#Maria e l’amore
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Ti scelgo e riscelgo
a ogni risveglio
ogni passo
ogni respiro
dopo ogni silenzio
attraverso ogni difficoltà
nonostante ogni timore.
Forse perché
siamo tessuti della stessa sostanza
intrisi della stessa nostalgia
nati dallo stesso dolore
bagnati dalla stessa luce
folli della stessa gioia.
L’amore non ha spiegazioni
ma risponde a tutto.
Maria Letizia Del Zompo
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𝗟𝗮 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲𝗻𝗱𝗮 𝗱𝗶 𝗔𝗰𝗶 𝗲 𝗚𝗮𝗹𝗮𝘁𝗲𝗮 ❤️
𝗔𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗲̀ 𝗔𝗰𝗶𝗿𝗲𝗮𝗹𝗲 ❤️
Secondo la mitologia Acireale prende il nome dal pastorello Aci, figlio del dio Pan, protettore dei monti e dei boschi.
La leggenda narra del grande amore che univa Aci a Galatea, bellissima ninfa del mare dalla pelle color del latte molto cara agli dei. Ma l’amore tra i due giovani accese la gelosia del mostruoso gigante Polifemo con un occhio solo in fronte, il quale dopo il rifiuto di Galatea scagliò sul corpo di Aci un gigantesco masso che lo schiacciò.
“Appena la notizia giunse a Galatea questa accorse dove era il corpo di Aci. Alla vista del suo amore gli si gettò addosso piangendo tutte le lacrime che aveva in corpo.
Il pianto senza fine di Galatea destò la compassione degli dei che vollero attenuare il suo tormento trasformando Aci in un bellissimo fiume che scende dall’Etna e sfocia nel tratto di spiaggia dove solevano incontrarsi i due amanti”.
Dal sangue del pastore nacque dunque un fiume chiamato Akis dai greci, oggi in buona parte sottoterraneo, ma che riaffiora come sorgente nei pressi di Santa Maria la Scala (Borgo marinaro, frazione di Acireale) sfociando in una sorgente chiamata “u sangu di Jaci” (il sangue di Aci).
Foto di Grasso Rosario
#anchequestaeacireale
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“ Educare vuol dire togliere”
Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia.
Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima.
Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”.
Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare.
Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno.
Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
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Wanna listen to Orlinski for an hour? Yeah you do.
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00:00 Nicola Matteis: DON CHISCIOTTE IN SIERA MORENA (1719), Ballo dei Bagatellieri 01:14 Francesco Cavalli: LA CALISTO (1661) | Sinfonia, Erme e solinghe cime... Lucidissima face (Endimione) 05:52 Giovanni Antonio Boretti: ELIOGABALO (1668), Chi scherza con Amor (Eliogabalo) 08:47 Giovanni Antonio Boretti: CLAUDIO CESARE (1672), Sinfonia | Crudo amor non hai pieta (Claudio) 11:38 Giovanni Bononcini: LA NEMICA D'AMORE FATTA AMANTE (1693), Sinfonia 15:52 Giovanni Bononcini: LA COSTANZA NON GRADITA (1694), Infelice mia costanza (Aminta) 22:06 Nicola Matteis: DON CHISCIOTTE IN SIERA MORENA (1719), Ballo dei Bagatellieri 28:56 Francesco Bartolomeo Conti: DON CHISCIOTTE (1719), Odio, vendetta, amor (Fernando) 33:15 Luca Antonio Predieri: SCIPIONE IL GIOVANE (1731), Finche salvo e l’amor suo (Scipione) 40:30 Pietro Antonio Locatelli: CONCERTO A QUATTRO op. 1 no 11 en ut mineur, Largo - Allemanda (allegro) - Sarabanda (largo) - Giga (allegro) 50:25 Giuseppe Maria Orlandini / Johann Mattheson: NERONE (1723), Che m'ami ti prega (Nerone) 57:17 Nicola Fago: IL FARAONE SOMMERSO (1709), Alla gente a Dio diletta 1:03:13 George Frideric Handel: RICCARDO PRIMO, RE D’INGHILTERRA HWV 23 (1727), Aria Riccardo, Agitato da fiere tempeste
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“Per secoli l’amore è stato tutto opera loro [delle donne], hanno sempre recitato l’intero dialogo, entrambe le parti. Perché l’uomo si limitava a ripetere, e male. E rendeva il loro insegnamento difficile con la sua distrazione, con la sua negligenza, con la sua gelosia, che era pure una forma di negligenza. Ma esse hanno perseverato giorno e notte, crescendo in amore e in miseria. E da loro sono uscite, sotto la pressione di pene infinite, amanti possenti che, mentre chiamavano l’uomo, lo superavano; che si alzavano sopra di lui, quando non tornava […] Donne incinte che non avevano mai voluto esserlo, e che quando infine morivano all’ottavo parto, avevano i gesti e la levità di fanciulle felici di conoscere l’amore. E quelle rimaste accanto a pazzi e a ubriaconi, perché avevano trovato il modo di essere dentro di sé tanto lontane da essi, come in nessun luogo; e quando erano in mezzo alla gente non potevano nasconderlo e splendevano, quasi passassero la vita con dei santi. Chi può dire quante e quali furono. È come se avessero distrutto in anticipo le parole con cui potremmo capirle”.
(Quaderno 39 del Malte) - Rainer Maria Rilke
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Maria Valtorta – Quaderni 1945-50 - 20 gennaio 1946: Anima mia, comprendi come nacque il Male? Dalla volontà libera, e rispettata tale da Dio, di uno che non era “tutto amore”.
Mentre lavoro d’ago, contemplo mentalmente la figura morale di Gesù Cristo. Penso che se potessi avere un quadro dipinto di Lui, secondo le mie indicazioni e perciò il più vicino possibile a quale era il suo Ss. Volto d’Uomo, vorrei fargli scrivere sotto una frase che fosse “tutto” ciò che era Gesù di Nazaret. Penso a “Venite a Me”, a “Io sono la Via – Verità – Vita”, a “Sono Io, non temete”. Ma sento che non è ancora ciò che l’anima mia vuole per indicare “il Cristo”.
S. Azaria mi parla:
«Gesù è il Compendio dell’amore dei Tre. Gesù è il Compendio di ciò che è la Ss. Trinità e Unità di Dio. È la Perfezione dei Tre compendiata in Uno solo. È l’infinita, multiforme Perfezione compendiata in Gesù. Un abisso di Perfezione davanti al quale si prostrano adorando le milizie celesti e le beate moltitudini del Paradiso. Un abisso di Amore che poté essere, e può essere, compreso e accettato solo da coloro che posseggono amore.
Onde qui si spiega come poté divenire Spirito del Male l’arcangelo che era spirito benigno e santo. Ma non santo al punto da esser tutto amore. È la misura dell’amore, che uno ha in sé, che dà la misura della sua perfezione e della sua refrattarietà ad ogni corruzione. Quando l’amore è completo, nulla più può entrare a corrompere. La molecola che non ama è breccia facile per l’infiltrarsi dei primi elementi che non sono amore. Ed essi sforzano, allargano e allagano e sommergono gli elementi buoni, fino ad ucciderli. Lucifero aveva una incompleta misura d’amore. Il compiacimento di sé occupava uno spazio in lui, uno spazio in cui non poteva essere amore. E fu la breccia per la quale entrò, rovinosa, la sua depravazione. Non poté, per essa, comprendere ed accettare il Cristo-Amore, Compendio dell’infinito, unico, trino Amore. E che al giorno attuale più sia vasta l’eresia che nega l’Umanità Divina della Seconda Persona e fa di Lui un semplice uomo buono e saggio, si spiega facilmente con questa chiave: la mancanza di amore nel cuore umano, l’incapacità di amore, la povertà del possesso d’amore.
Osserva, anima mia, che, sia nel tempo di Cristo come poi nella sua èra, due furono sempre i punti in cui più si impuntò l’intelletto protervo dell’uomo che non può credere se non è umile e se non è amoroso: che il Cristo fosse Dio e Uomo e facente azioni unicamente spirituali e per le quali fu odiato anche dai suoi più intimi e perciò tradito, e che abbia creato il Sacramento dell’Amore. Allora, ora, sempre, i “senza amore” ereticamente dissero e diranno che Dio non può essere in Gesù e che Gesù non può essere nella Ss. adorabile Eucarestia.
Perciò, anima mia, se avessi a fare scrivere una parola sotto l’effigie dell’Uomo-Dio, dovresti fare scrivere: “Io sono il Compendio dell’Amore”.»
E S. Azaria tace, adorando.
Che pace! Che pace in me, che luce, che sensazione di benessere mentale, di un pensiero che si acquieta per una risposta che lo persuade totalmente, si fanno durante e dopo la lezione angelica! Col mio tesoro chiudo il quaderno e torno al lavoro manuale mentre la mente contempla, appagata, la lezione avuta.
Rileggo più tardi, medito e mi impunto sulla frase: “Lucifero non santo al punto da essere tutto amore”. Nel concetto sublime che ho io degli angeli non riesco a capire come uno spirito quale è lo spirito che è angelo abbia potuto avere manchevolezze. È sempre stato un invincibile stupore il mio davanti al peccato degli angeli! E mai nessuno mi ha dato una spiegazione che mi persuadesse del come degli esseri spirituali, creati dal Volere perfetto di Dio, in un creato dal quale mancava l’elemento “Male” che ancora non si era formato, contemplanti l’eterna Perfezione, e quella sola, abbiano potuto peccare. Ora la frase: “…non santo da essere tutto amore” mi arresta, suscitando di nuovo il mio: “Come poté essere ciò?”.
S. Azaria mi dice:
«Gli angeli sono superiori agli uomini. Dico “uomini” per dire gli esseri così chiamati, composti di materia e di spirito. Allora siamo superiori noi, tutto spirito. Ma ricorda che quando nell’uomo vive la Grazia e circola il Sangue del Mistico Corpo il cui capo è Cristo, mentre i sette Sacramenti lo corroborano dalla nascita alla morte, per ogni stato e per ogni fase della vita, allora in voi, “templi vivi del Signore”, noi vediamo il Signore e adoriamo Egli in voi, e allora voi siete superiori a noi, “altri Cristi” siete, e avete ciò che è detto “Pane degli angeli” ma solo degli uomini è Pane. Mistica, insaziata fame d’Eucarestia che è in noi e che ci fa stringere a voi, quando di Essa vi nutrite, per sentire la fragranza divina di questo Cibo perfetto!
Ma, per tornare al punto iniziale, ti dico che negli angeli, diversi in natura e perfezione a voi, vi è, come in voi, libertà di volere. Dio nulla ha creato di schiavo. In origine nel Creato non era che Ordine. Ma l’Ordine non esclude la libertà. Anzi nell’Ordine è perfetta libertà. Nell’ordine non è neppure, ad essere costrittrice, la paura di un’invasione, di un’intrusione, di un’anarchia di altre volontà che possano produrre collisioni e rovine penetrando nell’orbita e nella traiettoria di altri esseri o cose create. Così era l’Universo tutto, prima che Lucifero abusasse della sua libertà e con volontà propria mettesse in sé disordine di passioni per creare disordine nell’Ordine perfetto. Se fosse stato tutto amore, non avrebbe avuto posto in sé per altro che non fosse amore. Invece ebbe posto per la superbia che potrebbe dirsi: il disordine dell’intelletto.
Dio avrebbe potuto impedire questo fatto? Sì. Ma perché violentare la volontà libera del bellissimo, intelligentissimo arcangelo? Non avrebbe allora Lui stesso, il Giustissimo, messo disordine nell’ordinato suo Pensiero, non più volendo ciò che prima aveva voluto, ossia la libertà dell’arcangelo? Dio non oppresse lo spirito turbato per metterlo con violenza nella impossibilità di peccare. Il suo non peccare non avrebbe avuto allora nessun merito. Anche per noi fu necessario il “saper volere il Bene” per continuare a meritare di godere la vista di Dio, Beatitudine infinita!
Dio, come aveva voluto al suo fianco nelle prime operazioni creative l’arcangelo sublime, e lo volle cognito del futuro della Creazione d’amore, così lo volle cognito dell’adorabile e dolorosa necessità che il suo peccato avrebbe imposto a Dio: l’Incarnazione e Morte di un Dio per controbilanciare la rovina del Peccato che si sarebbe creato se Lucifero non avesse vinto la superbia in se stesso. L’Amore non poteva che parlare questo linguaggio. Il primo annichilimento di Dio è in questo atto di voler piegare dolcemente il superbo, supplicandolo quasi, con la visione di ciò che la sua superbia avrebbe imposto a Dio, a non peccare, per portare altri a peccare.
Era atto di amore. Lucifero, già insatanassato, lo prese per paura, debolezza e affronto, per dichiarazione di guerra; e guerra mosse contro il Perfettissimo dicendo: “Tu sei? Io pure sono. Ciò che Tu hai fatto, per me l’hai fatto. Non c’è Dio. E se un Dio c’è, io sono. Io mi adoro. Io ti abborro. Io mi rifiuto di riconoscere chi non mi sa vincere per mio Signore. Non mi dovevi creare così perfetto se non volevi rivali. Ora io sono e ti sono contro. Vincimi, se puoi. Ma non ti temo. Io pure creerò; e per me tremerà il tuo Creato perché io lo scrollerò come brandello di nuvola presa dai venti, perché ti odio e voglio distruggere ciò che è tuo per creare sulle rovine ciò che sarà mio. Non conosco e non riconosco nessun’altra potenza all’infuori di me. E non adoro più, non adoro più, non adoro più altro che me stesso”.
Veramente allora nel Creato, in tutto il Creato, dall’imo al profondo, fu una convulsione orrenda per l’orrore delle sacrileghe parole. Una convulsione quale non sarà alla fine del Creato. E nacque da essa l’Inferno, il regno dell’Odio.
Anima mia, comprendi come nacque il Male? Dalla volontà libera, e rispettata tale da Dio, di uno che non era “tutto amore”. E credi che, su ogni colpa che d’allora è commessa, è questo giudizio: “Qui non è tutto amore”. L’amore completo interdice il peccare. E senza sforzo. Non fatica, chi ama, a raggiungere la giustizia! L’amore lo porta alto sopra tutti i fanghi e i pericoli, e lo purifica d’attimo in attimo delle imperfezioni appena apparenti che ancora ci sono nell’ultimo grado della santità consumata, in quello stato in cui lo spirito è così progredito da essere veramente re, già unito con spirituale connubbio al suo Signore, godendo di un sol grado meno ciò che è la vita dei beati in Cielo, tanto Dio si dona e si svela al suo figlio benedetto.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo.»
Fonte:
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO TERZO - di Gianpiero Menniti
SIC TRANSIT GLORIA MUNDI
Ad occhi nel buio. Illuminati solo dal sapore. Ogni primo bacio. È l’inizio. Memorabile desiderio. Coraggiosa illusione. Poi, schiuse tracce di passione. Fino al segno muto di labbra serrate. L’effimero di una rosa sbocciata per appassire. Rodin coglie il sussurro. Picasso mostra il sussulto di tutti i sensi. Munch osserva le identità smarrite. Magritte insegue la nostalgia della prima volta.
- Auguste Rodin (1840-1917): "Il bacio" (anche "La fede" o "L’amore profondo come i sepolcri" o "Francesca da Rimini" o "Paolo e Francesca"), 1882, Musée Rodin, Parigi
- Pablo Picasso (1881-1973): "Il bacio", 1925, Musée National Picasso, Parigi
- Edvard Munch (1863-1944): "Il bacio", 1897, Museo Munch, Oslo
- René Magritte (1898-1967): "Gli amanti", 1928, MoMA, New York
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
#thegianpieromennitipolis#arte#arte contemporanea#auguste rodin#Pablo Picasso#edvard munch#rene magritte#maria casalanguida
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Remembering Marie A. (1982) David Bowie + lyrics
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Il vero titolo di questa poesia di Bertolt Brecht, composta nel 1920, è “Ricordo di Maria A.”, ma è spesso nota anche come “Un giorno di settembre” in riferimento al primo verso. Fu musicata anche da David Bowie nella canzone “Remembering Marie A.”
"Un giorno di settembre”
Un giorno di settembre, il mese azzurro,
tranquillo sotto un giovane susino
io tenni l’amor mio pallido e quieto
tra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d’estate
c’era una nube ch’io mirai a lungo:
bianchissima nell’alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.
E da quel giorno molte molte lune
trascorsero nuotando per il cielo.
Forse i susini ormai sono abbattuti:
Tu chiedi che ne è di quell’amore?
Questo ti dico: più non lo ricordo.
E pure certo, so il tuo pensiero.
Pure il suo volto più non lo rammento,
questo rammento: l’ho baciato un giorno.
(Bertol Brecht )
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Inversamente
L'altro giorno @hope-now-and-live aveva chiesto, in maniera ironica ma molto interessante, quante volte ci si è chiesti perchè Orfeo si gira a guardare se Euridice lo segua, nella sua catabasi (nel mondo greco, la discesa dell'anima nell'oltretomba), perdendo definitivamente la sua amata, ritenendolo per questo uno stolto. Il Mito è famosissimo, ed è uno dei più potenti racconti sulla proibizione simbolica.
Nel chiacchierare con lei, mi è venuto in mente che Robert Browning, poeta, scrittore e drammaturgo britannico dell'età vittoriana, si ispirò a questo quadro di Frederic Leighton, Orfeo e Euridice (1864)
dove è chiaro come sia Euridice che cerca "di farsi guardare" da Orfeo, che tiene disperatamente gli occhi chiusi, per scrivere questi versi:
Sì, dammi la bocca, gli occhi, la fronte, e insieme mi prendano ancora – un solo sguardo ora mi avvolgerà per sempre per non uscire mai dalla sua luce, anche se fuori è tenebra. Tienimi sicura, avvinta al tuo sguardo eterno. Le pene d’un tempo, dimenticate, e il terrore futuro, sfidato – non è mio il passato né il futuro – guardami! Robert Browning, Eurydice to Orpheus, da Dramatis Personæ , 1864
Per chi non lo ricorda, il Mito è diverso: Orfeo s’innamora, ricambiato, della ninfa Euridice, e la sposa. Come racconta Virgilio nelle Georgiche, di Euridice s’invaghisce anche il pastore Aristeo, che l’insegue per farla sua e, mentre scappa, Euridice è morsa fatalmente da un serpente. Nelle Metamorfosi Ovidio sceglie di eliminare dalla scena Aristeo: Euridice è spensierata, in compagnia di una schiera di ninfe, quando viene morsa al tallone dal rettile. Appena Orfeo apprende la notizia, piange la sposa e con coraggio decide di recarsi negli inferi per riaverla. Scende fino allo Stige, vince ogni ostacolo grazie alla lira e si presenta a Persefone e a Ade, i signori dell’oltretomba. Canta il suo amore per Euridice e chiede che gli venga data la possibilità di continuare a vivere con lei. Tale è la forza del suo amore e del suo canto che Persefone, Ade, il cane Cerbero e perfino le implacabili Furie si commuovono. Gli viene quindi accordato di portare con sé Euridice, ma a un patto: lui andrà avanti, lei lo seguirà, e Orfeo non potrà mai girarsi indietro, perché altrimenti Euridice tornerà per sempre tra le ombre dei defunti. Nella risalita, infatti, mentre i due amanti sono quasi arrivati alla luce, Orfeo non resiste alla tentazione e si volta per controllare che la sua amata sia veramente con lui. Nel tempo di un attimo Euridice scompare per sempre nell’abisso. Distrutto e impietrito, Orfeo non trova più pace e vaga per la terra, sublimando nel canto un passato che non può più tornare. Continua a emozionare, sì, ma rifiuta la vita e l’amore delle altre donne; per questo le Menadi – o Baccanti – si vendicano di lui, che pure era legato a Dioniso, e lo fanno a pezzi gettandone i resti nel fiume Ebro. Tutti lo piangono, uccelli, alberi, sassi, ma Orfeo potrà tornare a riabbracciare la sua Euridice.
Molti nel '900 riprenderanno il Mito, soprattutto dal punto di vista di Euridice. Il magnifico Orfeo, Euridice, Hermes di Rainer Maria Rilke, aggiunge la figura del dio dal piede alato che è messaggero delle anime (Psicopompo, uno dei suoi più famosi attributi), con Euridice che non riconosce più Orfeo:
E quando a un tratto il dio la trattenne e con voce di dolore pronunciò le parole: si è voltato –, lei non comprese e disse piano: Chi?
Ma avanti, scuro sulla chiara porta, stava qualcuno il cui viso non era da distinguere. Immobile guardava come sull’orma di un sentiero erboso il dio delle ambasciate mestamente si volgesse in silenzio per seguire lei che tornava sulla stessa via, turbato il passo dalle bende funebri, malcerta, mite nella sua pazienza.
Giganti si sono cimentati con questa storia (tra gli altri, Campana, Pavese, Yourcenar, Magris, Calvino) ma cito Gesualdo Bufalino, che in un racconto beffardo, Il ritorno di Euridice (1986), fa dire alla Ninfa:
L’aria non li aveva ancora divisi che già la sua voce baldamente intonava “Che farò senza Euridice?”, e non sembrava che improvvisasse, ma che a lungo avesse studiato davanti a uno specchio quei vocalizzi e filature, tutto già bell’e pronto, da esibire al pubblico, ai battimani, ai riflettori della ribalta.
In pratica, l'aveva fatto apposta!
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Ti scelgo e riscelgo
a ogni risveglio
ogni passo
ogni respiro
dopo ogni silenzio
attraverso ogni difficoltà
nonostante ogni timore.
Forse perché
siamo tessuti della stessa sostanza
intrisi della stessa nostalgia
nati dallo stesso dolore
bagnati dalla stessa luce
folli della stessa gioia.
L’amore non ha spiegazioni
ma risponde a tutto.
Maria Letizia Del Zompo
🖌 Vicente Romero Redondo
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Io so a memoria la miseria, e la miseria è il copione della vera comicità. Non si può far ridere se non si conoscono bene il dolore, la fame, il freddo, l’amore senza speranza, la disperazione della solitudine di certe squallide camerette ammobiliate, alla fine di una recita in un teatrucolo di provincia; e la vergogna dei pantaloni sfondati, il desiderio di un caffe latte, la prepotenza esosa degli impresari, la cattiveria del pubblico senza educazione. Insomma, non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita.
- Antonio de Curtis
Ritratto di Nicola Carnevale
Tutto il mondo lo conosce come Totò, ma il suo vero nome è Antonio de Curtis, anzi, per l'esattezza il suo nome intero è Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio. Totò nacque a Napoli, nel rione Sanità, da una unione clandestina tra sua madre, allora quindicenne e suo padre, il marchese Giuseppe De Curtis che inizialmente non lo riconobbe. Solo nel 1928 quando Totò aveva ormai 30 anni il padre decise di riconoscerlo e ne sposò la madre. Solitario e di indole malinconica, crebbe in condizioni estremamente disagiate. Nel 1933 venne adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas che gli diede il suo nome in cambio di un vitalizio, ed ereditò dallo stesso tutti i suoi titoli nobiliari.
- @occhietti... Da vari articoli sul web, debitamente appurati e riassunti
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MariaSol e Petit dopo Amici 23, scambio di bellissime parole d'amore :" "mi ha fatto capire cosa significhi amare"
#Amici #Amici23 E adesso abbiamo dedicato questo video articolo ad una bellissima coppia che si è fatta conoscere grazie alla trasmissione Amici di Maria de Filippi , ovviamente ci stiamo riferendo alla ballerina Marisol Castellanos e il cantante napolet
E adesso dedichiamo questo articolo a Marisol Castellanos e Petit. Rispettivamente cantante di Amici 23 e ballerina, rispettivamente 3 classificato nel programma e 2 classificato a un passo dalla vincitrice, ma non solo il successo, infatti i due hanno trovato anche l’amore, infatti Marisol Petit sono ormai da mesi una coppia dentro il programma e a quanto pare la loro storia d’amore continuerà…
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Emilio Tadini
Il circo magico
A cura di Stefano Cortina
Testi di Flaminio Gualdoni - Foto opere Andrea Angelucci -Crediti fotografici Maria Mulas, Ugo Mulas, Vito Redaelli
Cortina Arte Edizioni, Milano 2008, 96 pagine, 22,5x22cm, paperback
euro 25,00
email if you want to buy [email protected]
Mostra Associazione Culturale Renzo Cortina - Milano 25 novembre-25 dicembre 2008 - Mostra in collaborazione con Spazio Tadini
La mostra presenta un nucleo di opere risalenti agi anni “giovanili” di Tadini, un periodo di ricerca che si data tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60. Gli anni in cui Tadini si orienta verso una ricerca ispirata a un surrealismo e a un simbolismo di tipo narrativo e letterario, matrice che peraltro caratterizzerà anche i “cicli” successivi dell’artista. Sono storie e personaggi di fantasia, scene e scenari ispirati da un’osservazione pungente della realtà, poi tradotta e interpretata con sapida ironia, attraverso composizioni che preludono alla spazialità tipica del suo alfabeto pittorico. Un “ circo magico “ popolato di fantasmagoriche figure , un ludico caleidoscopio su realtà possibili se non probabili .
Emilio Tadini (Milano, 1927-2002), pittore e scrittore fonda con Umberto Eco il Gruppo 63 e svolge l’attività di critico d’arte negli anni ’50 e ’60, soprattutto sulla rivista “Verri”. Scrive diverse opere, tra cui: Le armi, L’amore, La lunga notte a la tendenza narrativa si rivela anche nelle opere pittoriche, spesso riunite in cicli a soggetto, come la celebre serie di opere dedicate alla vita di Voltaire. Esordisce nel 1961 alla Galleria del Cavallino a Venezia. Molte le personali da allora, a Milano, Padova, Brescia, Venezia e all’estero in Francia, Belgio, Austria, Inghilterra. Nel 2001 Milano gli ha dedicato una importante mostra personale a Palazzo Reale.
07/04/24
#Emilio Tadini#circo magico#art exhibition catalogue#Ass.Renzo Cortina Milano 2008#opere giovanili tra '50 e '60#art books#fashionbooksmilano
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“ Educare vuol dire togliere” Quando un genitore dice: “io non ho mai fatto mancare niente a mio figlio” esprime la sua totale idiozia. Perché il compito di un genitore è di far mancare qualcosa, perché se non ti manca niente a che ti deve servire la curiosità, a che ti serve l’ingegno, a che ti serve il talento, a che ti serve tutto quello che abbiamo in questa scatola magica, non ti serve a niente no? Se sei stato servito e riverito come un piccolo lord rimbecillito su un divano, ti hanno svegliato alle 7 meno un quarto la mattina, ti hanno portato a scuola, ti hanno riportato a casa, ti hanno fatto vedere immancabilmente Maria De Filippi perché non è possibile perdersi una puntata di Uomini e Donne, perché sapete che è un’accusa pedagogicamente brillantissima. Ma una cosa di buon senso, il coraggio di dire di no? Vedete io me lo ricordo, tanti anni dopo, l’1 in matematica e non mi ricordo le centinaia di volte che mi hanno dato 6, perché il 6 non dice niente, è scialbo, è mediocre. Me lo disse mio padre quando tornai a casa. “Papà ho preso 1 in matematica”. Pensai che avrebbe scatenato gli inferi, non sapevo cosa sarebbe successo a casa mia. Lui invece mi disse: “fantastico, 4 lo prendono in tanti, invece 1 non l’avevo mai sentito. E quindi hai un talento figliolo”. E poi passava dall’ironia ad essere serio: “Cerca di recuperare entro giugno se no sarà una gran brutta estate”. Fine. Non ne abbiamo più parlato. Perché lui credeva in me. E quando credi in un ragazzo non lo devi aiutare, se è bravo ce la fa. Perché lo dobbiamo aiutare? Io aiuto una signora di 94 anni ad attraversare la strada, ci mancherebbe altro. Perché devo aiutare uno di 18? Al massimo gli posso dire: “Sei connesso? Ecco, questa è la strada , tanti auguri per la tua vita”. Si raccomandano le persone in difficoltà, non un figlio. Perché devi raccomandare un figlio? Perché non ce la fa? Che messaggio diamo? Siccome tu non ce la fai, ci pensa papà. Tante volte ho sentito dire da un genitore: io devo sistemare mio figlio. “Sistemare”. Come un vaso cinese. Dove lo sistemi? Dentro la vetrinetta, sopra l’armadio? Hai messo al mondo un oggetto o hai messo al mondo un’anima? Se hai messo al mondo un’anima non la devi sistemare, l’anima va dove sa andare. Educare non ha nulla a che fare con la democrazia, dobbiamo comandare noi perché loro sono più piccoli. In uno stagno gli anatroccoli stanno dietro all’anatra. Avete mai visto un’anatra con tutti gli anatroccoli davanti? È impossibile, è contro natura. Perché le anatre sono intelligenti, noi meno. Un genitore è un istruttore di volo, deve insegnarti a volare. Non è uno che spera che devi restare a casa fino a sessant’anni, così diventi una specie di badante gratis. Questo è egoismo, non c’entra niente con l’amore. L’amore è vederli volare.
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Mi fece tenerezza la più piccola delle due quando si innamorò di un agnellino che era stato portato a casa per sacrificarlo alla tavola, e fu risparmiato proprio per l’amore che da subito nutrì per lui la bambina: lo portava in giro con una corda come se fosse stato un cagnolino e, sempre attaccato alla corda, lo faceva anche salire su per le scale fino alla cameretta da letto rettangolare che divideva con la sorella di poco più grande di lei, lasciandolo dormire insieme con loro due.
Anna Maria Mori, L’anima altrove
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Maria Tallchief
Maria Tallchief è stata una delle più importanti ballerine del ventesimo secolo e la prima danzatrice nativa americana della storia.
Osannata per la sua velocità, energia e passione unite a una grande abilità tecnica, è stata nominata donna dell’anno dal presidente degli Stati Uniti Eisenhower nel 1953, inserita nella National Women’s Hall of Fame, ha ricevuto la National Medal of Arts e il Kennedy Center Honor alla carriera.
È stata la prima ballerina americana a esibirsi all’Opéra di Parigi e al Bolshoi di Mosca.
Nacque il 24 gennaio 1925 a Fairfax, in Oklaoma. Il padre, Alexander Joseph Tall Chief era un ricco discendente della tribù Osage mentre sua madre, Ruth Porter, aveva origini scozzesi e irlandesi.
Trascorse i primi anni della sua vita in una casa in collina che affacciava sulla riserva indiana.
L’amore per la musica e la danza venne coltivato sin da quando era una bambina. Quando la famiglia si trasferì a Los Angeles, per consentire alle figlie di studiare, venne iscritta alla scuola di danza della coreografa russa Bronislava Nijinska. Era ancora un’adolescente quando si convinse che quella era la strada che voleva intraprendere, abbandonando gli studi di pianoforte, iniziati da piccola.
A 17 anni, con l’insegnante e amica di famiglia Tatiana Riabouchinska, si trasferì a New York, dove entrò nella compagnia Ballet Russe de Monte Carlo.
In un’epoca in cui danzatori e danzatrici statunitensi adottavano nomi di scena russi, lei portava avanti con orgoglio il suo patrimonio indiano. Ha sempre rivendicato il suo lignaggio opponendosi a stereotipi e discriminazioni nei riguardi delle persone native.
Lo stato dell’Oklaoma l’ha celebrata più volte e il 29 giugno 1953 le aveva dedicato una giornata, il Maria Tallchief Day.
Nel 1944 ha cominciato a danzare dal coreografo George Balanchine, suo futuro marito, con cui ebbe inizio una fortunata collaborazione artistica durata anche dopo la loro separazione.
Quando lui, nel 1947, distaccatosi dal Ballet Russe de Monte Carlo, aveva creato la sua compagnia, il New York City Ballet, Maria Tallchief ne divenne la star incontrastata.
L’unione tra le difficili coreografie del compagno e il suo appassionato modo di danzare rivoluzionarono il balletto. Era perfetta per i ruoli che richiedevano atletismo, velocità, aggressività. La sua elettrizzante interpretazione in L’uccello di fuoco nel 1949, la rese una vera star.
La sua Fata Confetto nello Schiaccianoci ha contribuito a trasformare il balletto in un classico annuale di Natale.
Ha collaborato con Balanchine fino al 1965 mentre faceva tour mondiali con altre compagnie come il Balletto dell’Opera di Chicago, il San Francisco Ballet, il Balletto Reale Danese, il Balletto di Amburgo e l’American Ballet Theatre. Ha rappresentato Anna Pavlova nel film Million Dollar Mermaid con Esther Williams.
Nel 1962, durante il suo debutto sulla televisione americana al Bell Telephone Hour, è nata la collaborazione con Rudolf Nureyev. Insieme hanno ballato il pas de deux da Infiorata a Genzano di August Bournonville.
Dopo il ritiro dalla danza, nel 1966, si era trasferita a Chicago dove ha diretto la Lyric Opera fino al 1979.
Nel 1981, ha fondato, con la sorella Marjorie, il Chicago Lyric Opera Ballet, di cui è stata direttrice artistica fino al 1987.
Dal 1990 è stata consulente artistica onoraria del Chicago Festival Ballet di Ken Von Heideke.
È morta a Chicago a causa delle complicanze di una rottura al bacino, l’11 aprile 2013, aveva 88 anni.
La sua vita ha ispirato diversi documentari e biografie.
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