#Lettere da Berlino
Explore tagged Tumblr posts
Text
Oggi a Berlino è festa nazionale, sono tutti partiti per un weekend lungo. Io vedo questo giorno libero, grigio ma non troppo, come una piccola cattiveria del tempo, del mio tempo qui che non so benissimo come sfruttare, anche se ci provo. Ho comprato questa busta di tabacco il 19 Settembre e durerà ancora qualche giorno, il che significa che sto andando egregiamente bene sul versante nicotina, fumo di meno. Devo consegnare la tesi di dottorato il 15 Ottobre, il che significa che non sto messa proprio bene, dovrei usare questo giorno libero e non troppo luminoso per starmene a casa col nasino nel pc, non dico manco di voler fare un buon lavoro - che senso ha, adesso? - ma un lavoro qualunque, perché questa sigla di tre lettere vicino al mio nome io me la merito, anche se non so fare proprio proprio un cazzo, o così mi pare stando qui insieme a tutte queste fantastiche persone che evidentemente sanno quello che fanno, e mi sa pure che molti di loro siano sulla carta meno skillate di me. Che ipocrisia l’istituzione, ma stando qui ho ancora l’impressione che ci sia speranza - io, speranza. In questo momento.
Ho scritto a Linda un messaggio incoerente - io, comunicazione incoerente. Ma è pur sempre la fotografia di questo momento. Le ho comunicato che Valerio è morto e che io sono qui. Le ho detto “Ehi, non so se voglio parlarne, forse devo parlarne, ma forse parlarne mi farà crollare ed io mica adesso me lo posso permettere…”. Le ho detto che l’abbraccio perché so bene che dopo aver saputo di questa notizia avrà pianto per me. Il mio rapporto con la mia psicologa è piuttosto atipico, per quello che da psicologa so, ma il punto è anche che siamo colleghe. Questo mi fa venire in mente il fatto che ci sono nella mia vita tutte queste situazioni in cui le persone inquadrano la nostra relazione attribuendomi un ruolo di competenza, ma secondo me io questa roba qua non la so raccogliere molto bene. Tipo come qui a Berlino, dove parlo con tutti i gradini di questa gerarchia che mi è comunque oscura partendo dal presupposto che siano tutti intrinsecamente migliori di me, e si vede che lo faccio. Mi viene in mente che forse loro si aspettavano che questa esteemed foreign researcher sarebbe venuta a portare competenze, a mettere qualcosina sul piatto. Ed io che ho messo? Sorrisi gentili, mille “don’t worry about me”, il mio racconto da pazza detached di un lutto così recente ed enorme da essere francamente inappropriato. Qualcuno penserà che sono pazza. Io lo penso, forse mi ossessiona un po’. Sub-clinicamente, per ora. Una psicologa ha le competenze per dirle, certe cose.
Martedì ho presentato una vaga idea di quale sarà il mio lavoro di questo mese alla consueta riunione del team. Due slide mediamente colorate, un sacco di punti interrogativi. Sono una persona onesta, questo è innegabile. Mi hanno chiesto di fare cose che non so fare, ma se fossi in grado di impararle al volo sarebbe tutto ok. Nella mia esperienza è così che si fa questo lavoro. A breve però questo mese qui sarà finito, e che ne sarà di me? Dovrò dare un significato alla frase “Valerio è morto” che dico tanto spesso, dovrò tornare nell’unico posto dove so per certo di non voler essere, con una persona che esercita del potere su di me, e che io semplicemente odio. Da quando Valerio è morto ho scoperto una spinta a vivere che non credo mi appartenesse, deve essere stato una specie di contagio tipo quell’episodio di Buffy (o era Streghe? O forse tutt’e due?) in cui quando la persona impossessata moriva l’entità invisibile si rintanava nel corpo vivo più vicino. Quando Valerio è morto ero di sicuro il corpo più vicino. Mentre gli tenevo la mano deve avermi passato quel qualcosa che tanto non gli sarebbe servito più, quella testardaggine che lo ha tenuto aggrappato a questo mondo fin quando noi non abbiamo deciso che per lui era finita. Sarebbe così sensato. È così romantico. Valerio è morto. Io ancora no. Devo imparare delle nuove competenze per essere all’altezza dell’ossigeno che consumo.
12 notes
·
View notes
Text
A 40 anni Franz Kafka (1883-1924), che non si è mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo.
Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla.
Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: "per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure."
Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka.
Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.
"Non assomiglia affatto alla mia bambola", disse la bambina.
Kafka le consegnò un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "i miei viaggi, mi hanno cambiato". La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò tutta felice a casa.
Un anno dopo Kafka morì.
Molti anni dopo, la bambina oramai adulta trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto:
"Tutto ciò che ami, probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo."
Dal libro Kafka e la bambola viaggiatrice, Jordi Sierra I Fabra
16 notes
·
View notes
Text
"A 40 anni Franz Kafka, che non si è mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. La bambina e Kafka cercarono la bambola senza successo. Kafka le propose di incontrarsi di nuovo lì il giorno dopo, per tornare a cercarla insieme.
Il giorno seguente, non avendo ancora trovato la bambola, Kafka consegnò alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: "per favore, non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure."
Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka. Durante i loro incontri, Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Alla fine Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.
“Non assomiglia affatto alla mia bambola", disse la bambina. Kafka le consegnò allora un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "i miei viaggi mi hanno cambiato”. La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò a casa tutta felice.
Lanno seguente Kafka morì.
Molti anni dopo la bambina, oramai adulta, trovò un messaggio dentro la bambola. Nella breve lettera firmata da Kafka c‘era scritto: "tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo."
("Kafka e la bambola viaggiatrice”, di Jordi Sierra I Fabra)
34 notes
·
View notes
Text
Lili diventa il sole intorno a cui ruota ogni suo pensiero. Non solo è la sua musa, ma lo aiuta concretamente trascrivendo le sue opere e occupandosi della diffusione tra gli editori. Durante un viaggio in Lettonia, paese d’origine della madre, fa di tutto perché alcuni lavori del suo Volodja vengano pubblicati. Tra una questione pratica e l’altra, però, si fa strada la gelosia. Sono lontani, inquieti e pieni di dubbi quando le lettere tardano: “Se non scriverai nulla di te io impazzirò” scrive lui. E lei: “Non tradirmi! Ho una terribile paura di questo”. Ogni volta che si trovano in città diverse – Riga, Londra, Berlino, Mosca, Soči – si ripetono l’amore e il terrore di perdersi: “io ti amo un milione di volte di più di tutti gli altri messi insieme.” Quando è Lili a essere via, Osip e Volodja si dicono che la vita senza di lei sembra senza senso: “Ogni mattina vado da Osja e gli dico: ‘Si sta male, fratello Gatto, senza Liska’ e Oska risponde: ‘Si sta male, fratello Cucciolo, senza la Micia’” scrive il poeta a Lili nel 1921.
Di Majakovskij e Lili Brik
3 notes
·
View notes
Text
Richard Serra
Tilted Arc
Nel 1979 il General Service Administration (GSA), un’agenzia indipendente del governo degli Stati Uniti, in accordo con il National Endowment for the Arts (NEA), decide di commissionare una scultura all’artista Richard Serra. È destinata alla Federal Plaza di New York. Dieci anni dopo, la scultura, chiamata Tilted Arc, viene smantellata, segata a pezzi, i suoi resti immagazzinati a Brooklyn. Nel mezzo accade di tutto. L’affaire Serra ridefinirà il concetto di site specificity di una scultura inserita nel tessuto urbano. In effetti, c’è qualcosa di radicale in questo artista che fin dagli inizi della sua carriera aveva deciso di utilizzare acciaio e piombo come materia espressiva. Nelle Lettere a Miranda Quatremère de Quincy si poneva domande riguardo allo spostamento delle opere d’arte italiane. All’epoca, la Rivoluzione francese aveva appena fatto il suo corso. Due secoli dopo la questione resta: distratta dal suo contesto l’opera perde il suo valore? “Rimuovere l’opera significa distruggere l’opera” afferma Richard Serra. La Street Art pone problemi simili.
Nel 1979, quando viene scelto dal GSA, Serra è già conosciuto, apprezzato. Nel 1970 aveva piazzato una struttura circolare in acciaio nel manto stradale di una via del Bronx (To Encircle Base Plate Hexagram Right Angles Inverted). L’anno successivo, piazza il St. John’s Rotary Arc nei pressi della rotatoria dell’Holland Tunnel. Certo, finché si tratta di una strada del Bronx, o di una rotatoria, nessuno fiata. Ma quando ti trovi di fronte il Federal Bureau of Investigation o una sede della corte di giustizia, è difficile farla franca.
Tilted Arc viene inaugurato nel 1981. Una linea di acciaio color ruggine di quaranta metri, alta quattro, leggermente curva e inclinata, taglia in due la piazza. Apriti cielo. La struttura “teatrale” del sito viene alterata, ciò di cui Serra era ben conscio. I cittadini si ritrovano proiettati dentro un nuovo contesto ambientale, ridefinito dalla scultura. È come se lo stesso concetto di “temporalità” subisse una torsione. Chi cammina sulla piazza è costretto a costeggiare l’opera. In un sito percorso usualmente di fretta, per motivi di lavoro, Serra costringe i passanti a rallentare, a lambire e “sentire” l’opera. Grazie a questo taglio in acciaio lo spazio viene ora sovvertito. Questa linea funge da contrappunto ambientale. È l’opera che ora definisce, impone il proprio territorio.
Ne succedono di tutti i colori. Un giudice protesta. Pone problemi di sicurezza. Finisce come in una lite condominiale, ma su larga scala. C’è chi pone questioni di decoro. La gente vi urina sopra (intervistato dal New York Times, che gli domanda quale sia il suo luogo favorito in città, Matthew Barney risponde: “Urinare riverentemente su Tilted Arc”). C’è chi vi aggiunge graffiti. Alcuni tirano in ballo il Muro di Berlino. Si tengono pubbliche udienze. Autorevoli critici d’arte difendono il lavoro di Serra. Nel 1985 la sede di Washington della GSA chiede che all’opera venga trovato un altro spazio. Serra avvia una causa per difendersi. La causa viene rigettata. Nel 1987 la NEA dichiara Tilted Arc “site specific”, e per questo inamovibile. Serra intanto va in appello. Nel 1989, dopo che Ronald Reagan ha firmato la Berne Convention, legge in difesa dei beni letterari e artistici, Tilted Arcviene smantellato. Per qualche tempo, una specie di cicatrice sulla pavimentazione funziona da indice dell’opera. Ora, restano solo fotografie, più la documentazione, gli atti di questa battaglia espressiva.
Via
6 notes
·
View notes
Text
sabato ho girato tre negozi diversi per trovare una carta color "cielo di Berlino" perché in Giappone il color cielo veniva usato per una carta da lettere particolare usata dai nobili tra l'VIII e il XII secolo per la corrispondenza poetica e amorosa; sora-iro è un colore privo d'ombre e quindi assimilabile a una comunicazione trasparente, limpida. per una qualche coincidenza, anche Simone De Beauvoir utilizzava con il suo amante americano una carta azzurro acceso, lo stesso colore che aveva il cielo di Chicago
14 notes
·
View notes
Text
" Feroza Aziz, nel novembre 2015, era una bella diciassettenne americana di origine afghana, molto nota per i suoi interventi su TikTok; video generalmente frivoli, di cosmesi o di moda. I censori cinesi, scorrendo rapidamente i contributi postati quel giorno e vedendola impegnata in un tutorial in cui illustrava il corretto uso di un piegaciglia, non si sono soffermati né preoccupati; non potevano sospettare che dopo pochi secondi dall'inizio il tutorial avrebbe cambiato decisamente registro e si sarebbe trasformato in una dura denuncia della repressione cinese nei confronti dell'etnia uigura, mentre Feroza con la sua faccetta di bronzo continuava imperterrita a piegarsi le ciglia, passando dall'occhio destro al sinistro. Appena mi è capitato di vedere il video (diventato nel frattempo virale) l’ho collegato a una tecnica usata nella settecentesca Encyclopédie diretta da Diderot, di cui molto probabilmente Feroza Aziz non aveva mai sentito parlare:
per depistare anche allora la censura, gli enciclopedisti si erano inventati di nascondere alcuni degli attacchi più decisi ai pilastri culturali dell'ancien régime dentro la definizione di lemmi dall'apparenza assolutamente innocua. Se per esempio si va a leggere il testo relativo alla voce “aquila”, si troveranno due pagine di lunghe e dettagliate informazioni ornitologiche ma verso il fondo (dove il censore stanco e poco interessato non sarebbe arrivato mai) si parla dell'aquila come uccello sacro a Giove e si condannano i miti superstiziosi pagani, con trasparente allusione a quelli cristiani. Le tecniche dell'illuminismo francese sono state esportate, più o meno consapevolmente, ovunque gli autori cerchino di esprimere pulsioni di libertà in un regime totalitario; il modello della Religiosa di Diderot (la storia di Suzanne Simonin, monaca forzata, e della sua fuga dal convento) si ritrova per esempio nella miniserie tedesco-statunitense Unorthodox (2020), ispirata all'autobiografia di Deborah Feldman: una ragazza cresciuta nella comunità ebrea ultraortodossa di Brooklyn fugge a Berlino, dove prima di lei era fuggita sua madre – la storia esemplare di una giovane donna per denunciare un intero sistema di oppressione. Così Azar Nafisi, in Leggere Lolita a Teheran, usa Nabokov e in generale la letteratura per raccontare la repressione del femminile dopo la vittoria di Khomeini, e Abbas Kiarostami sposta sullo sguardo dei bambini (nello splendido documentario Compiti a casa) il proprio atto d’accusa verso l’Iran contemporaneo: struggente la scena in cui uno dei piccoli trasferisce su Pinocchio la personale, e fino a quel momento mai compresa, voglia di libertà. Lo “spostamento”, proprio nel senso freudiano, era una delle tecniche principali dell'illuminismo, basti pensare al persiano di Montesquieu che descrive Parigi con occhi ingenui nelle sue lettere a un amico rimasto in Persia. Spostamento nello spazio ma anche nel tempo: Stalin concesse un premio statale a Ejzenštejn per la storia cinquecentesca di Ivan il Terribile ma, quando si accorse che nel secondo film della trilogia (La congiura dei boiardi) il potere autocratico veniva messo in discussione, negò l’autorizzazione a proseguirlo. Nel quindicesimo capitolo dello Spirito delle leggi Montesquieu stila un elenco paradossale delle nove ragioni per cui si ha il diritto di rendere schiavi i neri, con perle del tipo: “visto che i popoli europei hanno sterminato i popoli americani, hanno dovuto rendere schiavi quelli dell'Africa per riuscire a dissodare tutte quelle terre”, o anche ���lo zucchero sarebbe troppo caro, se la pianta che lo produce non fosse coltivata da schiavi”, o infine “è impossibile supporre che i negri siano uomini come noi perché, se lo supponessimo, si comincerebbe a credere che noi stessi non siamo cristiani”. Il rovesciamento paradossale, cioè fingersi nei panni del razzista che si vuole combattere esagerando fino all'assurdo le sue motivazioni, è un caso particolare di spostamento ed è stato artificio retorico costante nelle lotte verbali per la tolleranza e la libertà; strumento efficace ma delicato e talvolta pericoloso, se è vero che durante un’assemblea in Giamaica nel 1802 una parte di questo elenco di Montesquieu fu strumentalizzata, citando l’autorità della fonte, per rifiutare ai mulatti gli stessi diritti dei bianchi. "
Walter Siti, Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura, Rizzoli (collana Narrativa italiana), 2021. [Libro elettronico]
#Walter Siti#citazioni#letture#leggere#intellettuali italiani contemporanei#critica letteraria#saggistica#censura#Encyclopédie#ancien régime#Denis Diderot#enciclopedisti#illuminismo#ebrei ultraortodossi#New York City#Brooklyn#Azar Nafisi#Leggere Lolita a Teheran#Iran#Vladimir Nabokov#Abbas Kiarostami#Ruhollah Khomeyni#cinema iraniano#Persia#Pinocchio#Montesquieu#Stalin#Sergej Michajlovic Ejzenštejn#Ivan il Terribile#schiavismo
10 notes
·
View notes
Text
Kafka e la bambola viaggiatrice
Un anno prima della sua morte, Franz Kafka visse un’esperienza insolita. (aveva 40 anni - 1883-1924 -). Passeggiando per il parco di Berlino incontrò una bambina che piangeva sconsolata perché aveva perso la sua bambola preferita. Kafka si offrì di aiutarla a cercare la bambola e le diede appuntamento per il giorno seguente nello stesso posto.
Il giorno dopo, non riuscendo a trovare la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: “Per favore non piangere, sono partita in viaggio per vedere il mondo, ti riscriverò raccontandoti le mie avventure…”, così cominciava la lettera.
Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka.
Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che quindi era tornata a Berlino.
"Non assomiglia affatto alla mia bambola!", disse la bambina.
Kafka le consegnò un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "Sai i miei viaggi, mi hanno cambiata!". La bambina abbracciò così la nuova bambola e la portò tutta felice a casa.
Un anno dopo Kafka morì.
Molti anni dopo, la bambina oramai adulta, trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto:
"Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo." ❤
(Da “Kafka e la bambola viaggiatrice”)
#kafka#frank kafka#storie incredibili#storie di vita#storie vere#storie#storie meravigliose#storie brevi
24 notes
·
View notes
Text
Brigitte Reimann
Brigitte Reimann, scrittrice inquieta e appassionata, ha avuto un impatto significativo sulla letteratura della Germania Est nel periodo della Guerra Fredda.
Autrice ribelle dalla vita tormentata, il suo stile è caratterizzato da una profonda introspezione e un’attenzione alle questioni sociali e politiche della sua epoca.
I suoi diari Non rimpiango nulla. Diario 1955-1963 e Tutto sa di partenza. Diario 1964-1970, sono molto apprezzati per il loro resoconto chiaro della vita nella DDR.
Il suo romanzo più famoso è Franziska Linkerhand, del 1974, che narra la storia di una giovane architetta che lotta con la burocrazia e le limitazioni della società socialista. Diventato un classico della letteratura, affronta temi come l’individualismo, l’alienazione e il conflitto tra aspirazioni personali e ideologie socialiste.
Politicamente impegnata, claudicante a causa della poliomielite infantile, ha avuto ben quattro matrimoni, non si è mai iscritta al Partito che ha spesso contestato e che ha censurato le sue opere.
Nata il 21 luglio 1933 a Burg, in Sassonia, in una famiglia medio borghese, aveva affrontato, sin da piccola sfide e difficoltà. Ha iniziato a scrivere a quattordici anni, mentre si stava riprendendo dalla poliomielite. A diciassette anni aveva già pubblicato un libro di opere teatrali che le era valso il primo premio in un concorso di teatro del Volksbühne di Berlino.
Per mantenersi, mentre scriveva, ha svolto diversi lavori, è stata libraia, insegnante e giornalista. Quando era impiegata in una miniera di lignite, ha scritto il racconto Ankunft im Alltag, considerato un capolavoro del realismo socialista.
Nel 1963 dopo diverse revisioni da parte della censura, è uscito Fratelli la cui trama si ispira alla fuga del fratello Lutz a Ovest, nel 1960. Il romanzo aveva suscitato clamore perché aveva osato descrivere una Repubblica Democratica Tedesca povera e incerta la cui cittadinanza era alla ricerca di libertà e giustizia.
Nel 1964 ha vinto il premio Heinrich Mann.
Il volume Un’amicizia in lettere 1964/1973 contiene il carteggio con l’altra grande Maestra della letteratura tedesca contemporanea, Christa Wolf.
Dopo amori travagliati e coraggiose prese di posizione politiche, è morta a soli 39 anni di cancro, il 22 febbraio 1973.
Nel 2022, durante i lavori di ristrutturazione di un edificio in Sassonia, è stato rinvenuto il manoscritto di Fratelli che, l’anno seguente, è stato ristampato integralmente, riportando alla luce il valore della sua scrittura.
In un suggestivo scontro tra idealismo e repressione, lealtà familiare e desiderio di autonomia, tra personale e politico, le sue pagine sono tra le più vere e toccanti sui conflitti umani nella Germania divisa.
0 notes
Text
A 40 anni Franz Kafka che non si è mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo. Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla. Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: "per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure". Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka. Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili. Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino. "Non assomiglia affatto alla mia bambola", disse la bambina. Kafka le consegnò un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "i miei viaggi, mi hanno cambiato". La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò tutta felice a casa. Un anno dopo Kafka morì. Molti anni dopo, la bambina oramai adulta trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto: "Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo".
0 notes
Text
A 40 anni Franz Kafka (1883-1924), che non si è mai sposato e non ha avuto figli, stava passeggiando in un parco un giorno a Berlino quando ha incontrato una ragazza che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. Lei e Kafka hanno cercato la bambola senza successo.
Kafka le ha detto di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla.
Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla ragazza una lettera "scritta" dalla bambola dicendo "per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure. "
Così iniziò una storia che continuò fino alla fine della vita di Kafka.
Durante i loro incontri, Kafka ha letto le lettere della bambola con cura scritte con avventure e conversazioni che la ragazza ha trovato adorabili.
Infine, Kafka ha riportato la bambola (ne ha comprata una) che era tornata a Berlino.
"Non assomiglia per niente alla mia bambola", disse la ragazza.
Kafka le consegnò un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "i miei viaggi mi hanno cambiato. " La bambina ha abbracciato la nuova bambola e ha portato la bambola con sé nella sua casa felice.
Un anno dopo Kafka morì.
Molti anni dopo, la ragazza ormai adulta trovò una lettera dentro la bambola. Nella piccola lettera firmata da Kafka c'era scritto:
"Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine, l'amore tornerà in un altro modo. "
Accetta il cambiamento. È inevitabile per la crescita. Insieme possiamo spostare il dolore in meraviglia e amore, ma sta a noi creare consapevolmente e intenzionalmente quel legame.
1 note
·
View note
Text
PERFORMING PAC: DANCE ME TO THE END OF LOVE (parte I)
“Performing Pac” è un appuntamento fisso del Padiglione di Arte Contemporanea di Milano e l’edizione speciale di quest’anno non poteva che essere dedicata alla memoria, cominciando da quella relativamente recente, proprio quella che coinvolge direttamente il PAC ,in considerazione del trentennale dell’attentato del 1993 che distrusse la prestigiosa sede espositiva ed istituzione milanese. Sono Marco Bova e Simona Zecchi a ricostruire in maniera dettagliata attraverso una timeline di piccoli ritagli cronologici (dal 1992), la situazione politica nazionale ed internazionale, piccole e grandi notizie di quel periodo. Ma la mostra è anche altro, inglobando molti materiali dell’archivio del Pac, a partire dalla mostra di Christian Boltanski del 2005 incentrata sul concetto del fluire del tempo. E al concetto di tempo e al concetto di ricordo fa riferimento l’allusivo titolo, ovvero “Dance Me to the End of Love”, da un verso di una celebre canzone di Leonard Cohen del 1984, nata dai racconti dei sopravvissuti ai campi di sterminio. Poche e selezionate le opere esposte con grande predominanza di video (sembrano i video e le video installazioni la strada intrapresa dal Pac). All’ingresso il visitatore è accolto dal magnifico video su tre schermi di Yael Bartana intitolato “Balka Germania” del 2021. Il titolo significa in ebraico “Regina Germania”, nel video rappresentata da una immaginaria regina a dorso di un asino (il Messia per gli ebrei arriva a dorso di asino). Nel video la donna di bianco vestita e con caratteri somatici decisamente ariani, attraversa una Berlino infestata dai lugubri fantasmi del nazismo, evocati e non rappresentati esplicitamente in una commistione sincronica tra passato e presente: berlinesi di oggi e di ieri che grazie a questo salvifico passaggio di Balka Germania sembrano liberarsi delle colpe, ma non dei sensi di colpa. Un film grandioso per dimensione e profondità del tema. Molto singolare il video di Clemencia Echeverri con due proiezioni sincroniche di un fiume notturno che vede crescere le proprie acque e le urla di due persone non comprese nell’inquadratura che chiamano nomi senza avere alcuna risposta, una sorta di trenodia greca ove il defunto non è presente e, forse, non si tratta solo della vittima di un naufragio, ma di una vittima simbolica di dittature, forse guerre, certamente indifferenza. Il magnifico video di Douglas Gordon riprende l’esecuzione della Sinfonia Concertante in mi bemolle maggiore K.364 di Mozart, da parte di Avril Levitan e Roi Shiloac. I due musicisti ripercorrono al contrario la strada da Berlino a Varsavia che i loro genitori percorsero fuggendo nel 1939 dalla Polonia occupata. Nella prima parte del video, la foresta vista dal treno e il racconto della fuga con la tappa a Poznan con le immagini quasi astratte della antica sinagoga; nella seconda parte il concerto. Accattivante il gioco degli specchi che dànno conto della labirintica complessità della situazione. Nello spazio-giardino del padiglione, quello solitamente dedicato alle installazioni più ambientali ecco l’installazione-performance di Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini. Nella versione perfomance i due artisti presenti siedono a due piccoli scrittoi separati da un muro, mentre nell’installazione sugli scrittoi vengono proiettate le parole delle lettere di uno scambio epistolare tra il nonno deportato in Germania e la nonna a casa con i figli. Il pavimento è ricoperto da riccioli di matita temperata: sul tavolino sono proiettate le parole scritte nelle lettere, in sottofondo le parole di Hitler, Mussolini e Pio X e nel video immagini storiche dell’epoca. Si tratta dell’installazione “Così lontano, così vicino” del 2003 riallestita per la mostra del PAC. Forse non originalissima, ma comunque piuttosto suggestiva. (continua)
1 note
·
View note
Text
Margaretha Geertruida Zelle,
nome d’arte
Mata Hari (1876-1917).
In malese Mata Hari significa "giorno" o "occhio del sole". Foto: Robert Hunt.
Nelle prime ore del 15 ottobre 1917, Mata Hari, una delle spie più famose del 20° secolo, fu svegliata nella sua cella di prigione. Era giunta la sua ora. Su sua richiesta fu battezzata e, data una penna, inchiostro, carta e buste, Mata Hari fu autorizzata a scrivere due lettere, che la direzione del carcere non spedì mai. Scarabocchiò frettolosamente gli appunti prima di indossare le calze nere, i tacchi alti e un mantello di velluto bordato di pelliccia.
Dalla prigione di Saint-Lazare fu trasferita al castello di Vincenne, alla periferia di Parigi. Erano appena passate le 5:30 quando affrontò il plotone di esecuzione composto da 12 fucilieri. Le venne offerto una benda per gli occhi, ma lei rifiutò: la leggenda narra che mentre gli ufficiali prendevano la mira, Mata Hari mandò loro un bacio. Dei dodici colpi, solo quattro la colpirono. Nessuno reclamò il corpo, il quale fu trasportato all'Istituto di medicina legale di Parigi, sezionato e in seguito sepolto in una fossa comune.
Nata nel 1876 nei Paesi Bassi, Margaretha era stava svezzata nell'agio, ma si trovò presto a dover fare i conti con l'indigenza dopo il tracollo finanziario della sua famiglia. Nel1890 il padre l’abbandonò e la madre morì l’anno dopo. Lasciata la casa natale il padrino la mandò in un collegio per future maestre, ma le eccessive attenzioni del direttore la costrinsero ad abbandonare la scuola .
A 19 anni Margaretha , quattro mesi dopo aver risposto a un annuncio di cuori solitari, si ritrovò sposata con Rudolph "John" MacLeod, un ufficiale alcolizzato dell’esercito delle indie orientali che aveva quasi il doppio della sua età. Il matrimonio non fu dei più felici. Il marito aveva pochi soldi e molti debiti e un buon numero di relazioni extraconiugali.
Nel 1897, in viaggio verso Sumatra con il figlio Norman-John e il marito, Margaretha scoprì che quest’ultimo le aveva trasmesso la sifilide.
Nel 1898, la coppia ebbe una bambina, Louise Jeanne, ma la loro relazione non migliorò.
La famiglia venne sconvolta dalla tragedia della perdita del piccolo Norman, che morì l’anno dopo, probabilmente avvelenato (forse a causa di medicinali o per vendetta). Nonostante gli sforzi per riprendersi dal grave lutto, la vita continuò a essere insopportabile per la giovane madre, che arrivò a sfiorare la follia.
Nel 1902, Margaretha e il marito si separarono definitivamente; lui ottenne la custodia della bambina, mentre lei si trasferì a Parigi per tentare la fortuna.
Consacrata, il 18 agosto 1905, dopo l'esibizione al teatro dell'Olympia, come l’«artista sublime», Mata Hari iniziò una tournée che fu un vero e proprio trionfo, venendo incontro alla fantasia, ingenua e torbida e al fascino proibito dell'erotismo. Alla fine del 1911 raggiunse il vertice del riconoscimento artistico al Teatro alla Scala di Milano.
Mata Hari era considerata la donna più affascinante e desiderabile di Parigi: frequentava uomini altolocati che la riempivano di regali costosi solo per godere della sua compagnia.
Nel 1914 si recò a Berlino per un nuovo spettacolo, ma quello spettacolo non ebbe mai luogo: con l'assassinio del principe ereditario austriaco, finì la Belle Epoque ed ebbe inizio la Prima guerra mondiale.
Mata Hari viaggiava molto e, per questo, catturò l’attenzione del mondo del controspionaggio. Nell’autunno del 1915, la danzatrice ricevette una cospicua somma di denaro dai tedeschi per svolgere attività spionistica a favore della Germania. Mata Hari accettò e così venne arruolata nelle file segrete del Kaiser; agente H21 fu il nome in codice che le venne assegnato.
Tuttavia, giunta in Francia, la danzatrice pensa di poter guadagnare ancor di più arruolandosi anche per i servizi segreti francesi.
Inizia la doppia vita dell’agente Mata Hari costretta a tenere i rapporti con due nazioni avversarie, a muoversi in due paesi lavorando per entrambi.
Su di lei sono puntati gli occhi dei servizi segreti di tre paesi: i Deuxième Bureau di Parigi, i primi a insospettirsi e a pedinarla, gli Abteilung IIIb di Berlino e infine i Secret Intelligence Service di Londra. I tedeschi sono i primi ad avere le prove del suo tradimento e vogliono che anche i francesi la scoprano per poterla così eliminare.
L'ipotesi che i tedeschi avessero deciso di disfarsi di Mata Hari - rivelandola al controspionaggio francese come spia tedesca - poggia sull'utilizzo da loro fatto in quell'occasione di un vecchio codice di trasmissione, già abbandonato perché decifrato dai francesi, nel quale Mata Hari veniva ancora identificata con la sigla H21. In tal modo, i messaggi tedeschi furono facilmente decifrati dalla centrale parigina di ascolto radio della Torre Eiffel.
Il 2 gennaio 1917 Mata Hari rientrò a Parigi e la mattina del 13 febbraio venne arrestata nella sua camera dell'albergo Elysée Palace e rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare.
Durante il processo, i tanti ufficiali francesi dei quali fu amante, interrogati, la difesero, dichiarando di non averla mai considerata una spia.
Fu giustiziata nelle prime ore del 15 ottobre 1917. Aveva 41 anni.
Immagine: Mata Hari posa con un vestito di pizzo agli inizi del XX secolo
Fonti:
enciclopediadelledonne di Ludovica Midalizzi
Wikipedia
storicang matahari, di Pat Shipman
i
6 notes
·
View notes
Text
"A 40 anni Franz Kafka, che non si è mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. La bambina e Kafka cercarono la bambola senza successo. Kafka le propose di incontrarsi di nuovo lì il giorno dopo, per tornare a cercarla insieme.
Il giorno seguente, non avendo ancora trovato la bambola, Kafka consegnò alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: "per favore, non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure."
Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka. Durante i loro incontri, Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Alla fine Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.
“Non assomiglia affatto alla mia bambola", disse la bambina. Kafka le consegnò allora un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "i miei viaggi mi hanno cambiato”. La bambina abbracciò la nuova bambola e la portò a casa tutta felice.
L’anno seguente Kafka morì.
Molti anni dopo la bambina, oramai adulta, trovò un messaggio dentro la bambola. Nella breve lettera firmata da Kafka c‘era scritto: "tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo."
("Kafka e la bambola viaggiatrice”, di Jordi Sierra I Fabra)
1 note
·
View note
Text
Emilia Romagna: Si conclude "Come devi immaginarmi" dedicato a Pier Paolo Pasolini
Emilia Romagna: Si conclude "Come devi immaginarmi" dedicato a Pier Paolo Pasolini. Come devi immaginarmi è un progetto dedicato a Pier Paolo Pasolini, ideato da Valter Malosti insieme al critico d’arte, scrittore e accademico Giovanni Agosti, che si inscrive nelle celebrazioni per il centenario della nascita dell’autore (Bologna, 1922). Il titolo è tratto dalla sezione Gennariello in "Lettere luterane", raccolta di saggi uscita postuma, l'anno dopo la morte di Pasolini. Gennariello è un trattato di pedagogia sui generis in cui ci sono, tra l'altro, pagine bellissime su Bologna e gli anni giovanili del poeta. La ricerca parte proprio da questo: come le nuove generazioni "immaginano" Pier Paolo Pasolini? Pasolini è tra i pochi autori del Novecento di cui i più giovani sanno ancora che è esistito: non è stato travolto dall’eclisse di conoscenza che ha portato alla sparizione di un gran numero di voci. Questa sopravvivenza è dovuta – in gran parte – a una leggenda biografica, che ha permesso d’includere il poeta in un pantheon, ristretto e transgenerazionale, che annovera artisti, musicisti, scrittori. Il progetto di ERT aspira a condurre un confronto diretto con l’opera di Pasolini, sfuggendo alle più facili e corrive mitologie del maledettismo. Per la prima volta sono state presentate sulle scene, in una sola stagione, contemporaneamente, l’intero corpus dei testi teatrali che Pasolini ha scritto, pur in alcuni casi rielaborandoli anni dopo, in un ristretto giro di mesi, nella primavera del 1966. I sei spettacoli sono stati affidati, quanto alla regia, soprattutto a giovani registe e registi, mentre gli attori coinvolti non hanno limiti anagrafici. Si è partiti da Calderón, diretto dal regista Premio Ubu Fabio Condemi, che ha incontrato nuovamente le parole di Pier Paolo Pasolini. Lo spettacolo è una delle 9 coproduzioni internazionali prodotte nell’alveo della rete europea PROSPERO Extended Theatre di cui ERT è partner insieme a Théâtre De Liège, Schaubühne (Berlino), Odéon-Théâtre de L’Europe (Parigi), Teatro São Luiz (Lisbona), Göteborgs Stadsteater (Svezia), Croatian National Theatre of Zagreb, Teatros Del Canal (Madrid), Teatr Powszechny (Varsavia) e con la collaborazione del canale culturale| ARTE (Francia) per la promozione digitale. Il progetto è proseguito con Pilade diretto da Giorgina Pi e con Porcile nella versione di Michela Lucenti e il suo Balletto Civile, in una collaborazione inedita con Nanni Garella e i suoi preziosi attori del progetto Arte e Salute. Si arriva ora alle ultime tre tragedie: il parigino Stanislas Nordey, tra i maggiori registi e pedagoghi europei, nonché direttore del Teatro Nazionale di Strasburgo, rilegge Bestia da stile, che Pasolini stesso definì la sua “autobiografia”, identificando nella figura di Jan Palach il suo alter ego, condividendo con il ragazzo del dramma ideali, vita, resistenza, spirito politico e rivoluzionario. Nordey guida in questo progetto gli allievi attori della Scuola Iolanda Gazzerro di ERT. Federica Roselllini e Gabriele Portoghese lavorano su Orgia: questa creazione prosegue idealmente il lavoro di ricerca che ha preso avvio al Centro Teatrale Santacristina nell’estate 2021. Le parole di Pasolini, nella voce di due giovani e già affermati interpreti della scena, risultano nuove e sorprendenti, restituendo la forza visionaria di questo ruvido apologo in versi ma anche la sua concretezza. A chiudere il cerchio è Affabulazione: Marco Lorenzi, che lo dirige, convoca gli archetipi della famiglia di oggi attorno alle ombre delle vicende di Edipo re, in quella che lo stesso Pasolini definì una «tragedia che finisce ma non comincia». È lo sguardo di una nuova gioventù dunque, a fornire una risposta all’attualità inesausta di una lezione etica e politica, che ha segnato più di una generazione. Il carattere del progetto si lega strettamente alla preoccupazione pedagogica di Pasolini, che informa la sua intera attività, dalla scuoletta di Versuta, creata all’indomani della guerra, fino alle lettere a Gennariello, poco prima della morte: l’ossessione per la perdita e la necessità di tenere in vita la memoria e la tradizione (“sono una forza del passato”). Questo ambizioso progetto rappresenta una sfida nel paesaggio della cultura italiana di oggi: una sfida sui contenuti e sulla lingua, anche per le dimensioni, così fuori misura rispetto ai formati correnti. Programma di maggio: 11 -14 maggio 2023 BOLOGNA / Teatro delle Moline Orgia a cura di Federica Rosellini e Gabriele Portoghese 18 - 21 maggio 2023 BOLOGNA / Sala Leo de Berardinis Affabulazione regia di Marco Lorenzi 25 – 28 maggio 2023 MODENA / Teatro Storchi Bestia da stile regia di Stanislas Nordey... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
Vero: in base al tipo di minerale incluso, il diamante può avere una variazione di colore. Se ne distinguono 7 famiglie: Bianco, Blu, Giallo, Bruno Arancio, Nero, Rosa Rosso. I più rari sono quelli della famiglia rosa rosso.
Vero: Kenichi Ito ha conquistato un nuovo Guinness World Record, percorrendo 100 metri in 17,8 secondi indoor su pista da 200 metri, ma il record all-time, sempre detenuto da lui è di addirittura 15,71 secondi, al Komazawa Olympic Park Athletic Field di Setagaya, a Tokyo nel Novembre del 2015. Il suo sogno è di avvicinare a 4 zampe il record sulla distanza di Usain Bolt, che correndo con i soli piedi è arrivato a 9"58, stabilito ai campionati del mondo di Berlino 2009.
Vero: il Sommo Maestro circa tre anni prima della sua morte iniziò a lavorare a due sinfonie commissionate dalla Royal Philharmonic Society di Londra nel 1817, la Nona e la Decima. Della Nona, grande apoteosi della musica beethoveniana, si sa tutto, e fu completata tra il 1823 e il 1824; della decima rimase solo un abbozzo, largamente incompleto, che non fu mai sviluppato a causa del peggioramento delle condizioni di salute di Beethoven, che morì poco dopo, nel 1827. Un gruppo di scienziati e musicologi diretti da Ahmed Elgammal, direttore del laboratorio di Arte e Intelligenza artificiale della Rutgers University del New Jersey, che ha anche coordinato la parte tecnologica del progetto attraverso la start-up Playform AI, ha insegnato al computer a "comporre" come Beethoven: una prima esecuzione è stata effettuata in occasione del 250 anniversario dalla nascita, nel dicembre del 2020. Va detta una cosa curiosa: tutti i più grandi compositori dopo Beethoven, per vari motivi, si sono tutti fermati a 9 Sinfonie, quasi in reverenza al numero che il Maestro aveva scritto in vita. La bramosia del progresso va anche oltre le leggende.
Vero: Nell'ottobre 2011, la Perth Mint ha creato una moneta d'oro da una tonnellata, della serie Kangaroo Nuggett, battendo il record per la moneta d'oro più grande e più preziosa, precedentemente detenuta dalla Royal Canadian Mint, la Big Maple Leaf. La moneta ha un diametro di circa 80 cm (31 pollici) e uno spessore di 12 cm (4,7 pollici). Presenta un canguro rosso sul fronte della moneta e un ritratto della regina Elisabetta II sul rovescio. Il valore nominale della moneta è di 1 milione di dollari australiani, ma al momento del conio era valutato oltre 53 milioni di dollari australiani in peso d'oro.
FALSO: la città con il nome più lungo del mondo si trova in Galles: è Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch (58 caratteri). Esiste però una località neozelandese, vicina a Porangahau, a sud di Waipukurau nella Hawke's Bay meridionale, che è un luogo sacro maori che si chiama: Taumatawhakatangihangakoauauotamateaturipukakapikimaungahoronukupokaiwhenuakitanatahu (92 caratteri). La località gallese significa "Chiesa di Santa Maria nella valletta del nocciolo bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San Tisilio nei pressi della caverna rossa", e da tutto il mondo turisti si fotografano vicino il cartello della Stazione ferroviaria con il nome di 52 lettere. Si abbrevia di solito in Llanfair PG o Llanfairpwll. La località neozelandese definisce "Il luogo in cui Tamatea, l'uomo dalle grandi ginocchia, che discese, scalò e ingoiò montagne, conosciuto come divoratore di terre, suonò il suo flauto per il suo amato [fratello]" e si abbrevia in Taumata. Ecco una foto
GRAZIE A TUTTI COLORO CHE HANNO PARTECIPATO!
Vero O Falso
7 notes
·
View notes