#Freddo Polare
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Fiocca
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Freddo polare in arrivo: ecco dove e quando nevicherà in ItaliaUn’ondata di gelo pronta a investire il Paese: scenari, previsioni e consigli
Il gelo polare si abbatte sull'Italia: tutte le previsioni
Il gelo polare si abbatte sull’Italia: tutte le previsioni L’Italia si prepara a un’ondata di freddo polare, un fenomeno che porterà un drastico calo delle temperature e nevicate diffuse in diverse aree del Paese. Secondo l’articolo pubblicato su Adnkronos, l’arrivo del gelo interesserà sia le regioni settentrionali sia quelle centrali, con possibilità di fiocchi bianchi anche a bassa quota. Ma…
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Nel ricordo di Marinella… Una scelta di volontariato
“Mi aggiravo tra la folla, attratta da quella moltitudine vociante, dalle bandiere e dai labari delle nostre città istriane, fiumane e dalmate. Era il 1997, si ricordavano nella piazza principale di Trieste i 50 anni dall’esodo, anche i miei cinquant’anni essendo nata nel 1947. Ma il mio pensiero era fisso su mio padre. Vedi – gli dicevo col cuore gonfio – finalmente parlano di noi. Ma lui era mancato qualche tempo prima senza smettere di sentirsi fuori dal coro, un alieno…”
Fu così che, durante quell’esperienza pubblica, Fioretta Filippaz, nata a Cuberton, esule a Trieste dal 1956, si rese conto di sapere ben poco della propria storia e del destino di tanta gente che come lei era stata costretta all’esodo dall’Istria.
Decise così di fare la volontaria?
“Quel ’97 fu per me uno spartiacque importante, i miei genitori non c’erano più ma le domande che avrei voluto rivolgere a loro, erano veramente tante. Allora presi informazioni e mi ritrovai all’IRCI che allora aveva sede in P.zza Ponterosso, nell’ufficio di Arturo Vigini, con lui c’era anche la figlia Chiara. Mi presentai e dissi che avrei voluto rendermi utile, partecipare dopo tanto silenzio. Non cercavo un lavoro di concetto, mi bastava anche semplicemente imbustare e affrancare gli inviti per le numerose iniziative dell’ente o per spedire la rivista Tempi&Cultura. Così ho cominciato”.
Una “volontaria”, oggi una del gruppo che segue l’attività dell’IRCI in via Torino, accoglie i visitatori delle mostre che si succedono numerose durante l’anno a cura di Piero Delbello e con il supporto del presidente Franco Degrassi, raccontando un esodo per immagini, attraverso i suoi personaggi, a volte famosi, a volte sconosciuti…
“Viene sempre tanta gente, chiede informazioni, racconta la propria storia, queste sale diventano un contenitore di tante vicende mai emerse, di tante storie familiari mai portate alla luce. Molti arrivano con fotografie, locandine, documenti per il museo. Per noi volontari è una responsabilità, ma anche un profondo desiderio di condivisione. Vede, questo documento alle mie spalle nell’ambito della mostra ‘Come ravamo’ è quello della mia famiglia, è lo storico dell’anagrafe dal quale hanno cancellato Marinella…”.
Chi è Marinella? È una delle storie emblematiche dell’esodo, quella di una bambina che non ce l’ha fatta, in quell’inverno polare del ’56. Aveva appena un anno e una polmonite se la portò via, “morta di freddo” sentenziarono i medici dell’ospedale che non furono in grado di salvarla.
“Ero già grandicella e Marinella me la portavo in braccio, le davo il biberon, la cambiavo, me ne occupavo per alleviare il lavoro di mia madre che doveva pensare a tutta la famiglia, al marito e ai cinque figli. I suoi occhi erano per me, con i sorrisi e i primi borbottii, una gioia infinita: non sono mai riuscita a dimenticarla, a farmene una ragione”.
Per quanti anni siete vissuti in quella baracca?
“I miei genitori dodici anni, finché io e mio fratello non siamo riusciti a terminare le scuole nel collegio dove eravamo stati trasferiti per poter avere un’istruzione e migliori condizioni di vita”.
Vita?
“Quando la famiglia vive separata tutto è molto duro. Mio padre a Cuberton era un bravo contadino, da esule poté fare il manovale, la qualifica di profugo non era servita a nulla. Aveva sperato di entrare in fabbrica, ma nessuno ci aiutò. Ricordo che spesso diceva con convinzione, non sembrava neanche un lamento ma una semplice constatazione: ‘noi ne vol, proprio noi ne vol’ e così continuò per anni sentendosi fuori luogo, forse sconfitto. Quando ebbi diciannove anni, ci diedero una casa comunale, una sessantina di metri per la nostra famiglia numerosa, ma era comunque un miglioramento. Andai a lavorare alla Modiano”.
In che veste?
“Alle macchine per la stampa, ci ho lavorato fino alla pensione. All’inizio vista con sospetto, la nostra presenza di esuli a Trieste veniva ancora considerata un peso, ma noi istriani siamo lavoratori, disciplinati, vivaci, con il tempo mi sono conquistata le simpatie delle persone che hanno saputo apprezzare il mio impegno”.
E la famiglia?
“Mi sono sposata a 25 anni, per qualcuno era quasi tardi, per me anche troppo presto, vista la tragedia che avevamo vissuto in famiglia, non mi sentivo pronta”.
Non era solo per Marinella?
“Soprattutto per lei il cui sguardo non ho mai smesso di cercare, ma anche per tutto ciò che avevo visto al campo di Padriciano: la gente si lasciava morire, di disperazione, per mancanza di qualsiasi prospettiva, in quelle baracche dove non si poteva accendere un fuoco per scaldarsi. La mia casa era rimasta a Cuberton. Ci sono tornata per andare al cimitero. L’ho vista da lontano, diroccata, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi”.
Nessuna assistenza psicologica in tutti questi anni?
“Nessuna. E ce ne sarebbe stato bisogno”.
Che cosa ha rappresentato il Giorno del ricordo?
“La possibilità di parlare, andando nelle scuole, fornendo testimonianza sui giornali, le televisioni. Gli italiani hanno iniziato a conoscere squarci della nostra vicenda. Ogni anno mi invitano a Cremona, in Umbria, nel Veneto, con le docenti è scattata un’amicizia importante. Dopo che Simone Cristicchi ha raccontato di Marinella nel suo spettacolo Magazzino 18, l’interesse è diventato maggiore, mi chiedono di raccontare. Lo faccio per i miei genitori, per restituire dignità a tanta gente, per rivivere il ricordo di Marinella, doloroso, ma necessario. I ragazzi delle scuole mi hanno omaggiato dei loro lavori di gruppo che custodisco gelosamente. È incredibile con quanta pietas abbiano saputo raccontare le nostre vicende, anche quelle più difficili. Mi fanno tante domande”.
E Padriciano?
“Ho accolto le scolaresche per tanti anni insieme a Romano Manzutto, finché l’associazionismo ha deciso di formare dei giovani perché raccontassero la nostra storia”.
In maniera più asettica?
“Certo hanno avuto modo di studiare, approfondire, possono rispondere a tante domande, non certo a quelle sull’esperienza diretta che rimane di chi l’ha vissuta veramente, ormai non siamo tantissimi, il tempo decide per noi”.
Dal campo di Padriciano molti partirono per gli altri continenti…
“Avevamo considerato anche questa ipotesi, ma cinque figli piccoli a carico erano una condizione che non favoriva il giudizio dell’emigrazione. Mio padre era una persona di grande cuore, certo avrebbe fatto fortuna, ma era convinto che nessuno avesse compreso che non eravamo venuti via se non perché fosse impossibile rimanere. Questa sensazione non lo abbandonava mai e forse gli toglieva la forza di tentare altre strade. Non ne abbiamo mai parlato successivamente. Ma mi accorsi del suo dolore quando giunti al cimitero di Cuberton, al momento di decidere di andare a mangiare qualcosa insieme, mi pregò di riportarlo velocemente oltre confine. La paura non li aveva ancora abbandonati e non l’avrebbe mai fatto fino alla fine”.
Di cosa avevano paura?
“Di restare e di tornare. In Istria tutto era cambiato e quindi non ritrovavano più la loro dimensione, c’era stata la dittatura che aveva spaventato tutti. In Italia avevano dovuto imparare a vivere il quotidiano, in Istria pagavano le tasse e basta, non erano abituati ad andare per uffici, fare domande, ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Quando Marinella morì nessuno venne a manifestare la propria solidarietà, non fecero che cancellare il suo nome dal nostro stato di famiglia”.
Quale spiegazione riesce a darsi oggi?
“Lo dico spesso e l’ho anche scritto: fummo accolti con fastidio e indifferenza, eravamo un corpo estraneo che tentava di inserirsi in un tessuto sociale che non voleva intrusioni”. Dire che la storia si ripete è anche troppo ovvio.
Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin a Fioretta Filippaz per La Voce del Popolo, 5 gennaio 2020
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State in campana, arriva il crollo termico. Serrate i giubbini, allestite le stufette, niente sarà come prima. Alcuni consigli per evitare l'ipotermia: coprirsi bene, non uscire nelle ore più fredde, mangiare tanta zuppa e bagna cauda. Sarà il fine agosto più freddo di sempre. Addio "caldo africano" arriva il "freddo polare". Adiós Caronte, wilkommen Thor. Anche la meteorologia da circo fa il cambio degli armadi. E quell'idea innocente che impostando un grado in meno di termostato e comprando un'auto elettrica possiamo addomesticare la natura a farcela amica, come i leoni di Walt Disney.
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Qualcosa di dolce, per favore, qualcosa di particolare,
qualcosa di morbido e struggente,
qualcosa che non tema il freddo polare,
qualcosa di nuovo e divertente,
qualcosa che abbia
la mia stessa voglia
di naufragare.
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Non so proprio come la gente abbia voglia di uscire con questo caldo e questa umidità. Io da fermo sudo, figuriamoci in movimento.
Preferisco uscire con il freddo polare che mi spacca le nocche anziché con il caldo.
Aspetto con ansia che arrivi l'autunno.
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Raga io non posso scendere giù e beccarmi il freddo polare, non è giusto
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questo caldo torrido, questo freddo polare
voglio buttarmi giù, spero di non saper volare
mi sembra un circo o un teatro
dove chi ride è solo il pubblico
fingerò ancora di stare al top
come un leone ammaestrato, verrò frustato
morirò tra gli applausi di un grande show
.
me non salvo niente
e noi ci amiamo da morire in tutti i sensi
salta con me nel vuoto se vuoi che sia per sempre
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Mi fa volare la gente che dice: "Mamma mia che caldo oggi!"
Come se nei giorni precedenti invece ci fosse stato il freddo polare 😅
E poi ripete la stessa frase ogni giorno da quando è cominciata l'estate 😂
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Tu ragazza sei autunno
Sei malinconica come il cielo pieno di nuvole
Di tanto in tanto hai anche brividi di vita come l'improvviso alzarsi del vento
Sei affascinante per chi sa fermarsi a guardare oltre al grigiore che hai attorno e vede quei colori così accesi del giallo, arancio e rosso racchiusi nella tua anima
Finisci spesso per farti calpestare dalle persone e dalla vita, dai pensieri e dalle preoccupazioni come le foglie secche cadute sulla strada e ormai più senza vita
Tormentata nella tua testa da fantasmi neanche fosse sempre Halloween
Sei chiusa in te stessa, nel tuo mondo che difendi con un muro spinoso come i ricci delle castagne
Sei autunno con i tuoi capelli lunghi come rami
Sai autunno con il tuo cuore che cerca calore in una tazza di thè fumante
Sei autunno con le tue lacrime che cadono come pioggia e lo sguardo spento di nuvole che minacciano l'imminente arrivo di una tempesta
Sei autunno perché ti senti di passaggio, un collegare con dolcezza e gentilezza stagioni e persone
Sei rifugio per gli altri come la stagione di mezzo tra il caldo afoso estivo e il freddo polare invernale
Sei autunno e sei bilancia alla ricerca disperata di un equilibrio inesistente
Sei autunno con i tuoi anni, la tua festa e il tuo giorno speciale
Sei autunno e nulla mai lo potrà cambiare
#pensieri per la testa#persa tra i miei pensieri#fotografia#foto#scatto fotografico#autunno#autumn#equinozio autunno#emozioni#sentimenti#anima#carattere#me#foglie autunnali#colori autunnali#autunnale#autumn vibes#bilancia#in cerca di equilibrio#malinconia#frasi vita#tazza di thè#empatia#empatica#empathy#gentilezza#chiusa a riccio#altruista
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Io unico sfigato nella storia che va a Napoli 6 giorni e becca 6 giorni di pioggia e freddo POLARE
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Primi giorni di questo nuovo anno, piatti fuori orario, insalata riparatrice, acquisti che non dovrei fare, tesori nascosti, costanza, freddo polare, tanta stanchezza e dolcezza a cui non sono abituata.
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Stamattina signore evidentemente frustrato dalla vita scende dalla macchina penso con l’intenzione di picchiarmi per poi rendersi conto che ero una ragazza ed ha solo iniziato ad urlare davanti ad altre 100 persone tutte allibite come me.
Che cosa ho fatto di male? Mi sono fermata alla rotonda per far passare un camion che già era in rotonda e che aveva tutto il diritto di precedenza di questo mondo, ma il signore ha ben deciso di superarmi e iniziare a bussare incitandomi a passare, al che io ho alzato una mano indicando il camion, quindi lui ha deciso che era il momento di fare una bella sceneggiata alle 8:10 di mattina con un freddo polare, la nebbia e gli occhi ancora pieni di sonno.
Se avete la patente in Campania e riuscite a guidare senza farvi venire una crisi di nervi ad ogni km potete guidare ovunque, ve lo assicuro.
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Bella la febbre e questa cosa che ora sento o un caldo infernale o, rotolando leggermente nel letto, un freddo polare.
Bellissimo, esattamente, chi cazzo me l'ha lanciato il malocchio?
#io convinta che qualcuno mi ha lanciato qualcosa perché seconda settimana di gennaio e già un piede nella fossa#non arrivo neanche a marzo e alla cifra tonda#givemeanorigami
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Le mezze stagioni stanno ammazzando il giornalismo, orfane del caldo africano e troppo in anticipo per il freddo polare, le redazioni vagano sperdute in una terra di nessuno in cerca di vere notizie. La cronaca, si è detto, offre spunti da cinema splatter, Amato spara la sua su Ustica, Papa Francesco lascia la Mongolia per far rientro a Roma, in questo mortorio generale la gente è costretta a leggere le news sui siti porno, peraltro vietati ai minori, e i minori, rimasti senza donne, si drogano: un paese allo sbando. L'unico che si è fatto la villa è il generale Vannacci.
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IL film di Natale
Quello del film di Natale è diventato oggi un genere a sé che prescinde dal calendario, ma ha raggiunto una sua legittimità in tutti i mesi dell’anno: ci sono addirittura canali dedicati che trasmettono ininterrottamente film natalizi per un pubblico di irriducibili affezionati. Ma quali sono le caratteristiche di questo cinema di pura evasione? La prevedibilità, l’atmosfera di affetti familiari e buoni sentimenti, il freddo nevoso esterno neutralizzato da accoglienti caminetti in dimore debitamente addobbate, un finale scontato e sempre invariabilmente positivo e confortante. Niente di male. Ma, per riferirci a un tempo passato in cui i film di Natale erano pochi e firmati da grandi registi, qual è il vostro film preferito, quello che dovete rivedere ogni anno altrimenti non è davvero Natale?
Ognuno ha il suo beniamino: uno dei più classici è sicuramente La vita è meravigliosa di Frank Capra (1946) con un James Stewart strepitoso (trovate in questo link un interessante articolo su questa pellicola), un capolavoro che ha conquistato molti record: considerato, giustamente, uno dei film che migliorano con il passare del tempo, ha ricevuto un budget colossale, effetti speciali d’avanguardia per l’epoca, montagne di neve chimica (fu girato in primavera-estate). Ma il segreto di tanta popolarità resta imprescrutabile: non bastano un cast eccezionale, una trama avvincente, un regista geniale per spiegare un successo planetario che dura da quasi ottant’anni. In fondo si tratta di una favola semi-realistica con un angelo che non ha nemmeno le ali. Ci sono alchimie inesplicabili e questo è uno di quei casi, ma la preghiera di James Stewart sull’orlo del fallimento e della galera mette i brividi ogni volta che la si guarda.
Altro film di successo (ma ormai siamo nell’era del colore) è Harry ti presento Sally di Rob Reiner: la coppia scoppia proprio nel periodo natalizio e la splendida Meg Ryan è costretta a trascinare da sola il grande abete fino al suo appartamento di New York. Sarà la festa di Capodanno a rimettere le cose a posto. Originali e commoventi gli inserti delle coppie che in pochi cenni raccontano le loro romantiche storie. Battute degne di Woody Allen, dialoghi e recitazione ad altissimo livello: insomma, un vero cult.
È ormai un classico a tutti gli effetti, anche se del 2009, A Christmas Carol di Robert Zemeckis con Jim Carrey. Tratto da Dickens, questa geniale versione cinematografica (se ne contano a bizzeffe, compresa quella, assai commovente, della Disney con protagonista Topolino) è stata realizzata con la tecnica della motion capture, che registra il movimento di persone o oggetti con un sistema di telecamere e marcatori posizionati su tute indossate dagli attori: il risultato è una magica fusione tra cinema e cartone animato che consente strabilianti effetti speciali altrimenti impensabili.
Citiamo solo il titolo di altri film di Natale, come Mamma ho perso l’aereo e relativi sequel, Il Grinch, Miracolo nella 34a strada, Elf, Nightmare before Christmas, Polar Express, Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, Una strega in paradiso, per soffermarci invece su Una poltona per due di John Landis, con Dan Aykroyd, Eddie Murphy, Jamie Lee Curtis e un piccolo cameo di James Belushi. Alcune curiosità su questo cult, trasmesso in Italia la vigilia di Natale ininterrottamente dal 2012, anche se la prima visione televisiva risale al 1986 (la pellicola è del 1983):
per la coppia black & white (questo avrebbe dovuto essere il titolo originale, poi trasformato in Trading Places) all’inizio si era pensato al collaudato duo Richard Pryor-Gene Wilder
dopo questo film in America fu promulgata una legge chiamata Eddie Murphy Rule che per la prima volta regolamenta gli scambi finanziari dell’insider trading
i due miliardari che si giocano la vita dei due protagonisti per una misera scommessa (ben 1 dollaro) si rivedono in Il principe cerca moglie, sempre interpretato da Eddie Murphy, nel ruolo, che si meritano, di poveri clochard
in Italia esiste un gruppo di fedelissimi che dal 2017 si incontrano su un famoso social e ogni giorno inseriscono commenti e fanno il conteggio di Quanti giorni mancano a "Una poltrona per due".
Ma quale può essere il segreto di un consenso così generalizzato che annovera sempre nuovi estimatori? In fondo il Natale è una tradizione che si rinnova ogni anno, con riti ormai codificati: l’albero, il presepe, il panettone-pandoro, il cotechino con le lenticchie, il vischio, i regali, i dodici chicchi d’uva che portano fortuna e ricchezza... Così è entrata nella tradizione anche questa favola rassicurante, un film perfetto, che non manca una scena, una battuta, una nota. Il miracolo di un’ingiustizia sanata, di un sopruso che si ritorce contro i suoi autori, di poveri emarginati della società che si arricchiscono, di uno yuppie senza cuore che diventa umano: dove possiamo vederlo se non in un film? E in particolare in questo film divertente, magistralmente diretto e magnificamente interpretato.
Come diceva Frank Capra a proposito di It’s a wonderful life, un film è, in un certo senso, come un figlio che, quando cresce, diventa indipendente e sfugge alla tutela del genitore. Così anche Una poltrona per due ha superato ogni più rosea previsione dei suoi autori e riscuote, ogni anno, un immancabile successo. Ma è anche, se vogliamo, una favola moderna, vagamente trasgressiva, dove si parla di droga, di razzismo, la bella protagonista è una prostituta, Babbo Natale si ubriaca e tenta il suicidio, e dove non nevica ma piove: tutto questo, e molto altro, per un piccolo gioello da ri-vedere in famiglia per sorridere un po’ in questi tempi burrascosi.
#frank capra#james stewart#john landis#robert zemeckis#charles dickens#rob reiner#eddie murphy#dan aykroyd#jamie lee curtis
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