#Le maschere della commedia dell’arte
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Cagliari - Duomo - XIII sec. e Pisa - Duomo - 1118
I possedimenti sardi della Repubblica marinara di Pisa spiegano le affinità fra le due cattedrali: allo stesso modo l’arte europea risente della radice latina della sua storia.
La storia della letteratura romana è costituita da due fili: la rivisitazione della cultura greca e la narrazione della storia della repubblica e dell’impero.
Di seguito le tappe più importanti:
a. C.
754 - 504 Re di Roma. Numa Pompilio fonda il Pontifex Maximus. Sotto il regno di Tullio Ostilio gli Orazi sconfiggono i Curiazi, campioni di Alba Longa. Anco Marzio estende il territorio e costruisce il Ponte Sublicio per unire gli insediamenti urbani con il Palatino. Tarquinio Prisco, primo re etrusco, ne introduce la cultura (anche i goliardici fescennini) e realizza la Cloaca Massima, Servio Tullio riorganizza l’esercito e la società in centurie determinate dalla ricchezza. Fine della monarchia con Tarquinio il Superbo cacciato anche grazie al coraggio di Muzio Scevola. Primi consoli Bruto e Collatino.
496 - Vittoria sui Latini e su Tarquinio il Superbo al Lago Regillo
494 - La plebe sull’Aventino. Discorso di Menenio Agrippa
493 - Foedus Cassianum con i Latini: coinvolgere le elitè dei popoli sconfitti è sempre stata la strategia romana.
477 - La gens Fabia sconfitta sul fiume Cremera dai Veienti
449 - XII Tabulae
445 - la Lex Canuleia consente il matrimonio fra patrizi e plebei
431 - Cincinnato dittatore sconfigge Volsci ed Equi
396 - Furio Camillo conquista Veio
390 - i Galli Senoni di Brenno (“Vae victis”) saccheggiano Roma, ma Furio Camillo li sconfigge.
366 - Leggi Liciniae - Sextiae: primo console plebeo. Per l’espansione della repubblica era necessario che Roma superasse l’impostazione di società fondata sulle gentes.
321 - i Romani sono sconfitti dai Sanniti e sottoposti alle Forche Caudine. I Romani introducono nel proprio armamento il giavellotto: ogni sconfitta li porta a migliorare la tattica militare che in questo caso si traduce nella vittoria sui Sanniti nel 290.
295 - i Romani sconfiggono Galli, Sanniti ed altre popolazioni dell’Italia centrale nella battaglia del Sentino.
272 - A Benevento i Romani sconfiggono Pirro e dominano la Magna Grecia benché la cultura greca, attraverso il Circolo scipionico, penetra a Roma nonostante l’avversione dei difensori del mos maiorum.
241 - Dopo la battaglia delle Egadi, alla fine della prima guerra punica, i Romani conquistano la Sicilia.
240 - Livio Andronico rappresenta il primo dramma in latino e traduce Iliade ed Odissea.
219 - 202 - Bellum Poenicum (Nevio)
219 - Annibale espugna Sagunto e provoca i Romani alla Seconda guerra punica.
216 - Annibale, varcate le Alpi, sconfigge i Romani a Canne, ma viene logorato da Quinto Fabio Massimo.
202 - Scipione l’Africano vince Annibale a Zama e pone termine alla seconda guerra punica.
III - II sec. - Aulularia, Miles Gloriosus ed altre opere tipiche della “commedia dell’arte” latina di Plauto che creano maschere, personaggi tipici come il servus currens.
II sec. - Annales (Ennio) dalle origini al 171 a. C.
197 - Filippo V di Macedonia viene sconfitto. La cultura greca entra a Roma.
163 - Il punitore di se stesso (Terenzio), improntato alla commedia ellenistica di Menandro
160 - De agri cultura (Catone)
146 - Scipione l’Emiliano distrugge Cartagine al termine della terza guerra punica
133 - Assassinio di Tiberio Gracco
121 - Morte di Tiberio Gracco. La proletarizzazione della plebe secoli è causata dall’incapacità di realizzare riforme agrarie efficaci e dalla conseguenza creazione di latifondi in mano a patrizi e cavalieri. Questo crea un esercito di professionisti costituti da masse di cittadini dipendenti dai donativi dei generali e crea quindi le basi per l’ascesa di figure come Mario, Pompeo ed Antonio (populares) in diretta concorrenza con la classe senatoria rappresentata da Silla, Cicerone, Bruto e Ottaviano (optimates).
105 - Mario sconfigge Giugurta
101 - Mario sconfigge i Cimbri ai Campi Raudii
86 - 79 Dopo la guerra civile fra gli Optimates di Silla e Pompeo e i Populares di Mario, dittatura di Silla
I sec.
De rerum natura (Lucrezio)
È dolce, mentre nel grande mare i venti sconvolgono le acque, guardare dalla terra la grande fatica di un altro; non perché il tormento di qualcuno sia un giocondo piacere, ma perché è dolce vedere da quali mali tu stesso sia immune. Dolce è anche contemplare grandi contese di guerra apprestate nei campi senza che tu partecipi al pericolo. Ma nulla è più piacevole che star saldo sulle serene regioni elevate, ben fortificate dalla dottrina dei sapienti, donde tu possa volgere lo sguardo laggiù, verso gli altri, e vederli errare qua e là e cercare, andando alla ventura, la via della vita, gareggiare d'ingegno, rivaleggiare di nobiltà, adoprarsi notte e giorno con soverchiante fatica per assurgere a somma ricchezza e impadronirsi del potere.
73 - Ribellione di Spartaco a Capua
70 - Verrine (Cicerone)
62 - Pro Archia (Cicerone)
Haec studia adulescentiam agunt, senectutem oblectant, secundas res ornant, adversis rebus perfugium ac solacium praebent
60 - Primo triumvirato. Catilinarie (Cicerone)
Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?
Carmi (Catullo). Catullo è un esponente dei poeti neoterici, avversi all'epica e attenti ai brevi componimenti ellenistici che si concentrano sui dettagli (es. il passero di Lesbia).
Sulla tomba del fratello
Di gente in gente, di mare in mare ho viaggiato, / o fratello, e giungo a questa cerimonia funeraria / per consegnarti il dono supremo di morte / e per parlare invano con le tue ceneri mute, / poiché la sorte mi ha rapito te, proprio te, / o infelice fratello precocemente strappato al mio affetto. / E ora queste offerte, che io porgo, come comanda l’antico / rito degli avi, dono dolente per la cerimonia, gradisci; sono madide di molto pianto fraterno; / e ti saluto per sempre, o fratello, addio.
Multas per gentes et multa per aequora vectus, / advenio has miseras, frater, ad inferias, / ut te postremo donarem munere mortis et mutam nequiquam adloquęrer cinęrem.
“Non ho per niente voglia di piacerti, o Cesare, né m'importa di saperti bianco o nero”
"Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris? Nescio, sed fieri sentio et excrucior"
52 - Pro Milone (Cicerone)
51 - De re publica (Cicerone) che include il Somnium Scipionis
50 - De bello gallico (Cesare)
48 - Battaglia di Farsalo. De bello civili (Cesare)
44 - Idi di marzo
[Secondo la pronuncia del latino restitutuum, “Ave Caesar” era “Aue Kàesar”]
43 - Secondo triumvirato. La congiura di Catilina (Sallustio). Filippiche di Cicerone contro Antonio i cui sicari, proprio quell’anno, lo assassinano.
42 - Bucoliche (Virgilio), raccolta di canti di tipo ellenistico (Callimaco, Teocrito), improntati allo spirito agreste dell'ideologia augustea, ma anche attenti a raccontare il dolore delle espropriazioni successive alle guerre civili.
Titiro, tu che riposi sotto l’ombra di un alto faggio, intoni sull'esile flauto una melodia silvestre: noi lasciamo i territori della patria e i dolci campi, noi abbandoniamo la patria; tu o Titiro, rilassato all’ombra insegni alle selve a risuonare il nome della bella Amarillide.
Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi silvestrem tenui musam meditaris avena; nos patriae finis et dulcia linquimus arva; nos patriam fugimus; tu, Tityre, lentus in umbra, formosam resonare doces Amaryllida silvas.
Oh Muse sicule, alziamo un poco il tono del canto: non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici; se cantiamo le selve, le selve siano degne di un console.
Sicelides Musae, paulo maiora canamus; non omnis arbusta iuvant humilesque myricae: si canimus silvas, silve sint consule dignae.
Omnia vincit Amor: et nos cedamus Amori
40 - La guerra di Giugurta (Sallustio)
31 - Ottaviano e Agrippa sconfiggono Antonio e Cleopatra ad Azio
27 - a. C. - 68 d. C. Dinastia Giulio - Claudia (Augusto, Tiberio, Claudio, Nerone)
Eneide (Virgilio), unione fra la componente iliadica ("arma") e quella odisseica ("la pietas di Enea"), poema lasciato incompiuto da Virgilio, ma pubblicato per volere di Augusto. Crea un legame fra la storia di Troia, la maledizione della cartaginese Didone, l'approdo sulle coste italiche.
Narro delle imprese di guerra, del primo troiano che arrivò in Italia sulle coste di Lavinio per volontà del destino. Sballottato per molto tempo sia per mare sia sulla terraferma per voler degli dei; per colpa di Giunone soffrì tanto anche durante le battaglie. Finché fondò una città che diede casa ai Penati origini dei troiani e dei romani.
Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris Italiam fato profugus Laviniaque venit litora, multum ille et terris iactatus et alto vi superum, saevae memorem Iunonis ob iram, multa quoque et bello passus, dum conderet urbem inferretque deos Latio; genus unde Latinum Albanique patres atque altae moenia Romae.
Rari nantes in gurgitte vasto
Timeo Danaos et dona ferentes
Agnosco veteris vestigia flammae
Auri sacra fames
Una salus victis, nullam sperare salutem
Tu regere imperio populos, Romane, memento (hae tibi erunt artes), pacique imponere morem, parcere subiectis et debellare superbos
[Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope: cecini pascua, rura, duces]
27 - 14 d. C. Ad urbe condita (Livio)
23 - 13 - Odi (Orazio)
Vedi come si innalza bianco di neve il Soratte, e gli alberi sofferenti non reggono più il peso e si rapprendono i fiumi per il gelo acuto. Dissolvi il freddo, mettendo legna sul fuoco con larghezza, e versa generosamente vino di quattro anni dall’anfora sabina, Taliarco. Il resto lascialo agli dei che, appena placano i venti in lotta sul mare in burrasca, ecco che non si muovono più i cipressi e i vecchi ontani. Non chiederti cosa sarà domani, e tutti i giorni che la sorte ti darà segnali tra gli utili, e non disprezzare, ragazzo, i dolci amori e le danze, finché ti è ancora lontana la vecchiaia fastidiosa. Adesso frequenta il Campo Marzio, le piazze e i lievi sussurri la sera all’appuntamento, e il riso agognato della tua ragazza che viene dall’angolo più segreto a tradirla, e il pegno strappato al braccio e al dito che appena resiste.
Vides ut alta stet niue candidum Soracte nec iam sustineant onus silvae laborantes geluque flumina constiterint acuto?
Odi profanum vulgus, et arceo
Ho innalzato un monumento più duraturo del bronzo e più elevato della mole regale delle piramidi, che non la pioggia corrosiva, non l'Aquilone impetuoso potrebbe distruggere o l'innumerevole serie degli anni e la fuga dei tempi.
Non tutto morirò e molta parte di me eviterà Libitina: continuamente io crescerò mantenuto in vita dalla lode dei posteri, finché il Pontefice salirà il Campidoglio con la vergine silenziosa.
Exegi aere perennium
Non omnis moriar
Ut pictura poesis
[esistono poesie che come i quadri sono belle viste da lontano e altre da vicino]
Graecia capta ferum victorem cepit
Nunc est bibendum, nunc pede libero pulsanda tellus [in occasione della morte di Cleopatra]
Dulce et decorum est pro patria mori
Carpe diem, quam minimum credula postero
d. C.
I sec.
Favole (Fedro)
Epigrammi (Marziale)
8 - Metamorfosi (Ovidio)
9 - Publio Quintilio Varo sconfitto a Teutoburgo
60 - Satyricon (Petronio)
61 - 65 - Pharsalia (Lucano)
64 - Dialoghi (Seneca)
Ars longa, vita brevis
Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare
È l’animo che devi cambiare, non il cielo sotto cui vivi
68 - 96 Anno dei quattro imperatori. Dinastia Flavia
79 - Eruzione di Pompei
93 - Silvae (Stazio)
II sec. - Metamorfosi (Apuleio)
Satire (Giovenale)
96 - Nerva imperatore
97 - 110 Epistolario (Plinio il Giovane)
98 - Traiano imperatore
105 - Historiae (Tacito)
117 - 192 Dinastia Antonina (Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio, Lucio Vero, Commodo)
193 - Pertinace, poi Settimo Severo imperatore
119 - 122 Le vite dei Cesari (Svetonio)
212 - Geta, poi Caracalla imperatore. Caracalla concede la cittadinanza a tutto l’Impero.
270 - nella crisi del terzo secolo, si distinguono le vittorie militari di Aureliano che costruisce le mura omonime in città: il fatto che non ve ne fossero dà l’idea di un impero in declino.
293 - Diocleziano introduce la Tetrarchia
312 - Costantino sconfigge Massenzio al ponte Milvio
313 - Editto di Milano
378 - Valente sconfitto ad Adrianopoli dai Goti
387 - Exameron (Ambrogio)
380 - 392 - Storie (Ammiano Marcellino)
396 - Teodosio divide l’Impero
398 - Confessioni (Agostino)
Vulgata (Girolamo)
V sec. - De bello gothico (Claudiano)
476 - Deposizione di Romolo Augustolo da parte di Odoacre
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Una conversazione impossibile con Colombina
Per un tempo lunghissimo mi sono occupata della Commedia dell’Arte e dei suoi personaggi, studiandola e realizzando maschere sulla scia del rinnovato interesse nato negli anni 70 intorno alle nostre tradizioni teatrali e al lavoro di registi come Strehler e la sua versione della commedia di Goldoni: “Arlecchino (Truffaldino) servitore di due padroni” che va in scena ancora oggi, dopo 2200 repliche, in tutto il mondo. Le ho conosciute tutte le maschere, appassionandomi ora a Pulcinella, ora ad Arlecchino e ai Capitani fanfaroni ora a Pantalone, nel quale ho voluto vedere l’antenato mediterraneo di Paperone, due avari tanto avari da diventare, col tempo, surreali ed esilaranti. Dunque sono tutti maschi i personaggi portanti della Commedia? Beh sì e l’ho sempre saputo, trovando poco interessanti le protagoniste femminili, le “innamorate” che, con l’innamorato, costituiscono il pretesto intorno al quale ruota di solito la storia. Dalla loro parte ci sono, però, le servette, dai vari nomi, molto più intriganti e divertenti e alle quali mi piacerebbe porgere un po’ di domande se potessi incontrarne una, Colombina ad esempio, per un’intervista impossibile forse possibile oggi, “Una delle ultime sere di carnovale” (Goldoni). Ed eccola Colombina, si è materializzata nei miei pensieri pronta a farsi conoscere meglio: Dunque, Colombina, sei tu, nel tuo ruolo di servetta, l’unico personaggio femminile forte e con un proprio carattere attivo e risolutivo nel plot amoroso degli innamorati. E un piacere conoscerti, ma da dove vieni, quali sono le tue origini? C. Uhhhh, vengo da molto lontano e ne ho fatta di strada da quando ero una schiava nelle Commedie di Plauto, ma mica scema, sai? Anzi, sempre pronta, come oggi, ad aiutare il padrone con una mia furberia. Poi, non so come, mi sono ritrovata in un carrozzone a girare e recitare nelle piazze, una gran fatica e spesso a pancia vuota, fino a quando mi ha voluta Goldoni, su un palco, a teatro, col mio bel vestitino e il grembiulino borghese, non più schiava ma sempre al servizio di qualcuno, di Pantalone o della figlia Rosaura, sospirosa e innamorata del tipo sbagliato, un po’ come tutte, anche voi ancora oggi, o no? Mi sa che hai ragione, chissà, forse funzionavano meglio i matrimoni combinati dai genitori dei tuoi tempi? Ma dimmi, com’è la tua vita a viso nudo tra tanti uomini mascherati? C.: Ahahahah, mascherati, vero! Che dirti, hai presente il “Me too” americano? E’ la mia storia coi miei padroni! Vecchi come Pantalone o Balanzone, ringalluzziti dalla presenza di una giovinetta a portata di mano - morta - e io a sfuggir loro con mille pretesti e qualche raggiro, e sempre fedele innamorata di Arlecchino, donnaiolo assaissimo! Ma io lo metto in riga, ne son capace e mi deve lasciar libera! Ho dovuto sviluppare la furbizia, io, e l’arguzia, per districarmi e rendermi indispensabile al Sior Todero o alla Siora Marcolina, per sopravvivere, per avere un tetto sulla testa e poter fare quel che mi garba. E le donne tue padrone? Come ti trovi con loro? C. : Ahhhh molto meglio, non c’è paragone se sono le figlie giovani del mio padrone, come la mia Isabella, innamorata e osteggiata dal padre, il solito Pantalone. Lei ha bisogno di me, dei miei consigli, dei miei favori; ora, per esempio, ho una lettera nascosta nel grembiule, debbo consegnarla a Leandro, il suo innamorato, e quando lui verrà a casa, distrarrò il vecchio per farli incontrare. E non sei mai gelosa di loro, della posizione e del benessere di cui godono? C.: Gelosa io? Mai, so qual è il mio posto, non ho di questi grilli per la testa, io. Chissà, forse mi verranno più avanti, quando sarò locandiera, e mi piacerà farmi corteggiare dai signori, nobili o ricchi, miei ospiti, forse sognerò di diventare marchesa, poi…poi tornerò coi piedi per terra e sposerò il mio Fabrizio, perché io voglio restare padrona della locanda e libera! Ma ora scappo, ho la lettera da consegnare, chissà cosa c’è scritto, non so mica leggere. S’ciavaaaa, schiava vostra, insomma ciaoooo. Ciao Colombina, donna libera, soprattutto dai gruppi-genitori wa, dal folletto e dal bimby, e dall’ansia dell’invecchiare con o senza filler. Testo nato per il gruppo: « Tra parole e immagini »Illustrazione di Roberto Busembai per Cinque Colonne Magazine Read the full article
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Milano: I leggendari Mummenschanz festeggiano 50 anni di successi al Teatro Nazionale
Milano: I leggendari Mummenschanz festeggiano 50 anni di successi al Teatro Nazionale. Per festeggiare 50 anni della loro splendida carriera artistica, i Mummenschanz, una delle compagnie più uniche al mondo, soprannominati “Les musiciens du silence”, scelgono Milano: al Nazionale di Milano da venerdì 10 a domenica 12 marzo, guidati dalla sua fondatrice Floriana Frassetto. Un viaggio fantastico e poetico in cui l’ordinario diventa straordinario, la trasformazione diventa una forma d’arte nella quale il silenzio è un grande protagonista, gli oggetti della quotidianità si animano di prospettive inaspettate, infondendo loro nuova vita. Un racconto giocoso, interattivo, poetico, scandito da piccoli sketch, rivolto a tutti, grandi e piccoli, e dove il divertimento, la dolcezza, la poesia e soprattutto la fantasia sono i veri protagonisti. “Ho il cuore pieno di gioia, orgoglio e gratitudine – racconta Floriana Frassetto - perché ciò che Bernie Schürch, Andres Bossard e io abbiamo creato cinquant’anni fa continua ancora oggi a stupire e far ridere il pubblico di tutto il mondo. La nostra forma di espressione, un gioco teatrale fatto di maschere, forme e luci, è unica nel suo genere. Sono felice di entusiasmare ancora oggi persone di culture diverse con la nostra arte giocosa e poetica, priva di voce ma ricca di fantasia, risvegliando il bambino o la bambina che è in ognuno di voi”. Durante lo spettacolo, il pubblico potrà assistere agli sketch più celebri e amati della compagnia, tra cui le maschere d'argilla e i volti realizzati con rotoli di carta igienica. Non mancheranno anche i fragili giganti d'aria, l'uomo tubo e altri personaggi sorprendenti, che prendono vita grazie alla fantasia dei cinque attori Tess Burla, Sarah Lerch, David Labanca, Manuel Schunter e la stessa Floriana Frassetto. Dalla sua fondazione a Parigi nel 1972, i Mummenschanz sono il simbolo per eccellenza della commedia contemporanea delle maschere, al di là di ogni barriera geografica, linguistica e culturale. Senza parole, musica né scenografia, hanno conquistato il mondo intero con le loro storie esclusivamente visive, avvalendosi solo di maschere, di corpi e di uno sfondo nero, creando una nuova dimensione dell’arte di fare teatro.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Avigliano, Carnevale in piazza dal 4 al 21 febbraio
Il Carnevale di Avigliano Umbro torna in piazza dopo lo stop imposto dalla pandemia. Il Laboratorio del Paesaggio e le maschere umbre della commedia dell’arte, Rosalinda, Nasotorto, Nasoacciaccato e Chicchirichella presentano infatti “Il Trionfo del Carnevale – Seicento Vicis 2023” che si terrà ad Avigliano Umbro dal 4 al 21 febbraio con il patrocinio della Provincia di Terni e del Comune di…
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Le maschere della commedia dell’arte
IL MEDICO DELLA PESTE Le epidemie di peste, nelle tragiche e più o meno frequenti ricorrenze, mietevano vittime a migliaia. Questo curioso abbigliamento, prima ancora che maschera, era considerato dai medici un’indispensabile precauzione. Durante il dissacrante e cinico carnevale veneziano finiva per avere la funzione di esorcizzare, con il riso, dolore e morte.
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The masks of the commedia dell’arte
THE PLAGUE DOCTOR
The plague epidemic, in the tragic and more or less frequent recurrences, claimed victims by the thousands. This curious clothing, even before it was a mask, was considered by doctors to be an indispensable precaution. During the irreverent and cynical Venetian carnival, it ended up having the function of exorcising pain and death with laughter.
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Storia Di Musica #227 - Osanna, Palepoli, 1973
In uno degli anni più belli della musica progressive, il 1973, da Napoli arriva un disco davvero straordinario, che con gli anni è stato considerato album simbolo della scena musicale europea. Nella geografia del prog, gli Osanna sono la voce di Napoli, in una sorta di “contrapposizione” tra quella di Milano della Premiata Forneria Marconi, alla Genova dei New Trolls, alla Roma del Banco Del Mutuo Soccorso o del Rovescio Della Medaglia. Alla fine del 1970 i componenti della prima formazione del gruppo Città Frontale, già Volti Di Pietra, Lino Vairetti (voce), Danilo Rustici (chitarra solista), Massimo Guarino (batteria) e Lello Brandi (basso) incontrano il talentuoso flautista e sassofonista Elio D'Anna, proveniente dagli Showmen di James Senese. Il gruppo deve rimpiazzare Gianni Leone in procinto di entrare nel Balletto di Bronzo, l’altra grande band napoletana del prog: nascono così gli Osanna. L’inizio è folgorante, con la storica partecipazione al Festival Di Caracalla (vinto insieme alla PFM e a Mia Martini) e una performance notevole al Festival Di Avanguardia E Nuove Proposte di Viareggio, che valgono al gruppo un contratto con la FONIT. Incidono quindi nel 1971 L’Uomo: il disco già segna un percorso, in quegli anni estremamente innovativo. Gli Osanna si distaccano dalla matrice anglosassone, soprattutto per quanto riguarda le chitarre, e propongono una musica prog venata di mediterraneo, dove persino le ritmiche hanno echi di tarantelle e musica popolare. A ciò si aggiunge presto la scelta di presentare le canzoni presentandosi sul palco con maschere, scenografie e movimenti presi dalla commedia dell’arte, con un grande impatto scenico che finirà per influenzare persino dei giganti: i Genesis fecero uno dei loro tour seguitissimi in Italia con gli Osanna in apertura dei concerti, tra il 1971 e il 1972, e Peter Gabriel prese spunto dalla loro estetica per le sue esibizioni post Selling England By The Pound. Il disco è un portento e mentre sono al lavoro per il successivo sono contattati da Luis Bacalov, nel 1972, che li coinvolge nella colonna sonora del film Milano Calibro 9 di Ferdinando Di Leo. Bacalov è reduce dal successo del Concerto Grosso con i New Trolls e vorrebbe ripetere l’esperimento di prog sinfonico con la band napoletana. Il risultato è raccolto nell’album Preludio, Tema, Variazione, Canzona (1972) con esiti contraddittori, anche con discreto successo di pubblico ma il gruppo non è troppo convinto del risultato e non propone nell’edizione di quell’anno del Festivalbar la canzone più nota di quel lavoro, Canzona. La band si concentra quindi sul successivo lavoro, che viene alla luce nel 1973. È un concept album, in pieno stile progressive, che racconta una città ideale, che rifugge dall'uomo "nuovo" descritto da Pier Paolo Pasolini: non a caso il titolo, Palepoli, è un sofisticato gioco di parole in omaggio a Napoli, Neapolis, ma con una prospettiva diversa, che si richiama ad un passato mitico dei tempi d’oro, Palepolis. Il disco è composto da soli tre brani, due lunghissime suite e un piccolo intermezzo. Oro Caldo apre l'album con le voci di un mercato, una taranta, rumori di cose che si spostano, di passi della gente per esplodere immediatamente in una ballata piena di contrappunti di fiati, ampie aperture che sanno di King Crimson per poi svilupparsi in un crescendo mozzafiato di hard blues, tra cavalcate strumentali, flauti, batterie fiammeggianti, un autentico capolavoro. Stanza Città si collega al movimento precedente aggiungendovi un break classicheggiante ed è un piccolo rifiatare che porta ad Animale Senza Respiro: stupenda, si sviluppa in dose massicce di free-jazz, momenti più hard rock, perfino una parte acustica che dopo un dolente momento di languidi suoni elettronici, con l’incedere di un basso sinistro, cambia in dissonante jazz-rock. Il brano è costruito con uno sviluppo melodico classico in ogni variazione ritmica: fuga, mutazione, riappropriazione. Nessuno in Italia, e pochi in Europa, garantivano una solidità strumentale così elevata, in un disco che come nessuno altro, almeno nella nostra penisola, si spingeva così tanto sul lato strumentale nella ricerca di intrecci stilistici (il passaggio verso i 12 minuti in Oro Caldo è paradigmatico in questo senso). A tutto questo si accompagnava una copertina stupenda e un secondo piano estetico del lavoro: infatti il disco fu accompagnato da una rappresentazione teatrale scritta in collaborazione con il drammaturgo e regista teatrale Tony Newiller, sull'evoluzione della cultura popolare napoletana nel tempo, spettacolo che poi supporterà la tournèe di presentazione dell'LP con Tonino Taiuti quale protagonista, durante il quale Palepoli fu portato in giro come spettacolo musical-teatrale insieme a ballerini e mimi, in un tour che li vide al fianco di Genesis (nuovamente) e che toccò letteralmente tutta Italia, con decine di date in posti che all’epoca non avevamo mai avuto un concerto rock (date in Basilicata, Calabria e Sicilia per dire). Palepoli rimane uno dei capolavori del prog europeo, per consistenza musicale, dell’idea di fondo, per l’ardita scelta di mischiare l’antico al moderno, in questo senso con un intento di proclama-appello alla pulizia morale ed urbana (ancora inascoltato). La band dopo il dispendioso tour, sia in termini psicofisici che economici, ha un periodo di pausa, dove i componenti fanno cose diverse (alcuni di loro curano la produzione di Melos dei Cervello, che era la band di Corrado Rustici, fratello di Danilo, in seguito braccio destro di Zucchero, la formazione di una session band chiamata Uno, la ripresa del marchio Città Frontale e altre cose) ma l’aria è cambiata e solo per obblighi contrattuali pubblicano nel 1974 Landscape Of Life, che non vale i precedenti. Si sciolgono nel 1978 dopo la pubblicazione di un disco funk-jazz, Suddance. Ritorneranno, come molti nomi del prog, negli anni 2000, con la riscoperta del movimento e di quelle bellezze, riproponendo anche cose interessanti (Taka Boom nel 2001 e un live registrato al Teatro Mediterraneo di Napoli) e far scoprire ai più curiosi qualcosa di davvero magico, come Palepoli, uno dei dischi più belli della storia del rock italiano.
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La campagna vaginale e altre mirabilie di Luca Zaia La commedia dell’arte è uno dei tanti contributi offerti dal nostro meraviglioso paese alla cultura mondiale. Forma di spettacolo nata nel XVI secolo e tramontata nel XVIII, conosce adesso una nuova meravigliosa giovinezza, grazie all’apporto di fantasmagorici personaggi che nulla hanno da invidiare ad Arlecchino, Balanzone e altre popolari maschere di questo genere recitativo. Su tutti, è doveroso riconoscere l’innegabile ruolo svolto dall’ormai mitico Luca Zaia da Conegliano Veneto, che ha saputo riformare la commedia come e più di un Goldoni, trasformandola in qualcosa a metà strada tra Ionesco e il cinepanettone. (...) Ancora sconosciuto a più, Luca Zaia si mise in evidenza proprio all’inizio della pandemia, quando dichiarò “li abbiamo visti tutti i cinesi mangiare topi vivi”. Immortale dichiarazione che rinsaldò senza ombra di dubbio i vincoli affettivi con il laborioso popolo cinese, giovando certo all’export del Veneto e dell’Italia tutta. Non pago di tale alloro, pochi mesi dopo propose di affidare l’esecuzione dei tamponi ai veterinari “i quali conoscono il numero di vertebre cervicali dei mammiferi”. Fermandosi qui, senza per il momento passare dalla diagnosi alla terapia. Cosa che, almeno nel suo caso, avrebbe significato il ricorso a forme di cura omeopatica. Last but not least, affermò categoricamente di capirne di virus “avendo fatto due anni di veterinaria”. ...Qui si giganteggia, relegando Chaplin e Totò nella categoria dei modesti caratteristi. Perfettamente comprensibile dunque, che come tutti i grandi mattatori, Zaia ogni tanto senta la necessità di rinnovare il repertorio. L’ultima risale a poche ore fa quando, nelle more di una visita all’ospedale di Asiago, snocciolando le sue innumerevoli competenze virologiche, ha parlato di “campagna vaginale”. Esattamente. Che a far campagne vaccinali siam capaci tutti, dal generale Figliuolo all’ultimo dei caporali, ma è quando il gioco si fa duro che i duri entrano in campo. Avremo forse, a stretto di giro di posta, dopo quella vaginale anche una campagna clitoridea, giusto per non scontentare nessuno? Si teme soltanto che il celeberrimo governatore del Veneto, forse non ancora del tutto conscio della propria grandezza, possa fare qualche passo indietro, sbugiardando le epocali affermazioni seraficamente proferite. Pare infatti che, subito dopo aver propugnato l’ormai leggendaria CV (Campagna Vaginale) si sia giustificato, invocando a sua attenuante “il passato da veterinario”. Cosa c’entri la vagina con la frequentazione dei primi 2 anni di veterinaria, Dio solo lo sa, ma anche questa è manifestazione di talento. ...Ecco. Non vi è nulla in comune tra la vagina umana e la frequenza in medicina veterinaria, niente che leghi i due fattori, che li unifichi in un comune percorso. Ma là dove noi comuni mortali vediamo limiti e confini, i grandi vedono opportunità e nulla ci vieta di ipotizzare che pur dedicandosi allo studio più alacre, Zaia pensasse costantemente alla vagina. Unendo le due cose in una sintesi forse non hegeliana, ma più probabilmente hengeriana, giacché all’epoca in cui il caro Luca studiava, assurgeva a gloria cinematografica l’immensa Eva Henger. Checché ne dicano i suoi, pochi, detrattori, Zaia esiste e ci sovrasta dall’alto del suo innegabile genio, con l’immaginifica proiezione lessicale di un pensiero che non ha nulla di umano e, veleggiando per le deserte latitudini del nonsense, si consegna all’immortalità. Superfluo aggiungere che adesso, noi tutti, attendiamo con il fiato sospeso una sua proposta di riforma del Codice Penale. By Alessio Pracanica
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Bisogna raccontare Andrea Zanzotto per capire chi siamo stati, cosa dobbiamo proteggere. Sul “Filò” di Silvio Castiglioni
Il testo più longevo. Forse il più bello o forse no, poco importa: non si allontaniamo dal vero se pensiamo che sia quello più sentito, più sincero. Perché Filò di Silvio Castiglioni è profondo come una radice: ha debuttato nel 2000 a Guado del Po, sulla via Francigena, e in questi anni ha camminato costantemente e con parsimonia quasi contadina. Nonostante non sia lungo la traiettoria ideale dello storico percorso che unisce Roma a Canterbury, il Mulino di Amleto di Rimini, sabato scorso, ha chiesto all’attore (e lo ha ottenuto) uno scartamento laterale: la città di Federico Fellini, comunque, è pur sempre un crocevia di storia (Ariminum, più di duemila anni fa), di viabilità (dall’Arco d’Augusto si snoda la via Flaminia che termina in Piazza del Popolo; a nord invece la Romea e la Popilia, a Ovest – circa – la via Emilia) e di tradizioni rurali.
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Filò contiene buona parte della vita di Silvio Castiglioni: quella di uomo e quella artistica. Quella di mensch veneto, conficcato come una stella alpina – rara e bellissima – nel terriccio padano. E quella di attore: la Grande Commedia dell’Arte e i Maestri del Novecento, Bread and Puppet di Peter Schumann e Odin Teatret di Eugenio Barba per esempio ma anche Sandro Lombardi e Federico Tiezzi.
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“Far filò”. Si faceva ‘sti tenpi andàti quando le donne contadine e montanare, in inverno, si riunivano nelle stalle per filare, quindi fare maglie e sciarpe, oppure rammendare pantaloni e calze. Chiacchiere e pissi pissi a volume medio, che tanto lì non ci sono orecchie che le scòlta, storie lunghe per tenersi compagnia e aspettare – insieme – il ritorno della bella stagione.
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L’humus fertile delle tradizioni, la necessità ancestrale e profonda di raccontare una pagina del passato, il divertimento che nasce quando si recupera, filologicamente, fotografie che ti hanno descritto o solamente sussurrato. Anche questo è (o forse solo questo è) teatro.
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Silvio Castiglioni si traveste da Don Chisciotte e accompagna gli spettatori nel veneto legnoso: una maschera – quella dello Zanni della Commedia dell’Arte – per mettere subito in chiaro le cose: si traversa un dialetto per arrivare dentro a una stalla di fieno, calore, memorie del sottosuolo, voci di lontani parenti.
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Il testo di partenza, quello di Andrea Zanzotto, in realtà è un pretesto. Un pre-testo: partire dall’autore per raccontare se stessi. Nell’estate del ’76 il poeta inizia a collaborare al Casanova di Federico Fellini. Nello stesso anno viene pubblicata l’opera Filò dalle edizioni Ruzzante di Venezia che comprende la lettera di Fellini, dove dichiara le sue aspettative, i versi per il film Casanova, quelli sul dialetto e una lunga nota. Scrive Zanzotto: “Sono grato a Fellini di avermi spinto gentilmente ammiccando e quasi segnando silenzio con un dito sulle labbra, a questa breve ma per me non trascurabile discesa per scorciatoie assai precipiti, molte volte intraviste, mai praticate in precedenza proprio qui e così: con un occhio a tante deesse, dalla Testa, a Rèitia (la principale divinità, femminile, venetica, ndr), a Venezia, alla Gigantessa bambola: tutte riducibili ad una sola realtà, pur nell’immensa lontananza delle loro icone, dei loro significati, dei loro tempi”.
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Silvio, in Filò, fa un nodo ai suoi amori regionali: il Veneto, e la Romagna (è stato Direttore artistico del Festival di Santarcangelo per diversi edizioni), e la Lombardia. In questo triangolo scaleno si muove, cammina. Vive. Non solo sul palco.
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Si parte dal Veneto più rùstego, l’anticamera. L’accesso alla stanza dei bottoni. In quella accanto, Paolo e Paola Castiglioni preparano un risotto con il tastasàl, la carne di maiale (non la salsiccia, proprio la carne di maiale) con l‘aglio, il vino bianco, il pepe, il sale e il rosmarino. Cibo per le orecchie e cibo per il naso. Manicaretti per il cuore e manicaretti per la bocca. Cucina fusion, ma tradizionale. Come tradizionale – nel senso più nobile del termine – è questo assolo lucido di Silvio: un po’ Paolo Rumiz (tanti i luoghi che tocca con le parole, e non solo la triade Veneto-Romagna-Lombardia) un po’ Cervantes, un po’ Ruzzante certamente, ma altrettanto capace di una scrittura autonoma e personalizzata.
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Non ingannino le maschere indossate da Castiglioni: il viaggio è autentico. Veneto, Milano, Siviglia, Buenos Aires, Friuli. Sulla rotta degli emigrati italiani che andavano a cercare fortuna fuori. Si va di liscio, di tango, di ricordi, di odori. E la storia raccontata, resa ancora più credibile dall’utilizzo del dialetto veneto, diventa una nave.
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Dialetto come baluardo – come ultimo avamposto – di biodiversità. Non ieri che era la lingua madre bensì oggi: salvaguardiamolo quindi con parsimonia e calore sembra dire Silvio Castiglioni. Alcune cose vivono nell’idioma di un luogo e sono intraducibili.
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Un cantastorie che porta in scena, accompagnato dalla fisarmonica di Beppe Chirico-Sancio Panza, il racconto della storia dell’Italia post bellica. Trent’anni “veri” che oscillano tra memoria e invenzioni, tra bocconi amari – i sogni che si hanno da piccoli raramente si realizzano – e stelle cadenti che indicano la via: l’oca che non vuole essere ammazzata, l’asino che uccide, il vecchio leone di un circo dimenticato, il maiale che viene sacrificato per sfamare la famiglia.
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Filò funziona. Eccome se funziona: il microcosmo apparente si innalza a Storia. E a teatro, soprattutto a teatro, profuma di vero. Come il risotto col tastasàl che a fine spettacolo gli spettatori assaggiano.
Alessandro Carli
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Rosaura, la grande amica di Colombina
Rosaura, la grande amica di Colombina
Rosaura è una delle maschere senza maschera della Commedia dell’arte, un fattore che permette di mettere in risalto molto di più il carattere poetico e romantico, anziché le movenze. Nata a Venezia, è la figlia del ricco ma avaro, mercante Pantalone, e vive in un grande palazzo sul Canal Grande. Continue reading
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Carnevale e le maschere tradizionali
Carnevale e le maschere tradizionali
Una semplice attività da eseguire con #Jamboard per conoscere le maschere tradizionali della commedia dell’Arte… Se vi piace potete trovarla qui: https://jamboard.google.com/d/1EGbXerYsXXChZHPSc1DTM3Xu7bkLagtIm6hdr3O0y8I/edit?usp=sharing Codice QR
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Rovigo: “Arlecchino muto per spavento” di Stivalaccio Teatro al Teatro Sociale
Rovigo: “Arlecchino muto per spavento” di Stivalaccio Teatro al Teatro Sociale. Il Teatro sociale di Rovigo ospiterà Stivalaccio Teatro con il suo “Arlecchino muto per spavento”, lunedì 27 febbraio alle ore 21. Lo spettacolo teatrale è un canovaccio inedito costituito da recitazione, canto, danza, combattimento scenico, lazzi e improvvisazione, che ripropone in epoca moderna uno dei canovacci più rappresentati nella Parigi dei primi del ‘700. Rappresenta un omaggio alla Commedia dell’Arte e all’abilità tutta italiana del fare di necessità virtù. Nel 1716, i Comici Italiani fecero trionfale ritorno sulle scene parigine con una compagnia di prim'ordine guidata da Luigi Riccoboni, noto con lo pseudonimo Lelio. Tra i migliori interpreti italiani, si distinse la presenza di Tommaso Visentini, il primo Arlecchino vicentino a calcare le scene della Francia, chiamato a sostituire il compianto Evaristo Gherardi. Tuttavia, il pubblico parigino non apprezzò che il Visentini non parlasse francese, portando Riccoboni a trovare una soluzione creativa: nel canovaccio ideato, il servo bergamasco venne reso muto…per spavento! Ispirato al canovaccio Arlequin muet par crainte di Luigi Riccoboni; soggetto originale e regia di Marco Zoppello con (in o.a.) Sara Allevi, Marie Coutance, Matteo Cremon Francesca Botti, Pierdomenico Simone, Michele Mori, Stefano Rota, Maria Luisa Zaltron, Marco Zoppello; consulenza musicale di Ilaria Fantin; scenografia di Alberto Nonnato; costumi di Licia Lucchese; disegno luci di Matteo Pozzobon e Paolo Pollo Rodighiero; maschere di Stefano Perocco di Meduna; duelli di Massimiliano Cutrera; assistente mascheraia Tullia Dalle Carbonare. La stagione 22/23 del Teatro Sociale di Rovigo è realizzata grazie al contributo e alla collaborazione di Ministero della Cultura, Regione del Veneto, Comune di Rovigo, Fondazione Cariparo, Fondazione Banca del Monte, Fondazione Rovigo Cultura, Banca del Veneto Centrale, Asm set, Arteven, Associazione Musicale Francesco Venezze, Conservatorio Statale di Musica Francesco Venezze. Mediapartner La Piazza. Info Botteghino: piazza Garibaldi, 14 - Rovigo telefono 0425 25614 - e mail [email protected] Orari di apertura 9.00-13.00 / 15.30-19.30 giorni di spettacolo: • mattutini 8.30/13.00 - 15.30/19.30 • matinée 9.00/13.00 -15.00/19.30 • serali 9.00-13.00 / 15.30-22.30 Giorno di chiusura: domenica. Aperto nei giorni di spettacolo domenicale con chiusura il lunedì successivo. INFO PREZZI su http://www.comune.rovigo.it/teatrowww.myarteven.it... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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E’ proprio perché non mi aspetto nulla dalla politica che ho il cuor leggero: la solita insipienza inconcludente della sinistra-sinistra, l’insostenibile leggerezza del PD, la forza tranquilla, i difensori dell’identità italiana, il partito degli onesti, le maschere della commedia dell’arte. Ancora qualche giorno fa ho sentito Berlusconi alla radio che raccontava di un viaggio in Africa e di come i ragazzini si accalcassero davanti a una televisione a manovella (alimentata cioè da un generatore azionato a pedale, tipo il criceto nella ruota) per sognare l’occidente, praticamente l’Alberto Sordi di Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa?
Votate a cuor leggero, non cambia niente.
(Eppure in passato ho votato anche Bersani, dico, Bersani, lo smacchiatore del giaguaro, oggi ridotto ad umarell che sogna l’alleanza coi Cinque Stelle, dio come ci siamo ridotti).
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Book Cinema 🎬 #fabriziostefan - © All Rights Reserved Attore: Luca Negroni 🎭 • • • Con questi scatti voglio raccontarvi una storia 🥺 Prima settimana di scuola di recitazione: lunedì commedia dell’arte con Luca Negroni... occhio che è tosta 😉 Era arrivato prima (come al solito). Primo cazziatone ai ritardatari di turno e si parte con la lezione a ritmi serrati. Zompi, capriole, versi, maschere, fantasia, divertimento, gioco, ritmo, bastoni che diventavano spade, Pulcinella, Arlecchino, Pantalone, Capitano Matamoro, Brighella, il dialetto veneto, bergamasco, romagnolo (mai sentiti prima) chi più ne ha ne metta. Il primo a zompare e fare capriole e recitare assieme ai suoi allievi era lui: Luca Negroni. SI cambiava come tutti gli allievi e faceva stretching. Quando indossava il suo camice da commedia dell’arte e le scarpette da danza diventava un gigante vero e la sua dedizione e energia travolgeva tutti. “Se zompa lui... zompamo pure noi”. Io (il sottoscritto) ero uno dei suoi allievi e mi sento tuttora tale. Le sue lezioni erano e sono tutt’oggi delle perle. Dopo i miei anni in accademia ebbi una occasione davvero unica di essere diretto da Luca Negroni in uno spettacolo di commedia dell’arte. Al provino mi presentai per fare Arlecchino e mi prese giustamente per fare il ruolo della NUTRICE (giuro). Ancora rido. Ebbene quel ruolo tanto folle quanto audace rimase una delle mie performance migliori. Mi divertii come un folle e a mano a mano prendeva sempre più spazio nello spettacolo a tal punto da diventare quasi uno spettacolo a parte LA NUTRICE. Passano anni e mi ritrovai a scattare il suo book da attore. Immaginate un allievo con tanta stima del suo maestro ritrovarsi a carte invertite 🥺 Anche in questa occasione Luca non ha smesso di insegnarmi che L’umiltà è una cosa assai preziosa . Mi ascoltava mentre gli davo indicazioni con una umiltà unica che se ci penso ancora oggi ho i brividi. Grazie Luca per avermi dato così tanto♥️ • • • #photographer #photography #attore #setstudioacademy #commediadellarte #portrait #portraitphotography #umiltà #dedizione #passione (presso Sperlonga, lazio) https://www.instagram.com/p/CGXrbE4gxMk/?igshid=10mes1vk40nq4
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Le maschere della commedia dell’arte
LA BAUTA
(Da un quadro di Uwe Thurnau) Questo costume, costituito da una mantellina nera con cappuccio su cui si portava il tricorno mentre il volto veniva coperto da una caratteristica mascherina bianca o rena, divenne comunissimo nel sec. XVIII, fino a divinire un abito da passeggio in tutti i periodi dell’anno.
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The masks of the commedia dell’arte
LA BAUTA
(From a painting by Uwe Thurnau) This costume, consisting of a black cape with hood on which the tricorn was worn while the face was covered by a characteristic white or sand mask, became very common in the 18th Century, to the point of defining a walking dress in all periods of the year.
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I just added this listing on Poshmark: Commedia dell’Arte Clowns - Suitable for Framing.
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“Curiosando tra le origini delle maschere di Carnevale: Gianduia” di Maria Rosaria Perrone
“Curiosando tra le origini delle maschere di Carnevale: Gianduia” di Maria Rosaria Perrone
Con questo ultimo personaggio del Carnevale, si conclude la Rassegna sulle maschere curata da Maria Rosaria Perrone, sperando di aver contribuito a ricreare, in parte, lo spirito carnevalesco e la tradizione ad esso collegata.
Gianduja è una maschera popolare della commedia dell’arte torinese, nata alla fine del 1700 dall’estro di due burattinai: Bellone di Oja e Sales Torino. Il suo nome…
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