debiti» dell’anno, «è andata molto bene» e che «vi erano 16 vescovoni», quindi aggiunge che «partirà il tesseramento, le donazioni permanenti». Il brogliaccio della telefonata prosegue con altri particolari riportati da Caccia: «Tutti hanno detto dobbiamo... poi don Ciotti, che è il capo dei bergogliani, li ha messi in riga, e tutti hanno detto che non è in discussione il fatto che la nave bisogna comperarla e finanziare perché tutti hanno detto che è la loro nave, e noi gli dobbiamo garantire di potere navigare».
Addirittura per qualcuno la Mare Jonio avrebbe dovuto battere bandiera vaticana. Caccia sogna a occhi aperti e si augura che «con questi qua» passi «il concetto di 30.000 euro (forse 3.000, ndr) al mese da ogni diocesi» (in Italia sono 226), che vorrebbe «dire mettersi d’accordo con 100 parrocchie che sottoscrivano per ogni diocesi 30 euro per Mediterranea».
Caccia, a questo punto, aggiunge: «Siamo già 100.000 sopra la previsione messa sul piano economico di Mediterranea e si è già sui 580 annui».
[…] Ma chi sono stati i garanti di un’operazione tanto rischiosa? Eccoli: gli allora deputati del Pd Matteo Orfini, Gennaro Migliore, Luca Rizzo Nervo, Fausto Raciti, Massimo Ungaro, Giuditta Pini (nel direttivo di Mediterranea), Luca Pastorino, Vincenza Bruno Bossio, il fondatore di Sinistra ecologia e libertà ed ex governatore della Puglia Nichi Vendola, la verde Rossella Muroni, il senatore dem Francesco Verducci e l’ex collega Francesco Laforgia, i già parlamentari (alcuni rieletti nel 2022) di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, Loredana De Petris, Giuseppe De Cristofaro, Erasmo Palazzotto, gli europarlamentari Pietro Bartolo (ex sindaco di Lampedusa) e Massimo Smeriglio, il consigliere regionale lombardo di +Europa-Radicali Michele Usuelli, oltre a Caccia e Metz.
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redazione-rosebud · 6 years
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Marco Vukic – Attenzione a sciogliere il PDR: ogni molecola, dissociandosi, libera vapori d’acido nitrico, un reattivo capace di intaccare oro e platino… per i Rolex, dico.
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italreport · 7 years
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Il presidente nazionale del Partito Democratico Matteo Orfini in provincia di Ragusa
Il presidente nazionale del Partito Democratico Matteo Orfini in provincia di Ragusa was originally published on ITALREPORT
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italian-malmostoso · 6 years
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"Alcune scelte di governo hanno favorito lo sfondamento a destra. Se andiamo in tv a dire che l'immigrazione mette a rischio la democrazia in questo Paese, che è una sciocchezza, poi la gente finisce anche per credere a Salvini che vuole sparare sui barconi. La lettura che è stata data dal nostro governo su quei temi, credo abbia sdoganato una lettura di destra. Poi la gente vota l'originale. Mi riferisco a Minniti, ma lo sa"
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Ma questi vivono veramente in un mondo a parte, in pratica in una bolla di vetro...
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corallorosso · 4 years
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Governo e Lega uniti solo nel dare soldi alla Guardia costiera libica, ma c’è chi dice no Evidentemente non bastano gli scandali e le inchieste su quei disumani centri di detenzione che si trovano sulle coste della Libia. Quelle prigioni dove vengono picchiati, vessati e torturati quegli esseri umani che cercano solamente un imbarco per trovare una vita migliore, lontana da guerre e carestie. Tutto questo non basta: il governo ha deciso di rinnovare i finanziamenti alla guardia costiera libica, accusata da anni di essere la vera protagonista di gesti disumani e vero tramite con i trafficanti di esseri umani. E lo ha fatto anche con l’appoggio della Lega. Solo 23 deputati hanno avuto il coraggio di dire no, portando all’attenzione le reali dinamiche del fenomeno migratorio tra il Nord Africa e l’Europa. Quattrocentouno voti a favore, 23 no e due astenuti. Questo è stato il risultato comparso sugli schermi della Camera dei deputati al termine della votazione sul rinnovo dei finanziamenti alla guardia costiera libica. Tra tutti quei voti a favore troviamo la Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Movimento 5 Stelle. E fino a questo punto si tratta di un risultato prevedibile (visti anche i trascorsi pentastellati nella guida condivisa con il Carroccio). Il sassolino nella scarpa, anzi il masso, è rappresentato dalla scelta del Partito Democratico. Perché lo scorso anno, quando Salvini era ministro dell’Interno, i rappresentanti PD muovevano critiche, attaccavano, accusavano e dicevano – soprattutto – di esser pronti a rivedere quel trattato e quell’accordo. Poi, quando si è arrivati alla conta, ci si è trasformati in tanti piccoli sovranisti e populisti di maggioranza. Ed ecco che quel sì alla proroga dei finanziamenti alla guardia costiera libica rappresentano un pugno nello stomaco. Solo in 23 hanno votato no. Altri si sono astenuti. Ma questo, ovviamente non è bastato. Tra i contrari troviamo Matteo Orfini, Giuditta Pini, Nicola Fratoianni, Erasmo Palazzotto, Laura Boldrini, Barbara Pollastrini e Riccardo Magi. Tutti esponenti della maggioranza che, coerentemente con le battaglie che portano avanti da tempo, hanno espresso il proprio tangibile dissenso. Perché non ci si può nascondere dietro un dito e non si possono voltare le spalle dopo le immagini, le denunce e gli appelli che hanno resto la vicenda della guardia costiera libica evidente. Agli occhi di tutti. di ENZO BOLDI
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