#Los Mis 1971
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LES MIS LETTERS IN ADAPTATION - A Restriction, LM 1.1.11 (Los Miserables 1971)
The fact is that he displeased them. Among other strange things, it is said that he chanced to remark one evening, when he found himself at the house of one of his most notable colleagues: “What beautiful clocks! What beautiful carpets! What beautiful liveries! They must be a great trouble. I would not have all those superfluities, crying incessantly in my ears: ‘There are people who are hungry! There are people who are cold! There are poor people! There are poor people!’” Let us remark, by the way, that the hatred of luxury is not an intelligent hatred. This hatred would involve the hatred of the arts. Nevertheless, in churchmen, luxury is wrong, except in connection with representations and ceremonies. It seems to reveal habits which have very little that is charitable about them. An opulent priest is a contradiction. The priest must keep close to the poor. Now, can one come in contact incessantly night and day with all this distress, all these misfortunes, and this poverty, without having about one’s own person a little of that misery, like the dust of labor? Is it possible to imagine a man near a brazier who is not warm? Can one imagine a workman who is working near a furnace, and who has neither a singed hair, nor blackened nails, nor a drop of sweat, nor a speck of ashes on his face? The first proof of charity in the priest, in the bishop especially, is poverty. This is, no doubt, what the Bishop of D—— thought.
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Y yo. Yo también.
Muy serena en los cócteles,
mientras que en mi cabeza
estoy experimentando una operación a corazón abierto.
- Anne Sexton, "Caperucita roja", Transformaciones (1971).En Poesía completa, Linteo Poesía. Traducción de José Luis Reina Palazón.
- Philip Provily, sin título 1998.
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Storia Di Musica #351: Bob Dylan & The Band, Before The Flood, 1974
C'è un'altra ricorrenza periodica nelle Storie di Musica, e che capita quasi sempre a Dicembre: un racconto di un disco di Bob Dylan. Dopo tanto tempo vi racconto quando nasce la mia fascinazione per lui. Tra i libri della libreria dei miei mi capitò tra le mani, io andavo alle elementari, un libro, Bob Dylan: folk, canzoni e poesie, a cura di Alessandro Roffeni, Newton Compton Editori, pubblicato nel 1978 e comprato anni dopo dai miei ad una Festa dell'Unità. Mi affascinava anche perché aveva i testi inglesi a fronte e quel libro, che conservo ancora con affetto, aveva un'introduzione che finisce così: in un "ritmo di distorsione impoetica" si consuma l'impossibilità stessa di fare "grande" poesia, di additare le risoluzioni definitive: nelle pulsioni dell'eros, nella ricerca martellante di concatenazioni linguistiche nervose e oltraggiosamente impure, Dylan, e con lui l'uomo contemporaneo, cerca un instabile e mai risolto rapporto con l'irriducibile spietatezza del divenire storico.
Siccome è dicembrina, la collezione del mese avrà un'idea celebrativa, perchè i dischi che ho pensato festeggiano tutti mezzo secolo, omaggio questo anche ad una delle mie migliori amiche che è nata nello stesso anno di questi album.
La storia di oggi inizia quando Dylan, con una mossa clamorosa, abbandona la Columbia nel 1973, la casa discografica che lo scoprì e per cui aveva pubblicato i suoi primi 13 dischi, per passare alla neonata Asylum di David Geffen (che la fondò nel 1971 con Elliot Roberts) costruita per riabilitare la musica folk. Dylan in quel periodo iniziò a curare personalmente la sua attività finanziaria. Con la Asylum pubblica Planet Waves nel gennaio del 1974, un disco nato quando Robbie Robertson si trasferì a Malibù vicino casa di Dylan a metà del 1973. Il rapporto con Robertson e The Band è fortissimo: erano ancora The Hawks quando furono chiamati ad aiutare Dylan nella fondamentale transizione elettrica di metà anni '60, gli innumerevoli concerti insieme, e fu con questi musicisti che Dylan, dopo il misterioso e terribile incidente in moto del 1966, si ritirò in cantina a suonare per riabilitarsi (cose che diventeranno i mitici The Basement Tapes nel 1975). Planet Waves è un disco intimo, quasi di emozioni domestiche, che spiazza perchè sembra che Dylan abbia abbandonato l'epica universale della sua musica. Nasce l'idea di promuovere il disco con un tour e appena dopo la pubblicazione Geffen organizza 30 date in 21 città, in teatri e palazzetti al coperto, in circa un mese di tour. Il materiale registrato, nelle due date di Los Angeles del 13 e 14 Febbraio e a New York il 30 gennaio, venne pubblicato a Giugno con il titolo Before The Flood, addirittura un doppio live, il primo live della storia discografica dylaniana (le registrazioni precedenti verranno pubblicate molto tempo dopo) a testimonianza di un evento non secondario: dall'incidente del 1966, e tolta la partecipazione al Concerto per Il Bangladesh organizzato da George Harrison, è la prima tournee di Dylan in 8 anni.
Il titolo prende probabilmente spunto da un racconto, Farn Mabul, scritto da Sholem Asch, scrittore e drammaturgo ebreo-polacco, il cui figlio, Moses, era molto amico di Dylan, che lo aiutò ad organizzare la sua casa discografica, Folkways Records, che era attiva nel folk revival (e che quando chiuse, nel 1987, aveva così materiale ritenuto importante che fu acquisita dalla Smithsonian Society). Tra l'altro, l'ultima canzone di Planet Waves, Wedding Song, finisce così: We can't regain what went down in the flood. Nonostante il Tour fosse stato pensato per promuovere il disco, alla fine da Planet Waves arriva pochissimo, è piuttosto l'occasione per Dylan e i fidati musicisti della Band di riprendere le meraviglie spesso suonate insieme in studio e rivoltarle, riarrangiarle nel modo più imperscrutabile, tanto che le canzoni si riconoscono solo quando il canto irrompe e ne rivela la natura. In generale, dopo qualche data di rodaggio, le serate erano composte da un set con Dylan con la Band, un set solo del gruppo, uno solo di Dylan, e poi qualche bis di nuovo insieme. Ricordo qui gli strepitosi musicisti della Band, tutte leggende: oltre a Robbie Robertson, Garth Hudson, Levon Helm, Richard Manuel e Rick Danko, una line up indimenticabile.
Il risultato fu all'epoca rivoluzionario, perchè non si era abituati a sentire Dylan live sul disco: nel doppio c'è la sua massima espressione poetica, con buona parte dei suoi classici, da Like A Rolling Stone a Blowin' In The Wind, da Ballad Of Thin Man a Knockin' On Heaven's Door, da Just Like A Woman ad una rockeggiante Highway 61 Revisited. A questi si aggiungono le meraviglie della Band: capolavori come The Weight, The Night They Drove Old Dixie Down, The Shape I'm In. Dylan si ricuce le canzoni in abiti diversi, abbandona il canto romantico e spesso è furente nell'interpretazione, tanto che il critico Robert Christgau dirà in una famosa recensione del disco appena uscito "Without qualification, this is the craziest and strongest rock and roll ever recorded. All analogous live albums fall flat.", puntando l'attenzione sulla intensificazione musicale dei suoi classici in veste dal vivo.
Il disco divenne un successo, in Top Ten negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (che va ricordato per numero di dischi in classifica era un luogo di Dylan mania da oltre un decennio). E in Dylan scatta qualcosa: la Columbia, pentita, gli richiede di ritornare a casa, e Dylan prima regala alla storia uno dei dischi più belli di sempre, Blood On The Tracks e poi parte il circo musicale del Rolling Thunder Avenue, il secondo tour consecutivo.
Negli anni furono ripubblicati dalla Columbia altre date, anche in cofanetto, ma niente di così sfavillante come l'edizione del cinquantenario che è arrivata nel 2024: 27 cd, 417 esibizioni inedite, registrazioni appena mixate e note di copertina di Elizabeth Nelson, che raccolgono tutti i concerti di quel tour, storicamente uno dei più importanti della musica rock occidentale.
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El 13 de octubre de 1971 Rebeca despidió a su novio Manuel, un pescador con quien se casaría en 4 días. Esa noche el Huracán Priscilla causó el naufragio de la embarcación y no hubo supervivientes.
Desde el trágico suceso, pasó todas las tardes en el muelle con su vestido de novia.
Más allá de su vana espera Rebeca era muy amable y cordial, tampoco estaba incapacitada: trabajaba vendiendo ropa para muñecas y dulces, no era del todo solitaria: tenía hermanas y amigos que vivían en Monterrey a los que visitaba, tampoco generaba hostilidad en los sanblaseros: era contratada para pequeños trabajos, le regalaban comida y luego de la canción atraía a turistas de todo el Mundo a los que contaba desinteresadamente su historia.
Murió el 16 de septiembre de 2012 a la edad de 69 años, su muerte fue anunciada en medios de toda Latinoamérica, sus restos fueron cremados y sus cenizas arrojadas al mar desde el muelle de San Blas. En el lugar se realizó una ceremonia pública donde se inauguró una estatua en su honor, financiada por la Alcaldía de la ciudad.
Murió el 16 de septiembre de 2012 a la edad de 69 años, su muerte fue anunciada en medios de toda Latinoamérica, sus restos fueron cremados y sus cenizas arrojadas al mar desde el muelle de San Blas. En el lugar se realizó una ceremonia pública donde se inauguró una estatua en su honor, financiada por la Alcaldía de la ciudad.
Canción inspirada en ella por esta agrupación mexicana de rock pop.
Chicos esta es la última y la mejor de todas, es una canción de mis favoritas y sin duda México tiene muchas historias que contar, mañana será la elección del creador y tengo que pensar que puedo compartirles por que no tengo idea jaja...
#digital art#90s anime#digital illustration#helga pataki#oye arnold#art#shortaki#anime art#television#anime
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— El experimento de J.C Abric. (1971): (explicado con mis palabras): El experimento habla de cómo nuestra percepción influye en este caso, en cómo realizaríamos o resolveríamos una tarea. Los participantes tenían que resolver dos tipos de tareas: (una lógica y otra creativa). Lo interesante o llamativo del experimento es cómo al cambiar la forma en que se explica cada tarea los resultados cambiaban. Cuando los participantes veían la tarea creativa como un problema, organizaban sus pensamientos de manera lógica y secuencial (forma jerárquica). En cambio, cuando la tarea la ven como una oportunidad para ser creativos, los pensamientos no son estructurados, las ideas fluyen sin la preocupación de encontrar una respuesta correcta (forma no jerárquica). Cuando hablan de “producción” se refiere a las IDEAS.
La cita en cuestión: “mayor control de la producción (...) menor riqueza y menor originalidad”.
Cuando las personas producen muchas ideas (mayor producción), las ideas son menos variadas y originales: (menos calidad = “menor riqueza”). Cómo intentan controlar y dirigir el pensamiento a una solución específica (como en un problema), se limitan las posibilidades de generar ideas nuevas, innovadoras o de valor (riquezas).
— "La representación social: fenómenos, concepto y teoria" - Denise Jodelet (P: 470).
#Experimentación#interesting#J C Abric#1971#Psicología#Psicologia Social#Pensamiento y vida social#Representación social#fenómenos#conceptos#Teorías#Interesante#Denise JODELET#en tu orbita#frases#escritos#citas#textos#realidad#palabras#pensamientos#emociones#sentir#eternizado#notas#frases en español#recuerdos#latinoversos#amor#desapego
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¿Hay algún animal que se haya podido comunicar con los humanos?
A lo largo de la historia se han conocido animales que se han podido comunicar y, que incluso, han dejado mensajes dirigidos a la humanidad.
Uno de los casos más conocidos es la gorila Koko, que llegó a ser portada de la revista National Geographic en dos ocasiones.
Nació en 1971 en el zoológico de San Francisco, en Estados Unidos, y fue separada de su madre con apenas un año de edad.
A partir de ese momento la psicóloga Francine Patterson se hizo cargo de ella, le enseñó el lenguaje de signos que utilizan las personas que son mudas o sordomudas y en tan solo dos años Koko ya sabía ochenta palabras y con el tiempo llegó a aprender más de mil.
Además, entendía el inglés hablado.
Incluso podía ser empático con los humanos. Un claro ejemplo sucedió cuando murió su gran amigo Robin Williams, pérdida que la puso muy triste.
Koko llegó a ser famosa por sus mensajes hacia la humanidad. En uno de ellos, manifestó la preocupación por su especie:
"Koko triste, mueren mis hermanos".
Y en el año 2015, le preguntaron qué opinaba sobre el cambio climático y dijo:
“Soy un gorila...soy flores...soy animales...soy naturaleza, Koko ama al hombre, Koko ama a la tierra, pero el hombre es estúpido, Koko llora".
La inteligencia de este animal era tal, que se le realizó un examen de cociente intelectual, obteniendo un 85%, siendo entre 90 y 109 el de un humano promedio.
Koko dejó este mundo a los 46 años de edad, pero su recuerdo permanecerá para siempre.
national Geografíc World
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Cara Maria, stasera, appena finito di lavorare, su quel sentiero di polvere rosa, ho sentito con le mie antenne in te la stessa angoscia che ieri tu con le tue antenne hai sentito in me. Un'angoscia leggera leggera, non più che un'ombra, eppure invincibile. Ieri in me si trattava di un po' di nevrosi: ma oggi in te c'era una ragione precisa (precisa fino a un certo punto, naturalmente) ad opprimerti, col sole che se ne andava. Era il sentimento di non essere stata del tutto padrona di te, del tuo corpo, della tua realtà: di essere stata “adoperata” (e per di più con la fatale brutalità tecnica che il cinema implica) e quindi di aver perduto in parte la tua totale libertà. Questo stringimento al cuore lo proverai spesso, durante la nostra opera: e lo sentirò anch'io con te. È terribile essere adoperati, ma anche adoperare. Ma il cinema è fatto così: bisogna spezzare e frantumare una realtà “intera” per ricostruirla nella sua verità sintetica e assoluta, che la rende poi più “intera” ancora. Tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per poter essere ricostruita di un materiale più duraturo di quello della vita, cioè il materiale della poesia. È appunto terribile sentirsi spezzati, sentire che in un certo momento, in una certa ora, in un certo giorno, non si è più tutti se stessi, ma una piccola scheggia di se stessi: e questo umilia, lo so. Io oggi ho colto un attimo del tuo fulgore, e tu avresti voluto darmelo tutto. Ma non è possibile. Ogni giorno un barbaglio, e alla fine si avrà l'intera, intatta luminosità. C'è poi anche il fatto che io parlo poco, oppure mi esprimo in termini un pò incomprensibili. Ma a questo ci vuol poco a mettere rimedio: sono un po' in trance, ho una visione o meglio delle visioni, le “Visioni della Medea”: in queste condizioni di emergenza, devi avere un po' di pazienza con me, e cavarmi un po' le parole con la forza. Ti abbraccio.
Pier Paolo Pasolini, Lettera a Maria Callas (1971)
#pier paolo pasolini#pierpaolo pasolini#maria callas#lettera#scrivere#cinema#angoscia#amici#amicizia
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l'altro giorno ho letto un articolo di giornale del 1971 che parlava del cantagiro (okay parlava dell'esibizione dei lz al cantagiro scusate l'oscurantismo) e menzionava sanremo dicendo tipo "ormai i giovani non seguono sanremo lo guardano solo gli ultratrentenni" e mi fa un sacco ridere perché quella stessa fascia demografica degli allora ultratrentenni ossia dei nati nel tardo ventennio è letteralmente rimasta la audience primaria di sanremo fino al 2017
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" Si trattava ancora una volta di un libro, e l'autore si chiamava Kafka, Franz, e il libro era intitolato "Nella colonia penale". Più tardi ho chiesto a Boris se davvero non immaginava le conseguenze di quello che faceva quando, alla fine del '44 (!), raccomandava a Leni uno scrittore ebreo, e lui mi ha risposto: «Avevo tanta di quella roba in testa, tante cose a cui pensare che me lo sono dimenticato». Dunque, Leni andò un'altra volta col suo bravo biglietto alla biblioteca, ce n'era ancora una in funzione e la bibliotecaria, per fortuna, era una donna piuttosto anziana e abbastanza ragionevole che strappò il biglietto e prese subito Leni in disparte e le ripeté, alla lettera, quello che le aveva già detto la madre superiora quella volta che aveva chiesto con tanta insistenza di Rahel: «Ma figliuola, ha perso la testa? Chi l'ha mandata qui a chiedere questo libro?» Però Leni, sa, anche stavolta non ha mollato. La bibliotecaria dev'essersi accorta subito che non era un agente provocatore, perciò l'ha presa da parte e le ha spiegato esattamente che quel Kafka era ebreo, che tutti i suoi libri erano stati proibiti e bruciati eccetera, e certo Leni dev'essersene uscita col suo solito disarmante «E con questo?», e allora quella donna le spiegò ben bene, anche se tardi, come stavano le cose tra nazisti ed ebrei, e le mostrò - naturalmente ce l'aveva in biblioteca - lo "Stürmer"* e le spiegò tutto, e Leni, quando venne da me, era inorridita. Finalmente aveva afferrato qualcosa.
Ma non mollò, s'era messa in testa di avere il suo Kafka e di leggerlo, e ci riuscì! Pensi che andò in treno a Bonn, da alcuni professori per i quali suo padre aveva lavorato e di cui sapeva che avevano delle grandi biblioteche, e infatti ne trovò uno che ormai era un nonnetto di settantacinque anni passati e se ne stava là in mezzo ai suoi libri, ormai pensionato, e sa che cosa le disse quello, alla lettera? «Ma figliuola, ha perso la testa? Kafka, nientemeno? Perché non addirittura Heine?» Però fu molto gentile con lei, si ricordò di lei e di suo padre, solo che non aveva quel libro e dovette andare da un collega e poi da un altro finché ne trovò uno con cui la fiducia era reciproca e che per di più possedeva il libro. Non fu tanto semplice, la cosa durò un giorno intero, sa, arrivò a casa nel cuore della notte e aveva il libro nella borsetta, non era una cosa tanto semplice perché non solo bisognava trovare uno che si fidasse del professore e di cui il professore potesse fidarsi, ma quello doveva fidarsi anche di Leni, e non solo doveva avere il libro ma anche cacciarlo fuori! Effettivamente ne trovarono due che lo avevano, ma il primo non volle darlo. Roba da matti, le preoccupazioni di Leni e di Boris, quando era in ballo la vita, la vita nuda e cruda. "
*Settimanale di propaganda nazista veementemente antisemita, edito sin dal 1923.
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Heinrich Böll, Foto di gruppo con signora, (traduzione di Italo Alighiero Chiusano), Einaudi (collana Tascabili), 1972.
[Edizione originale: Gruppenbild mit Dame, Verlag Kiepenheuer & Witsch, Köln, 1971]
#Heinrich Böll#Foto di gruppo con signora#libri#Letteratura tedesca del XX secolo#citazioni#letteratura europea del '900#letteratura europea del XX secolo#leggere#narrativa#narrativa del '900#citazioni letterarie#Germania#letture#1971#anni '70#Franz Kafka#bibliofilia#bibliomania#biblioteche#Nella colonia penale#antisemitismo#ingenuità#regimi autoritari#taotalitarismo#seconda guerra mondiale#classici novecenteschi#anti-intellettualismo#Italo Alighiero Chiusano#lettori#Bonn
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Para el ask de los museos, van mis dos favs: la casa museo de Cervantes y el museo del traje
aquí tienes <333
virgen de la leche, anonymous (16th century)
postcards of regional dresses, gráficas robles (1967-1971)
museums ask <3
#ask#<333#art#hoy debería estudiar la web del museo de cervantes así que esto me ha venido de perlas#en la segunda te he puesto más de una porque son literalmente postales con cada una de las provincias#y ponerte solo una era feo
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Baco joven, ca 1907 - ca 1909, de Nomellini Plinio (1866/ 1943)
ATRIBUCIONES: Nomellini Plinio (1866/ 1943) LUGAR DE EXPOSICIÓN: Galería de Arte Moderno UBICACIÓN: Palazzo Pitti NOTICIAS CRÍTICAS HISTÓRICAS: Probablemente ejecutado en Venecia entre 1907 y 1909 en relación con el joven representado que debe ser su hijo Vittore, nacido en 1901, según el testimonio de Bárbara y Aurora Nomellini, nietas de Plinio. V. Pica destacó en Nomellini la capacidad de combinar una "comprendida audacia de la técnica y una noble gracia de la composición" y subrayó que el niño se encontraba entre las obras más exitosas del pintor y lo vinculó en particular con el "Diti rambo" expuesto en 1905, de nuevo en Venecia. Sin embargo, la obra también debe verse como un compromiso con el gusto neorrenacentista tardío, representado en esos años por Sartorio y De Karolis. CONDICIÓN LEGAL: propiedad Organismo público territorial CÓDIGO DEL CATÁLOGO NACIONAL: 0900649114 NÚMERO DE INVENTARIO: Gene. 451 ORGANISMO DE PRESENTACIÓN: Las Galerías de los Uffizi FECHA DE COMPILACIÓN: 1971 FECHA DE ACTUALIZACIÓN: 2015 INSCRIPCIONES: en el reverso del marco - XI exposición internacional de arte de la ciudad de Venecia 1910/314 -
Información de la web de “catalogo general del Patrimonio Cultural” italiano, fotografía de mi autoría.
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LES MIS LETTERS IN ADAPTATION - Foliis ac Frondibus, LM 4.3.3 (Los Miserables 1971)
There was a stone bench in one corner, one or two mouldy statues, several lattices which had lost their nails with time, were rotting on the wall, and there were no walks nor turf; but there was enough grass everywhere. Gardening had taken its departure, and nature had returned. Weeds abounded, which was a great piece of luck for a poor corner of land. The festival of gilliflowers was something splendid. Nothing in this garden obstructed the sacred effort of things towards life; venerable growth reigned there among them. The trees had bent over towards the nettles, the plant had sprung upward, the branch had inclined, that which crawls on the earth had gone in search of that which expands in the air, that which floats on the wind had bent over towards that which trails in the moss; trunks, boughs, leaves, fibres, clusters, tendrils, shoots, spines, thorns, had mingled, crossed, married, confounded themselves in each other; vegetation in a deep and close embrace, had celebrated and accomplished there, under the well-pleased eye of the Creator, in that enclosure three hundred feet square, the holy mystery of fraternity, symbol of the human fraternity. This garden was no longer a garden, it was a colossal thicket, that is to say, something as impenetrable as a forest, as peopled as a city, quivering like a nest, sombre like a cathedral, fragrant like a bouquet, solitary as a tomb, living as a throng.
#Les Mis#Les Mis Letters#Les Miserables#Les Mis Letters in Adaptation#Cosette#Cosette Fauchelevent#Los Mis 1971#Los Miserables 1971#Les Mis 1971#Les Miserables1971#lesmisedit#lesmiserablesedit#losmiserables1972edit#lesmiserables1971edit#pureanonedits#LM 4.3.3
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THE WORKING CLASS GOES TO HEAVEN
Questa sera "smanettando" tra gli account del nuovo social "BlueSky" sul quale sono appena approdato abbandonando il funereo X e il suo megalomane e pericoloso proprietario, mi sono imbattutto in un account dal nome famigliare: "Novara Media". Incuriosito dal fatto di non averne mai sentito parlare (ed è strano nella mia città, Novara appunto, in cui si sente parlare sempre delle stesse cose). Dopo le verifiche del caso ed ho scoperto che si tratta di una organizzazione mediatica indipendente con sede nel Regno Unito Per meglio dire è un sito di informazione, un tempo si sarebbe detto un sito di informazione "alternativa". L'organizzazione è stata fondata nel 2011 da James Butler e Aaron Bastani con lo scopo di combattere l'aumento delle tasse universitarie in UK, ha anche sostenuto fattivamente l'allora leader laburista Jeremy Corbyn. Dal sito si accede anche ad una stazione radio chiamata "Novara FM". Dal 2019 il marchio "Novara Media", è stato registrato come organizzazione no-profit. Due sono le sedi, a Londra e a Leeds. Ma, venendo alla questione per noi più rilevante: perché si chiama "Novara Media"? Semplice, perché i fondatori hanno voluto omaggiare la città dove Elio Petri ha girato nel 1971, "La classe operaia va in paradiso".
Se voleste dogliervi una curiosità (o lasciare un piccolo finanziamento come ho fatto io, l'URL è il seguente:
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Storia Di Musica #328 - Francesco De Gregori, Titanic, 1982
I dischi che ho scelto il mese di Giugno hanno un valore ancora più personale, e sono legati da un fatto. A metà Maggio per aggiustare due tegole lesionate salendo in soffitta per fare spazio ho ritrovato degli scatoloni, e in uno di questi, catalogati in buste di carta, come quelle del pane, vi erano dei dischi. Ne ho scelti 5 per le domeniche di questo Giugno. Il primo era nella busta Dischi di Angela, il nome di mia madre. Interrogata, e felicemente sorpresa di aver ritrovato quello scatolone pensato perso dopo un temporaneo trasloco da casa, mi ha raccontato che non comprò il disco appena uscito, ma dopo qualche anno, dopo aver visto un concerto dell'artista di oggi, uno dei più grandi autori della canzone italiana.
Francesco De Gregori era stato lontano dagli studi di registrazione per tre anni: il 1979 era stato l'anno straordinario di Banana Republic con Lucio Dalla e di Viva L'Italia, disco fondamentale e che contiene una storia particolare. Fu infatti il tentativo della RCA, la sua casa discografica, di promuovere l'artista a livello internazionale. Fu ingaggiato Andrew Loog Oldham, leggendario scopritore e primo produttore dei Rolling Stones, che portò con sé una schiera di tecnici e turnisti britannici, e lo stesso De Gregori registrò delle versioni in inglese di alcune delle sue canzoni più note (Piccola Mela, Rimmel, Generale, una versione di Buffalo Bill con Lucio Dalla) con i testi tradotti da Susan Duncan Smith e Marva Jan Marrow, poetessa statunitense che rimase in Italia per un decennio, collaborando con numerosi artisti (Ivan Graziani adatta un suo brano, Sometimes Man, per Patti Pravo, che diviene una dedica per lei, intitolata Marva).
Decide quindi di concentrarsi su un disco che da un lato riprende progetti giovanili sul recupero delle musiche tradizionali, e dall'altro sia una sorta di concept album. Su questo ultimo punto, fu decisiva la lettura nei mesi precedenti le registrazioni di un libro, L'Affondamento Del Titanic di Hans Magnus Enzensberger. Prodotto da De Gregori con Luciano Torani, Titanic esce nel giugno del 1982. È un disco dove De Gregori lascia da parte la canzone d'amore (solo un brano è riconducibile ad una canzone romantica), musicalmente molto vario e che sembra, attraverso il racconto della mitica nave e del suo tragico destino, una riflessione faccia faccia, personale e spirituale, con il mare, i suoi messaggi potenti e profondi. Si apre con Belli Capelli, l'unica canzone d'amore, che lascia lo spazio a Caterina, emozionate omaggio a Caterina Bueno, cantautrice fiorentina che fu la prima a credere nel giovane De Gregori, chiamato come chitarrista nel 1971: i versi «e cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo» sono un omaggio ad un brano di Bueno, «e cinquecento catenelle d'oro/hanno legato lo tuo cuore al mio/e l'hanno fatto tanto stretto il nodo/che non si scioglierà né te né io». La Leva Calcistica Del '68 è uno dei classici degregoriani, toccante racconto di un provino calcistico di un dodicenne nel 1980, con uno dei testi più belli del Principe (E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai\Di giocatori tristi che non hanno vinto mai\Ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro\E adesso ridono dentro al bar\E sono innamorati da dieci anni\Con una donna che non hanno amato mai\Chissà quanti ne hai veduti\Chissà quanti ne vedrai). La parte centrale del disco, musicale ed emozionale, è la cosiddetta trilogia del Titanic. L'Abbigliamento Di Un Fuochista, cantata con Giovanna Marini (grande custode della musica tradizionale italiana, recentemente scomparsa) racconta una storia di emigrazione attraverso il doloroso dialogo madre-figlio sullo sfondo della tragedia, e De Gregori in un disco successivo, altrettanto famoso, La Donna Cannone (1983), inserirà un brano, La Ragazza E La Miniera, che è la prosecuzione narrativa di questo brano. Titanic, dal meraviglioso ritmo sudamericano, è il brano metafora della questione sociale: la divisione in classi, prima, seconda e terza, che accomuna la nave alla società. I Muscoli Del Capitano inizia come Il Tragico Naufragio Della Nave Sirio, canzone popolare resa celebra da Caterina Bueno, e molti notarono lo stile particolare del testo, un riferimento alla narrazione futurista del progresso, della potenza meccanica, al mito dell'acciaio e dell'industria. La canzone, meravigliosa, sarà oggetto anche di numerose riletture, e ricordo quella convincente di Fiorella Mannoia in Certe Piccole Voci (1999). Il disco si chiude con il riff, spiazzante, di 150 Stelle, sulle bombe e i bombardamenti, con il simpatico rock'n'roll di Rollo & His Jets, che nel testo cita due dei suoi migliori collaboratori, Peppe Caporello (bassista mezzo messicano soprannominato chicco di caffè) e Marco Manusso (chitarrista con quel nome strano) che insieme con Mimmo Locasciulli suonarono nel disco. Leggenda vuole che per gli arrangiamenti dei fiati Caporello volle un paio di scarpe di tela Superga bianche. Chiude il disco il pianoforte, dolcissimo e malinconico, di San Lorenzo, in ricordo dei bombardamenti del 19 luglio 1943 sul quartiere romano di San Lorenzo ad opera degli alleati. Canzone stupenda, è anch'essa ricchissima di riferimenti: i versi su Pio XII che incontra la gente si rifà ad una famosissima fotografia (scattata però, ma si seppe anni dopo, davanti alla Chiesa di San Giovanni In Laterano, nell'agosto del '43 dopo la seconda sequenza di bombardamenti), il verso Oggi pietà l'è morta, ma un bel giorno rinascerà è presa dal famoso canto partigiano di Nuto Revelli.
Il disco, con in copertina il merluzzo su un piatto in un frigorifero accanto a un limone tagliato fotografato da De Gregori e colorata da Peter Quell, fu anche un successo di critica e di vendite: nonostante non ebbe traino da nessun singolo, vendette 100000 copie nel primo mese, regalando le sue canzoni stupende, con De Gregori che fu il primo a ripercorrere le orme del Battiato de La Voce Del Padrone, unendo nel modo più convincente la tradizione cantautorale, in questo lui un Maestro insuperato, con il grande pubblico.
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Luci a San Siro è un brano musicale del 1971 interpretato da Roberto Vecchioni incluso nel proprio album Parabola e, successivamente, in Robinson, come salvarsi la vita.
Le parole sono dello stesso Vecchioni, mentre la musica è di Andrea Lo Vecchio e Giorgio Antola.
Nonostante non sia mai stato pubblicato come singolo, è universalmente riconosciuto come uno dei brani più significativi e importanti della carriera di Vecchioni, nonché come un classico della canzone italiana.
Il brano vinse nel 1996 il Premio Lunezia per la qualità del testo.
La canzone era già stata pubblicata qualche mese prima su un 45 giri inciso da Rossano, in una versione con testo completamente diverso e dal titolo Ho perso il conto.
Nel nuovo testo Vecchioni ricorda il suo amore giovanile per Adriana, la sua vicina di casa e fidanzata dal 1964 al 1968, che diventerà la "musa ispiratrice" di moltissime sue canzoni (da Mi manchi ad Archeologia), con cui si recava presso la Montagnetta di San Siro con la sua Fiat 600 grigia targata MI 860399, regalatagli dal padre nel luglio 1962 per il superamento a pieni voti dell'esame di maturità.
Il testo è inoltre un omaggio a Milano e alla giovinezza passata, oltre che un atto d'accusa verso l'ambiente dei produttori musicali.
Il brano di Vecchioni è ritenuto tra i più influenti e significativi della musica d'autore italiana; il suo collega e amico Francesco Guccini, interpretandola durante un proprio concerto, espresse il rammarico per non averla composta egli stesso.
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GWEN JOHN & ROSARIO CASTELLANOS
Linaje
Hay cierta raza de hombres (ahora ya conozco a mis hermanos) que llevan en el pecho como un agua desnuda temblando. Que tienen manos torpes y todo se les quiebra entre las manos; que no quieren mirar para no herir y levantan sus actos como una estatua de ángel amoroso y repentinamente degollado.
Raza de la ternura funesta, de Abel resucitado.
Rosario Castellanos. De Al pie de la letra. Recogido en Poesía no eres tú – Obra poética (1948-1971). Ed. Fondo de Cultura Económica de España, 1976
El pequeño interior. Este pequeño cuadro es uno de los cerca de 20 óleos que Gwen John mostró en la Chenil Gallery, Londres, en el verano de 1926. Esta exposición, organizada para ella por su hermano Augusto, fue un éxito de crítica y financiero. El escenario es la casa del artista en el número 29 de la rue Terre Neuve, Meudon, y la mesa y la tetera aparecen a menudo en otros cuadros.
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