#Johann Hermann von Riedesel
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La letteratura di viaggio e viaggiatori stranieri in Puglia fra Settecento e Ottocento
DUE INGLESI ED UN TEDESCO
di Paolo Vincenti
Gli inglesi e il tedesco del titolo sono tre viaggiatori che nei secoli scorsi hanno raggiunto le nostre contrade. Ora, la letteratura di viaggio è un campo sterminato e anche sui viaggiatori stranieri in Puglia fra Settecento e Ottocento vi è una bibliografia talmente vasta che non appesantirò questo articolo, riportandola.
Mi sia concesso solo fare una brevissima introduzione su quell’importante fenomeno che va sotto il nome di “Grand Tour”, e poi mi intratterrò sui tre personaggi che, dei tanti, mi sembrano fra i più interessanti. Il Grand Tour è un fenomeno culturale tipicamente settecentesco.
Con questa espressione si è soliti definire il viaggio di istruzione e di formazione, ma anche di divertimento e di svago, che le élites europee intraprendono attraverso l’Europa fra Settecento e Ottocento. Protagonisti indiscussi del Grand Tour sono i giovani che hanno appena concluso gli studi, e in generale quegli intellettuali che specie nel Romanticismo erano imbevuti di cultura classica e dunque desideravano venire in Italia, come dire alla fonte di quella enorme ricchezza culturale che dal nostro Paese si era irradiata in tutta Europa.
Per i rampolli dell’aristocrazia francese, inglese, tedesca, pieni di cultura libresca ma poco pratici del mondo e degli uomini, il viaggio in Italia si presentava come un’esperienza irrinunciabile, certo indispensabile al fine di perfezionare la propria educazione. Essi vedevano nell’Italia la culla dell’arte e per esteso della civiltà mediterranea, grazie alla storia gloriosa di Roma, a sua volta tributaria della Grecia. E così si mettono in viaggio non solo i giovani, ma anche diplomatici, filosofi, collezionisti, romanzieri, poeti, artisti. Ciò dà origine ad una sterminata produzione, epistolari, diari, reportages di viaggio, romanzi, poesie, e non solo di carattere letterario ma anche artistico, pensiamo al famoso “Voyage pittoresque ou description du Royaume de Naples et de Sicile”, in cinque volumi, che realizzò l’abate francese Richard de Saint-Non tra il 1778 e il 1787, su incarico degli editori Richard e Labord.
Uno dei primi viaggiatori inglesi ad arrivare in terra salentina è Crauford Tait Ramage,1803-1878. Egli dimorava a Napoli come precettore dei figli del console Henry Lushington e, nel 1828, intraprese il suo viaggio nelle province meridionali, visitando il Salento. Rimane affascinato dalla bellezza di Otranto, poiché egli, come moltissimi inglesi dell’epoca, associava il nome di Otranto al romanzo di Horace Walpole ( il quale però non era mai stato ad Otranto)[1].
Nella sua opera “The nooks ad by-ways of Italy”, presso l’Editore Howell, Liverpool, del 1868[2], egli annota tutto quello che vede, catturato dall’irresistibile fascino dei nostri paesi e paesini, e per questo osserva anche la vita quotidiana, gli usi e le abitudini della nostra gente, anche se non sempre si dimostra preciso ed attento, come sottolinea Carlo Stasi a proposito del suo passaggio nel Capo di Leuca[3].
Il suo libro, dedicato al Generale Carlo Filangeri, è un resoconto di viaggio, sotto forma di lettere scritte ad un parente. Le lettere che riguardano la Puglia vanno dalla XXIII alla XXIX.
Come spiega bene il sottotitolo dell’opera, “Vagando in cerca dei suoi antichi resti e delle moderne superstizioni”, il Ramage, pur essendo spirito illuminista, è attirato dalle stranezze, o per meglio dire è attirato dalla suggestione che queste stranezze sembrano esercitare sul nostro popolo. Egli, che si professa materialista, e in effetti è uno storico serio e puntiglioso, trova grande meraviglia e interesse antropologico nel notare la creduloneria, le supersitizioni, l’ignoranza che allignano fra i salentini. Si ferma di fronte al fenomeno delle tarantate, che fa discendere dai culti orgiastici della dea Cibele. Tuttavia, ama la bellezza classica di questi posti. Infatti rimane molto colpito da Lecce e dalla sua architettura barocca, anche se, come già Swinburne, non apprezza la Chiesa di Santa Croce.
Anche il grande poeta Henry Swinburne, infatti, venne nel Regno delle Due Sicilie e visitò la Puglia da Foggia fino a Lecce. Nel suo libro “Travels in the Two Sicilies” del 1783, passa in rassegna tutte le città e i paesi che visita. Parla delle donne che danzano sfrenatamente delle danze bacchiche, a Brindisi, e che egli crede morsicate dalle tarantole, e parla anche di Lecce. Di particolare interesse, il suo disappunto di fronte al barocco leccese e a quello che ne è il monumento simbolo, la Chiesa di Santa Croce, che derubrica a pessimo esempio di commistione fra stili diversi. Lo Swinburne detesta la città di Lecce e la sua architettura, d’accordo in questo con un altro celebre intellettuale, il Riedesel, che è il secondo protagonista del nostro pezzo.
Il tedesco Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach, 1740-1785, è un appassionato archeologo che vuole descrivere ai suoi connazionali le antichità classiche dell’Italia. Il suo libro, “Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann”, è, come dice il titolo, un’opera epistolare, diretta al famoso archeologo Winckelmann[4].
Diplomatico e ministro prussiano, Riedesel aveva conosciuto a Roma e frequentato il Winckelmann, il quale gli aveva fatto da guida nella esplorazione dei monumenti della città. Infatti, e non potrebbe essere diversamente, nella descrizione che il Riedesel fa dell’Italia Meridionale, in particolare della Regione salentina, si avverte l’influenza del Winckelmann. Come detto, in fatto di architettura egli non ama lo stile barocco, che definisce “il più detestabile”, mentre apprezza molto la semplicità delle architetture mediterranee e in particolare delle pajare e dei muretti a secco. “Non restano però estranee al tedesco, acuto osservatore di uomini e cose, la vita economica e quella sociale delle contrade visitate”, come scrive Enzo Panareo[5].
Il suo libro divenne un punto di riferimento in Germania e fu molto letto, anche da Goethe, che lo elogia nella sua opera “Viaggio in Italia”, in cui sostiene di portarlo sempre con sé, come un breviario o un talismano, tale l’influenza che quel volume, per la puntigliosità e l’esattezza delle notizie, esercitava sugli intellettuali.
Janet Ross ,1842-1927, giornalista, storica e autrice di libri di cucina, arriva nel Salento nel 1888. Memorabile il suo incontro con Sigismondo Castromediano, che le racconta la storia della sua vita. Janet Ross pubblicò nel 1889 in Inghilterra le sue relazioni di viaggio in Puglia, in “La terra di Manfredi, principe di Taranto e re di Sicilia. Escursioni in zone remote dell’Italia Meridionale”, successivamente tradotto e pubblicato in Italia col titolo “La terra di Manfredi”[6].
Un racconto davvero interessante, fra lo storico-artistico e l’antropologico, impreziosito dai disegni di Carlo Orsi, compagno di viaggio della Ross, e ripubblicato ancora nel 1978 in Italia col titolo “La Puglia nell’800 (La terra di Manfredi)”.[7] Bisogna dire che la figura del Re Manfredi, come tutti gli Svevi, suggestionava fortemente la viaggiatrice inglese. Nella mentalità dei britannici, infatti, questa era una dinastia eroica, avendo lottato contro il papato.
Nei luoghi visitati – nell’ordine: Trani, Andria, Castel del Monte, Barletta, Bari, Taranto, Oria, Manduria, Lecce, Galatina, Otranto, Foggia, Lucera, Manfredonia, Montesantangelo, Benevento – , la Ross cerca le antiche vestigia di una civiltà, quella appula, ricca di gloriose tradizioni.
Determinante fu il suo incontro con Giacomo Lacaita. Come scrive Nicola De Donno, recensendo il libro curato da Vittorio Zacchino, “L’autrice, che era stata a Firenze, la capitale italiana degli inglesi, ed in Puglia anche l’anno precedente, ci informa che non avrebbe composto il suo libro senza l’incoraggiamento di Giacomo Lacaita, o meglio di sir James Lacaita, come sempre lo chiama. A Leucaspide, presso Taranto, che era la residenza di campagna dei Lacaita, ella rimase ospite per alcuni giorni e di lì il Lacaita le preparò escursioni ed in alcune l’accompagnò, le dette consigli e le suggerì riferimenti culturali. Egli era, al tempo del viaggio, senatore del regno d’Italia ed aveva settantacinque anni.
Nativo di Manduria, laureato in giurisprudenza a Napoli ed introdotto nella buona società cosmopolita della capitale dalla principessa di Leporano, di cui suo padre era stato amministratore, fu impiegato come legale dal consolato inglese, ove strinse relazioni importanti, fece da guida al Gladstone nella sua famosa visita a Napoli, ebbe, probabilmente per ciò, noie dalla polizia borbonica. Riuscì, nonostante tutto, ad ottenere da Ferdinando II un passaporto per l’Inghilterra nel 1851 e non tornò più a Napoli. A Londra fece un nobile matrimonio che gli aprì molte porte, si convertì all’anglicanesimo e naturalizzò, ebbe incarichi presso diplomatici.
E’ quasi certo che venne agganciato dalla diplomazia segreta di Cavour; da vecchio si vantò, a nostro giudizio poco credibilmente, di avere scongiurato lui che l’Inghilterra nel ’60 impedisse a Garibaldi di passare lo stretto e invadere la Calabria e tutto il Napoletano. Dopo l’unità tornò in Italia, fu candidato governativo alla Camera, si riconverti al cattolicesimo e venne fatto senatore.
Acquistò la tenuta di Leucaspide, la restaurò e vi si stabilì. Grandi e piccoli personaggi passavano dalla masseria, la quale divenne un nodo significativo di quei legami post-risorgimentali fra la buona società inglese e il turismo in Italia, di cui il viaggio della Ross fu una manifestazione.
In questo filone si inserisce anche, nel libro, l’incontro a Lecce con il Castromediano e la scoperta che questi era stato assistito in Inghilterra, quando evase dalla nave che lo deportava in America, dalla nonna della Ross. (Il racconto di galera che gli mette in bocca non è però originale: è una parafrasi dell’articolo Da Procida a Montefusco, che il Castromediano stampò nella strenna « Lecce 1881 » dell’editore Giuseppe Spacciante).
Il libro riporta molte annotazioni etniche e demografiche, sull’abbigliamento, su usi e costumi dei pugliesi, sulle fiere e i pellegrinaggi, le superstizioni soprattutto, i riti pasquali, le danze e i canti, ecc. Parla della pizzica pizzica facendo delle descrizioni puntuali ma anche coinvolgenti, nel puro spirito romantico da cui questa viaggiatrice era sostenuta”[8].
Janet Ross è una studiosa davvero attenta. Il contributo demo etno antropologico del suo libro è rilevante, perché ella, nella nostra Terra d’Otranto, annota tutto, fiabe, racconti popolari, superstizioni, riti magici, riporta tre canzoni, “Riccio Riccio”, “Larilà” e “La Gallipolina”, e poi si sofferma sul fenomeno del tarantismo, distinguendo fra “tarantismo secco ” e “tarantismo umido”, sottolineando per il primo l’importanza della presenza dei colori e per il secondo l’importanza dell’acqua nel cerimoniale.
Molto belle e coinvolgenti le descrizioni del ballo della pizzica pizzica che fa alla masseria Leucaspide con i lavoranti di Sir Lacaita. Una personalità davvero interessante, insomma. La Ross, corrispondente del Times, grande viaggiatrice, nel 1867, insieme al marito Henry Ross, un ricco banchiere, si stabilì in Toscana, dove continuò la sua carriera di scrittrice.
In Puglia, ella trova un mondo che non pensava potesse esistere, e se ne innamora. Ecco perché riesce a rendere con tanta efficacia usi e costumi della gente dell’antica Terra d’Otranto.
[1] Vasta la letteratura su Horarce Walpole, 1717-1797, e sulla sua opera “Il castello di Otranto”, primo romanzo gotico della storia.
[2] Pubblicata in Italia col titolo “Viaggio nel regno delle due Sicilie”, a cura di Edith Clay, traduzione di Elena Lante Rospigliosi, Roma, De Luca Editore, 1966, e poi anche in Crauford Tait Ramage, Vagando in cerca dei suoi antichi resti e delle moderne superstizioni, contenuto in Angela Cecere, “Viaggiatori inglesi in Puglia nel Settecento”, Fasano, Schena, 1989, pp. 37 e segg., e successivamente in Angela Cecere, La Puglia nei diari di viaggio di H. Swinburne, Crauford Tait Ramage, Norman Douglas, contenuto in “Annali della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Bari”, Terza serie, 1989 -90/X, Fasano, 1993, p. 63.
[3] Carlo Stasi, Uno straniero dal nome strano ed un contadino dall’aspetto sveglio, in “Annu novu Salve vecchiu”, n.9 , Edizioni Vantaggio, Galatina, Editrice Salentina, 1995, pp.72-76.
[4] Johann Hermann von Riedesel ,“Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann”, Prefazione e note di Luigi Correra, Martina Franca, Editrice Apulia, 1913, poi ristampata in Tommaso Pedio, “Nella Puglia del 700 (Lettera a J.J. Winckelmann)”, Cavallino, Capone, 1979
[5] Enzo Panareo, Viaggiatori in Salento, in “Rassegna trimestrale della Banca agricola popolare di Matino e Lecce”, a.V, n.2, Matino, giugno 1979, p.54.
[6] Janet Ross, “La terra di Manfredi”, Vecchi Editore, 1899.
[7] “La Puglia nell’800 (La terra di Manfredi)”, a cura di Vittorio Zacchino, Cavallino, Capone Editore, 1978.
[8] Nicola De Donno, “La Puglia nell’800 (La terra di Manfredi)”, in “Sallentum”, Anno I, n.1, sett.-dic. 1978, Galatina, Editrice Salentina, 1978, p.138.
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Viaggiatori tedeschi nel Sud Italia
di Paolo Vincenti
L’interesse dei tedeschi per il sud Italia parte da lontano. Già nel Cinquecento, Paul Schede detto Melissus (1539-1602) parlò di Rudiae negli Epigrammata in urbes Italiae del 1585 (1). Johann Heinrich Bartels (1761-1850) visita il Sud ma solo la Calabria e la Sicilia, verso la fine del Settecento, e documenta il suo viaggio nell’opera Briefe über Kalabrien und Sizilien. Dieterich, Göttingen 1787–1792 (2). Nel Settecento, arrivano in Italia il Barone von Riedesel e il pittore Jacob Philipp Hackert. Abbiamo già detto del tedesco Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach (1740-1785) e del suo libro, Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann, che è, come dice il titolo, un’opera epistolare, diretta al famoso archeologo Winckelmann (3).
Diplomatico e ministro prussiano, Riedesel aveva conosciuto a Roma e frequentato il Winckelmann, il quale gli aveva fatto da guida nella esplorazione dei monumenti della città. Il suo libro divenne un punto di riferimento in Germania e fu molto letto, anche da Goethe, che lo elogia nella sua opera “Viaggio in Italia”, in cui sostiene di portarlo sempre con sé, come un breviario o un talismano, tale l’influenza che quel volume, per la puntigliosità e l’esattezza delle notizie, esercitava sugli intellettuali (4).
Jacob Philipp Hackert (1737-1807), nella sua opera pittorica I porti delle Due Sicilie (Napoli 1792) inserì i porti di Gallipoli e di Otranto. Il grande artista divenne pittore di corte del re Ferdinando IV di Napoli e in questa veste fu in Italia con molti incarichi come quello di supervisionare il trasferimento della collezione Farnese da Roma a Napoli. Fu amico di Goethe che scrisse di lui nella sua opera “Viaggio in Italia”. Ma l’incarico più prestigioso che il pittore ricevette dal re Ferdinando IV fu la commissione del famoso ciclo di dipinti raffiguranti i porti del Regno di Napoli.
Le numerose vedute dei porti si articolano in tre gruppi suddivisi tra le vedute campane, pugliesi, calabresi e siciliane. Per eseguire i disegni preparatori si recò così in Puglia e in Campania. La serie comprende 17 quadri e si trova ancora oggi custodita alla Reggia di Caserta; vi sono raffigurati esattamente i porti di Taranto, Brindisi, Manfredonia, Barletta, Trani, Bisceglie, Monopoli, Gallipoli, Otranto.
La serie è stata in mostra, dal 20 giugno al 5 novembre 2017, presso la Sala Ennagonale del Castello di Gallipoli (Lecce). L’esposizione intitolata “I porti del Re”, a cura di Luigi Orione Amato e Raffaela Zizzari, prodotta dal Castello in collaborazione con la Reggia di Caserta e il Comune di Gallipoli, ha visto all’inaugurazione l’intervento dello storico dell’arte Philippe Daverio e del direttore generale della Reggia di Caserta, Mauro Felicori (5). Nel giugno 2018, si è tenuta a Brindisi la grande mostra: “Brindisi: Porto d’Oriente”, a Palazzo Nervegna, dove è stato possibile “ammirare per la prima volta il celebre quadro ‘Baia e Porto di Brindisi’ che il vedutista prussiano Jakob Philipp Hackert realizzò nella seconda metà del ‘700 su incarico del re Ferdinando IV di Borbone. L’esposizione è stata organizzata nell’ambito del progetto ‘La Via Traiana��� e comprendeva una serie di opere che raccontano la storia della città attraverso alcune vedute del porto, fatte dai viaggiatori del ‘700” (6). Anche lo scrittore Johann Wilhelm von Archenholtz (1741-1813), famoso politologo, era stato in Italia ma egli, pur essendo tedesco, aveva pubblicato un’opera intitolata England und Italien, nel 1785, nella quale contrapponeva i due paesi, appunto il Regno Unito e l’Italia, con due sistemi politici diversi, propendendo decisamente per l’Inghilterra. Tuttavia nelle critiche feroci che Wilhelm fa a Genova, Venezia, allo Stato della Chiesa e al Regno di Napoli, è facile scorgere una larvata accusa alla sua Germania (7). Il poeta Friedrich Leopold Stolberg (1750-1819) nella sua opera Reise in Deutschland, der Schweiz, Italien und Sicilien in den Jahren 1791 und 1792, 4 voll., 1794, documenta il suo viaggio nel sud Italia dove però manifesta una posizione anticlassica e irrazionalistica, che provocò la sdegnata reazione di Goethe.
L’opera è stata recentemente tradotta in italiano da Laura A. Colaci, che scrive: “Dopo il viaggio nel Sud della Germania e della Svizzera col fratello e con Goethe, Stolberg ne intraprese uno più lungo in compagnia della moglie Sophie von Redern, del figlioletto, di G.A. Jacobi e G.H.L. Nicolovius attraverso la Germania, la Svizzera e l’Italia.
Frutto di questo viaggio è il volume Reise in Deutschland, der Schweiz, Italien und Sicilien in den Jahren 1791 und 1792. Viaggiò in Puglia dal 3 al 17 maggio del 1792”(9). Si tratta di un’opera epistolare, composta cioè delle lettere che egli aveva inviato durante il suo soggiorno nel nostro Paese a vari corrispondenti tedeschi. Queste lettere però vennero rielaborate per la loro pubblicazione e ciò portò ad una certa stilizzazione, soprattutto in quelle che hanno un maggiore contenuto politico religioso. Egli visitò Brindisi, Lecce, Otranto, Gallipoli.
Il compagno di viaggio di Stolberg, Georg Arnold Jacobi (1768-1845), al ritorno dal suo viaggio pubblica Briefe aus der Schweiz und Italien nel 1796-7, ossia una raccolta delle sue lettere inviate da Brindisi, Lecce e Gallipoli. Sempre di un’opera epistolare dunque si tratta, ma le lettere dello Jacobi sembrano essere più in presa diretta, ovverosia meno stilizzate, di quelle del suo compagno di viaggio Stolberg, e soprattutto si nota in lui una minore componete polemica, pur essendo protestante e classicista anch’egli. È molto più critico però nei confronti del governo di Napoli e del malcostume che in quella città allignava. Mentre la prosa dello Stolberg è più accattivante, controllata e in qualche modo romantica, avendo egli rimaneggiato le lettere, quella dello Jacobi è invece più scarna e realistica. Entrambi i viaggiatori comunque sono attratti dai resti dell’antichità classica, per cui, specie quando giungono in Puglia, a partire da Taranto, la loro attenzione si sofferma sulle influenze greche della nostra civiltà. Stolberg sente tutta la civiltà europea tributaria della cultura classica. Il suo classicismo però è filtrato dal cristianesimo. Questo lo porta a vedere l’Italia, e in particolare il Sud, in quanto più diretta emanazione di quella cultura, come una sorta di paradiso perduto che, con antesignano gusto romantico, egli idealizza, dandone una visione edenica, certo lontana dalla realtà. “Pur vivendo nel clima del classicismo winckelmaniano, lo Stolberg è distante dall’dea di classico alla Winckelmann”, scrive Scamardi (10). Dunque egli ripudia ogni idea dell’arte che non sia classica, per esempio il barocco leccese. “l ruderi classici evocano, sì, l’idea della caducità della vita umana, un elemento, questo, certo presente in tanta poesia sulle rovine della fine del Settecento, solo che lo Stolberg oppone la certezza della fede cristiana[…] In questo lo Stolberg anticipa non solo taluni stilemi di un certo romanticismo, ma anche un certo kitsh romantico. Si può concordare, in definitiva, col giudizio di Helga Schutte Watt secondo la quale lo Stolberg in Italia ritorna ai fondamenti classici della cultura europea e della sua stessa formazione intellettuale e non solo non scorge alcun conflitto tra classicismo e cristianesimo, ma vede in quest’ultimo una forma di coronamento, di inveramento del primo” (11).
A Taranto sono ricevuti dal Vescovo Giuseppe Capecelatro, uomo di vastissima cultura, lo stesso che accompagnò il viaggiatore svizzero Carlo Ulisse De Salis Marschlins (1728-1800 ) nel suo viaggio in Puglia. Come già Eberhard August Zimmermann (1743-1815), naturalista e geografo, che venne in Puglia su incarico del Regno di Napoli per studiare la nitriera naturale di Molfetta (12), anche il conte svizzero era accompagnato dall’Abate Fortis e i suoi interessi principali erano volti all’agricoltura e all’allevamento. Abbiamo già detto del De Salis Marschlins, che pubblica per la prima volta le sue impressioni di viaggio in tedesco in due volumi a Zurigo nel 1790 e nel 1793. La prima pubblicazione del libro in lingua italiana viene fatta nel 1906 (13), con la traduzione di Ida Capriati De Nicolò (ottima traduttrice anche delle memorie di Janet Ross)(14), e poi viene più volte ripubblicato (15).
Lo storico Ferdinand Gregorovius (1821-1891) visse più di vent’anni in Italia, soprattutto a Roma. Pubblicò i suoi resoconti di viaggio in Italia nell’opera Wanderjahre in Italien tra il 1856 e il 1877, in cui fa una descrizione analitica, davvero minuziosa delle condizioni di vita del nostro popolo in quegli anni. Il suo è un interesse erudito, per cui alle note naturalistiche, si accompagnano le descrizioni artistiche e letterarie e soprattutto sociologiche. L’opera si compone di cinque volumi ed è nell’ultimo volume, con il titolo Apulische Landschaften, (Lipsia, F. A. Brockhaus, 1877) che si occupa del nostro territorio. Gregorovius venne in Puglia due volte, nel 1874 e 1875. La prima traduzione della sua opera è di Raffaele Mariano nel 1882 (16). L’itinerario si snoda attraverso le città di Lucera , Manfredonia, Monte Sant’Angelo, Andria, Castel del Monte, Lecce e Taranto.
“Il Gregorovius seguiva con interesse la ricezione della cultura tedesca in Italia e intratteneva rapporti cordiali con chiunque in qualche modo se ne occupasse. Ma è soprattutto la scuola filosofica hegeliana che attrae l’attenzione dello storico tedesco che, come è noto, aveva egli stesso studiato filosofia all’Università di Konigsberg. Fu proprio attraverso il Rosenkranz, suo maestro a Konisberg, che conobbe lo storico del cristianesimo e filosofo Raffaele Mariano, con cui oltre a compiere i viaggi in Puglia intrattenne sempre rapporti di amicizia. Il Mariano tradusse in italiano le Apulische Landschaften. Nell’introduzione alla sua traduzione, nella quale il Mariano ricostruiva, attingendo alla pubblicistica meridionalistica di Pasquale Villari e Raffaele De Cesare, la situazione politico-sociale della Puglia, l’autore non nascondeva una certa animosità nei confronti dei pugliesi, che suscitò le forti proteste di Niccolò Brunetti…”. Così scrive Scamardi (17), che pubblica nel suo libro anche i Diari inediti di Gregorovius del secondo viaggio in Puglia (1875)(18). Si rimproverava cioè al traduttore e quindi all’autore un punto di vista troppo “tedescocentrico”.
In realtà, Gregorovius dimostra grande interesse nei confronti dell’Italia meridionale, dei suoi punti di forza ma anche delle sue mancanze. Si appassiona della questione meridionale, si rammarica dell’arretratezza delle infrastrutture, si intrattiene sulla rete viaria e quella ferroviaria, sul porto di Brindisi, parla della mafia e della lotta dello stato contro la criminalità, ecc. Da storico non può non essere attratto dal fascino della storia millenaria, soprattutto a Roma, sua città elettiva. “In una pagina delle Wanderjahre in Italien fa una digressione sui paesaggi storici italiani dove si avverte, più che altrove, il respiro del passato. Dai monumenti emana come una forza elettrica per la quale il Gregorovius conia l’espressione ‘magnetismo della storia’”(19). A lui si deve la definizione di Lecce come “Firenze del Sud”. Gregorovius non amava il romanico e prediligeva il gotico. Il tedesco Gustavo Meyer Graz (1850-1900), corrispondente del Sclesische Zeitung di Breslavia arriva nel 1890 per raccogliere i canti della Grecia Salentina. I suoi articoli di viaggio vennero poi tradotti da Cosimo De Giorgi (che lo accompagnò nel viaggio) nel 1895 per “Il Popolo Meridionale”, rivista leccese, e poi successivamente in volume (20). Gli articoli si intitolano: “Da Brindisi a Lecce”; “Lecce-San Nicola e Cataldo”; “Da Lecce a Calimera”; “Taranto”. Il Meyer è molto preoccupato dal fatto che la lingua greganica vada persa a causa dell’incuranza dei governi.
Taranto nel 1789, Incis. da Hackert
Venne in Italia anche lo storico dell’arte Paul Schubring (1869-1935) corrispondente del giornale “Frankfurter Zeitung”, il quale mandava i suoi reportage di viaggio descrivendo minuziosamente la nostra regione. I suoi articoli vennero poi raccolti in volume da Giuseppe Petraglione (21). Secondo il traduttore, gli articoli di Schubring potrebbero essere considerati un ampliamento del libro del Gregorovius in quanto vi sono menzionati alcuni monumenti lì assenti, come la Chiesa di Santo Stefano in Soleto, e approfonditi altri di cui era stato fatto solo un fugace cenno, come la chiesa di Santa Caterina e la Cattedrale di Troia.
Note
[1]Raffaele Semeraro, Viaggiatori in Puglia dall’antichità alla fine dell’Ottocento: rassegna bibliografica ragionata, Schena, 1991, p.73.
[2] Johann Heinrich Bartels, Lettere sulla Calabria Viaggio in Calabria Vol III, Catanzaro, Rubettino, 2007.
[3] Johann Hermann von Riedesel ,Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di J.H.Riedesel a J.J.Winckelmann, Prefazione e note di Luigi Correra, Martina Franca, Editrice Apulia, 1913, poi ristampata in Tommaso Pedio, Nella Puglia del 700 (Lettera a J.J. Winckelmann), Cavallino, Capone, 1979.
[4] Teodoro Scamardi, La Puglia nella letteratura di viaggio tedesca. Riedesel Stolberg Greborovius, Lecce, Milella, 1987, pp.35-58.
[5] http: www.famedisud.it/il-sud-settecentesco-di-philipp-hackert-in-mostra-a-gallipoli-i-porti-…
[6] http:www.brundarte.it/2018/03/23/baia-porto-brindisi-jakob-philipp-hackert/
[7] Teodoro Scamardi, op. cit., p.64.
[8] Friedrich Leopold Graf Zu Stolberg, Reise In Deutschland, Der Schweiz, Italien Und Sizilien In Den Jahren 1791 Und 1792 1794 Con traduzione italiana a cura di Laura A. Colaci, Edizioni Digitali Del Cisva, 2010.
[9] Carlo Stasi, Dizionario Enciclopedico dei Salentini, 2 voll, Lecce, Grifo, 2018, p.1128.
[10] Teodoro Sacamardi, op. cit., p.76 .
[11] Idem, p.77.
[12] Idem, p.24.
[13] Carlo Ulisse De Salis Marschlins, Nel Regno di Napoli : viaggi attraverso varie province nel 1789, Trani, Vecchi, 1906.
[14] Janet Ross, La terra di Manfredi, traduzione dall’inglese di Ida De Nicolo Capriati, illustrazioni di Carlo Orsi, Trani, Vecchi, 1899, poi ripubblicato in Eadem, La Puglia nell’Ottocento : la terra di Manfredi, a cura di Maria Teresa Ciccarese, Lecce, Capone, 1997.
[15] Fra gli altri, in Carlo Ulisse De Salis Marschlins, Viaggio nel Regno di Napoli, Galatina, Congedo, 1979, con Introduzione di Tommaso Pedio, e in Idem, Viaggio nel Regno di Napoli – che riproduce la prima traduzione italiana di Ida Capriati De Nicolò -, a cura di Giacinto Donno, Lecce, Capone, 1979 e 1999, e ancora in Idem, Nel Regno di Napoli Viaggi attraverso varie provincie nel 1789, Avezzano, Edizioni Kirke, 2017.
[16] Ferdinand Gregorovius, Nelle Puglie (1877), versione dal tedesco di Raffaele Mariano con noterelle di viaggio del traduttore, Firenze, G. Barbera, 1882.
[17] Teodoro Scamardi, op.cit., p.97.
[18] Idem, pp.137-147.
[19] Idem, p.127.
[20] Gustavo Meyer-Graz, Apulische Reisetage, a cura di Cosimo De Giorgi, Martina Franca, 1915. Poi ristampato in Idem, Puglia . Sud (1890), a cura di Gianni Custodero, traduzione di Cosimo De Giorgi, Cavallino, Capone Editore, 1980.
[21] Paul Schubring ,La Puglia: impressioni di viaggio (1900), traduzione e introduzione di Giuseppe Petraglione, Trani, Vecchi, 1901.
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