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da oggi, 8 dicembre, a firenze: "nel silenzio delle cose", mostra di tommaso cascella @ galleria immaginaria
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Hugo Marín
“Mistero Coronato”
Presentazione di Alejandro Jodorowsky e Guillermo Carrasco Notario
Galleria San Carlo, Milano 2007, 79 pagine, rilegato, italiano ed inglese
euro 15,00
email if you want to buy [email protected]
L'artista cileno Hugo Marín (Santiago de Chile, 1930) inaugurò il 15 febbraio 2007 alla galleria San Carlo a Milano la mostra -Mistero Coronato-: una serie di dipinti e sculture della sua produzione piu' recente. Opere realizzate in un periodo di profonda sperimentazione e ricerca di nuovi materiali, forme e dimensioni. Conchiglie, cuoio, fibre vegetali, protesi dentarie e oculari, pietre e argille diventano materia prima della sua arte in continua evoluzione. Il maestro cileno, professore di meditazione trascendentale, costruisce un ponte tra passato e presente avvicinando epoche tra loro lontane. Per lui l'energia creativa dell'arte consente la percezione magica del mondo, delle dinamiche celesti, della saggezza dei popoli originari. Nell'opera di Marín le culture precolombiane, come aymarà, maya, inca, mapuche si fondono con la cultura africana e quella tibetana, nei miti di Atlandide, Lemuria. Una rappresentazione reale e immaginaria che trova il suo nutrimento nell'intrinseco, invisibile legame tra la storia e il mito, tra la leggenda e le testimonianze visibili.
orders to: [email protected]
twitter: @fashionbooksmi
flickr: fashionbooksmilano
instagram: fashionbooksmilano
tumblr: fashionbooksmilano
05/02/23
#Hugo Marín#artista cileno#art exhibition catalogue#Alejandro Jodorowsky#Galleria San Carlo Milano 2007#conchiglie#cuoio#fibre vegetali#pietre#argille#art books#fashionbooksmilano
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COMUNICATO STAMPA
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
Retrospettiva di Gabi Minedi 1990-2024
“Presenze insolite in attesa di un esistere”
a cura di Sandro Bongiani
15 settembre - 19 ottobre 2024
Inaugurazione: Domenica 15 settembre 2024, ore 18.00
Pavilion Lautania Valley / Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere
In collaborazione con l’Archivio Studio Gabi Minedi, Italy
La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea, dopo le mostre retrospettive di Ray Johnson, Guglielmo Achille Cavellini, Ryosuke Cohen e Reid Wood è lieta di inaugurare in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque la mostra retrospettiva dell’artista italiana Gabi Minedi dal titolo: “Presenze insolite in attesa di un esistere”. Un evento a cura di Sandro Bongiani in contemporanea con la 60.Biennale di Venezia 2024, incentrato sul tema dello straniero ovunque. Una sorta di rilettura delle proposte in atto presentate per l’occorrenza in un padiglione del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley. Quella di Gabi Minedi, è un’ulteriore proposta ai margini del sistema dell’arte ufficiale, vengono presentate per l’occasione 40 opere eseguite dall’artista tra il 1990 e il 2024.
Artista outsider e radicale della nuova scena underground internazionale, conosciuta per la leggerezza, l’originalità e la sintesi dei suoi personaggi ironici e beffardi che ci costringono a riflettere sulla vita e sul destino infame dell’uomo contemporaneo. La sua rappresentazione nata per essere disagio e rivelazione, vento sottile dell’essere che può tramutarsi in spina, tormento e salvezza. Non conformata a nessun movimento artistico collettivo, irrequieta e nel contempo solitaria, ci giunge come sortilegio e anche enigma costringendoci a meditare sulla vera natura delle cose. L’artista nel suo viaggio rappresenta insolite presenze dall’apparenza deformata, svuotata e inquieta, in un percorso esistenziale trasgressivo condizionato dagli eventi che riemergono dal fondo della tela con esseri precari carichi di malinconia e di solitudine, definiti in modo essenziale da un colore primario e da una rappresentazione sintetica giocata sul contrasto delle tinte. Nonostante la stesura piatta, l’impronta timbrica delle opere ad acrilico e delle pitture all’uovo, le opere sono spesso integrate anche da inserimenti polimaterici di cartoni, tappi, chiodi, vecchie latte, ritagli metallici, tele, sacchi, sabbia, sugheri, ritagli di stoffee persino da brani di grafismo metropolitano, di graffi e frasi scritte a denunciare le contraddizioni e la condizione emblematica dell’uomo in questo travagliato momento storico. Solo la memoria resiste alla vita. “Nella sua pittura - scrive Sandro Bongiani - i suoi personaggi ibridi urlano da tempo a bocca aperta contro la tirannia dell’uomo con insoliti innesti e protesi, esseri che al posto delle gambe possiedono ruote a forma di orologio, valigie, televisori al posto della testa, girandole come meteoriti che cadono dal cielo assieme ai nostri stupidi e inutili sogni, astronavi in attesa di spiccare il volo rinate dalla fantasia ma anche dalla memoria. Un viaggio sottile e solitario in cui recuperare l’essenzialità delle cose in senso poetico”. Tutto ciò rende la sua ricerca originale e unica nel panorama contemporaneo.
Si ringrazia l’Archivio Studio Gabi Minedi per la fattiva collaborazione alla realizzazione in Italia di questo importante evento.
Biographical Notes of Gabi Minedi
Gabi Minedi nasce a Caracas in Venezuela. Vive e lavora tra Roma e il Mondo. Artista radicale ed indie della nuova scena Underground internazionale. Dipinge sin da bambina. Dal 1970 è presente in Collezioni, Gallerie e Musei Internazionali di Argentina, Belgio, Brasile, Francia, Germania, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Malta, Spagna, Stati Uniti d'America, Svizzera, Venezuela. Da diverso tempo ha lavorato con importanti Gallerie Italiane come la Galleria 32 e il Naviglio di Milano e inoltre, con una delle più grandi Gallerie Spagnole come la Galeria Mediterranea di Palma De Mallorca. Presente alle più importanti manifestazioni internazionali come Art Basel di Basilea e Miami, Biennale di Londra, Arco di Madrid e Documenta Kassel, Biennale di Venezia. Dal 1970, oltre ottanta mostre personali costituiscono l'esteso curriculum di Gabi Minedi, che ha esposto la propria opera in luoghi sparsi per i cinque continenti in spazi pubblici e privati, in Italia, Spagna, Francia, Svizzera, Usa, Gran Bretagna, Malta, Irlanda, Brasile, Germania, Belgio, Porto Rico e Canada. Le sue opere sono presenti nelle piú grandi collezioni e Musei Internazionali. Hanno scritto per Gabi Minedi critici importanti come Enrico Crispolti, Franco Solmi, Ivan Graziani, Nonni, Miceli, Simongini, Falsetti, Joan Lluís Montané, Philippe Daverio, Carlo Bo, Del Vecchio, Floriano De Santi, Manuel Espluga, Leo Strozzieri, Maria Cristina Ricciardi, Sandro Bongiani, Emiliano Canali, Patrizio Maria, Maria Luisa Moretti, Nerio Rosa e tantissimi altri ancora...
Pavilion Lautania Valley
“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation Everywhere”
Mostra n°5 / Retrospettiva di Gabi Minedi
Spazio Ophen Virtual Art Gallery
Presenze insolite in attesa di un esistere”
Presentazione di 40 opere eseguite tra il 1990 e il 2024
con un testo critico di Sandro Bongiani
15 settembre – 19 ottobre 2024
Salerno, opening 15 settembre 2024 ore 18:00
ORARI: tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
Via S. Calenda, 105 84126 Salerno
In collaborazione con l’Archivio Studio Gabi Minedi, (Italy)
E-MAIL INFO: [email protected] PER INFORMAZIONI: +39 3937380225
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1 giu 2023 19:40
“DI FRONTE ALLA SIMPATIA, L’ITALIANO È COME IPNOTIZZATO. NEL CASO CONTRARIO SI È FOTTUTI” – ANTONELLO PIROSO SCRIVE A DAGOSPIA: “AVENDO APPENA LETTO LA NOTIZIA DEL LIBRO DELL'AVVOCATO RAFFAELE DELLA VALLE, DIFENSORE DI ENZO TORTORA CHE NE RICORDA LA VICENDA, E QUELLA RELATIVA AL PREMIO SIMPATIA, ASSEGNATO A UNA GALLERIA DI PERSONAGGI E PERSONAGGETTI TUTTI SIMPATICI, MI PERMETTO DI RICHIAMARE QUI COSA DICEVA PROPRIO TORTORA SUI SIMPATICI E GLI ANTIPATICI DEL RUTILANTE MONDO DELLO SPETTACOLO…” -
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Roberto,
avendo appena letto sul tuo sito la notizia del libro dell'avvocato Raffaele della Valle, difensore di Enzo Tortora che ne ricorda la vicenda, e quella relativa al Premio Simpatia, simpaticamente assegnato a una galleria di personaggi e personaggetti tutti simpatici (e non ho motivo di dubitarne), mi permetto di richiamare qui cosa diceva proprio Tortora sui simpatici e gli antipatici del rutilante mondo dello spettacolo.
Passaggio che richiamerò - scusa se approfitto, ma la causa è giusta (l'ingresso è gratuito, si prenota on line) - il 16 giugno prossimo al teatro Gustavo Modena di Genova, quando racconterò il calvario giudiziario di Tortora a 40 anni esatti da quell'arresto che ancora oggi grida vendetta, avvenuto il 17 giugno 1983.
Scriveva Tortora:
"In un solo caso, in Italia, si è portati a perdonare tutto, e dico tutto. Si può essere matricidi antropofagi, dilapidatori del denaro pubblico, cocainomani in proprio e per conto terzi, stupratori di vergini, ma a un patto: occorre essere SIMPATICI.
Di fronte alla "simpatia", l'italiano è come ipnotizzato. Ma se per un drammatico, fatale opposto, si dà il caso contrario (cioè, l'uomo in questione non risponde a quei canoni che per certi italiani sono sacri: dare del tu a tutti, avere certe amicizie a corte, scodinzolare di fronte a chiunque, possedere una verità privata e una pubblica, inchinarsi agli eminentissimi, accettare i soprusi, quando vengono dall'alto, con devota rassegnazione, essere beceri e triviali quel tanto che basta), allora nella terra di Giustiniano si è fottuti.
La sera del mio arresto un altissimo dirigente comunista che banchettava a Napoli per non so quale convegno salutò l'evento con questo testuale commento: "Finalmente ce lo siamo levato dai coglioni".
Gli ero "antipatico", evidentemente. Non avevo una mia morale, accanitamente perseguita in tutta la mia vita. No, io ero un "moralista".
Perchè da noi questo succede. Abituati a misurare gli altri con il metro di se stessi, i delinquenti reputano impossibile che uno faccia o dica semplicemente le cose in cui crede.
No: ci deve essere sempre un risvolto, un interesse, una vena di ipocrisia. Ed ecco nascere la mia "leggenda nera", la broda della mia biografia immaginaria e immonda".
Ciao.
Antonello Piroso
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Serie "Gli astrattini" Piccoli lavori nati come prove di colore ma entrati a pieno diritto nella mia galleria immaginaria. . "Little abstract" series Small works born as proofs of color but fully entered into my imaginary gallery. . .. . . . #contemporaryart #artoftheday #abstractpaintingclass #abstraction #artcollector #abstractartist #modernart #instaart #contemporarypainting #art #abstract #artforsale #painting #arte #abstractart #contemporaryartist #drawing #acrylicpainting #abstractexpressionism #artwork #fineart #abstractpaintings #design #top_abstractart #artistsoninstagram #interiordesign #abstractpaintingdaily #gallery #artgallery via @hashtagexpert https://www.instagram.com/p/CWjbaUkNH15/?utm_medium=tumblr
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DOMENICO GNOLI
“Non ho fatto la sciocchezza di andare a studiare le mele cubiste come voleva Severini, che io non sento, né gli altri ‘purismi’ che si propongono a quelli che cominciano a dipingere. Io non ho fatto che trasportare tutto il mio stesso mondo di decoratore in un mondo di pittore, sfrondandolo dei fronzoli, dello stile antico, e di ogni eleganza, mettendone insomma a nudo quello che per me, tra torri e scale solitarie è l’elemento di poesia, di dramma qualche volta…” E se lo dice lui, Domenico Gnoli, tanto vale credergli. La sua pittura non porta con sé grandi messaggi, anzi forse non porta con sé nessun messaggio, oppure, ed io appartengo a questa scuola di pensiero, porta con sé il più grande di tutti i messaggi dell’arte e della poesia: la meraviglia, che del poeta e, conseguentemente, dell’artista, che come aveva intuito Gian Battista Marino, era il fine. Il messaggio di Domenico Gnoli è tutto qui. Inutile raschiare nel nostro desiderio di “andare oltre”, di “capire”, inutile cercare chiavi di lettura del mondo, inutile pensare, meglio guardare. Qualche volta “guardare” riempie la nostra mente, più del “pensare”. Magari guardando da vicino, da punti di vista inconsueti o incongrui con la logica visiva. Per fare questo, occorre saper guardare un papillon, come si guarda una collina e magari occorre saper guardare una collina, come fosse un papillon. Per dare un’occhiata “da vicino” alle cose viste dagli occhi di Gnoli, avete tempo fino a febbraio visitando la bella mostra della Fondazione Prada di Milano. E sarebbe un peccato non farlo, prima di tutto perché è molto difficile vedere così tante opere di Gnoli tutte insieme e poi perché, a parere di chi vi scrive, Domenico Gnoli è stato un artista pop, molto prima di Andy Warhol o di Tom Wesselmann. Basta guardare il bottone che naviga in mezzo al tessuto grigio di un paio di pantaloni a cui è cucito e che fa pensare all’ago di Piazza Cadorna di Cales Oldenburg, a sua volta debitore ai pop-artisti e alla loro attenzione per oggetti di uso comune, assurti alla dignità di opere d’arte. Così è anche per la vasca da bagno, che come tutti gli accessori domestici, è stata molto corteggiata dalla Pop Art. Pittore, Gnoli lo è stato in una maniera, forse meno consapevole e, soprattutto, quando i tempi non erano ancora maturi, ma sicuramente in lui alcune soluzioni formali (meno ideologiche), già preludevano ad uno sguardo oggettuale sul quotidiano come infinita fonte di ispirazione. La mostra allestita nel cosiddetto “Podium” della Fondazione Prada, è nettamente divisa in due parti: al piano terra le grandi opere pittoriche degli anni Sessanta, al piano superiori le grafiche, le scenografie, i bozzetti, i disegni e un apparato di documenti molto interessante. Forse, per logica, avrebbe dovuto essere il contrario, poiché prima di “assurgere” al ruolo di pittore, Domenico Gnoli, fu decoratore e scenografo, ma è pur vero che l’impatto delle grandi tele sul pubblico, produce un benefico effetto-meraviglia, che appassiona il visitatore e lo accompagna nella visita con una attenzione crescente. È da ricordare che l’attività di scenografo di Gnoli è di tutto riguardo, avendo lavorato in Italia con registi cinematografici quali Alessandro Blasetti, per il teatro con grandi compagnie italiane e, una volta trasferitosi a Londra, per il leggendario “Old Vic” e a Parigi con Jean-Louis Barrault. Fu proprio a Parigi che, per così dire, si scoprì pittore anche a causa di una certa insofferenza per il lavoro di equipe, a cui lo costringeva l’allestimento teatrale. Domenico Gnoli morì giovane, così come giovane e pieno di meraviglia è sempre stato il suo lavoro. Un artista originale, ascrivibile nei nomi di una immaginaria “galleria del sogno” della pittura e dell’illustrazione del novecento, quella dove con lui potrebbero trovar posto magari, ed è una ipotesi del tutto personale, anche Alberto Savinio, Roland Topor, Piero Fornasetti, ma se vi venissero alla mente altri nomi, la galleria è sempre aperta…
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Chiara Fumai
https://www.unadonnalgiorno.it/chiara-fumai/
Credo che vivere l’opera d’arte in maniera totale – quindi anche su un piano realmente autobiografico – sia un modo intenso e generoso di stare al mondo.
Chiara Fumai, artista femminista che ha lasciato un segno indimenticabile nell’arte contemporanea.
Nata a Roma il 22 febbraio 1978 e cresciuta a Bari, ha avuto fin da subito una carriera promettente, il suo grande talento è stato presto apprezzato. Si è laureata in architettura al Politecnico di Milano e frequentato il Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti.
Originariamente attiva come DJ e musicista techno si è resa nota nelle gallerie italiane con le sue opere video e performance dal vivo.
Ha lavorato principalmente con la fotografia, la video-art e le performance, rappresentando il linguaggio e la cultura mediatica contemporanea attraverso un’ottica femminista.
Una delle prime opere, del 2008, dal titolo Chiara Fumai presenta Nico Fumai, presentava una figura paterna immaginaria trasformata in cantante pop anni ��80, sottolineando i meccanismi mediatici della televisione italiana di quei tempi.
Nel 2012 ha partecipato a dOCUMENTA (13), una delle manifestazioni dedicate all’arte contemporanea più prestigiose al mondo, con The Moral Exhibition House, uno spazio di insurrezione femminista sotto forma di spettacolo da baraccone, in cui omaggiava Zalumma Agra e Annie Jones, artiste circensi vissute nell’Ottocento in una casetta bianca in cui i mobili erano sottosopra.
Nel 2013, con un’opera che denunciava il maschilismo del mondo artistico ha vinto il Premio Furla creando una propaganda fittizia del Manifesto SCUM di Valerie Solanas, trattato politico femminista radicale e critico nei confronti della società, che rifletteva la prima campagna politica di Silvio Berlusconi dal titolo Chiara Fumai legge Valerie Solanas.
Nella videoinstallazione The Book of Evil Spirit del 2015, ha recitato il ruolo della famosa sensitiva ottocentesca Eusapia Palladino durante una seduta spiritica nell’atto di rievocare gli spiriti della donna barbuta Annie Jones, della scrittrice Ulrike Meinhof e della filosofa Carla Lonzi. L’opera voleva rendere visibile la diversità di figure femminili marginali e omaggiare grandi pensatrici del passato che hanno contribuito a rivoluzioni sociali.
Nei suoi lavori ha sempre scelto figure di donne energiche, determinate, in alcuni casi furenti nei confronti di un mondo che non ne riconosceva il ruolo e l’importanza, scelte apposta per il loro atteggiamento militante e combattivo.
Chiara Fumai è stata l’interprete di un femminismo energico. Nonostante questo, la sua personale energia, l’incessante ricerca e sete di conoscenza della storia delle donne che motivava e ispirava le sue opere è stata messa a dura prova da una forma di depressione che l’ha assediata per anni.
Il 16 agosto 2017 a soli 39 anni si è tolta la vita. È stata trovata impiccata, all’interno della galleria Doppelgaenger a Bari, dove era ospite da qualche giorno.
Una delle sue opere, la serie di mappe murali intitolata This last line can not be translate, oltre a farle vincere il Premio New York nel 2017, è stata esposta postuma alla Biennale di Venezia del 2019.
Dopo la sua scomparsa, nel 2018, è stata creata l’associazione The Church of Chiara Fumai per preservarne e promuoverne la memoria e che ha donato molti degli oggetti utilizzati dall’artista nel corso delle sue esibizioni al Centro di Ricerca del Castello di Rivoli, il cui museo ospita una delle collezioni di arte contemporanea più apprezzate nel nostro Paese.
Recentemente il Comune di Bari ha deciso di dedicare alla memoria di Chiara Fumai un giardino sul lungomare.
Era brava, colta, dissacrante, intelligente, combattiva, ma non è riuscita a sconfiggere il terribile mal di vivre che l’accompagnava da tempo.
Lasciando la terra, ha deprivato il panorama artistico italiano e internazionale del suo importante contributo.
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Diario della băsis
16/06/2020
Qui dovrebbe cominciare l’interrogare della scrittura, secondo i modi e le forme arcaiche che non si conoscono, che non mi si addicono. Se ne sentiva l’urgenza? No, sono ben oltre il tempo scaduto. So di cosa parlo? No, procedo per rinvenimenti e scorpori. Ma siccome questo vuole essere, più che autobiografia, una durevole riflessione sulla poetica, non posso dare risposte drastiche. Dirò quindi che l’urgenza, nell’arte, non esiste. Semplicemente, la scrittura è l’emblema perfetto del perenne stato di emergenza vissuto. La raccolta del materiale è zoedegradabile. I pezzetti di carne che ti guidano fino a casa, lo slalom che ti costringono a fare. Coi denti diventati scogli coltelli, i framezzi delle cose che non combaciano, cerniera secreta. Testo crematorio titivillus caolino. Il riflesso di un sole troppo forte e la sua occasione. Tagliato a colpi d’ascendenze. Dall’ultima provincia di solida luminoria, nella penultima provincia di apnea e penombra, ho copiaincollato queste noticole che sono scappate all’indietro appena mi hanno visto, un indistinto di cronache lasciate a maggese e menzogne e amnesie bugiarde, ciecando inebetite nella contemplazione di quello che c’era prima, da cui si arriva sempre in questo slargo del tempo mitologico. Ciò che prima era radicata condizione esistenziale oggi recita male soltanto lo stato dell’arte. Soglie e tralicci dell’alta tensione. Ho provato a essere famoso tramite i tag, esperimento fallito. Ho provato a essere famoso tramite la fame, esperimento fallito. Ho provato infine a essere famoso tramite la lichtundurchlässigkeit, esperimento fallito. L’ultimo viaggio nella madrelingua, senza eredità, cioè: senza souvenir. Tutto al di sotto di un parco gru impennate al cielo. Per prima, la costruzione del libro, le mie seicento pagine abbandonate di punto in bianco: si risolse irrimediabilmente in un libro che non finisce. Seconda, la costruzione del metodo, l’orfeo con la minuscola, a me più caro: sperduto nella foresta, dal prototipo all’epigono; adesso che tutto è oltrattendibile. Ultima e più semplice, la costruzione della giovinezza: detto in modo molto semplice, io sono un pessimo infante. Precoce estate per il piede esitante. Ma poi l’avventura immobile, in inglese, la miglior letteratura possibile. Come un reflusso la breve vittoria, l’opera prima, il terrore allo stato puro. La mia Elettra era l’unico libro da far proliferare in maniera incontrollata. Ma poi il cane alla fine della catena, non della stirpe di Argo, così affascinante. Non c’è mai stato nulla da attendere. Solo l’eseguibile. Aver fede nel rumore bianco. Francesca Woodman, Nobuyoshi Araki, Corrado Roi – ripeterseli come un mantra. Morte stile quindicesimo secolo, memorie manipolate in sei sezioni asimmetriche, il dizionario come simbolo di fertilità, passione inconsistente. Ho separato l’uomo dal poeta, appiccicandogli l’innocenza. E come ogni sera, e al risveglio, la scala pentatonica dei tic articolari (zona falangi del piede, ginocchia) diventa la scalata del mio equilibrio. Jack senza la femmina del buco, stato di allarme giallo che suona al di fuori dello spettro dell’udibile. Nuovo sistema, dare la prima comunicazione, dietro c’è un organismo in ricezione, senza che il carbone rivergini in legno o il sangue dissali, prove postreme per quella terra tirrenide che adesso è istmo e che sarà in potenza il mio Innocenzo X. Non deponibile chiave – di lettura torce il suo cilindro nel torcere a meraviglia, passo bravo, doble, in nomine. Soavemente mentre guardando le paci, anch’io volendo che la leggenda diventasse da fiaba ad apologo edificante, il farsi rabbuiare d’euridice novella, i libri con le forme e i pupazzetti per terra, teorie dell’erba voglio, mai una distanza che fosse cifra immaginaria del cerchio socchiuso del tragitto, per fortuna. Proprio come la natura del vuoto, che non è altro che un collage (di Julia Lillard), senza alcun riguardo per uno Stillleben che se non salta la generazione per brevità di rincorsa salti almeno di genere, come proprio. ἀποσκότησόν μου. Segue ricostruzione. Per un’intrusa galleria riuscii a raggiungere l’uscita, il portale delle transazioni. L’accesso al “fuori” permette così ai poeti di razzolare liberamente, com’è d’uso, per molte ore nel corso del giorno. Mano fasciata protesa, che torna comunque alla terra, solo le cose rifatte giorno dopo giorno, con falsa pazienza, e che si vedono, esistono, endoscopia di tutte le televisioni sintonizzate su canzoncine per bambini e fattorie con animali. In una testualità che doveva finire, senso pratico di tutti i bodhisattva, senza rileggere, continuo il caldo del corpo di un reato.
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Incontra i designer, e scopri le loro creazioni in occasione del Fuorisalone 2019.
> BRERA
PLANTUI ITALIA
/ DOT / PIAZZA SAN MARCO
M2 - MOSCOVA
G LAB MILANO
/ G LAB MILANO / VIA GIANNONE 4
M2 - MOSCOVA
INDUSTRIA DESIGN
/ DRY MILANO / VIA SOLFERINO 33
M2 - MOSCOVA
> PORTA VENEZIA
MANUELA BUCCI
/ STUDIO BUCCI / VIA SETTALA 2
M1 - PORTA VENEZIA
> TORTONA
ECCEL DESIGN MILANO
/ ZIP ZONE EVENTS / VIA TORTONA 26
M2 - PORTA GENOVA
INDUSTRIA DESIGN
/ CIRCLE MILANO / VIA STENDHAL 36
M2 - SANT’AGOSTINO
STEFANO EPIS
/ IMMAGINARIA GALLERIA / Ang. VIA MOLINO DELLE ARMI - C.so DI PORTA TICINESE
M2 - SANT’AMBROGIO
ECCEL DESIGN MILANO
/ PANTONE FOODMOOD / LARGO RICHINI 14
M3 - MISSORI
> CASCINA CUCCAGNA
PLAYWOOD
/ Design Collisions / VIA CUCCAGNA 2
M3 - LODI
Info: [email protected]
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[Come eravamo][Giovanni Rodella][Ivan Teobaldelli]
"Come eravamo" è il risultato di un percorso storico sia personale sia della comunità gay, iniziato cinquant’anni fa e che Giovanni Rodella ha voluto documentare.
Questo libro è il risultato di un percorso storico sia personale sia della comunità gay, iniziato cinquant’anni fa e che Giovanni Rodella ha voluto documentare qui e nella mostra fotografica organizzata con la Galleria Immaginaria di Firenze, che raccoglie alcuni degli scatti di quel periodo insieme a immagini realizzate, in vari eventi, negli anni successivi. Oggi, la comunità gay è riconosciuta…
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#catalogo#Cercando il paradiso perduto#Come eravamo. La presa di coscienza del movimento omosessuale italiano – 1976-1983#gay#Giovanni Rodella#Italia#Ivan Teobaldelli#LGBT#LGBTQ#mostra#Nardini Editore#nonfiction
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dall'8 dicembre, a firenze: "nel silenzio delle cose", mostra di tommaso cascella a firenze
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Here is one of our most recent coming group exhibitions by RossoCinabro Gallery in Rome, Italy. https://lnkd.in/fScxJvd
"Working, Thinking, Seeing" 15th - 30th Jun, 2018
It’s a display of mostly gallery artists, perfunctorily titled 'Working, Thinking, Seeing' and hung without an apparent organizing principle. There isn’t even an official closing date. Once you’ve settled into the exhibition, however, the vagaries of the arrangement quickly turn into a kind of energizing force, as each distinctly different artwork thrusts its elbows in the direction of its neighbors, some more insistently than others. The difference between the works is very evidence. But so the exhibition goes, with tone shifts tallying more disparate than harmonious moments, but the innate handsomeness of each piece — there is a masterful sense of polish evident everywhere, even in the most emotionally raw works — transforms disjointedness into surprise. 'Working, Thinking, Seeing' group show continues at Rossocinabro (Via Raffaele Cadorna 28, Roma) for a few more weeks. Please contact the gallery at 06 60658125 for more specific information.
È una mostra di artisti internazionali e per lo più di galleria, dal titolo "Working, Thinking, Seeing" tutto è appeso senza un apparente principio organizzativo. Non c'è nemmeno una data di chiusura ufficiale. Una volta che vi siete sistemati nella mostra, tuttavia, i capricci della disposizione si trasformano rapidamente in una sorta di forza energizzante, poiché ogni opera d'arte distintamente diversa spinge i suoi gomiti nella direzione dei suoi vicini, alcuni più insistentemente di altri. La differenza tra le opere è molto evidente. Ma così la mostra va, con cambiamenti di tono che si combinano in momenti più disparati di quelli armoniosi, ma l'innata bellezza di ogni pezzo - c'è un senso magistrale di lucido evidente ovunque, anche nelle opere più emozionalmente crude - trasforma la scomposizione in sorpresa. L'esposizione collettiva continuerà da Rossocinabro (Via Raffaele Cadorna 28, Roma) per molte settimane. Si prega di contattare la galleria al 06 60658125 per informazioni più specifiche. I nomi degli artisti verranno inseriti in base ai nuovi arrivi
Artists
Janice Alamanou, Tamara Budnikova, Laslo Cikos, Jürgen Eckey, Jörg Galka-Teisseyre, Katharina Goldyn, Ana Paola González, Christina Haupts, Michael Jastrzembski, Osamu Jinguij, Barbro Jonasson,Aleksandra Kosoń, Lady Yupigold, Lisa J Levasseur, LiV, Sebastián López Durán, Stjepko Mamic, Walter Marin, Alexandra Mekhanik, Friedhard Meyer, Elvio Miressi, Muisco, Gabrielle Mutti, Mirja Nuutinen, Anja Stella Ólafsdóttir, Marlen Peix, Prussi, Michelle Purves, Daniela Rebecchi, Amanda Ruck, Meir Salomon, Martin Severinson, Dolors Simó, Christina Steinwendtner, Vera Tsepkova, Valérie Vandermotten, Anthony Vella
A cura di Cristina Madini e Joe Hansen
#RossoCinabro #Gallery #exhibition #photo #photographer #art #artists #paint #painter #ContemporaryArt #Italy #Rome #Contemporary #international #wordpress #painting #photographers #linkedin #tumblr #behance
Check on Behance→https://lnkd.in/gJz6V2e Check on LinkedIn→https://lnkd.in/gEu-4ET Check on Tumblr→https://lnkd.in/g8h87yZ Check on Artconnect→https://lnkd.in/g4V_Jmn
Check the details on below websites: Art Week https://lnkd.in/f3s4PVz Informazione https://lnkd.in/fQtjanH WordPress https://lnkd.in/fwnTAqb EventiBlog https://lnkd.in/fi3GHBg GratisGratuiti.it https://lnkd.in/f2SecJv IperTop https://lnkd.in/fsBaQzF NoiNews https://lnkd.in/fAVN2wb LOBODILATTICE https://lnkd.in/fbye__C Magazine Art https://lnkd.in/fNTztVj Celeste Network https://lnkd.in/fDHv6Fe Roma Art Guide https://lnkd.in/fYiWdwv Exibart https://lnkd.in/gN3znvB RomaToday https://lnkd.in/fz_zpbc Cultura Italia https://lnkd.in/fZbxGuP Style https://lnkd.in/fGQ-Jcf https://lnkd.in/fpyF99n AGR Web https://lnkd.in/fRRZ7Fw Esporarte https://lnkd.in/fRj-8wu Xevent https://lnkd.in/fjMb3cU Concorsarte https://lnkd.in/ftd8YQW EZ Rome https://lnkd.in/fBAnrnw Evensi https://lnkd.in/fBj7_JB Teleagenda https://lnkd.in/f5xi3EW Magazine Pragma https://lnkd.in/fPZDxRg Immaginaria https://lnkd.in/fqSm7KF Controluce https://lnkd.in/fgxubAx Lazionauta https://lnkd.in/fezgD6K Pittorica https://lnkd.in/f5JJuY7 udite-udite https://lnkd.in/fKXug-T
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Il comunicato stampa
SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
Retrospettiva di Reid Wood 1970-2024
“Tempo sospeso / Segni e tracce di un immaginario in/Visibile” "Suspended time/ Signs and traces of a imaginary in/visible"
a cura di Sandro Bongiani
11 agosto - 14 settembre 2024
Inaugurazione: Domenica 11 agosto 2024, ore 18.00
Pavilion Lautania Valley / Stranieri Qui e Altrove - Foreigners Here And Elsewhere
in collaborazione con l’Archivio Reid Wood di Oberlin, OH, United States
La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea, dopo la retrospettiva dell’artista americano pre-pop Ray Johnson, la retrospettiva di Guglielmo Achille Cavellini è la personale di Ryosuke Cohen è lieta di inaugurare in coincidenza con il tema “Stranieri Ovunque la mostra retrospettiva dell’artista americano Reid Wood dal titolo: “Tempo sospeso / Segni e tracce di un immaginario in/Visibile”. Un evento a cura di Sandro Bongiani in contemporanea con la 60. Biennale di Venezia 2024, incentrato sul tema dello straniero ovunque. Una sorta di rilettura delle proposte in atto presentate per l’occorrenza in un padiglione del tutto virtuale, con un’area immaginaria di 3 sale presso il Pavilion Lautania Valley. Quella di Reid Wood, è un’altra proposta decisamente ai margini del sistema dell’arte ufficiale, vengono presentate per l’occasione 54 opere eseguite dall’artista americano tra il 1970 e il 2024.
Per l’artista americano Reid Wood vi è l’attenzione a una pratica che si propone di raccontare quel che accade non smettendo - per dirla con Michel Foucault - di comprendere il mondo e il funzionamento di certi discorsi all'interno dell’attuale società. Ciò accade con il pensiero attivo marginale, in un’area di ricerca che preferisce collocarsi al di fuori dai circuiti ufficialmente deputati all'arte, preferendo i processi, e il dialogo in un fluire di esperienze e accadimenti senza impedimenti e costrizioni. Per diverso tempo l’attività di Reid Wood è stata ancorata a una forma di creatività resistente generata dal dato reale e poi stravolta da una visionarietà insistente che definisce inconsueti e nuove presenze apparentemente tra loro incompatibili. Un territorio sospeso, in un punto cieco d’incontro verso l’immaginazione. Una sorta di eterotopia radente della nostra contemporaneità in cui l’invenzione ha il sopravvento.
Le prime opere di Reid Wood risalgono agli anni 70 una serie di collage digitali per poi procedere verso il 2006 pubblicando su “havent-gardeart.blogspot.com”, un’opera al giorno che ha chiamato “Artifact” (artefatto), indicando nella stessa opera il giorno il mese e l’anno di esecuzione dell’opera (la prima opera pubblicata ufficialmente su tale blog risale al 22 ottobre del 2006). Dal 2006 a oggi ha creato ogni giorno un nuovo lavoro digitale “artefatto” con risultati creativi e immaginativi decisamentesorprendenti. Alla fine il risultato ottenuto è aver prodotto un’immagine destrutturata e nel contempo definita in modo più mentale che attraverso l’uso di oggetti e situazioni concorrono a dar forma a una rappresentazione di tipo immaginifico del tutto nuova definita da frammenti di spazi contrassegnate da tracce di senso “sospeso”, che a mezz’aria si rincorrono in attesa di essere finalmente percepite. “Un qualcosa che ci sfugge e resta in/sospeso tra il presente e il momento dell’invenzione” - scrive Sandro Bongiani - "una ricerca indagata a tutto campo su “universi possibili”, intesa come il luogo privilegiato per rilevare nuove ipotesi di lavoro che nella dimensione creativa e mentale suggeriscono nuove possibilità di ricerca, tra la libertà della creazione e la globalità intelligente del fare arte. Permane in Wood la proposta convincente di una ricerca volutamente di confine in un particolare campo di azione svolto tra fotografia e rappresentazione poetica, come spartiacque al modo omologato e spesso monotono proposto dal sistema istituzionale dell’arte”.
Si ringrazia l’Archivio Reid Wood di Oberlin, OH, (United States) per la fattiva collaborazione alla realizzazione in Italia di questo importante evento.
Biographical Notes of Reid Wood
Reid Wood (b. 1948) is a visual artist who has worked in a variety of media, including drawing, printmaking, sculpture, collage, artists books, mail art, digital imaging, and performance art. He holds degrees in art from Oberlin College, with additional study at Kent State University, Akron University, and the Visual Studies Workshop. He has exhibited his work regionally, nationally and internationally since 1975. Examples of his work can be found in a number of public and private collections and archives, including MoMA (Franklin Furnace Artists Books Archive), the Sackner Archive, the Avant Writing Collection (Ohio State University), the National Institute of Design (Ahmedabad, India), Lalit Kala Akademi (New Delhi, India), the National Postal Museum of Canada, the Artpool Archive (Budapest), the King St. Stephen Museum (Hungary), and the Otis Art Institute (Los Angeles). Several works are permanently present in the Collection of the Bongiani Art Museum of Salerno (Italy). In 2010 he was awarded a residency in Venice by the Emily Harvey Foundation.
Pavilion Lautania Valley
“Stranieri qui e altrove - Active Marginal Generation Everywhere”
Mostra n°4 / Retrospettiva di Reid Wood
“Tempo sospeso / Segni e tracce di un immaginario in/Visibile”
Presentazione di 54 opere eseguite tra il 1970 e il 2024
con un testo critico di Sandro Bongiani
11 agosto – 14 settembre 2024
Salerno, opening 11 agosto 2024 ore 18:00
ORARI: tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00
In collaborazione con l’Archivio Reid Wood di Oberlin OH, (United States)
E-MAIL INFO: [email protected]
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225
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Partiture di un luogo immaginario
2018, cordella di cotone, tela di lino, legno, ferro, Personale Museo MAGI900, Pieve di Cento (BO), Fondazione Cassa di Risparmio. Collettiva “Trame”, Galleria d’Arte Contemporanea Osvaldo Licini, Arte Contemporanea Picena, (AP)
Partiture di un luogo immaginario è espressione di un desiderio di controllo e riflessione, di una razionalità sensibile spinta a reinterpretare oggetti evocativi della memoria, attraverso opere costruite con un’eleganza formale dalla partitura quasi architettonica, in un dialogo armonico di linee di forza e volumi contenuti, traiettorie dinamiche e silenzi della materia, in continua osmosi nello spazio. Talamonti (la cui ricerca si è già espressa con molteplici linguaggi, in stretta sintonia con lo spirito contemporaneo) ha scelto per questo intervento una modalità lenta, in cui tecnica e pensiero si equilibrano. Un accurato lavoro di composizione e piegatura di materiali tessili di uso domestico - fettucce colorate da sartoria portate in equilibrio su tele di lino immacolate - le consente, infatti, di esplorare i margini dell’astrazione e di metterne alla prova la funzione segnica, pittorica e plastica, esaltando la duttilità estetica dei materiali e sospendendoli su un piano a temporale, senza rinunciare a prevederne un ritorno nella dimensione vitale del quotidiano, ma in altra veste, in altra levatura. Come dichiara l’autrice questi elementi appartengono ormai a nessun luogo, ad una realtà immaginaria in cui le forme e i colori gravitano in una dimensione a temporale, dove solo l’agire dell’immaginazione li ha resi possibili in uno scenario inventato, dove abita l’istinto primordiale del pensiero in cui passato, presente e futuro convivono. Il motore dell’azione è allora, forse, il desiderio di un’armonia perfetta, irraggiungibile ma immaginabile e perseguibile, nella dimensione autentica e autonoma in cui l’arte può condurre, per brevi avvistamenti, la nostra vita.
Testo di Valeria Tassinari
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Natura astratta con dominante rossa Acrilici su tavola Dipinto che fa parte della serie “Gli Astrattini” opere di piccole dimensioni (max 30x40 cm) nate come studi di colore e poi entrate a pieno diritto nella mia galleria immaginaria. Il tema è la natura perché alla base del mio lavoro c'è soprattutto l'amore e il rispetto per la natura. . . . . . #art #artistsoninstagram #watercolorpaintings #watercolourpaint #arte #watercolourist #watercolours #artwork #watercolorpainting #sketch #drawings #watercolor #watercolor_guide #watercolorart #watercolorartist #watercolorillustrations #gouacheart #drawing #instaart #creative #illustration #painting #aquarelle #artist #watercolourart #paint #watercolors #artoftheday #abstractartplanet #gallerymahv (presso London, United Kingdom) https://www.instagram.com/p/CK1telqn2Za/?igshid=1x1mj5ks03zad
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Yoko Ono la donna più odiata del rock
https://www.unadonnalgiorno.it/yoko-ono/
Yoko Ono è una poliedrica artista giapponese naturalizzata statunitense.
Una donna detestata da milioni di persone che hanno visto nel suo amore con John Lennon la fine dei mitici Beatles.
Una donna che è sempre stata libera, che ha espresso i suoi ideali attraverso le tante forme artistiche che ha attraversato. Che ha scelto di amare chi voleva e come voleva e per questo è stata per anni in pasto ai giudizi della peggiore stampa e a gran parte della critica che si è schierata brutalmente contro le sue opere e azioni.
È nata a Tokyo il 18 febbraio 1933 in una famiglia agiata di banchieri giapponesi, sua madre era una pianista classica. Ha vissuto un’infanzia ovattata fino alla seconda guerra mondiale, quando caddero in povertà.
Dopo la guerra si trasferirono negli Stati Uniti, nello stato di New York. La giovane Yoko Ono cominciò presto a assecondare i suoi desideri, molto osteggiata dai genitori che deploravano il suo stile di vita e spesso la punivano.
Contro il parere della famiglia, nel 1956 ha sposato un compagno di studi e si è trasferita a New York, dove insegnava. Il suo appartamento, punto di riferimento della scena artistica, era sede di performance e happening di musica e poesia. In questo periodo la sua arte era in gran parte concettuale. Nel 1961 ha tenuto la sua prima mostra e preso parte al gruppo di artisti d’avanguardia Fluxus.
Nel 1962 ha divorziato dal primo marito e sposato il jazzista Anthony Cox da cui ha avuto una figlia, Kyoko Chan Cox. Dopo il loro divorzio, il padre ha rapito la bambina che la madre ha rivisto soltanto dopo tantissimi anni.
Artista poliedrica e attiva nel sociale, Yoko Ono, fin dagli esordi ha diffuso, attraverso l’arte e la musica, un messaggio di pace e di rispetto dei diritti umani.
Ha incarnato perfettamente lo spirito di ribellione e il fermento culturale di quegli anni esprimendolo con lavori d’avanguardia artistica e politica.
La sua attenzione al sociale, concetto fondamentale delle sue opere, riguarda in primo luogo il tema delle disuguaglianze, soprattutto quelle di genere.
Tra i suoi lavori più celebri c’è Cut Piece (1965), performance nella quale l’artista, seduta al centro di una sala della Carnegie Hall di New York, ha permesso agli spettatori di tagliare a brandelli i propri vestiti, fino a rimanere quasi nuda. La performance puntava a mostrare come il corpo della donna veniva percepito nell’opinione comune e a annullare la barriera che divide artista e fruitore dell’arte, tema affrontato dall’allora neonata Body Art.
Nel 1966, tenne una mostra in una galleria londinese dove conobbe John Lennon, che sposerà il 20 marzo del 1969 sulla Rocca di Gibilterra. Durante il viaggio di nozze hanno messo in scena una protesta non violenta contro la guerra in Vietnam, rimanendo due settimane nel letto della loro camera all’Hotel Hilton di Amsterdam, mentre la stampa di tutto il mondo presidiava l’albergo.
Il loro amore è stato un sodalizio umano, artistico e spirituale unico. Ma lo scioglimento dei Beatles, nell’aprile 1970, per i fan fu una tragedia, e la responsabilità ricadde su Yoko, la «perfida strega giapponese». Un’assurdità, smentita a ripetizione dai membri stessi della band, ma che i media hanno cavalcato con ostinata perfidia, rendendola presso il pubblico «la donna più odiata del rock».
L’influenza di Yoko su John era candidamente ammessa dallo stesso cantante. «Il nostro rapporto è davvero di maestra e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto». Insieme hanno avuto un figlio, Sean, nato il 9 ottobre 1975, giorno del compleanno del padre.
Nel 1971, Yoko Ono ha organizzato una mostra immaginaria al MoMa di New York filmando gli spettatori considerati le vere opere d’arte.
Tra le tante le critiche che le sono state mosse, è stata anche additata come responsabile per la dipendenza da eroina sviluppata da John Lennon negli anni settanta, ma ne furono entrambi vittime per anni.
Dall’inizio degli anni settanta la coppia si è dedicata sempre meno alla musica e sempre più all’attivismo politico appoggiando i movimenti pacifisti anti-Vietnam, finanziando i comunisti-radicali, le pantere-nere e i gruppi femministi americani. Impegno costò loro gravi problemi con il Servizio d’Immigrazione e Naturalizzazione statunitense.
Dopo l’uccisione di Lennon nel 1980, Yoko Ono è rimasta attiva nel campo musicale e in quello delle arti visive. Ha firmato numerosi film, fatto concerti in tutto il mondo, esposto le sue opere e partecipato a tantissime azioni di solidarietà.
La Japan Society di New York le ha dedicato nel 2000 una retrospettiva presentata poi in sette musei del Nord America.
Ha partecipato alla Biennale di Venezia del 2003 e nel 2004 vi ha presentato la video installazione Onochord.
Una donna che continua a far parlare di sè, scandalizzare, ispirare, provocare rabbia e invidia con il suo modo libero e ostinato di vivere la vita e l’arte.
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