#L’ARTE DEL SUSHI
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aldolcepensoio · 9 months ago
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Sushi Burrito: Un’incredibile Fusione di Sapori e Creatività
Benvenuti nel mondo affascinante del Sushi Burrito, una creazione audace e deliziosa che unisce l’arte giapponese del sushi alla praticità di un burrito. Questa innovativa prelibatezza è molto più di un semplice incrocio culinario; è un’avventura gustativa che vi porterà in giro per il mondo attraverso sapori inaspettati.
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senzalinea-blog · 6 years ago
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L’ARTE DEL SUSHI: ALLA SCOPERTA DEL PIATTO SIMBOLO DELLA CULTURA GIAPPONESE
L’ARTE DEL SUSHI: ALLA SCOPERTA DEL PIATTO SIMBOLO DELLA CULTURA GIAPPONESE
Chi non ama il sushi? Vero e proprio fenomeno culinario e di costume salito alla ribalta anche in Europa nell’ultimo decennio, il tipico piatto giapponese diventa protagonista di un graphic novel, un’opera elegante, raffinata e intensa come un piatto di sushi preparato a regola d’arte.
Profondamente appassionato di sushi e affamato di conoscenza, nonché curioso di apprenderne le corrette…
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Miss Kissimo Lombardia è la bergamasca Melissa Arnoldi
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Miss Kissimo Lombardia è la bergamasca Melissa Arnoldi. Lunedì 1 agosto si è svolta l’imperdibile Finale Regionale di Miss Kissimo Biancaluna Lombardia che ha permesso alla vincitrice di aggiudicarsi uno dei dieci posti per rappresentare la Lombardia alle fasi nazionali del concorso, un titolo firmato Kissimo Biancaluna, brand Made in Italy di intimo, pigiami e home wear per uomo e donna. L’esclusiva location di Villa Monterosa a Milano, nelle sale e nel giardino della splendida villa e location per eventi di Sun Tzu Consulting, holding di consulenza del food&beverage e proprietaria dei brand della ristorazione El Tacomaki, Magnaki e La Filletteria Italiana, ha fatto da cornice alla Finale Regionale di Miss Kissimo Biancaluna e del party a seguire condito da un prezioso catering a base delle specialità delle tre catene di ristoranti che possiede: cocktail da favola accompagnati dalle chicche mexican sushi di El Tacomaki, dagli uramaki di carne di Magnaki e dai filetti di carne esotica de La Filetteria Italiana. Un evento che ha visto sin dal primo pomeriggio le Miss, che hanno passato le precedenti selezioni regionali, impegnate in shooting fotografici, riprese video, creazione di contenuti social in un contesto di intrattenimento per il pubblico del web che ha avuto modo di conoscere le finaliste in gara e la suggestiva location dove si è svolto l’evento.  Inoltre grazie ai profili social istituzionali di Miss Italia Lombardia e quelli delle ragazze in gara, si è potuta seguire nelle stories l’intera giornata “live” compresi i momenti di prove intorno alle 17:00 circa, il corso di portamento tenuto da Alessandra Riva di Rial Events, esclusivista per la regione Lombardia del concorso, oltre a un momento di pausa durante l’aperitivo delle Miss per ricaricarsi prima dello spettacolo serale. Alle 20:30 è stato il momento di andare in scena con le splendide finaliste che hanno coreografato la sigla vestite di luccicanti pailletes e accompagnate dalla madrina della serata Gaia Grimoldi, una delle ragazze in corsa per il titolo di Miss Mascotte che sarà aggiudicato sul palco di Bellano il prossimo 7 agosto in occasione della Finale Regionale di Miss Cinema Lombardia, che ha sfilato con ali da angelo create da Mia L’arte del Riciclo. Un susseguirsi di sfilate, emozioni e sorrisi per l’evento che ha raggiunto il suo apice al momento dell’incoronazione di Melissa Arnoldi che si è aggiudicata il titolo di Miss Kissimo Biancaluna. Melissa ha studiato come grafico multimediale ed ora lavora in una concessionaria. La sua passione è la musica, canta da sempre: ha infatti portato su palco una performance emozionante di “Io vivrò senza te” il celebre brano di Mina. Ha due sogni nel cassetto: il primo è quello di avere una famiglia, il secondo è quello di lavorare nel mondo dello spettacolo. A un passo dalla vittoria Angelica Ferrari, 18 anni di Capralba (CR). A seguire Giulia Zengarini, 18 anni di Carugo (CO).... Read the full article
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orientthefestivalboston · 3 years ago
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.                 “ programma GIAPPONE!                ﹫ʙᴏsᴛᴏɴʀᴩɢ ⌵  aswtfp un paese diviso tra l’antico e il moderno; impossibile restare impassibili davanti al suono del tradizionale Taiko, il tamburo giapponese da guerra. O avete mai assistito ad una esibizione di pagliacci giapponesi? O del teatro kabuki? Non solo, a disposizione un breve corso di pittura e scrittura giapponese, assaggi di street food e soprattutto, il Cha no yu, nonché la famosissima cerimonia del tè.
30 GIUGNO 5pm  debutta il grandioso duo di tamburi giapponesi composto dai musicisti Tsubasa Hori e Masayuki Sakamoto, ex membro di KODO, la squadra di taiko più conosciuta in Giappone.  5.30pm  esibizione di pagliacci giapponesi “Ojarus”, un’arte che proviene sia dalla tradizione antica, sia dal moderno teatro giapponese 7pm  mago illusionista Giapponese Keiichi Iwasaki
1 LUGLIO 5pm   pittura Suiboku-Ga. eseguita con inchiostro su fogli di carta di riso, molto popolare in Giappone. la maestra realizzerà diverse opere offrendo ritratti per il pubblico. 5.30pm  corso pittura Suiboku-Ga con l’insegnante Yoshiko Kubota 7pm  vestizione del kimono, un complesso rituale tramandato fedelmente nel corso degli anni. 8pm esibizione di canto e musica giapponese con gli strumenti tradizionali ( Koto e  Shamisen )
2  LUGLIO 5pm   cerimonia del tè giapponese:  preparare una deliziosa tazza di tè; disporre il carbone in modo che riscaldi l’acqua; sistemare i fiori come fossero nel giardino 5.30pm  corso di scrittura giapponese 7pm  l’antica arte dei bonsai e suiseki e il potere che si può percepire venendo a contatto con la natura, gli alberi e le montagne.
3  LUGLIO 5pm   cerimonia IKEBANA l’arte giapponese della disposizione dei fiori recisi, anticamente conosciuta come Kado. 6pm  rappresentazione e corso di origami  8.30pm  pittura su stoffa, YUZEN, decorazione giapponese + corso “ crea il tuo ventaglio ”
4  LUGLIO nella giornata del quattro luglio non sono previste attività, il festival rimane aperto e mette a disposizione trasferimenti dal porto per la baia.
5  LUGLIO 6.30pm   karate-dō, inaugurazione nuovo dojo di Boston ed esibizione + corso privato base 2 ore ( sovrattassa 10 dollari ) 7.30pm   mostra giapponese di un tempio. sarà presente infatti un’area zen, con all’interno la riproduzione di un piccolo tempio scintoista, animato da monaci immersi nelle attività classiche della spiritualità giapponese. 8.30pm   mostra di katane: la tradizionale spada giapponese che utilizzavano i guerrieri samurai 9pm  conferenza sui 47 ronin:  una questione di onore e vendetta portata fino alle estreme conseguenze, ovvero di un gruppo di 47 ronin (guerrieri rimasti senza padrone) che decidono di vendicare la morte del loro signore cui erano fedeli + proiezione del film. 
STAND RIFERIMENTO E FOOD SPONSOR: Tora Japanese Restaurant street food: okonomiyaki, yakisoba, dorayaki, yakitori. UNI street food: ikayaki, takoyaki, onigiri, tori no karaage. douzo sushi all you can eat 16$ + bevanda  Red Lantern + assaggi street food vario e corso preparazione sushi:  tsukune, dango. Genki Ya Boston menù alla carta
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itsevilnessz · 4 years ago
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No, sono timido. Di dove sei? Parlami delle tue passioni, voglio sapere se ne abbiamo in comune
Va bene dai. Allora sono calabrese. Le mie passioni sono tantissime, amo la musica, il teatro, leggere, disegnare, sdraiarmi in spiaggia a guardare le stelle o camminare in riva al mare durante l’alba. Amo l’arte in tutte le sue forme, la pizza, il sushi e modestamente la mia carbonara spacca. Cucinare è terapeutico per me, che sia dolce o salato, mi rilassa. Amo viaggiare, la sensazione dell’aereo che decolla, l’odore della terra bagnata dopo la pioggia e pattinare sul ghiaccio (anche se spesso prendo belle cadute ahah). Del resto non mi viene in mente nulla, ma c’è altro :)
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lifeonthetopfloor-blog · 5 years ago
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Mai provato il #sushi di pizza? Alla Piedigrotta di Varese ci si lascia coccolare dalla fantasia #gourmand di un team affiatato e appassionato, che non si stanca mai di sperimentare. Il tutto senza eccessi o sbavature, con assoluta fedeltà a quella che è la loro eccellenza: l’arte della pizza. Nel roll, la pasta della pizza, avvolta in uno strato croccante ai semi papavero, è farcita da un cuore di mozzarella Fior di Latte, salsa di Burrata pugliese e pinoli. Sul fondo, un’emulsione al pomodoro fresco e olio evo addolcita ancora una volta dalla salsa di Burrata. A guarnire, una foglia di basilico e il pomodorino confit essiccato per 18 h al sole. La Margherita Dolce, a seguire, è stata una piacevole sorpresa: pizza margherita da degustare con il gelato alla vaniglia del Madagascar al basilico (una vera delizia!) in abbinamento al Passito alla birra. È una pizzeria, non un ristorante, perché il mantra è sempre lui, il simbolo per antonomasia della gastronomia tricolore (la pizza Verace, in sequenza, ne é un formidabile esempio). Già così, la pizza perde la sua identità popolare e si eleva a comfort food capace di vestire stupendamente panni d’haute-couture...poi, #ViConsiglio di dare un occhio alla carta dei vini e, in particolare, alla sezione #champagne: è un meraviglioso libro da sfogliare. Io ho scelto Blanc de Blancs Dosage Zéro di Bruno Paillard. Potevo celebrare meglio di così il mio compleanno? Grazie alla mia famiglia e a @larissamcardoso per aver dato il via alle feste 🥰❤️ • • • #love #birthday #happy #lifeonthetopfloor #photooftheday #taste #food #pizza #italy #bdaygirl #weekend #discover #experience #gourmet #chef @lapiedigrottavarese @champagnebrunopaillard @comtedemontaigne @krugchampagne (presso La Piedigrotta Varese) https://www.instagram.com/p/BySnJdjFwHa/?igshid=61tr6fanh1i1
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risatevuotetramuradimarmo · 7 years ago
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01:21 noia.
Iniziamo dalle domande generali:
1. Età? 14 2. Hai fratelli o sorelle? Si 3. Hai già tinto i capelli? No 4. Capelli lunghi o corti? Lunghi 5. Altezza? 1,63 (?) 6. Fumi? Si 7. Colore degli occhi? Marrone scuro 8. Porti gli occhiali? Solo per leggere 9. Come stai? Non ne ho idea 10. Ti sentì bella/o o brutta/o? Dipende dalle giornate 11. Hai tatuaggi? No 12. Hai piercing? No, ma ne ho avuto uno 13. Che fai nella vita? Pratico l’arte della monotonia 14. Ti piace la tua calligrafia? No 15. Se tu fossi un'altra persona saresti amica di te stessa? Si 16. Qual è il tuo colore preferito? Nero 17. Cosa ti manca di più? Lui 18. Cos'è che ti piace di meno di te? Gli occhi 19. Un posto dove non vorresti mai andare? Asia 20. Hai un talento speciale? Deludere le persone è un talento? 21. I tuoi suoni preferiti? Il suono di una pagina che viene sfogliata rimane il mio preferito.
Hai mai:
22. Incontrato il tuo idolo No 23. Fumato erba Si 24. Bevuto alcolici Si 25. Perso il telefono No 26. Rubato Si 27. Detto una bugia per far star meglio qualcuno Si 28. Tradito No 29. Avuto esperienze paranormali Si 30. Pianto tantissimo Si 31. Fatto uso di droghe pesanti No 32. Fatto il bagno nudo/a No 33. Detto “ti amo” credendoci Si 34. Fatto bunjee jumping No 35. Passato la notte sveglio/a fino a vedere l'alba Si 36. Scritto un libro No 37. Mangiato sushi No
Questo o quello?
38. Facebook o Twitter Facebook 39. Treno o aereo Aereo 40. Pioggia o sole Pioggia 41. Dolce o salato Salato 42. Festa in discoteca o festa in casa privata Casa privata 43. Cuore o cervello Cervello 44. Baciare o essere baciati Essere baciati 45. Piangere o fingere di stare bene Fingere, sempre. 46. Mare o montagna Mare 47. Harry potter o Twilight Harry Potter
Domande random:
48. 4 cose che ti disgustano La carta su cui appoggia il Plumcake, i capperi, la Mantide religiosa e poi un’altra cosa non mi viene. 49. Miglior primo appuntamento Ahahahaha bella questa 48. Cosa ti manca? Lui, costantemente. 49. Cibo preferito Insalata 50. Luogo preferito Boh 51. Hai una cotta per qualcuno? “cotta”? Io sono totalmente pazza di lui 52. Prima cosa che noti in una persona Lo sguardo 53. Citazione preferita “Dovrei aver dimenticato chi mi insegnava a non mollare e alla fine ha mollato.”, Mezzosangue. 54. Film preferito Io prima di te 55. Come ti senti in questo momento? Non lo so, non sento nulla. 56. Canzone preferita Wait, M83 57. Cantante preferito Lana Del Rey 58. Rapporto con i tuoi genitori non mi va di parlarne 59. Perché ti sei iscritto a Tumblr? E’ tutto così tremendamente amareggiante qui, mi sento a casa. 60. Ultimo libro letto Fine turno, Stephen King 61. L'ultima volta che hai tenuto per mano qualcuno Circa 5 giorni fa mi pare 62. Preferisci la musica a tutto volume o a un volume ragionevole? Volume ragionevole 63. Qualcosa della giornata di oggi che non ti è piaciuto? La solitudine che ho provato 64. L'ultima bugia che hai detto? “E’ tutto okay” 65. Peggior infortunio mai avuto Non ne ho mai avuti di così gravi 66. Animale preferito Delfino 67. Risparmi soldi o li spendi subito Li spendo subito 68. La canzone che ti rende felice ogni volta che la ascolti Gemelli Diversi, “Per farti sorridere” Anche se non la riascolto da anni 69. I tuoi 5 blog preferiti su Tumblr @restaconmeanchequestanotte @corroso @ilcazzochevenefrega @questomiostranomondo e @pioggia-di-parole 70. Parola preferita “Dogana” 71. Sei determinata/o? Dipende dalle situazioni 72. Credi che la vendetta sia necessaria? Sempre. 73. Come definiresti il tuo carattere? Sbagliato 74. Serie TV preferita Odio le serie tv 75. Di una definizione di vita Insieme di forze  76. Cosa pensi del razzismo? Questo termine è troppo generico 77. Sei mai stato/a rifiutati/a? Si 78. Che posti vorresti visitare? Las Vegas, la città del peccato e Los Angeles 79. Paura dei rapporti? Si 80. Ti fidi facilmente? Purtroppo si 82. Sei felice? “Mi chiedono: “ma sei felice?” Che? Io non so che dirgli.”, Lowlow 83. Un tuo sogno? Parlare con i ragazzi che vivono in periferia 84. Cosa vorresti cambiare di te? Il carattere 85. È difficile per te ammettere di aver sbagliato? Troppo, è il mio peggior difetto 86. La cosa più strana che ti è successa? Piangere (ed essere poi consolata) da una persona che avevo sempre solo visto di vista  87. L'arte che più ti piace Body art 88. Sai disegnare? Ormai non più 89. La tua paura più grande? Fallire
Credi:
90. In Te stesso? No 91. Nei fantasmi? Si 82. Nei miracoli? No 93. Negli alieni? Si 94. Nell'amore a distanza? Si
E infine, vorrei:
95. Il luogo che più ti piacerebbe visitare La fontana di Trevi 96. La camera dei tuoi sogni Bianca, che lasci spazio solo ai pensieri 97. L'incontro con la star che vorresti Ovviamente con Lana Del Rey 98. La cosa che vorresti comprare Un paio di Globe 99. Il messaggio che vorresti inviare “Rincominciamo da qui?”
100. Questa domanda inventatela voi💜   (Siccome mi è stato chiesto parecchie volte) Sei lesbica? Non proprio, sono P-A-N-S-E-S-S-U-A-L-E. Avete rotto i coglioni che non ho.
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pangeanews · 5 years ago
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Datemi un verso e vi svelerò il mondo. Sull’arte marziale dell’haiku
Datemi un verso e vi svelerò il mondo. Ossia: il verso, l’unità più piccola della materia, ricava in sé l’intero cosmo. Specifico: l’arte di dettagliare straordinari e vastissimi paesaggi in un chicco di riso è pari a quella dell’haiku. Che sbarcato in Occidente ha fatto (e fa) sbracare i polsi agli scemi, che ci leggono dentro qualcosa di simile a un Mallarmé a cui si è ristretta a misura di bimbo la camicia. No, trattasi di qualcosa d’altro, e gli esempi di haiku all’italiana, una specie di sushi western, di solito fanno lo stesso effetto che fa il pesce crudo al debole di stomaco.
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Anzitutto l’haiku non è propriamente letteratura, verbo sull’orlo delle cose, in bilico tra il dire e il non dire. È recente il passaporto, controfirmato da Masaoka Shiki (1867-1902), che lo ha introdotto nel tempio buono delle lettere. Prima era un gioco che solleticava gli aristocratici, poi una burla dei popolani piena di scurrilità, scandite sul filo di ragno delle diciassette sillabe, non una di più. Con l’inimitabile Basho (1644-1694), si cristallizza, divenendo la sfera magica attraverso cui ottenere l’illuminazione sulla via dei monti, oppure il cantuccio da cui mandare dolenti latrati al mondo. Per alcuni la “rivoluzione” di Shiki avrebbe alterato per sempre il carattere borderline dell’haiku. Di certo non per la curatrice del Grande libro degli haiku (Castelvecchi), Irene Starace, che dedica con scrupolo certosino più della metà delle sue traduzioni all’haiku novecentesco.
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«La poesia, senza ricorrere alla forza, muove il cielo e la terra, commuove perfino gli invisibili spiriti e divinità, armonizza anche il rapporto tra l’uomo e la donna, pacifica pure l’anima del guerriero feroce», recita la prefazione al Kokin Waka shu, antologia di poesia classica giapponese stilata al principio del X sec. (faccio riferimento all’edizione curata da Ikuku Sagiyma, edita da Ariele, Milano 2000), ben prima che la dottrina dell’haiku facesse capo dal suo guscio di sillabe. Ma le cose valgono lo stesso. Specialmente l’ultima porzione della frase.
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Il grande Basho era figlio di un samurai, destinato a battere le strade del padre. Imparò la poesia da un samurai in pensione, ebbe come discepoli un manipolo di samurai che avevano abbandonato il mestiere delle armi. Passati gli anni del grande caos e delle grandi battaglie il samurai depone la spada e si avvinghia al pennello. La pratica non cambia molto. Il monaco girovago, amante della contemplazione, era solito appuntare con degli haiku i suoi brevi referti di viaggio, con sottosuolo zen. Una specie di Giovanni della Croce privo d’impianto razional-teologico, istintivo. Non è un caso che la sua inalterata fortuna lo abbia traghettato felicemente fino a noi: è pubblicato da SE, La Vita Felice, Luni, Vallardi, piccoli diamanti di qualità.
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Ki No Tsurayuki, nobilitando l’antichissima antologia di cui sopra, si prese la briga di spiegare la ragione per cui le poesie sono scandite per sillabe. È con la generazione degli uomini, nel regno della differenza, che accade ciò, manipolando il linguaggio. Prima, «nel Periodo delle divinità possenti […] ci si esprimeva in maniera semplice e schietta e sembra che fosse arduo individuare le sostanze delle cose». Saremmo pure caduti dal mirabolante party paradisiaco: con le parole ci siamo conquistati una a una tutte le cose. E con la letteratura anche il loro sovrappiù.
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La questione sillabica è tanto fondamentale nell’haiku che, nell’atto della traduzione, si rischia d’infrangere tutta la cristalleria. La Starace fa il lavoro dell’equilibrista sulla bava di ghiaccio che unisce due massicci montani, e se a volte, colpa della lingua nostra mica sua, l’effetto haiku sa di sms («Sono costretto a strappare/ le foto di me bambino») o di una incerta banalità («Apro il forno./ Il carbone è freddo/ e il fuoco sta per spegnersi»), quasi sempre ci sentiamo rinfrescati, e anche un po’ ammaccati di sani sguardi sull’abisso. Io, ad esempio, non ritorno più da un tremendo innamoramento per Kobayashi Issa (1763-1827), la cui vita fu tutt’altro che spensierata e costellata da un rosario di morti impressionante (la madre piccolissimo e poi la nonna; in età più tarda tutti i figli e la moglie). Monaco con il nome, per l’appunto, di Issa (il cognome d’origine era Yotaro), cioè “tazza di tè”, sintomo di armonia e serenità, scrisse, all’opposto, haiku strazianti come questa: «Rondini della sera./ Non ho alcuna speranza/ nel domani». Ma è dotato di una visione purissima: «Lampi./ Ad ogni bagliore/ il mondo si purifica». Il fascino dell’haiku è dato dalla sovrabbondanza di senso che, viste le strettoie sillabiche cui è obbligato, carica i versi. I quali lasciano una serie di radi punti che ciascuno completerà come crede. Ecco, più che un grado sotto la letteratura, qui semmai siamo un grado sopra. In terreno intangibile.
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Tra i moltissimi “moderni”, citiamo almeno due grossi nomi. Il primo è Natsume Soseki (1867-1916), uno dei padri del romanzo giapponese del Novecento, che giungerà ai fasti con la triade Tanizaki-Kawabata-Mishima, e che gode di un insperabile successo da noi (pubblicato da Neri Pozza, Beat, SE, Lindau). Grande studioso di cose occidentali, ci consegna un mazzo di haiku particolari, che pigliano quota da alcuni versi di Shakespeare. Così, ad esempio, dal delirio di Lear sorge un merletto meteorologico («Senza pioggia/ cresce in violenza/ solo il vento invernale») e dalla favola da soap dei Capuleti e dei Montecchi scaturiscono sentenze proverbiali («Anche la colpa/ è felice./ Luna velata sui due»).
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L’altro letterato di peso è Akutagawa Ryunosuke (1892-1924), una specie di sfortunato Rimbaud giapponese, maestro indiscusso del racconto breve (si veda La ruota dentata e altri racconti, SE), e morto suicida giovanissimo. Da un suo breve testo, Rashomon (con inizio lirico: «Il sole era al tramonto. A Rashomon, una delle porte della città, un servo aspettava che la pioggia cessasse»), Kurosawa ricavò uno dei suoi capolavori. Questo è l’haiku che scrisse prima della catastrofe (il titolo, che non richiede commenti, è “Disprezzo di me stesso”): «Mi goccia il naso./ Finisce solo/ sulla punta».
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C’è da dire che la costante di quasi tutti questi maestri della poesia in chicco di riso è quella di aver avuto una vita grama. Vagabondi, santi scemi, reietti, naufraghi, orfani e poveracci, questa è la stirpe dei cantori che misero nell’haiku il distillato puro e nudo del loro spirito. Piccoli grani di ambra che raggelano l’anima del poeta. Una consolazione per noi poetastri dell’eternità che facciamo fatica a raggranellare i dobloni per la pappa, martirizzati da tutte le Museo del mausoleo. Per tirarci su il cuore stringiamoci questa conchiglia in versi di Kaneko Tota (1919-2018), il maestro che conclude questa stupefacente antologia, da usare anche come sacro scacciapensieri: «Onde bianchissime s’accostano/ alla foce del fiume. Anche mio figlio/ va verso l’estate». (d.b.)
*In copertina: un samurai nella fotografia del 1860 di Felice Beato
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beautyscenario · 5 years ago
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Ho visitato in anteprima il primo punto vendita VeraLab, brand fondato da Cristina Fogazzi, aka l’Estetista Cinica, che aprirà a Milano tra pochi giorni al pubblico….
Cristina Fogazzi, aka l’Estetista Cinica, é uno di quei personaggi che non può lasciare indifferenti. Le sue “Fagiane”, questo é il nome con cui ha ribattezzato la sua community, la adorano, ma ha tanti detrattori. Ma come dice il proverbio “Molti nemici, molto onore”, e l’Estetista Cinica, indipendentemente dai sentimenti che suscita, é indubbio che sia un’abile imprenditrice. Una donna che sa cosa vogliono le donne, e la dimostrazione é il primo monomarca VeraLab a Milano, in via Guido d’Arezzo 9, che aprirà al pubblico il 14 dicembre, e di cui oggi c’è stata la press preview.
VeraLab il primo monomarca di Estetista Cinica: tra arte contemporanea, superfici effetto specchio, e tanti angoli a sorpresa
Varcare la porta del monomarca di estetista Cinica, VeraLab, vuol dire entrare in un irresistibile mondo ludico, ricco di contaminazioni pop, dove il rosa regna sovrano. C’è lo skin bar, ossia la zona dedicata alla prova delle maschere e successivo relax. L’area Caveaux: dedicata ai tre best sellers del marchio, olio denso, spumone e luce liquida. C’è pure un nastro sushi color rosa, in movimento, che attraversa parte della stanza e su cui viaggiano i prodotti della sink care. E poi ci sono camerini a disposizione delle clienti, per consentire una valutazione personalizzata e individuare il trattamento più adatto, ma anche specchi deformanti, come in un luna park per ironizzare sulla percezione del proprio corpo. Infine due grandi distributori a monete, che ricordano quelli delle caramelle, e dove é possibile ritirare un premio ogni qualvolta si riportano 3 flaconi vuoti.
Il tutto tra superfici rivestite in acciaio effetto specchio, neon, e pezzi d’arte davvero notevoli. Perché l’Estetista Cinica ama l’arte contemporanea, il suo sogno era diventare una curatrice.  C’è un Banksy, della galleria Deodato Arte e opere del digital artist DotPigeon, fra cui Real Means Beautiful: un’anteprima della collaborazione fra l’artista e VeraLab, che presto verrà svelata.
Estetista Cinica: apre a Milano, il 14 dicembre, il primo monomarca Ho visitato in anteprima il primo punto vendita VeraLab, brand fondato da Cristina Fogazzi, aka l'Estetista Cinica, che aprirà a Milano tra pochi giorni al pubblico....
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cento40battute · 5 years ago
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La wishlist per chi ama la casa
Per gli amanti della casa, della cucina e dell’home design, ecco tantissime idee regalo con cui stupire (o stupirsi) a Natale
Oggi abbiamo preparato per voi una gift guide speciale, tutta dedicata agli amanti della casa
Dagli attrezzi per la cucina alle pattumiere di design, dai coltelli alle home fragrance, dai portapane agli elementi per decorare la tavola di Natale, c’è proprio tutto: dovete solo scegliere il regalo più adatto alla persona a cui volete bene – o, volendo, a voi stesse.
I regali professional per chi ama la cucina: i coltelli Berkel per il taglio perfetto
Iniziamo la nostra home wishlist dai coltelli: accessori indispensabili in ogni cucina che si rispetti. Il coltello deve essere efficiente e deve garantire risultati eccellenti – e se dona anche un tocco di design alla cucina, ben venga.
I coltelli che vi consigliamo sono quelli firmati Berkel: prodotti artigianalmente nella storica coltelleria di Maniago in Friuli, i coltelli Berkel sono progettati per fare di ogni taglio “il taglio perfetto”.
Un coltello per ogni personalità in cucina
Scegliete le lame nere, crema e rosse forgiate a mano della collezione Elegance per chi ama l’eleganza anche quando cucina, e quelle in acciaio giapponese Takefu della collezione San Mai per un amante della cultura nipponica;
lame robuste e impugnature accattivanti fanno di Adhoc la collezione perfetta per chi ama la tradizione, mentre Synthesis è una linea più professionale; per il masterchef del gruppo c’è Exclusive, la collezione di coltelli da sogno, mentre Essentium, con la sua impugnatura ergonomica e sicura, è adatta anche agli amici più imbranati in cucina.
La sciabola per chi ama brindare
Per chi non può fare a meno di brindare, ci sono le Sciabole da Sabrage, con cui stappare lo champagne con uno scenografico colpo di spada.
Il kit per un vero BBQ lover
Infine, per gli amanti del barbecue, potete comporre un kit personalizzato composto da Forchettone, coltello Filetto, coltello Disosso, coltello Arrosto, tagliere in legno e dall’immancabile grembiule rosso Berkel.
www.theberkelworld.it
I regali più iconici per chi ama la cucina: le grattugie Microplane
Anche Microplane è un marchio perfetto per chi ama cucinare: basti pensare che le grattugie del brand americano sono le preferite di Martha Stewart.
Per i vegetariani creativi
Tra le proposte del brand abbiamo selezionato per voi la nuova Mandolina regolabile con lama a V e funzione per il taglio a julienne: un attrezzo multitasking arricchito da una speciale protezione per le dita sia per mancini sia per destrorsi che renderà più semplici e divertenti le ricette a base di ortaggi e frutta. Sceglietela per gli amici vegetariani più creativi in cucina.
Per chi vuole un cult in cucina
Premium Zester invece è un vero e proprio oggetto di culto: un classico da regalare a chi ama la qualità senza tempo delle lame Microplane ma si lascia tentare dal tocco trendy del manico soft-touch coloratissimo.
Gli zester per preparare i dolci dell’inverno
Gli zester Microplane, comunque, sono tantissimi, ognuno adatto a una preparazione particolare: quelli a lama ultra spessa sono perfetti per grattugiare mele, carote e zucca per preparare le torte più amate dell’inverno, mentre quella a scaglie grandi e medie creano i riccioli di cioccolato perfetti, con cui decorare torte e muffin. Infine, con le lame fini, potrete grattugiare cocco, scorza di agrumi, zenzero e cannella con cui insaporire le cioccolate calde. Perché non sceglierli tutti per farsi un regalo speciale?
I cofanetti per i foodies di ogni tipo
I cofanetti Microplane Christmas sono pensati per tutti i tipi di foodies. Scegliete il Set Peperoncino Gourmet per gli amanti del piccante, che potranno gustare i Peperoncini Thai di Spicebar macinandoli con il Macina Peperoncino Microplane incluso nel set. Set Spezie Gourmet è perfetto per chi non sa resistere ai gusti speziati ed esotici, e contiene il Macina Spezie 2 in 1 di Microplane insieme alle confezioni di pepe lungo e noce moscata di Spicebar. Infine, per un vero masterchef, c’è il Set Master, contenente due must-have: la lama Zester e la lama ultra spessa.
microplaneintl.com
I regali per portare il design a tavola: i macinini Bisetti
Macina Pepe e Macina Sale sono accessori funzionali per la tavola di Natale. Se poi hanno anche il design accattivante e Made in Italy di Bisetti, diventano un regalo unico.
Il macinino perfetto
Scegliete quelli della linea Pisa, che permettono di calibrare la grana e il tipo di macinatura, per chi sa sempre esattamente cosa vuole. Lo stile Pantelleria, con le sue dimensioni compatte e il design fresco, è perfetto invece per chi vuole accostare la funzionalità a un look accattivante.
Per chi ama sperimentare
La Spezia invece è una linea professionale che permette di esaltare al meglio anche gli ingredienti più di tendenza, come semi di lino, chia, sesamo e girasole: sceglieteli per chi ama sperimentare anche con i sapori.
Per chi ama la cucina fusion
Infine, per chi tra sushi e antipasto all’italiana non saprebbe proprio scegliere, c’è Girolo: il vassoio girevole in legno di Bisetti ispirato alla tradizione orientale perfetto per servire antipasti, aperitivi e, ovviamente, sushi.
www.bisetti.com
I regali più originali: teglie, pattumiere di design e panieri Brabantia
Sempre dedicate alla cucina, ma con un mood un po’ diverso: sono le idee regalo firmate dal marchio centenario Brabantia.
Per chi si sente il nuovo Bake Off
Iniziamo con Celebake, la collezione di prodotti per la cottura in forno. Teglie da plumcake, teglie a cerniera, stampo per muffin: tutto ciò che serve per fare felice la vostra amica con il pallino della pasticceria.
Per gli amici green
Per gli amici eco-friendly invece ci sono le pattumiere di design di Brabantia. I Bo Pedal Bin, dalla capacità di 30L o 60L e dal design piacevole e pulito, sono riciclabili per il 98%, realizzati con l’utilizzo del 45% di materiali riciclati di alta qualità, e contribuiscono alla campagna The Ocean Cleanup: con l’acquisto di una pattumiera si contribuisce a liberare gli oceani dalla plastica. Il nuovo contenitore Sort & Go 3L invece è progettato per semplificare la differenziata: è colorato, bello da vedere e non è ingombrante, quindi può essere semplicemente riposto nel cassettone della cucina.
Per gli amanti dei pic-nic
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Infine, Nic di Brabantia è il contenitore per il pane che trasforma ogni pranzo in un pic-nic: forma a cestino, design contemporaneo ed elegante e coperchio rivestito di bambù che lo trasforma in un comodo vassoio o tagliere fanno di questo oggetto il regalo perfetto per chi ama il divertimento di un pranzo all’aperto tanto quanto il comfort della casa.
www.brabantia.com
Il regalo classico che stupisce: il profumo per ambiente Locherber
Il diffusore di profumo per la casa è un classico del regali di Natale, che però riesce a stupire quando è scelto con attenzione e amore. Quelli firmati Locherber Milano sono un mix perfetto di profumo e design, che riusciranno senza dubbio a lasciare a bocca aperta anche gli amici più esigenti.
Per chi ama la montagna
Inuit, una fragranza fresca e verde che rende omaggio al popolo eschimese con le sue note frizzanti e pulite di agrumi, galbano, tè verde, ribes e legni. La fragranza è effervescente e pura come l’aria di montagna: regalatela a chi ama trekking e arrampicate.
Per una donna sofisticata
Rhubarbe Royale è raffinata e audace: la fragranza unisex è costruita attorno alle note di rabarbaro cinese, abbinato a fiori e bacche. Donatelo a un’amica particolarmente raffinata.
Per gli innamorati che vivono insieme
Per gli amici che convivono c’è invece Banksia, la la nuova fragranza ispirata all’omonimo fiore selvatico australiano. Aromatica, legnosa e speziata, si apre con note balsamiche di eucalipto australiano e agrumate di pompelmo, per poi evolversi in sfumature più fiorite di Monoi, Frangipane e Boronia. Il finale è intenso e avvolgente con sentori legnosi di sandalo australiano e legno di cedro e speziati di vetiver e nettare di Banksia.
Per una donna dall’eleganza senza tempo
Madeleine Rose abbina le note delicate e intense della rosa di Damasco alla succosità dei frutti di arancia, limone, fragola, fico: sceglietela per una donna dall’eleganza senza tempo.
Per i viaggiatori made in Italy
Per chi ama il viaggio e il design, soprattutto se lo scenario di entrambi è l’Italia, abbiamo due proposte firmate Locherber.
La prima è Venetiæ, un raffinato profumo dalle note marine e mediterranee il cui tappo è realizzato con le Bricciole, ovvero i pali che delimitano i canali veneziani. La seconda è Capri Blue, il profumo che omaggia la bellissima Capri con una nuova etichetta in tessuto ispirata alle maioliche capresi e con un profumo fresco e impalpabile di piante e fiori mediterranei.
Per chi ama la moda e l’arte
Infine, per le fashioniste e le amanti dell’arte, Locherber ha realizzato un nuovo e originalissimo diffusore:
Mannequin. Ispirato un po’ ai manichini utilizzati in sartoria, un po’ alle muse dipinte da De Chirico, il diffusore Mannequin ha un fascino misterioso, elegante e nobile. Caratteristiche che ritroviamo anche nell’omonimo profumo, sofisticato come un abito d’alta moda, a base di note agrumate, speziate, ambrate.
locherbermilano.com
Federica Miri
Regali da fare o da farsi La wishlist per chi ama la casa Per gli amanti della casa, della cucina e dell’home design, ecco tantissime idee regalo con cui stupire (o stupirsi) a Natale…
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uomoallacoque · 6 years ago
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Laura Coden, una ragazza semplice e bellissima, seconda classificata a Miss Italia 2017, ci parla di lei, dei suoi sogni e di come sia cambiata la sua vita ad un anno di distanza dalla ribalta televisiva:
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Quando hai iniziato la tua carriera di modella? E cosa ti ha spinto ad intraprendere questa carriera?
La mia carriera è cominciata un po’ a caso, mi sono iscritta al programma di Miss Italia senza obbiettivi ben precisi, solamente per mettermi in gioco e “credere in qualcosa “ come dice sempre mia mamma .
Ho acquisito più sicurezza e da lì , grazie al programma , mi si è aperto un mondo dapprima sconosciuto.
Cosa significa per te essere una modella?
Nulla, non sono una modella da passerella ne una fotomodella , mi diverto e quindi lo faccio volentieri come hobby.
Se più avanti potrà diventare un lavoro vero e proprio, ben venga! Per ora ho molto a cuore l’università che sto frequentando di scienze motorie ad Urbino.
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Qual’è il tuo look di tutti i giorni?
Sportiva, casual , adoro abbinare i vestiti .
Come giudichi la tua esperienza a Miss Italia? Ti vedi in un futuro in televisione?
La consiglierei a tutte quelle ragazze che non hanno ancora una piena fiducia di sé, che non riescono ad accettarmi così come sono..
È un esperienza unica che regala tantissime emozioni. Può solo dare , dare fiducia , dare più sicurezza, autostima e ti fa crescere. Assolutamente, mi piacerebbe si, non lo nego, Sono abbastanza attratta dal mondo dello spettacolo !
Qual è il tuo rapporto con i social network? Ritieni che siano il più efficace e moderno metodo di comunicazione attualmente?
Non sono un ‘amante dei social, difatti non li utilizzo molto . Preferisco vivermi le giornate a pieni occhi e a pieni polmoni come si dice.
Mi rendo conto però che sono importantissimi al giorno d’oggi per quanto riguarda la comunicazione e il marketing , tanto che sono diventati una vera e propria fonte di guadagno.
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Cosa ne pensi invece del mondo travel e del mondo food?
Adoro viaggiare!
Visitare luoghi da me sconosciuti, musei, panorami, monumenti, città , isole ..  insomma di tutto! Adoro l’arte in generale e il mondo è arte!
Adoro anche mangiare, eccome! Sono una golosona , mi piace assaggiare tutto!
Non sono ingorda ma amo assaporare ogni singolo gusto degli alimenti .
E pensare che da piccola non mangiavo niente se non dolci e pasta !
Ora impazzisco per il cibo .
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Storie di food si occupa principalmente di cibo, mi piacerebbe conoscere i tuoi gusti.
Piatto preferito?
Mmm ce ne sono un infinità!
Mai togliere la pizza , per esempio! Ultimamente adoro il pesce (sushi, salmone affumicato) , da leccarsi i baffi!
Un piatto in particolare che adoro è la semplicissima tagliata (scottona bavarese maggiormente) con rucola e grana .
Ristorante preferito?
Ne ho un bel po’ , ma i miei preferiti sono sicuramente loro:
Locanda al Cacciatore a Seren del Grappa (un posto magnifico vicino a dove abito io)
E il Ristorante da Gerry a Monfumo (verso Treviso )
Cucini? Se si qual è il tuo piatto forte?
Il tuo comfort food, il cibo di cui non puoi fare a meno?
Cucino poco, ma adoro cucinare dolci!
Quindi via libera a cheesecake ai frutti di bosco, crostata al limone e tiramisù !
Come riesci a coniugare la tua immagine e la forma fisica con la buona cucina?
Amo praticare sport, di tutti i tipi .. meglio se di squadra ma in generale lo adoro.
Per ora , oltre che fare sport all’università , faccio palestra e mi aiuta tantissimo a sfogarmi.
Penso che ognuno debba sentirsi sereno con se stesso e trovo che avere uno stile di vita sano sia fondamentale per trovare pace dentro e fuori di sé.
Non seguo diete o altro, semplicemente cerco di mangiare il giusto e sano, poi si sa , ogni tanto il dolcetto ci vuole!
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Come ti vedi tra 5 anni?
Questa è una domanda difficile perché non ne ho la più pallida idea , mi sto concentrando molto sul presente e sul costruirmi il mio futuro giorno dopo giorno..senza pensare molto a ciò che sarà ma a ciò che è e cosa ora mi rende veramente felice , appunto, giorno dopo giorno.
Progetti per il futuro? Hai qualche sogno nel cassetto non ancora realizzato?
Progetti ne ho , e tanti anche.. speriamo di riuscire a realizzarli tutti!
Mi piacerebbe aprire una palestra e diventare una personal trainer certificata
Mi piacerebbe fare un corso di recitazione e dizione per poi fare L Accademia di cinematografia
Uno dei miei sogni sarebbe diventare attrice
Speriamo bene !
Intervista a Laura Coden…una vera Miss Laura Coden, una ragazza semplice e bellissima, seconda classificata a Miss Italia 2017, ci parla di lei, dei suoi sogni e di come sia cambiata la sua vita ad un anno di distanza dalla ribalta televisiva:
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brukos61 · 7 years ago
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  Organizzo questo viaggio con circa 6 mesi di anticipo: cerco i voli, cerco la casa, risolvo mille problemi ma finalmente arriva il momento di partire .
Fortunatamente sono carico a palla perché il viaggio è particolarmente impegnativo: sveglia alle 5:00, parecchio tempo a milano, uno stop a Londra e arrivo a New York dopo praticamente 20 ore. La stanchezza si fa sentire anche perché in volo, come sempre, non ho chiuso occhio, nonostante il posto corridoio sia buono e la British Airways un’ottima compagnia.  Ma il peggio arriva ora perché tra Aeroporto e casa ci metto praticamente tre ore tra controlli doganali, treni sbagliati, mancanza di contante per il biglietto della metro, ecc… arrivo a casa a mezzanotte non trovo subito l’appartamento, fa freddo, è buio, sono distrutto…. e inizio ad essere disperato (una punta di drammaticità ci sta sempre bene!)
Il mattino dopo ha tutto un altro sapore anche se la stanchezza mi fa sentire  a pezzi. Comunque la casetta è veramente molto carina, ben attrezzata e confortevole.  Con Airbnb ho affittato un monolocale a Jersey City, a 15 minuti da Lower Manhattan e la scelta è stata molto azzeccata. Faccio un giro nei dintorni e scopro di avere negozi, supermercato e un Donkin’ Donuts, immancabile ad ogni angolo di New York con le sue ciambelle di tutti i tipi e il suo (orrendo) caffè all’americana.
  GIORNO 1
Il clima è freddino ma soleggiato.
Mi sposto verso Manhattan con la path e il primo impatto è sconvolgente: l’interno della stazione WTC è enorme, bianco immacolato, pavimenti in marmo, con la luce del sole che entra dalle feritoie sul soffitto, insomma dentro è spettacolare ma mi commuovo ( mai successo prima) quando esco dall’ Oculus di Calatrava e mi trovo davanti Ground Zero.
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  La bellezza è inspiegabile, di una forza estrema, l’essenza dell’assenza, monumento molto d’impatto e il silenzio, nonostante la gente, è irreale: solo il rumore dell’acqua che scende nelle due enormi vasche quadrate di marmo nero con i nomi delle vittime delle Torri Gemelle incise lungo tutto il perimetro.
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Faccio un giro lì intorno e mi dirigo verso Wall Street, fare una foto col toro e con la bambina che lo fronteggia è impensabile, i turisti invadono ogni centimetro lì intorno però girare, anche a vuoto, occhi sempre in alto, è fantastico.
Un bel giro di Lower Manhattan e verso le 17:00 mi dirigo con la Subway verso il Guggenheim Museum che costeggia Central Park. Quello che mi stupisce è la cura per piante e fiori, aiuole e bordure, che ovunque dipingono macchie di colore inaspettate.
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La coda è notevole dato che dalle 17:45 si entra ad offerta libera (contro i $25 del biglietto). La struttura è fantastica, la mostra in esposizione non mi entusiasma ma scopro le opere di Brancusi e me ne innamoro.
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Comunque vale la pena una visita se non altro per la struttura a spirale unica al mondo sovrastata da un lucernaio che illumina di luce naturale tutto il complesso.
All’uscita, ad un isolato di distanza, entro al Cooper Hewitt, museo del design inserito in una struttura storica, meno conosciuto ma secondo me fantastico. Qui si fonde l’arte antica con la tecnologia più avanzata e la visita è interattiva al 100%: voto 10 +
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GIORNO 2
Oggi la giornata è veramente estiva, il cielo è limpido e terso la temperatura ideale per raggiungere Williamsburg, nel distretto di Brooklyn, e godersi una passeggiata lungo le sponde del fiume Hudson con lo sfondo di Manhattan.
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Le case sono di mattoni a vista con le scale antincendio colorate e i murales ricoprono molte delle facciate, si respira un’aria giovane e piena di vita e salta all’occhio che il quartiere è stato bonificato in tempi recenti e reso residenziale, tanti localini, case meravigliose, spazio all’aperto, parchi, panchine ovunque…. insomma c’è tutto l’occorrente per godersi tutte le attività all’aria aperta degne della bella stagione. Non bisogna aver fretta in casi come questo ma rilassarsi e apprezzare l’attimo. Mi compro un sushi take away e me lo mangio con una vista che farebbe invidia a chiunque.
LA FELICITÀ È ANCHE QUESTO.
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Torno a Manhattan, un giro a Union Square con tutta la strana vita che la popola, riposino veloce e poi, alla sera, Times Square, vista mille volte in centinaia di film, iconica e sorprendente. Se ti lasci trascinare dalle sue mille luci, dai grattacieli ricoperti di led luminosi, dalle insegne alte 10metri, dai negozi aperti h24, dagli strani personaggi seminudi che ballano per i turisti, dalla folla e dalla musica, ti toglie il fiato e, se la prendi per giusto verso, ti fa tornare bambino come pinocchio nel paese dei balocchi: non devi resistere a Times Square, è questo il segreto.
Risultato: stanco ma soddisfatto, bisognerebbe avere ancora forze ma sono umano e ho anche una certa età, direi che la via di casa mi attende.
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GIORNO 3
Parto di buon ora alla ricerca dell’ultimo murales di Banksy, in zona Bowery, di denuncia contro l’arresto della giornalista turca Zehra Dogan. Quando al fondo della via ti si para davanti è un colpo d’occhio notevole e di grande impatto: Banksy riesce sempre a lasciare il segno.
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Siamo a  Nolita, il quartiere è un meltin pot tra antico e moderno, pochi grattacieli e tante scale antincendio addossate alle palazzine di mattoni a vista, iconiche e caratterizzanti. Enormi camion dei pompieri che escono dalla caserma e gli immancabili taxi gialli completano il quadro.
Mi dirigo verso sud, verso Chinatown, che non riserva sorprese con le sue strade strette, i negozi e le bancarelle stracolmi di pesce essiccato, strane verdure, souvenirs made in China;
gli ideogrammi scritti ovunque non aiutano certo a capire meglio e mi lascio trasportare, mi perdo ad ogni angolo, seguo le grida e gli odori e mi ritrovo ad entrare in un ristorante la cui cuoca in vetrina mi attira parecchio, con le sue pentole di brodo fumanti da cui estrae non meglio precisate pietanze. Ma il miglior biglietto da  visita sono i parecchi clienti cinesi ed attempati, sempre una sicurezza quando la gente del posto mangia in un locale.
È comunque sempre una bella esperienza tuffarsi in un mondo diverso… una zuppa, un tè verde e un piatto di ravioli mi rifocillano e mi preparano per la seconda parte della giornata e gli odori e i rumori si fondono in un unico quadro iperrealista.
Un salto a Central Station non può mancare, un crogiuolo di gente che parte, che arriva e che curiosa. E’ un meraviglioso dedalo di marmi lucenti, ottoni tirati a lucido e soffitti affrescati con le costellazioni dello zodiaco. Sui diversi piani che la compongono trovano spazio un enorme Apple Store, tanti negozi e una variegata Food Court pronta a soddisfare i palati di tutti colori che si trovano a passare da qua, oltre naturalmente alla metropolitana e ovviamente ai treni che da qua partono per ogni destinazione.
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Ci si potrebbe passare un’intera giornata ma voglio andare a prendere la tramway per raggiungere Roosvelt Island che con i suoi ciliegi in fiori in fiore sembra un angolo di paradiso sospeso tra Manhattan e il Queens.
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La traversata con la funivia dura pochi minuti ma è imperdibile anche perché fiancheggia il Queensboro Bridge, imponente e bianco che collega Manhattan al Queens.
Da Roosvelt Island arrivo a LIC acronimo di Long Island City, quartiere del Queens, per visitare il Moma PS1, un esempio virtuoso di come la ristrutturazione conservativa di una scuola pubblica abbia dato vita ad uno dei più importanti musei di arte contemporanea di New York. Diverso da ogni altro il museo ospita diverse mostre permanenti e temporanee ma il pezzo forte è il museo stesso, con i suoi muri scrostati, le sue scale di ferro, le scritte risalenti al suo passato scolastico.
Una passeggiata per scoprire la zona e poi si ritorna verso Manhattan, sta calando la sera ed è il momento sicuramente più affascinate, quello spazio temporale tra il giorno e la notte che rende tutto un po’ misterioso.
GIORNO 4 
Mattinata dedicata alla visita dell’ Observatory World Trade, a tutt’oggi il più alto grattacielo di New York, costruito a Ground Zero.
La salita in ascensore è spettacolare, tecnologica, velocissima e nei 48 secondi che ti portano al 102° piano scorrono le immagini, sulle pareti interne che sono display al plasma, della nascita della città dalle paludi ai grattacieli. Della vista da lassù penso che bastino le immagini
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  Trovo che sia estremamente costoso (circa 40$) ma bisogna farlo, scegliere il grattacielo che più ispira e salire. Ogni osservatorio ha le proprie peculiarità, ma sappiate che da qua non si vede Central Park, essendo a Lower Manhattan, e non si esce all’aperto. La vista è comunque spettacolare e a 360 gradi.
Mi sposto verso il Madison Square Park per godermi la vista del Flatiron Building, la zona è veramente gradevole, bei giardini e spazi con tavolini e sedie per godersi un meritato riposo e il bel panorama.
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Questi spazi sono frequenti a N.Y. , dotati di wi-fi, accessibili a tutti e colorati, questa la dice lunga sull’attenzione che viene riservata alle persone e non solo turisti. Ma la mia curiosità è attratta dalla High Line, un percorso pedonale lungo circa 2 km e mezzo, costruito sulla vecchia ferrovia sopraelevata, di conseguenza rialzato rispetto alla strada, che corre lungo il lato occidentale di Manhattan. Tanto verde, opere d’arte, scorci panoramici, aree pic-nic insomma un posto favoloso per una passeggiata in un giorno di sole.
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Ci sta ancora un salto al Chelsea Market, che trovo gradevole ma un po’ turistico e decisamente caro. Riposino e giro serale al Rockfeller Center, Radio City Hall e dintorni.
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  GIORNO  5
Il tempo è decisamente autunnale, piove e c’è nebbia ma non voglio cambiare i miei piani per 4 gocce d’acqua. Il progetto è di attraversare a piedi il Brooklyn Bridge e spostarmi in quella zona anche perche oggi pomeriggio ho prenotato la mostra DAVID BOWIE IS al Brooklyn Museum… e così sia.
Certo il sole rende tutto più piacevole ma anche questo tempo è affascinante e vedere i grattacieli “con la testa tra le nuvole” è comunque una bella esperienza.
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  Attraversato il ponte mi dirigo verso Dumbo (Down Under the Manhattan Bridge Overpass) da cui si gode una bella vista sia del Brooklyn Bridge che del Williamsburg Bridge. Anche questo quartiere sta vivendo una seconda giovinezza e si respire nell’aria.
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Per pranzo mi salvano quasi sempre i Deli che sono sparsi ovunque, negozi a metà tra il supermercato e la gastronomia, che vendono, oltre al resto, cibo pronto a peso e ti danno la possibilità di consumarlo sul posto: una vera isola felice in una città che non è propriamente economica.
Il museo di Broolyn è leggermente decentrato, bella struttura ed esposizioni interessanti, ma sono qua per la mostra sulla carriera di David Bowie che mi  assorbe gran parte del pomeriggio: bellissima  anche perchè vista in una cornice unica.
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GIORNO 6
Finalmente una bella giornata di sole, diciamo che definire variabile questo tempo di aprile è un eufemismo! Ma non mi lamento perchè N.Y. è comunque meravigliosa, con ogni temperatura e ogni clima.
Inizio spostandomi verso il Greenwich Village, cuore pulsante della comunità LGBT, dove ancora resitono i luoghi culto di tante battaglie a favore dell’uguaglianza e dei diritti civili.
Passo da Sylvia Rivera street e mi fermo davanti al mitico Stonewall, due pietre miliari per la militanza omosessuale. Il Village è bellissimo con le sue case basse in mattoni a vista, i bei parchi di quartiere, il teatro locale e i localini di ogni tipo. Si avverte un’aria rilassata e molto piacevole.
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  La bellissima giornata invoglia a passeggiare e così mi spingo fino a Washington Square, godendomi una N.Y. fiorita, colorata e profumata. Un dosa, crespella indiana vegana, comprata da un venditore per strada e un prato verde sono il mio ristorante a pranzo. Come me centinaia di persone che si godono il sole sui prati di questa splendida piazza. La cosa fantastica di ogni parco è che sei immerso nel verde e circondato dai grattacieli che fanno da sfondo: un’esperienza unica.
Dopo un meritato riposino si sposto con la subway a Battery Park, punta estrema a sud di Manhattan, per prendere il ferry boat e arrivare a Staten Island. Forse data l’ora, il tempo bello o il fatto che la traversata è gratuita, mi trovo in mezzo ad un muro di gente, moltissimi turisti e tanti locali, ma i traghetti sono molto grandi e c’è posto per tutti. Il tragitto dura meno di mezz’ora e se si riesce a conquistare un posto a poppa o a prua è molto piacevole e la vista di Manhattan è strepitosa. Le foto e i video si sprecano!
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Al ritorno mi fermo a mangiare un pretzel dolce di Auntie Anne’s, fatti al momento sotto i tuoi occhi, zucchero e cannella, mi fanno toccare il paradiso con un dito (bè mi basta poco per essere felice!).
Come una trottola impazzita torno a nord, ad Upper west side, verso Columbus circle  e il Lincoln Centre. Zona modernissima di grattacieli ed enorme centro culturale che comprende il teatro dell’opera, la biblioteca, piazze spaziose, fontane ed altri edifici che ospitano mostre.
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Ancora un salto al MAD  (Museum of Art and design) in Columbus Circle ma la stanchezza della giornata inizia a fasi sentire.
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GORNO 7
Il tempo è di nuovo autunnale ed è quello più adatto per i musei ma la città mi inghiotte e mi lascio trascinare per le sue vie senza meta, che è poi il modo migliore, e quello che preferisco, per godersi appieno le mille sfumature che solo le grandi metropoli sanno offrirti. Quinta, Ottava, Madison avenue come non farsi affascinare dalle vetrine, dalla folla, dal traffico, dai colori? Cammino senza meta come in un sogno: passo davanti a Tiffany’s , a Macy’s, a Bloomingdale e poi Michael Kors, Bulgari, Dolce e Gabbana… ogni tanto un po’ di luccichio ci vuole, anche solo per riempirsi gli occhi.
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Il tempo passa veloce ed è ora di avvicinarsi al Moma, ma complice la pioggia e l’ingresso gratuito il venerdì pomeriggio, mi trovo in mezzo ad una folla enorme, una folla che neanche il primo giorno dei saldi  di Zara…
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in questi casi o ci si arrende o ci si lascia trascinare con pazienza, senza innervosirsi e così dopo il primo impatto, mi godo comunque un bel giro all’interno del museo che mi fa scoprire, come sempre accade, artisti che non conoscevo e che mi appassionano.
inaspettatamente passo un paio di ore veramente piacevoli certo, con meno gente sarebbe stato meglio, ma quando si viaggia bisogna anche sapersi adeguare alle circostanze che si presentano e cavalcare l’onda.
Quando esco è già buio ma non posso rinunciare alla visita al Whitney Museum che si rivela essere la cosa migliore della giornata.
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L’ingresso al venerdì dalle 16 alle 22 è “Pay what you want” cioè ad offerta libera. All’interno, oltre alle meravigliose esposizioni di artisti contemporanei, performance di balletto, musica e non da meno, ad ogni piano, terrazze panoramiche che fanno godere la vista di N.Y., nel mio caso di notte, illuminata… che spettacolo meraviglioso, peccato solo per il vento gelido!
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GIORNO 8
Ultimo giorno utile per la (ri)scoperta della metropoli “che non dorme mai”. Posti ne mancano molti ma non sono ancora riuscito ad andare ad Harlem e allora devo obbligatoriamente ovviare alla mancanza! Oggi, nonostante le previsioni diano pioggia, splende un sole estivo meraviglioso.
Nonostante gli sforzi, dato che il percorso è lastricato di angoli che mi chiamano,  arrivo ad Harlem verso le due di pomeriggio con una notevole fame, certo di trovare subito il ristorante da Sylvia, specializzato in cucina del sud. Naturalmente la fermata della metro non è quella che pensavo e i piani vanno presto in fumo, ma giro l’angolo e mi imbatto in una pescheria/friggitoria di quartiere e vi assicuro che per soli 6$ mangio i più buoni gamberi con patatine fritte della mia vita: come detto prima, bisogna lasciarsi trasportare!
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Harlem, nonostante il caldo e la stanchezza, non mi permettano di completare il giro proposto dalla Lonely Planet, è sicuramente un quartiere vivo, rumoroso, affascinante e sicuramente economico rispetto a Manhattan. E’ sabato pomeriggio, la gente affolla il quartiere, ad ogni angolo banchetti di gelato e bancarelle di cd contraffatti, tshirt, incensi.
Mi spingo fino al teatro Apollo, tempio della black music da cui sono passati tutti i più grandi del jazz e del blues, da Etta James a Prince, da Louis Armstrong a Billie Holiday.
Affermare che l’aria che si respira è magica sarebbe banale ma è così,  e Harlem è la conclusione migliore di questa mia terza volta (e sicuramente non ultima) a New York. Ogni quartiere vive di vita propria, ognuno con le proprie caratteristiche e particolarità, i vari ponti uniscono e completano, come  fili colorati, una tela incredibile e non riproducibile. Capisco l’amore che in tanti provano per questa città e lo condivido, ora, finalmente, mi sento di poterlo affermare, domani si parte ma questo è solo un arrivederci.
GIORNO 9
La partenza: faccio la valigia, mi resta un po’ di tempo per fare un giro nel quartiere, a Jersey City, che mi ha ospitato in questi giorni. Non mi dilungo, ho già scritto troppo… solo bye bye N.Y. see you next time!
NEW YORK: Oops!.. I did it again Organizzo questo viaggio con circa 6 mesi di anticipo: cerco i voli, cerco la casa, risolvo mille problemi ma finalmente arriva il momento di partire .
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jucks72 · 7 years ago
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Intervista allo chef 3 stelle Michelin Massimiliano Alajmo de “Le Calandre”
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Intervista allo chef 3 stelle Michelin Massimiliano Alajmo de “Le Calandre”
Nato in una famiglia di ristoratori, Massimiliano Alajmo, fin dall’infanzia respira e vive l’atmosfera della cucina de Le Calandre – Rubano (PD) – dove vede all’opera sua mamma Rita Chimetto, una delle prime donne a ricevere la stella Michelin. È nel 1994 che avviene il passaggio di testimone nella gestione del ristorante: Massimiliano diventa responsabile delle cucine, mentre il fratello Raffaele, ricco di un’esperienza tra le migliori cantine italiane e francesi, assume la direzione del ristorante. I due fratelli intraprendono così una scalata al successo che li porterà a conquistare nel 1996 la seconda stella, ma è nel 2002, a soli 28 anni, che Massimiliano entra nella storia diventando lo Chef più giovane ad essere insignito delle tre Stelle Michelin. Oggi Le Calandre sono una fucina di creatività e di buon gusto, i due fratelli, infatti, hanno avviato un gruppo diretto da Raffaele che conta diversi locali prestigiosi di cui Massimiliano supervisiona e gestisce le cucine.
Massimiliano Alajmo crediti foto: Sophie Delauw
È stato lo Chef più giovane a raggiungere le tre Stelle Michelin, un grande traguardo, ma anche una responsabilità importante. Come ha vissuto la cosa? È stato un grande onore per tutti noi e lo è tutt’ora. Un risultato importante frutto del lavoro di tutta la famiglia e dei nostri splendidi collaboratori. Ricordo ancora il giorno successivo, avrei voluto cambiare ogni cosa, ogni dettaglio della nostra cucina. In sintesi l’abbiamo vissuta come uno stimolo per migliorare.
Lei è figlio d’arte, oltre a sua mamma, una delle prime donne a ricevere la stella Michelin, quali sono le personalità che hanno maggiormente influito sulla sua carriera di Chef? Devo dire che ho avuto molti grandi maestri da Alfredo Chiocchetti a Marc Veyrat a Michel Guérard, a mio zio Giovanni Chimetto. Sempre affascinato dallo studio degli stili e dalle differenti espressioni, ho studiato i grandi maestri delle cucine italiane e non solo. I miei nonni, i miei genitori e mio fratello Raffaele sono stati e sono sicuramente un traino e un esempio quotidiano.
Chef, ma anche panificatore e pasticciere, qual è il piatto che meglio rappresenta la sua idea di cucina e cosa desidera trasmettere a coloro che assaggiano i suoi piatti? Forse Zafferano e liquirizia che è il nostro concetto di luce e di profondità. La lettura simbolica delle parti contrapposte, radice e pistillo, oscurità e luce necessarie al processo di elevazione, di ricerca del bello e del sacro.
Ha brevettato la pjzza al vapore e dato alle sue ricette nomi simpatici quali Maxcalzone e Maxcalzino. Cosa l’ha spinta ad interessarsi alla pizza? Quali sono le caratteristiche di questo piatto e cosa lo distingue dalla pizza tradizionale? La pizza l’abbiamo sempre intesa come una delle preparazioni della grande cucina italiana. Per fare un parallelismo con altri paesi la vediamo come il sushi, il sashimi, il tofu, gli yaki, la tempura o altre discipline della cucina Giapponese che si possono ritrovare sia in espressioni singole in ristoranti specifici che in una sequenza armoniosa e misurata della grande cucina Kaiseki.
In tal senso intendiamo la pizza e per tale ragione abbiamo lavorato su quelli che per noi sono dei parametri importanti: l’espressione dei singoli sapori, il controllo delle fermentazioni e delle lievitazioni e non ultimo il rispetto delle varie cotture di tutti gli elementi che la compongono senza scendere a compromessi. Questo studio si innesta perfettamente nella ricerca di quella che definiamo Fluidità ovvero di una cucina che ascolta la materia e cerca di seguire il suo flusso. L’acqua con la sua forza rigenerante diviene ingrediente di rivoluzione lasciando un esito di leggerezza e purezza che amplica ogni elemento aggiunto in superficie sia nella versione al vapore che al forno, che alla griglia che croccante in padella.
Il Maxcalzone è una delle recenti interpretazioni di pasta pizza in patent-pending presentata a Identità Golose e si differenzia da un calzone classico per particolare croccantezza, leggerezza e rispetto di tutti gli ingredienti che lo compongono nelle relative necessità di cottura. Il Maxcalzino è la versione mignon.
Massimiliano e Raf Alajmo crediti foto: Diego Magro
La Centopezze è un’ulteriore interpretazione presentata al congresso (in patent-pending) che presenta una stratificazione di uno o più impasti differenti. Gli impasti possono essere di gusti e colori differenti e conferiscono di conseguenza sapore al condimento. Il formato è a filoncino e offre consistenze differenti in cui il croccante si alterna nei vari strati alla morbidezza. Sia il Maxcalzone che la Centopezze sono in carta attualmente da AMO a Venezia e abc Montecchia a Padova.
Ha aperto 9 locali nel Veneto, situati in un’area territoriale abbastanza ristretta tra Padova e Venezia, ma il Caffè Stern si trova a Parigi. Cosa l’ha spinta ad aprire un locale in questa città e quali sono le sue particolarità? La scelta è il frutto di una serie di fortunati eventi, in un certo senso. Tutto ruota intorno all’irripetibile opportunità che ci si è presentata: Gianni Frasi, torrefattore nel Laboratorio Torrefazione Giamaica Caffè di Verona, nonché nostro caro amico. Conoscendo le nostre intenzioni di aprire un locale all’estero, durante una delle nostre conversazioni, ci aveva suggerito un luogo che aveva visto nel cuore di Parigi. Durante un viaggio nella capitale francese, abbiamo visto il Graveur Stern: una folgorazione. Un locale storico nel cuore della città, che ha ospitato per quasi duecento anni un atelier d’incisione, ormai chiuso al pubblico da tempo. Oggi è diventato il Caffè Stern, un posto magico, ricco come pochi di storia e di arte decorativa manuale. Non abbiamo potuto, saputo e voluto dire di no!
La saletta del Ristorante Le Calandre crediti foto: Sergio Coimbra
Ad ogni cambio stagione lei dipinge a mano ogni singolo menù. Che ruolo riveste l’arte nella sua attività professionale? Adesso non esageriamo, diciamo che ci piace il colore…. Amo tutte le forme espressive e cerco sempre il bello perché mi da gioia e speranza.
La sua è una personalità ricca d’interessi, sempre in movimento; con suo fratello ha già pubblicato due libri, c’è qualche progetto editoriale al quale sta lavorando? In questo momento tanti progetti sul tavolo, nulla di editoriale per ora, ma non si sa mai. Il nostro gruppo di lavoro è altamente creativo e le varianti in corso d’opera sono frequenti.
Se non avesse fatto lo Chef verso quale altra attività avrebbe diretto i suoi interessi? Il cliente.
Una cosa che vorrebbe fare e che non ha ancora avuto modo di fare? Mangiare al Asador Extebarri.
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pangeanews · 5 years ago
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Altro che raccontare l’uomo medio: Checco Zalone in “Tolo Tolo” incarna il crollo delle ideologie più di una statua abbattuta di Lenin, più di una pietra del muro di Berlino
Quando per il lancio di un film si mette in campo un tale spiegamento di forze, con più di mille sale e decine di spettacoli al giorno, il primo alla mezzanotte del 31 dicembre – che a qualcuno ha risolto pure il capodanno, e se non è genio questo –, è impensabile non si dica che è sopravvalutato. Chi arriva a una tale popolarità è oltre il valore tecnico e artistico di qualsiasi singola opera: è nella dimensione dell’amore del pubblico, perché è riuscito a cogliere lo spirito del proprio tempo. Altrettanto inevitabile è che molti auspichino il flop: il successo, a certi livelli, è imperdonabile. Ma si rassegnino i detrattori: ancora una volta, forse in modo diverso dai precedenti, il film è riuscito.
Chi andrà a vederlo per capire una volta per tutte se Zalone sia di destra o di sinistra, razzista o radical chic, resterà deluso. Altrettanto lo sarà chi vorrebbe solo ridere. Perché Zalone, sotto la maschera della comicità, pur ben riuscita e a tratti esilarante, incarna il crollo delle ideologie più di una statua abbattuta di Lenin, più di una pietra del muro di Berlino.
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Che Zalone, degno erede di Sordi, Villaggio e Verdone, rappresenti l’italiano medio, con le sue furberie, meschinità e nevrosi, ma anche con l’arte di arrangiarsi e gli improvvisi slanci di umanità, si è detto molte volte. A mio parere in Tolo Tolo va oltre. Arriva a rappresentare lo smarrimento dell’uomo contemporaneo di fronte a una politica che delude da entrambe le parti. A una tecnologia sempre più utilizzata ma sempre meno comprensibile. A un bombardamento di informazioni che dovrebbe farci capire chi sono i buoni e i cattivi persino in Libia e in Siria, quando non abbiamo chiaro nemmeno chi avesse ragione all’ultima riunione di condominio.
Il protagonista di Tolo Tolo, dopo il tentativo fallimentare di aprire un ristorante di sushi in Puglia – cosa che di per sé farebbe già inorridire ogni vero sovranista, e forse rappresenta proprio il sogno fallito di una globalizzazione a misura umana – in fuga dal fisco e dai creditori, prima si rifugia in un resort in Kenya, poi si trova in mezzo alla guerriglia e finisce per imbarcarsi su una nave di migranti per tornare in Italia. Nel mentre, naturalmente, si innamora.
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Prima dell’uscita del film, Zalone ha giocato con la stupidità: quella di sinistra che gli dà del razzista per un promo palesemente ironico, quella di destra che, addirittura, tenta di arruolarlo nella Lega. Nel film, invece, gioca con l’intelligenza. La sua tecnica umoristica meglio riuscita è sempre il ribaltamento del luogo comune e del punto di vista, di cui è maestro. Un esempio per tutti, la mancanza di diritti per donne e invalidi in Africa, che all’imprenditore italiano vessato dalle troppe leggi appare per un attimo come un paradiso. Ma non solo l’Italia è messa sotto la lente del sarcasmo: anche l’Africa, con la sua arretratezza, ignoranza e superstizione. Zalone non cede al mito del buon selvaggio, che nel film non possiede alcuna superiore saggezza, e nemmeno ha alcuna intenzione di pagarci la pensione. E qui emerge più che mai quel politicamente scorretto che è la sua cifra migliore.
Sotto la comicità si avverte un profondo nichilismo nei confronti delle istituzioni: l’Italia è solo burocrazia che uccide i sogni, il cinismo dell’Europa è reso con grande efficacia nella surreale lotteria di spartizione dei migranti. La speranza rimane, ma unicamente nella dimensione privata, mai in quella pubblica. Solo l’amore, per una donna, un uomo, un bambino, può salvare. Ma non è mai un amore universale. È il sentimento del tutto egoista e antidemocratico per una persona, quella persona lì, quella per cui si finisce per attraversare deserti e mari in tempesta su una bagnarola. Lo canta Zalone in Gnocca d’Africa, pur nel suo modo un po’ triviale, che “se ti entra nel cuore una ragazza di colore” sarai disposto a tutto. Ma già nei suoi film precedenti si avvertiva: è l’amore, o almeno l’affetto, a far desistere la Farah di Una bella giornata dal commettere un attentato, ed è sempre l’amore che fa rinunciare Checco al posto fisso in Quo Vado.
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L’uomo di Zalone è sempre in fuga da qualcosa, come lo siamo tutti – anche se i migranti un po’ di più – e la vita è quel che ci accade mentre scappiamo. Scappiamo per sopravvivere, per essere quello “stronzo che resta a galla”, come ben dice nel contestato brano musicale sul naufragio. Checco fugge prima dai debiti e dai parenti avidi, poi dai terroristi e dai libici. Eppure, in tutta la sua epopea, rimane perlopiù concentrato su sé stesso, ingenuo e insieme disinteressato a ciò che lo circonda. E forse è proprio questa inconsapevolezza la sua forza. Continua a cercare le creme all’acido ialuronico anche in mezzo alla guerriglia e teme l’ex moglie più dell’ISIS. Questo aspetto trova la massima espressione in una delle battute più feroci e ben riuscite del film, il momento in cui Checco esclama il suo ringraziamento ad Haftar, il generale libico che con il lancio di una bomba impedisce al suo rivale di provarci con la donna che gli piace. L’amore è salvifico, ma al tempo stesso esclusivo, egoista, incurante del resto. La bontà, la generosità, non sono impossibili, anzi, possono ispirare atti coraggiosi, persino rivoluzionari, ma del tutto privati. Chiunque voglia elevarli a una dimensione superiore, che si tratti dell’intellettuale africano o del fotografo francese, si rivela falso, pronto a tradire.
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Anche la canzone finale, giudicata da alcuni buonista, non lo è affatto. La “cicogna strabica e mignotta” che porta per sbaglio i bambini in Africa invece che in Occidente, richiama di nuovo l’inconsapevolezza, la casualità dell’esistenza. Infatti non può che far inorridire gli integralisti dell’anticolonialismo, quelli per cui bisogna accogliere tutti, ma che, al tempo stesso, trovano irrispettoso affermare che nascere in Africa sia una sfortuna. Si tratta di una spiegazione favolistica, rivolta in un espediente meta-cinematografico ai bambini del cast. Nel tentativo di portare la tragedia al livello di comprensione di un bambino, questo passaggio ricorda un po’ La vita è bella di Benigni: il bimbo vittorioso sul carro armato è ora lo stesso che riceve l’agognato permesso di soggiorno lanciato dalla mongolfiera. Ma solo in un finale surreale, che diventa cartone animato. Ai bambini non si nega il diritto di sognare. Ma il mondo vero, quello crudele degli adulti, Zalone ce l’ha già raccontato prima, in tutto il dramma celato sotto la farsa. 
Viviana Viviani
*editing di Luisa Baron
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uomoallacoque · 6 years ago
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Laura Coden, una ragazza semplice e bellissima, seconda classificata a Miss Italia 2017, ci parla di lei, dei suoi sogni e di come sia cambiata la sua vita ad un anno di distanza dalla ribalta televisiva:
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Quando hai iniziato la tua carriera di modella? E cosa ti ha spinto ad intraprendere questa carriera?
La mia carriera è cominciata un po’ a caso, mi sono iscritta al programma di Miss Italia senza obbiettivi ben precisi, solamente per mettermi in gioco e “credere in qualcosa “ come dice sempre mia mamma .
Ho acquisito più sicurezza e da lì , grazie al programma , mi si è aperto un mondo dapprima sconosciuto.
Cosa significa per te essere una modella?
Nulla, non sono una modella da passerella ne una fotomodella , mi diverto e quindi lo faccio volentieri come hobby.
Se più avanti potrà diventare un lavoro vero e proprio, ben venga! Per ora ho molto a cuore l’università che sto frequentando di scienze motorie ad Urbino.
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Qual’è il tuo look di tutti i giorni?
Sportiva, casual , adoro abbinare i vestiti .
Come giudichi la tua esperienza a Miss Italia? Ti vedi in un futuro in televisione?
La consiglierei a tutte quelle ragazze che non hanno ancora una piena fiducia di sé, che non riescono ad accettarmi così come sono..
È un esperienza unica che regala tantissime emozioni. Può solo dare , dare fiducia , dare più sicurezza, autostima e ti fa crescere. Assolutamente, mi piacerebbe si, non lo nego, Sono abbastanza attratta dal mondo dello spettacolo !
Qual è il tuo rapporto con i social network? Ritieni che siano il più efficace e moderno metodo di comunicazione attualmente?
Non sono un ‘amante dei social, difatti non li utilizzo molto . Preferisco vivermi le giornate a pieni occhi e a pieni polmoni come si dice.
Mi rendo conto però che sono importantissimi al giorno d’oggi per quanto riguarda la comunicazione e il marketing , tanto che sono diventati una vera e propria fonte di guadagno.
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Cosa ne pensi invece del mondo travel e del mondo food?
Adoro viaggiare!
Visitare luoghi da me sconosciuti, musei, panorami, monumenti, città , isole ..  insomma di tutto! Adoro l’arte in generale e il mondo è arte!
Adoro anche mangiare, eccome! Sono una golosona , mi piace assaggiare tutto!
Non sono ingorda ma amo assaporare ogni singolo gusto degli alimenti .
E pensare che da piccola non mangiavo niente se non dolci e pasta !
Ora impazzisco per il cibo .
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Storie di food si occupa principalmente di cibo, mi piacerebbe conoscere i tuoi gusti.
Piatto preferito?
Mmm ce ne sono un infinità!
Mai togliere la pizza , per esempio! Ultimamente adoro il pesce (sushi, salmone affumicato) , da leccarsi i baffi!
Un piatto in particolare che adoro è la semplicissima tagliata (scottona bavarese maggiormente) con rucola e grana .
Ristorante preferito?
Ne ho un bel po’ , ma i miei preferiti sono sicuramente loro:
Locanda al Cacciatore a Seren del Grappa (un posto magnifico vicino a dove abito io)
E il Ristorante da Gerry a Monfumo (verso Treviso )
Cucini? Se si qual è il tuo piatto forte?
Il tuo comfort food, il cibo di cui non puoi fare a meno?
Cucino poco, ma adoro cucinare dolci!
Quindi via libera a cheesecake ai frutti di bosco, crostata al limone e tiramisù !
Come riesci a coniugare la tua immagine e la forma fisica con la buona cucina?
Amo praticare sport, di tutti i tipi .. meglio se di squadra ma in generale lo adoro.
Per ora , oltre che fare sport all’università , faccio palestra e mi aiuta tantissimo a sfogarmi.
Penso che ognuno debba sentirsi sereno con se stesso e trovo che avere uno stile di vita sano sia fondamentale per trovare pace dentro e fuori di sé.
Non seguo diete o altro, semplicemente cerco di mangiare il giusto e sano, poi si sa , ogni tanto il dolcetto ci vuole!
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Come ti vedi tra 5 anni?
Questa è una domanda difficile perché non ne ho la più pallida idea , mi sto concentrando molto sul presente e sul costruirmi il mio futuro giorno dopo giorno..senza pensare molto a ciò che sarà ma a ciò che è e cosa ora mi rende veramente felice , appunto, giorno dopo giorno.
Progetti per il futuro? Hai qualche sogno nel cassetto non ancora realizzato?
Progetti ne ho , e tanti anche.. speriamo di riuscire a realizzarli tutti!
Mi piacerebbe aprire una palestra e diventare una personal trainer certificata
Mi piacerebbe fare un corso di recitazione e dizione per poi fare L Accademia di cinematografia
Uno dei miei sogni sarebbe diventare attrice
Speriamo bene !
Intervista a Laura Coden…una vera Miss Laura Coden, una ragazza semplice e bellissima, seconda classificata a Miss Italia 2017, ci parla di lei, dei suoi sogni e di come sia cambiata la sua vita ad un anno di distanza dalla ribalta televisiva:
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jucks72 · 7 years ago
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Lavezzari, Otto per otto fa un gran risultato
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Lavezzari, Otto per otto fa un gran risultato
Otto è il numero di persone che possono sedersi all’unico tavolo conviviale (se i prenotati sono 10, ci si stringe un po’…) di Otto, il nuovo, gradevolissimo locale aperto nel settembre 2016 da Lorenzo Lavezzari, già sous chef di Haruo Ichikawa all’Iyo quando prese la stella, poi risucchiato dall’agriturismo di famiglia La Carreccia sui colli di Luni, in Liguria (da dove arrivano ottimi prodotti, a iniziare da olio e vino) e infine rimessosi in gioco nella “sua” Novate Milanese, dove è nato.
Lui abita al piano di sopra da 21 anni, «18 gradini di distanza», e ha concepito Otto come fosse la cucina di casa: convivialità totale, ci si accomoda alla stessa ora, menu fisso ma che varia (anche nel prezzo) a seconda delle settimane: c’è, a salire in complessità e spesa, quello “Serate a tema: un viaggio tra province e regioni italiane e molto altro”, dunque la tradizione territoriale italiana rivista; l’altro “Emozioni di Gusto”, ossia Lavezzari a mano libera; infine la proposta “Omakase”, forse la più sfiziosa, in tipico stile giapponese e con la presenza in cucina, insieme allo chef, dello stesso maestro Ichikawa, alle prese con prodotti altrove quasi introvabili, tipo il wasabi fresco «mi arriva direttamente da Parigi, è macerato con le foglie nella soia e nell’olio di sesamo. Niente a che vedere con il classico intruglio in polvere che servono ovunque».
Noi abbiamo assaggiato, ovviamente, l’Omakase: grande esperienza (100 euro vini compresi). Si inizia con Mongoika mentaiko, seppie la cui tasca viene farcita di mentaiko, uova di merluzzo marinate con peperoncino. Molto raffinato, «all’Iyo usavamo il mentaiko, così ho detto ad Haruo: perché non riempirci la seppia, alla ligure? Interagiamo sempre così». Si prosegue con Amaebi usuzukuri, ossia gambero rosso di Mazara del Vallo, daikon coreano dolce, sesamo verde, wasabi fresco e japanese dressing. Quindi Orto Zen, verdure occidentali e orientali cotte, tutte separatamente, in brodo (daikon, bambù, cardoncello giapponese, zucca, fagiolini, carote…). Uno splendido piatto, elegante. Il successivo è un Sushi all’Otto (sgombro con aceto di riso, zuke maguro – ossia tonno marinato 4 ore in mirin, soia e saké – scottato appena 10 secondi, favoloso; gambero di Mazara, ventresca di tonno di Carloforte, branzino di lenza, il tutto con daikon candito giapponese e wasabi fresco). Delizia.
Si prosegue con Kamo-soba: pasta di farina di grano saraceno con anatra alle 7 spezie, cotta a a bassa temperatura e poi sigillata in padella, con cipollotto fresco e brodo delle ossa dell’anatra stessa. Buono, come pure il successivo Hamachi teriyaki. Con “hamachi” si intende il “pesce giovane”. In questo caso si tratta di una ricciola cotta con la classica salsa teriyaki ridotta con del miele, poi puntarelle con acciughe di Monterosso.
Conclusione dolce del percorso o-makase (che significa: “Per favore, decida lei per me”): «Lavoravo da Sadler e volevo imparare anche la pasticceria. Mi consigliò: “Vai da Knam”, e così feci. Lì sono stato per un anno e imparato l’arte del dolce», ben appresa, a giudicare da Il nostro wagashi, cioè cremoso di cioccolato Manjari Valrhona, crumble salato, marmellata di limoni di Sorrento, pistacchi di Bronte e wasabi fresco. Una bontà, senza zucchero aggiunto.
Ci si diverte, ma soprattutto si mangia benissimo, la sala funziona a meraviglia, in tutti i sensi, anche grazie al bravo maître Alan Sanarica. Il posto è accogliente, «ho acquistato una tonnellata e mezzo di marmo di Carrara e ci ho ricavato i piani della cucina e del bagno. Qui prima c’era una pellicceria, non esisteva nemmeno l’allacciamento al gas», così tutti i fornelli sono a induzione. Poi tanto legno: ulivo, faggio e castagno, «che trovo nell’agriturismo di casa», e oggetti recuperati qua e là, in sala «una poltrona che ho preso dai Moratti, li conosco perché mio papà tappezziere ha lavorato a casa loro, ma anche in quella degli Hearst e dei Rothschild».
[[ima12]]Piace la formula, che rischia persino di sfondare: «Vivendo qua sopra, spesso organizzavo tavolate con gli amici. Mi son chiesto: perché non trasformare la cosa in un ristorante informale?». Detto fatto. Otto è anche bottega di cose buone. E sembra aver ingranato la marcia: se mantiene le promesse alla distanza, trovarvi posto finirà col diventare una chicca ambita dai buongustai milanesi. «In definitiva, propongo cucina mediterranea con molto Oriente. Qui ci si trova bene perché noi ci divertiamo, e quindi non c’è stress nel cibo».
Ps: i 2 euro di coperto sono devoluti a Emergency
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