#Giorgio de Finis
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marcogiovenale · 1 year ago
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pod al popolo, #022: antonio pavolini, "cosa resterà del macro asilo?"
Antonio Pavolini riflette sull’esperienza del Macro Asilo e sul suo valore di laboratorio per la (già in essere, e storicizzabile e futura) disseminazione di esperienze esterne e alternative al sistema dell’arte, ossia alla scarsità artificiale di luoghi e nodi della ricerca contemporanea. Riflessione che è forse anche un inizio di progetto. Oggi su Pod al popolo. Il podcast irregolare, ennesimo…
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antoniocontent · 10 months ago
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Macro Asilo, Rome 2018-2019
An authentic experience of Open Museum, Macro Asilo was a rare, original project aimed at expanding the social role of contemporary art in public space.
Directed by anthropologist Giorgio de Finis, it was open to artists, intellectuals, communities and individual citizens willing to share their contribution to the program, in a continuous confrontation of practices, ideas, performances and creative environments.
With hundreds of events and more than 300.000 visitors thoughout 16 months of activity, it turned out to be by far the most disruptive and successful cultural project promoted by the city of Rome in decades.
ph: Antonio Pavolini
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sexymonstersupercreep · 1 year ago
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Nightmare Fuel Art Master-post, Vol. II
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Early 20th Century
Bryan Charnley Daniel Sabater Y Salabert Felix Nussbaum Ferdinand Staeger Francisco Goitia Frank C. Pape Frida Kahlo Giorgio de Chirico Gustaw Gwozdecki Harvey Dunn Otto Dix Remedios Varo Rene Magritte Robert Lenkiewicz Stefan Eggeler Sveva Caetani
20th Century
Amos Nattini Andre Masson Andrew Wyeth A. Paul Weber Bill Stoneham David Olere Ernst Fuchs Francis Bacon Fritz Silberbauer George Tooker Gustav-Adolf Mossa Ivan Albright Jane Graverol Johfra Bosschart Leonor Fini Luis Caballero Natalia Smirnova Nikolai Getman Oswaldo Guayasamin Paul Cadmus Paul Delvaux Raymond Douillet Salvador Dali Stefan Zechowski Tom Lea Virgil Finlay Zdzislaw Beksinski Zoran Music
Late 20th Century
Beth Moore-Love Bryan Lewis Saunders Leonora Carrington Otto Rapp Suehiro Maruo Tetsuya Ishida Vann Nath Wiktor Sadowski Wojtek Siudmak
“Turn of the Millennium”
Davide de Agostini David van Gough Denis Forkas Dorian Vallejo Dragan Bibin Eric Lacombe Esao Andrews Esther Sarto Francesco Balsamo Fuyuko Matsui Hans Kanters H.R. Giger Ilyas Phaizulline Ivan Seal Kim Noble Marc Fishman Mariusz Lewandowski Matt Duffin Michael Hussar Michael Hutter Michael Whelan Naoki Sasayama Odd Nerdrum Paul Rumsey Xue Jiye
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mybeingthere · 1 year ago
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Leonor Fini (Argentine painter) 1907 - 1996
L'Essayage IV, 1985
oil on canvas
73 x 60 cm. (28.75 x 23.63 in.)
© photo Sotheby's
Catalogue Note Sotheby's
"Putting on costumes, getting dressed up is an act of creativity ... It’s about inventing one’s self, being transformed, being so apparently changing and multiple that one can feel it from within one’s self." - LEONOR FINI
L’Essayage IV, painted in 1985, is an iconic and provocative statement by Leonor Fini; an act in which she expresses her highly original vision, powerful self-expression and fierce independence. Her protagonist defies normative roles — both of traditional society and of the artistic movements Fini is associated with.
Leonor Fini (1907–1996) was an Argentinian surrealist painter, designer, illustrator, and author, known for her depictions of powerful women.
Born in Buenos Aires, Argentina, she was raised in Trieste, Italy, her mother's home city. Custody battles often involved Fini and her mother in sudden flights and disguises. She moved to Milan at the age of 17, and then to Paris, in either 1931 or 1932. There, she became acquainted with Carlo Carrà and Giorgio de Chirico, who inspired much of her work. She also came to know Paul Éluard, Max Ernst, Georges Bataille, Henri Cartier-Bresson, Picasso, André Pieyre de Mandiargues, and Salvador Dalí.
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saax2 · 9 months ago
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Il Sogno (The dream)
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Le rêve, 1910 (MoMA, New York) | Henri Rousseau (1844-1910, France)
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Le reste (Il riposo), 1890 ca. | Victor Gabriel Gilbert (1847-1935, France)
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Melanconia, 1912 (Estorick Collection, London) | Giorgio de Chirico (1888-1978, Italia)
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Flaming June, 1895 (Museo de Arte de Ponce, Ponce, Puerto Rico) | Frederic Leighton (1830-1896, England)
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The nightmare (L'incubo), 1871 (Detroit Institute of Arts, Detroit) | Johann Heinrich Füssli (1741-1825, Switzerland)
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Portrait d'une femme endormie (Françoise Gilot), Antibes, 1946 | Pablo Picasso (1881-1973, España)
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The dream (Marie Thérèse Walter), 1932 | Pablo Picasso (1881-1973, España)
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Le bout du monde II (The end of the world), 1953 | Leonor Fini (1907-1996, Italia)
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Daydream | Pierre-Auguste Renoir (1841-1919, France) 
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jose-rossetti · 2 years ago
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NONC'ÈDICHE
di Daniele Luttazzi
L’informazione italiana funziona da gigantesca macchina influenzante
Il Fatto Quotidiano 17 MAGGIO 2023
Cercare di correggere l’oceano di cazzate che ogni giorno stampa e tv rovesciano sugli italiani è un’impresa improba. Troppo pochi quelli che si oppongono all’andazzo, perché se non ti adegui ci rimetti di brutto; la stragrande maggioranza dei sedicenti professionisti dell’informazione campa taroccando quotidianamente le notizie secondo agende prestabilite; e così impera il loro frastuono. Da un anno, per esempio, i media embedded cercano di convincere l’opinione pubblica ad accettare certe conseguenze apocalittiche (la guerra della Nato contro la Russia) di cui l’apparato politico-militare Usa ha bisogno per i suoi fini geopolitici. Facile farti passare per complottista, se lo fai notare; ma la cronaca della guerra russo-ucraina dimostra che la micidiale macchina influenzante è una realtà. Uso la definizione di “macchina influenzante” non a caso: la macchina influenzante è uno dei deliri persecutori più frequenti nei pazienti schizofrenici, che, proiettando all’esterno i propri dinamismi psichici, arrivano a immaginare un macchinario che ruba, modifica o influenza i loro pensieri (ne scrisse, agli inizi del secolo scorso, lo psicanalista Viktor Tausk). Inquieta che il complesso informativo nazionale funzioni come una gigantesca macchina influenzante: la realtà viene trasformata in una realtà psicotica. Lo psicotico è angosciato e abulico: così ci vogliono? Vespa ha incontrato Zelensky sulla terrazza colonnata del Vittoriano, una scenografia degna di Patton, confezionandogli addosso la puntata (ha usato il panorama di Roma come fosse il plastico della villetta di Cogne). C’erano pure Mentana, Maggioni, Molinari, Porro, Tamburini, De Bortoli e De Bellis. Spero non vi siate persi la vigorosa stretta di mano di Molinari a Zelensky (qui a 3’ 35’’: bit.ly/3IgnmgS): valeva 100 editoriali di propaganda bellica. Peccato non fosse commentata dal trillo di un registratore di cassa, sarebbe stata perfetta (satira: gli Agnelli-Elkann fanno affari d’oro con la guerra). Nessuno dei direttoroni ha contestato a Zelensky la sua versione dei fatti: “La cosa importante è che parliamo delle cose pratiche, concrete; non proporre, come ha fatto la Russia, gli accordi di Minsk per attendere, riarmarsi e continuare l’occupazione”. Un rovesciamento interessante: secondo Angela Merkel (intervista al Die Zeit, dicembre 2022) gli accordi di Minsk furono un tentativo “di dare tempo all’Ucraina” di ricostruire la sua difesa. E se a far saltare gli accordi di Minsk non ci si fosse messo anche Zelensky, oggi non saremmo a questo punto. Cosa c’è di più pratico e concreto di un cessate il fuoco immediato? Lo propone la Santa Sede, ma Zelensky non vuole, il suo piano è andare avanti con la guerra finché i russi non si ritireranno: “Noi crediamo nella vittoria”. Nessuno dei direttoroni gli ha fatto presente che questa è pura follia, erano troppo presi ad annuire: e così, con la macchina influenzante in azione, il folle diventa chi, sulla base di informazioni più realistiche (quelle di generali statunitensi e italiani), non crede alla propaganda. Lo stratagemma più odioso è il ricatto morale. Al Parlamento tedesco, Zelensky rammentò la responsabilità della Germania nei crimini nazisti; da Vespa, ha ricordato gli aiuti che l’Ucraina ci diede agli inizi dell’emergenza Covid: come se la sua agenda militare fosse l’unica possibile e dissentire un’ingratitudine di cui vergognarsi. Poi s’è incartato: “Putin non porta il vaccino: lui porta la malattia”. Un’allegoria infelice: tutti ricordano l’aiuto russo all’Italia in pandemia. “Se l’Ucraina cade, il passo successivo è la Moldova”, l’argomento del domino con cui gli Usa giustificavano la guerra in Vietnam; ma un cessate il fuoco non farebbe cadere l’Ucraina: fermerebbe la guerra, impedendone davvero ogni allargamento. (1. Continua)
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compte-fan · 3 months ago
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Les Recocos de Compte Fanito -
Septembre 2024
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On commence fort avec la musique :
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Le mois de septembre c'est plus l'été mais c'est pas l'automne alors on est resté pop mais on la darkisé un peu pour accompagné le début du ciel gris et la nuit à 18h qui arrive.
Tout d'abord, un petit truc qui aide à marcher vite dans le métro mais qui nous rappelle que l'été est finis, c'est dommage c'était bien mais bon est-ce qu'on est pas bien là sous la pluie finalement ? Je pose la question...
Feed The Fire - Pearly Drops
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Bon j'ai cassé la tête à toute la france avec Manuela, pourtant son nombre d'auditeur n'a pas l'air d’augmenté, et si finalement je n'étais pas un influenceur... Je ne pense pas , écoute, aime dans le cas contraire allez-vous en
Everything Goes - Manuela
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Encore une chanson sur la fin de l'amour, oulala c'est déjà la deuxième et bah écoutez ça me détend, là je suis très détendu en l'écoutant par exemple Y fait gris on se promène dans le bureau pour faire semblant d'être occupé up biz
Love is Over-La Femme
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Bon je crois que vous avez compris le mois de septembre C'est un peu badant mais c'est la rentré donc j'aime bien c'est un bade heureux
family and friends - Oklou
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En parlant d'heureux bah voilà on a aussi eu envie de se déhancher en septembre La sofie elle le permet bien avec sa pop coolos et un peu tricky
I Forget (I’m so Yong) - Sofie Royer
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Autre style mais bon j'adore les cuivres donc voilà une petite ballade avec des trompette squi accompagne très bien les derniers rayons de solel d'une journée, voire même les premier pour les plus téméraire
Better Now than Ever - Meravi
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On reste dans le plaisir, dans le soleil avec une touche d'italien. Je ne le savais pas mais j'aime bien ça l'italien. C'était presque maladif je l'ai écouté tout le temps à tous les temps.
Tic Tac - Muddy Monk (feat. Giorgio Poi)
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On reste en Italie, aucune certitude... langue latine ? voilà c'est mieux et on kiff #yolo un peu celle là pk pas faire des bétises sur cette électro française #Vueàla TV au JO même
Praia - Nathalie Duchene
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On reste en musique électronique française , c'est fun et un peu vulgos, parfait pour bouger, calmement on reste en septembre, son petit cul.
HOT NERDS - Boni
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Opoopop on arrête de rigoler y a le saxo qui commence. Faut bien chialer un peu aussi. (c'est aussi le générique d'un film qui arrive mais lequel ??? La vie ets bien faite....)
Laurent Bardainne & Tigre d'Eau Douce - Oiseau feat. Bertrand Belin
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Allez place au cinoche... J'ai pas vue grand chose ce mois-ci mais y 4 (quatre) films qui sortent du lot quand même
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Rue du Conservatoire - Valérie Donzelli (2024)
Bon bah là c'est génial, un docu sur des gens pas forcément sympathiques mais plein de bonnes volunté pour la réalisation de leur dernière pièce au conservatoire, qui s'entre-mêle à la vie de la Valoch' Donz bah c'est un grand OUI ça parle de créer, de faire du théâtre c'est plein d'énergie et dans sa forme c'est finalement très simple, honnete même sans grand moments, juste des vies qui s'entre-croise et raisonne entre elles, animé toutes par un désir de créations. Go c'est encore au ciné
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Yoyo - Pierre Étaix (1965)
Une histoire sur le temps long, on suit un milliardaire seul puis un clown seul, lui-même fils du milliardaire. C'est drôle, y a des gags partout et puis en même temps ça fait réfléchir si tu vois ce que je veux dire. Siam l'éléphant star est dedans
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RiverBoom - Claude Baechtold (2024)
Encore un docu, qui n'a rien a voir avec le premier, pas de dispositif pro, un amateur avec deux journalistes fous-dingues s'embarquent en Afghanistan à la suite des attentat du 11 septembre. L'énorme bandeur d'asie centrale que je suis ne pouvais qu'adorer pour les paysages filmé avec une mauvaise caméra cassette le contexte politique de l'époque est aussi bien explique, et y a toute une réflexion sur le deuil et la passivité parce que pourquoi pas le montage est fun.
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Le procès du chien - Lætitia Dosch (2024)
Une fiction pour finir, celle d'un procès, inspiré d'une histoire vraie, d'un chien ça a du mordant vous l'avez Drôle touchant et puis on réflechit à la place des animaux dans la #société. C'est un peu bancal et c'est pour ça que c'est bien (c'est lui le film qui va avec le générique).
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Bah oui si j'ai pas été au ciné, c'est parce que j'ai regardé des séries ! lool
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Girls Saison 1 et 2 - Lena Dunham (2012-3)
Bon ça ça m'a pas mal occupé, les déboire de ces 4 (quatres) girls, c'est le titre, new-yorkaise, c'est pas dans le titre ça, bah ça m'a parlé, c'est pas si drôle, ni triste, c'est juste une tranche de vie de personnes un peu plus exceptionnelles que moi et que toi aussi j'imagine Gros Big up à l'épisode 3 de la saison 2.
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La Maison - 2024
Un soap dans le milieu de la mode avec Lambert Wilson en personne insuportable, avec Lambert Wilson et plein d'autre gens comme Antoine Reinartz ou Amira Casar
Alerte DRAMA c'est génial
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On finit sur un four-tout parce qu'y faut bien s’arrêter un jour
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Les Traitres saisons 3, Laurent Ruquier... Pas envie d'en parler et La Fête de l'Huma parce que c'était génial
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On me dit de m’arrêter askip je suis trop long, surement au mois prochain.
Biz Compte
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claudiotrezzani · 8 months ago
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Alba o mezzogiorno.
Pari sono, se il fotografo sa cavare sogno da oscurità.
"London awakening", titola Andreas Heumann.
Poetico risveglio, quello che Andreas sa rendere.
Intriso di lirismo, quasi inumidisse l'erba del prato da segmenti percorso.
Segmenti che contraltano la squadrata erettità del retrostante edificio, le cui luci danzano alla distanza con il bagliore del primo piano.
E brume, oniricamente soffondono.
Con Andriy Solovyon siamo invece a mezzogiorno.
Sì, titola "Noon", Andriy.
Ma è tra Caravaggio e De Chirico, Andriy.
Perché se beve - le deliba, se ne pasce -  le ombre come Michelangelo Merisi sa fare, del Giorgio pittore ha la capacità di trattarle, le ombre, come inclinati architettonici segmenti.
Maestro della sottoesposizioni a fini espressivi, eddunque, Andriy.
Grazie Andriy, grazie Andreas.
Con Voi le tenebre sgorgano ispirato canto.
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Claudio Trezzani
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organisationskoval · 2 years ago
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514) Movimento Sociale Italiano (MSI), Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale (MSI-DN), Italian Social Movement, Italian Social Movement – National Right, Włoski Ruch Społeczny lub Włoski Ruch Socjalny – włoska prawicowa postfaszystowska partia polityczna, działająca w latach 1946–1995, pierwotnie neofaszystowska, stopniowo ewoluująca w kierunku narodowym i konserwatywnym. Włoski Ruch Społeczny powstał 26 grudnia 1946. Większość członków partii w początkowym okresie jej istnienia stanowili radykalni faszyści, zwolennicy Benita Mussoliniego, którzy w końcowym okresie II wojny światowej opowiadali się za tak zwaną Republiką Salò. Jedną z najważniejszych postaci partii w 1946 był Giorgio Pini, podsekretarz stanu w ministerstwie spraw wewnętrznych Republiki Salò. Inną znaczącą postacią był dziennikarz Giorgio Almirante, w czasie II wojny światowej pracujący w organie prasowym włoskich faszystów, były szef kancelarii ministra kultury ludowej w Republice Salò. W pierwszej połowie lat 70. nazwa została zmieniona, partia działała jako Włoski Ruch Społeczny-Narodowa Prawica (wł. Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale). Partia otwarcie odwoływała się do ideologii faszystowskiej. W 1991 sekretarz generalny partii Gianfranco Fini stwierdził, że „wszyscy członkowie partii byli faszystami, dziedzicami faszyzmu, postfaszystami lub faszystami 2000”. Ze względu na odwołanie do faszyzmu ugrupowanie pozostawało izolowane przez lata na włoskiej scenie politycznej. Gdy w 1960 chadecki premier Fernando Tambroni wyraził zgodę na organizację kongresu krajowego MSI w Genui, mieście z tradycjami antyfaszystowskimi, doprowadziło to do demonstracji i zamieszek w różnych miastach, a następnie do dymisji rządu. Od lat 50. do lat 90. MSI uzyskiwał poparcie na poziomie z reguły 5–7%, najlepszy wynik partia uzyskała w 1972, kiedy to poparło ją 8,7% głosujących. Ugrupowanie stopniowo odchodziło od haseł radykalnych, zwłaszcza w końcowym okresie, gdy przywództwo w nim objął Gianfranco Fini. W 1994 porozumiał się z Silviem Berlusconim co do wspólnego startu w wyborach parlamentarnych, tworząc na bazie swojej formacji listę wyborczą MSI-Sojusz Narodowy (29 stycznia 1994). 25 stycznia 1995 Włoski Ruch Społeczny został rozwiązany, a większość jego działaczy zasiliła nową formację pod nazwą Sojusz Narodowy. Radykalne skrzydło partii, na czele którego stał Pino Rauti, utworzyło partię Trójkolorowy Płomień. Sekretarze generalni:
1946–1947: Giacinto Trevisonno
1947–1951: Giorgio Almirante
1951–1954: Augusto De Marsanich
1954–1969: Arturo Michelini
1969–1987: Giorgio Almirante
1987–1990: Gianfranco Fini
1990–1991: Pino Rauti
1991–1995: Gianfranco Fini.
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pubart · 2 years ago
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Campagna del brandy Stock 84, che nel 1966 commissionò a 12 grandi artisti italiani altrettante tele che lo raffigurassero.
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Giuseppe Ajmone - Composizione
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Pietro Annigoni - Periferia industriale
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Bruno Cassinari - Natura morta di frutta
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Giorgio de Chirico - Natura morta silente
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Leonor Fini - Fra i pensieri
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Franco Gentilini - Ragazza con fiore
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Virgilio Guidi - Nello spazio
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Renato Guttuso - Natura morta, composizione
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Ennio Morlotti - Fiori
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Aligi Sassu - Caffè
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Gregorio Sciltian - Festa di carnevale
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Orfeo Tamburi - Muri della città
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surrealistnyc · 2 years ago
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Accompanying this summer's exhibit at Guggenheim Venice, Surrealism and Magic, the catalogue includes works by Victor Brauner, Leonora Carrington, Giorgio de Chirico, Salvador Dalí, Paul Delvaux, Max Ernst, Leonor Fini, Roberto Matta, Roland Penrose, Kay Sage, Kurt Seligmann, Yves Tanguy, Dorothea Tanning, and Remedios Varo. Essays by Susan Aberth, Will Atkin, Victoria Ferentinou, Alyce Mahon, Kristoffer Noheden, Gavin Parkinson, Grazina Subelyte, and Daniel Zamani consider the diverse engagements of surrealists with the occult.
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marcogiovenale · 2 years ago
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15 e 16 aprile @ porto fluviale, roma: dibattiti, arte, workshop, festa
PORTO FLUVIALE OCCUPATO APRE I BATTENTI E RACCONTA I SUOI PROGETTIDue giorni per mostrare quello che è stato fatto in questi anni di autogestione e immaginare insieme al quartiere e alla città cosa diventerà l’ex caserma, da luogo abbandonato a spazio recuperato, verso un futuro abitare sostenibile e solidaleDue giorni con laboratori aperti e tavoli di discussione in cui portare le proprie idee,…
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paneliquido · 5 years ago
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TRAVAGLIO, ANCHE BASTA
Bertolaso però no. La sanità lombarda però no, dài. Ma occuparsi di Marco Travaglio è inutile: da una parte perché sbugiardarlo regolarmente necessiterebbe di un impiego a tempo pieno, dall'altra perché la sua specialità sono soprattutto le sapienti omissioni: i suoi sillogismi di norma sono più brevi e superficiali della verità, che spesso ha il difetto di essere articolata: ma non è ciò che interessa i suoi lettori medi. Ai suoi lettori interessa incolpare qualcuno: l'adrenalina e il divertimento gli si accende come per i film di Boldi e De Sica: basta una flatulenza. Quando Travaglio monologava da Michele Santoro poteva essere un problema, perché lo guardava un sacco di gente: ora è conchiuso nel suo Fatto Quotidiano che è  tracollato nelle edicole: l'anno scorso si è quotato all'Aim (la Borsina dei piccoli) e ha portato a casa miseri risultati; nell'estate 2018 preventivavano di vendere 10 milioni di azioni e ne portarono a casa circa 2, con il prezzo per azione ridotto a 0,72 per azione;  l'amministratrice Cinzia Monteverdi ammise «Il mercato non era quello che ci aspettavamo». Chissà che cosa pensavano che fosse, il loro Fatto Quotidiano: soprattutto considerando che chiuse in rosso il bilancio 2019 per due milioni di euro. Cose che succedono (quasi a tutti: ma a noi, in questo periodo, no) e comunque, al di là di questo, gli «editoriali» di Travaglio nel tempo perdevano peso: da anni non venivano più propriamente letti bensì al limite «sorvegliati» dagli opinion maker, la gente che conta: tipo una riga sì e dieci no, tanto per capire con chi se l'era presa. La sua naturale vocazione al fallimento in compenso si è sempre rivelata interessante essendo lui un marker negativo: chiunque egli sponsorizzi, cioè, sappiamo già che finirà male. Travaglio passò dal Giornale alla Voce: la Voce ha chiuso. Passò al Borghese: il Borghese ha chiuso. Andò in Rai da Luttazzi: gli chiusero il programma. Promosse Raiot della Guzzanti: non è mai andato in onda, e lo stesso vale per i programmi di Oliviero Beha e Massimo Fini. Quando sostenne Caselli all’Antimafia, fecero una legge apposta per non farcelo andare. Ha sostenuto Woodcock: plof. Ha sostenuto la Forleo e De Magistris: la prima cadde in un cono d'ombra, il secondo si dimise dalla magistratura e i suoi processi si rivelarono fuffa. Travaglio sostenne tutti i movimenti poi svaporati e candidati a importanti cariche giudiziarie: sempre trombati. E Di Pietro, il simbolo? Abbiamo visto. Ci eravamo dimenticati della  campagna per Ingroia, prima da magistrato e poi da meteora politica con parentesi guatemalteca: dissoluzione. Poi la svolta: Travaglio partecipò al V-day e protestò contro i fondi pubblici elargiti anche al giornale dove scriveva, l’Unità: che infatti chiuse. Pazienza: comunque si era scavato un mestiere (parlar male del prossimo) e la tendenza dei colleghi è stata considerarlo come un ordinario mercante che vendeva prodotti commisurati a un target: che sarà pure composto da idioti, ma era e resta un target. Col tempo e la popolarità, tuttavia, qualche prezzo occorreva pagarlo. Certe incoerenze erano lì, bastava notarle. Lui, antiberlusconiano, si scoprì che aveva pubblicato i suoi primi due libri con la Mondadori del Berlusconi che intanto era già sceso in politica. La sua ostentata rettitudine si fece grottesca. Citava Montanelli: «Non frequento i politici, non bisogna dare del tu ai politici né andarci a pranzo». A parte che ci andò (una volta ero presente anch'io) non fu chiaro perché coi politici no e coi magistrati sì: come se non fossero entrambi uomini di potere e soprattutto di parte. Anche il suo linguaggio peggiorò. Descrisse i giornalisti che celebravano Giorgio Napolitano, per dire, parlando di «lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati», continuando a sfottere il prossimo per i difetti fisici: Giuliano Ferrara «donna cannone», «donna barbuta», il suo ex amico Mario Giordano «la vocina del padrone», poi Brunetta eccetera. Se uno non aveva difetti evidenti, li inventava: continua a chiamare me «biondo mechato» anche se è biondo tutto il mio albero genealogico. Le incoerenze si fecero lampanti quando fu evidente che il signorino in definitiva lucrava su un «regime» che lo mandava in onda in prima serata, e che di condanne per diffamazione ne aveva prese eccome, e che proponeva l'abolizione dell'Appello ma poi ricorreva in Appello, e che tuonava contro la prescrizione ma poi non la rifiutava, e che non esitava, lui, l'inflessibile, a prostrarsi ai piedi del querelante Antonio Socci (febbraio 2008) affinché ritirasse una denuncia: «Riconosco di aver ecceduto usando toni e affermazioni ingiuste rispetto alla sua serietà e competenza professionale, e di ciò mi scuso anche pubblicamente».Ma avevamo cominciato con Bertolaso: perché è contro di lui e contro la sanità Lombarda che il Fatto Quotidiano, dopo anni di routine da pagliacci del circo mediatico, si sono riguadagnati la ribalta dell'infamia. Editoriali titolati «Bertoléso», altri dove gli si dà dell'untore o che relegano i resoconti dell'assessore Giulio Gallera a «televendite» per fini elettorali, o profonde analisi della competette Selvaggia Lucarelli in cui si esorta la Lombardia - che ha fatto comunque miracoli e ha probabilmente la migliore sanità pubblica di questo Pianeta - a «chiedere scusa». Non c'è neanche da parlarne. Però ricordo bene un'altra volta in cui Travaglio ad Annozero parlò di Bertolaso e delle sue «cattive frequentazioni»; ricordo che Nicola Porro del Giornale gli fece notare che delle frequentazioni discutibili potevano essere capitate anche a lui, a Travaglio, il quale diede di matto e diede a Porro e Maurizio Belpietro di «liberale dei miei stivali», poi scrisse che «non sono giornalisti», «se non si abbassano a sufficienza vengono redarguiti o scaricati dal padrone», «non hanno alcun obbligo di verità» e «sguazzano nella merda e godono a trascinarvi le persone pulite per dimostrare che tutto è merda». Ora però, con tutto il rispetto, l’unica merda giornalistica che ci viene in mente è il giornalismo del Fatto Quotidiano di questi giorni, che, pur di screditare la sanità lombarda, giunge a pubblicare, per dirne una, i verbali del processo a  Roberto Formigoni: come se noi, adesso, ricordassimo appunto le «frequentazioni» di Travaglio – che sono quelle a cui accennavano Porro e Belpietro – quando il direttore del Fatto andò in vacanza con un tizio poi condannato per favoreggiamento di un mafioso, già prestanome di Provenzano; quando telefonò a un siciliano, uno che faceva la spia per un prestanome di Provenzano, e gli chiese uno sconto sulla villeggiatura in Sicilia; quando la sua famiglia e quella di Pippo Ciuro, poi condannato per aver favorito le cosche, si frequentavano in un residence consigliato da questo Ciuro e si scambiavano generi di conforto; quando il procuratore di Palermo Pietro Grasso, sul Corriere, scrisse che Travaglio  faceva «disinformazione scientificamente organizzata». E questi sono tutti «fatti», come li definirebbe Travaglio, «fatti» a loro modo ineccepibili, non querelabili. Forse andrebbero spiegati, perché la verità sempre più complessa. Beh, è Travaglio a non farlo mai, a non spiegare mai e a scrivere barzellette sui malati a cui dovrebbe banalmente baciare il culo. Travaglio ha scritto che Bertolaso, «più che trovare posti letto, ne ha occupato uno». Poi è passato oltre, per il risolino demente di quei pagliacci e cialtroni che ancora lo leggono. Ha una sola fortuna, il direttore del Fatto: che non c'è un giro un Travaglio che certe infamie gliele ripeta di continuo, in libri e articoli e comparsate televisive. Oddio, potremmo anche farlo noi. Io tempo fa lo feci, poi a un certo punto smisi perché avevo anche interessi, nella vita. Lui, a parte Renato Zero, non sappiamo. E’ questa la differenza: noi non vogliamo farlo, perché, a differenza sua, non facciamo schifo.
Filippo Facci 
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mybeingthere · 3 years ago
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Leonor Fini (1907–1996) was an Argentinian surrealist painter, designer, illustrator, and author.
"Born in Buenos Aires, Argentina, she was raised in Trieste, Italy, her mother's home city. While in Trieste, she was expelled from various schools for being rebellious. Her parents divorced when she was a year old. Custody battles often involved Fini and her mother in sudden flights and disguises. In her early teens, an eye disease forced her to wear bandages on both eyes. After recovering, she decided to become an artist.
She moved to Milan at the age of 17, and then to Paris, in either 1931 or 1932. There, she became acquainted with Carlo Carrà and Giorgio de Chirico, who inspired much of her work. She also came to know Paul Éluard, Max Ernst, Georges Bataille, Henri Cartier-Bresson, Picasso, André Pieyre de Mandiargues, and Salvador Dalí. She traveled Europe by car with Mandiargues and Cartier-Bresson where she was photographed nude in a swimming pool by Cartier-Bresson. The photograph of Fini sold in 2007 for $305,000 - the highest price paid at auction for one of his works to that date." 
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paoloxl · 5 years ago
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Poche settimane fa il comune di Verona ha deciso di intitolare una via a uno storico leader della destra radicale italiana, Giorgio Almirante, morto nel 1988, ex dirigente del regime fascista e collaborazionista dei nazisti, divenuto nel dopoguerra fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI).
In Italia esistono già diverse vie e piazze Almirante, ma la notizia ha causato particolari polemiche poiché lo stesso consiglio comunale di Verona ha votato pochi giorni dopo per dare la cittadinanza onoraria alla senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti. Segre ha detto che le due scelte del comune di Verona sono incompatibili. «La città di Verona, democraticamente, faccia una scelta e decida ciò che vuole, ma non può fare due scelte che sono antitetiche l’una all’altra», ha scritto Segre.
Il dibattito su Almirante dura da decenni, in parte a causa della sua lunghissima carriera politica – fu parlamentare per quarant’anni, dal 1948 fino alla sua morte – ma soprattutto a causa della sua storia personale estremamente controversa. Durante il regime fascista, Almirante fu un importante dirigente del partito, autore di articoli razzisti e antisemiti; dopo la guerra non rinnegò mai la sua fede fascista, la sua ostilità alla democrazia e la sua ammirazione per Benito Mussolini.
Nato a Salsomaggiore in provincia di Parma nel 1914, Almirante divenne un convinto fascista fin da giovane. Iniziò a lavorare come giornalista e fu uno dei principali redattori de La difesa della Razza, il periodico che iniziò le sue pubblicazioni nel 1938 e che, insieme all’approvazione delle cosiddette “leggi razziali”, segnò la definitiva svolta antisemita e razzista del regime fascista.Uno dei suoi articoli più citati venne pubblicato il 5 maggio del 1942. «Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti», scriveva Almirante, «altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei». Per Almirante «non c’è che un attestato col quale si possa imporre l’altolà al meticciato e all’ebraismo: l’attestato del sangue».
Alla caduta del regime fascista, nel 1943, Almirante entrò a far parte della Repubblica di Salò, il regime fantoccio che i nazisti instaurarono nell’Italia settentrionale. Grazie alle sue credenziali di giornalista fedele al regime venne nominato capo di gabinetto del ministero della Propaganda. In quel periodo Almirante firmò un manifesto distribuito nella provincia di Grosseto in cui veniva intimato agli sbandati dell’esercito italiano (che dopo l’armistizio dell’8 settembre si trovavano in una situazione di grande confusione) di arrendersi e consegnare le armi alle milizie fasciste o all’esercito tedesco, pena la fucilazione.
Quando il documento venne pubblicato dal quotidiano del Partito Comunista L’Unità, nel 1971, ne nacque una lunghissima battaglia legale. Almirante querelò i giornalisti che avevano pubblicato il manifesto, accusandoli di aver falsificato un documento, e per sette anni L’Unità, Il Manifesto e il leader neofascista si scontrarono in tribunale. Alla fine il procedimento dimostrò che il manifesto era autentico ed era stato effettivamente realizzato da Almirante in quanto capo di gabinetto del ministero della Propaganda. Almirante, però, rifiutò sempre l’etichetta di “fucilitatore” che i giornalisti di sinistra gli avevano attribuito, sostenendo di non aver mai compiuto o ordinato episodi di violenza.
Dopo la guerra Almirante divenne uno dei fondatori e poi segretario del MSI, il più importante partito neofascista italiano, che guidò fino alla sua morte (è il partito da cui poi nacque Alleanza Nazionale). Durante la sua lunghissima carriera politica non rinnegò mai la sua passata appartenenza al regime e la sua fede fascista. «La parola fascista ce l’ho scritta in fronte», disse in un’intervista. Fu sempre critico sulla democrazia («Democratico», disse in un’altra occasione, «è un aggettivo che non mi convince») e, dopo il colpo di stato militare in Cile nel 1973, in un discorso alla Camera auspicò che anche in Italia potesse accadere qualcosa di simile. Era un feroce anticomunista e non nascose mai che piuttosto che una loro vittoria alle elezioni riteneva che sarebbe stata meglio una dittatura militare.
L’unico aspetto della sua precedente carriera su cui fece marcia indietro fu il suo sostegno al razzismo e all’antisemitismo. Per tutta la sua carriera politica gli venne rinfacciato il suo lavoro a La difesa della razza, ma in quasi ogni occasione Almirante prese le distanze da quanto aveva scritto tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta. In una tribuna elettorale del 1967, per esempio, Almirante disse che non aveva «alcuna difficoltà» a respingere il razzismo e che, altrettanto, non aveva «alcuna difficoltà» a inserire il Diario di Anna Frank nella biblioteca del suo partito.
Per queste sue posizioni considerate troppo morbide, Almirante fu criticato tra gli altri dal filosofo ed estremista Julius Evola. Ma nonostante fosse percepito come un “revisionista” dalla destra più estrema e razzista, Almirante non arrivò mai a condannare il regime fascista per le leggi razziali e le persecuzioni degli ebrei e sostenne sempre che le azioni che furono compiute all’epoca erano comprensibili e giustificabili alla luce del contesto storico di quei tempi (la condanna arrivò soltanto quindici anni dopo la sua morte con il suo successore, Gianfranco Fini, che definì il fascismo «male assoluto»).
Almirante accompagnò questi atteggiamenti all’apparenza moderati con un comportamento sobrio e responsabile nella sua attività politica, una tattica che venne chiamata “fascismo in doppiopetto” per indicare come l’ideologia violenta e radicale del fascismo assumesse in Almirante tratti rispettabili ed accettabili nel dibattito pubblico dell’epoca. Tra gli altri episodi, il più famoso fu probabilmente la sua visita alla camera ardente del segretario del PCI Enrico Berlinguer (una visita che fu ricambiata dai dirigenti comunisti quando, nel 1988, fu la salma di Almirante a essere esposta dopo la sua morte). Nonostante questi sui atteggiamenti concilianti, Almirante e il suo partito furono spesso accusati di offrire collaborazione e copertura alla destra extraparlamentare, responsabile di violenza, uccisioni e attentanti. Un episodio famoso è quello degli scontri di Valle Giulia a Roma nel 1968 in cui Almirante (ritratto in una celebre foto con giovani neofascisti armati di bastoni) partecipò e secondo molte testimonianze guidò un’aggressione contro l’occupazione dell’università da parte di studenti di sinistra.
Secondo i suoi difensori la strategia di Almirante portò alla “costituzionalizzazione” dell’estrema destra, evitando che milioni di voti e migliaia di militanti sostenessero partiti e movimenti ancora più estremisti. Per i critici, invece, Almirante aveva soltanto mascherato gli aspetti esteriori di un’ideologia violenta e antidemocratica che, anche grazie a lui, non è stata mai del tutto estirpata dal dibattito pubblico italiano, spesso proteggendo direttamente scelte e atti violenti dei movimenti neofascisti. Negli ultimi anni, e in particolare dopo la sua morte nel 1988, il ruolo di Almirante è stato per molti versi assorbito nella storia dell’Italia democratica, come spesso avviene con le figure del passato. Politici di tutti gli schieramenti, compreso il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, hanno partecipato alle commemorazioni della sua figura e ne hanno lodato l’attività politica.
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allinfoit · 6 years ago
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Roma Fringe Festival 2019 | dal 7 al 28 gennaio alla Pelanda. 36 prime nazionali da Italia, UK e Israele
Roma Fringe Festival 2019 | dal 7 al 28 gennaio alla Pelanda. 36 prime nazionali da Italia, UK e Israele
@romafringefest
Ospiti: Manuela Kustermann, Flavia Mastrella, Antonio Rezza, Ulderico Pesce, Valentino Orfeo, Ferruccio Marotti, Giorgio de Finis, Pasquale Pesce
7 – 27 gennaio 2019, h. 20.00 – 23.30 Mattatoio – La Pelanda, Piazza Orazio Giustiniani, 4 (Testaccio)
28 gennaio 2019 Teatro Vascello, Via Giacinto Carini, 78
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