#Intrighi locali
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delitti di provincia: i misteri di alleghe
I Misteri di Alleghe sono una serie di eventi tragici e inquietanti avvenuti tra gli anni ’30 e ’40, che videro il piccolo borgo di montagna protagonista di una scia di morti sospette, ufficialmente archiviate come suicidi ma avvolte da un alone di dubbio e mistero. Un intreccio di passioni, segreti di famiglia e ipotesi mai confermate, che sembra emergere dalle acque gelide del lago di Alleghe,…
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Luca Viozzi - Il nuovo romanzo “Delitto sotto le torri 2 - Il terzo segreto”
Il commissario Salviati questa volta è alle prese con un caso intricatissimo e viene aiutato nelle indagini dalla giornalista Sonia Neri
“Delitto sotto le torri2 - Il terzo segreto” è il nuovo romanzo dello scrittore e professore Luca Viozzi, un giallo tutto italiano che ha come sfondo il lungomare di San Benedetto del Tronto, edito dalla Giaconi Editore e acquistabile sui principali stores digitali. Il libro è il secondo capitolo delle avventure del commissario Filippo Salviati, diventando un punto fermo per gli amanti del genere giallo. Un avvincente racconto colmo di colpi di scena, intrighi, enigmi, scritto con estrema cura e ricco di dettagli che accompagneranno il lettore in un’immediata immersione emotiva e sensoriale sin dalle prime pagine. Un giallo d’altri tempi, ma con una caricata letteraria contemporanea che crea un mix di tensione e colpi di scena degni dei grandi classici della letteratura italiana e internazionale.
Il commissario si dedica alla ricerca della verità sull'omicidio di un noto personaggio del luogo. La narrazione procede attraverso capitoli brevi e incisivi, in cui si alternano momenti di tensione ad altri di riflessione, senza mai perdere di vista il filo conduttore dell'indagine.
“Il terzo segreto” è un romanzo che in verità va oltre la semplice etichetta di giallo, toccando temi come il potere, il denaro e la morte, ma anche l'arte, la religione e le tradizioni locali. Attraverso questi elementi, Luca Viozzi offre una riflessione sul bene e sul male, sul sacro e sul profano, creando un'opera che è al tempo stesso un intrigante giallo e un profondo esame della natura umana.
Scopriamo di più
Un noto direttore di banca viene trovato morto sotto un ponte vicino alla torre Gualtieri a San Benedetto del Tronto. Molti i misteri che avvolgono la vicenda legati a un passato che nessuno conosce. L’autore orchestra mistero e intrigo in un romanzo che lascia il fiato sospeso. Non è un caso semplice, tanti gli indizi e i rimandi storici legati al territorio. Curiosità e aneddoti che arricchiscono il racconto. La straordinaria capacità di Luca Viozzi di dosare colpi di scena, lusso e giochi di potere, appassiona il lettore fino all’ultima pagina. Il finale è sorprendente.
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Il romanzo "Un ricordo chiamato impero" ("A Memory Called Empire") di Arkady Martine è stato pubblicato per la prima volta nel 2019. È il primo libro della serie Teixcalaan. Ha vinto il premio Hugo come miglior romanzo dell'anno. In Italia è stato pubblicato da Mondadori negli "Oscar" nella traduzione di Francesca Mastruzzo.
Mahit Dzmare viene inviata come nuova ambasciatrice della stazione di Lsel presso l'Impero del Teixcalaan, che governa la maggior parte dell'umanità. Al suo arrivo nella capitale imperiale, scopre che il suo predecessore Yskandr Aghavn è morto, ufficialmente per cause accidentali.
La ritrosia che tutti sembrano mostrare riguardo a ciò che è successo a Yskandr Aghavn inducono Mahit Dzmare a sospettare che sia stato ucciso ma perché? La nuova ambasciatrice si trova improvvisamente in una terra straniera invischiata in intrighi di cui non sa nulla.
L'ambasciata di Lsel non include altro personale e le persone che dovrebbero assisterla le sono state assegnate dalle autorità locali. L'unico aiuto dovrebbe arrivarle dall'imago di Yskandr Aghavn, una riproduzione della sua coscienza e delle sue memorie, ma la scoperta della sua morte sembra averne causato un malfunzionamento.
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Milano: a grande richiesta torna Tournée da Bar – Spring 2023
Milano: a grande richiesta torna Tournée da Bar – Spring 2023. Tra le novità di questo Tour Milano Primavera 2023, prima fra tutte la scelta dei locali: i grandi protagonisti dei drammi shakespeariani che appariranno come per magia all’interno di bar e luoghi della quotidianità viaggeranno tra bar storici e ormai fidelizzati e nuove location. In tal senso è da sottolineare il coinvolgimento di emergenti hub culturali e sociali come Redo di Merezzate Food Hub e Mosso Milano, luoghi per lo sviluppo di nuove relazioni di partecipazione culturale nelle periferie della città. TDB con il suo progetto si inserisce a pieno all’interno della rete degli spazi ibridi. Una mappa che ha l’obiettivo di mettere in rete le realtà che rigenerano i diversi quartieri della città coniugando il commercio con l’innovazione sociale, azioni culturali e nuove forme socialità e aggregazione. Anche in questa nuova Tournée si è cercato di privilegiare i quartieri e le zone non centrali della città, a dimostrare la volontà di TDB di rivolgersi a un pubblico sempre nuovo e di portare questa operazione di giocosa divulgazione culturale nei luoghi periferici. Altra importante novità riguarda la proposta artistica: per la primissima volta lo spettacolo AMLETO viene proposto all’interno dei luoghi della quotidianità in una versione totalmente rinnovata e resa accessibile anche al non pubblico. Inoltre si è deciso di ampliare i nuclei artistici inserendo un nuovo cast di giovani composto dagli attori Elisabetta Raimondi e Stefano Iagulli e dal musicista Luigi Napolitano; una scelta artistica che conferma la volontà di TDB di ampliare sempre più i propri orizzonti e di espandere i propri nuclei artistici formando giovani attori e musicisti nell’ottica di una sempre maggiore scalabilità e replicabilità del progetto. AMLETO (in scena dal 9 al 14 maggio) Con Davide Lorenzo Palla Musiche e accompagnamento dal vivo Tiziano Cannas Aghedu Regia Riccardo Mallus Produzione TDB s.r.l. Impresa Sociale Un viaggio indietro nel tempo per indagare gli intrighi che si celano dietro ad uno dei più grandi classici teatrali di tutti i tempi. Riscoprire Amleto e i suoi dubbi esistenziali per domandarsi quali conseguenze si nascondano - oggi come ieri - dietro alla “non azione” e quanto essa possa paradossalmente finire per essere la più pericolosa delle azioni. Un capocomico e un musicista accompagnano il pubblico dentro la tragica ma avventurosa storia del principe di Danimarca, una storia fatta di dubbi, morte, tradimenti, amore, vendetta, fantasmi, follia, sogni, utopie e soprattutto di tanto teatro. Lo spettacolo è narrato, recitato e in parte improvvisato; il pubblico è attivo e partecipe all'interno di una messa in scena dinamica che porta l'immaginazione dello spettatore a visualizzare frammenti di testo, pezzi di storia e immagini concrete che compongono il puzzle mentale di un uomo in conflitto con se stesso e con il mondo che lo circonda. Le musiche, originali e composte dal polistrumentista Tiziano Cannas Aghedu, fungono da vero e proprio elemento narrativo accompagnando lo spettatore all’interno della vicenda e sottolineando i momenti salienti in un crescendo carico di pathos, incertezza e tensione. Le note musicali, come un costume cucito su misura, amplificano il viaggio del pubblico all’interno del regno dell’immaginazione, portando lo spettatore ad immergersi totalmente nel “marcio mondo di Danimarca”. - Mar 09/05 - h.21.30 @ Cascina Nascosta / Viale Emilio Alemagna 14 / preno: WhApp. 3406755196 - Mer 10/05 - h.21 @ Oh.la.la / Via Bessarione 46 / preno: tel. 0249794188 - Gio 11/05 - h.21 @ mosso / Via Angelo Mosso 3/ ingresso libero fino ad esaurimento posti - Ven 12/05 – h.21 @ Bar Doria / via Plinio 50 / preno: 02 29400871 - Sab 13/05 - h.21 @ Redo Merezzate Food Hub / via Euguenio Colorni 3 / preno: 0221079165 - Dom 14/05 - h.21 @ U/N locale palco cucina / Piazza Napoli 30/2 / preno: WhApp. 3534507193 MACBETH (in scena a Milano dal 16 al 21 maggio) con Davide Lorenzo Palla e Irene Timpanaro Musiche e accompagnamento dal vivo Tiziano Cannas Aghedu scenografie Michele Ciardulli costumi Anna Coluccia regia Riccardo Mallus una produzione TDB Impresa Sociale In questo dramma, chiamato dai teatranti “la tragedia scozzese” a causa delle superstizioni che lo accompagnano, viene evocato un mondo magico al confine tra il fantasy, l’horror e la black comedy. La storia ruota attorno alla follia e la solitudine di un uomo che riceve una premonizione che ha tutto il suono dell’anatema ed al suo turpe viaggio verso il raggiungimento del trono, e si conclude con la sua solitaria lotta contro la maledizione della magia che sembrava illuminarlo ed invece lo ha accecato. Uno spettacolo che alterna momenti comici, lirici e drammatici in cui il pubblico è coinvolto direttamente e accompagnato dagli attori all’interno dei segreti che si nascondono tra le righe di questo grande classico shakespeariano. Le vicende narrate, agite e raccontate da due moderni menestrelli, portano lo spettatore a riflettere su quanto la brama di potere possa portare alla follia, e su come anche la più alta carica possa rappresentare una condizione di nefasta sciagura se per raggiungerla ci si sporca le mani di sangue. La musica accompagna lo spettacolo e funge da vero e proprio elemento drammaturgico e di racconto, spaziando tra le sonorità dei film horror, tappeti sonori da incubo e strambe ninne nanne notturne che tolgono il sonno. - Mar 16/05 - h.21.30 @ Cascina Nascosta / Viale Emilio Alemagna 14 / preno: WhApp. 3406755196 - Mer 17/05 - h.21 @ Oh.la.la / Via Bessarione 46 / preno: tel. 0249794188 (dalle 16 in poi) - Gio 18/05 – h.20.30 @ Spirit de Milan / Via Bovisasca 57/59 / preno: tel. 3667215569 - Ven 19/05 - h.21 @ mosso / Via Angelo Mosso 3/ ingresso libero fino ad esaurimento posti - Sab 20/05 - h.21 @ Redo Merezzate Food Hub / via Euguenio Colorni 3 / preno: 0221079165 - Dom 21/05 - h.21 @ U/N locale palco cucina / Piazza Napoli 30/2 / preno: WhApp. 3534507193 ROMEO&GIULIETTA (in scena a Milano dal 23 al 28 maggio) con Elisabetta Raimondi e Stefano Iagulli accompagnamento musicale dal vivo Luigi Napolitano consulenza scene Fabrizio Palla costumi Margherita Baldoni una produzione TDB Impresa Sociale Uno spettacolo in puro stile Shakespeariano: un percorso in cui si accompagna il pubblico a riscoprire la storia di Romeo e Giulietta tra narrazione, azione, coinvolgimento diretto degli spettatori e brani originali. Uno spettacolo-concerto, con in scena due attori e un musicista, che ricrea all’interno di bar e circoli l’atmosfera popolare tipica del teatro ai tempi di Shakespeare, un’atmosfera che permette di riscoprire la forza e l'efficacia del testo per come lo aveva pensato il Bardo. Uno spettacolo che riesce a rapire anche le platee caotiche dei bar ed è capace di catapultarle all’interno della storia dei due amanti veronesi, di commuoverle e divertirle in un crescendo mozzafiato. - Mar 23/05 - h.21.30 @ Cascina Nascosta / Viale Emilio Alemagna 14 / preno: WhApp. 3406755196 - Mer 24/05 - h.21 @ Oh.la.la / Via Bessarione 46 / preno: tel. 0249794188 (dalle 16 in poi) - Gio 25/05 - h.21 @ mosso / Via Angelo Mosso 3/ ingresso libero fino ad esaurimento posti - Ven 26/05 – h.21 @ Arci Pessina / Via S. Bernardo, 17 – Chiavaralle / preno: 393343786673 - [email protected] / ingresso con tessera arci - Sab 27/05 - h.21 @ Redo Merezzate Food Hub / via Euguenio Colorni 3 / preno: 0221079165 - Dom 28/05 - h.21 @ U/N locale palco cucina / Piazza Napoli 30/2 / preno: WhApp. 3534507193... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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PIAZZA ARMERINA - I MOSAICI DELLA VILLA DEL CASALE
E’ tutto un fervore di attività quello che i mosaici ci raccontano, l’imbarco degli animali selvatici nelle lunghe biremi, i bambini che giocano con gli animali da cortile tra uva e melograno,il ritorno dalla caccia al cinghiale, i cavalieri che scortano i carri con animali selvatici spediti al circo di Roma o nelle ville dei potenti locali e quindi le bagnanti gli efebi dal corpo scultoreo, le divinità, le costellazioni, gli ospiti che arrivano da lontano ed un infinità di motivi geometrici completamenti different da quelli arabi di Monreale o della Cappella Platina. Tutte piccole scene, fermi immagini di scene quotidiane o straordinarie, di momenti importanti o epici. L’eccezionalità che è parte della quotidianità, l’arte come abbellimento, ricordo, opulenza e fantasia. Chi abitava la villa viveva in un mondo felice, un piccolo paradiso fantastico, lontano dagli intrighi di Roma, dai barbari che premevano al confine, l’unico sangue che si vede è quello del cinghiale ferito a morte, ma appena accennato, per non disturbare i giochi e la bellezza delle bagnanti solari e felici nei loro vestiti da bagno.
What the mosaics tell us is all a fervor of activity, the embarkation of wild animals in the long biremes, the children playing with farm animals among grapes and pomegranates, the return from wild boar hunting, the knights who escort the floats with wild animals sent to the circus of Rome or to the villas of the powerful locals and therefore the bathers, the ephebes with the sculptural body, the deities, the constellations, the guests who come from afar and an infinity of geometric motifs completely different from the Arab ones of Monreale or the Platina Chapel. All small scenes, still images of everyday or extraordinary scenes, of important or epic moments. The exceptionality that is part of everyday life, art as embellishment, memory, opulence and fantasy. Those who lived in the villa lived in a happy world, a small fantastic paradise, far from the intrigues of Rome, from the barbarians who were pressing on the border, the only blood that can be seen is that of the fatally wounded boar, but barely mentioned, so as not to disturb the games and the beauty of sunny and happy bathers in their bathing suits.
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Belzoni
Robinson, 26 ottobre 2019
Giovanni Battista Belzoni, l’inventore delle piramidi
Giovanni Battista Belzoni apparteneva a quella stirpe o genia ch’io chiamo il miracolo italiano, gente che dal nulla si forma una cultura, un sapere, e cresce da sola come una bella palma. Questa palma era Belzoni che quando arrivò in Egitto non sapeva quasi nulla di quella terra. Del resto dell’antico Egitto, nessuno sapeva un gran che. Champollion non aveva ancora decifrato i geroglifici, che venivano comunque considerati segni magici, i nomi dei faraoni si riferivano ai nomignoli dati loro dai greci, le piramidi, si sospettava, fossero monumenti per condurre i viaggiatori nel deserto, la sfinge era quasi del tutto insabbiata, Suez non aveva un canale e l’Egitto non era che una provincia dell’impero ottomano. La religione era arrivata però fino a Roma con una Iside trasformata in Magna Mater trasformandosi poi in massoneria che a tutt’oggi conserva i grembiulini faraonici e la magia — Belzoni stesso era un Fratello massone. Affiorava la moda per l’Egitto nel Flauto Magico di Mozart e per l’Oriente che cominciava ad essere scoperto da indomiti viaggiatori pur se il territorio, era meglio conosciuto nell’antichità che non nel ’ 7-’ 800. Beh, non tanto stranamente, la colonizzazione ottomana (i colonizzatori più terribili della storia moderna furono i Turchi. Altroché la Francia e l’Inghilterra!). Quando Belzoni ( 1778- 1823) mise piede ad Alessandria che era in preda alla peste, quel mondo era stato soggetto a grandi cambiamenti: Napoleone era sbarcato in Egitto cercando una via per le Indie che avrebbe potuto raccorciare le distanze e tagliar le gambe all’Inghilterra. Tutti anelavano alle ricchezze delle Indie, i francesi avevano cominciato ancor prima della East Indian Company, ma era l’Inghilterra che si era impadronita delle vie del commercio. Così che nell’annoso scontro tra la Francia e l’Inghilterra, fiorirono i servizi segreti di ambedue le nazioni mandando in giro esploratori, gente coraggiosa e intelligentissima. Non per nulla il servizio si chiama Intelligence. Uno di questi era Gian Battista Belzoni che nei suoi vari scritti naturalmente non dice nulla di tutto questo. Con l’aiuto della moglie Sarah, pubblicò un paio di diari in inglese soprattutto per rivendicare i propri meriti e diritti sulle scoperte che aveva fatto. Ce l’aveva, non a torto, con il console inglese Henry Salt e anche con i molti che avevano cercato di appropriarsi non solo delle statue che andava accumulando ma anche dei suoi meriti; nella versione francese, Belzoni si premurò di autocensurarsi sugli accidenti e le accuse che mandava ai colleghi cisalpini. Uno dei quali era Drovetti, ex console francese, la cui “ collezione di antichità” egiziane è alla base del meraviglioso Museo di Torino. Belzoni, “ the Great Belzoni”, era nato a Padova ma non era di nazionalità italiana perché l’Italia non esisteva. Era stato francese ( con l’occupazione napoleonica della Serenissima), austriaco ( con la susseguente presa di potere degli Asburgo), ma la sua patria d’adozione era l’Inghilterra, allora mondo che accoglieva gli esuli a braccia aperte.
Difatti prima delle sue avventure di esploratore e di archeologo ante- litteram, Belzoni era diventato famoso nel mondo dello spettacolo, specie per le sue invenzioni di effetti idraulici — e l’idraulica Belzoni l’aveva studiata quand’era seminarista a Roma, cosa che non voleva sottolineare dato che da Roma e dal seminario era scappato. Dopo essere stato reclutato dai nascenti Servizi Segreti britannici ( nascenti fino a un certo punto se pensiamo che Christopher Marlowe lavorava, come lui stesso specifica, per l’Intelligence) rimase per qualche tempo in Spagna, Portogallo e Malta per poi, nel 1815, sbarcare in Egitto. Ne Viaggi in Egitto ed in Nubia, edito da Harmakis, Belzoni racconta parte della sua avventura egiziana, e una selezione dei suoi viaggi. Come egli stesso specifica nella prefazione, questo volume è una traduzione dall’inglese.
“ Quantunque non sia inglese, ho preferito di narrare io stesso in questa lingua, per quanto io posso, a miei lettori quelle ricerche le quali ho fatte in Egitto in Nubia, lungo la costa del Mar Rosso e nell’Oasi” sic. Ma tanto la costa del Mar Rosso e dell’Oasi sono sparite da questo volume, e della scoperta della tomba di Seti si parla pochissimo. È lecito pensare che questa sia una traduzione “ pirata” pur se i diritti d’autore allora non esistevano, ( ben sappiamo quanto si diede da fare Giuseppe Verdi, anni avanti, per ottenerli e stabilirli.) e che fosse uscita in Italia senza il consenso dell’autore.
Quando già era al Cairo, Belzoni incontrò l’orientalista J.L. Burckhardt e da lui apprese moltissimo. Forse aveva già letto Strabone e Plutarco, ma certamente Burckhardt, uomo coltissimo, gli insegnò a leggere i classici. Burckhardt, straordinario personaggio ( uno svizzero che parlava l’arabo e andava in giro per il Sahara come se fosse in un Cantone svizzero), fu importantissimo per Belzoni che difatti in questo testo lamenta la sua morte precoce e inaspettata. Questo pur se Belzoni dei suoi affari privati non ci dice quasi nulla. In effetti non si chiamava Belzoni e persino la sua data di nascita varia nei vari documenti e scritti.
Ma Giovanni Battista ( che era più alto di due metri ed era un uomo famosamente bello) aveva molte cose da nascondere. Contro ogni aspettativa — ma non sua, “ the Great Belzoni” riuscì a trasportare 7 tonnellate di un busto di Ramses II, che si trovava al Ramasseum, fino al Nilo e di là al Cairo, ad Alessandria, a Londra e finalmente al British Museum. Allora non si sapeva che l’effige del Giovane Memnone rappresentasse il faraone Ramses II; Belzoni impiegò 17 giorni e 130 operai che non volevano lavorare per lui. Così iniziò la sua carriera di esploratore/ archeologo/ avventuriero/ agente segreto ecc ecc.
L’Inghilterra gli deve essere grata: molte statue al British Musem, istituzione che Belzoni idolatrava, lì si trovano per merito suo; e così altre meraviglie distribuite in vari siti, come il sarcofago di Seti in alabastro istoriato, uno degli artifatti più belli del mondo. Che venne aquistato da sir John Soane, l’eccentrico architetto la cui dimora londinese, the sir John Soane’s Museum a Lincolns Inn, è visitabile — una visita che consiglio.
Sbarcato a Bulak, il porto del Cairo, Belzoni racconta degli intrighi francesi — e inglesi — che però non spiega, dei continui imbrogli dei locali che chiama arabi o albanesi (i mamelucchi), dei trabocchetti dei caimacan, degli Agae dei kacheff; i pagamenti, i bacshish che distribuisce a volte consistono in pezzetti di cristallo o specchi — ma anche in pistole e polvere da sparo.
Ci racconta di due brutti tiri dei quali fu vittima, sciabolate che quasi lo resero zoppo e pistolettate senza dirci che erano attentati belli e buoni. In questa versione manca la sparatoria da parte francese all’interno del tempio di Luxor che quasi lo accoppò. Sono interessantissime le osservazioni di Belzoni sui templi che visita; capisce quando sono Tolemaici o di epoca anteriore; le sue note sono accurate e preziose per il futuro dell’archeologia.
Anche le sue osservazioni sulla vita quotidiana degli indigeni sono interessanti pur se li copre d’insulti per la loro rapacità e ignoranza — del resto “ loro” chiamavano Belzoni & Co “ cani cristiani”. Il testo è arricchito da note dello stesso Belzoni. Ma molto manca, prima di tutto il racconto della scoperta della città di Berenice; non c’è una introduzione che dica chi fosse Belzoni e in quale epoca vivesse; che spieghi che quando parla dei franchi, intende gli stranieri, perché qualsiasi europeo veniva così chiamato dagli egiziani, ecc ecc. Quasi ogni pagina contiene uno o più errori di stampa oltre agli errori di ortografia nel testo ( probabilmente di un traduttore). A volte mancano delle parole, e dei nomi sono indicati con la sola iniziale o sono addirittura scritti sbagliati. Tali sono gli errori e le lacune in questo volume che si ha l’impressione che il testo non sia stato neanche letto da chi lo ha preparato, il segreto per cosa intenda la direttrice editoriale per mettere assieme il “ libro”, è profondo quasi quanto quelli custoditi dal Grande Belzoni.
GAIA SERVADIO
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La dinamica che porta alla rivoluzione francese e’ per certi versi simile a quella italiana di oggi. Il Re di Francia ad un certo punto nota i costi enormi dei nobili, e la loro spaventosa inefficienza. Essi si sono riprodotti, si infilano ovunque, gestiscono poco e male , e quando falliscono e’ difficilissimo punirli.
Il Re si pone lo stesso medesimo problema che mi pongo io, ma decide una strategia che fallisce in un punto, ovvero nel diminuire il reddito.
Il Re di Francia decise di creare una gerarchia parallela di funzionari dello stato, presi tra i civili che la nuova borghesia stava producendo con qualita’ molto scolarizzate, e inizia a togliere il potere reale ai nobili. IL cittadino, anziche’ chiedere qualcosa al nobile ed asservirsi ad ogni richiesta, puo’ andare da un funzionario che , ad un prezzo fissato dal Re ed uguale per tutti, gli dara’ quanto richiesto.
I nobili, pero’, non accettano di perdere il potere o almeno di perdere il rispetto dei cittadini. Non vogliono che i loro sudditi li vedano come decaduti e insignificanti. Cosi’ il Re di Francia inventa l’etichetta reale, ovvero una serie di regole di comportamento, che vanno dal vestito al numero di inchini, dal colore dei cavalli delle carrozze sino ai nomi con cui essere chiamati, per la quale i nobili vengono annunciati sulla strada da N trombettieri, si festeggia il loro compleanno d’obbligo, e si fanno continue feste in loro onore. Come se non bastasse, la cosa si ripercuote a corte, ove si dovra’ seguire un incredibile protocollo che e’ teso a mostrare pubblicamente chi e’ chi: il Marchese sta a tot passi dal re, in ordine di importanza tra marchesi, i Baroni devono portare la spada anche ai balli, i Conti stanno in seconda riga tranne le dame che -se favorite – possono seguire il Re a due passi durante la passeggiata nei giardini, e tutta una serie di cose simili.
Questo soddisfa le velleita’ di protagonismo dei nobili, con una piccola eccezione: che il Re abbassa i loro budget. Il Re, che riscuote le tasse tramite funzionari e non piu’ tramite i nobili stessi, inizia a tagliare i fondi a questi nobili che non servono piu’ . Tuttavia la vita di corte e l’esibizione del titolo sono costosissimi, e cosi’ i nobili sono a corto di soldi quasi immediatamente. Il Re pensava che, come in Inghilterra, anche i nobili francesi si sarebbero dati all’impresa, creando compagnie coloniali o comunque mettendosi in affari, oppure che come i nobili tedeschi si mettessero a fare i generali a spasso per il mondo , in pratica mercenari.
In realta’, i nobili francesi erano di altra idea. I marchesi , in quanto titolari di una “Marca”, di solito possedevano molte terra. La Marca non era altro che una contea che si supponeva essere sui confini , la prima a reggere l’urto in caso di invasioni. Questo da un lato rendeva i marchesi molto costosi per via delle fortificazioni che dovevano costruire, ma dall’altro li obbligava a colonizzare le terre per avere gente da richiamare rapidamente alle armi o al lavoro per scavare fortificazioni.
Il risultato era che i Marchesi, ed in misura minore i conti , possedevano molte terre, con molta gente sopra. Quel che fecero fu di attaccarsi ai vecchi privilegi della nobilita’, che erano caduti in disuso ma legalmente ancora validi. Iniziarono a far pagare il permesso di cacciare, di fare acqua nei pozzi e nei fiumi, di fare i barcaioli nei corsi d’acqua, di raccogliere legna, di pascolare pecore. Quando necessitavano di qualcosa , dalla manodopera per il raccolto sulle loro terre alla manutenzione di fossati e muraglie, ricorrevano alla “Corvee'”, una chiamata obbligatoria a tutti i maschi validi, per lavorare gratis per il nobile.
Questo impoveri’ enormemente le masse contadine, che si mossero verso le citta’, o rimasero a fare la fame ed odiare i nobili. Dalla cui situazione di fame si arrivo’ poi alla rivoluzione, che uccise -oltre ai colpevolissimi nobili- anche un re che tutto sommato stava cercando di disfarsene o di ridimensionarli -motivo per cui era soggetto a continui intrighi di corte dei nobili stessi.
Che cosa manco’ al Re di Francia? Manco’ PARTE della strategia di fine vita di quelle figure. Manco’ cioe’ una strategia di riallocazione duratura che risolvesse il problema economico. Mentre gli inglesi nella stessa situazione avevano messo i nobili a capo delle compagnie coloniali , della flotta e della marina, il sovrano francese aveva preferito introdurre generali ed ammiragli di formazione civile , e la borghesia nascente in Francia vedeva di cattivo occhio l’arrivo dei nobili come concorrenti.
Questo errore fu fatale: il Re aveva pensato ad un’azione veloce che togliesse potere ai nobili dando loro in cambio l’apparenza del potere, una cosa come un Jet Set odierno, ma non considero’ il lato economico della cosa.
Adesso l’ Italia e’ circa nelle stesse condizioni. Ha una casta di politici e di politicanti, puttane e ballerine che il paese vorrebbe sostituire coi tecnici. Sinora questo tentativo e’ andato fallito, ma supponiamo pure che riesca: il risultato sara’ che queste persone si troveranno senza introiti ma vorranno continuare il loro stile di vita.
Essi potrebbero attivare “vecchi strumenti” per costringere le aziende private o, in qualche modo indiretto, il solito erario a mantenerli. In tal caso, quando questo succede la popolazione viene decisamente impoverita.
Ed e’ esattamente quanto sta succedendo , o iniziando a succedere, nell’ Italia di oggi.
Detto questo, il punto e’ semplice: se non si trova una strategia di uscita efficace sul piano economico, quello che succedera’ e’ che una nuova torma di cavallette si abbattera’ su quanto resta dell’economia italiana, pretendendo antichi pribilegi -burocrazie locali e ostruzionismi “da amicizia”- , che metteranno in miseria la popolazione.
Con una piccola differenza: che la popolazione italiana non si ribella mai perche’ al codardo il bastone del padrone suscita gratitudine e rispetto, e che non c’e’ un Robespierre a disposizione.
In pratica, il tutto sfocia in miseria.
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Dopo tante notti insonni, tante riunioni e tanto lavoro nelle terre in cui l’Inquisizione lavora, Calien è finalmente riuscito ad ottenere un invito al ballo dell’imperatrice Selene nel suo sontuoso palazzo. Nonostante le iniziali celebrazioni nel suo studio, prevalentemente con Josephine visto il duro lavoro che la donna aveva messo in quell’impresa, Calien era molto preoccupato: un conto era convincere i signorotti locali della sua capacità nel dirigere un’associazione che sta diventando sempre più vasta, ma qui si trattava dell’intera corte orlesiana, dedita a pettegolezzi ed intrighi come puro divertimento.
Non aveva voluto impedire a nessuno di venire – persino Sera era sembrata entusiasta all’idea di combinare qualche disastro alla corte, benché avesse promesso di limitare gli scherzi per la fine della serata – per questo, quella sera, l’intero circolo ristretto sembra un vero e proprio disastro. Non pensa di aver mai visto Josephine e Leliana così eccitate mentre bisbigliano di abiti e ornamenti vari, persino Ainwen si è fatta tirare nelle loro chiacchiere, mentre Vivienne ogni tanto si aggiunge alla conversazione per dare consigli sugli abbinamenti migliori. E’ quando vede aggiungersi anche Dorian che Calien si ritira, sapendo bene che l’amante adori usarlo come manichino per questioni di moda. Per conto suo, si è fatto fornire da Val Royeaux un abito elegante dal sarto di corte – tutti contatti di Vivienne, che si ritrova a ringraziare mentalmente mentre indossa l’elegante giacca blu notte con i ricami d’argento appena arrivata. Fortunatamente, i vestiti sembrano essere fatti proprio per farlo sembrare più imponente, cosa difficile considerata la sua stazza decisamente esile.
Ed è certo di aver fatto un’ottima scelta quando, quella sera, varca i cancelli del Palazzo d’Inverno per la prima volta. Non ha tempo di guardarsi intorno, di ammirare la bellezza del palazzo – non quando la corte intera sta guardando il loro gruppo così eterogeneo e sta sussurrando chissà quali malizie. Ogni distrazione, da quando saluta Gaspard alle porte fino alla fine della serata, dovrà essere messa da parte. Tutti contano su di lui per scovare l’assassino di Celene e fermare i piani di Corypheus prima che essi diventino realtà.
E per il comportamento dei suoi compagni, Calien può solo pregare che non distruggano l’intero palazzo.
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La vita di Gradara è da sempre legata alla Roccaforte che si erge sul colle a 142 m sul livello del mare, al confine tra Marche ed Emilia-Romagna in una posizione strategica e con una vista mozzafiato: durante il Medioevo la fortezza è stata uno dei principali teatri degli scontri tra il Papato e le Casate marchigiane e romagnole. Il borgo di Gradara, Ph. e55evu Un po’ di storia È un luogo ricco di memorie, e durante ogni visita si riescono a vivere emozioni uniche e irripetibili: è possibile passeggiare sia all’interno del castello sia sulle mura merlate ma anche sul ponte levatoio e nell’elegante cortile. Le sale interne ricordano gli splendori delle potenti famiglie che qui hanno governato: Malatesta, Sforza e Della Rovere. Il piccolo paese di Gradara è raccolto fra la prima e la seconda cinta di mura. Dopo il potere dei Malatesta e la tragedia di Paolo e Francesca che qui si consumò, arrivarono gli Sforza. Nel 1494, appena quattordicenne, Lucrezia Borgia subiva l’influenza del padre, il terribile Alessandro VI di Borgia, che la obbligava a lasciare il precedente marito per sposarne di nuovi, in funzione dei suoi loschi intrighi. Coloro che non volevano divorziare, come ci racconta la storia, finivano per essere avvelenati. Successivamente arrivano i Rovere e un susseguirsi di altri padronati fino al 1920, quando viene comperata dall’Ing. Umberto Zanvettori di Belluno che, grazie ad architetti di fama mondiale, ha iniziato un lungo percorso di restauro. Il Castello di Gradara, Ph. anzeletti (iStock) Paolo e Francesca: un amore sfortunato Se si parla di Gradara, non si può evitare di soffermarsi su una delle storie d’amore più conosciute della letteratura: Paolo e Francesca sono due personaggi realmente esistiti e non figure romantiche come Giulietta e Romeo nate dalla geniale fantasia di Shakespeare. Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore, Signore di Ravenna e Cervia e lì viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza, sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile. Nel 1275, Guido decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta, che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca, i potenti signori di Rimini e Ravenna tramarono l’inganno, facendole credere di diventare moglie del fratello, Paolo il Bello. Ma scoperta la truffa, ben presto si rassegnò, ebbe una figlia che chiamò Concordia, come la suocera. Ma le sue giornate erano spesso allietate dall’arrivo di quel tal Paolo, con cui è nata un’intensa relazione amorosa. Ma nel settembre del 1289, qualcuno avvisò Giangiotto della loro tresca. Di ritorno da uno suoi viaggi, aprì la porta e li sorprese. Accecato dalla gelosia estrasse la spada, Paolo cercò di salvarsi passando dalla botola che si trovava vicino alla porta ma, si dice, che il vestito gli si impigliasse in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre il fratello lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo, morendo entrambi sotto la lama. Dante, nella Divina Commedia, ha messo gli sventurati amanti all’inferno perché macchiati di un peccato gravissimo, ma li ha lasciati insieme facendoli vagare ancora innamorati come allora. Scorcio del borgo, Ph. LucaLorenzelli (iStock) Il Castello di Gradara Il Castello e il suo borgo fortificato rappresentano una delle strutture medioevali meglio conservate d’Italia: le due cinte murarie che proteggono la fortezza, la più esterna delle quali si estende per quasi 800 metri, la rendono anche una delle più imponenti della penisola. Il torrione principale si innalza per 30 metri, dominando l’intera vallata (gli orari per visitarlo sono: lunedì dalle 8.30 alle 13.00, dal martedì alla domenica dalle 8.30 alle 18.30, chiuso il 25 dicembre e il 1 gennaio). Piccola curiosità: i cani a Gradara sono i benvenuti. Possono circolare nel borgo, nel Museo Storico e sui Camminamenti di Ronda con guinzaglio e/o museruola, a meno che non ci siano particolari manifestazioni, mentre nella Rocca possono entrare solo nel trasportino. Per visitarlo e scoprire i segreti e i misteri che circondano i due amanti di dantesca memoria, è possibile prenotare anche una visita guidata. Diversi i ristoranti e i punti di ristoro all’interno del borgo, dove poter degustare prodotti tipici locali. Strada in Gradara, Ph. LucaLorenzelli (iStock) https://ift.tt/2ClrHwZ Gradara: il borgo romagnolo, cornice dell’amore di Paolo e Francesca La vita di Gradara è da sempre legata alla Roccaforte che si erge sul colle a 142 m sul livello del mare, al confine tra Marche ed Emilia-Romagna in una posizione strategica e con una vista mozzafiato: durante il Medioevo la fortezza è stata uno dei principali teatri degli scontri tra il Papato e le Casate marchigiane e romagnole. Il borgo di Gradara, Ph. e55evu Un po’ di storia È un luogo ricco di memorie, e durante ogni visita si riescono a vivere emozioni uniche e irripetibili: è possibile passeggiare sia all’interno del castello sia sulle mura merlate ma anche sul ponte levatoio e nell’elegante cortile. Le sale interne ricordano gli splendori delle potenti famiglie che qui hanno governato: Malatesta, Sforza e Della Rovere. Il piccolo paese di Gradara è raccolto fra la prima e la seconda cinta di mura. Dopo il potere dei Malatesta e la tragedia di Paolo e Francesca che qui si consumò, arrivarono gli Sforza. Nel 1494, appena quattordicenne, Lucrezia Borgia subiva l’influenza del padre, il terribile Alessandro VI di Borgia, che la obbligava a lasciare il precedente marito per sposarne di nuovi, in funzione dei suoi loschi intrighi. Coloro che non volevano divorziare, come ci racconta la storia, finivano per essere avvelenati. Successivamente arrivano i Rovere e un susseguirsi di altri padronati fino al 1920, quando viene comperata dall’Ing. Umberto Zanvettori di Belluno che, grazie ad architetti di fama mondiale, ha iniziato un lungo percorso di restauro. Il Castello di Gradara, Ph. anzeletti (iStock) Paolo e Francesca: un amore sfortunato Se si parla di Gradara, non si può evitare di soffermarsi su una delle storie d’amore più conosciute della letteratura: Paolo e Francesca sono due personaggi realmente esistiti e non figure romantiche come Giulietta e Romeo nate dalla geniale fantasia di Shakespeare. Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore, Signore di Ravenna e Cervia e lì viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza, sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile. Nel 1275, Guido decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta, che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Per evitare il possibile rifiuto da parte della giovane Francesca, i potenti signori di Rimini e Ravenna tramarono l’inganno, facendole credere di diventare moglie del fratello, Paolo il Bello. Ma scoperta la truffa, ben presto si rassegnò, ebbe una figlia che chiamò Concordia, come la suocera. Ma le sue giornate erano spesso allietate dall’arrivo di quel tal Paolo, con cui è nata un’intensa relazione amorosa. Ma nel settembre del 1289, qualcuno avvisò Giangiotto della loro tresca. Di ritorno da uno suoi viaggi, aprì la porta e li sorprese. Accecato dalla gelosia estrasse la spada, Paolo cercò di salvarsi passando dalla botola che si trovava vicino alla porta ma, si dice, che il vestito gli si impigliasse in un chiodo, dovette tornare indietro e, mentre il fratello lo stava per passare a fil di spada, Francesca gli si parò dinnanzi per salvarlo, morendo entrambi sotto la lama. Dante, nella Divina Commedia, ha messo gli sventurati amanti all’inferno perché macchiati di un peccato gravissimo, ma li ha lasciati insieme facendoli vagare ancora innamorati come allora. Scorcio del borgo, Ph. LucaLorenzelli (iStock) Il Castello di Gradara Il Castello e il suo borgo fortificato rappresentano una delle strutture medioevali meglio conservate d’Italia: le due cinte murarie che proteggono la fortezza, la più esterna delle quali si estende per quasi 800 metri, la rendono anche una delle più imponenti della penisola. Il torrione principale si innalza per 30 metri, dominando l’intera vallata (gli orari per visitarlo sono: lunedì dalle 8.30 alle 13.00, dal martedì alla domenica dalle 8.30 alle 18.30, chiuso il 25 dicembre e il 1 gennaio). Piccola curiosità: i cani a Gradara sono i benvenuti. Possono circolare nel borgo, nel Museo Storico e sui Camminamenti di Ronda con guinzaglio e/o museruola, a meno che non ci siano particolari manifestazioni, mentre nella Rocca possono entrare solo nel trasportino. Per visitarlo e scoprire i segreti e i misteri che circondano i due amanti di dantesca memoria, è possibile prenotare anche una visita guidata. Diversi i ristoranti e i punti di ristoro all’interno del borgo, dove poter degustare prodotti tipici locali. Strada in Gradara, Ph. LucaLorenzelli (iStock) La vita di Gradara è da sempre legata alla Roccaforte, al confine tra Marche ed Emilia-Romagna: qui si è consumato l’amore tra Paolo e Francesca.
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Pochi visitatori occidentali si concedono il tempo di vistare uno dei luoghi più piacevoli e rilassanti della capitale cinese: Il Giardino del Sogno della Camera Rossa (Daguanyuan). Non è solo la riproduzione di angoli che evocano la nostra immagine del giardino cinese. Si tratta piuttosto di una visualizzazione abbastanza precisa dei luoghi descritti nel più importante e ipnotico romanzo della tradizione letteraria cinese. Un libro che seduce chiunque lo affronti da secoli: Il Sogno della Camera Rossa.
Con questo post voglio essere due volte eretico. Non parlerò infatti di luoghi strettamente spirituali e lascerò più spazio alle immagini. Lo farò per parlarvi del Sogno della Camera Rossa, un libro che ho molto amato e che considero un testo ricco di magia e spiritualità, oltre che di trame amorose e intrighi sociali. Scritto alla metà del XVIII secolo da Cao Xuechin. racconta l’universo magico di una grande casa patrizia e le storie, i drammi e le poesie che vi si intrecciano, gran parte delle quali hanno come sfondo il meraviglioso giardino. Nella cultura cinese questo romanzo ha un’importanza che è difficile paragonare a qualsiasi altro romanzo della tradizione europea e la città di Pechino gli ha reso un tributo ricostruendo non solo il giardino ma anche i padiglioni della grande casa nobiliare, arredati cercando di avvicinarsi il più possibile alle descrizioni fatte nel romanzo. Costruito nel 1984 come set per uno sceneggiato di grande successo della televisione cinese, il giardino è stato mantenuto diventando un’attrazione turistica molto popolare ed è anche una dimostrazione di come la memoria di questo capolavoro della cultura sia ancora forte nella nuova Cina occidentalizzata e imbarbarita dalla ricchezza. Raccomando a tutti (o perlomeno a chi crede che un romanzo non sia solo una successione di avvenimenti frenetici…) la lettura del romanzo Il Sogno della Camera Rossa, disponibile anche in traduzione italiana (più sotto ho postato le cover delle due principali edizioni), come pure mi sento di suggerire a chi si rechi a Pechino di trovarsi un paio d’ore per visitare questo luogo curioso e decisamente “cinese” nella forma e nello spirito. Di turisti stranieri se ne incontrano davvero pochi ma ogni angolo ha comunque cartelli e spiegazioni anche in inglese.
Ecco una breve galleria di foto (di Maria Lecis) che rendono solo minimamente l’atmosfera del giardino.
Una classica porta cinese circolare mi porta all’interno di uno dei padiglioni dove sono stati ricostruiti gli ambienti in cui agiscono i personaggi del romanzo.
Talvolta le ricostruzioni includono anche manichini in costume d’epoca. L’effetto è realistico? Lascio decidere a voi….
I colori vivaci, verde e rosso in particolare, sono tipici dell’architettura tradizionale cinese. Osservo divertito gli spazi di questo parco a tema letterario di Pechino.
In un paesaggio ideale cinese non possono mancare i ponti…
… né le rocce. Ogni giardino tradizionale cinese, anche il più piccolo, è infatti un microcosmo dove vengono riprodotti tutti gli aspetti della natura.
Naturalmente grande importanza ha anche l’acqua dove si trovano i padiglioni dedicati alla contemplazione che sono un’altra delle caratteristiche del giardino cinese.
Non mancano i passaggi coperti che collegano tra loro i diversi corpi della casa tradizionale, anche disposti a livelli diversi.
Anche se la superficie su cui si sviluppa il giardino non è enorme, la capacità illusionistica degli architetti dei giardini cinesi riesce a far sembrare tutto molto più grande di quanto lo sia.
Chiunque abbia familiarità con il romanzo si diverte a riconoscere nei luoghi costruiti nel giardino e a ricordare le scene che vi sono ambientate.
Seduto sotto questo portico, affacciato sull’acqua, ho passato un’ora di grande tranquillità, malgrado il giardino fosse frequentato da molti turisti locali, non certo silenziosi…
Un giardino letterario: il Sogno della Camera Rossa a Pechino Pochi visitatori occidentali si concedono il tempo di vistare uno dei luoghi più piacevoli e rilassanti della capitale cinese: Il Giardino del Sogno della Camera Rossa (Daguanyuan).
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. Xª FLOTTIGLIA MAS La situazione a Gorizia – prima e dopo la Battaglia di Tarnova La Decima arrivando a Gorizia trovo’ una citta’ prostrata. L’ azione dei politici del Litorale Adriatico e quella dei militari locali pareva aver cancellato i segni di Gorizia italiana. Se nelle valli e nei capisaldi i reparti italiani erano ben presenti, nella citta’ si notavano quasi solamente soldati tedeschi e gli slavi delle varie fazioni favorevoli ai tedeschi: domobranci sloveni, ustascia croati, cetnici serbi… Non una sola bandiera italiana, nelle vetrine e nei negozi molte insegne e scritte in tedesco e sloveno, i circoli culturali italiani chiusi, le iniziative economiche ostacolate. Il monumento ai caduti della Grande Guerra era stato fatto saltare dai belogardisti La Decima, che aveva compiti militari, in effetti si fece carico di un piu’ ampio impegno: riportare a Gorizia una visibile presenza italiana. Gli ufficiali ed i maro’ non attesero ordini per entrare nei negozi e chiedere che venissero tolti i cartelli in lingua straniera. Il comando divisionale volle mettere rimedio anche all’ isolamento delle province orientali e istitui’ un servizio di pulman tra Gorizia e Milano. Uno degli obiettivi di questa iniziativa era anche di consentire ai giovani che volevano abbandonare la Todt, spesso arruolati forzatamente, di raggiungere Milano per entrare nei ranghi della “Decima”. Il servizio di pulman consenti’ anche di distribuire a Trieste e a Gorizia i giornali che si stampavano a Milano e a Torino, dei quali – dalla data dell’ armistizio – era stata vietata la diffusione. Per gli italiani di Gorizia – almeno per la grande maggioranza che non intendeva passare sotto la Yugoslavia o sotto il dominio della Germania – l’ arrivo e l’ impegno della “Decima” assumeva un aspetto chiaramente nazionale e sollevava grandi speranze. Per la prima volta dopo l’ 8 settembre in quelle terre era presente una forza militare italiana libera da compiti di presidio e in grado di modificare in prospettiva la situazione politica. I battaglioni si erano appena messi in movimento che a Gorizia si prospetto’ un nuovo incidente con i tedeschi. Per una esposizione di quadri di artisti italiani e tedeschi nella sala era esposta la bandiera tedesca, alcuni maro’ chiesero al gestore di esporre anche quella italiana, ma questi rispose che aveva paura a farlo. Il Comandante Carallo, informato del fatto, ordino’ ai suoi uomini di esporre la bandiera italiana nella sala, ne scaturi’ un contrasto con le autorita’ civili tedesche e intervennero anche quelle militari. Incluso il comandante della piazza di Gorizia. Insistettero nell’ affermare che le disposizioni da loro ricevute vietavano l’ esposizione delle bandiere italiane e slovene. Carallo, per non pregiudicare ulteriormente i difficili rapporti con i comandi germanici e non compromettere le operazioni militari appena iniziate, in cui i suoi uomini erano pesantemente impegnati, accetto di togliere la bandiera italiana, ma immediatamente dopo invio’ una nota al comando “Adler” con richiesta di riparazioni per “l’ offesa all’ onore della nostra bandiera” informando contestualmente della situazione il Comandante Borghese. --------- Z.O. 21.12.1944 XXIII MARINA DA GUERRA NAZIONALE REPUBBLICANA COMANDO DIVISIONE “DECIMA” Ufficio del Capo di S.M. Al COMANDO X MAS – Lonato ARGOMENTO: Situazione politico-militare a Gorizia RISERVATA PERSONALE Riservata al Comandante BORGHESE Ti rimetto con conoscenza copia della mia richiesta al comando “Adler” (Comando superiore SS Globocnik) Comunque, in risposta alla proibizione, una immensa bandiera italiana sventola dal balcone del mio comando, molte vetrine hanno gia’ esposto bandiere italiane e questa notte inondero’ Gorizia di manifestini tricolori con un saluto della Decima alla popolazione della citta’ santa. Avevi perfettamente ragione: la nostra presenza qui non e’ solo necessaria, ma indispensabile per non far perdere il sentimento di italianita’ a quei pochi restati immuni dalla passiva rassegnazione della politica austriacante, poggiata sul dissidio italo-slavo e degli intrighi che vogliono creare tra noi e i tedeschi. In tutta la mia azione mi sorreggono gli ufficiali di collegamento delle SS. DECIMA! DECIMA! DECIMA! Il Comandante in 2^ Capitano di Fregata Luigi Carallo A Gorizia i rapporti con i tedeschi ricominciarono ad essere tesi… In un settore tanto movimentato militarmente si sovrapponevano contrasti etnici e piani a lunga scadenza. La presenza della “Decima” aveva un peso decisamente politico! Cio’ non piaceva assolutamente a chi pretendeva di avere una posizione preminente. Ci fu un ennesimo incidente, ancora per la bandiera italiana: il TV Montanari, Capo Ufficio Operazioni, fece intervenire da Salcano una compagnia del “Barbarigo” per bloccare il solito tentativo dei tedeschi di far ammainare la bandiera italiana che sventolava sulle caserme e sui comandi della “Decima”. Peggiori ancora erano i rapporti con gli slavi alleati dei tedeschi che, forti della protezione di questi ultimi, ostentavano apertamente disprezzo per i militari italiani. La reazione della “Decima” in questi casi fu sempre decisa e immediata, si arrivo’ a violente zuffe e si sfiorarono scontri a fuoco. All’ ospedale militare i feriti delle due etnie dovevano essere rigorosamente tenuti separati. L’ atteggiamento dei domobranci non differiva sostanzialmente da quello dei comunisti del IX Korpus: le loro mire espansionistiche coincidevano, la - Slavia Veneta secondo loro - aveva per confine il Tagliamento e questo doveva essere l’ assetto politico a fine guerra. Il C.te Borgese nel 1947 in un suo manoscritto ricorda la situazione in questi termini: “Le autorita’ politiche austriacanti, non riuscendo a spuntarla per altra via e decise a sbarazzarsi di questi “pericolosi italiani”, ricorsero allora ad un altro sistema, gia’ in uso da parte della polizia del vecchio impero absburgico, di servirsi di agenti provocatori per far affluire decine di denunce contro gli uomini della Decima, accusandoli di ogni specie di crimini, dal saccheggio allo stupro, dall’ omicidio all’ incendio doloso; si arrivo’ all’ assurdo di denunciare un marinaio della Decima di essersi pubblicamente fatto vanto di aver gia’ ucciso sei ufficiali tedeschi e di essere in agguato per raggiungere al piu’ presto il record di dieci! Questa campagna porto’ a maturazione i piani della cricca politica austriacante. Verso la fine del gennaio ’45 il Gauleiter Rainer chiedeva ufficialmente, mediante telegramma al plenipotenziario militare germanico, generale Wolff, il ritiro della Divisione Decima dalla Venezia Giulia e il suo trasporto a ponente del Tagliamento.”
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La mia professoressa di storia dell’università sosteneva sempre che è nella cosiddetta piccola storia che su può apprendere il vero elemento che rende questa disciplina indispensabile: lo spirito del tempo.
I secoli che passano, tra eventi più o meno sanguinari, i cambiamenti sociali e politici, le alleanza, e le conquiste non sono altro che indicatori della brava e autentica motivazione alla base di questo strano percorso a spirale: l’evoluzione.
E per evoluzione si intende un non meramente scientifico, quando intimo e morale.
Sono le macine del grande mulino che dando spazio a un era o l’altra, possono donarci complessivamente una visione di insieme laddove è il dentro dell’essere umano a cambiare, è la sua mentalità, la prospettiva, i valori e persino la sua anima.
Ecco, la meraviglia dello spirito del tempo che timido si nasconde dietro accadimenti puramente e fintamente logici che vanno vivisezionati per tirar fuori le cosiddette radici illogiche di ogni azione e di ogni evento.
E cosi noi studiamo la storia per comprendere chi siamo e forse il mondo verso cui sogniamo di dirigerci, quasi mai simile a quello delle nostre utopie.
I grande fatti, come le battaglie, come gli intrighi politici sono, dunque, specchietti per le allodole.
E’ nella vita di tutti i giorni, in come essa dagli stessi viene trasformata a celare il vero autentico sentimento storico.
Non è nella battaglia di Lepanto, ad esempio, il vero interesse nello storico, ma a tutto ciò che ruota attorno e che ci fa comprendere come, anche le realtà più brutali fanno nascere ibridi interessanti, fanno avvicinare le culture e creano la nostra sfaccettata identità.
E cosi una semplice guerra navale si arricchisce di quelle piccole storie che la rendono unica, che ne isolano il vero significato, che stravolgono le vite degli umili più che dei potenti, che cambiano drasticamente gli occhiali con cui guardare il mondo.
Non è tanto nella battaglia di Annibale il tratto particolare, quanto nell’impatto che esso ebbe sulla popolazione a rendere leggendarie le sue gesta. Furono forse, i suoi 37 elefanti a diventare storia più della sua meravigliosa tattica e strategia. E cosi bisogna, se si vuole immergersi nel passato, trovare spiegazione non tanto nel clamoroso quanto nel piccolo, nel consueto per comprendere come cambia il quotidiano di fronte alle grandi storie che irrompono quasi amai a passo leggiadro, nella nostra esistenza.
La Giustiniani lo ha compreso bene, tanto che il suo racconto del meraviglioso Egitto specie dei periodi più traumatici, si interseca con vicissitudini apparentemente banali ma che contengono tutta la rivoluzionaria specificità di quegli anni confusi. Id che età stiamo parlando?
Non so quanti di voi masticano le storia del sacro Egitto, ma per noi appassionati il momento più tragico e al tempo stesso più interessante, fu il periodo che va dall’ascesa del faraone eretico alla sua morte, fino a toccare il breve regno del suo sfortunato erede. E’ in quell’attimo che si compie il vero cambiamento dell’Egitto che si troverà a dover cambiare la sua radicata identità culturale.
Amenofi IV, conosciuto più comunemente Akhenaton, fu un sovrano molto particolare, oserei dire eccessivamente particolare.
Egli, infatti operò una riforma religiosa che non toccava solo il culto formale ma sopratutto sostanziale ossia introdusse un culto solare al posto di quello “stellare” dell’antichità.
Secondo molti studiosi e io sono concorde, non si tratto di una vera rivoluzione monoteistica, come è passato nell’immaginario popolare. Non introdusse una religione rivelata che potesse dare origine e radici al cristianesimo.
Più che altro si potrebbe individuare un substrato semitico dell’innovazione tanto da far propendere a un meraviglioso Freud per una strana e inquietante somiglianza tra Mosè e il re eretico. Fu, quindi una solarizzazione delle divinità riunite nella forma di Amon Ra.
Il risultato fu una sorta di religione universalistica che però è molto lontana dal vero monotesimo, tanto che Max Muller verso la fine del XIX secolo parlò di enoteismo.
Con tale termine si indica una religione che si contrappone fortemente all’animismo, ossia all’esistenza di una moltitudine di divinità ognuna con una sua identità ben definita, per passare a una divinità principiale, unica da cui si irradiavano divinità secondarie.
Parti dello stesso tutto. Diciamo che forse, Akhenaton fu un pro-tocibernetico.
Ma bando alle ciance filosofiche…quello che va sottolineato, dunque, è la conspegueza sociale e politica di tale “innovazione”: il riunire le varie personificazioni della natura sotto un unico elemento significava limitare sensibilmente il potere sacerdotale.
Se la divinità era secondaria e emanazione dell’unico, anche il potere della casta andava a diminuire. Fu quindi più che manovra religiosa profondamente politica, evitando la delega del sacro a un clero specializzato.
Aton, permise la percezione immediata dal divino in netta opposizione alla divinità quasi nascoste del pantheon stellare.
Ciò significava la perdita costante di influenza di Osiride e di tutte le pratiche funerarie egizie: grazie a Aton tutti potevano sperare nel paradiso del Duat.
Se per molti storici l’influenza sul popolo fu minima, quella sul clero e sull’èlite fu sicuramente di grande importanza.
L’assolutismo teocratico ne usci rafforzato, raggiungendo quasi lo stesso potere del diritto medievale del re.
Mentre il popolo continuava in fondo a venerare le divinità tradizionali, capaci di rassicurare un identità messa in crisi non solo da questa riforma ma dalle pressioni ai suoi confini da parte di ittiti e Mitanni, le alte cariche dello stato iniziarono una sorta di muta ribellione.
Dopo la sua morte e l’avvento la regno del re bambino Tutankhamon la situazione mostrò tutta la sua crisi interna:la messa in disparte di istanze locali in favore dell’amministrazione centralizzata, provocò un sistema di corruzione, intrighi contro cui, più tardi dovette combattere il faraone Horemheb.
Ecco che la Giustiniani usa, come scenario per le avventure/disavventure di Nimaat proprio questo contesto di transizione.
Ricco di complotti, di insicurezza, di tradimenti e di valori messi in discussione, i protagonisti si muovono sul filo del rasoio alla ricerca di un identità del se messa in discussione proprio dai cambiamenti.
Il culto di Aton messo poi da parte dal Tutankhamon che ristabilì forse costretto l’antico culto pone i nostri protagonisti in una sorta di limbo in cui tutto è confuso e nulla è certo.
Lo stesso rapporto tra padre e figlia Thutmosi e Nimaat sembra richiamare questo conflitto tra il faraone padre di tutto l’Egitto e i suoi sudditi, che non si riconoscono più nelle leggi e nelle sue parole, non si riconoscono più in una terra che ha visto troppi ripensamenti, che è sta preda di troppe rivisitazioni, e di poche certezze.
Che non riesce più a essere immagine del cielo e della Maat cosmica e troppo immagine del principio caotico di Seth.
E cosi nel primo libro, la città dei morti o la città Set-Maat tenta di trovare se stessa attraverso la manualità creativa,trovandosi, però il blocco di convenzioni sociali che la osteggiano e al tempo stesso la stimolano, fino a costringerla a infrangerle.
Nimaat è l’immagine di un Egitto che non si arrende e che tenta d salvare se stesso coniugando il passato con il presente, un presente meno coinvolgente meno certo e meno avvolgente.
L’Egitto di questi libri appare cosi fragile, in costante pericolo non più unito sotto lo sguardo benevolo degli Dei.
Essi si sono ritirati, essi hanno sciolto l’Enneade, e lasciato i propri figli abbandonati, nel caos.
Nel sigillo di Anubis è il dio dei morti a dominare.
Con il suo sguardo di fuoco osserva il mondo conosciuto sfaldarsi lentamente, sotto giochi di potere che compromettono il legame originario tra la terra e il sovrano, tra il sovrano e il popolo sempre più in balia di scelta più impronta alla ragion di stato che al raggiungimento della vera unica finalità del patto di governo degli antichi: la concordanza di cielo e terra.
Ecco che si assiste non solo al crepuscolo di una dinastia, ma di un intero paese. L’Egitto di Nimaat non sarà più quello raccontato nelle leggende, lontano dal Zep Tepi, lontano da ogni sogno e da ogni utopia. Il suo ultimo regalo al mondo sarà appunto la città dei morti, dove un giovane Carter scoprirà tesori inestimabili ma anche la maledizione che accompagnerà il giovane sfortunato sovrano per tutta la vita: essere stato incapace di divenire il collante tea passato e futuro, figli odi tempi fragili, figlio di una decadenza che, forse è inscritta nel DNA delle grandi civiltà. L’Egitto, da allora non sarà mai più lo stesso. Diretto verso il declino, si lascerà alle spalle un passato glorioso quasi sommerso dalla sabbia del tempo.
Tra amori e lacrime, tra avventure e meravigliosi intrighi, l’Egitto dei miei sogni mi parla attraverso il contesto tornato a vivere grazie alla penna talentuosa di Isabel
Arriverà il momento in cui si vedrà che gli Egiziani hanno onorato gli Dei con sincera pietà e assiduo servizio; e si vedrà che tutta la nostra santa adorazione sarà stata inutile e inefficace
Perché gli Dei torneranno in cielo dalla Terra.
L’Egitto sarà abbandonato e la Terra che una volta fu la casa della religione rimarrà vuota, sprovvista della presenza dei suoi Dei.
Questa terra e regione sarà piena di stranieri; e gli uomini non si occuperanno più del servizio per gli Dei,ma anche…; e l’Egitto sarà occupato da Sciiti o Indiani e da qualche razza dei paesi barbari della zona. Quel giorno la nostra terra più sacra, terra di santuari e templi si riempirà di funerali e cadaveri
…. e questa terra che una volta fu santa, una terra che amava gli Dei e nella quale , come ricompensa della sua devozione, gli Dei si degnarono di risiedere sulla Terra, una terra che fu la maestra dell’umanità per santità e pietà, questa terra andrà aldilà di ogni fatto crudele….
Oh Egitto, Egitto, della tua religione non rimarrà che racconto vuoto, a cui i tuoi stessi in futuro non crederanno; non rimarranno altro che delle parole scolpite e solo le pietre parleranno della tua pietà.
E in quei giorni gli uomini saranno stanchi della vita, e smetteranno di pensare all’universo come degno di rispetto e ammirazione.
E così la religione, la più grande di tutte le benedizioni, perché non c’è niente e non c’è stato nè ci sarà cosa che possa considerarsi una benedizione più grande, sarà minacciata dalla distruzione; gli uomini la considereranno un peso e arriveranno a disprezzarla.
Non ameranno più questo mondo che ci circonda, questa opera incomparabile di Dio, questa struttura gloriosa che egli ha costruito, quella somma di beni composti da molte forme diverse, questo strumento con il quale la volontà di Dio opera su quello che lui ha fatto, favorendo diligentemente il benessere dell’uomo, questa combinazione e accumulo di tutte le molteplici cose che possono provocare la venerazione, l’adorazione e l’amore di chi è osservante.
Si preferirà l’oscurità alla luce e la morte sarà considerata più redditizia della vita;nessuno alzerà gli occhi al cielo; i pietosi saranno considerati pazzi e gli empi saggi; il pazzo sarà considerato un uomo di valore e i malvagi buoni.
In quanto all’anima, e la credenza che è immortale per natura o può sperare di raggiungere l’immortalità, come ti ho insegnato, si burleranno di tutto ciò e si convinceranno che è falso.
Nessuna parola di reverenza o pietà, nessuna dichiarazione degna del cielo e degli Dei del cielo, sarà ascoltata o creduta.
E così gli Dei si allontaneranno dall’umanità, una cosa grave! E rimarranno solo angeli malvagi che si mescoleranno con gli uomini e condurranno i poveri disgraziati con la forza verso ogni genere di crimini insensati, guerre ruberie e frodi e tutte quelle cose ostili alla natura dell’anima….
Così la vecchiaia scenderà sul mondo. La religione già non esisterà più e tutte le cose saranno disordinate storte, tutto ciò che è buono scomparirà.
Asclepio III
Il romanzo di Tutankhamon “La città dei morti” e “Il sigillo di Anubis”. di Isabel Giustiniani. A cura di Alessandra Micheli La mia professoressa di storia dell'università sosteneva sempre che è nella cosiddetta piccola storia che su può apprendere il vero elemento che rende questa disciplina indispensabile: lo spirito del tempo.
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Symbaroum - Karvosti, Il Maglio Purificatore (ITA)
Publisher: GGstudio
Edizione Italiana - Italian Edition
Una foschia fredda e umida ammantava l’altopiano, facendo tremare Selisa mentre, assieme a un’altra dozzina di cacciatori di tesori appena arrivati, si trovava dinanzi alla Huldra. Gli occhi severi della strega li scrutavano da dietro la maschera, come se li stessero giudicando uno a uno.
"Che sta succedendo?" Sussurrò Galar. "Non abbiamo fatto..."
Selisa azzittì il suo compagno esploratore mollandogli un calcetto sullo stinco. Non era assolutamente il momento di mettersi a discutere. Aveva paura solo arespirare. La sensazione di disagio aumentò quando lo sguardo dell’Arcistrega si posò su Galar, incupendosi.
"Tu..." la voce era fredda e accusatoria come il dito ossuto che indicava l’amico di Selisa "Tu sei la preda." La strega si voltò verso la Guardia della Furia che la stava accompagnando, le cui mani erano appoggiate sull'impugnatura di un’ascia.
"Portatelo via. Anche i suoi compagni." Prima che Selisa o Galar potessero reagire, e prima che la Guardia della Furia avesse fatto anche un solo passo nella loro direzione, il limpido suono di u na campana solitaria riecheggiò nell’aria.
La strega si ritrasse, poi guardò la torre che si stagliava ai margini dell’altopiano, a dieci passi di distanza. "Troppo tardi", sibilò, volgendosi verso coloro che le stavano dinanzi. "Ora, razziatori, dovrete combattere o morire! L’Oscurità che avete risvegliato sta per abbattersi su tutti noi!"
Karvosti - Il Maglio Purificatore vi invita a unirvi alla più grande caccia al tesoro di sempre! In questo volume non troverete solo l’epica e movimentata avventura intitolata Il Maglio Purificatore, ma anche un centinaio di pagine di materiale utile per le vostre campagne che descrivono la rupe di Karvosti e i suoi dintorni, compresa una vasta sezione con nuove regole e indicazioni in merito all’ambientazione e all’avventura.
CONTENUTI PRINCIPALI:
Il Maglio Purificatore, ovvero la più pericolosa e terribile caccia al tesoro dai tempi dell’antica Symbaroum. Un ampio resoconto della storia, delle attività, delle fazioni e dei conflitti nella regione di Karvosti, che potranno leggere sia i giocatori che i Game Master.
Venti luoghi unici, in cui i Personaggi Giocanti potranno riposare, mangiare, bere, raccogliere informazioni o ricevere udienza dai dignitari locali.
Un esteso capitolo riservato ai Game Master, che descrive ciò che si nasconde sotto la superficie della regione, con miriadi di spunti per avventure da sviluppare in scenari o intere campagne originali.
Indicazioni su come gestire l’esplorazione di rovine o gli intrighi in atto nel mondo di Symbaroum, nonché numerose regole aggiuntive tra cui nuove abilità, tratti, elisir, artefatti, mostri e nemici.
Price: $14.90 Symbaroum - Karvosti, Il Maglio Purificatore (ITA) published first on https://supergalaxyrom.tumblr.com
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LA MORTE RITORNA... SULLE RIVE DEL VERBANO
La Morte ritorna… sulle rive del Verbano. Domani – 22 marzo alle ore 18.30 a Cadrezzate, nella bella location del Bistrot Ninfea di via Mogno 310, dove si potrà assistere alla presentazione e cenare al prezzo speciale di 10 euro a persona.
Accanto a una ormai nota scrittrice di gialli – la scrittrice e giornalista Marina Martorana – ci sarà un esperto di crimini, Giuseppe Armocida, professore di psicopatologia forense. A moderare l’incontro la giornalista Valentina Bigai di Rete 55. I tre converseranno sul libro, sugli aspetti più inquietanti e perversi che si celano nella mente umana, sulle dinamiche che scatenano gli omicidi. Una rilettura del thriller in chiave psichiatrica che si profila interessante e insolita.
MORTE SUL VERBANO – IL LIBRO Macchione Editore ha deciso di dare alle stampe la seconda edizione del giallo: e non è un caso. Il varesino Pietro Macchione è infatti un grande promotore delle bellezze della sponda lombarda del Lago Maggiore. Un’area lacustre splendida, ricca di cultura millenaria, arte, natura. Eppure poco nota, a differenza della dirimpettaia costa piemontese. “Questo romanzo” spiega l’autrice “è nato anche per far conoscere e valorizzare questo nostro patrimonio storico-ambientale”. Così come il successivo romanzo, Intrigo internazionale sul Verbano, anche questo primo giallo esalta nelle sue descrizioni la multiforme bellezza del paesaggio, di cui Marina – nata a Venezia, vissuta a Milano e oggi brebbiese – è innamorata. LA TRAMA La nota detective Teresa Leone, titolare dell’omonima agenzia di investigazioni e consulente della Polizia di Stato, si trasferisce da Bari in provincia di Varese, lungo la Costa Fiorita del Verbano. Suo fratello Rodolfo infatti, che vive Gemonio da tanti anni, dopo la morte della moglie è scivolato in una grave depressione. Ed è solo. Così, per poterlo gestire nelle cure, Teresa si ritrova catapultata in una deliziosa fettina di mondo a lei sconosciuta. Ma resta subito coinvolta in un denso intreccio criminale composto da delitti, intrighi, segreti, narcotraffico. Pian piano, con il suo braccio destro Rami Grondin, le autorità locali e in primis Luca Terenzi – ispettore capo della Polizia di Varese – riuscirà a mettere insieme i tasselli del puzzle e a scoprire le amare verità. SCHEDA LIBRO L’autrice è la giornalista Marina Martorana www.marinamartorana.it Editore Pietro Macchione www.macchionepietroeditore.it Numero di pagine: 182
Prezzo: 15 euro Disponibile in libreria o nei principali bookshop on line
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L'elefantessa che voleva la libertà, l'ultimo libro di Paolo Mazzarello
L’elefantessa che voleva la libertà, l’ultimo libro di Paolo Mazzarello
Alessandria News Il lungo viaggio di una elefantessa alla vigilia della rivoluzione francese per avvicinare l’India alla Francia. Con il suo ultimo libro “L’elefante di Napoleone”, il medico scrittore Paolo Mazzarello, originario di Mornese, ci trasporta in unatmosfera di conflitti e intrighi fra potenze coloniali europee e signorotti locali
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