#Giulia Maria Falzea
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L’abito della festa / Teatro dei Luoghi Fest & Fineterra Teatro
L’abito della festa / Teatro dei Luoghi Fest & Fineterra Teatro
Quattro storie del sud, quattro storie tutte italiane cucite ad hoc dalla scrittrice Giulia Maria Falzea e dal regista Salvatore Tramacere. Prodotto da Koreja Teatro, lo spettacolo in scena il 2 agosto per Teatro dei Luoghi Fest è un gioiello raro, che brilla anche grazie alla musica dal vivo della band Les Trois Lézards.. (more…)
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#Cantieri Teatrali Koreja#Carlo Durante#Giulia Maria Falzea#Recensione L’abito della festa#Salvatore Tramacere
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🎈Oggi comincia la prima edizione di "Lungomare di Libri - Bari", la libreria a cielo aperto ideata con il Salone del Libro di Torino. Ad ogni libreria partecipante è stato chiesto di portare con sé un libro che possa rappresentare il proprio catalogo e il proprio lavoro. Noi, per chiare ed emozionali ragioni, porteremo con noi un libro che per concetto e storia ci accompagna sin dai nostri timidi esordi: "ANATOMIA DEI SENTIMENTI" di Giulia Maria Falzea @giuliamaria_bene e Claudia Gori @claudiagori, stampato con @anatomielab. Lo troverete da domani disponibile al nostro stand/ casetta, durante le giornate di #lungomaredilibri, dal Teatro Margherita fino al Fortino. @spinebookstore (Per Robi ❤️) #spinebookstore #Spine #Bari #Puglia #Italia #libri #fumetti #autoproduzioni #smallpress #albiillustrati #microproduzioni #editoria #edizioni #italiane #estere #stampe #graphicnovel #illustrazione #arte #poster #bookshop #booklovers #illustratedbooks #indipendente (presso SPINE Bookstore) https://www.instagram.com/p/CQi0B28n42F/?utm_medium=tumblr
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15/05/2017 - 25/05/2017 #GUL - uno sparo nel buio
Inizia oggi e prosegue fino al 25 maggio 2017 la residenza creativa per la produzione del nuovo spettacolo di Gemma Carbone.
GUL - uno sparo nel buio
di e con Gemma Carbone scritto da Giancarlo De Cataldo
coproduzione Cantieri Teatrali Koreja e @naprawski con il supporto di ABF, L’arboreto – Teatro Dimora, Armunia Centro di Residenza Artistica Castiglioncello – Festival Inequilibrio e Residenza IDRA assistenti alla regia Giulia Maria Falzea e Riccardo Festa musiche di Harriett Ohlsson
Questo spettacolo è un monologo. Questo monologo è un giallo. In particolare è un giallo svedese: c’è la neve, le giornate in cui non sorge mai il sole, un omicidio violento, un complotto politico. In questo spettacolo tutti i personaggi sono biondi e molto alti. Alcuni molto ricchi e importanti, altri soli e disperati. Nessuno è felice. Il più infelice di tutti è O.P. che poi è anche la vittima. Di O.P. sappiamo tutto: chi era, cosa ha fatto, cosa pensava – persino come si muovevano le sue gambe quando andava a correre nei boschi vicino alla sua bella casa di Stoccolma. Quello che non sappiamo è l’identità del suo assassino, l’arma con cui è stato ucciso e, soprattutto, sopra ogni altra memoria o elucubrazione, perché. GUL significa giallo in svedese. Questa storia coniuga due elementi che ritengo, benché a prima vista distanti, mutuamente pertinenti: il primo è il genere, il giallo, appunto; il secondo è uno degli eventi più traumatici della storia contemporanea europea: l’omicidio del premier svedese Olof Palme. L’omicidio di Olof Palme è un cold case per eccellenza. Oggi quello che ci rimane della sua vita non è altro che una storia densa di complotti e interessi politici, un lutto nazionale, un assassino mai arrestato. Segreti, social-democrazia e sangue.
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GUL - Uno sparo nel buio (promo) from Teatro Koreja on Vimeo.
Uno spettacolo di Koreja
da un’idea di e con Gemma Carbone scritto da Gemma Carbone, Giancarlo De Cataldo, Giulia Maria Falzea, Riccardo Festa assistenti alla regia Giulia Maria Falzea e Riccardo Festa musiche di Harriet Ohlsson costumi di Marika Hansson luci e scene di Gemma e Carlo Carbone consulenza artistica di Salvatore Tramacere cura tecnica Alessandro Cardinale ricerca attoriale in collaborazione con Marco Sgrosso con il supporto di Konstnärsnämnden, ABF, Teatro Dimora Arboreto, Armunia - Centro di residenza artistica Castiglioncello - Festival Inequilibrio e Residenza IDRA Coproduzione Naprawski (SE) Organizzazione e tournée Laura Scorrano e Georgia Tramacere
"E così la profezia è realizzata: viviamo in un mondo in cui la suprema funzione del segno è quella di far scomparire la realtà e di mascherare al contempo questa scomparsa. Questa è la storia di un delitto: l'uccisione della realtà. E dello sterminio di una illusione: l'illusione vitale, l'illusione radicale del mondo." Jean Baudrillard
Questo monologo è un giallo. C'è una poliziotta sola e testarda, una vittima, un assassino, una vedova, complotti politici, caffè freddo, sangue freddo e tante, tante, troppe, betulle. Ma sopra ogni cosa, c'è un mistero da risolvere. GUL significa giallo in svedese. Questa storia coniuga due elementi, benché a prima vista distanti, mutuamente pertinenti: il primo è il genere, il giallo, appunto; il secondo è uno degli eventi più traumatici della storia contemporanea europea: l'omicidio del premier svedese Olof Palme. Nel 1986, l'omicidio di Olof Palme ha segnato la storia politica mondiale. Oggi quello che ci rimane della sua vita non è altro che una storia densa di intrighi e interessi politici, un lutto nazionale, un assassino mai arrestato. Un cold case perfetto, un dimenticato giallo svedese. Segreti, social-democrazia e sangue.
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The itinerant bookshop Foto Gang is moving to Firenze ! Fondazione Studio Marangoni, 11 and 12 of February. I’ll be there with my new zine edited by Zine Tonic Eition!
You will find a selection of self published books and fanzines with presentations and drinks. During the two days it will be possible to discover, see, touch and buy the books of : Sue-Elie Andrade-Dé, Maurizio Annese, Ying Ang, Federico Arcangeli, Be the place, Mario Di Salvo, Davide Bernardi, Filippo Boccini, BOLO Paper, Alessandra Matia Calo', Giovanna Calvenzi, Piergiorgio Casotti, Andrea Colombo, Alvaro Deprit, Otto Di Paolo, Angelo Ferrillo, hornschaft, Sascha Kraus, Lahar Magazine, Lacunae Project, Lieudit 57, Matthieu Litt, Gabriele Lopez, Maps-Magazine, Manuela Marchetti, Fabrizio Musu, Lia Nalbantidou, Francesca Occhi, Lucas Olivet, Ana Lía Orézzoli, Michela Palermo, Davide Palmisano, Incomplete Princess Irina, Natalya Reznik, Claudia Gori, Giulia Maria Falzea, Malick Sidibé, Matteo Signanini, SPontanea, Federico Sutera, Synapsee, Jacopo Benassi, Daniela Tartaglia, Aram Tanis, Daria Tommasi, Zine Tonic Editions, Petra Valenti See you there!
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Conversazione con Gemma Carbone
Durante la sua residenza creativa al Teatro Dimora di Mondaino ho incontrato Gemma Carbone che - insieme al fotografo Samirluca Mostafa Aly che ci ha concesso le due immagini all’interno dell’intervista - mi ha raccontato l’ultimo progetto artistico della compagnia @naprawski Gul - uno sparo nel buio.
[Un-retouched preview by Samirluca Mostafa Aly]
Mi parli di Gul – uno sparo nel buio?
Il progetto è nato la scorsa estate e coniuga due elementi che a prima vista possono sembrare molto contrastanti ma credo che nello scontro di forme possa esserci qualcosa di interessante. Il primo elemento è il giallo, il poliziesco. Il secondo elemento è un dramma, un fatto reale, l’omicidio del premier svedese Olof Palme nel 1986. Questo omicidio è a tutti gli effetti un cold case: un assassinio violento avvenuto in centro a Stoccolma, un venerdì sera dopo il cinema, di cui non sappiamo niente; sappiamo tutto in realtà, abbiamo tutti i moventi, nessun alibi, però non siamo mai arrivati a una condanna o a una soluzione. È un enigma scandinavo, un thriller politico che rimane quasi cristallizzato in questo mistero che in Svezia è doloroso. Se chiedi a chiunque dove fosse e cosa facesse il 28 febbraio del 1986 quando sono iniziate a uscire le prime notizie dell’assassinio, tutti ricordano esattamente. È una specie di 11 settembre per il popolo svedese. Una frase che ricorre spesso in relazione a questo evento è che “in quel giorno abbiamo perso la nostra innocenza”. È detta da tutti, è stata scritta sui giornali, è una frase caratterizzante. In una società utopica perfetta come può essere quella svedese questo evento è un neo, un cancro, un rimorso, un rancore che non dovrebbe esserci stato. Invece c’è, c’è stato e ha avuto degli effetti non solo politici, non solo sociali ma risvolti storici incredibili di cui poche persone sanno.
Come è nato lo scontro con il genere?
Il fatto che ci sia una storia così tragicamente presente nella nostra contemporaneità, nella formazione dell’Europa, nella formazione di noi come cittadini, nell’idea che noi abbiamo della socialdemocrazia che è stata radicalmente condizionata dalla vita e dalla morte di Olof Palme ma nessuno di noi sappia niente, è strano. Quando sento parlare dell’omicidio di Palme mi sembra di sentire una di quelle saghe nordiche, una leggenda, qualcosa di “brutto”, non risolto e misterioso: un labirinto di buio. La domanda che mi sono posta è stata come fare entrare il pubblico in questo evento e come far passare attraverso questa la forma del giallo, del thriller scandinavo, qualcosa che veramente è successo. Viaggiare attraverso il giallo, il poliziesco, il gioco del genere, il gioco di una storia inventata, e a un certo punto svelare che questa non è una storia qualsiasi ma la Storia con la S maiuscola, la realtà. Questo contrasto mi ha accesa. Il giallo è un genere che se usato bene espone degli elementi sociali forti. Il modo in cui la vittima è uccisa, l’efferatezza del delitto, la colpevolezza, la condanna dell’assassino, il tipo di fobia che si crea intorno a questa cosa, ci parlano, se il giallo è scritto bene, del tipo di paura sociale che esiste nella realtà.
Come avete scelto la forma monologo?
Il giallo svedese è quasi sempre un esterno, la persona piccola immersa in un panorama immenso. È azione, sparatoria, è qualcuno che sta nell’ombra, è suspense, colpo di scena. Il monologo è stato da un punto di vista attorale e registico una sfida che ci siamo voluti prendere, un paletto che abbiamo scelto con la produzione. A un certo punto è stato chiaro che questa figura solitaria in scena traslasse dall’estetica del noir a un thriller più psicologico assolutamente compatibile con la poetica del giallo scandinavo. C’è questa figura solitaria che si barcamena in questo immenso paesaggio di personaggi e complotti, di passioni e politica, di spazi e paesi – si parla di Svezia ma in questo omicidio sono coinvolti tutti, dall’Iran al Sud Africa, dalla CIA all’Italia, etc. Questa diversa focale, questa lente che va al contrario, può dare una prospettiva scenica diversa. Nel monologo è una persona sola a essere la chiave dello svelamento e della memoria.
[Un-retouched preview by Samirluca Mostafa Aly]
Come compagnia avete prodotto un altro spettacolo, You Are Here (so don’t take things so seriously), dove lavoravate confrontandovi con un altro genere letterario, la fantascienza, Isaac Asimov. Dalla fantascienza passate ora al giallo due generi letterari considerati minori ma che riletti attraverso il teatro possono illuminare la grande Storia. Come avviene il cortocircuito?
Questa fa parte di uno degli indirizzi della mia ricerca artistica. Sono cresciuta con i romanzi di fantascienza. Asimov è stato uno dei miei autori di riferimento fin dagli anni della pubertà. Credo che in questi generi considerati minori si possa ritrovare una connessione più semplice e più immediata con il pubblico. Ognuno di noi ha letto un giallo, un romanzo di fantascienza, questi generi fanno parte della nostra vita, del tempo libero, dello svago. Sono generi riconoscibili e questo mi piace molto. Tirare fuori la nostra Storia è il lavoro che abbiamo fatto sul ciclo di sette romanzi di Asimov che parlano di una psicostoria umana del futuro. È una storiografia precisa di quello che avverrà tra ventimila anni ma tra le righe si parla chiaramente di quello che stava succedendo negli anni in cui Asimov scriveva – il mondo diviso tra mondo sovietico e occidentale, c’è Reagan e altri - e i lettori, il pubblico, lo riconoscono come parte della loro vita, della loro quotidianità. Ma con una maschera. Vale a dire: la realtà è mascherata attraverso un altro tipo di tempo, spazio e atmosfera, e così la prospettiva su quella storia, la tua, si sposta. Gli strumenti quotidiani che normalmente sei abituato a usare per osservare e giudicare non valgono più ma vale un’altra posizione, una posizione cosmica, più umana, più sana forse, perché pone una distanza. Oggi si ha la tendenza a perdere questo tipo di prospettiva, di visione, siamo sempre immersi nell’azione, nel fatto, nell’informazione, nell’identità. L’astrazione che danno questi due generi è interessante perché traslano la prospettiva in maniera ironica e, credo, diano strumenti più ricchi, divertiti, per poter essere consapevoli. Lavorando con le tragedie greche, il ruolo del coro - in qualche maniera – torna anche qui. Certo, anche se molto trasformato. Ci sono dei momenti di confronto diretto tra quello che avviene in scena e te che stai a guardare, c’è la parabasi. Insomma, il teatro avviene anche nella fantascienza o nel giallo perché colui (o colei) che sta in scena ha il “ruolo” e la responsabilità di comunicarti una data cosa. L’ascolto che si innesca non è passivo ma è creativo.
Come avete scelto Giancarlo de Cataldo per la scrittura del giallo?
È una storia di incastri felici. Ero ad Atene dove stavo lavorando e nel ragionare anzitempo a Gul e a questo mondo del giallo ho iniziato a pensare a chi proporne la scrittura. Ho scartato il mondo svedese e, confrontandomi anche con Cantieri Teatrali Koreja che produce il lavoro, ho deciso che fosse più interessante capire come un non svedese potesse trattare il fatto. Ho contattato Marina Fabbri, presidentessa del Premio Raymond Chandler e co-direttore del Festival Noir a Milano, le ho confusamente raccontato quello che avevo in testa. Mi ha suggerito tre scrittori italiani. Il primo nome è stato Giancarlo de Cataldo. Lui aveva già collaborato con Cantieri Teatrali Koreja per Acido Fenico qualche anno fa. L’ho contattato, ci siano incontrati e nell’incontro sono già fiorite idee per il testo, per il personaggio.
Come avete lavorato alla scrittura del personaggio?
Con Giancarlo de Cataldo abbiamo instaurato una collaborazione di scrittura forte: è stato un processo aperto e ci siamo scambiati i testi tra me, De Cataldo e i miei assistenti - Giulia Maria Falzea e Riccardo Festa - e insieme abbiamo composto questo testo. I vari personaggi sono stati caratterizzati seguendo un processo aperto. Per esempio ad un certo punto, mentre lavoravo sul personaggio principale ho detto a Giancarlo che non riuscivo a trovare più il giallo e se c’è un personaggio che deve portare questo è proprio lei, la poliziotta. Come la stavo costruendo non funzionava forse mancavano termini tecnici. Lui mi rimanda una scrittura perfetta di quello che avevo cercato di proporre: c’è un paragrafo in cui lei spiega precisamente come funziona il colpo della pistola che cambia tutta la scena. Era perfetto. Giancarlo respira il genere e ha un modo di far venire fuori l’atmosfera che è eccezionale. Davvero esaltante poter imparare da lui.
Che tipo di lavoro si è sviluppato durante questa residenza a Mondaino?
Questa seconda tappa di residenza è molto importante. È il primo confronto vero e proprio con la stesura definitiva del testo. Ora iniziano le difficoltà. Se con Asimov c’erano sette testi pronti e fatti qui c’è stata anche la testimonianza partecipata a un processo di scrittura, cosa che non avevo mai fatto. All’inizio del percorso mi sono resa conto di avere una posizione schizofrenica: quando ci mettevamo a scrivere io già pensavo a una visione registica ed era totalmente confusionario. In seguito ho dovuto abbandonare quel tipo di sguardo per scrivere. L’Arboreto è stato l’incontro con questo testo e quindi abbiamo fatto un lavoro di analisi, di destrutturazione e ristrutturazione per capire come rendere in teatro quel tipo di suspense e di atmosfera tipica del giallo. Stiamo esplorando il testo, stiamo giocando con gli elementi del giallo svedese e stiamo immaginando lo spazio scenico e gli strumenti che userà il personaggio in scena. Siamo in filo diretto con la musicista Harriett Ohlsson, un’artista svedese che sta curando l’impianto sonoro e musicale.
Tu lavori molto all’estero. Ci sono molte differenze tra la scena estera e quella italiana?
Si.
*Nella residenza #Gul - uno sparo nel buio
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Waiting for #GUL – uno sparo nel buio
Dal 15 al 25 maggio si terrà GUL – uno sparo nel buio residenza creativa per la produzione del nuovo spettacolo di Gemma Carbone.
GUL – uno sparo nel buio di e con Gemma Carbone scritto da Giancarlo De Cataldocoproduzione Cantieri Teatrali Koreja e N A P R A W S K I con il supporto di ABF, L’arboreto – Teatro Dimora, Armunia Centro di Residenza Artistica Castiglioncello – Festival Inequilibrio e Residenza IDRA assistenti alla regia Giulia Maria Falzea e Riccardo Festa musiche di Harriett Ohlsson
Gemma Carbone è un’attrice e regista italo-svedese. Ha sviluppato la sua formazione artistica in Italia, Svezia e UK. Ha incontrato e lavorato con maestri come Julie Stanzak, Chiara Guidi, Romeo Castellucci, Michael Marmarinos, Rodrigo Garcia, Nature Theater of Oklahoma. Dal 2013 alterna collaborazioni internazionali tra l’Italia e la Svezia, nel 2015 fonda a Göteborg la compagnia Naprawski con cui firma la sua prima regia “YOU ARE HERE (so don’t take things so seriously)” coprodotta dal Cinnober Teater di Göteborg (SW), dal PIT Festival ed il Grenland Friteatret di Porsgrunn (NO). Tra il 2013 e il 2014 collabora con la Socìetas Raffaello Sanzio in occasione della Biennale di Teatro di Venezia e la rassegna La Volpe disse al Corvo. Dal 2015 lavora con il regista sloveno Tomi Janesic, con cui, per il Teatro Nazionale della Toscana, è in preparazione la messa in scena di Zio Vanja (debutto previsto in autunno 2017). Durante l’estate 2016 recita in Lysistrati, diretta da Michael Marmarinos per il National Theater of Athens (GR), presenze – tra le altre – al Greek and Ellenic Festival e all’Antico Teatro di Epidauro.
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