#Il Sonnambulo
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Il Sonnambulo di Lars Kepler: un thriller che svela l'orrore nelle tenebre dell'anima. Recensione di Alessandria today
Un'indagine mozzafiato tra il gelo della Svezia e le ombre della mente: Joona Linna affronta il suo caso più oscuro.
Un’indagine mozzafiato tra il gelo della Svezia e le ombre della mente: Joona Linna affronta il suo caso più oscuro. Biografia degli autori Dietro lo pseudonimo di Lars Kepler si cela una coppia di scrittori svedesi, Alexander Ahndoril e Alexandra Coelho Ahndoril. Entrambi autori affermati, hanno unito le loro forze nel 2009 per creare una delle saghe thriller più amate e vendute al mondo,…
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libriaco · 1 year ago
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Lo vedi come sei?
Sei un pigro, un sonnambulo, un’ostrica. Le definizioni variano a seconda delle ore e dei giorni, ma il senso resta sempre più o meno lo stesso: non ti senti fatto per vivere, agire, lavorare; vuoi soltanto durare, vuoi soltanto aspettare e dimenticare.
G. Perec, [Un homme qui dort, 1967], L'uomo che dorme, Macerata, Quodlibet, 2009 [Trad. J. Talon]
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gcorvetti · 9 months ago
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Stranezza.
Questa notte ho avuto ... non saprei come descriverlo, la mia compagna mi ha detto che sono come caduto dal letto, boh, forse ero solo stanco? Chissà cosa è successo, sto diventando sonnambulo? Comunque, ieri mi hanno dato il contratto, era tanto che non vedevo un papello cartaceo da firmare, gli ultimi 3 erano digitali e neanche li ho firmati. Arrivato a casa ho chiesto a lei se me lo traduceva, perché interamente in estone, di tutto l'ambaradam ho notato solo che scade il 31 Dicembre del 2025, non so perché chiederò, e il fatto che non vengono menzionate le ferie, allora penso che sia più importante di una possibile fine, infatti stamane chiedo all'headchef e mi dice che è a discrezione dello chef del team e che sono pagate, ma perché non metterlo in contratto visto che ci sono clausole assurde, va bè l'importante è avere il quadro chiaro. Parlando con Spock mi ha detto che anche il suo contratto scade lo stesso giorno, strano, cosa succederà l'ultimo dell'anno prossimo? Le coincidenze non esistono diceva Jung, quindi cosa ci aspetta per un futuro prossimo? Per non saper ne leggere e ne scrivere, si dice così dalle mie parti, io inizio a pensare a qualcosa da fare in quel futuro così non tanto lontano, ma non mi viene in mente niente che non abbia già in lista; sarà, nel frattempo la sauna è pronta e mi sa che vado così giusto per fare qualcosa di simpatico.
Vi lascio una composizione un pò enigmatica 😁​
youtube
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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Il mondo come supermercato, scosso di tanto in tanto dall'orgasmo dei "saldi straordinari" e nelle cui corsie l'uomo sonnambulo porta il suo caddie che scivola su ruote di caucciù, mentre una musica importata gli strapazza orecchie e cervello, ecco la "felicità"!
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Jean Cau
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aigiornileggeri · 2 years ago
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il figlio della mia amica che sta dormendo nel letto con me è sonnambulo e si alza ogni due per tre, parla e dorme con gli occhi aperti, sto ridendo da sola da almeno un’ora
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svlaag · 15 days ago
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"Non hai voglia di vedere nessuno, né di parlare, né di pensare, né di uscire, né di muoverti.
Poi in un giorno del genere, un po’ più tardi, o un po’ più presto, scopri senza sorpresa che c’è qualcosa che non va, che, per dirla senza tanti giri di parole, tu non sai vivere, e mai ne sarai capace.
[...]
Qualcosa si stava rompendo, qualcosa s’è rotto. Non ti senti più - come dire? - sorretto: qualcosa che ti sembrava, e ti sembra, t’avesse finora confortato, scaldato il cuore, restituito il sentimento della tua esistenza, quasi della tua stessa importanza, dandoti l’impressione di aderire al mondo e di esservi come immerso, comincia ora a venir meno. Eppure, tu non sei uno di quelli che passa le ore di veglia a chiedersi se esiste davvero e perché, chi è, da dove viene e dove va. Tu sei uno che non si è mai posto seriamente la questione se viene prima l’uovo o la gallina. I crucci metafisici non hanno mai segnato i nobili tratti del tuo viso. E tuttavia niente resta di quella traiettoria saettante, di quel movimento proiettato in avanti che da sempre sei stato portato a identificare con la tua vita, cioè con il suo senso, la sua verità e la sua tensione: un passato ricco di esperienze feconde, di lezioni ben assimilate, di radiosi ricordi d’infanzia, di luminose felicità campagnole, di sferzanti venti dal largo, un presente denso, compatto e caricato a molla, un futuro generoso, verdeggiante e arioso. Il passato, il presente e il futuro ora si confondono: si confondono in un’unica pesantezza delle tue membra, nella fastidiosa emicrania, nella spossatezza, la calura, l’amaro e intiepidito sapore del Nescafé.
[...]
Questa è la tua vita. Questi i tuoi averi. Puoi fare l’esatto inventario del tuo magro capitale, il preciso bilancio del tuo primo quarto di secolo. Hai venticinque anni e ventinove denti, tre camicie e otto calzini, qualche libro che non leggi più, qualche disco che non ascolti più. Non hai voglia di ricordarti di nient’altro, né della tua famiglia, né dei tuoi studi, né dei tuoi amori, né dei tuoi amici, né delle tue vacanze, né dei tuoi progetti. Hai viaggiato, e dei viaggi non ti resta nulla. Sei seduto e vuoi soltanto aspettare, aspettare solamente finché non ci sia più niente da aspettare: che venga la notte, che suonino le ore, che i giorni fuggano, che sfumino i ricordi. Non rivedi i tuoi amici. Non apri la porta. Non scendi a prendere la posta. Non restituisci i libri che hai preso in prestito alla biblioteca dell’Istituto di pedagogia. Non scrivi ai tuoi genitori. Esci solo a notte fonda, come i topi, i gatti e i mostri. Vaghi per le strade, ti infili nei luridi piccoli cinema dei Grands Boulevards. A volte cammini tutta la notte; a volte dormi tutto il giorno.
Sei un pigro, un sonnambulo, un’ostrica. Le definizioni variano a seconda delle ore e dei giorni, ma il senso resta sempre più o meno lo stesso: non ti senti fatto per vivere, agire, lavorare; vuoi soltanto durare, vuoi soltanto aspettare e dimenticare. La vita moderna, generalmente, non è che apprezzi molto atteggiamenti di tal fatta: intorno a te, da sempre, hai visto privilegiare l’azione, i grandi progetti, l’entusiasmo: l’uomo proteso in avanti, l’uomo con lo sguardo fisso all’orizzonte, l’uomo che guarda dritto davanti a sé. Sguardo limpido, mento volitivo, andatura sicura, pancia in dentro. Tenacia, iniziativa, gesta clamorose e trionfi tracciano il cammino troppo limpido di una vita troppo esemplare, disegnando le immagini sacrosante della lotta per la vita. Le pietose menzogne che cullano i sogni di quelli che si sono impantanati e girano a vuoto, le illusioni smarrite dei milioni di reietti, quelli che sono arrivati troppo tardi, quelli che hanno poggiato la valigia sul marciapiede e ci si sono seduti sopra ad asciugarsi la fronte. Ma tu non hai più bisogno di scuse, né di rimpianti, né di nostalgie. Tu non respingi niente, non rifiuti niente. Tu hai smesso la marcia in avanti, ma già da prima avevi smesso di andare avanti, ora non ti rimetti in moto semplicemente perché sei arrivato a destinazione, e non vedi proprio cosa ci andresti a fare più avanti: è bastata, o quasi, in un giorno di maggio in cui faceva troppo caldo, l’inopportuna congiunzione tra un testo di cui avevi perso il filo, una tazza di Nescafé dall’improvviso gusto troppo amaro, e una bacinella di plastica rosa piena di acqua nerastra al cui interno galleggiavano sei calzini, perché qualcosa si rompesse, si alterasse, si disfacesse; perché venisse alla splendente luce del sole - ma la luce del sole non splende mai nella soffitta di rue Saint-Honoré - questa verità deludente, triste e ridicola come un cappello da asino, pesante come un dizionario Gaffiot: tu non hai più voglia di proseguire, né di difenderti, né di attaccare. I tuoi amici si sono stancati e non vengono più a bussare alla tua porta. Tu hai smesso di camminare per le strade dove potresti incontrarli. Eviti le domande e lo sguardo di colui che il caso mette talvolta sulla tua strada, rifiuti la birra o il caffè che costui ti offre. Soltanto la notte e la tua stanza ti proteggono: la stretta panca su cui resti sdraiato, il soffitto che non cessi di riscoprire ad ogni istante; la notte, quando, da solo in mezzo alla folla dei Grands Boulevards, ti succede quasi di avere una specie di felicità per il rumore, le luci e l’oblio. Non hai bisogno di parlare, né di volere. Non fai che seguire il flusso che va e viene, dalla République alla Madeleine, dalla Madeleine alla République. Non hai l’abitudine né la voglia di metterti a far delle diagnosi. Ciò che ti turba, che ti scuote e spaventa, ma a volte ti esalta, non è tanto il carattere repentino della tua metamorfosi, quanto la sensazione vaga e pesante che le cose non stiano così. Visto che tu, per l’appunto, sei così da sempre e non è cambiato nulla, anche se te ne rendi conto soltanto adesso: questo nello specchio incrinato non è il tuo nuovo volto, sono le maschere a essere cadute, il calore della tua stanza le ha fatte sciogliere, il torpore le ha scollate. Le maschere della retta via e delle magnifiche certezze. In questi venticinque anni non hai mai visto niente di ciò che oggi è già l’inesorabile? Non hai mai notato le falle, in quel surrettizio brano di storia che ti rappresenta? I tempi morti, i passaggi a vuoto. Il cocente e fuggevole desiderio di non più voler sentire, di non più voler vedere, di restartene immobile e silenzioso. I sogni insensati di solitudine."
Un uomo che dorme, Georges Perec
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norise-feliceserino · 2 months ago
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glispecchidormono · 2 months ago
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I compagni di Catatonia
si trovarono tutti insieme
sulla cima del ponte
traversando il dirupo
si ruppe una gamba
l'allegro sonnambulo
furono feste e gemiti
gelo e percosse
faticose salite
e discese mosse.
I compagni di Catatonia
misero in piedi una catapulta
la gente di paese li squadrava
con un'aria di impazienza
finì quel giorno la loro intraprendenza
fu per loro l'inizio dell'inverno vero.
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luigifurone · 6 months ago
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81. (La zuppa)
vecchio
a rimestare
certe mattine
stanca mestola
aperti gli occhi appena
sul fondo sul ferro
raccogli dividi complicare
gira mestolo gira
come vanno dicendo
forse è la saggezza
forse la follia.
con malavoglia
lascio e guardo
la mescola continua,
il fuoco le manopole adusate,
i conti già saldati.
di questo strano oliare
grumi
piccoli cocci d’ossa
filiformi fibrosi
liquido e bolle il resto.
sembra non abbia fatto altro,
da sveglio,
nato ch’ero,
rabbioso, sonnambulo,
sembra non abbia fatto altro,
come una mania.
chi non ha ci ha messo grano,
in questa zuppa chi?
quale pretesto
mai non ha saputo?
pure ci ha piovuto,
peccabile anche il tetto,
e goccia dopo goccia
io specchiavo.
e tutto d’un giorno
seduto accanto,
il braccio astenico
che posa, quasi,
tra l'ombre del chiuso lumeggiare
il gufo mormora
come il sapore mormora
quel che ci metti
quello ti ritrovi,
d’ogni dose
e cura e rivoltare,
quando è la saggezza,
quando è la follia.
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macabr00blog · 11 months ago
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percorsi frammentati: 2017 (2)
Amarezza sulla mia gola bambina, mi tremano le fauci a vederli contorcersi, dietro i miei molari si apre il mio segreto più profondo, è lì che vi nascondo. E’ lì che smetto di pronunciare i loro nomi, tolgo via i semi, lascio che niente vada oltre. Mio padre mi viene a prendere, un pomeriggio di giugno, io e mia sorella andiamo in vacanza con lui. Ho quattordici anni, un telefono nascosto all’interno dei pantaloncini, i capelli corti ai lati, ci addentriamo nei peggiori hotel di villeggiatura, il mare è sporco come una palude, mio padre si addormenta a colazione. Julian, qualche giorno prima, mi consegna una lettera scritta al computer, non mi ama più, ha perso la voglia, non ha mai avuto desiderio. Come potrebbe, d'altronde, lui, io sono solo un comune schiavo. E’ spietato, non mi risponde per giorni, io nella stanza d’hotel inginocchiato sul tappetino del bagno fingo una convulsione. Mi hanno insegnato che con la bocca posso fare tutto, quella è la mia migliore arma, grido d’aiuto e la mia presunzione sollecita i soccorsi. Con il telefono nascosto chiamo mia madre, dall’altra parte d’Italia, le dico con la voce di un figlio che ha fame, con la stessa voce con cui ho parlato per mesi con decine di uomini che mi chiedevano dove fosse il mio cuore, con la stessa voce che mi ha portato al silenzio, di voler il suo aiuto. Pretendo di recuperare la strada, le dico che se non accorre con una scusa, potrei gettarmi dal balcone, lei non sa che siamo alloggiati al primo piano, mi romperei massimo un altro osso del braccio, è silenziosa per attimi interminabili, chiede pace. Chiede pace con la stessa voce in cui chiedo da anni pace a mio padre, ormai con il volto devastato dalle sostanze, occhiaie di un orco sonnambulo, è la stessa ombra sottile di quando Julian mi sta davanti al sole e mi tiene per mano. Chiede pace come solo una madre vorrebbe che il figlio tacesse per lei. Via, portatemi via. In meno di mezza giornata mia madre è ferma ad un autogrill lungo la strada di casa, io ho il volto caldo da uno schiaffo, la mano di mio padre che trema sul volante, mia sorella accanto a me piange mentre mastica una gomma rosa. Scendiamo dall'auto di papà, saliamo sull'auto di mamma, io so che mi sto lasciando una bambina alle spalle, quella bambina che tanto mi è somigliata in questi anni, io so che sto dicendo addio all’infanzia. Non riesco a dire altro che scusa, ma non sono per niente dispiaciuto, coloro un mandala lungo la strada di casa, quattro ore di autostrada nel silenzio. Al mio ritorno l’estate ormai inoltrata, il calore del disonore che mi pizzica la gola, mi sono chiesto parecchie volte se mi sono forzato a scopare nelle settimane seguenti, se il mio desiderio fosse soltanto frutto di un altro spazio e di un altro corpo che non ero io, e la risposta è stata sempre no. Non era un mio dovere, non era nemmeno un piacere, era un passatempo. I passatempi non sono passioni, non sono bisogni, sono il lungo spazio nelle ore, e d’estate in provincia è tutto troppo vacuo. Dall'auto di papà, all'auto di mamma, all'auto di un amico o un nemico o un animali dai sensi particolarmente affini. Il mare palude che diventa la ristretta bonifica di un terreno irrigato all’alba, gli alberi dopo la casa di Julian che si fanno stretti, il fico al centro del giardino che s’ammala. Mio nonno compra una motosega, lo sradica una mattina di luglio. Il fico si è ammalato, lo hanno ammazzato. Lo stesso giorno, i miei umili pretenziosi desideri adolescenziali si rendono odiosi sotto la mia lingua. Nel pomeriggio lascio scorrazzare il cane, gli lancio una vecchia palla di plastica sgonfia, lui nemmeno si alza dal giaciglio per rincorrerla. Disimpara in fretta. Nel pomeriggio salgo al piano di sopra per prendere un libro, mi siedo sull’asfalto del patio, sto aspettando qualsiasi messaggio da qualsiasi disgraziato che voglia ancora un po' di materia dolce, ma sono tutti emigrati lontani da questo pezzo di nulla.
Lui arriva scampanellando lungo la via. E’ un nitrito meccanico. Penso che non scorderò mai quel rumore senza risposta, quel modo di annunciarsi così acuto, il momento esatto in cui arriva davanti alle sbarre ferrose e arrugginite del cancello padronale, scende dalla bicicletta. Non ha niente a che fare con una preda, ma allo stesso tempo da lontano non è nient’altro che un cervo reso misero dall'assenza delle corna. Non c’è niente sul suo capo di capelli scuri, niente che parli di schiavitù, niente che parli di regalità, è solo una massa di pelle avvenente. Sento il suo odore per la prima volta quando, ormai sceso dalla bicicletta e lasciata alle spalle la via, si addentra dentro il cortile di casa mia, mi si avvicina per farsi spazio nell'apertura delle sbarre, io di sbieco riesco a percepire la sua dentatura da fumatore e l’unto della protezione solare e la fatica del suo addome di sudori fini. Non è mai esistito niente che mi facesse credere così tanto che il mondo è odore. Mia madre che mi mette al mondo, dentro di lei sono una massa di arrugginiti cordoli di sangue, un’appendicite si trasforma in infezione, ho reso il suo corpo una bara. Mio padre che mi tiene stretto al petto, una vecchia fotografia di lui in sala parto, bianco come un cencio, mi hanno raccontato del suo svenimento. Mia sorella che sbuccia il ginocchio, sulla ghiaia, si trascina la gamba insanguinata. Metallo, metallo, metallo, averlo vicino è come sentire il suo sangue, l’oro del suo crocifisso sulla lingua, lui è un cervo ed io sono un orso, sono un orso, sono un orso e sono appena uscito da un letargo durato tutta la vita. Apro la bocca come farei se fossimo umani, la apro poco per non destare sospetti, il mio sentimento si perde tra il non detto, qualche convenevole e scivola lungo il marciapiede, appoggia lo zaino sullo stesso tavolo dove Julian sputava semi, si sfila velocemente la maglietta e ricade nell’azzurro della piscina.
Le settimane seguenti torna come se si annoiasse davvero, arriva la mattina presto e resta fino all’imbrunire, all’incirca tre bagni e un pranzo, non parliamo mai davvero. Trovo, quindi, espedienti per attirare la sua attenzione, esche di carta, mi trascino tra le mani libri importanti, cammino lungo il bordo con Luminal di Isabella Santacroce, Pasolini sottobraccio, una volta cito Pavese a pranzo, lui coglie di sfuggita il verso. Sonnecchia su Celan, cosa ne sa lui di me? Sono un ragazzo da collezione, non smetto con gli appuntamenti, sono un ragazzo martire, non smetto con il grande cielo.
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blackstaranise · 2 years ago
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Tu, il più sapiente e il più bello degli Angeli, Dio tradito dalla sorte e privato di lodi,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Principe dell'esilio, cui è stato fatto torto, E che, vinto, ti rialzi sempre più forte,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che tutto sai. grande re delle cose sotterranee, guaritore familiare delle angosce umane,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che anche ai lebbrosi, ai paria maledetti, Insegni con l'amore il gusto del Paradiso,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che dalla Morte, tua vecchia e forte amante, Generasti la Speranza, - una pazza affascinante!
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che dai al proscritto quello sguardo calmo e fiero che attorno alla forca danna un popolo intero,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che sai in quali angoli delle terre invidiose Il Dio geloso nascose le pietre preziose,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu, il cui occhio limpido conosce i profondi arsenali dove dorme, seppellito, il popolo dei metalli,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu, la cui grande mano nasconde i precipizi Al sonnambulo errante sul bordo degli edifici,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che, magicamente, rammollisci le vecchie ossa dell'ubriacone ritardatario calpestato dai cavalli,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che per consolare l'uomo fragile che soffre, ci insegnasti a mescolare il salnitro e lo zolfo,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che stampi il tuo marchio, complice sottile, sulla fronte di Creso, impietoso e vile,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Tu che instilli negli occhi e nel cuore delle ragazze Il culto delle piaghe e l'amore per i cenci,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Appoggio degli esiliati, lampada degli inventori, Confessore degli impiccati e dei cospiratori,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Padre adottivo di quelll che, nella sua nera collera, Dio Padre scacciò dal paradiso terrestre,
Satana, abbi pietà della mia lunga sofferenza!
Preghiera Gloria e lode a te, Satana, nell'alto dei Cieli, dove regnasti, e nelle profondità dell'Inferno, dove, vinto, sogni in silenzio! Fa' che la mia anima un giorno, sotto l'Albero della Scienza, Riposi vicino a te, nell'ora in cui, sulla tua fronte, Come un Tempio nuovo s'intrecceranno i suoi rami! — Le litanie di Satana by Charles Baudelaire, trans. Gian Carlo
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amantidellamaglia · 2 years ago
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Discutibile la vittoria di 2 punti dei Golden State Warriors sui Dallas Mavericks
Nei primi due giorni della stagione regolare del campionato, i Golden State Warriors hanno battuto i Dallas Mavericks in trasferta, ma hanno battuto di due punti gli avversari. È stato a causa dei due punti di questa vittoria di misura che l'avversario ha messo in dubbio questo gioco. Perché questi due punti sono esattamente ciò che Curry ha segnato senza alcuna difesa.
Nell'intervista post-partita, Curry ha parlato della cosiddetta "mancata visione del giudizio dell'arbitro" lamentata dai Dallas Mavericks. Curry in canotta nba sconto ha detto: "Ero in panchina in quel momento, e ho visto l'arbitro puntare prima nella nostra direzione, indicando che era la nostra palla. , e poi ha indicato la panchina dei Dallas Mavericks, intendendo il loro timeout. Ma Dallas I Mavericks non avevano nessuno da difendere dopo il timeout, che ha dato l'opportunità di indossare la maglia Golden State Warriors. Probabilmente sono stati i due punti più facili, dipende È strano, ma dal nostro punto di vista quella decisione è stata relativamente chiara".
In effetti, chiunque abbia visto la partita dovrebbe sapere che non c'è niente di sbagliato nei due punti, ma che lo stesso Dallas Mavericks è sonnambulo.
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venividivicinanza · 2 years ago
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BLOG #4 - HO BISOGNO DI UN CHIROPRATICO
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Ho bisogno di un chiropratico! Sono un uomo di mezza età. Sto ancora diventando, ma la mia postura malsana mi fa evolvere in un mostro sedentario. Io, sotto la città fatta sugli scheletri, sotto San Pietroburgo. Io, sotto Parigi e le sue catacombe, o come Quasimodo a Notre Dame. Devo scrivere blog brillanti per mantenere le persone interessate. Non ho molti follower sui social, e queste parole non hanno desinenze plurale. 
Sto sui gomiti pensando alle cose da cui scrivere. Le mie ossa, che puoi sempre vedere con la radiografia, sono una cianografia. Le mie costole: un xilofono che contiene la mia musica multilingue. Il ritmo, l’adrenalina, la sintassi: tu puoi vederli nelle costole. Non è logico rimanere sedentario e bisognando il chiropratico. Il collo è curvo e il vecchio corvo mi becca la cartilagine nel mio orecchio. 
Da bambino ero sonnambulo e da adulto temo catatonia. Trovando dentro un algoritmo sulle cose a cui penso più spesso mi vince tutte le profonde conversazioni sulla morte e sul morire. Forse la morte e il morire non sono così terribili né pietrificanti. Quindi, quando ripenserò ai blog che scrivo, io vedrò risposte nella mia fragile ossatura: l’osteoporosi che si sbriciola nello zucchero di canna. 
Faccio parte di un corpus multilingue e ci annotiamo molto. Mettiamo cose in prima linea dal posteriore. Quasi sempre noi abbiamo ragione, però noi arrossiamo quando mordiamo, quando rosicchiamo. Non ho vergogna da dire che ho bisogno di un chiropratico. Ma– questi brani contengono synovia. E noi possiamo svanire dal rigido Picasso verso il membranoso Dalì qui, là e ovunque, la prova di adattamento ai cambiamenti della vita.  
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spettriedemoni · 3 years ago
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Cose strane
Stamattina mi sono svegliato sul divano. Non ricordo quando ci sono finito, ma sono sicuro di essere andato a dormire nel letto. Cosa sia successo dopo per convincermi ad andare sul divano lo ignoro, per quanto cerchi di ricordarlo.
È arrivato pure Tigrotto che si è steso addosso a me. Lui ha questa tendenza a voler dormire vicino ai genitori, per cui nella notte si alza e arriva dalla camera sua dritto nel nostro letto. Evidentemente verso le 6 si è accorto di essere solo nel lettone e ci ha cercato. Non trovando subito la mamma (che era in bagno) si è accontentato del papà.
Ha faticato a svegliarsi, probabilmente la scarpinata di ieri lo ha stancato più di quel che pensassi. Tra poco dovremmo essere a scuola ma ci mette una vita pure a fare colazione. Speriamo non frigni troppo.
Intanto non ancora riesco a ricordare come sono finito sul divano. Non ricordo di essermi alzato, non ricordo di aver avuto l'idea di coricarmi sul divano. Nulla.
Mi fa impazzire questa cosa.
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sonotroppomanonabbastanza · 8 years ago
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Io studio, lei legge. 🌺
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shadow-inside-of-me · 7 years ago
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"Avevo l'impressione di fuggire nel sonno... che la vita reale fosse l'incubo e che potessi trovare pace soltanto nel sonno."
Cassandra Clare, Shadowhunters Le Origini, Il principe (p.398)
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