#Fondazione Mezzogiorno
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Neapolis 2.500: buon compleanno, Napoli
Il mondo delle imprese plaude all’iniziativa Neapolis 2.500, una grande opportunità per risorgere economicamente Il Comitato nazionale Neapolis 2.500 è stato istituito dal Consiglio dei Ministri, con il decreto di legge Omnibus approvato lo scorso 7 agosto. Ma che cos’è Neapolis 2.500? La tradizione vuole che la città antica sia stata fondata dai greci di Cuma il 21 dicembre dell’anno 475 a.C.:…
#Unione Industriali Napoli#Cavalieri del Lavoro del Mezzogiorno#decreto di legge Omnibus#Fondazione Mezzogiorno#Neapolis 2.500
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purtroppo qualsiasi cosa facciano i governi di dx è chiaramente a principale beneficio delle regioni più ricche. è ingiustissimo che da decenni non si cerchi di riportare anche il centro e sud in pari, almeno nelle infrastrutture.
ma, pur avendo il cuore pieno di amore per il centro e per il sud e per la mia gente che amo, mi sento di dire anche questa cosa:
meridionali svegliamoci porco dio
va bene il governo, va bene la destra, va bene la storia discriminante sin dalla fondazione del paese, ma non sono le autorità locali del salento a dover sistemare "le strade non asfaltate"? non sono le autorità locali della sicilia a dover tutelare i corsi idrici perché nessuno "muoia di sete"?
a palermo ho visto una bambina di 2 anni giocare in una strada piena di vetri rotti, rifiuti e merda di animali vari. i genitori non pervenuti. ???raga stiamo bene???
può succedere di tutto, dall'apocalisse a gesù che torna in terra, ma non cambierà mai niente se non ci diamo noi una cazzo di svegliata
Non parlo per la Sicilia perché è una regione autonoma, ma per il resto del Mezzogiorno i soldi per la manutenzione delle strade devono arrivare principalmente dal ministero delle infrastrutture e trasporti
Vincenzo De Luca qualche mese fa insieme ai sindaci campani e altri sindaci del Mezzogiorno è andato a protestare perché al Mezzogiorno non arriva un euro per i servizi basilari, e i comuni non possono inventarsi la manutenzione senza soldi
Perciò no amici, la colpa è soprattutto dello Stato che da quando è nata 'sta nazione infernale ha favorito determinate regioni e sfavorito altre, e adesso questo divario diventerà ancora più ampio
Per il resto sono d'accordo, bisogna alzare la voce indubbiamente
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Sicilia. il presidente Schifani riceve in visita l'ambasciatore del Vietnam a Palazzo d'Orléans
Sicilia. il presidente Schifani riceve in visita l'ambasciatore del Vietnam a Palazzo d'Orléans. Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani ha ricevuto nella giornata del 12 aprile a Palazzo d'Orléans l'ambasciatore del Vietnam in Italia Duong Hai Hung. Al centro dell'incontro, che si è svolto in un clima cordiale e costruttivo, le prospettive di cooperazione economica e culturale tra la Sicilia e il Paese asiatico. «Mi ha fatto molto piacere incontrare l'ambasciatore Duong Hai Hung perché credo che la nostra Isola debba aprirsi ancora di più agli scambi internazionali e il Vietnam - ha detto il presidente Schifani - è sicuramente una realtà alla quale guardiamo con grande interesse. Abbiamo concordato sul fatto che le possibilità di cooperazione tra la nostra regione e il suo Paese sono tante. Gli ho anche illustrato il nostro progetto di creare un terminal cargo all'aeroporto di Comiso per dare alle nostre produzioni quella spinta necessaria a raggiungere con più facilità i mercati globali. La Sicilia, centro del Mediterraneo e porta d'Europa, non può che essere terra di dialogo e di confronto, nella convinzione che solo la pace può garantire la crescita». Ringraziando per la calorosa accoglienza il presidente Schifani e per le sue parole di apprezzamento sullo sviluppo del Vietnam, l'ambasciatore ha quindi elogiato i risultati economici e sociali ottenuti dalla Regione Siciliana e posto l'accento sulle grandi potenzialità di collaborazione, a cominciare dall'ipotesi di un protocollo di intesa tra l'Isola e una provincia vietnamita. La visita in Sicilia dell'ambasciatore ha visto la collaborazione con la Fondazione Italia-Vietnam e si inserisce nel programma di attività dell'Ambasciata del primo semestre 2024 che ha l'obiettivo di promuovere la cooperazione tra il Vietnam e le regioni del Sud Italia, in conformità con la politica del governo italiano per lo sviluppo del Mezzogiorno. Ad accompagnare l'ambasciatore a Palazzo d'Orleans, Goffredo Vaccaro (governatore Rotary distretto 2110) e Alberto Firenze (membro del Comitato salute della Fondazione Italia-Vietnam).... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ROMA. L’autonomia differenziata sarà il colpo di grazia alla sanità del Sud e al Ssn
L’allarme è di quelli che non lasciano dubbi: “l’autonomia differenziata “non solo porterà al collasso la sanità del Mezzogiorno, ma darà anche il colpo di grazia al Ssn, causando un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti”. Lo denuncia Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, illustrando i risultati del report ‘L’autonomia differenziata in sanità‘ che esamina le…
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Dopo il Covid il 55% dei nuovi lavoratori è al Sud
Il Mezzogiorno rialza la testa, a seguito della pandemia da Covid-19: su 474.000 nuovi lavoratori, tra il primo trimestre del 2019 e lo stesso periodo del 2023 infatti, “262.000 (il 55,3% del totale), risiedono al Sud“. E il tasso di crescita dell’occupazione nell’area meridionale, in questa fase storica, “è stato del 4,4%, più che doppio, rispetto al resto del Paese”. Lo rende noto la Fondazione…
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Il peso dell’Autonomia sulla sanità, Gimbe: “Legittimerà divari, Mezzogiorno sconterà carenza di medici”
DIRETTA TV 24 Maggio 2023 L’Autonomia differenziata avrà un grave impatto sulla sanità, legittimando i divari tra Sud e Nord: lo ha detto Nino Cartabellotta intervenendo in commissione al Senato. La fondazione Gimbe ha anche pubblicato un report sulla carenza di medici, sottolineando come sarà proprio il Mezzogiorno a pagarne maggiormente le conseguenze. 72 CONDIVISIONI Il Servizio sanitario…
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#PonteDiMessina, “Una #sfida necessaria” #news #tfnews #cronaca #28marzo #italia #interno
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Era giovedì, proprio come oggi, quel 23 marzo del 1944, giorno di festa nazionale in quanto si festeggiava la ricorrenza della fondazione dei Fasci di Milano. E proprio per quel giorno il progetto precedentemente e minuziosamente studiato da Ivan Likar Socian di Bretto di Sotto, dopo Passo Predil oltre Cave, doveva avere inizio nella sua attuazione. Un progetto studiato da mesi e tendente a far fuori, e in che modo, i carabinieri in servizio alla centralina idroelettrica di Bretto di Sotto. Non un semplice attentato quindi, ma un piano meticoloso per eliminare alla grande quei carabinieri che in fondo rappresentavano l’Italia, più di ogni altra forza armata in divisa. I Carabinieri erano l’Italia e quindi quanto stava per accadere era rivolto sì contro quei 12 militari in servizio, ma soprattutto contro l’Italia e l’Italia fascista. La sera di giovedì l’agguato al vice brigadiere Perpignano, in libera uscita con l’amico Attilio Franzan. L’assalto alla casermetta adiacente l’entrata della centrale idroelettrica, la fuga verso la cima del monte Izgora per sfuggire più facilmente ai tedeschi in perlustrazione, la notte all’addiaccio, in quel freddo gelido di inizio primavera. Poi la mattina dopo, venerdì 24 marzo, la discesa verso la Val Bausizza e la risalita verso la Malga Bala, il punto prestabilito per la conclusione di quell’agguato. Se fosse stato un semplice atto di guerra, i partigiani avrebbero potuto sparare ai prigionieri appena catturati, invece no, il progetto prevedeva quella lunga , tortuosa e drammatica via crucis fino alla malga. La sera di venerdì finalmente la cena con un pastone mescolato con soda caustica, varichina e sale nero, quello che si dava alle capre, tutti chiusi all’interno di uno stavolo. Proviamo solo ad immaginare che nottata per quei poveri prigionieri inconsci di quanto stava per accadere. Poi la mattina dopo la ripresa della salita, in quelle condizioni disumane, fino alla malga. Rinchiusi nella stanzetta dei formaggi, mentre il vice brigadiere Perpignano veniva uncinato a una trave del soffitto a testa in giù e continuamente preso a calci, uno alla volta, gli altri venivano tirati fuori dalla stanzetta, spogliati, accaprettati con filo di ferro spinato e finiti a picconate. Una cosa inaudita, un’azione tipica del sistema comunista per umiliare fino alla morte alcuni nemici dichiarati. Uno solo tentò la fuga, ma fu raggiunto da una scarica di fucile. Poi, grazie a Lojs Kravanja e al suo amico Bepi Flais, aiutanti dei 22 partigiani con a capo Franc Ursic, detto Josko, di Caporetto, i corpi di quei poveri derelitti furono trascinati nella neve ghiacciata e nascosti alla meglio sotto un grande masso. Era sabato mezzogiorno, 25 marzo 1944. E lì saranno ritrovati giorni dopo da alcuni tedeschi che si erano smarriti in montagna. Una mattanza terribile, unica, una mattanza che avrebbe dovuto dare onore e gloria a quei partigiani di Tito, ma che al contrario da quel giorno dovettero nascondersi, cercando di dare la responsabilità di quanto accaduto ai tedeschi e agli italiani che avevano massacrato i loro compagni carabinieri per dare la colpa ai poveri innocenti partigiani. E questo fino a quando il sottoscritto non ha avuto la possibilità di pubblicare la storia di Malga Bala, “Planina Bala”, giunto alla sua sesta edizione, dopo ricerche capillari e instancabili, a volte contrastato dagli stessi militari dell’Arma, oltre che dall’omertà slovena di chi aveva visto e non osava sfogarsi, fino a quando poi la verità è stata portata alla luce, come tutti sappiamo. Ecco, questa è la storia dei 12 Martiri Carabinieri massacrati a Malga Bala, in Slovenia, quella volta territorio italiano nella provincia di Gorizia. Li ricorderemo in queste ore e soprattutto sabato prossimo, 25 marzo, alle 10,30, in occasione della Santa Messa per loro nella chiesa principale di Tarvisio.
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Il PCI, la Calabria e il Mezzogiorno, nel nuovo volume dell'ICSAIC
Il PCI, la Calabria e il Mezzogiorno. Un nuovo volume dell’ICSAIC ripercorre la storia del Partito Comunista nel Sud Italia dalla fondazione ai primi anni ‘50 Nato a Livorno nel 1921 dalla scissione del Partito socialista, il Partito Comunista d’Italia, poi Partito Comunista Italiano, fu caratterizzato anche da una forte attenzione al Mezzogiorno. Questo soprattutto da quando Gramsci ebbe il…
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CTI FoodTech, relazioni nutrienti per il mondo
Biagio Crescenzo è l’anima del gruppo CTI FoodTech, un’impresa che esporta il 95% della sua produzione nel campo delle macchine tecnologiche tra le più avanzate del settore alimentare. E’ uno di quegli imprenditori capace di mostrare come si possa andare nel futuro portandosi dietro tutto se stesso, il bagaglio delle esperienze vissute e una visione imprenditoriale che mantiene la natura di bottega artigiana e si proietta, in modo complementare, dentro l’industria a larga scala per raggiungere mercati globali.
Ingegner Biagio Crescenzo l'inaugurazione del nuovo stabilimento di Salerno è stato selezionato come anteprima del Cibus Tec, tra le fiere più innovative del settore della tecnologia alimentare che si tiene a Parma.Un riconoscimento nazionale all'incessante impegno ad innovare che CTI Foodtech porta avanti...
Quella di Parma è una delle fiere più importanti del settore che quest’anno ha visto partecipare oltre 1300 aziende da tutto il mondo con la presentazione di 500 innovazioni. E’ da oltre 35 anni, che visito e partecipo a questa manifestazione... Da quando ancora si chiamava Tecno Conserve, e, se devo dirla tutta, confermo la presenza ogni volta per le successive tre edizioni.
Quest’anno Cibus Tec ha deciso di selezionare l’inaugurazione del nostro stabilimento per una visione intelligente volta ad irrobustire la filiera: a Salerno esiste un eccellente distretto del pomodoro, che esporta complessivamente oltre un miliardo di euro l’anno, oltre ad un comparto di produttori di macchine, non sempre adeguatamente promosso. Ecco che la sinergia con Cibus Tec rafforza il contatto con un tessuto di piccolissime, piccole e medie imprese proponendo una relazione di reciproco interesse.
L’inaugurazione dello stabilimento nell’area industriale di Salerno ci consentirà di ampliare la nostra offerta tecnologica a favore di importanti clienti in tutto il mondo.
Abbiamo detto di Parma, ma la vostra presenza alle fiere internazionali è lunga: Istanbul, Salonicco, Sacramento, Berlino... funziona ancora il sistema delle fiere come occasione per allargare le partnership e, più in generale, quali sono le azioni che una piccola media impresa intraprende per raggiungere i mercati internazionali?
Sì. Per il nostro settore certamente funzionano, penso ad Anuga la prestigiosa fiera alimentare di Colonia organizzata per altro dalla stessa società tedesca che pomuove Cibus Tec oppure a Fruit Logistica che si tiene a Berlino, alla vivacissima World Food di Istanbul o ancora a Food Processing Expo di Sacramento dove lo scambio tra esperienze è sempre elevato. Poi c'è la Grecia, il Sud America e Mosca. In genere ci muoviamo da soli, prenotiamo lo spazio e fiera dopo fiera conosciamo il mercato, gli attori, i bisogni alimentari che crescono, e la richiesta di tecnologia che cambia. In Russia o nei mercati emergenti ci appoggiamo all’ Istituto per il Commercio Estero che organizza delle collettive e diviene punto di riferimento per l’intera filiera. Consideri che il 95% della produzione di CTI FoodTech approda su mercati esteri.
Durante l'evento d’inaugurazione, salutando la presenza di colleghi imprenditori da moltissime parti del mondo, lei ha parlato di una testimonianza non formale, ma della dimostrazione di relazioni profonde che sono andate costruendosi negli anni. Ci racconti meglio qualche esempio che dia il senso di come la cultura d'impresa avvicini mondi diversi...
Il 31 Dicembre del 1985 in Spagna si è vissuta una notte di grandissima euforia: il Paese entrava nella CEE ed io ero lì, molti di quei conservieri che all’epoca aprirono le porte alla tecnologia made in Italy oggi sono amici fraterni.
CTI FoodTech ha aperto una sede in Spagna da quasi tre decadi e lo scorso anno una in Grecia. La presenza di imprenditori spagnoli, portoghesi, asiatici, sudamericani a Salerno si fonda su reciproca stima che è andata consolidandosi negli anni e che, oltre la relazione economica, si manifesta nell’azione di promozione della cultura e dei territori che questa rete di imprenditori porta avanti. Tutto il circuito delle imprese con cui lavoro viene invitato a conoscere la Campania e a mia volta mi faccio interprete della cultura spagnola e di quelle che nel tempo ho imparato a conoscere.
La capacità delle imprese di andare per il mondo è a mio avviso il miglior biglietto da visita che il sud possiede, unitamente alle bellezze naturali e culturali, per promuovere se stesso nel favorire investimenti e progetti di sviluppo tra comunità locali di Paesi differenti.
Possiamo dire che la caratteristica principale della CTI Foodtech è l'ingegnosità che parte dai brevetti e si allarga all'intraprendenza dell'intera squadra che collabora con lei e suo figlio Alessandro. Lei ha lanciato una proposta collegata al cuneo fiscale per valorizzare questa stessa dote che molti giovani possiedono...
E’ così. Non solo per curiosità e passione che anima ciascuno di noi dalle professionalità meccanico-ingegneristiche a quelle commerciali, da chi si occupa di ricerca di mercato, ai professionisti della comunicazione. Pure ci appartiene per un’evoluzione del mercato che ci piace interpretare: il nostro è un settore tendenzialmente a basso valore aggiunto, nel quale cioè la distribuzione si gioca sul prezzo più basso ed è chiaro che in un mondo sempre più integrato per comunicazioni e trasporti, la nostra scelta competitiva è diventata quella di proporci come “fornitori di tecnologia”. In questo modo contribuiamo ad un mercato sano, in cui alzare l’asticella della qualità e favorire l’impiego di mano d’opera non alienante.
Il FOOD MACHINERY è una realtà molto composita e variegata con la quale gli imprenditori del mezzogiorno hanno raccolto una sfida di modernità e coesione sociale, non la valorizziamo a sufficienza eppure negli Usa come in Germania il mix tra bottega artigiana innovativa e produzione a larga scala è molto apprezzato, in Cina come CTI FoodTech siamo stati i primi ad installare una linea di produzione automatica per la denocciolatura delle pesche.
E poiché lei ha ragione l’ingegnosità è un’attitudine che appartiene a tutta la nostra squadra, quando, dopo anni di lavoro insieme, 3 nostri tecnici sono stati assunti dalla Ferrari, certo abbiamo avuto la conferma della qualità del lavoro intrapreso, ma ci ha imposto contemporaneamente una riflessione per amore della nostra terra: il cuneo fiscale nel mezzogiorno deve poter trovare una sua particolare applicazione presso quelle imprese che hanno un elevato peso di esportazione sul complessivo del fatturato e che certificano solide expertise tecnologiche. Questo, a mio avviso, consentirebbe di favorire il permanere di professionalità sul territorio e tramite un buon lavoro di tutoraggio consentirebbe di alimentare i distretti presenti, promuovere cultura di impresa e favorire una vivacità di esperienze in ogni campo. E’ anche per questo che sono lieto di far parte del comitato scientifico della Fondazione Saccone, neonata esperienza di giovani che può assumere un ruolo di hub della creatività.
Il Presidente di Confindustria Boccia, presente all'inaugurazione dello stabilimento, negli anni si è speso molto in diplomazia economica prima favorendo la nascita delle Associazioni di rappresentanza imprenditoriale all'estero, poi promuovendo progetti per accelerare le partnership come Elite o Connext, fino ad un investimento politico nelle relazioni con le confederazioni europee e del Mediterraneo. Dalla sua esperienza con l'estero, l'Italia come viene vista oggi? le imprese italiane e il paese nel suo complesso, intendo...
Il Presidente di Confindustria Boccia è per visione strategica un’eccellenza italiana, di questo sono profondamente convinto e gli esempi che lei ha citato sono alcune delle intuizioni che lo testimoniano e che mi auguro, soprattutto nel mezzogiorno, sapremo tutti sviluppare di più e meglio attraverso gioco di squadra, coordinamento progettuale ed organizzativo.
Dalla mia prospettiva l’Italia oggi appare all’estero come “genio e sregolatezza”, abbiamo la necessità di suscitare maggiore fiducia e questo lo possiamo fare con quanto dicevo prima unitamente alla realizzazione di alcune infrastrutture mirate che, nel nome della sostenibilità, sappiano riconnettere il mezzogiorno ai centri nevralgici delle relazioni internazionali. Aggiungo che un sistema di regole semplice, certo e rispettato da tutti è l’altra caratteristica fondamentale per sfatare l’opinione diffusa sul nostro Paese.
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Libri| Ascesa e declino del rito bizantino in Terra d’Otranto. I possedimenti di San Nicola di Casole a nord di Brindisi
È in libreria dal 1 settembre l’ultimo libro di Vito Telesca “Il sogno orientale. Ascesa e declino del rito bizantino in Terra d’Otranto. I possedimenti di San Nicola di Casole a nord di Brindisi”.
Edito da ManifestoCultura è distribuito dalla Feltrinelli e Feltrinelli Online. Vito Telesca, saggista storico locorotondese ma di origini potentine, con questo libro ha voluto approfondire un tema poco dibattuto come la parabola del rito bizantino nella Puglia meridionale e in parte della lucania. Un crepuscolo favorito dalla chiesa di Roma che decise con Papa Niccolò II, attraverso un accordo con il normanno Roberto il Guiscardo, di intraprendere delle azioni per cacciare i bizantini dal sud Italia, favorendo la nascita del Regno di Napoli da un lato e il primato del rito latino dall’altro. Un passaggio che non fu né rapido né indolore come lo stesso Guiscardo volle evidenziare, ammettendo la radicalità estrema della cultura e del rito bizantino da Monopoli in giù.
Il libro dedica i primi due capitoli alla conquista bizantina del sud Italia per poi concentrarsi su una figura chiave, quella del principe Marco Boemondo d’Altavilla, fondatore (o restauratore) del monastero greco di San Nicola di Casole in Otranto. Un cenobio che dall’XI al XV secolo raggiunse l’apice della sua importanza poiché dotato di un enorme scriptorium con biblioteca ricca di libri greci, anche di stampo laico, e che a Costantinopoli era considerato una sorta di avamposto bizantino in Italia, dove si traducevano decine di testi e si alimentava la cultura greca.
Una vera accademia. Un monastero che godeva di numerosissimi possedimenti, sparsi anche oltre la Terra d’Otranto. Questi vennero elencati in un documento del 1218 da Papa Onorio III che, scrivendo all’Abate di Otranto, Padre Nicodemo, confermava i possedimenti al monastero. Tra questi uno a Monopoli, uno a Brindisi, ben due in territorio di Locorotondo e uno, enorme, a Fasano. Possedimenti in cui i monaci poterono avere una sorta di mobilità (un network basiliano) e un collegamento costante con Otranto. I possedimenti vennero confermati a patto che ovunque si continuasse a rispettare la regola di San Basilio. Quindi il rito greco-bizantino era, sotto Onorio, ancora garantito.
Attraverso i documenti, gli strumenti della moderna ricerca archeologica che sfrutta le fotogrammetrie aeree, i rammendi filologici tra discipline diverse come la storia della Chiesa e non ultima l’antropologia culturale, il libro invita a riscoprire il nostro territorio, ricco di storia magari dimenticata o ignorata e, soprattutto, a riscoprire le chiese rupestri. Soprattutto quelle a noi vicine come Lama d’Antico a Fasano e le tante masserie, guardandole con un occhio diverso, simbolo odierno di quegli anni e di quei movimenti.
Dal XV secolo la Terra d’Otranto subì l’invasione turca con la presa di Otranto nel 1480 e la distruzione del Monastero di Casole e della sua cultura. Ma, più del turco, fu Roma a dare il colpo definitivo al rito bizantino. Le chiese vennero riconvertite forzatamente al rito latino, i sacerdoti greci messi al bando (anche uccisi) e i libri bruciati. Soltanto l’immigrazione dai balcani riuscì a dare una certa continuità al rito greco-ortodosso con la creazione di quartieri in alcune città o la fondazione di paesi sorti grazie all’avvento di slavi e albanesi. I monasteri greci passarono ai benedettini. Il libro, nel suo ultimo capitolo, racconta in modo interessante come alcune usanze di oggi derivino proprio da quel periodo e da quella cultura. Siamo per certi versi e inconsapevolmente ancora bizantini.
SCHEDA DEL LIBRO:
Titolo: Il Sogno orientale
Sottotitoli: Ascesa e declino del rito bizantino in terra d’Otranto. I possedimenti di San Nicola di Casole a nord di Brindisi.
Autore: Vito Telesca
Pagine: 206 patinate a colori
Editore: ManifestoCultura – Mantova – Ce.Di. S.p.A.
Prezzo di copertina: 25 euro
Anche e-book su Amazon, IBS e Mondadori Store
https://www.lafeltrinelli.it/libri/vito-telesca/sogno-orientale-ascesa-e-declino/9788892360693
Scheda dell’autore:
Vito Telesca, Scrittore saggista storico pugliese di Locorotondo, direttore di StoriaMeridiana e co-fondatore e consigliere Nazionale di ManifestoCultura, gruppo di studio per la valorizzazione e il recupero del patrimonio storico e artistico. In passato co-conduttore di “Sharing-Popoli che scelgono di incontrarsi”, promosso dal Consiglio d’Europa (programma Radiofonico). Ha collaborato con La Gazzetta del Mezzogiorno, e attualmente scrive articoli di storia e arte per la pagina culturale dei quotidiani “Il Roma – Cronache Lucane” e “Il Mattino” di Puglia e Basilicata. Collabora con il mensile Paese Vivrai. Insignito del Premio “Eccellenza Medievale 2014” assegnato da “Sguardo sul Medioevo” per il progetto di StoriaMeridiana.
Ha pubblicato: nel 2008 “Di padre in padre – viaggio nel rapporto tra padri e figli nella storia” (seconda edizione 2010), Francesco e Federico, due giganti allo specchio (2013), dist. Feltrinelli; una trilogia su Siponto e Monte Sant’Angelo per ManifestoCultura: Siponto e il Protoromanico (2017), Il Castello di Monte Sant’Angelo (2018) e l’abbazia di Santa Maria di Pulsano (2019).
#Bizantini in Terra d’Otranto#san Nicola di Casole#Vito Telesca#Libri Di Puglia#Spigolature Salentine
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In questa occasione riguardante il doveroso ricordo dei 98 anni trascorsi dalla fondazione del Partito Comunista si è pensato di non ricorrere ad una delle consuete analisi storiche ma di ripercorrere, principalmente attraverso i numeri, le tappe fondamentali dell’impegno e del sacrificio dei comunisti nella costruzione della democrazia repubblicana arrestandoci al punto di svolta nella sua affermazione (ancora incompleta e successivamente in forte arretramento come stiamo costatando nell’attualità) fissato con i moti del Luglio’60.
Dunque andando per ordine:
1) TRIBUNALE SPECIALE FASCISTA
Dalla sua istituzione, primo febbraio 1927, al suo scioglimento, con la caduta del regime il 25 luglio 43, il tribunale speciale per la difesa dello stato processò 5.619 imputati - condannandone 4.596. Gli anni totali di prigione inflitti furono 27. 735, 42 le condanne a morte, di cui 31 eseguite, 3 gli ergastoli. 4.497 processati erano uomini, 122 le donne, 697 i minorenni. Tra le categorie professionali, 3.898 imputati erano operai e artigiani, 546 i contadini, 221 liberi professionisti.
Furono 4596 i condannati del Tribunale speciale, molti dai nomi oscuri, operai, artigiani, originari di diverse regioni del nostro Paese che con il loro coraggioso comportamento davanti agli arroganti militari che usurpavano il titolo di giudici hanno riscattato il titolo d'Italia, allora compromesso dalla sua classe dirigente, dall'indifferenza dei più.
Dei 4596 condannati circa 3.800 erano iscritti al Partito Comunista, a partire dalla gran parte del gruppo dirigente con il “processone” del ’28 furono condannati a ventidue anni e nove mesi Umberto Terracini; a vent'anni e quattro mesi Antonio Gramsci e Mauro Scoccimarro; e nello stesso anno anche Giancarlo Pajetta, subì, ad appena diciassette anni, la sua prima condanna a due anni di carcere, (altra ben più dura a ventun'anni seguì poi); e nell'anno seguente tocca al socialista Sandro Pertini essere condannato per attività sovversiva a dieci anni e nove mesi; e nel 1930, l'anno delle quattro condanne a morte mediante fucilazione degli irredentisti triestini e delle due condanne all'impiccagione di resistenti libici, è la volta di Camilla Ravera, condannata a quindici anni e sei mesi per costituzione del partito comunista, di Manlio Rossi Doria, di Emilio Sereni, condannati a quindici anni per lo stesso delitto.
2) RESISTENZA
I comunisti diedero vita alle Brigate Garibaldi che pur formare in maniera pluralista erano composte in gran parte dai partigiani comunisti e esponenti del PCI formavano il comando generale.
Associati alle Brigate Garibaldi erano i Gruppi di azione patriottica (GAP), che nelle città operavano azioni di sabotaggio e attentati contro gli occupanti nazifascisti. In totale esse rappresentavano circa il 50% delle forze della Resistenza partigiana. Al momento dell'insurrezione finale dell'aprile 1945, i garibaldini attivamente combattenti erano circa 51.000 divisi in 23 "divisioni", su un totale effettivo di circa 100.000 partigiani. In dettaglio il comando generale delle Brigate Garibaldi disponeva, alla data del 15 aprile 1945, di nove divisioni in Piemonte (15.000 donne e uomini); tre divisioni in Lombardia (4.000 donne e uomini); quattro divisioni in Veneto (10.000 donne e uomini); tre divisioni in Emilia (12.000 donne e uomini); quattro divisioni (10.000 donne e uomini) in Liguria.
Nell'ambito delle forze militari della resistenza, le Brigate Garibaldi costituirono il gruppo più numeroso e organizzato con 575 formazioni organiche, tra squadre, gruppi, battaglioni, brigate e divisioni; parteciparono alla maggior parte dei combattimenti e subirono le perdite più pesanti, oltre 42.000 morti in combattimento o per rappresaglia .
Da ricordare ancora come le grandi città nelle quali era presente la classe operaia legata al Partito Comunista, si liberarono da sole ben prima dell’arrivo delle truppe alleate e questo fu il fattore decisivo che consentì al nostro Paese di riassumere immediatamente la propria dignità di autogoverno: Napoli, Genova, Milano, Torino.
3) OPERAI DEPORTATI DOPO LO SCIOPERO DEL 1° MARZO 1944
Dopo lo sciopero delle fabbriche del Nord svoltosi il 1°marzo del 1944 si calcola che circa 1.200 operai furono deportati nei campi di lavoro e in quello di sterminio di Mauthausen.
Il successivo 16 Giugno 1944 in adesione allo stesso ordine emanato dal comando nazista dopo lo sciopero del 1° marzo, 1.488 operai genovesi furono deportati dopo essere stati rastrellati all’ingresso delle fabbriche.
Si ritiene di non esagerare considerando la quasi totalità dei deportati come appartenente al partito comunista.
4) LOTTE OPERAIE E CONTADINE NEL PRIMO DOPOGUERRA
Mentre le sinistre erano impegnate nella elaborazione della Costituzione Repubblicana le lotte operaie e contadine rivolte a reclamare migliori condizioni di vita in situazioni veramente tragiche da punto di vista dei diritti fondamentali e della stessa sopravvivenza furono compiute alcune stragi le cui vittime furono in gran parte donne e uomini militanti nel Partito Comunista.
Portella della Ginestra: 1 maggio 1947. fu un eccidio commesso in località Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, il 1º maggio 1947 da parte della banda criminale di Salvatore Giuliano che sparò contro la folla riunita per celebrare la festa del lavoro provocando undici morti e numerosi feriti. I motivi per cui venne compiuto e, nei giorni successivi, vennero assaltate sedi dei partiti di sinistra e delle camere del lavoro della zona risiedono, oltre alla dichiarata avversione del bandito nei confronti dei comunisti, anche nella volontà dei poteri mafiosi, dell'autonomismo siciliano e delle forze reazionarie di mantenere i vecchi equilibri nel nuovo quadro politico e istituzionale nato dopo la seconda guerra mondiale e, nonostante non siano mai stati individuati i mandanti, sono certe le responsabilità degli ambienti politici siciliani interessati a intimidire la popolazione contadina che reclamava la terra e aveva votato per il Blocco del Popolo nelle elezioni del 1947.
Melissa: La strage di Melissa o eccidio di Fragalà fu un episodio del 29 ottobre 1949 verificatosi a Melissa nel quale persero la vita Francesco Nigro, Giovanni Zito e Angelina Mauro. Nell'ottobre del 1949 i contadini calabresi marciarono sui latifondi per chiedere con forza il rispetto dei provvedimenti emanati nel dopoguerra dal ministro dell'Agricoltura Fausto Gullo e la concessione di parte delle terre lasciate incolte dalla maggioranza dei proprietari terrieri. Interi paesi parteciparono a questa mobilitazione che vide circa 14 mila contadini dei comuni orientali delle province di Cosenza e Catanzaro scendere in pianura. Chi a piedi, chi a cavallo, con donne e bambini e gli attrezzi da lavoro, quando giunsero sui latifondi segnarono i confini della terra e la divisero, iniziando i lavori di preparazione della semina. Irritati per questa ondata di occupazioni alcuni parlamentari calabresi della Democrazia Cristiana si recarono a Roma per chiedere un intervento della polizia al Ministro dell'Interno Mario Scelba. I reparti della Celere si recarono quindi in Calabria e uno di loro si stabilì a Melissa (oggi provincia di Crotone) presso la proprietà del possidente del luogo, barone Berlingeri, del quale i contadini avevano occupato il fondo detto Fragalà. Questo fondo era stato assegnato dalla legislazione napoleonica del 1811 per metà al Comune, ma la famiglia Berlingeri, nel tempo, lo aveva occupato abusivamente per intero. La mattina del 30 ottobre 1949 la polizia entrò nella tenuta e cercò di scacciare i contadini occupanti con la forza.
Montescaglioso: 21 marzo 1950, data impressa nella memoria storica di tutto il Vastese: Nicola Mattia e Cosmo Mangiocco furono uccisi dai colpi di un appuntato dei carabinieri davanti al municipio. Tornavano, insieme a tanti concittadini, dallo 'sciopero alla rovescia': al grido di 'pane e lavoro' costruivano la strada di collegamento con la Statale Trignina sopperendo ai ritardi del governo dell'epoca. Un evento drammatico che ebbe risonanza in tutta Italia e che diede vita a imponenti manifestazioni di protesta da Nord a Sud.
Modena: 9 gennaio 1950. Verso le dieci del mattino del 9 gennaio una decina di operai giunse ai cancelli delle Fonderie Riunite, le quali erano circondate di carabinieri armati. All'improvviso un carabiniere sparò un colpo di pistola in pieno petto al trentenne Angelo Appiani, che morì sul colpo. Subito dopo, dal tetto della fabbrica i carabinieri aprirono il fuoco con le mitragliatrici verso via Ciro Menotti contro un altro gruppo di lavoratori, che si trovavano al di là del passaggio a livello sbarrato in attesa dell'arrivo di un treno, uccidendo Arturo Chiappelli e Arturo Malagoli e ferendo molte altre persone, alcune in maniera molto grave.
Dopo circa trenta minuti, in via Santa Caterina l'operaio Roberto Rovatti, che portava al collo una sciarpa rossa, venne circondato da una squadra di carabinieri, buttato dentro ad un fossato e linciato a morte con i calci dei fucili.
Infine, giunse in via Ciro Menotti un blindato T17 che iniziò a sparare sulla folla, uccidendo Ennio Garagnani.
Appena appresa la notizia della strage, i sindacalisti della Cgil iniziarono ad avvisare, con gli altoparlanti montati su un'automobile, i manifestanti di spostarsi verso piazza Roma. Tuttavia, verso mezzogiorno, un carabiniere uccise con il fucile Renzo Bersani, il quale stava attraversando a piedi l'incrocio posto alla fine di via Menotti, posto a oltre 100 metri dalla fabbrica.
Il bilancio della giornata fu di 6 morti tutti iscritti al Partito Comunista, 200 feriti e 34 arrestati con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale, radunata sediziosa e attentato alle libere istituzioni.
Il bilancio di quegli anni, tra il 1947 e il 1950, segnati dalle lotte operaie e contadine e dalla feroce repressione poliziesca è il seguente: furono condannati 15.249 comunisti per un totale di 7.598 anni di carcere.
Si è ormai persa la memoria dei lutti, dei sacrifici, dell’impegno posto dalla classe operaia, dai contadini e dalle loro famiglie che vivevano in condizioni oggi inimmaginabili nel periodo della riconversione dell’industria bellica, dell’attuazione della debole riforma agraria, della ricostruzione del Paese dalle macerie della guerra.
Lutti, sacrifici, privazioni affrontati sempre con grande dignità “di classe” con il PCI che seppe rappresentare sul piano politico, dar loro voce e presenza proprio quei lutti, quei sacrifici, quelle indescrivibili privazioni materiali in una Italia povera,senza strade e ferrovie, con le case bombardate e distrutte.
5) LUGLIO ‘60
La strage di Reggio Emilia è un fatto di sangue avvenuto il 7 luglio 1960 nel corso di una manifestazione sindacale durante la quale cinque operai reggiani, i cosiddetti morti di Reggio Emilia, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri e Afro Tondelli, tutti iscritti al PCI, furono uccisi dalle forze dell'ordine.
La strage fu l'apice di un periodo di alta tensione in tutta l'Italia, in cui avvennero scontri con la polizia. I fatti scatenanti furono la formazione del governo Tambroni, monocolore democristiano con il determinante appoggio esterno del MSI, e l'avallo della scelta di Genova (città "partigiana", già medaglia d'oro della Resistenza) come sede del congresso del partito missino. Le reazioni d'indignazione furono molteplici e la tensione in tutto il paese provocò una grande mobilitazione popolare.
L'allora Presidente del Consiglio, Fernando Tambroni, diede libertà di aprire il fuoco in "situazioni di emergenza" e alla fine di quelle settimane drammatiche si contarono undici morti e centinaia di feriti. Queste drammatiche conseguenze avrebbero costretto alle dimissioni il governo Tambroni aprendo la strada al governo Fanfani “delle convergenze parallele” e successivamente al centro – sinistra. Al momento del varo del primo governo organico di centro – sinistra Nenni titolò sull’Avanti “ Da oggi l’Italia è più libera”. E’ il caso di ricordare su quanti lutti e sacrifici della classe operaia, dei contadini, delle donne e degli uomini che trassero fuori l’Italia dalla macerie del dopoguerra fosse costruito quel “più libera”.
Ci fermiamo a questo punto pensando di aver semplicemente onorato la memoria del Partito Comunista e il contributo di sacrifici e di sangue fornito dai suoi militanti per la Repubblica e la Costituzione
Franco Astengo
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80° Anniversario del Congresso dei CLN a Bari, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: il programma della cerimonia
80° Anniversario del Congresso dei CLN a Bari, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: il programma della cerimonia. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà a Bari lunedì 29 gennaio in occasione delle celebrazioni dell'ottantesimo anniversario del Congresso di Bari dei Comitati di Liberazione Nazionale, che si svolse il 28 e il 29 gennaio del 1944 nel Teatro Piccinni. L'evento, organizzato dal Comune di Bari e dalla Regione Puglia, con la collaborazione di ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, IPSAIC - Istituto Pugliese Storia Antifascismo e Italia Contemporanea, Fondazione Di Vagno, Teatro Pubblico Pugliese, Università degli Studi di Bari, ANPPIA - Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti, Fondazione Gramsci e della casa editrice Laterza, si svolgerà negli spazi del teatro comunale nella mattinata del 29 gennaio, secondo il seguente programma: Ore 9.50 - ingresso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel Teatro Piccinni; presentazione della sala di rappresentanza, nel foyer del teatro, intitolata per l'occasione al giornalista Oronzo Valentini, direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno e redattore degli atti del Congresso, alla presenza dei figli Giovanni e Antonello. Nella sala saranno presenti foto e immagini storiche a cura dell'IPSAIC. Ore 10 - "Semplicemente, la Libertà": la giornalista Annamaria Minunno leggerà alcuni passaggi delle cronache del Congresso del 1944 di Alba De Céspedes, scrittrice e partigiana. Seguiranno i saluti istituzionali: · Antonio Decaro - sindaco di Bari · Michele Emiliano - presidente della Regione Puglia · Gianfranco Pagliarulo - presidente ANPI. A seguire, il programma dell'evento prevede la Lectio magistralis del professor Luciano Canfora dal titolo "Dall'armistizio al Congresso di Bari". Alle ore 10.50, infine, sarà presentato al Presidente Mattarella il progetto visivo del maestro Giuseppe Caccavale, "La libertà italiana nella libertà del mondo", situato all'ingresso del teatro nell'androne di Palazzo di Città. L'installazione riproduce due storiche frasi: la prima pronunciata da Benedetto Croce durante la sua relazione introduttiva al Congresso di Bari, la seconda da Aldo Moro nel corso della cerimonia del 20° anniversario del Congresso dei CLN.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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bernstein alla fondazione morra (dal 'corriere del mezzogiorno')
bernstein alla fondazione morra (dal ‘corriere del mezzogiorno’)
https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/arte_e_cultura/22_novembre_22/ecoecho-charles-bernstein-fondazione-morra-4b16fd64-6a74-11ed-81f6-85bdc84d778d.shtml
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In Marocco il 22 giugno torna la Notte dei musei
(ANSA) – RABAT, 13 GIU – Torna La notte dei musei e degli spazi di cultura, la festa che, il 22 giugno celebra l’arrivo dell’estate. In tutto il Marocco per il solstizio, oltre 70 spazi d’esposizione apriranno le porte dalle 18 a mezzanotte e dalle 6 del mattino a mezzogiorno del 23 giugno. Lo annuncia via Instagram la Fondazione Nazionale dei Musei del Marocco. L’ingresso, ovunque, sarà…
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Sanità, nelle pagelle del ministero solo 11 Regioni promosse: quali sono e chi ha i “voti” peggiori
DIRETTA TV 23 Febbraio 2023 La fondazione Gimbe ha analizzato le valutazioni del ministero della Salute sulle sanità regionali, in particolare sul rispetto dei Livelli essenziali di assistenza. I dati sono riferiti al 2020, anno di arrivo della pandemia: il gap tra Nord e Sud è rimasto nonostante il Covid abbia colpito di meno il Mezzogiorno. 0 CONDIVISIONI Il ministero della Salute ha…
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