#La questione ebraica Karl Marx
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unita2org · 1 year ago
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L'OCCIDENTE MASSOCAPITALISTA STA SEMPRE DALLA PARTE DEGLI EBREI PERCHE'?
la struttura gerarchica dei massocapitalisti di Redazione Per rispondere alla domanda posta nel titolo dobbiamo per forza maggiore ricorrere a un ebreo, Karl Marx, che ha studiato molto diligentemente la questione e che ha smesso di esserlo. Uno scritto che abbiamo pubblicato poco tempo fa come primo libro estivo, La questione ebraica, prevedendo cosa sarebbe successo a causa della bramosia di…
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pangeanews · 5 years ago
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“La natura della politica è tragica. Per capire dove va il mondo bisogna conoscere i movimenti esoterici, la Teosofia, la Massoneria, la Kabbala. E leggere Henry Corbin”
La strategia è nell’aria stasera. Indulgo al piacere dei ricordi, ripesco vecchie lettere, email rimaste a svernare, rileggo e torno indietro a quando l’analista geopolitico Marco Giaconi Alonzi, che avete imparato a conoscere su questo sito, mi scriveva i suoi epigrammi fosforescenti sui più svariati argomenti attuali. Eccovi le sue considerazioni.
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Cosa è politica. La natura stessa della politica è tragica, perché è un artificio, necessario, ma comunque un artificio, e lo godo per me e anche per gli altri, ma so che è una costruzione intellettuale necessaria ma debole, artificiosa, instabile – ovvero è, per natura, il contrario di quel che dice di essere, e forse sarebbe bene riprendere quei bellissimi studi di Miglio, poco prima di morire, sull’antropologia culturale dell’agire politico, sul nesso biofisiologico e etologico tra comportamento umano e categorie del politico.
Marx. Non era così scemo come i suoi allievi. Alcune sue visioni, più che previsioni, sono oggi esatte. Il mercato globale, la finanziarizzazione del capitalismo, il passaggio alla rendita, etc. Il problema è che oggi le categorie vere sono sparite e quelle finte vanno per la maggiore. Pensi alla evaporazione dei concetti tradizionali con l’analisi del linguaggio, ai tempi della “filosofia analitica”, portata sulle punte delle baionette della Buffalo Division. I filosofi sembravano diventati dementi da ospedalizzare, tutti si interessavano di quanti modi si può usare la parola “quando” o si ridicolizzava l’idea che si potesse usare il termine “anima” o “pensiero”. Ancora oggi il neopositivismo è insegnato ad Harvard come una cosa sacra. Marx non serve più, ma certamente non è utilizzabile il paradigma delle vecchie culture. Ricardo… glielo devo dire? Mi sembra un bischero. Pensare che il prezzo del grano sia la base della teoria del salario. Casomai era meglio prendere il prezzo del gin, della birra, degli affitti o dei salsicciotti che i british subjects continuano a mangiare, in attesa del loro cancro d’ordinanza… L’economia classica è l’insieme della mentalità british, che pensa una cosa sola per volta e con fatica, e degli interessi degli investitori nel sistema di fabbrica. Meglio Aristotele.
Strategie cinesi. Ecco alcuni argomenti, ma bisogna sempre vedere come uno ragiona. Tenga conto che la sapienza è il lampo: “Chen” è il trigramma cinese e esoterico del Tuono. Crescita e Movimento. La forma vitale che risveglia. Il suo organo è il piede. Si deve vedere tutto subito. A Roma, un collega mi ha fatto una analisi in dieci righe della questione coreana: “la Cina lo tiene perché blocca gli Usa nel Pacifico. La Russia lo sostiene perché ritarda le operazioni Nato in Polonia e Cechia”. Ecco, in quattro secondi, l’occhio clinico. Bisogna aver mangiato tanta pappa, per arrivare al Tuono, che sembra ovvio per quelli che non hanno senno. Trakl, se lo rileggo, mi annoia. Roba da sciampiste, mediata dalla Kultura. Soffro, diomio, quanto soffro, ma io preferisco, da uomo di destra, i canti anarchici. Viva Giordano Bruno e Sante Caserio.
Cosa c’è in Medio Oriente. L’Afghanistan rimane la terra delle malefatte degli hashishin incontrati da messer Marco Polo, e questi “assassini” ritornano negli alawiti, riconosciuti in extremis da Musa al-Sadr come sciiti. Mentre nelle reti sciite si aggirano mistici sufi e probabilmente maroniti che ospitano culti cristiani monofisiti.
Società di consulenza. Io sono scettico verso queste cose, mi capita spesso di leggere i lavori di McKinsey e non mi trovo affatto contento. Facce ridenti anglosassoniche, ottimismo da PIL in crescita, Pangloss spiegato da Candide. Gli ottimisti mi fanno sempre girare le palle. Comunque, uno stipendio è uno stipendio è uno stipendio.
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Ho sfregato la lampada del genio. Le risposte questa volta si sono fatte attendere ma sono esaustive. Buona lettura. (Andrea Bianchi)
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AB Professore, le propongo un’intervista sulla strategic culture italiana. Parleremo di Estremo Oriente, Medio Oriente, mondo anglosassone e paesiello europeo, infine di esoterismo politico. Procederemo così: prima le lancio una domanda frizzante, partendo dai suoi epigrammi. Dopodiché gliene faccio un’altra sullo stesso argomento, ma in modo serio. Incomincio chiedendole dettagli su come possiamo scandalizzare gli uomini dal pensiero omologato con l’aneddoto della bandiera tibetana. Bandiera che si trova su ogni palazzo alla Richard Gere, proTibet, quando è proprio un simbolo della divisione Waffen SS tibetana che si sacrificò ritualmente a Berlino prima dell’arrivo dei sovietici.
MGA A Berlino c’erano circa 1000 tibetani, inseriti nella Divisione SS “Wiking”, che si sacrificarono ritualmente alla notizia che Hitler era stato, probabilmente, ucciso dai sovietici. I nazisti inviarono, è bene ricordarlo, ben cinque spedizioni in Tibet. L’dea della Ahnenerbe delle SS, la società che si occupava di etnologia, storia, simbolismo interna alle SS, le Schűtz Staffeln, era che gli Arii provenissero, all’origine, proprio dall’Himalaya. Centro della Terra (Agarthi, lo vedremo), Vetta della Terra, l’Himalaya, Centro del Mondo (lo Hearthland). Tout se tient, nel mito ario, di origine martinista e poi teosofica, dell’esoterismo nazista. Si ricordi, qui, che anche D’Annunzio era martinista, come gran parte dell’élite culturale europea (Baudelaire, per esempio). La Massoneria “rivoluzionaria” del Trinomio del 1789, come la conosciamo, era una sorta di copertura materialista e quasi profana della Teosofia, di cui erano praticanti, per esempio, i membri della famiglia reale britannica. O i membri della Golden Dawn, fondata da un vero satanista, Alesteir Crowley, a cui partecipò la moglie di Oscar Wilde. Senza queste dottrine non si capisce niente di Pessoa, appassionato cultore di “scienza sacra”. Un aneddoto: quando, molti anni, fa, chiesi all’amico Antonio Tabucchi se ci fossero cose massoniche nei tanti documenti di Pessoa ancora ignoti, lui mi rispose: “Ah! La Massoneria, la P2, Gelli”. Ecco la cultura politica dei nostri più famosi letterati. È noto che quelli della Golden Dawn, presenti a Cefalù per i loro riti di magia sessuale, furono buttati fuori da Mussolini, che odiava tutto quel che sa di esoterico. Certo, Crowley, ogni tanto, faceva anche qualche lavoretto per l’Intelligence Service.  Inoltre, gli studiosi della Ahnenerbe volevano scoprire il regno sotterraneo di Agharti. La terra cava, che ospita il regno sotterraneo, è un tema fisso della tradizione alchemica e esoterica europea, dai Martinisti fino alla “Società Thule” che sarà all’origine del Partito Nazional-socialista. Prima, la Thule Gesellschaft aveva finanziato largamente anche i Freikorps, avendo come ispiratore Dietrich Eckart, un “mago nero” che dirigeva una rivista fortemente antisemita intitotata “Auf Gut Deutsch”. Se volete l’antisemitismo moderno, non cercatelo nel positivismo da quattro soldi delle misurazioni craniali, ma nella magia nera otto e novecentesca. All���inizio della Glasn’ost, aprì a Mosca la sede della Teosophical Society, che aveva la sua altra sede solo a New York. Solo un caso? Non credo. Nulla è mai un caso, nemmeno il caso. C’è quindi un legame profondo tra magia nera e antisemitismo. La Kabbala ebraica è una tecnica per comprendere la parola di Dio, e per portare l’uomo alla conoscenza di una Realtà Superiore, mentre la magia nera è la tecnica per il potenziamento delle facoltà umane, senza collegarle ad un progetto non-umano a cui l’Uomo può però partecipare. È qui che avviene l’accordo con il maligno. La magia nera è allora una prassi filosofica utile per esaltare gli istinti pre-razionali e la parte materica dell’Io, che assorbe, infine, tutto lo spazio del Super-Io. Freud queste cose le sapeva benissimo, basta vedere i testi che aveva e le statuette che, forse, utilizzava magicamente, nel suo studio di Berggasse 19. La gestione di Casa Freud ha, nel sito dedicato, guarda caso, l’immagine della Loggia Madre di Vienna. Freud era membro del B’nai B’rith, struttura paramassonica per Ebrei, ma fondata da un cristiano. Tutte le ideologie del Moderno, a cominciare da quelle della Rivoluzione Francese, nascono, allora, da una tradizione esoterica, massonica o meno. Come ci ha insegnato Giorgio Galli, non vi è politica alcuna senza tradizione sapienziale, debitamente nascosta da una velatura di “modernità”, laicismo, magari anche materialismo. Si pensi alle teorie sapienziali che vennero utilizzate per la “conquista dello spazio” da parte dei sovietici e all’occultista Barcenko che è all’origine della cultura, anche professionale, della polizia segreta sovietica, senza nemmeno mettere nel conto Il Maestro e Margherita di Bulgakov. Mark Clark, il generale Usa comandante della V Armata che risaliva dalla Sicilia a Roma, da prendere assolutamente prima dello sbarco in Normandia e evitando gli inglesi, appena arrivato nella Penisola ricostruì il Grande Oriente, che era stato fatto chiudere da Mussolini. La Seconda Guerra Mondiale è anche la storia di una Massoneria “regolare”, illuminista, laicista e culturalmente “profana”, contro le Fratellanze eterodosse che nascono dopo la abolizione degli Illuminati di Baviera. E che operano da sempre tra Gran Bretagna, Germania e Francia.
AB Chiaro. Risalendo nel tempo, veniamo ad anni più recenti. Nelle sue pubblicazioni dei primi del Duemila lei ha posto l’accento su Karl Haushofer e sul suo libro giapponese, Dai Nihon. Testo elaborato da un geopolitico nazionale-socialista in Giappone. Ci spiega cosa è vivo e cosa è morto di quel testo fondativo? Va rispolverato? Bisogna farlo risorgere per decifrare la Cina e non più soltanto il Giappone?
MGA Dai Nihon, “il Grande Giappone”, è lo studio che Haushofer dedicò al Giappone dell’era Meji, quella della “grande modernizzazione” forzata. E qui c’è una similitudine non con la Cina comunista in genere, ma proprio con le “Quattro Modernizzazioni” di Deng Xiaoping. Che iniziano con la riforma agraria, il punto in cui sono caduti tutti i comunismi, e finisce con la modernizzazione delle Forze Armate. Chiaro, no? Certo, Haushofer studia, nel suo testo nipponico, i fattori della potenza di una nazione, cosa che oggi farebbe sorridere. Ma che non è affatto sbagliata, in linea di massima. La chiave della Potenza è la forza intima di una élite, che domina tutti i fattori della Potenza, appunto. Soprattutto quelli invisibili. Altro che PIL! Qui occorrono tecnici che leggano la trina del futuro. Ma la geopolitica della potenza (mi viene qui in mente Lo Yoga della Potenza di Julius Evola) è politicamente scorrettissima, anche se tutti i vincitori antichi e attuali la praticano. La mette in azione la Cina, che si prende le isole Senkaku-Diaoyu in lotta sorda contro il Giappone, l’Iran che sobilla gli sciiti in tutto il Medio Oriente per destabilizzare tutti i Paesi sunniti, come in Yemen, ma anche la Federazione Russa, che si sta prendendo tutto il Grande Medio Oriente, mentre gli americani cercano i fiorellini della Pace Perpetua. La Pace Eterna esiste solo al cimitero, e di solito quelli che credono negli Alti Ideali ci finiscono prima degli altri. Ecco, la Geopolitica della Potenza, come il suo Yoga, è tecnica del Vincitore, mentre il Perdente si fa sempre intortare dal “Teatro delle Ombre” (era questo il termine sovietico per la guerra psicologica) che lo porta inevitabilmente alla fine. La sua. La Potenza necessita, per svilupparsi, di una quota di classe dirigente non elettiva, quindi, che risponde solo a sé stessa o, meglio, ai suoi ideali. La Sapienza è sempre, all’inizio, lo sguardo freddo e impassibile sulla “realtà effettuale della cosa”, come la chiamava un frequentatore del circolo neoplatonico fiorentino degli Oricellari, Niccolò Machiavelli.
AB Rimaniamo allora sull’attualità, sull’Oriente. Mi diceva che non abbiamo buoni romanzieri occidentali che abbiano decifrato la natura vera dell’Oriente: senza dire poi della recente adelphina di Ventura su L’esoterismo islamico, un dettato scolaresco. Certo resta Chatwin che però va letto in lingua. Ma che romanzieri italiani sono mai esistiti che avessero un’apertura mentale del calibro anglosassone? Conto Soldati per l’orientamento americano, ma non basta perché lei mi diceva che Soldati capiva di esoterismo come di vino: niente. Con le sue parole: “Era un uomo bravo, e perfino onesto, almeno quanto possa essere onesto uno scrittore, che si era creato, grazie anche alla sua simpatia umana, alcune maschere: l’intenditore di vino, lo storico delle tradizioni popolari, lo scrittore ottocentesco. Nessuna era vera, ma era, le dicevamo, simpaticissimo”. Vede qualche uscita dal labirinto o la letteratura rischia di rimanere autoreferenziale e self-accomplished?
MGA Non vedo niente di profondo, per l’Oriente, scritto da italiani. L’ISMEO, Istituto di Studi per il Medio e Estremo Oriente, fondato da Giuseppe Tucci, maestro di Maraini, il Tucci che era “l’esploratore del Duce”, è ormai allo stremo. Certo, ci sono i testi, meravigliosi, di Fosco Maraini, tra Ore Giapponesi e Il Segreto Tibet, che ebbe l’onore di una presentazione, nel 1951, di Bernard Berenson. Esoterico è poi il testo di Maraini sul rito di iniziazione dell’imperatore del Giappone, L’Agape Celeste, un vecchio libro che ho nell’edizione di Scheiwiller. Maraini sapeva leggere i segnali profondi della realtà, le costanti invisibili, perché non sensibili, non certo irrazionali, della Realtà. Quando gli ufficiali giapponesi vanno, in segreto, a comprare la bandiera con i raggi rossi, quella che divenne vessillo nazionale nella Restaurazione Meji, proibita da MacArthur, dimostrano di essere ancora eredi dell’Impero. Quando Hirohito morì, tutto il popolo si volse, in tutto il Giappone, nella direzione del feretro dell’Imperatore. Ecco perché il Giappone tiene e ancora, altro che PIL! Quanto ai romanzieri italiani, comunque, non mi viene in mente niente. Ci sono ancora i vecchi libri di Lionello Lanciotti, il maestro dei sinologi italiani, oppure le cose iniziatiche orientali, ma con un occhio all’Europa Nascosta, di Pio Filippani Ronconi, vecchio milite delle SS italiane. Non dimentichiamo nemmeno Giorgio Mantici, fratello di Alfredo, la più bella testa analitica del SISDE, ai suoi tempi. Aneddoto: quando il gen. Mori era direttore del Sisde, si seppe che l’ambasciata cinese stava ristrutturandosi. Indovinate ora chi erano gli operai addetti alle costruzioni… Poi ci sono testi involontariamente comici, come quelli di Tiziano Terzani, bravissimo cronista capace di vedere comunisti ovunque, e quindi di adorarli. Letteratura come tale, niente. Non c’è, in Italia, il tipo alla Bruce Chatwin, o come il grande filosofo-sinologo Jullien; qui i letterati, o quelli che si credono tali, sono tutti lì a scrivere di sesso (fatto male, qui servirebbe casomai lo Yu Gui Hong, il vecchio romanzo erotico cinese dell’era Ming) oppure di vite di provincia, a contemplare il proprio piccolissimo Io. Poca cosa. Ventura, comunque l’ho letto, e si tratta di un testo illuminista ma non illuminato.
AB Ci spieghi meglio. Posto che Ventura, come l’abbiamo letto, non ha le carature esoteriche necessarie, rimanendo un libro illuminista e artificialmente “dotto”, potremmo sperimentare meglio la vertigine dei manuali sciiti, o cos’altro? il solito Titus Burckhardt?
MGA Certo che Titus Burkhardt è una chiave utilissima. C’è, però, nel sufi svizzero (non sembri una contraddizione in termini) un certo tono esaltativo, soprattutto in certi testi, come in Considerazioni sulla conoscenza sacra o in La sapienza dei profeti che talvolta infastidisce. Un tono da turista dell’Ignoto, insomma. Certo, anche un mago accattone di Herat, come quelli che invariabilmente trovava nel deserto l’ambasciatore Guillet, vale molto di più di un pastore svizzero, e non mi riferisco ai cani. Sembra la narrazione di un turista contento. E gli svizzeri sono inossidabili turisti, peggio degli inglesi. Ibrahim Izz-al-Din, come si chiamava dopo la conversione Burkhardt, era convinto, come Evola e Guénon, che non esistessero più centri iniziatici in Occidente, e occorresse quindi rivolgersi all’Islam e all’Oriente ario.  Errore. Non ci sono mai “buchi” nella trasmissione sapienziale, quindi certe conversioni all’Islam, anche se raffinate e colte come quelle di Burkhardt, o perfino di Guènon, sbagliano, perché non vedono il sottilissimo filo d’oro della iniziazione in Occidente. Se ci fossero dei buchi, vuol dire che la trasmissione non è sapienziale, ma profana. L’iniziazione occidentale vera e propria c’è sempre stata. Altrimenti non si sarebbe presentata nemmeno prima. Certo, la Massoneria oggi è il “grande niente” come la definì Federico di Prussia. Le altre tradizioni sembrano cessate, insieme con il famoso “illuminismo” dei miei stivali. Ma non è, non può essere così. Consigli? Leggere Henry Corbin. Un caso strano di mistico e sapiente sciita che andava al Procope con tutta la solfa degli “intellettuali” francesi dell’epoca: Sartre, Camus, Breton, e anche con tutti gli altri cantori della vera contro-iniziazione satanica novecentesca, il comunismo. Massone sui generis, Corbin rivela l’aspetto gnostico dello sciismo, che ha anche una normazione formale, che è proprio quella che viene fuori dalla rivoluzione del 1979 di Qomeini. Così come diceva Guénon che il Taoismo è l’asse mistico del Confucianesimo, e Mao Zedong era un poeta taoista e mistico, allora il “partito di Alì”, la Shi’a, ha il suo Confucio, l’Imam Qomeini. Ma con le parole non si mantengono gli Stati, come diceva Machiavelli. Altro neoplatonico, ricordiamo.
Continua
*In copertina: Aleister Crowley (1875-1947)
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francescomaringio · 7 years ago
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Marxismo oggi in occidente: Le ragioni di una crisi e la necessità di una rinascita
di: Francesco Maringiò
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Il 2018 è un anno ricco di anniversari importanti per la storia del movimento comunista e del marxismo, a partire dalla celebrazione del bicentenario della nascita di Karl Marx ed il 170esimo anniversario del Manifesto del Partito Comunista.
L'occasione è propizia, in sede di dibattito storico e culturale, per porsi una domanda essenziale: perché ha senso – politico e teorico – parlare di ritorno al (e del) pensiero di K. Marx?
Il ritorno di Marx
La crisi economica scoppiata nel 2008 ha fatto registrare un successo editoriale delle opere di Marx tra quanti ricercavano alternative valide alle teorie in voga nell'Occidente liberal-capitalistico e persino prestigiose riviste di orientamento liberale sono arrivate a chiedersi "cosa avrebbe pensato Karl Marx" (Economist, 15/10/2008 e Time, 29/01/2009). Tuttavia, piuttosto che segnare davvero il ritorno del marxismo nell'Occidente, queste operazioni hanno costruito un'immagine "pop" del pensatore tedesco, relegandolo a visionario delle storture del capitalismo, invece di tributare alla sua elaborazione teorico-politica il ruolo che spetta ai grandi classici, capaci -per dirla con lo storico inglese A. N. Wilson- di «cambiare il modo in cui gli uomini guardano a se stessi».
Questa operazione di recupero di Marx da parte dei media mainstream è avvenuta scollegando il pensatore dalle idee guida delle sue opere principali, nascondendo la radicalità politica della Critica al Programma di Gotha, la potenza disvelatrice della Questione Ebraica, la straordinaria modernità dei Grundrisse, per non parlare della potenza analitica ed evocativa del Manifesto del Partito Comunista o della più alta critica all'economia politica del Capitale. Anzi, si compie un vero e proprio processo di rovesciamento: se nelle Tesi su Feuerbach Marx condanna i filosofi perché incapaci di trasformare il mondo, oggi la sua elaborazione viene inserita in un pantheon indistinto di questi "grandi pensatori". Egli diviene così un filosofo tra i filosofi che hanno "variamente interpretato il mondo", non più il padre della filosofia della prassi. L'obiettivo è tributargli un ruolo di denuncia delle tragedie della società borghese, relegando però la sua filosofia all'impotenza della trasformazione sociale e del cambiamento dello "stato di cose presenti".
Ma tra i fautori di questa operazione di depotenziamento del messaggio marxista non ci sono soltanto i pensatori liberali. Manca ormai da tempo un dibattito teorico-politico sullo stato di salute e sulle prospettive del marxismo in Italia, reso necessario ed urgente dalla sconfitta della sinistra storica e della drammatica sua riduzione alla marginalità ed alla influenza (in Italia ed in parte dei paesi a capitalismo maturo).
Sono perfettamente consapevole della radicalità della critica che qui esprimo nei confronti delle organizzazioni che della storia marxista sono eredi, ma sono profondamente convito del fatto che parte delle ragioni della sconfitta risiedano proprio nella vittoria (in Italia ma non solo) di correnti di pensiero che hanno assunto una visione eurocentrica ed occidentale.
Marxismo occidentale e marxismo orientale
Di fronte al riproporsi della miseria di massa anche nei paesi sviluppati, all'inasprirsi delle disuguaglianze sociali ed alle minacce di guerra, la sinistra in Italia ed in Occidente è assente, incapace di rendersi realmente indipendente dal sistema imperialistico, quando non colpevole di aver spianato la strada ad un ritorno del neo-imperialismo sotto forma di guerre di esportazione della democrazia occidentale, veicolando un pregiudizio eurocentrico ed inconsciamente razzista. Questa è la tesi di fondo del filosofo Domenico Losurdo che individua le ragioni di questa crisi nel fatto che il marxismo occidentale ha sviluppato il suo pensiero separandosi dallo sviluppo del pensiero marxista del resto del mondo.
Il marxismo occidentale ha influito enormemente sui movimenti della così detta "nuova sinistra" e su quelli del '68 (di cui in quest'anno si celebra il cinquantenario) ed è divenuto egemone dopo il crollo dell'Urss. Un pensiero (i cui cantori odierni sono Negri, Hardt, Zizek e prima ancora Foucault o Arent) che ha rimosso il nodo della lotta anti-coloniale e dello sviluppo delle forze produttive, come invece hanno fatto i movimenti socialisti affermatisi fuori dall'Occidente che si sono posti l'obiettivo di far uscire dalla miseria e dalla fame centinaia di milioni di esseri umani.
Non è un caso che queste tendenze politiche e filosofiche abbiano condotto una lunga offensiva ideologica ed una costante campagna revisionista nei confronti del leninismo. Lenin infatti ha rappresentato una cerniera tra il marxismo occidentale ed orientale e con il suo pensiero il marxismo ha vissuto uno sviluppo talmente marcato e creativo che il suo nome è stato intimamente legato a quello di Marx nella teoria del marxismo-leninismo. Questo individua il legame strategico e necessario tra il movimento dei lavoratori in Occidente e le popolazioni colonizzate in Oriente. Lenin, il cosmopolita, pone le basi per uno sviluppo davvero internazionale del movimento comunista mondiale, come mai era accaduto: la I e la II Internazionale sono fondamentalmente europee, il Comintern è mondiale. Ciò si deve anche al processo storico della Rivoluzione d'Ottobre che fa emergere il ruolo dei popoli oppressi, diventando un tornante della storia non solo del movimento operaio, ma dell'intera umanità: all'invito marxiano dell'unità dei "proletari di tutti i paesi", si aggiunge quello "a tutti i paesi e popoli oppressi" fatto dall'Ottobre.
Dalla crisi alla rinascita
Oggi la cultura marxista è divenuta ampiamente minoritaria in Italia, ma negli anni '70 ha conosciuto un vero e proprio apogeo: poderosa era l'influenza sul mondo della cultura e diverse erano le case editrici e le riviste che contribuivano alla diffusione di una cultura marxista. A tutto questo si aggiungevano gli strumenti culturali del PCI: pubblicazioni, istituti e scuole di partito che contribuivano alla formazione di miglia di militanti e quadri in tutto il paese, legati all'esperienza politica nel sindacato e nelle organizzazioni di massa. Senza contare la produzione culturale della "nuova sinistra" e delle componenti interne allo stesso PCI, che spesso si dotavano di riviste teoriche e centri culturali per organizzare la battaglia interna al Partito.
È con gli anni '80 che si registra l'avvio della fase discendente della cultura marxista in Italia. Questa viene attaccata "dall'esterno" (gli apparati ideologici dello stato borghese), "dall'interno" (vengono a galla le tenenze interne al PCI che puntano ad una sua trasformazione socialdemocratica o si rafforzano le tendenze che prendono le distanze da Lenin e dal marxismo orientale) e "di lato" (sorgono riviste e centri studi per influire sul dibattito interno al Partito).
L'epilogo è immediato e sarà decretato con lo scioglimento del PCI all'inizio degli anni '90 e la nascita del PRC, la cui fondazione avviene su basi ideologicamente fragili ed eclettiche, come risposta resistenziale e di contrapposizione alla mutazione genetica del PCI.
Saranno poche e risultano minoritarie le riviste (per lo più legate a reti di militanti o correnti interne al PRC) e le case editrici che si pongono il problema dello sviluppo organico della cultura marxista nel nuovo contesto storico, ma le dimensioni (relativamente) ridotte della loro influenza non permetteranno la trasmissione organica e continuativa del marxismo alle nuove generazioni.
In questo quadro difficile, figlio della crisi e della sconfitta che il movimento operaio e marxista ha subito in Italia nel corso di questa controffensiva lunga quasi 40 anni, ritornano prepotenti e quasi profetiche le parole di Antonio Gramsci, che nei Quaderni scriveva: «ogni collasso porta con sé disordine intellettuale e morale. Bisogna creare gente sobria, paziente, che non disperi dinanzi ai peggiori orrori e non si esalti a ogni sciocchezza. Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà» [Q28, III].
Il compito che spetta ai marxisti di questo paese è principalmente un grande lavoro coordinato e organizzato di ricostruzione di una cultura comunista di base, capace di diffondere i testi classici ed imparare dalle esperienze di transizione al socialismo e le rispettive elaborazioni culturali (a partire dalla teoria del socialismo di mercato e della transizione, presente nell'elaborazione dei marxisti cinesi). La priorità deve essere quella di lavorare per il superamento della frammentazione, per la concentrazione e centralizzazione di tutte le risorse marxiste presenti (umane e materiali).
Non si tratta di un lavoro disperante: questo avviene nel mezzo di un contesto internazionale caratterizzato dal protagonismo di paesi e popoli non subalterni ai centri imperialisti mondiali, o guidati da partiti e movimenti comunisti e marxisti. L'ascesa della Repubblica Popolare Cinese, assieme all'emergere anche della Repubblica Socialista del Vietnam o di Cuba (per citare solo alcuni degli esempi), o dei paesi del BRICS, ci dicono dei risultati a cui sono giunti gli ex paesi coloniali nell'affermazione della loro strada verso l'indipendenza e l'emancipazione, riequilibrando i rapporti tra le classi (in una grande lotta di classe combattuta a livello globale) a favore dei popoli e del proletariato mondiale, in Oriente come in Occidente.
In questo confronto tra marxismo orientale ed occidente, attraverso un processo di apprendimento dagli errori del passato e dalle lezioni della storia, si pone la sfida per la ripresa del marxismo in Italia, di cui le celebrazioni del bicentenario della nascita di Marx possono rappresentare l'occasione per riannodare i fili di questa ricerca, tanto feconda quanto necessaria.
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unita2org · 9 months ago
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E' CROLLATA LA MASCHERA "DEMOCRATICA" DI ISRAELE
di Redazione E’ dal 1844 che molti intellettuali e politici, come Karl Marx, ci avvisano e ci danno strumenti per capire l’origine dell’ideologia e della prassi sionista, come un prodotto di quel massocapitalismo razzista e colonialista europeo che hanno nel fascismo e nazismo la loro massima espressione. L’intellighenzia europea e la politica invece di prendere atto della critica di Marx che…
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